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4 Approccio alla modellistica sulla Regione Toscana

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Academic year: 2021

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4

Approccio alla modellistica sulla Regione Toscana

L’obiettivo proposto dal presente lavoro di tesi è impostare un metodo per lo studio dell’inquinamento su scala regionale (mesoscala) attraverso l’applicazione del modello CAMx sullo scenario della regione Toscana. Per effettuare simulazioni di questo genere è necessario fornire al modello una grande quantità di dati, con un sufficiente livello dettagliati e di vario genere, nonché disporre di dati misurati per la valutazione dei risultati. Ottenere queste informazioni non è semplice, sia per il carattere intrinseco dei dati richiesti (per certi aspetti inconoscibili con il grado di precisione voluto se non a spese di drastiche semplificazioni) sia per la difficoltà di reperire in letteratura o soprattutto presso operatori specializzati i dati di partenza, per la resistenza che mostrano certi enti a divulgare le proprie informazioni o per difficoltà di collaborazione.

Si pone dunque il problema della reperibilità dei dati, seguito da quello della loro corretta

impostazione, secondo le esigenze del codice di calcolo; ultimo, ma solo in senso temporale,

è il confronto tra i risultati simulati e i valori misurati, da cui stabilire la bontà o meno della modellazione.

In questo capitolo si vedrà come è stato affrontato il primo aspetto della complessa problematica modellistica, descrivendo le tipologie di informazioni richieste e le fonti dei dati reperiti; nel capitolo 5 saranno esposte in dettaglio le operazioni effettuate per la pre-elaborazione di questi dati; infine, nel capitolo 6, saranno mostrati e discussi i risultati di diverse simulazioni effettuate con il codice CAMx.

4.1

Sorgenti Emissive

Uno dei cardini su cui poggiano le simulazioni di modellistica ambientale è costituito dallo

scenario emissivo, ossia la definizione dei flussi di massa o fattori di pressione delle sorgenti inquinanti presenti nel dominio territoriale prescelto. Nella pratica sono utilizzate due

classificazioni per distinguerle; la prima considera le sorgenti come:

Puntuali : sono riferite ai singoli impianti o più precisamente ai loro camini.

Sono quindi localizzate con precisione e possono essere direttamente misurate. Vi rientrano tutte quelle sorgenti le cui emissioni sono convogliate e possono essere esplicitamente descritti i flussi di massa e le caratteristiche geometriche e fluidodinamiche del camino associato:

Areali : considerano le sorgenti di piccola entità o sparse su un’area (sono dette

anche diffuse), per le quali non è pensabile di effettuare una misura diretta. La loro stima, riferita ad un’unità di superficie, è valutata indirettamente tramite variabili correlate (dette proxy o surrogato) e specifici fattori di emissione empirici.

Lineari : sono quelle riferite alle vie di trasporto, come strade, percorsi di

navigazione e tragitti aerei. Anche in questo caso la stima è fatta tramite variabili correlate e fattori di emissione.

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La seconda classificazione distingue le sorgenti in:

Fisse : centrali termoelettriche, impianti industriali, agricoltura e allevamento,

riscaldamento domestico, eccetera.

Mobili : traffico stradale, ferroviario, marittimo e aereo.

Per ottenere informazioni sulle sorgenti inquinanti è necessario ricorrere ad un Inventario delle Emissioni, dove in funzione del territorio, della risoluzione spaziale e temporale e del

periodo di riferimento vengono raccolti dati circa le emissioni di diverse categorie di inquinanti. Per stilare un inventario si ricorre generalmente a due metodologie, o ad una loro combinazione:

Bottom-up : si basa sul censimento particolareggiato delle singole attività

presenti sul territorio, che vengono caratterizzate per tipologia di sorgente, parametri relativi ed inquinanti emessi. Implica una gran quantità di dati, che possono essere reperiti e gestiti con difficoltà non trascurabili.

Top-down : sono effettuati a livello nazionale per un periodo solitamente

annuale. Vengono determinate emissioni globali su vasta scala riferite a macrosettori, che devono essere disaggregate spazialmente su territori più piccoli e temporalmente su periodi più brevi, ricorrendo a variabili correlate alle attività. Questo comporta, chiaramente, maggiori imprecisioni rispetto al metodo precedente.

In Toscana, l'amministrazione regionale ha realizzato un Inventario Regionale delle Sorgenti

Emissive (IRSE) che raccoglie informazioni relative alle tre tipologie di sorgenti individuate

dalla prima classificazione, per gli anni 1995 e 2000. Per quanto concerne le sorgenti puntuali, i dati raccolti riguardano i maggiori stabilimenti industriali sparsi sul territorio toscano (fig.4.1). La metodologia adottata è del tipo bottom-up: le informazioni riguardano la localizzazione, le attività svolte, i consumi di combustibile, la produttività, i livelli di emissione degli inquinanti e le caratteristiche dei camini e dei fumi dei singoli impianti. Per le sorgenti areali e lineari, invece, si ricorre a disaggregazioni su scale minori di emissioni globali in funzione di variabili locali correlate (top-down).

L’Inventario Regionale è stato utilizzato nel presente lavoro per la definizione dello scenario emissivo riguardo le sorgenti puntuali, rese maggiormente disponibili.

Successivamente sono state aggiunte anche le emissioni diffuse e lineari, relative però ai soli ossidi di zolfo. I dati in nostro possesso sono stati forniti direttamente dalla Regione Toscana, e si riferiscono all’anno 2000.

Lo scenario è stato inoltre arricchito dall’aggiunta di altri stabilimenti ubicati nella

periferia pisana, che non rientravano esplicitamente nell’IRSE ma che sono stati censiti

dalla TEA (Tecnologie Energetiche e Ambientali), per i quali sono state rese disponibili le caratteristiche emissive (esempio di inventario di tipo bottom-up). Questi dati sono stati utilizzati per l'implementazione del codice sul dominio regionale.

Le figure e tabelle seguenti riassumono e presentano i dati contenuti nell’IRSE per quanto riguarda le emissioni puntuali dei cinque maggiori inquinanti (NOx, SOx, PM10, COV, CO) relative ai maggiori stabilimenti emittenti (>100 ton/anno; >10 per PM).

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Figura 4.1: Stabilimenti censiti in Toscana - n° 222 -

0.0E+00 2.0E+06 4.0E+06 6.0E+06 8.0E+06 1.0E+07 1.2E+07 1.4E+07 1.6E+07 1.8E+07 2.0E+07

Inq.Princ. Gas Serra Metalli Altri Figura 4.2: Emissioni totali (tonnellate / anno) 2000

0.0E+00 2.0E+04 4.0E+04 6.0E+04 8.0E+04 1.0E+05 1.2E+05 1.4E+05

VOC NOx SOx PM10 CO

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VOC

0 10000 20000 30000 40000 50000 60000 70000 Accia ieria Lucc hini Axaff Italco l Colac em Sacc i AGIP petro li CTE Piom bino Buzz i Unic em Italce menti Agip Petro li (Ca lenza no)

Figura 4.4: Emissioni annuali COV : è preponderante il contributo dell’ Acciaieria di Piombino.

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SOx

0 5000 10000 15000 20000 25000 30000 35000 40000 CTE Piom bino CTE Livor no CTE S.Ba rbara AGIP petro li Enipo wer Accia ieria Lucc hini ISE Saint Gob ain (P escia ) Nuov a Solm ine Solav a

Fig.4.6: Emissioni annuali SOx : sono dovute quasi esclusivamente alle tre Centrali TermoElettriche

presenti in Toscana e alla raffineria di Livorno.

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CO

0 2000 4000 6000 8000 10000 12000 14000 16000 18000 20000 Acciaieria Lucchini Solvay Europa Metalli Sacci CTE Piombino

Enipower Axaff Laterizi Arbia

Nencini Laterizi

Sondel

Figura 4.8: Emissioni annuali CO : svetta ancora l’Acciaieria di Piombino; insieme allo stabilimento

Solvay di Rosignano costituiscono la quasi completa totalità delle emissioni di CO.

Fig.4.9: Ubicazione sorgenti emissive CO > 100 ton/anno (22 stabilimenti)

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NOx

0 1000 2000 3000 4000 5000 6000 7000 8000 9000 CTE Piom bino CTE Livor no Sacc i Colac em Enipo wer Sond el Accia ieria Lucc hini Saint Gob ain CTE S.Ba rbara Rosen

Fig.4.10: Emissioni annuali NOx : dominante il contributo delle CTE, specialmente quella di

Piombino; apprezzabile anche il contributo dei cementifici e delle solite acciaieria di Piombino e raffineria di Livorno (Enipower), nonché dell’impianto di cogenerazione di Lucca (Sondel) e della vetreria Saint Gobain di Pisa.

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PM10

0 100 200 300 400 500 600 700 Accia ieria Lucc hini CTE Piom bino CTE Livor no AGIP petro li CTE S.Ba rbara Indus trie La terizi Riun ite Rose n Saint Gob ain (P escia ) Socie tà Fa bbric a Late rizi Saint Gob ain

Fig.4.12: Emissioni annuali PM10 : l’Acciaieria di Piombino, le Centrali TermoElettriche e la raffineria

di Livorno dominano lo scenario emissivo; apprezzabile anche il contributo delle industrie di laterizi e degli stabilimenti Saint Gobain

Fig.4.13: Ubicazione sorgenti emissive PM10 > 10 ton/anno (34 stabilimenti)

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Inquinanti Emissioni Tot. Stabilimen Tot. 1 10 100 1000 10000 > 10000 COV 116290 174 19 18 97 31 6 3 SOx 73450 75 18 15 24 11 5 2 CO 33320 127 58 23 24 20 1 1 NOx 29000 135 39 20 44 24 8 - PM10 3105 143 81 28 28 6 - -

Tab.4.1: emissioni totali grandi inquinanti e classificazione degli stabilimenti secondo le tonnellate annuali

Stabilimento Attività COV SOx CO NOx PM10

Lucchini (Piombino) Acciaieria 64383 1637 18997 1362 623

CTE Piombino Centrale TermoElettrica 1237 35904 765 8122 448

CTE Livorno Centrale TermoElettrica 387 13486 246 2954 403

AGIP petroli (Livorno) Raffineria 1445 8975 721 2089 336

CTE S.Barbara (Arezzo) Centrale TermoElettrica 277 7051 129 900 153

Colacem (Bibbiena) Cementificio 6336 77 40 1443 28

Sacci (Greve in Chianti) Cementificio 3901 313 851 1634 54

Tab.4.2 maggiori stabilimenti inquinanti (le emissioni sono in tonnellate / anno)

Come si è mostrato nelle figure e tabelle precedenti la stragrande maggioranza delle emissioni puntuali (almeno di quelle censite per l’anno 2000) è localizzata nei centri urbani di Piombino e Livorno, in relazione alla presenza delle centrali termoelettriche, dell’acciaieria e della raffineria.

Considerevole, seppur nettamente minore, sono i contributi della centrale di Santa Barbara e dei cementifici in provincia di Arezzo.

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Linea CO COV NOx PM10 SOx C6H6

A1 - Firenze Sud - Incisa 1257 186 968 53 17 2430 A1 - Valdarno - Arezzo 1194 182 951 53 17 2250 A1 - Barberino - Calenzano 979 153 807 45 15 1798 A1 - Valdichiana - Chiusi 959 144 754 42 14 1830 A1 - Incisa - Valdarno 897 136 711 40 13 1696 A1 - Roncobilaccio - Barberino 900 142 756 43 14 1626 A11 - Pistoia - Montecatini 745 104 527 28 9 1532 A12 - Livorno - Rosignano Marittimo 719 103 559 28 10 1518 A12 - Versilia - Viareggio 728 82 381 18 6 1697 A1 - Interc. A11- Firenze Signa 738 109 566 31 10 1432 A11 - Viareggio - Lucca 691 78 367 18 6 1568 A1 - Firenze Signa - Firenze Certosa 659 96 497 27 9 1295 A11 - Prato Ovest - Pistoia 644 89 453 24 8 1335 A12 - Massa - Versilia 627 79 390 20 7 1326 A1 - Monte S.Savino - Valdichiana 607 91 478 26 9 1160 A1 - Arezzo - Monte S.Savino 583 88 461 25 8 1111 A11 - Prato Est - Prato Ovest 535 74 378 20 7 1101 A11 - Altopascio - Capannori 523 72 364 19 6 1087 A12 - Viareggio - Pisa Sud 512 65 318 16 6 1081 A11 - All.A1/A11 - Prato Est 452 61 305 16 5 957 A1 - Firenze Certosa - Firenze Sud 437 63 326 18 6 865 A11 - Montecatini - Chiesina Uzz. 413 58 295 16 5 844 A12 - Pisa Sud - Pisa Centro 413 52 255 13 4 874 A12 - Sarzana - Carrara 389 49 239 12 4 827 A12 - Pisa Centro - Livorno 354 44 219 11 4 750 A11 - Lucca - All. A11/A12 PI 348 48 245 13 4 720 A12 - Carrara - Massa 330 41 201 10 3 703 A1 - Chiusi - Fabro 294 44 233 13 4 561 A11 - Capannori - All. A11/A12 LU 266 37 185 10 3 553 A11 - Chiesina Uzz. - Altopascio 208 29 148 8 3 427 A1 - Pian di Voglio - Roncobilaccio 165 26 138 8 3 297 A1 - Calenzano - Firenze Nord 95 14 76 4 1 180 A11 - Firenze Ovest - All. A1/A11 62 8 37 2 1 140 A1 - Firenze Nord - Interc. A11 44 7 35 2 1 83 A11 - All. A11/A12 LU - Lucca 37 5 26 1 0 76 A11 - All. A11/A12 PI - Pisa Nord 11 1 7 0 0 22

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4.2

Meteorologia

L’altro cardine su cui poggiano i modelli di dispersione è rappresentato dall’insieme dei dati meteorologici. La tipologia delle variabili e il grado di dettaglio richiesti non possono certamente essere ricavati soltanto con delle misure di centraline di tipo convenzionale poste sul territorio. Sono necessari a questo scopo dei modelli meteorologici che simulino la

fluidodinamica dell’atmosfera e che fungano da preprocessori ai modelli di dispersione. La loro funzione principale è fornire i campi di vento e temperatura, ma anche variabili come coefficienti di diffusività turbolenta, umidità, precipitazioni e altri parametri come l’altezza dello strato di rimescolamento, la classe di stabilità atmosferica e le variabili di scala (friction e convective scale velocities, Monin-Obukhov lenght e altre), che descrivono in dettaglio il grado di turbolenza dell'atmosfera. Di questi codici, ne esistono di due tipi:

Prognostici : sono modelli dinamici, nel senso che consentono di studiare

l’evoluzione dei fenomeni atmosferici attraverso l’integrazione di equazioni

differenziali di conservazione (della massa, quantità di moto, energia cinetica

turbolenta, umidità e calore) che descrivono la fisica del sistema in esame. Oltre che come preprocessori, sono utilizzati anche per le previsioni meteorologiche. Si distinguono tra loro per il modo di implementare le equazioni, ossia in base alle ipotesi semplificative adottate per integrarle. Le due principali categorie sono costituite dai modelli idrostatici (che considerano l’aria come un fluido incomprimibile) e non idrostatici (che assumono invece variazioni di densità lungo la quota). La prima ipotesi comporta notevoli semplificazioni dal punto di vista computazionale, ed in passato era quindi considerata l’unica adottabile. L’aumento delle risorse di calcolo ha consentito poi l’implementazione anche della seconda ipotesi.

Diagnostici : sono modelli statici, che cioè non implementano al loro interno

nessuna equazione rappresentativa della fisica dei fenomeni, fatta eccezione per l’onnipresente conservazione della massa (considerando l’aria incomprimibile). Essenzialmente sono degli algoritmi che interpolano le misure disponibili su tutto il dominio di calcolo, per poi correggerne i valori in modo da garantire l’ipotesi di divergenza nulla. Si distinguono tra loro in base alla raffinatezza delle tecniche di interpolazione (la più semplice pesa le misure in funzione dell’inverso del quadrato della distanza) e di adattamento (ad esempio, come tengono conto dell’orografia e delle caratteristiche del suolo).

Nelle applicazioni di qualità dell’aria si auspica chiaramente l’utilizzo di un preprocessore prognostico. Questi modelli sono però molto sofisticati e richiedono a loro volta diverse tipologie di dati in ingresso alquanto complicati, nonché una buona conoscenza della Fisica dell’Atmosfera. E’ quindi necessario rivolgersi a chi possiede queste competenze ed utilizza questi modelli regolarmente.

Nel presente caso è stato possibile reperire dati meteorologici ottenuti con il modello prognostico non idrostatico MM5 (Fifth-Generation Mesoscale Model), sviluppato da

NCAR (National Center for Atmospheric Research della Pennsylvania University), che sono stati forniti dal CETEMPS (Università de L’Aquila). I dati in questione si riferiscono ad

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un’area che ricopre una parte dell’Europa Occidentale e ad un periodo di trentasei ore, come mostrato in figura 4.15. La griglia di questo dominio è composta da celle di 27 km di lato. Questi dati forniscono informazioni relative ai campi orari di vento, temperatura ed umidità (oltre a numerose altre variabili), che devono però essere adattati al dominio definito per la Toscana. Per questo si ricorre al modello diagnostico CALMET, sviluppato dai ricercatori

della CARB (California Air Resources Board), che riceve come input i dati elaborati dal codice MM5, opportunamente adattati, e li interpola sulla griglia voluta di 2 km di lato (fig.4.21). In questo modo si ottengono i campi tridimensionali cercati, che devono essere estratti dai dati in uscita da CALMET.

fig.4.15 : visualizzazione dei risultati di una simulazione di MM5 (campi di temperatura superficiale e

della componente orizzontale del vento, a un dato livello, per una certa ora). Risoluzione 27x27 km

(14)

4.3

Qualità dell’Aria

I dati sulla qualità dell’aria (concentrazione atmosferiche delle varie specie inquinanti) sono necessari ai modelli di dispersione per due motivi:

− a priori: devono fornire al modello le concentrazioni delle specie chimiche simulate all’interno del dominio all’inizio della simulazione (condizioni iniziali) e ai bordi esterni durante tutta la simulazione (condizioni al contorno);

− a posteriori: devono fornire un metro di giudizio per valutare la bontà della simulazione, confrontando i risultati ottenuti con i valori misurati.

La modellazione matematica del dominio di studio richiede che, per la soluzione del sistema d’equazioni differenziali costituenti il codice di calcolo, ad ogni punto griglia venga associato un valore di concentrazione, iniziale se la cella è interna al reticolo tridimensionale, attuale se appartiene alla frontiera. Tra i due tipi di dati quelli più importanti sono le condizioni al contorno, in quanto influenzano la simulazione per tutto l’intervallo di tempo mentre le condizioni iniziali perdono peso durante il suo avanzamento, quando le quantità emesse diventano preponderanti rispetto a quelle inizialmente presenti (ovviamente questo non vale per le specie non direttamente emesse, come O3, H2O2 e altri composti coinvolti

nelle sequenze fotochimiche, per le quali i dati di concentrazione iniziale sono fondamentali per una simulazione accurata). Le condizioni al contorno servono per quantificare i flussi di massa che dall’esterno entrano nel dominio di studio; sicuramente determinante per domini limitati, il trasporto transfrontaliero può avere grande influenza in situazioni con ampi sistemi circolatori, come ad esempio nelle zone costiere.

Chiaramente avere una descrizione del dominio con un simile grado di dettaglio è impossibile. Escludendo la possibilità di disporre di misure puntuali dirette, l’unica alternativa è utilizzare i risultati di altri modelli che operano su scale maggiori, interpolandoli sul dominio d’interesse (nesting).

Frequentemente vengono utilizzati i dati di un modello che simula il trasporto transfrontaliero d’inquinanti su scala europea (EMEP). Le specie chimiche monitorate sono

molte e rientrano in varie categorie (VOC, PM, metalli pesanti, ozono, composti acidificanti ed eutrofici); per molte sono disponibili le concentrazioni medie orarie. I dati rinvenuti sono però riferiti ad una griglia con maglie di 50 km di lato; interpolarli in un dominio dalla risoluzione di solo qualche chilometro avrebbe quindi poco senso.

Purtroppo non è stato possibile trovare altri dati adatti allo scopo.

Per quanto riguarda il rilevamento delle concentrazioni d’inquinanti, la qualità dell'aria in Toscana è controllata tramite un sistema di monitoraggio regionale (fig.4.16) composto da reti provinciali pubbliche e private.

Le reti provinciali sono costituite da stazioni che rilevano sia le concentrazioni di sostanze inquinanti che i parametri meteorologici. La gestione operativa delle unità di rilevamento, la raccolta e la validazione dei dati è demandata ai Centri Operativi Provinciali (COP), di cui fanno parte i Dipartimenti provinciali ARPAT infine i dati vengono inviati per via telematica

al SIRA che centralizza la gestione della base di dati su scala regionale. La Regione ha la funzione di coordinare il sistema, la cui realizzazione è finalizzata alla tutela e al risanamento della qualità dell'aria. Alle reti provinciali pubbliche si aggiungono, integrandosi, quelle private (ad esempio ENEL), realizzate in prossimità di poli industriali e gestite dagli

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industriali stessi o dai Dipartimenti ARPAT, a seguito di convenzioni specifiche o accordi programmatici.

Il controllo avviene in 48 Comuni (9 capoluoghi di provincia, 12 Comuni con popolazione superiore a 30.000 abitanti, dati aggiornati al 2002). I dati raccolti dalle reti vengono divulgati attraverso il bollettino quotidiano della qualità dell'aria, utilizzabile per confrontare le concentrazioni medie giornaliere misurate con quelle predette.

Annualmente i dati vengono analizzati, elaborati e sintetizzati in una relazione mirata a fornire alle amministrazioni competenti il quadro conoscitivo necessario a determinare le politiche di gestione ambientale.

fig.4.16 : reti di monitoraggio della qualità dell’aria in Toscana

4.4

Parametri Chimici e Fotochimici

Per eseguire una simulazione che consideri anche le trasformazioni chimiche è in primo luogo necessario scegliere uno dei meccanismo. Per ogni reazione del meccanismo devono essere forniti i parametri caratteristici, il cui numero varia a seconda della forma con cui viene espressa la costante cinetica. Per ogni specie, inoltre, sono necessarie altre caratteristiche, come la costante si Henry o il coefficiente di diffusione.

Nel nostro caso la scelta del meccanismo chimico è obbligata: infatti l’unico implementato da CAMx che considera anche il particolato è il CB IV. Insieme al codice di calcolo vengono

distribuiti anche i files chimici associati ai meccanismi supportati, con tutte le specie coinvolte, le loro proprietà e i parametri caratteristici delle reazioni (tranne di quelle fotochimiche che come vedremo sono considerate a parte). E’ quindi possibile utilizzarli tal quali o apportare delle modifiche o miglioramenti se si è nelle condizioni di farlo. Per la descrizione del CB IV e delle sue specie ci si riferisca al capitolo 3.

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Una delle caratteristiche essenziali di CAMx è quella di essere un modello fotochimico, di considerare cioè anche le reazioni atmosferiche che sono attivate dalla radiazione solare, e che giocano un ruolo fondamentale nei processi reattivi reali e quindi anche nei meccanismi implementati. L’entità di queste reazioni, da cui dipende strettamente l’evoluzione del complesso processo della chimica atmosferica, può essere descritta attraverso dei coefficienti che ne rappresentano le velocità, detti di fotodissociazione o fotolisi. Tali parametri cinetici dipendono dalla quantità di energia elettromagnetica presente, e sono dunque funzione della stagione, dell’inclinazione solare (angolo di zenith), della quota, della frazione radiante riflessa dalla superficie terrestre (albedo), dal grado di torbidità atmosferica (diffrazione da parte dell’aerosol), dalla concentrazione d’ozono, composto determinante negli equilibri fotochimici, oltre naturalmente a dipendere dalla natura dei composti coinvolti e dal tipo di reazione.

Determinare dunque le “costanti” cinetiche delle numerose reazioni fotochimiche non semplice. Sono stati pertanto realizzati dei modelli di calcolo, basati sulle ricerche teoriche e sperimentali effettuate in questo campo, che sono in grado di fornire dei valori da associare a queste reazioni. Chiaramente il livello di accuratezza dei risultati dipenderà dal livello di semplificazione con cui è costruito o utilizzato il modello.

Nel presente lavoro si è fatto riferimento al modello TUV (Tropospheric Ultraviolet-Visible)

sviluppato dai ricercatori dell’ NCAR (National Center for Atmospheric Research, Colorado, 2002). Questo codice è usato per il calcolo di diversi parametri, come l’irraggiamento, il flusso attinico, le dosi irradianti biologicamente dannose e, perlappunto, i coefficienti di fotolisi.

A questo punto il problema viene spostato dalla determinazione dei parametri alla impostazione del modello, ossia alla corretta definizione dei dati in ingresso. Sono richieste variabili come il flusso radiante extraterrestre, l’albedo, l’assorbanza dovuta alla presenza di SO2, NO2, e O3 e le loro concentrazioni, i profili verticali di densità e temperatura dell’aria,

l’altitudine e le proprietà ottiche delle nuvole, la parametrizzazione dell’aerosol atmosferico, pretese insomma che definire esigenti sarebbe eufemistico, e che possono essere soddisfatte solo a costo di pesanti approssimazioni (che sono comunque la norma nella modellazione ambientale!). Si potrebbe valutare, per avere un’idea degli errori commessi, come queste approssimazioni si ripercuotano sulla correttezza dei coefficienti calcolati (ossia la sensibilità dei parametri rispetto alle variabili), ma questo esula dal presente lavoro di tesi.

E’ però possibile ricavare solo un numero limitato di parametri, quelli cioè relativi alle sole reazioni incluse nel modello; altre reazioni fotochimiche considerate dai meccanismi non sono supportate; per alcune (dette secondarie) CAMx ricorre a dei fattori di scala che ne calcolano i parametri a partire da quelli di altre reazioni (primarie).

Tre parametri, oltre alle già citate velocità di fotolisi, sono particolarmente importanti in CAMx: l’albedo e le colonne (quantità totale lungo la verticale riferita all’unità di superficie) d’ozono ed aerosol (quest’ultima detta anche torbidità atmosferica).

L’albedo può essere considerato funzione della sola copertura del terreno, e quindi è semplicisticamente ricavato associando ad ogni categoria di landuse un certo valore.

Per le altre due grandezze, vista la loro natura, l’unico modo è utilizzare misure satellitari. La NASA effettua misure spettrometriche di ozono ed aerosol su tutto il globo (figure 4.17-18), che vengono elaborate con l’algoritmo TOMS (Total Ozone Mapping Spectrometer) e

messe a disposizione nel sito web relativo. I dati si riferiscono ad ogni cella definita dall’intersezione dei paralleli e meridiani con risoluzione di un grado, ed hanno cadenza giornaliera. Chiaramente l’adattamento di questi dati ad una griglia con risoluzione maggiore (come è inevitabile per applicazioni modellistiche su scala locale o mesoscala) genera delle imprecisioni, ma questo è un problema minore se si pensa ad approssimazioni più importanti, come quelle emissive e meteorologiche.

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fig.4.17: misure satellitari spettroscopiche della colonna d’ozono (in unità Dobson)

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4.5

Orografia ed Uso del Territorio

Le informazioni circa l’orografia e l’impiego del territorio (landuse) nel dominio in esame sono necessarie per due motivi:

Vengono utilizzate dal preprocessore meteorologico per la ricostruzione del campo di vento e il calcolo delle variabili micrometeorologiche.

Vengono utilizzate anche dal modello di dispersione per la definizione della griglia tridimensionale e il calcolo delle velocità di deposizione.

Ad ogni tipo di terreno sono infatti associati dei valori specifici di rugosità superficiale, di

albedo ed altre grandezze, come la copertura fogliare e il flusso di calore antropico (tabella

4.4), che intervengono nella computazione di diverse variabili.

I tipi di terreno esistenti sono molto numerosi e la loro classificazione può arrivare ad un grado di dettaglio notevole. Comunque per motivi pratici se ne restringe il campo ad alcune categorie. Il modello CAMx ne prevede undici, il modello CALMET quattordici:

tab.4.4: categorie di landuse utilizzate da CAMx

Nelle simulazioni qui effettuate le categorie sono state limitate alle quattro principali:

Urbano Agricolo Foresta Acqua

I dati sul landuse sono stati forniti dalla Regione Toscana e si limitano al solo territorio all’interno dei confini regionali; quelli sull’orografia provengono invece dall’IGM (Istituto Geografico Militare) e, essendo stati estratti da un dominio nazionale, contengono anche i territori limitrofi (figure 4.19-20).

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Il dominio scelto per le simulazioni comprende un’area di circa 78.300 m2 , suddiviso in una

griglia di 290 km x 270 km con risoluzione di 2 km (145 colonne e 135 righe).

fig.4.19: orografia dominio di studio (definizione celle 2km x 2km)

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