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due condizioni: 1. che il cliente ne sia informato e vi acconsenta; 2. che di

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Patrocinante in Cassazione.

Mediatore Civile e Commerciale

Docente a contr. di Diritto Pubblico e Diritto del Lavoro presso l’Università Cattolica, Facoltà “A.

Gemelli”.

(Iscr. Consiglio dell’Ordine di Torino)

TORINO – 10138 Via Pinasca, 12 Tel. 011. 4332740 – Fax 011.

4477723

BRANDIZZO (TO) – 10032 Via Lamarmora, 4 Tel.-Fax 011. 9170041

e-mail:

legalegamb@gmail.com 1

Torino, 7 luglio 2012

Oggetto: Parere su modalità di esercizio professionale

Il sottoscritto avvocato

− letto il quesito in materia di modalità di esercizio di attività professionali di gruppo, formulato da un infermiere di Vicenza alla Federazione Nazionale IPASVI e sottoposto a parere di questo studio dal Collegio IPASVI di Torino;

− compulsata la normativa di settore, la regolamentazione deontologica e le linee guida professionali di riferimento, esprime il seguente

PARERE A) Le prospettive nell'immediato

Restando in attesa del varo di una riforma organica delle libere professioni, annunciato come imminente dal Ministro della Giustizia, un filone autonomo (ed inspiegabilmente avulso dalla suddetta riforma organica) ha nuovamente disposto in tema di Società tra Professionisti (S.T.P.), un istituto già contemplato dalla c.d.

Legge Bersani 2 ed ora nuovamente maneggiato dal Decreto Liberalizzazioni (art. 10 della legge di stabilità per il 2012 - L.183/2011).

Si ricorda, infatti, come la suddetta legge, abrogando il divieto contemplato dall’ormai datata L. 1815/1939, abbia previsto la possibilità, a partire dal 1° gennaio 2012, di costituire società che abbiano per oggetto esclusivo l’esercizio di attività professionali, secondo i modelli societari già esistenti e regolati dai Titoli V e VI del Libro V del codice civile, ovvero quelli delle società di persone (S.n.c. e S.a.s.), delle

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società di capitali (S.r.l., S.p.a., S.a.p.a.) e delle società cooperative, con alcuni requisiti di “garanzia deontologica” in più rispetto ai modelli tradizionali.

Nella compagine sociale delle cd. «società tra professionisti», accanto alla presenza dei soci professionisti iscritti ad Ordini, Albi e Collegi, è ammessa invero dalla legge anche quella di soci non professionisti, ma solo per prestazioni tecniche, di supporto rispetto ai servizi professionali, o per finalità di investimento (c.d. Soci finanziatori): in ogni caso, rimane fermo il divieto per i non professionisti di svolgere direttamente l’attività professionale.

Il vero problema pratico, però, sta nel fatto che è bensì vero che dal 1 gennaio 2012 è formalmente possibile la costituzione di una società tra professionisti, ma proprio in questi giorni una circolare del Comitato degli Ordini Professionali (Circolare COP 2 gennaio 2012) ha evidenziato le lacune della legge stessa e soprattutto la mancanza dei regolamenti ivi previsti . Anche se in teoria, dunque, già oggi sarebbe possibile anche per gli infermieri che lo richiedessero costituire una STP, in sostanza la risposta sulla possibilità di un suo reale funzionamento deve essere negativa, perchè mancano i regolamenti attuativi

per procedere all'iscrizione.

Infatti, anche se il citato art. 10 della Legge di Stabilità è già in vigore, è necessario attendere un decreto attuativo interministeriale (previsto entro Maggio 2012) per la piena operatività della norma. In definitiva, fino all'emanazione dei previsti regolamenti, le società tra professionisti infermieri, anche se legittimamente costituite e iscritte al Registro delle imprese (ammesso che il Conservatore intenda

farlo nelle more del decreto attuativo), rischiano di non poter svolgere la loro attività.

In particolare, uno dei punti principali da chiarire riguarda le modalità di deposito presso il Registro delle imprese della necessaria certificazione rilasciata dal competente Collegio IPASVI, attestante l'avvenuta iscrizione della STP presso

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l'Albo (la necessaria sezione a parte dello stesso, non esiste ancora).

La STP deve infatti secondo la legge essere iscritta, per poter operare, in una apposita sezione dell'Albo ....Peccato che ad oggi tale precetto rimane, come si dice, nell' ”Iperuranio” (mondo delle idee pure), in quanto non esiste né una normativa che disciplini l'iscrizione delle STP negli albi professionali, né tampoco una regola che disponga alcunché in tema di sottoponibilità della società, quale soggetto autonomo, al procedimento disciplinare ordinistico!

B) Lo stato attuale

Quanto sopra considerato (ed anelato!), le possibilità concrete che ha, qui ed ora, l'iscritto vicentino che ha formulato il quesito/pretesto per il presente parere sono dunque ancora quelle “classiche”, ovverosia quelle disciplinate dal combinato disposto di una stringatissima normativa statuale e una – invero, piuttosto generica e soggetta a cospicui “adattamenti” in sede di applicazione locale da parte degli organismi provinciali - regolamentazione deontologica, promanante dalla Federazione Nazionale IPASVI.

In estrema sintesi espositiva, le forme aggregative ad oggi possibili per l'infermiere libero professionista, che voglia a ampliare la propria organizzazione con economie c.d. “di scala”, si riducono a come segue.

A) La forma associativa tra professionisti intellettuali più usuale e collaudata è ad oggi quella dello studio associato (legge 1815/39). I limiti intrinseci di tale forma di esercizio sono però la scarsissima vocazione imprenditoriale derivante dalla permanenza di rigidi vincoli deontologici di tipo personale, come il rigore assoluto del rapporto fiduciario, che rimane comunque individuale e non delegabile e il generale divieto deontologico di contaminazione con attività diverse da quella tipica della professione protetta di appartenenza.

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B) Un' altra forma organizzativa utilizzata nel mondo infermieristico - meno diffusa dello Studio associato, ma ugualmente consentita e presente nella tradizione - è quella della Cooperativa sociale a r. l. di tipo A, disciplinata dall' art. 10 della L.

381/91, che pare in effetti consentire la costituzione di tale cooperativa anche tra sanitari iscritti ad albi.

Ma ciò può avvenire a precise condizioni:

1) sottoposizione al controllo degli Ordini professionali (vedi regolamenti IPASVI citati, su modalità di esercizio);

2) oggetto sociale esclusivo e di tipo sanitario (vedi Bersani II e progetto di riforma in

lavorazione);

3) comunque, responsabilità personale e piena del singolo professionista, che rende sempre la prestazione in rapporto fiduciario diretto (Bersani II e progetto di riforma in

lavorazione).

E' evidente come i suddetti vincoli, previsti per la adozione di tale forma aggregativa, la rendano in realtà molto simile allo Studio associato e, attesa la quasi totale soppressione delle agevolazioni fiscali un tempo abbondanti, ormai priva di valore aggiunto rispetto a quest’ultimo.

*

La esigenza diffusa di fornire un servizio sanitario più completo, che possa conglobare ove occorra diverse professioni affini (ad es. infermiere + medico o fisioterapista) ha nel tempo determinato un allargamento della prospettiva da parte degli organismi professionali.

Tant'è che, con propria regolamentazione autonoma delle modalità di esercizio professionale consentite, il Comitato Centrale della Federazione Nazionale IPASVI ha emanato due provvedimenti successivi, attualmente in vigore e da considerarsi in combinato disposto ed integrati tra loro:

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1) “Norme di comportamento per l'esercizio autonomo della professione infermieristica” (artt. 49-63), pubblicato nell'ottobre 1996;

2) “Linee guida comportamentali – Modalità di esercizio libero professionale”, documento approvato con Deliberazione n. 6 del 1 febbraio 2003.

La citata duplice fonte ordinistica, alla lettura della quale integralmente qui si rimanda, corrisponde in linea di massima alla posizione assunta anche dalla maggior parte degli organismi esponenziali delle altre professioni intellettuali “protette”, che va verso un limitato riconoscimento della possibilità di aggregazioni professionali miste, ma solo con determinate garanzie di controllo da parte degli Organismi professionali interessati e solo a fronte di reali esigenze di integrazione e miglioramento delle prestazioni precipue delle varie professioni rappresentate.

In particolare, con riferimento alla esigenza manifestata dall'infermiere di cui al quesito di collaborare con figure professionali ed ausiliarie, la fonte dei limiti a tale possibilità va reperita soprattutto nella stessa regola deontologica. Infatti, nell'attesa di conoscere il grado di elasticità espresso sul punto dalla futura legge di riordino delle professioni intellettuali e fatta salva la disciplina delle STP, in materia di studi associati e cooperative infermieristiche, ad oggi illumina il disposto delle linee guida professionali sopraccitate, laddove è sancito che: “lo studio associato deve essere costituito esclusivamente da liberi professionisti iscritti al Collegio IPASVI; da liberi professionisti iscritti ad altri albi relativi a professioni sanitarie le cui rispettive attività siano integrabili a quella infermieristica; da liberi professionisti dell'area

sanitaria e sociale il cui profilo professionale è previsto da decreti ministeriali (anche senza albo, n.d.r.)...nota 13: Le figure professionali escluse dagli Studi associati sono gli infermieri generici, gli Asa, gli Ota, gli Oss (legge 1815/ e s.m e art. 14 e ss, codice civile)”.

Anche sull'utilizzabilità o meno della forma cooperativistico sociale di tipo A per

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integrazioni con altre figure, la attuale disciplina va reperita nelle linee guida della Federazione IPASVI, ove viene scolpito che “L'infermiere può esercitare la libera professione in forma associata (...e non altro, quindi non si parla qui della diversa ipotesi della dipendenza, n.d.r.) tramite le Cooperative sociali costituite ai sensi della legge 381/91 e 142/01. La presenza all'interno della cooperativa di altri professionisti o di figure di supporto all'assistenza infermieristica non dovrà in alcun modo limitare le garanzie di un corretto esercizio professionale da parte dell'infermiere”.

Applicando la superiore disciplina al caso esposto nel quesito, si deve concludere che tra le varie figure enunciate dall'iscritto, l'unica che allo stato potrebbe essere inserita nella compagine dello studio associato di nuova costituzione è quella di cui al secondo punto e cioè psicologo/assistente sociale.

Naturalmente è sempre possibile l'ingaggio di figure di supporto quali dipendenti (e non soci), atteso il disposto dell'art. 2232 C.C : “

Il prestatore d'opera deve eseguire personalmente l'incarico assunto. Può tuttavia valersi, sotto la propria direzione e responsabilità, di sostituti e ausiliari , se la collaborazione di altri è consentita dal contratto o dagli usi e non è incompatibile con l'oggetto

della prestazione”.

Quindi, ben si potrà usufruire della collaborazione di colleghi e/o ausiliari, a

due condizioni: 1. che il cliente ne sia informato e vi acconsenta; 2. che di

fatto non vengano stravolti o fortemente ridimensionati né il rapporto fiduciario

e la responsabilità diretti tra singolo professionista e paziente, né tanto meno

la stessa natura professionale della prestazione infermieristica, che deve

rimanere prevalente.

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Restando a disposizione per ulteriori chiarimenti e/o approfondimenti, ritenendo evaso l'incarico assunto, si porgono cordiali saluti.

Avv. Prof. Dario Vladimiro Gamba

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