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Academic year: 2021

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CAPITOLO 5

MoM A BASSISSIME FREQUENZE

5.1 INTRODUZIONE

Il Metodo dei Momenti è diventato negli ultimi tempi un mezzo molto comune per la risoluzione di problemi di scattering su superfici tridimensionali. D’altra parte esso presenta di alcuni importanti problemi tra i quali ricordiamo:

• la grande quantità di dati che debbono essere memorizzati e conseguentemente la necessità di disporre di grossi quantitativi di memoria (soprattutto per oggetti di grandi dimensioni);

• la complessità di calcolo richiesta dal metodo stesso;

• la formulazione EIFE risulta in certe situazioni mal-condizionata; • ci sono problemi di risoluzione nella zona di risonanza;

• le soluzioni non necessariamente migliorano aumentando la discretizzazione dell’oggetto in esame;

• l’uso delle funzioni base di Rao-Wilton-Glisson (RWG) mostra un’instabilità a bassa frequenza rendendo l’equazione matriciale singolare.

(2)

quali il Fast Multiple Method (FMM) e il metodo Singular Value Decomposition (SVD) che riducono drasticamente la richiesta di memoria e la complessità computazionale; i problemi di risonanza possono essere efficientemente corretti utilizzando il CFIE (Combined Field Intergral Equation) e infine l’instabilità dovuta alla bassa frequenza può essere risolta implementando come funzioni di base le loop-star.

Quest’ultimo problema è quello che ora tratteremo più in dettaglio; esso è dovuto al disaccoppiamento del campo elettrico e magnetico nell’equazioni di Maxwell proprio a frequenza zero.

Inoltre i campi elettrici e magnetici divengono irrotazionali a frequenza zero al di fuori della regione della sorgente infatti:

0

E

∇ × = ; ∇ ×H = ; J

eE

ρ

∇ ⋅ = ; ∇ ⋅

µ

H = . 0

Questo disaccoppiamento dei campi elettrostatici e magnetostatici si manifesta anche nella corrente separandola in una parte solenoidale ed in una parte complementare irrotazionale. A frequenza zero anche le due correnti sono completamente disaccoppiate. La corrente solenoidale produce soltanto il campo magnetico, mentre la parte di corrente irrotazionale produce il solo campo elettrico; cioè la corrente subisce una naturale decomposizione di Helmoltz.

Si noti che la parte di corrente irrotazionale richiede che la divergenza vada a zero col diminuire della frequenza cosicché si possa produrre una carica finita.

Da questa considerazione possiamo porre J = Jsol + Jirr, dove la

componente irrotazionale Jirr tende a zero col diminuire della frequenza

(3)

diversa dipendenza dalla frequenza delle due componenti della corrente quando la frequenza tende a zero, il metodo numerico implementato deve tener conto di questa discrepanza ed attribuire la giusta dipendenza dalla frequenza alle due componenti della corrente.

Questo si può ottenere utilizzando il metodo delle funzioni base loop-star. Col metodo del potenziale vettore per risolvere le equazioni di Maxwell noi abbiamo che E= j A

ω

− ∇ dove il contributo proveniente

φ

dalla quantità di carica

ρ

è incluso nel termine potenziale scalare

φ

, mentre il contributo dovuto alla corrente J è invece incluso nel termine potenziale vettore A.

A frequenze molto basse, quando l’EIFE è risolta direttamente con un MoM utilizzando funzioni tipo roof-top o tipo RWG, il contributo del potenziale vettore nella matrice delle impedenze è molto più piccolo del contributo del potenziale scalare e questo è per l’appunto dovuto alla mancata considerazione della componente irrotazionale della corrente.

Questo effetto può essere meglio compreso studiando la seguente rappresentazione integrale del campo elettrico:

1 ( ) ( , ') ( ') ' ( , ') ' ( ') ' S S E r j g r r J r dr g r r J r dr j

ωµ

ωε

=

− ∇

∇ ⋅

.

(5.1)

A causa della precisione finita da parte dei calcolatori, il contributo del potenziale vettore (il primo termine) diventerà velocemente trascurabile quando la frequenza va a zero. Inoltre il potenziale scalare nell’integrale di sopra ha un nullo dovuto all’operatore divergenza.

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Questo rende la matrice della impedenza praticamente singolare e molto difficile da invertire a basse frequenze.

Ma il potenziale vettore può essere importante tanto quanto quello scalare a frequenze molto basse considerando inoltre che i campi elettrici prodotti sono molto deboli. Questa perdita rende i risultati così ottenuti inaffidabili, mentre un corretto metodo numerico necessita di preservare entrambi i contributi.

5.2 FUNZIONI DI BASE LOOP STAR

Dunque come abbiamo visto il problema principale a bassa frequenza è quello di separare i contributi dovuti alla parte irrotazionale e a quella solenoidale della corrente e pesarli opportunamente in modo che uno dei due non scompaia definitivamente. Queste funzioni di base separano per l’appunto il contributo del potenziale vettore e del potenziale scalare nella matrice delle impedenze che si genera utilizzando il MoM; in questa maniera il contributo del potenziale vettore non viene sopraffato da quello scalare.

L’uso quindi delle funzioni loop-star, seguita da una normalizzazione in frequenza, risolve il problema della parziale singolarità della matrice delle impedenze a bassa frequenza.

Descriviamo nel seguito queste nuove funzioni di base.

E’ interessante notare che le funzioni base RWG comunemente usate nel MoM possono essere direttamente relazionate con gli elementi di bordo del metodo FEM. In fig. 5.1 è mostrata una usuale descrizione della

(5)

funzione base RWG per uno spigolo i,j. Il vettore funzione base RWG comunemente associato allo spigolo è comunemente scritto come:

n n ( ) 2 ( ) ( ) 2 0 altrove n n n n n n n l A l A + + + − − − ∈ = ∈ ρ r r T f r ρ r r T          Dove:

ln è la lunghezza del generico spigolo (necessariamente non di bordo);

Tn+ e Tn- sono la faccia positiva e la faccia negativa connesse allo spigolo;

An+ e An- sono l’area della faccia positiva e l’area di quella negativa;

ρn+ è il vettore che congiunge il vertice libero della faccia Tn+ con il

generico punto di essa;

ρn- è il vettore che congiunge il generico punto della faccia Tn- con il

suo vertice libero. come illustrato nel Cap. 2. Si noti inoltre che :

, , 1 i j i j f l A± ∇ ⋅ = ± , (5.2)

(6)

ρn+(r1) ρn-(r2) i j r1 Fig. 5.1

Una nuova formulazione delle funzioni base è per l’appunto quella data dalle funzioni loop-star : considerando la situazione mostrata in fig. 5.2, essendo fi le usuali funzioni di base RWG, la corrente J può essere

espressa da:

( ) i i( )

i

J r =

J f r⋅ . (5.3)

La costruzione delle funzioni loop-star parte dal teorema di decomposizione di Helmholtz, vale a dire:

J = J

sol

+ J

irr

,

(5.4) ln Tn- Tn+ O r2

(7)

con 0 irr J ∇ × ≡ ; (5.5) ∇ ⋅Jsol ≡ . (5.6) 0 Le funzioni di base usate per espandere la corrente sinusoidale Jsol

sono le funzioni base loop mentre le funzioni base per la componente irrotazionale Jirr sono le funzioni base star.

Si noti inoltre che per una discretizzazione dove la continuità del corpo non esiste possiamo imporre la decomposizione di Helmholtz solo in maniera approssimata.

Quindi grazie a detta decomposizione riscriviamo la corrente come:

1 1 ( ) L L S X l l s s l s J r J L J X = = =

⋅ +

⋅ , (5.7) con 0 l L ∇ ⋅ ≡ , (5.8) 0 s X ∇ ×  , (5.9) Ciò vale a dire che le funzioni base loop sono funzioni vettoriali solenoidali, mentre le funzioni base star non sono necessariamente irrotazionali.

Inoltre se si usano le funzioni base nel loro ordine più basso allora il numero totale delle incognite L+S risulterà uguale al numero di incognite dovuto alla formulazione originale ottenuta con le funzioni di base RWG.

(8)

Fig 5.2

Funzioni di Base Loop

Vediamo ora in dettaglio la costruzione di queste particolari funzioni base. Considerando strutture prive di buchi, come ad esempio quella mostrate in fig. 5.2, prendiamo in esame le funzioni base associata ad ogni singolo vertice interno, in maniera esplicita si ha:

' ' ' ' ' ' 1 1 2 3 4 5 6 L = f + f + f + f + f + , (5.10) f ' ' ' ' ' ' 2 7 8 9 10 11 4 L = f + f + f + f + f − , (5.11) f

dove fi è la normale funzione base RWG per il generico spigolo i divisa per

la lunghezza dello spigolo stesso. Dalla (5.2) è facile vedere che: 0

i

L

(9)

Una descrizione diversa e più compatta delle funzione loop può essere data da: 1( ) ( 1 ( )) L r = ∇ ×

κ

n r , (5.12) 2( ) ( 2 ( )) L r = ∇ ×

κ

n r , (5.13)

dove

κ

i sono le coordinate del generico vertice i.

Quindi in sostanza le loop-star, differentemente dalle funzioni RWG, sono associate ai vertici dei triangoli e non ai lati. Si noti che questo tipo di costruzione lascia sempre un vertice libero.

Funzioni di Base Star

D’altra parte le funzioni base star sono invece associate ai triangoli, quindi ad ogni triangolo è associata una funzione star. Ad esempio, sempre riferendosi all’esempio mostrato in fig. 5.2, per i triangoli 1 e 5 le funzioni star sono: ' ' 1 1 6 X = f − , (5.14) f ' ' ' 5 4 7 3 X = f + ff , (5.15) benché ∇ ×X1 ≠0 e Li = ∇ ×(

ψ

in).

(10)

5.3 GRADI DI LIBERTA’

Indicando con V, E, F rispettivamente il numero dei vertici, dei bordi e delle facce (nel nostro caso triangolari) di una superficie tridimensionale (in assenza di buchi) e indicando con NΓ il numero di contorni separatori

esterni per la formula di Eulero si ha:

V – E + F = 2 – NΓ . (5.16)

Per chiarire il concetto prendendo ad esempio in considerazione la struttura mostrata in fig. 5.3; la stessa avrà V = 14; E = 29; F = 15; NΓ = 2.

Fig 5.3

a) numero delle funzioni loop

Matematicamente le funzioni base loop possono essere definite attraverso la funzione scalare potenziale magnetico ψ nel seguente modo:

( )

i i

(11)

per le funzioni loop-star di ordine più basso, ψ sarà la usuale interpolazione polinomiale di Lagrange associata al generico vertice i.

Si noti che le condizioni al contorno impongono che non scorra corrente attraverso i contorni esterni. Questo può essere ottenuto imponendo i potenziali nei vertici su quegli stessi contorni ad una costante. Ciò vale a dire che ai contorni esterni corrispondono linee di potenziale uguali per ψ.

Comunque, per contorni separati potrebbe esistere una differenza di potenziale e quindi creare problemi. La questione è stata trattata in letteratura.

Se c’è più di un contorno nel dominio in questione noi possiamo semplicemente sceglierne uno e imporgli un valore di riferimento (nella maggior parte dei casi gli viene assegnato un valore di riferimento pari a 0).

Infine per strutture chiuse senza buchi, cioè NΓ = 0, noi possiamo assegnare arbitrariamente un potenziale di riferimento ad uno qualsiasi dei vertici.

Conseguentemente il numero delle funzioni loop è:

L = Vint + NΓs– 1 , (5.18)

dove Vint e NΓs sono rispettivamente il numero di vertici interni alla

struttura e i contorni di separazione.

Ad esempio sempre con riferimento alla fig. 5.3, abbiamo che Vint = 1,

s

(12)

b) numero delle funzioni star Considerando la (5.7): 1 1 ( ) L L S X l l s s l s J r J L J X = = =

⋅ +

e calcolando la divergenza e quindi in pratica applicando ∇ ⋅ = , L 0 risulta che: 1 S X s s s

J

J

X

=

∇ ⋅ =

∇ ⋅

. (5.21)

Quando la corrente superficiale incognita J è espressa attraverso le usuali funzioni di base RWG, la (5.21) è riscritta come:

int 1 1 E S X i i s s i s

J

f

J

X

= =

∇⋅ =

∇⋅

, (5.22)

Questo, unito al fatto che la carica totale deve essere eguale a zero, implica che:

Jdx

2

0

∇⋅

=

(13)

cioè concludiamo che il numero di funzioni che rappresentano la densità di carica indipendente ∇ ⋅ che è anche il numero di funzioni star J

indipendenti è:

S = F – 1 , (5.24)

Osserviamo inoltre che S + L = Eint; infatti dal momento che le

funzioni di base loop e star sono una combinazione lineare delle funzioni di base RWG esse genereranno esattamente lo stesso spazio vettoriale.

Quindi è necessario che il grado totale di libertà dovuto alla formulazione loop-star sia uguale a quello dovuto dalla tradizionale formulazione RWG. Assumendo una regolare mappatura della superficie dell’oggetto in questione, ossia che nessun lato sia in comune con più di due triangoli, il grado di libertà dovuto all’approccio classico con le funzioni RWG è uguale al numero degli spigoli interni Eint = E – Ebound

dove Ebound è il numero dei lati sul contorno esterno del corpo.

Sommando la (5.18) e la (5.24) abbiamo:

L + S = Vint + NΓs + F – 2 = V – Vbound + NΓs + F – 2 , (5.25)

dove Vbound è il numero di vertici sul contorno esterno.

Tendendo inoltre conto che :

Vbound = Ebound – (NΓ – NΓs) . (5.26)

Abbiamo infine la seguente relazione:

(14)

5.4 LIMITI IN CONTINUA DELL’EFIE USANDO LE FUNZIONI BASE DI GALERKIN E LOOP-STAR

Applicando il metodo di Galerkin (metodo dei residui pesati) per la soluzione dell’EIFE si ha:

0 2 ' ' ' 0 0 jk R jkR inc D D D D c D

e

e

jk

k J

Jdsds

J

Jdsds

J E ds

R

R

Z

− −

− ∇⋅

∇ ⋅

= −

∫ ∫

, (5.28)

dove D è il dominio del problema o l’oggetto scatteratore. Al limite in corrente continua ossia per k0 = 0, la (5.28) si riduce a :

' '

1

0

D D

J

Jds ds

R

∇⋅

∇ ⋅

=

. (5.29)

In questo caso un qualsiasi campo vettoriale solenoidale è soluzione della (5.29).

Poniamo la nostra attenzione al caso in cui la corrente superficiale incognita J sia espressa in termini delle funzioni di base di tipo RWG. Come descritto precedentemente, associato ad ogni nodo interno ci dovrebbe essere una corrente di loop la cui divergenza è zero, ossia il campo è solenoidale, e che sia una combinazione lineare delle funzioni base RWG.

Questo vuol dire che, usando come funzioni di base le RWG, ci saranno Vint + NΓs – 1 correnti di loop indipendenti per una data mesh che è

(15)

Conseguentemente, utilizzando le funzioni RWG per la risoluzione dell’EFIE il sistema finale risulta mal condizionato avvicinandosi alla corrente continua e mostra una instabilità alle basse frequenze (il numero di condizioni sulla matrice va a infinito per k0 tendente a zero).

Questo può avere conseguenze importanti se per la risoluzione della matrice si usano metodi iterativi. In queste situazioni la convergenza dei metodi iterativi può essere molto lunga se non addirittura fallimentare.

Lo sviluppo delle funzioni di base RWG nelle funzioni di base

loop-star elimina esattamente l’instabilità a bassa frequenza.

Impiegando la proprietà ∇ ⋅ ≡Li 0 (per ognuna delle funzioni loop di base) il test di Galerkin per l’EFIE può essere diviso in due parti:

(

)

0 0 2 ' 2 ' 0 0 0 4 jk R jk R L X m l l m s s l s D D D D inc m D c e e k L L ds ds J k L X ds ds J R R k j L E ds Z

π

− −     ⋅ + ⋅ =     = − ⋅

(5.30) e

(

)

0 0 0 2 ' 2 ' 0 0 ' ' 0

4

jk R jk R L X n l l n s s l s D D D D jk R X n s s s D D inc n D c

e

e

k

X

L ds ds J

k

X

X ds ds J

R

R

e

X

X ds ds J

R

k

j

X

E

ds

Z

π

− − −

+

− ∇ ⋅

∇ ⋅

= −

(5.31)

(16)

Esaminando la (5.30) e la (5.31) facendone il limite alla continua si ottiene: 0 ' 0 jk R X n s s s D D e X X ds ds J R −   ∇ ⋅ ⋅ ∇ ⋅ ≈  

. (5.32)

Poiché lo sviluppo delle funzioni star non include alcun campo vettoriale solenoidali si conclude che:

0

X s

J ≈ . (5.33)

Quindi a bassa frequenza sostituendo la (5.33) nella (5.30):

(

)

2 ' 0 0 1 L 4 inc m l l m l D D c D k k L L ds ds J j L E ds R Z

π

  ⋅ − ⋅  



, (5.34)

che per qualsiasi valore diverso da zero di k0 l’equazione matriciale

della (5.34), può essere trasformata attraverso una scalatura diagonale in :

(

)

' 0 1 L 4 inc m l l m l D D c D L L ds ds J j L E ds R Z k

π

  ⋅ − ⋅  



, (5.35)

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