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se invece il pericolo esiste, essa dovrebbe stimolare un’adeguata percezione del rischio

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Academic year: 2021

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RIASSUNTO

Negli ultimi anni, una catena ininterrotta di allarmi alimentari ha catalizzato l’attenzione dei mass media e dell’opinione pubblica, con complesse ripercussioni sulla percezione dei rischi associati agli alimenti. L’incertezza dei dati scientifici, la difficile comprensione dei rischi, ma in particolare il sensazionalismo con cui sono state presentate le notizie dai mass media, hanno contribuito ad influenzare una percezione del rischio che spesso non coincide con i reali pericoli alimentari. Se il rischio è basso, la comunicazione dovrebbe infatti diminuire la preoccupazione dei cittadini e non accentuarne il potenziale catastrofico per aumentare le vendite o gli ascolti; se invece il pericolo esiste, essa dovrebbe stimolare un’adeguata percezione del rischio.

Scopo di questa tesi è quindi lo studio della percezione del rischio derivante dalla contaminazione degli alimenti in relazione agli allarmi alimentari mediatici e alla situazione epidemiologica esistente.

Per raggiungere tale obiettivo sono state effettuate:

a) un’analisi dei dati epidemiologici esistenti sulle infezioni alimentari in Toscana e in Puglia;

b) un’analisi quantitativa e qualitativa degli articoli pubblicati dal 1999 al 2008 sulle tre testate giornalistiche nazionali più diffuse, ovvero Repubblica, La stampa e Il Corriere della Sera;

c) un’indagine su un campione di popolazione tramite questionario autosomministrato.

I dati epidemiologici sono stati ricavati dalla notifica di malattie infettive registrate nelle aree considerate.

Lo studio degli articoli dei quotidiani, è stato effettuato sull’archivio dell’Osservatorio di Comunicazione Sanitaria. L’analisi quantitativa è stata

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possibile grazie al DBT (database testuale, elaborato dal CNR); l’analisi qualitativa è stata condotta sugli articoli corrispondenti a particolari picchi di informazione e basata sull’applicazione dei criteri di qualità: correttezza, affidabilità, comprensibilità, utilità, equilibrio e indipendenza.

Il questionario è stato realizzato tenendo conto sia degli allarmi mediatici rilevati, sia della situazione epidemiologica esistente, oltre che delle esperienze condotte a livello nazionale ed europeo su questo tema.

Il questionario è stato strutturato in 4 sezioni: a) percezione del rischio alimentare dei cittadini; b) impatto dei media sulla percezione del rischio alimentare a seguito degli allarmi; c) fiducia nelle istituzioni per la comunicazione del rischio alimentare e degli allarmi alimentari; d) conoscenze di base dei rischi alimentari.

Per i dati epidemiologici sono state prese in considerazione la Toscana e la Puglia per mettere in evidenza situazioni diverse; in generale si osserva una progressiva diminuzione delle infezioni alimentari anche se in Puglia il quadro rimane più complesso; numerosi sono i casi di Salmonellosi, Brucellosi, Epatite di tipo A, Febbre Tifoide e Listeriosi. Gli alimenti maggiormente coinvolti in tali infezioni sono uova, molluschi, carne, dolci e gelati, pasta, minestre e acqua. Le comunità maggiormente implicate nei focolai di infezione sono gruppi familiari o di amici in ambito domestico, clienti singoli o in gruppo di esercizi pubblici, mense scolastiche.

Del totale degli articoli riguardanti temi sanitari, più del 18% trattano di alimentazione. Tre sono stati i principali problemi che hanno scatenato tempeste comunicative inerenti l’alimentazione: BSE (picchi più significativi nel primo semestre 2001), diossina negli alimenti (picchi più significativi nei mesi di giugno-luglio del 1999 e nel bimestre marzo- aprile 2008) e influenza aviaria (picchi più significativi da settembre 2005 ad aprile 2006).

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Dopo una validazione ad un campione di convenienza, il questionario è stato somministrato ad un campione di 702 soggetti residenti a Lucca, Pisa, Montecatini e Bari.

Le notizie sulla sicurezza alimentare vengono giudicate insufficienti dal campione di popolazione preso in esame; emerge inoltre come queste vengano sempre più fornite dai media e sempre meno dai medici di fiducia, rivelando il ruolo fondamentale che tv e giornali assumono nell’educazione alla salute.

Le conoscenze dei cittadini sulla sicurezza alimentare risultano ancora troppo scarse: per questo l’informazione deve essere chiara, semplice e di qualità; in questo modo i mass media potranno affiancare e sostenere le Istituzioni Nazionali e le Aziende Sanitarie Locali nella promozione della salute.

La comunicazione allarmistica mediatica non segue quindi il reale trend delle malattie trasmesse con gli alimenti, ma piuttosto mette in evidenza rischi potenziali e statisticamente non rappresentativi, mentre trascura del tutto i veri casi di epidemie e le notifiche di allerta.

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