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INNOVAZIONI IN SANITA' RUOLO STRATEGICO DI UN DIRIGENTE INFERMIERISTICO NELLA GESTIONE DEL CAMBIAMENTO

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INDICE

RIASSUNTO 3 INTRODUZIONE 5 CAPITOLO PRIMO 1. Novità - Innovazione 7 1.1 Tecnologia Sanitaria 8

1.2 Health Technology Assessment 10

1.3 Miglioramento Continuo e Reengineering in Sanità 12

CAPITOLO SECONDO 2. Organizzazione 17

2.1 Fattori Chiave Dell‟Organizzazione 17

CAPITOLO TERZO 3. Il Lento Cammino Evolutivo ed Innovativo della Figura Infermieristica 21

CAPITOLO QUARTO 4 . Il Cambiamento 28

4.1 Fasi del Cambiamento 28

4 .2 Analisi del Campo delle Forze 31

4.3 Resistenza al Cambiamento 33

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4.5 Strategie Inefficaci 36

4.6 Elementi Fondamentali al Cambiamento 37

CAPITOLO QUINTO 5. Management e Leadership 43 5.1 Management 43 5.2 Processo di Management 44 5.3 Leadership 45 CAPITOLO SESTO 6. Introduzione alla Ricerca 49

6.1 Descrizione della Ricerca 50

6.2 Rappresentazione Grafica Caratteristiche del Campione 52

6.3 Analisi Dettagliata dei Singoli Quesiti 54

6.4 Analisi Criticità 70

6.5 Ipotesi di Miglioramento 72

Conclusioni 75

ALLEGATO 77

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RIASSUNTO

In questa tesi si affronta il tema attuale del processo innovativo in sanità. Continui cambiamenti sia organizzativi che tecnologici, impongono un' alta capacità manageriale e gestionale da parte della dirigenza aziendale ed un alto coinvolgimento di tutti gli attori del processo.

Il tema della tecnologia sanitaria, peraltro, richiama immediatamente un aspetto che qualifica l‟attuale fase storica della medicina e dell‟assistenza sanitaria, costituito dal tema del governo delle innovazioni.

I sistemi sanitari rappresentano una sorta di grande contenitore nel quale sono di volta in volta immesse nuove tecnologie, introdotti nuovi processi organizzativi. Ogni azienda sanitaria deve far si che le innovazioni entrino nella struttura, si realizzino e si migliorino, in poche parole diventino valore, da erogare come assistenza. Governare un processo innovativo diventa un' azione strategica, che vede coinvolti in prima battuta i dirigenti Aziendali, nel nostro caso specifico la dirigenza infermieristica, e successivamente la componente operativa, i professionisti coinvolti, la risorsa umana. Questa tesi si sviluppa in due parti: prima teorica, seconda sperimentale.

La prima parte pone l'attenzione su temi importanti, come il miglioramento continuo delle tecnologie sanitarie, attraverso strumenti di valutazione introdotti con il sistema dell' HTA. Si ripercorre il cammino evolutivo della professione infermieristica, affinché sia chiaro il punto di partenza della professione e quali importanti cambiamenti, sociali e normativi, hanno determinato l'attuale ruolo infermieristico. Si esplorano i campi del cambiamento, analizzando le varie teorie presenti in letteratura. Si entra nel merito della motivazione del personale, e le strategie più utili

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per alimentarla. In ultimo, non per importanza ma per scelta strutturale, si esaminano le strategie direzionali, il Management e la Leadership.

La seconda parte, il focus della tesi, illustra i risultati di una ricerca realizzata su un campione d'infermieri di un presidio ospedaliero della Azienda U.S.L. 1 di Massa Carrara.

Lo studio mira ad analizzare come gli operatori vivono il cambiamento e come nelle singole unità operative questo venga governato. Si esamina in ultimo il ruolo della professione infermieristica, esplorando temi come il riconoscimento della professionalità e dell'autonomia. Obbiettivo dello studio è di rilevare, se presenti, gli elementi di criticità, analizzarli e realizzare processi di miglioramento.

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INTRODUZIONE

Tema principale di questa tesi, novità ed innovazioni in sanità, ruolo di un Dirigente Infermieristico nel governare il cambiamento tecnologico ed organizzativo. L‟interesse verso l‟argomento nasce dalla curiosità personale verso il nuovo e l‟innovazione, e la consapevolezza che spesso cambiare e far cambiare non è un compito semplice, ma spesso una sfida. Viviamo in una società, sollecitata costantemente alla innovazioni e al cambiamento, affinché si possa rispondere ai bisogni sociali ed economici, offrendo nuove funzionalità in risposta a nuovi bisogni. La storia ci insegna, che non è un fenomeno solo dei nostri giorni, ma storicamente affonda radici in tempi ben più remoti, già nell‟ antica Grecia, il filosofo Eraclito, aveva fermamente posto il divenire, il cambiamento, la perpetua trasformazione delle cose come legge suprema dell‟universo,1 per cui costantemente in evoluzione. Nonostante il cambiare, l'evoluzione, facciano parte dell'uomo da secoli, in realtà non siamo sempre pronti al cambiamento, per cui il cambiamento va governato. Anche nel sistema sanitario di per se complesso, assistiamo a rapidi cambiamenti, sia legislativi, organizzativi e tecnologici, quindi costantemente sollecitati a dare risposte adattive rapide ed efficaci. Questo parossismo del cambiamento, in sanità diventa un paradosso, poiché spesso la velocità con cui vengono lanciate, le innovazioni tecnologiche, le norme giuridiche, i processi organizzativi, non corrispondono alla reale velocità di adattamento, alcune volte ci troviamo ad affrontare un processo innovativo nuovo, quando non abbiamo ancora interiorizzato il precedente; basti

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pensare all'organizzazione dipartimentale partita intorno alla fine degli anni 90, ad oggi non abbiamo ancora la mentalità dell'organizzazione dipartimentale e già si parla di un nuovo modello organizzativo assistenziale, ospedale per intensità di cure. Governare l‟innovazione in ambito sanitario equivale, pertanto, a dirigere ed armonizzare il Sistema verso obbiettivi di efficacia efficienza, concretizzando il cambiamento innovativo in maniera capillare. In un simile scenario, la sfida di un Dirigente Sanitario è e sarà governare innovazione e cambiamento, in tempi certi e rapidi, una sfida che deve coinvolgere tutti gli operatori del settore, e dove la sfida maggiore sta proprio nel coinvolgere tutti. Tutto questo, in un contesto non semplice, dove le risorse, sia umane che materiali, sono sempre più limitate, per cui diventa imperativo razionalizzare, garantendo però allo stesso tempo efficacia ed efficienza, nel rispetto dei principi fondamentali di equità e sostenibilità. Sfida complessa, in un contesto altrettanto complesso, dove sappiamo che i cambiamenti culturali avvengono lentamente, e molto lentamente e con molti sforzi si possono realizzare. .Ruolo strategico dell‟Infermiere Dirigente sarà quello di modificare le culture quando necessario, migliorare l„organizzazione, concretizzare il cambiamento, adoperandosi affinché il clima sia partecipativo e collaborativo. Strumenti utili a tutto questo, la leadership, il management, la conoscenza di meccanismi e strategie necessari per realizzare il cambiamento, e la consapevolezza che tutto questo si può fare solo con la partecipazione attiva di tutto il personale, che è un potente ed insostituibile volano.

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CAPITOLO PRIMO

1. NOVITA' - INNOVAZIONI

Linguisticamente la novità può essere definita come: Caratteristica di ciò che si presenta per la prima volta o come differente da quanto in un certo ambito si è fatto o detto, visto o sentito prima, tale da comportare un cambiamento,un innovazione, un mutamento. Dal punto di vista commerciale per novità intendiamo un nuovo prodotto o linea di prodotti presentati per la prima volta. La novità va di pari passo con l‟innovazione, che linguisticamente viene definita come: Introduzione di sistemi e criteri nuovi2. Innovazione tecnologica: L'attività deliberata delle imprese e delle istituzioni tesa a introdurre nuovi prodotti e nuovi servizi, nonché nuovi metodi per produrli, distribuirli e usarli3. Tutto questo si realizza attraverso l'interazione tra ricerca scientifica e sistema economico e segue una sequenza lineare e sequenziale che va dall‟invenzione all‟innovazione, fino alla diffusione al successo e conclude il suo iter evolutivo con l'abbandono.“ Qualcosa di nuovo” comporta quindi l‟introduzione di un prodotto, di un processo, di un servizio o di una soluzione che siano nuovi o significativamente migliorati rispetto alle attuali caratteristiche o usi dell‟azienda, miglioramenti o innovazioni in apparecchiature elettromedicali, cambiamenti o miglioramenti in processi assistenziali, con ricaduta sugli operatori che utilizzano tali sistemi e sull‟utenza utilizzatrice. Processo complesso, dove la sfida maggiore sta nel riuscire a calare l‟introduzione o la modifica nella realtà quotidiana, cambiando o modificando ciò che si è fatto fino a ieri.

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Dizionario della lingua Italiana G. Devoto- G.C. Oli

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8 1.1 TECNOLOGIA SANITARIA

La Sanità è il settore a maggior complessità tecnologica e a più alto tasso di utilizzo di soluzioni innovative della Pubblica Amministrazione.

Il concetto di tecnologia sanitaria si presta a numerose interpretazioni. La tecnologia sanitaria viene tradizionalmente definita come l‟insieme dei componenti o qualsiasi altro elemento che permette l‟erogazione dei servizi assistenziali, ovvero come “l‟insieme di farmaci, strumenti, procedure mediche e chirurgiche utilizzate per la prevenzione, la diagnosi, il trattamento e la riabilitazione della malattia”(Articolo di Jonsson e Banta, 1999) Geisler e Heller (1998)3 ampliano il concetto includendovi, oltre ai prodotti farmaceutici e ai dispositivi medici, i servizi e le procedure medico-chirurgiche, le regole amministrative, le procedure e i flussi di lavoro, l‟addestramento all‟uso delle tecnologie, la tecnologia informatica e le strategie e politiche riguardanti la tecnologia e la formazione ad essa legati.

Goodman (1998)3sintetizza il concetto di tecnologia sanitaria fornendone una duplice chiave di lettura. La prima si basa sui componenti che la caratterizzano: i farmaci, i dispositivi e le apparecchiature mediche, le procedure medico-chirurgiche, le soluzioni organizzative e manageriali e infine i sistemi di supporto.

La seconda, al contrario, è basata sul tipo di obiettivi che si possono raggiungere attraverso le tecnologie sanitarie.

L'innovazione tecnologica è un processo evolutivo e secondo il Technology Spectrum si realizza attraverso cinque fasi così definite:

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Alberto FrancesconiInnovazione organizzativae tecnologica in sanitàil ruolo dell'health technology

assessmentFrancoangeli/Sanità 3

Alberto FrancesconiInnovazione organizzativae tecnologica in sanitàil ruolo dell'health technology

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 virtual edge in cui la tecnologia è ancora in fase astratta;  cutting edge in cui la tecnologia è in fase sperimentale;

 leading edge in cui la tecnologia è utilizzata nella ricerca medica applicata, ma non è ancora disponibile nella pratica clinica;

 standard edge in cui la tecnologia è utilizzata principalmente in strutture sanitarie di eccellenza;

 trailing edge in cui la tecnologia, pur risultando obsoleta, continua ad essere utilizzata a seguito di resistenze al cambiamento tecnologico4

La moderna medicina si affida in modo sempre più massiccio alle soluzioni tecnologiche per rispondere ai bisogni di salute espressi dalla popolazione, farmaci, device, apparecchiature elettromedicali insieme alle procedure diagnostico-terapeutiche, per cui parlare d‟innovazione in sanità è quasi spontaneo, e obbligatorio. In questi ultimi anni il Sistema Sanitario ha registrato un proliferare di innovazioni e cambiamenti tecnologici, normativi, assistenziali, finalizzati a migliorare diagnosi, cura ed assistenza, fondamentale in questo scenario governare il cambiamento. Come l‟uomo attraverso le sue idee realizza nuovi progetti così l‟uomo con le sue capacità organizzative e gestionali deve essere in grado di calare e plasmare l‟innovazione il cambiamento nella realtà oggettiva.

L‟importanza del processo innovativo viene sottolineata e regolamentata anche dal piano Sanitario Regionale Toscano 2008/20105, partendo dal presupposto che un sistema per essere competitivo deve garantire livelli adeguati di servizi, proporre modalità assistenziali incentrate sull‟intensità di cura e la centralità del paziente utente,

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Il Technology spectrum ideato Mikhail et al. (1999)

5www.regione.toscana.it

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per essere in grado di realizzare ciò deve essere in grado di gestire innovazione e cambiamento, calare l‟innovazione nella realtà, renderla operativa, attraverso il coinvolgimento di tutti gli operatori. Inoltre un sistema efficiente non deve essere solo in grado di introdurre innovazione, ma deve in maniera sistematica effettuare attività di valutazione tecnico ingegneristica, nell‟ambito dei progetti di HTA, ovvero Health Technology Assessment, per cui impone nuovi modelli organizzativi. L‟HTA è un “Processo che, attraverso passaggi ben definiti,valuta i benefici, i rischi ed i costi associati a percorsi alternativi derivanti dall‟impiego di diverse tecnologie, organizzazioni, ecc.”

1.2 HEALTH TECHNOLOGY ASSESSMENT

L‟HTA è una modalità di ricerca multidisciplinare che ha come scopo quello di uniformare le decisioni di politici, manager e professionisti sanitari relativamente all‟introduzione, l‟uso e la disseminazione delle tecnologie sanitarie, e valutazione multisettoriale delle conseguenze “provocate in modo diretto ed indiretto, nel breve e nel lungo periodo, dalle tecnologie sanitarie esistenti e da quelle di nuova introduzione”. 6

La Valutazione delle Tecnologie Sanitarie (VTS o HTA - Health Technology Assessment) è una grande opportunità per identificare, sotto lo stimolo della valutazione dei nuovi dispositivi medici, i percorsi sui quali allocare le risorse per avere un miglioramento nel nostro SSN. L‟obbiettivo dell‟ HTA è favorire l‟efficienza

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Favaretti C. (2007a), È l’ora anche in Italia della valutazionedella tecnologia sanitaria?, in «Clinical

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allocativa delle risorse finanziarie nei processi decisionali, evitando che arrivino sul mercato dispositivi medici privi delle evidenze di efficacia e appropriatezza, studiando le implicazioni mediche, sociali, organizzative, etiche dello sviluppo e della diffusione dell‟uso di una tecnologia biomedica.7

Il processo di HTA si realizza attraverso i seguenti punti:  Definizione delle esigenze cliniche

 Valutazione epidemiologiche e/o storiche, stima della casistica per la realtà considerata

 Valutazione dell'efficacia diagnostica e/o terapeutica ideale rispetto alla realtà di riferimento già esistente

 Valutazione del rapporto costo /efficacia

 Formazione del personale sanitario Ricerca Clinica

L'ultimo punto la Formazione, importante chiave di volta in questo complesso processo, dove anche il personale infermieristico viene chiamato in causa, non più spettatore ma professionista attivo, al quale viene chiesto spesso di dare un giudizio di portare preziose informazioni, che vengono da una oggettiva contestualizzazione. Per poter dire bisogna sapere, e il sapere viene dall'Informazione e Formazione. Questo processo innovativo, sarà veramente innovativo quando si dedicherà particolare spazio alla formazione dei professionisti coinvolti. Ancora oggi, purtroppo assistiamo a situazioni in cui l'innovazione entra nella realtà lavorativa, affidata agli operatori senza una adeguata formazione e tutoraggio, la conoscenza avviene in maniera

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Favaretti C. (2007b), La valutazione della tecnologia sanitaria: strumento di navigazione in ambiente

turbolento, in «Clinical Governance: dalla gestione del rischio clinico al miglioramento

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approssimativa spesso trascurando alcune peculiarità fondamentali, con conseguente distorsione delle informazioni e disservizio al processo innovativo, fatto anche di valutazione,se non si conosce diventa difficile dare un giudizio valutativo. Formazione e contributo scientifico identificato anche dal Profilo Della Professione Infermieristica ( D.M. 14 Settembre 1994,n.739),8 Art.1 punto 4- Recita -L'infermiere, contribuisce alla formazione del personale di supporto e concorre direttamente all'aggiornamento relativo la profilo professionale e alla ricerca. Il codice deontologico, che rappresenta il corpus di norme provenienti dalla professione, riconosce al punto 3. Norme Generali l‟importanza della conoscenza e ne regolamenta il suo raggiungimento.

1.3 MIGLIORAMENTO CONTINUO E REENGINEERING IN SANITA’

L'obbiettivo di ogni innovazione di ogni cambiamento è il miglioramento continuo, questo vale anche per il complesso sistema sanitario. Ogni innovazione introdotta in un sistema apporta cambiamenti che potranno essere di tipo incrementale

o radicale per cui parleremo di:

Innovazione tecnologica Radicale: quando differisce significativamente rispetto alle

precedenti, per prestazioni,materiali,attributi e componenti. Queste innovazioni possono coinvolgere tecnologie radicalmente nuove o essere basate sulla combinazione di tecnologie preesistenti per nuove applicazioni.

Innovazione tecnologica Incrementale: quando le prestazioni sono sensibilmente

migliorate. Essa può assumere due forme; un prodotto semplice può essere migliorato in termini di prestazioni superiori o costo inferiore; un prodotto complesso consistente

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Decreto Ministeriale 14 Settembre 1994, n.739 Gazzetta Ufficiale 9 Gennaio 1995, n.6 Regolamento concernente l'individuazione della figura e del relativo profilo professionale dell'infermiere.

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in un insieme integrato di sottosistemi può essere migliorato tramite modifiche parziali di uno di questi.9

Anche i cambiamenti di tipo organizzativo possono essere di tipo incrementale o radicale.

Cambiamento Organizzativo Incrementale - Il tentativo di cambiare partendo

dall‟esistente, ritenendo che non tutto quello che si è fatto sino ad oggi sia da buttar via, anzi che ci siano diversi elementi nei processi esistenti meritevoli di essere salvati e mantenuti, anche se magari con trasformazioni notevoli. Si tratterà quindi di fare un'attenta analisi della situazione e modificare ove necessario, al fine di migliorare le performance, a restare al passo con i concorrenti e sfruttare le possibilità offerte da eventuali nuove tecnologie.

Il termine anglosassone Business Process Improvement (BPI), identifica la gestione dei processi di tipo incrementale.9

Si tratta di un metodo molto efficace per il miglioramento dei processi che produce, per una qualsiasi organizzazione, e una maggiore efficienza. L'applicazione del metodo semplifica le attività del processo eliminando sprechi ed inutili passaggi burocratici, l'applicazione della metodologia BPI inizia contemporaneamente dall'alto (Top-Down) e dal basso (Botton–Up) dell'organizzazione, il manager e i professionisti hanno in egual misura ruoli importantissimi per il processo di miglioramento.

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14 Che si articola di solito in cinque fasi, così distinte:

1.Organizzazione per il miglioramento - Durante questa prima fase il top management apprende la metodologia BPI, seleziona i processi critici, e nomina i process owner per ciascun processo selezionato. I process owners organizzano i gruppi di lavoro per il miglioramento del processo (Process Improvement Team - PIT) che stabilisce i vincoli sceglie i metodi di misura, identifica gli obiettivi di miglioramento e sviluppa il piano di progetto (project plan)

2.Comprensione del processo - Durante questa fase il gruppo di lavoro (PIT) produce la mappa del processo attuale, analizza il rispetto delle procedure esistenti, raccoglie tutte informazioni disponibili (costo, tempi, ecc.) ed allinea le attività correnti alle procedure, scopo di questa fase raggiungere in maniera dettagliata la conoscenza del processo.

3.Fluidificazione del processo - Si tratta in questa fase di rendere il processo realmente

fluido, vale a dire senza ostacoli durante il suo corso di azione. Non si tratta solo di semplificare ma di rimuovere tutte le attività che non aggiungano valore. E' in questa fase del BPI che la creatività e la competenza del gruppo di progetto viene effettivamente messa alla prova

4.Implementazione,misure e controllo - Il processo (migliorato) viene in questa fase

realizzato (messo in funzione), i sistemi di misura ed i controlli vengono stabiliti. E' indispensabile avere in funzione un efficiente sistema di report, in modo da poter attuare in tempi brevi tutte le modifiche necessarie.

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5.Miglioramento continuo - Non bisogna mai perdere di vista il fatto che qualsiasi

processo è migliorabile. E' questo ora il compito degli effettivi operatori del processo

Cambiamento organizzativo Radicale Reengineering

In questo cambiamento prevale la convinzione che sia meglio cambiare radicalmente, azzerando le metodologie di lavoro esistenti, di cui si ravvisa un‟insanabile inadeguatezza.

E' chiaro che in questo processo sia più importante essere in grado di “inventare” qualcosa di nuovo, di immaginare nuove possibilità di funzionamento della propria organizzazione che procedere ad un‟analisi più minuziosa della situazione esistente. Importante anche in questo processo costituire gruppi di lavoro che comprendano, possibilmente i responsabili, di ciascuna funzione attraversata dal processo.10

L'iter per l'implementazione del BPR dovrebbe essere quindi: 1. Selezionare il processo

2. Identificare i fattori di cambiamento 3. Creare la "vision" del processo 4. Comprendere a fondo il processo 5. Progettare il nuovo processo

Tutto il Sistema Sanitario in Italia ed in Europa è in continua ed imponente evoluzione così il singolo professionista si trova di fronte ad un impegno emotivo talvolta difficile da sostenere, dovendosi adeguare ad un succedersi di innovazioni organizzative, conoscenze tecnico professionali sempre nuove, stakeholders con esigenze, aspettative, bisogni che richiedono una risposta immediata. In un simile contesto

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anche la professione infermieristica ha subito importanti innovazioni per anni soggetta ad un ruolo ancellare, e delimitata nel suo campo d‟azione da un insieme di regole e paletti dettati dal vecchio mansionario, oggi protagonista di un importante processo di rinnovamento, a fronte di nuovi percorsi culturali,normativi, assistenziali.

Fondamentale il ruolo del Dirigente Infermieristico, al quale si richiede non solo la riorganizzazione delle attività ma anche eccellenti capacità di leadership e di lavoro di gruppo, capace di dare valore alla risorsa umana di un‟azienda, che rappresenta il capitale maggiore e lo strumento attraverso il quale si possono raggiungere tutti gli obbiettivi prefissati, se strategicamente coinvolto, all‟interno di una organizzazione complessa come la Sanitaria.

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CAPITOLO SECONDO

2. ORGANIZZAZIONE

L‟organizzazione può essere definita come un aggregato di persone, oltre ad un aggregato di risorse materiali e immateriali, che sono deliberatamente connesse e coordinate. Una caratteristica importante è l‟essere insieme per raggiungere un obiettivo comune o un insieme di obiettivi.

Le strutture sanitarie al pari delle strutture organizzative complesse al loro interno hanno, strutture formali e strutture informali. Le aziende sanitarie sono organizzazioni molto complesse, azienda che non risponde alle comuni leggi di mercato, prodotto guadagno, ma un' azienda che produce servizi, forniti da professionisti con percorsi formativi diversi, per cui deve dare risposte ai professionisti, e dall'altro deve proteggere e promuovere la salute dei cittadini, con la maggior qualità tecnica possibile,ottenendo una buona soddisfazione del cliente, nel rispetto dei criteri di efficienza ed efficacia.

2.1 FATTORI CHIAVE DELL'ORGANIZZAZIONE

L'assetto organizzativo aziendale è composto da due variabili:

 Struttura organizzativa.

 Meccanismi operativi.

La struttura organizzativa: l‟insieme dei vari organi aziendali e i vari legami

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attraverso l‟organigramma che sostanzialmente disegna l‟architettura di tutti gli organi dell‟azienda e i rapporti che li unisce. La struttura organizzativa secondo il modello di Mintzberg, è costituita da cinque componenti:

1. nucleo operativo: Nucleo operativo è rappresentato dai professionisti sanitari (medici,infermieri, tecnici etc.).

2. tecnostruttura: Strutture che assistono il vertice strategico la dirigenza

intermedia e il nucleo operativo nella definizione delle scelte, nell‟adattarsi

all‟ambiente e nell‟implementare l‟innovazione (controllo di gestione, i sistemi informativi, il marketing)

3. staff di supporto: Garantisce lo svolgimento delle attività e della manutenzione

dell’organizzazione. (manutenzione delle tecnologie, la farmacia, l'amministrazione del personale)

4. linea intermedia: Coordinamento a livello di unità organizzative per trasferire gli obiettivi generali dell‟azienda al nucleo operativo, garantendo il collegamento tra quest‟ultimo ed il vertice strategico ( responsabili di dipartimento, coordinamento)

5. vertice strategico: Direttore Generale, Direttore Sanitario, Direttore

Amministrativo,definiscono strategie e obiettivi per l‟intera organizzazione inoltre

sono responsabili dei risultati complessivi dell'azienda.

I Meccanismi Operativi: rappresentano le regole che l‟organizzazione prevede di

adottare al fine di governare importanti aspetti che fanno parte del sistema organizzativo, rappresenta la parte dinamica dell'organizzazione, la parte che è responsabile del come e quando le varie unità organizzative si relazionano rispetto ad

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obiettivi, risorse e comportamenti, svolgendo attività di:

PREVENZIONE-DIAGNOSI-CURA-RIABILITAZIONE-VERIFICA- CONTROLLO

Tali attività si realizzano attraverso dei meccanismi operativi che sinteticamente sono: 1. Sistema di pianificazione, programmazione e controllo, meccanismo che ha come finalità specificare obiettivi e risorse.

2. Sistema informativo,fornisce agli operatori le basi informative e quindi gli elementi necessari per prendere decisioni

3.Gestione del personale, l‟aspetto più vasto, comprende il dimensionamento degli organici, la selezione, la formazione, la valutazione, il sistema di retribuzione e di incentivazione Rientrano in quest‟area le ricerche orientate ad approfondire le potenzialità applicative ai fini del miglioramento continuo di efficacia e di efficienza dei percorsi assistenziali. In quest‟ambito rientrano anche ricerche orientate alla verifica dell‟impatto organizzativo e di processo degli investimenti in innovazione tecnologica in sanità e all‟approfondimento delle potenzialità applicative di strumenti di analisi e gestione per processi già sperimentati in campo privato non sanitario (Total Quality Management, analisi del valore, qualità del processo, Activity Based Management), in grado di stimolare l‟innovazione nella gestione dei processi.11

Una organizzazione ha bisogno, per essere tale di una struttura organizzativa e di meccanismi operativi, come dettagliatamente descritto. Idealmente rappresentata come un grande contenitore, all‟interno del quale non dobbiamo sottovalutare, un elemento fondamentale, come la cultura organizzativa. Conoscere e capire la cultura organizzativa della realtà che andremo a governare è fondamentale e determinante per

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la buona riuscita di ogni processo di cambiamento. L‟analisi ci darà informazioni preziose, ci indicherà se stiamo lavorando su una cultura organizzativa di tipo:

· Adattiva I membri dell‟organizzazione sono partecipi e sostengono sforzi reciproci per identificare e risolvere i problemi. La loro partecipazione è attiva hanno fiducia ed entusiasmo credono di poter gestire il problema. Questo tipo di organizzazione è recettiva al cambiamento.

· Disfunzionale I membri continuano ad avere comportamenti e modi di lavorare consolidati da anni, continuano a lavorare per abitudini “si è sempre fatto così”, anche quando la loro efficacia viene meno. In questo tipo di organizzazione l‟adattamento al cambiamento è basso o nullo. In una simile cultura organizzativa, diventa imperativo sostenere il cambiamento culturale, determinante sarà il ruolo strategico dell‟infermiere manager e dei coordinatori affinché si passi da una simile cultura ad una adattiva.

L‟analisi accurata della organizzazione ci darà informazioni utili anche sul come gli operatori vivranno eventuali cambiamenti, con partecipazione di tipo:

· Attiva - Changing - gli operatori partecipano attivamente coinvolti nella modifica che si realizzerà grazie al consenso e cooperazione del team.

· Passiva - Change - gli operatori coinvolti vivono la situazione passivamente con totale disinteresse generando situazioni di disimpegno e resistenza, spesso questo meccanismo s‟innesca ogni qual volta si sente minata la propria identità.

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CAPITOLO TERZO

3. IL LENTO CAMMINO EVOLUTIVO ED INNOVATIVO DELLA FIGURA INFERMIERISTICA

Ripercorrendo il cammino evolutivo della professione infermieristica, ci rendiamo conto di quando se pur lentamente sia cambiata la figura e la professione infermieristica, in origine nata da un istinto naturale dare soccorso e assistenza nei momenti di malattia, evolutasi prevalentemente all'interno di ordini religiosi, sotto una veste caritatevole, senza una preparazione teorica specifica fino alla fine del XIX secolo. Quindi possiamo dire che la cultura e la formazione infermieristica nascono agli inizi del novecento, un secolo di evoluzione dove progressivamente l'infermiere ha aumentato le sue conoscenze migliorando la formazione teorica e pratica, senza però una totale autonomia gestionale e professionale se non fino alla fine del XX secolo. Pertanto possiamo dire che,l'odierna figura infermieristica si è delineata in questi ultimi anni, innovativa per gli infermieri stessi, in particolar modo per coloro che per anni hanno lavorato regolamentati da un mansionario, che delimitava e deresponsabilizzava l'attività infermieristica, per secoli ancellare, dal 1999 professionisti ed autonomi, responsabili dell'assistenza infermieristica. Oggi la professione infermieristica si trova in un dualismo particolare, da un lato gestire e controllare il processo innovativo tecnologico ed organizzativo tipico di ogni sistema, maggiore nei sistemi complessi altamente tecnologici come il sistema sanitario, dall‟altro l'importante cambiamento innovativo che coinvolge la professione come tale, il riconoscimento della professionalità e la responsabilizzazione, quindi un ruolo

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attivo all‟interno del complesso sistema sanità. Utile, per avere un quadro generale della situazione, una breve analisi dell‟evoluzione storica della professione infermieristica. Prima di esplorare il percorso giuridico - formativo che ha trasformato l‟infermiere da esecutore a professionista, quindi protagonista, è necessario soffermarsi e riflettere brevemente sulle origini che hanno determinato questa antica professione. La storia delle origini della professione infermieristica affonda le sue origini nella cultura religiosa che è stata per molti secoli protagonista quasi esclusiva dell‟assistenza ai sofferenti fino all‟era moderna. Questa matrice religiosa ha fatto si che umiltà ed ubbidienza fossero fondamento del patrimonio culturale di ogni persona che prestava il proprio servizio alla cura e all‟assistenza dei malati, tanto che questa matrice iniziale ha determinato una marcata impronta che ha condizionato a lungo il processo di trasformazione dell‟infermiere verso il moderno concetto di professionista. L‟infermieristica come scienza umana vede nascere i suoi primi rudimenti solo verso la fine dell‟ottocento grazie a Florence Nightingale che per la prima volta ha associato alla sola carità principi e fondamenti scientifici divenuti la base della moderna disciplina infermieristica. Tutto questo accadeva nel mondo anglosassone, dove agli inizi del novecento la formazione universitaria era una prospettiva già contemplata, mentre in Italia persisteva il pregiudizio che la professione infermieristica fosse di basso valore, sprezzata dalla classe alta e medio borghese e riservata alle categorie sociali meno abbienti, e donne di facili costumi così veniva stereotipata l‟infermiera. Agli inizi del novecento la condizione degli ospedali Italiani era terrificante, vi è una totale assenza di una vera e propria assistenza infermieristica, per dare risposta a questa carenza nascono le prime scuole, che cercano di reclutare allieve infermiere, ma

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dovremmo attendere fino al 1925 per vedere il primo intervento normativo di riforma sulla regolamentazione della formazione infermieristica. Con il regio Decreto Legge n. 1823 del 15 agosto 1925, di matrice fascista, furono istituite su tutto il territorio nazionale le Scuole Convitto Professionali per infermiere, della durata di due anni cui si accedeva con il possesso della licenza media di I grado o, in mancanza di candidate, anche con la sola scolarità elementare. Nel 1940 nasce la figura dell‟infermiere generico, e dal 1947 il primo contratto nazionale di lavoro per i dipendenti ospedalieri, metterà fine alle macroscopiche disparità di trattamento economico sul territorio Nazionale.

Idealmente possiamo delimitare temporalmente il percorso evolutivo della professione infermieristica in due periodi;

Periodo dello sviluppo tecnico scientifico 1954 - 1969 - 1974

Periodo della consapevolezza professionale 1978 - 1983 - 1990 – 2001

Periodo dello sviluppo tecnico scientifico

Nel 1955 Nascono i Collegi delle infermiere professionali, vigilatrici d‟infanzia e assistenti sanitarie visitatrici, questa tappa nonostante le molte difficoltà è fondamentale perché segna il decollo della professione infermieristica, per merito soprattutto delle operatrici della sanità che consapevoli di essere preziose, ma che non avevano ancora ottenuto uno specifico riconoscimento professionale. Da questo momento in poi i Collegi e la Federazione Ipasvi avranno un continuo sviluppo, registrando tutte le tappe della crescita e dei cambiamenti che hanno visto la

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professione infermieristica. Un passo importante fu convincere le infermiere, le assistenti sanitarie e le vigilatrici d‟infanzia, religiose o laiche, ad iscriversi negli albi professionali. In questi anni si assiste ad un cambiamento dell‟organizzazione ospedaliera ed inizia una lenta mutazione verso un‟assistenza più complessa e un orientamento a nuove competenze quali l‟educazione sanitaria, la relazione d‟aiuto, si cerca di lavorare in equipe, ma il lavoro infermieristico è ancora visto come “ausiliario” e “vocazionale”.

La Federazione dei Collegi Ipasvi a dieci anni dalla sua nascita realizzerà il suo primo Congresso Nazionale, a Roma dal 31 maggio al 2 giugno del 1965. In occasione di questo congresso emergono tutte le difficoltà con le quali la professione si doveva confrontare, dalla mancanza di scuole statali e gratuite per la formazione, ai problemi di inquadramento contrattuale, alla più generale difesa della dignità della professione infermieristica, concludendo con l‟affermazione di essere ormai i tempi “ maturi per il raggiungimento di un sistema di sicurezza sociale”. Intorno agli anni 70 assistiamo ad una riduzione progressiva del personale appartenente agli ordini religiosi, e nel 19716 assistiamo ad una vera rivoluzione del mondo infermieristico “ Estensione al personale maschile dell‟esercizio della professione di infermiere professionale”, la storia della professione era stata fino a questo momento esclusivo appannaggio delle donne. Tappa importante nella storia della professione infermieristica, la formazione all‟europea, l‟Italia recepisce l‟Accordo europeo sull‟istruzione e la formazione degli infermieri professionali.

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L’Accordo di Strasburgo 7 indica infatti i punti essenziali per una revisione dei

programmi d‟insegnamento e definisce la funzione educativa del tirocinio pratico degli allievi.Per uniformarsi alle indicazioni europee, che prevedono 4600 ore di insegnamento,saranno elaborati nuovi programmi di studio e la durata dei corsi passerà da due a tre anni. L‟obiettivo è duplice: far crescere la qualità della formazione e consentire la possibilità per gli infermieri di lavorare nei vari Stati firmatari dell‟Accordo.

1974 il DPR 225/1974 “mansionario“, intervento normativo che maggiormente influenzerà l‟identità culturale e professionale degli infermieri italiani, relegandoli a meri esecutori di compiti predefiniti e circoscritti in un ambito di pratica che rimarrà per lungo tempo ancillare all‟attività del medico.

Periodo della consapevolezza professionale 1978 - 1983 - 1990 - 2001

In questi anni assistiamo anche alla nascita del Sistema Sanitario Nazionale8 a tutela della salute, introduce temi importanti come la prevenzione, la cura e la riabilitazione”

La riforma del 1978 sarà oggetto di molti provvedimenti di modifica e integrazioni, fino alla prima grande riforma biennio 1992/93 che trasformerà le Usl in “Aziende sanitarie locali”, dotate di autonomia giuridica dando il via alla così detta

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Legge 15 Novembre 1973, n.795

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aziendalizzazione.9 Anni novanta in sanità importanti interventi normativi, che modificheranno sia l'assetto organizzativo assistenziale e segneranno il traguardo della formazione universitaria. Con la Legge 341 del 19 Novembre 199010, riforma degli

ordinamenti didattici universitari, si avvia il cammino verso la formazione universitaria, il primo passo verso l' istituzione dei diplomi universitario, ma l'assenza di una legge organica che disegni uno scenario futuro e la mancata attività legislativa in materia determinò un periodo particolare in cui convivevano due percorsi formativi, l'uno ormai in università e l'altro tradizionale, questa ambiguità fu risolta con il D.L.gs n. 502/9211, in cui all'articolo 6 comma 3 si dice che la formazione avviene solo in sede universitaria. Per rendere applicativo ciò che era previsto dal Decreto legislativo 502, si dovrà aspettare ancora qualche anno fino al 1994, con il D.M. 739/9412 decreto Profilo Professionale, che delineerà in maniera chiara chi è l‟infermiere e cosa fa, ma il suo campo d‟azione è ancora delimitato dal vecchio mansionario, solo nel 1999 con la legge 4213, abrogativa del mansionario, e con esso viene finalmente cancellata l‟anacronistica ed impropria definizione di professione sanitaria ausiliaria, sancendone un proprio campo di attività e di responsabilità, l‟infermiere diventa un professionista autonomo e responsabile dell‟assistenza infermieristica.

Il compimento riformista si avrà con la L. 251/200014 che istituisce formalmente la dirigenza infermieristica, si aprono le porte per l‟accesso alla nuova qualifica di

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Norma D.Lgs502/92 “Riordino della disciplina in materia didattica”

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Legge 19 Novembre 1990 n.341 “ Riforma degli ordinamenti didattici”

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Norma D.Lgs502/92 “Riordino della disciplina in materia didattica”

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Decreto Ministeriale 14 Settembre 1994, N° 739

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Legge 26 Febbraio 1999 n.42

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Legge n.251 del 10 Agosto 2000 Disciplina delle professioni sanitarie infermieristiche,tecniche, della riabilitazione …….

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dirigente nel ruolo sanitario non medico. L‟istituzione del Dipartimento Infermieristico all‟interno delle Aziende Sanitarie, apre nuove prospettive professionali, ponendo la Direzione Infermieristica in Staff con la triade direzionale aziendale La legge 251/00 identifica un elemento di notevole importanza, stabilisce che la pianificazione per obbiettivi è l‟unica metodologia valida per l‟esercizio della professione. In questo ultimo decennio importanti innovazioni normative, fanno si che il management infermieristico entri a pieno diritto a far parte dei processi organizzativi del lavoro in ambito sanitario.

La legge 43/200615 definisce per tutte le professioni sanitarie, il quadro della formazione universitaria post base, ai fini dell‟abilitazione delle cariche dirigenziali ad alta professionalizzazione, questa legge colmerà quel vuoto normativo relativo alla mancanza di definizione del percorso formativo dell‟infermiere coordinatore, consentendo l‟attribuzione delle funzioni di coordinamento esclusivamente al personale in possesso del relativo master universitario.Con lo sviluppo della carriera dirigenziale vengono distribuite nuove posizioni organizzative nei vari livelli di gestione dall‟infermiere Coordinatore delle linee produttive fino al Dirigente del servizio di assistenza Infermieristica

.

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CAPITOLO QUARTO

4 .Il CAMBIAMENTO

Il cambiamento è inevitabile, e determinante, affinché un'organizzazione abbia successo e garantisca l'efficacia e l'efficienza dei servizi erogati, per cui ogni sistema deve essere capace di adattarsi al cambiamento. Eppure spesso il cambiamento genera ansia e paura, a meno che, esso non sia voluto.

Il cambiamento va governato, poiché le aziende, fatte di uomini, di strumenti, di processi e di strutture, tendono a manifestare un‟elevata resistenza al cambiamento e a protrarre nel tempo soluzioni che inizialmente si erano dimostrate adattive e funzionali. Qualsiasi cambiamento, dovrebbe essere quanto più possibile condiviso, costruito e, perché no, anche promosso da chi poi è chiamata ad attuarlo in azienda: la Risorsa Umana; mentre spesso viene ideato dal vertice e trasmesso a cascata al resto dell‟organizzazione. Questo modello top down spesso rende difficile la comprensione da parte degli operatori, reagendo in maniera passiva ed ostacolante.

4.1 FASI DEL CAMBIAMENTO

Il cambiamento deve essere considerato come un processo, vale a dire come un insieme dinamico di azioni e reazioni dei diversi elementi coinvolti nel cambiamento, e non come un‟unica azione puntuale, con lo scopo d‟incanalare tutte le risorse disponibili e presenti verso il raggiungimento degli obiettivi previsti. Essendo un

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processo, il cambiamento di tipo organizzativo, si compone quindi di diverse fasi distinte che, spesso possono sovrapporsi o addirittura coincidere in tempi molto brevi, ma rimangono comunque concettualmente distinte, schematicamente possiamo identificarle così:

1) una fase di percezione di un‟esigenza di cambiamento e di definizione degli obiettivi del cambiamento;

2) una fase di analisi organizzativa, di definizione del problema e di valutazione di soluzioni alternative;

3) una fase di progettazione organizzativa e definizione di un percorso di attuazione del cambiamento;

4) una fase di sperimentazione e di valutazione del cambiamento.

Uno dei modelli base più affermati che schematizzi il processo di cambiamento nelle sue fasi fondamentali è lo schema di Kurt-Lewin, celebre pioniere della psicologia sociale, che nel 1947 elaborò la prima formulazione esplicita sulla teoria del cambiamento, sulla quale sono state costruite successive elaborazioni fino a dare il là al prolifico filone di studi denominati Sviluppo Organizzativo. Tale modello è utile alla comprensione dei processi di base che un'organizzazione può impostare per ottenere un efficace cambiamento. Affinché si realizzi un cambiamento in un'organizzazione, occorre, adottando la terminologia di Kurt - Lewin, che esistano almeno tre fasi fondamentali, concettualmente distinte in:

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Fase 1 - Scongelamento - possiamo definirla la fase della motivazione, cioè la

consapevolezza del problema e il bisogno di un cambiamento, miglioramento. Fase abbastanza complessa perché avere la consapevolezza che qualcosa non và non corrisponde parallelamente alla vera volontà di cambiare, cambiare vuol dire imparare qualcosa di nuovo, scartare un vecchio comportamento o credenza o percezione, in poche parole disimparare, la parte più difficile perché comporta il disagio di rinunciare a qualcosa a cui si è legati, a volte determina nei soggetti uno stato d‟incertezza d‟instabilità mentre si apprende il nuovo comportamento. Si deve creare nel personale che dovrà mettere in atto il cambiamento la consapevolezza della necessità di cambiare, per creare tale consapevolezza è importante il coinvolgimento, si raggiungerà tale obbiettivo quando:

 Il cambiamento sarà dichiarato

 Le ragioni saranno spiegate

 Tutto il personale ne sarà a conoscenza

 I vantaggi che ne deriveranno dalle nuove modalità organizzative chiari e noti a tutti.

La prima fase diventa quindi determinante, per cui spesso l‟efficacia del cambiamento può dipendere dal grado di coinvolgimento che riusciamo a trasmettere al personale.

Fase 2 Trasformazione - Attuazione - Lavorare verso il cambiamento, attraverso un

processo di pianificazione. In questa fase le energie saranno indirizzate ad attuare il cambiamento, trasmettendo nuovi modelli comportamentali, se necessario

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31 riprogettando ruoli, responsabilità e relazioni.

Fase 3 Ricongelamento - Stabilizzazione - In questa fase il cambiamento viene

interiorizzato sia nel mondo interno della persona sia nelle relazioni tra le persone e i principali interlocutori, ricercare un nuovo punto di equilibrio che porti a integrare il nuovo comportamento nella normale routine. In questa ultima fase diventa fondamentale mettere in atto tutte le procedure di consolidamento, per evitare come spesso accade dopo un periodo di prova che il personale torni ai vecchi comportamenti. Agiscono da fattori consolidanti l‟entusiasmo nell‟attuare le nuove procedure, per cui per mantenere alto l‟entusiasmo, i risultati ottenuti vanno utilizzati per incrementare la credibilità del cambiamento, affinché il nuovo processo venga accettato, poiché solo ciò che viene accettato e scelto da chi deve cambiare ha la più alta probabilità di durare. Una volta che si realizza la parte più importante del cambiamento, la stabilizzazione, occorre monitorare i possibili problemi e garantire l‟adattamento dell‟organizzazione a eventuali piccole modifiche del contesto.

4 .2 ANALISI DEL CAMPO DELLE FORZE

In ogni processo di cambiamento entrano in gioco delle forze, che se non correttamente valutate e governate finiscono per rallentare o addirittura far naufragare il tutto. Importante quindi un‟analisi delle forze in gioco, individuando per ogni situazione da modificare le forze trainanti, ovvero quelle che incentivano il cambiamento le spinte e le forze frenanti, ovvero quelle che ostacolano il

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cambiamento. Analisi del campo delle forze secondo il modello di Kurt Lewin16, utile supporto al cambiamento pianificato e alla soluzione dei problemi. Secondo il modello di Kurt Lewin l‟organizzazione si presenta come un sistema in equilibrio grazie agli effetti di due forze uguali e contrapposte:da una parte le driving forces che spingono l‟organizzazione verso il cambiamento e dall‟altra le restraining forces che tendono a conservare lo stato esistente, agendo su processi, cultura, clima e relazioni sociali. Consapevoli di queste forse si tratta di individuare in ogni situazione le forze trainanti, quelle che incentivano il cambiamento, e le forze frenanti, quelle che ostacolano il cambiamento. Stabilire la loro entità di relazione, porsi sempre il quesito quali sono i fattori principali che vanno in direzione del cambiamento e quelli che esercitano resistenza. Dare un valore numerico affinché si quantifichi il peso della forza e di conseguenza la forza dell‟azione correttiva o di potenziamento.

Riconosciute come forse trainanti: la pressione del manager, il miglioramento

organizzativo, migliorare l’autostima ed il compiacimento del manager.

Tra le forze frenanti ricordiamo: Il desiderio di preservare gli interessi personali e di

gruppo, l’equivoco su quelle che saranno le implicazioni del cambiamento, la perdita della sicurezza, le diverse percezioni delle esigenze dell’organizzazione, la scarsa tolleranza verso il cambiamento dovuto all’angoscia di non essere in grado di affrontarlo.

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33 4.3 RESISTENZA AL CAMBIAMENTO

La resistenza al cambiamento fenomeno inevitabile, insita nella natura dell‟uomo, conosciuta già da secoli, citata anche dallo storico Machiavelli nel 1513, nella sua opera Il Principe17: “non c‟è niente di più difficile da prendere in mano, di più pericoloso da guidare e di più incerto successo che avviare un nuovo ordine di cose, perché l‟innovazione ha nemici in tutti quelli che hanno operato bene nelle vecchie condizioni e soltanto tiepidi sostenitori in coloro che potranno essere avvantaggiati dal nuovo”. Studiando, ma soprattutto, applicando il cambiamento organizzativo ci accorgiamo che il successo o l‟insuccesso di questi eventi trasformazionali, è essenzialmente dovuto alla capacità o meno di comprendere dapprima e poi gestire attivamente, il fenomeno della resistenza al cambiamento. Varie possono essere le cause frenanti, distinte in cause:

Soggettive quando i soggetti coinvolti hanno paura di:

 Perdere quella sicurezza acquisita  Mettersi in gioco

 Fallire

Oggettive causate dal contesto organizzativo per:  Eccessiva pressione dei capi e dei colleghi  Tempistica sbagliata

 Clima di sfiducia

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34 4.4 STRATEGIE

Spesso le reazioni tipiche di fronte all'annuncio di un cambiamento non adeguatamente pianificato, sono il diniego da parte dei professionisti, la rabbia e la frustrazione. Come possiamo aiutare il personale a prender parte al cambiamento in un'ottica di collaborazione? Regola fondamentale il cambiamento non può essere lasciato a se stesso ma va presidenziato, e reso noto a tutti i soggetti coinvolti, poiché quanto meno è noto, tanto più gli operatori esprimeranno la loro resistenza. Secondo Kotter Professore18 alla Harvard Business School considerato uno dei più importanti autori mondiali sulle tematiche di leadership e change management, sostiene che per garantire il successo del cambiamento è necessario :

1 Stabilire un senso di urgenza

Il compito del management in questa fase sarà rendere chiara ed evidente l'esigenza di cambiare mostrando fatti indiscutibili, controllando la paura degli operatori del fallimento del cambiamento, non sottovalutando le resistenze e i risentimenti. Compito arduo del management sarà minimizzare i rischi e mantenere funzionale il sistema in atto.

2 Creare una Coalizione guida

Ogni processo di cambiamento ha bisogno di un gruppo trainante, all'inizio questo gruppo sarà numericamente ristretto, successivamente in relazione ai successi del cambiamento il team diventerà numericamente superiore. Fondamentale far sentire e sviluppare fiducia all'interno del gruppo, attraverso il coinvolgimento il rinforzo dei

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comportamenti di cambiamento, aiutare le persone a credere nel cambiamento.

Se questa fase non viene superata è inutile passare alla successiva, ma bisogna rivedere la fase uno.

3 Sviluppare e comunicare una visione motivante

Comunicare l'idea del cambiamento in tempi rapidi, e con poche parole, dimostrazione che colui che guida il cambiamento ha chiaro l'idea da perseguire, inoltre fondamentale essere lungimiranti vedere scenari futuri

4 Creare una visione che guidi il processo di cambiamento

Comunicazione chiara, semplice e spontanea, fatta di parole ma sopratutto di fatti, la coerenza tra ciò che si dice e ciò che si fà può diventare l'arma vincente, ottenere il consenso.

5 Rimuovere gli ostacoli

Rimuovere ostacoli al cambiamento, se possibile,utilizzando l'esempio di persone che hanno già attivato il cambiamento, stimolare il cambiamento utilizzando degli incentivi.

6 Creare dei piccoli successi

Creare successi iniziali o miglioramenti a breve termine che siano visibili a tutti, ruolo dei piccoli successi iniziali dare feedback positivo ai leader del cambiamento, inoltre gratificano emotivamente, creano fiducia nel cambiamento e in chi lo propone, infine tolgono argomenti agli scettici

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7 Consolidare i successi

Importante consolidare i successi perchè diventino cultura dell'organizzazione, in questa fase di consolidamento è importante tenere sempre alta la tensione.

8 Istituzionalizzare il cambiamento

Il cambiamento diventa cultura si radica nei comportamenti, viene istituzionalizzato

4.5 STRATEGIE INEFFICACI

I due metodi più comuni per introdurre il cambiamento sono la coercizione e la razionalità. Purtroppo, tali strategie sono in gran parte inefficaci. Nel migliore dei casi, si creerà una sensazione generale di compiacimento nel gruppo. Nel peggiore dei casi, esse genereranno risentimento e resistenza al cambiamento. La coercizione viene spesso utilizzata in quanto, come minimo, si ottiene che le persone si conformino al processo di cambiamento. Ma la coercizione non motiva, corrisponde a gestire con la paura. Essa è in realtà controproducente, in quanto crea relazioni contraddittorie su cui è poi difficile ritornare. Le misure coercitive con i collaboratori per avere cambiamento possono con alta probabilità tradursi in cinismo, rancori,sfiducia,demotivazione. Di per sé, la razionalità è un metodo efficace per introdurre il cambiamento, proprio perché si spiegano la logica e le motivazioni per fare il cambiamento non significa garantire che i collaboratori parteciperanno veramente al cambiamento. Una cosa é capire perché il cambiamento è necessario, ma tutt'altro è agire di conseguenza. Tenere sempre presente che, anche se la razionalità è inefficace di per sé, essa è un importante tecnica per acquisire il personale nel processo di cambiamento.

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4.6 ELEMENTI FONDAMENTALI AL CAMBIAMENTO

In un organizzazione dove spesso il cambiamento mobilizza la partecipazione di più attori, la motivazione del personale diventa elemento cardine di tutto il processo, ma non il solo, infatti coloro che governano il cambiamento innovativo non possono non tenere in considerazione l‟importanza e l‟insostituibilità di elementi fondamentali come:

L’ascolto

Ascoltare ci permetterà di conoscere il sistema e le persone che ne fanno parte, per cui entrare nell‟organizzazione. Nessun Dirigente infermieristico o Coordinatore, dovrebbe avere l‟arroganza di sapere in che modo intervenire all‟interno di un‟organizzazione senza aver dedicato prioritariamente tempo all‟ascolto, al recupero di informazioni, della memoria, della cultura e dell‟intelligenza di quella realtà.

Inoltre l‟ascolto ci permetterà di conoscere la realtà e nello stesso tempo di coinvolgere gli operatori, perché se ascoltati si sentiranno parte del processo.

Il manager, secondo Likert19 deve ascoltare tutti i suoi collaboratori e far si che questi si sentano liberi di discutere i propri problemi di lavoro con il manager; il management partecipativo prevede inoltre che il processo decisionale non sia centralizzato ma distribuito su tutta l‟organizzazione e caratterizzato da un interazione fra gli individui e da capacità comunicative efficaci.

La Fiducia

Dare fiducia ai collaboratori, confidare nelle loro capacità di trovare essi stessi le soluzioni ai problemi attraverso la comunicazione e la cooperazione.

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La fiducia è una risorsa straordinaria per un‟organizzazione, in quanto consente di ridurre le incertezze, quindi il rischio insito in ogni cambiamento. Ovviamente, come ogni risorsa, deve essere alimentata e costruita attraverso delle conferme se un leader sa rassicurare i membri del gruppo sul buon esito di un cambiamento e dimostrare successivamente che tali risultati sono stati raggiunti, costruisce un capitale di fiducia tra sé e il gruppo che renderà più agevoli ulteriori cambiamenti.

La Responsabilizzazione

Responsabilizzare a vari livelli, è dimostrato che una direzione lontana dalla base è in realtà una direzione che più facilmente diventa vittima di corporativismi e di “resistenze” interne.

Per questo responsabilizzare vuol dire ascoltare e mettere a disposizione della struttura le risorse e gli strumenti di cui ha bisogno per svolgere il ruolo affidato.

Nel processo di responsabilizzazione occorre coerenza tra ciò che l‟organizzazione chiede al singolo in termini di impegno e di risultati e ciò che quell‟organizzazione offre come supporto e condizioni di lavoro, altrimenti la responsabilizzazione vira verso la resistenza e l„inefficienza.

La Partecipazione

Ogni processo di cambiamento ha bisogno della partecipazione attiva dei professionisti. Partendo dal presupposto che non esiste cambiamento senza la partecipazione attiva, senza una responsabilizzazione attiva delle persone senza un loro coinvolgimento come agenti del cambiamento.

Perché la partecipazione assicuri una convergenza tra le aspettative, le capacità e le prospettive di sviluppo dei singoli e gli obbiettivi di crescita dell‟organizzazione, è

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fondamentale una buona gestione del personale, partendo dal presupposto che la partecipazione non si ottiene con la manipolazione culturale, con stili di direzione paternalisti o con un appello alla “buona volontà” dei singoli, ma con la valorizzazione e il riconoscimento dei contributi forniti dai singoli.

La Valorizzazione

Sempre nell‟ottica della centralità delle persone e quindi di una strategia di cambiamento che faccia leva sul potenziamento della funzione di Gestione del Personale (quale risorsa “strategica”), fondamentale acquisire strumenti per valorizzare gli “agenti di cambiamento”, come:

 Informazione precisa e dettagliata sul loro ruolo e sulla loro funzione all‟interno del processo;

 Integrare la formazione individuale all‟interno di un progetto di cambiamento condiviso, di un percorso di sviluppo professionale e di un piano di formazione aziendale;

 Riconoscere e premiare i risultati con incentivi economici e organizzativi. La valorizzazione non deve essere concepita esclusivamente, né principalmente, come valorizzazione dei singoli, ma anche come riconoscimento del lavoro di équipe, del gioco di squadra, esiste sempre, infatti, nel rapporto tra individuo e azienda, un livello intermedio, dato dal proprio gruppo di appartenenza (il settore, il servizio, il corpo professionale di appartenenza, ecc.) che media e condiziona in modo determinante le aspettative, le motivazioni e il comportamento dei singoli.

La valorizzazione del personale significa quindi innanzitutto la scoperta delle capacità di innovazione provenienti dal basso.

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La comunicazione

Evidente che un processo di cambiamento che voglia essere efficace, deve essere comunicato, non si può non comunicare. Qualunque cosa facciamo o diciamo (o NON diciamo), essa avrà un qualche effetto sugli interlocutore, ed è pertanto da considerarsi comunicazione: quindi non solo parole o gesti, ma ogni nostra azione comunicherà sempre qualcosa, per cui un uso strategico della comunicazione, diventa importante ed insostituibile.

Comunicazione Strategica

 Informare i soggetti della necessità e della volontà di avviare il processo di cambiamento;

 Restituire all‟organizzazione i risultati della fase di analisi e diagnosi organizzativa;

 Illustrare e discutere le proposte emerse dalla progettazione organizzativa;  Definire in modo chiaro i ruoli e le modalità di partecipazione degli attori al

processo;

 Esplicitare i criteri di valutazione e i risultati emersi al termine del processo.

Comunicazione Persuasiva

Importante che la comunicazione perché si traduca in fatti sia persuasiva, tale obbiettivo si raggiungerà puntando: Sulla credibilità, perché le persone ascoltano solo chi ritengono affidabili e autorevoli. Sulla chiarezza degli obbiettivi e i benefici

comuni, descrivendo in maniera esplicita quali vantaggi comporterà per il gruppo, non

trascurando mai l‟importante, per i professionisti coinvolti, di avere un‟idea precisa dei benefici tangibili che potranno ottenere.

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Sull’utilizzo di un linguaggio chiaro e comprensibile, seguendo una sequenza logica

ben delineata.

Sulla sintonia emotiva, poiché anche i sentimenti nella comunicazione giocano un

ruolo fondamentale,mostrando un certo grado di coinvolgimento emotivo, e al tempo stesso prestando massima attenzione alle reazioni e agli stati d‟animo degli interlocutori, ed eventualmente modulando i propri discorsi.

La Motivazione

La Motivazione termine molto utilizzato, in ambito manageriale, descrive il processo che spinge un organismo verso una determinata meta; motivazione è, quindi, “l‟esposizione dei motivi per cui si fa una determinata cosa”.

Etimologicamente deriva da motus che in latino indica il moto, il movimento che compie un individuo verso qualcosa.

“La motivazione”, quindi, “è un processo o stato interiore che almeno in parte rende conto del perché un soggetto intraprenda o non intraprenda un’azione finalizzata al raggiungimento di un determinato scopo o obiettivo”20.

Le organizzazioni che si misurano con il traguardo dell‟eccellenza sanno ormai con chiarezza che riuscire ad assicurarsi un forte investimento motivazionale da parte dei propri collaboratori è condizione vincente.

Per cui ruolo strategico, dell'infermiere dirigente o/e del coordinatore infermieristico, sarà motivare gli operatori. Ogni qual volta che ci apprestiamo a modificare a cambiare dobbiamo sempre porci delle domande, come motivare al cambiamento, perché ogni professionista risponde in maniera diversa alla sollecitazione? Come

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incentivare la motivazione? Quali strategie utilizzare?

Tutte domande che non hanno una semplice risposta ma molteplici, perché per motivare non esiste una ricetta unica da calare nella realtà oggettiva, ma varie possono essere le soluzioni in relazione al contesto. Le moderne teorie motivazionali sostengono che la motivazione è un processo intrinseco all‟individuo: non si può „motivare‟ una persona, la persona si auto-motiva in funzione del suo sistema valoriale interno, e proprio per questa componente intrinseca, la dirigenza infermieristica dovrà lavorare sulla motivazione attraverso la conoscenza dei propri collaboratori e della realtà oggettiva. La motivazione al lavoro ha natura multidimensionale, determinata da più fattori, sia personali che legati all'ambiente lavorativo, essa è intrinseca all'individuo e non può essere indotta dall'esterno, ma mediante interventi esterni si riesce a sollecitarla o, al più, ad alimentarla. Frequentemente la condotta di un individuo è il frutto di più spinte motivazionali, che possono essere intese come l‟insieme dei bisogni percepiti con varia intensità che si combinano e incastrano fra loro a dare poi la spinta generale e finale al comportamento. I manager, ai quali spetta la responsabilità di mantenere alta la produttività, vogliono e devono sempre più affidarsi a quella scienza che studia le motivazioni, il comportamento dell‟uomo e dei gruppi sociali. Lavorare sulle motivazioni ci permetterà di raggiungere gli obbiettivi pianificati, valorizzando il capitale umano, con ricadute positive non solo per l'organizzazione ma anche per la salute dei professionisti.

Non dimenticando mai che quando si lavora sulla motivazione gli operatori tutti e sempre, assumono uno specifico comportamento ispirato ad un bisogno personale.

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CAPITOLO QUINTO

5 MANAGEMENT E LEADERSHIP

Un dirigente infermieristico per governare con successo, qualsiasi processo, sia esso di cambiamento innovativo o di gestione ordinaria dell‟attività deve fare appello a competenze Manageriali e capacità di Leadership. Importante partire dal presupposto che il Management e la Leadership non sono caratteristiche “naturali” di qualcuno,da lasciare alla “spontaneità”, bensì competenze da sviluppare in tutti i quadri dell‟azienda sanitaria, per cui non si può non conoscere i concetti fondamentali.

5.1 MANAGEMENT

Il termine Management deriva dal verbo inglese “to manage” che letteralmente significa gestire dirigere. In ambito Sanitario il concetto di cultura Manageriale è stato introdotto con il processo di Aziendalizzazione che ha visto il suo avvio con D.L. 502/92 e 517/93. Il management o processo di aziendalizzazione non prende in considerazione l‟aspetto gerarchico, infatti nel management moderno non esistono livelli di potere ma di responsabilità basate sulle competenze, che si sviluppano su tre livelli: tecniche, concettuali, gestionali.

Il Manager, colui che è responsabile di gestire le risorse che gli sono state affidate, attraverso un processo continuo di crescita e sviluppo situazionale, riesce ad ottenere il massimo successo nel loro lavoro secondo obiettivi discussi accettati concordati e verificati insieme.

Le risorse umane rispondono a questo responsabile che, attraverso il processo di Management, con la sua autorità ed autorevolezza guiderà l‟organizzazione verso gli obbiettivi stabiliti.

Management “definizione degli obbiettivi aziendali e di gestione ottimale delle azioni per raggiungere i risultati desiderati”. Il management richiede la presa di decisioni

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