• Non ci sono risultati.

Lo studio di questi materiali

N/A
N/A
Protected

Academic year: 2021

Condividi "Lo studio di questi materiali"

Copied!
66
0
0

Testo completo

(1)

1

Introduzione

La tesi ha come tema lo studio analitico di alcune classi di materiali di epoca romana, pareti sottili, terra sigillata italica e tardo-italica, e lucerne, provenienti dagli scavi condotti nel 1998 in Piazza dei Miracoli.

Il presente lavoro nasce nell’ambito del tirocinio, svolto, presso la Soprintendenza per i Beni Archeologici della Toscana, sede distaccata di Pisa, da alcuni specializzandi, relativo al lavaggio, alla catalogazione e all’informatizzazione dei materiali inediti provenienti dal suddetto scavo.

Lo studio di questi materiali



si colloca sulla scia di un progetto più ampio, iniziato con la pubblicazione dei risultati delle indagini archeologiche in Piazza del Duomo tra il 2003 e il 2009, e finalizzato ad uno studio sistematico degli interventi e dei materiali rinvenuti in quest’area negli ultimi trenta anni.

I primi capitoli ripercorrono, in sintesi, la storia degli interventi archeologici nella Piazza, che dal 1936 in poi, e con una concentrazione maggiore a partire dalla fine degli anni ’80 del XX secolo, si sono susseguiti sino al 2009.

Qui viene affrontato il problema relativo alla natura delle ricerche che, come vedremo, non nascono, specificamente, dalla volontà di indagare la piazza dal punto di vista archeologico - stratigrafico, ma dalla necessità di lavori per l’assetto urbanistico e per la creazione di sottoservizi.

Il terzo capitolo è dedicato in particolar modo allo scavo condotto nel 1998 sia sul retro degli Uffici dell’OPA (PiPDOP’98) che dietro l’abside della Cattedrale

Per la stesura di questa tesi desidero ringraziare la dott.ssa E. Paribeni, che ha coordinato il progetto “Archeologia in Piazza dei Miracoli” edito nel 2011, per avermi concesso l’uso dei locali della Soprintendenza Archeologica dove è stato eseguito lo studio dei reperti; il prof. S. Bruni che, aderendo al progetto, ha, come direttore dello scavo del 1998, messo a disposizione i materiali da studiare; il dott. A. Alberti che, come direttore di cantiere delle indagini di scavo del 1998, ha rielaborato la documentazione di scavo; la dott.ssa C. Rizzitelli per aver seguito le fasi di lavaggio, classificazione e catalogazione dei materiali.

In particolare i materiali di epoca romana sono stati oggetto di quattro tesi di specializzazione.

Il criterio utilizzato per la suddivisione dei materiali nelle diverse tesi è stato quello crono- tipologico.

(2)

2

(CTP’98). In esso viene proposta una periodizzazione delle varie fasi di vita dell’area, da quella etrusco-romana a quella post-medievale.

I capitoli quattro, cinque e sei costituiscono il fulcro del lavoro, in quanto è qui che vengono illustrati i risultati delle analisi e dello studio dei materiali.

Nelle conclusioni, infine, viene ribadito l’intento del lavoro ed i risultati raggiunti

con tutti i limiti di provvisorietà che comporta una ricerca ancora aperta.

(3)

3

CAPITOLO I

Archeologia in Piazza dei Miracoli

Piazza del Duomo è l’area urbana di Pisa in assoluto più indagata dal punto di vista archeologico. A partire dagli interventi ottocenteschi di riorganizzazione della piazza

1

, tesi a costruire l’assetto regolare di spazio verde che incornicia i bianchi monumenti romanici, sono state soprattutto le scoperte occasionali di

“antichità” nascoste sotto il prato ad arricchire la storia pisana

2

.

La particolare condizione di grande spazio, aperto e libero da costruzioni, inizia con la definitiva conversione a centro religioso della Pisa medievale e si completa artificiosamente alla metà dell'Ottocento con l'assetto pianeggiante ed il tappeto d'erba voluti per esaltare gli edifici della Cattedrale di Buscheto, della Torre e del Battistero. Dal quel momento si sono create le condizioni per una facile accessibilità al deposito archeologico sepolto.

E’ per primo l'architetto Piero Sanpaolesi, Soprintendente per i Beni Architettonici di Pisa, a cogliere questa grande potenzialità, effettuando, tra il 1949 e il 1951, i soli scavi programmati avvenuti nella piazza, con l’intento dichiarato di esplorarne il sottosuolo. Quegli scavi non furono però condotti con la moderna metodologia archeologica e lo scavo fu organizzato su una serie di trincee che riportarono in luce alcune rasature di muri antichi ed i loro relativi piani d’uso o di imposta.

Tutte le scoperte e gli scavi archeologici eseguiti prima degli scavi Sanpaolesi e in seguito anche quelli condotti con una corretta metodologia stratigrafica sono stati, infatti, motivati non tanto da interesse scientifico quanto piuttosto da lavori per l’assetto urbanistico, come gli sterri ottocenteschi che hanno interessato soprattutto la parte orientale della piazza e il collegamento con via Cardinale Maffi, o idraulico, come lo scavo per la grande fognatura ottocentesca che mise in luce ampi lembi di mosaici, oppure finalizzati alla sicurezza dei monumenti, come

1 Per le informazioni sull’assetto della Piazza prima delle rettifiche ottocentesche si veda NUTI 1986.

2 SETTIS 1984.

(4)

4

quelli intorno e sotto la Torre, durante gli anni del cantiere per il consolidamento del famoso campanile pendente.

Le stesse motivazioni di intervento sono state alla base delle recenti indagini che tra il 2003 e il 2009 hanno portato nuovamente ad indagare la piazza

3

.

3 Cfr. ALBERTI, PARIBENI (a cura di) 2011.

(5)

5

CAPITOLO II

Gli scavi e la metodologia

Gli interventi di scavo degli ultimi settanta anni sono una ventina (Fig. 1).

Fig. 1: Gli scavi condotti in Piazza dei Miracoli negli ultimi settanta anni (da ALBERTI, PARIBENI 2011, p. 19)

Oltre agli interventi ottocenteschi, che in più punti della piazza hanno riportato in

luce resti di mosaici e materiale mobile vario, la prima indagine è quella seguita

nel 1936 all’interno del chiostro del Camposanto Monumentale. L’indagine, poi

(6)

6

sinteticamente pubblicata, è stata seguita, tra il 1949 e il 1951, dagli scavi Sanpaolesi.

4

La ripresa delle indagini archeologiche in Piazza dei Miracoli ha poi avuto maggiore continuità a partire dagli anni ’80 del XX secolo. Gli scavi sono stati diversificati per tipologia e metodo, andando dalle semplici assistenze archeologiche a scavi eseguiti per scopi diversi dalla ricerca archeologica fino agli scavi stratigrafici estensivi. Gli scavi 1985-1986, 1989 (scavi Maggiani

5

) e gli interventi 1992, 1993, 1998 (scavi Bruni

6

) sono stati tutti di tipo estensivo, preliminari ad interventi nel sottosuolo legati alla gestione della piazza. Nel caso particolare degli scavi Bruni le indagini sono tutte legate al Progetto di consolidamento della Torre. I cantieri 2003-2005 (scavi Paribeni)

7

e 2008-2009 (scavi Ducci) sono anch’essi stati occasionati da lavori per i nuovi impianti antincendio e per l’irrigazione del prato. A tutte queste indagini sul campo se ne devono aggiungere anche altre riconducibili comunque alla ricerca archeologica, come i carotaggi (intorno alla Torre del 1991-1992), le prospezioni geofisiche nell’area compresa tra il Camposanto e la Cattedrale e tra il Battistero e la Porta del Leone (2004, 2009), la fotointerpretazione, le ricerche d’archivio, l’edizione di materiali frutto di scoperte occasionali, confluiti nel Camposanto, nel Museo dell’Opera del Duomo, nel Museo Nazionale di San Matteo, e infine gli studi che hanno riguardato i reimpieghi di antichità preromane e romane negli edifici della Piazza

8

.

Le numerose indagini della piazza hanno permesso, ad oggi, di ipotizzare in modo piuttosto circostanziato l’organizzazione dell’area in epoca etrusca e poi romana.

Una delle più antiche testimonianze relative all’occupazione del territorio pisano, in epoca etrusca, proviene proprio dalla piazza del Duomo.

Durante gli scavi del 1993, infatti, venne rinvenuta una struttura realizzata con un alzato in mattoni crudi, posti in piano direttamente sul terreno, accostati tra loro mediante argilla chiara e intonacati con un’argilla fine di colore giallognolo;

4 SANPAOLESI 1975.

5 MAGGIANI 2002a pp. 77-78.

6 BRUNI 1995a, pp. 163-196.

7 ALBERTI, DADÀ, PARODI 2005; ALBERTI, PARIBENI 2005 pp. 210-213.

8 TEDESCHI GRISANTI 1995, pp. 153-164.

(7)

7

all’interno questo muro delimitava un ambiente curvilineo. I pochi materiali rinvenuti hanno permesso di collocare questa evidenza tra la fine dell’VIII e gli inizi del VII secolo a.C., accostandola ad una struttura coeva e con pianta simile rinvenuta nel foro della città etrusca di Roselle e interpretata coma dimora del basileus

9

.

In seguito all’affermazione di una realtà di tipo urbano, sia sociale che politica, intorno alla fine del VII secolo a.C. il settore orientale di Piazza Duomo venne interessato da importanti lavori di rifunzionalizzazione. Nell’area già occupata dalla struttura in mattoni crudi fu realizzato un edificio di circa venti metri quadri, a probabile carattere sacro, che doveva avere una forma regolare scandita all’interno da due muretti longitudinali in mattoni crudi, mentre i muri perimetrali erano realizzati in opus craticium, con copertura fittile

10

.

Nel corso della prima metà del V secolo l’area fu soggetta ad una esondazione delle acque dell’Auser e nuovamente riorganizzata a scopo cultuale; se di un grande edificio realizzato nella parte meridionale non è stato possibile determinare la funzione, nell’area orientale sono state documentate altre tracce di edifici, la cui natura sacra è indiziata dal rinvenimento di un frammento di coppa con un’iscrizione a carattere religioso. Nel settore settentrionale, al di sopra del precedente edificio cultuale distrutto da un incendio, sono state rinvenute diverse depressioni nel terreno riempite con frammenti ceramici pertinenti a vasi di alta qualità formale, addensate attorno ad un piccolo altare di arenaria. Quest’area di culto è da mettere in connessione con quella emersa alle spalle della torre pendente, che ha restituito numerosi bronzetti infissi su piccole basi di legno, inseriti, in parte, in modeste depressioni del piano argilloso. La mancanza di ulteriori indizi, e la sola presenza di queste figure, ritraenti per la maggior parte figure femminili nude con caratteri sessuali fortemente enfatizzati, ha fatto propendere per un’identificazione dell’area con una zona deputata a culti legati ai riti di passaggio femminili e alle nozze

11

.

9 BRUNI 2011, pp. 33-34.

10 BRUNI 2011, p. 36.

11 BRUNI 2011, p. 38.

(8)

8

Tra la fine del IV e gli inizi del III la piazza subisce ulteriori modificazioni:

nell’area settentrionale fu realizzata un’imponente opera di terrazzamento; tutta l’area venne cinta da un temenos all’interno del quale trova spazio un edificio dal probabile carattere sacro. Un altro tassello per la ricostruzione, seppure in via ancora ipotetica, di questo nuovo assetto della piazza in funzione cultuale, è una grande platea costruita con pietre irregolari, a pianta rettangolare, orientata Sud- Est/ Nord-Ovest all’interno della quale è stato rinvenuto un grande blocco squadrato di calcare, interpretato come basamento di un grande altare, smontato quando l’intera area fu completamente rimodellata dopo la deduzione coloniale di Pisa

12

(fig.2).

Fig. 2: CTP ’98: Platea di forma rettangolare e basamento di un grande altare (da ALBERTI, PARIBENI 2011, p. 41).

La fase romana della piazza è caratterizzata dalla pressoché totale occupazione degli spazi da parte di domus; probabilmente, in occasione della fondazione della colonia, o comunque in seguito al grande afflusso di capitali, grazie ai commerci

12 BRUNI 2011, p. 40.

(9)

9

transmarini, la destinazione degli spazi non è più a carattere cultuale ma residenziale, con la presenza di edilizia di prestigio.

Tutti gli scavi archeologici effettuati nell'area hanno documentato, infatti, la presenza di edifici abitativi di epoca repubblicana e imperiale posti a sud e a nord del tracciato stradale romano che si ipotizza esteso con direzione est-ovest, lungo il perimetro meridionale del Camposanto Monumentale

13

.

Sono stati riconosciuti due edifici con tre fasi edilizie: costruzione agli inizi del I secolo a.C., ristrutturazione, forse contemporanea nelle due domus, intorno alla metà del I secolo a.C., e interventi di manutenzione o rimaneggiamenti in tarda età imperiale.

Non è possibile affermare se l'area della piazza sia stata anticamente una zona suburbana o per lo meno decentrata, dal momento che non è nota l'urbanistica di Pisa romana. La decorazione, particolarmente raffinata, di alcuni edifici della piazza fa supporre l’esistenza di un quartiere residenziale di lusso

14

, e, se è vero che il porto urbano di Pisa corrisponde al sito di San Rossore, la posizione di questo quartiere residenziale non appare più così decentrata, ma è in stretto rapporto con il polo mercantile, a cui faceva riferimento il ceto di imprenditori di origine libertina, proprietari con ogni probabilità delle domus

15

.

L'ubicazione della città, alla confluenza tra due fiumi e non lontana dal mare, risulta essere centrale nel quadro delle dinamiche commerciali che la vedono coinvolta.

Le ricerche più recenti stanno definendo il quadro topografico dell'ambiente costiero pisano: la costa era considerevolmente arretrata e articolata in un ampio golfo che si estendeva da Livorno oltre l'area di Massaciuccoli. Al centro del golfo sboccavano i tre bracci che anticamente formavano il delta dell'Arno; nella parte

13 ALBERTI 2011, pp. 61-70.

14 Le evidenze infatti permettono di affermare che in epoca tardo repubblicana le case pisane riflettono tecniche e soluzioni decorative diffuse a Roma, a Pompei e negli altri centri vesuviani, come pure in tutta l'Etruria e nel settentrione d'Italia: ALBERTI, PARIBENI (a cura di) 2011, pp. 69- 73.

15 PARIBENI et alii, 2011, pp. 75-76.

(10)

10

settentrionale sfociavano una serie di canali che facevano riferimento al regime idrografico dell'Auser

16

.

Il sistema Arno-Serchio assicurava pertanto il collegamento della città con il suo retroterra agricolo e manifatturiero, integrato con un articolato sistema stradale

17

. A Pisa la confluenza di un ramo del Serchio nell'Arno, documentato almeno fino all’età tardoantica, svolse verosimilmente un ruolo centrale per alcune attività economiche della città.

Tutte le fonti, soprattutto gli itinerari, per indicare lo scalo di Pisa fanno riferimento ad un unico toponimo, forse in riferimento all'esistenza di un unico sistema portuale, dai molteplici approdi, in rapporto con tutta la piana pisana prossima al mare.

18

Portus Pisanus rappresenta lo scalo principale di questo articolato sistema portuale, oggi identificato con il sito di Santo Stefano ai Lupi presso Livorno. Tra Portus Pisanus e la città si riconosce lo scalo di San Piero a Grado, documentato sin da epoca arcaica. L'area, abitata anche in età romana, risultava collegata con il litorale, a sud dell'Arno, e con Pisa, dalla via Aurelia che l'attraversava. Tra San Piero a Grado e le sponde meridionali del lago di Massaciuccoli, nell'attuale ansa del fiume Serchio, si colloca l'insediamento di Migliarino Pisano, località Isola, con numerosi reperti databili dalla fine del IV secolo a.C. al VI secolo d.C.

19

Sempre in riferimento all'ager Pisanus la fascia costiera della Versilia era scandita da un sistema di approdi collocabili presso la foce dei corsi d'acqua e correlati con la viabilità terrestre.

Merci e traffici provenienti da sud facevano verosimilmente scalo nei due approdi principali di Portus Pisanus e San Piero a Grado; da qui le merci risalivano i due rami meridionali dell'Arno o giungevano a Pisa via terra. Le merci, invece, che provenivano da settentrione si inserivano nella fitta rete di canali che collegavano Serchio e Arno per poi giungere in città. Sembra verosimile che lungo questa linea di traffici siano transitate le imbarcazioni rinvenute presso la stazione di San Rossore, identificabile come deposito di fondale fluviale, relativo all'ansa di un

16 CAMILLI 2005, p. 26.

17 PASQUINUCCI 2003a, p. 93.

18 CAMILLI 2005, p. 26.

19 PASQUINUCCI 2003a, p. 96.

(11)

11

corso d'acqua minore, forse uno dei rami del Serchio, a breve distanza dalla città

20

. La scoperta di questo bacino interno ha consentito di acquisire nuovi dati in relazione al paleoambiente, alla tipologia delle imbarcazioni utilizzate, alle merci trasportate fino al suburbio nord-occidentale della città

21

.

Le domus della piazza sopravvissero fino al V secolo d.C., poi furono in parte abbandonate, spoliate e parzialmente rioccupate con strutture in materiale deperibile. Nel corso del VI secolo d.C. un’operazione di livellamento e definitiva obliterazione delle strutture ancora in vista segna la definitiva conversione dell’area in senso cultuale, con la comparsa delle prime sepolture.

Mancano testimonianze relative alla cattedrale paleocristiana, mentre può riferirsi, con sicurezza, alla sistemazione paleocristiana della piazza l’edificio a pianta ottagonale rinvenuto nel 1936 all’interno del chiostro del Camposanto e parzialmente scavato ancora nel 1998

22

.

Per l’edificio, identificato come battistero, è stata proposta una datazione al VI secolo

23

, ma la cronologia rimane in realtà controversa.

Una traccia per metà corrispondente a un ottagono, visibile a fianco del battistero romanico in una fotografia aerea della piazza, ha lasciato intravedere, inoltre, la possibilità che fosse stato costruito o edificato in parte un altro battistero, intermedio tra quello paleocristiano e quello più recente.

La traccia è precisamente in asse con un edificio a tre navate, monoabsidato, rinvenuto negli scavi del 2003 – 2004 e interpretato come Cattedrale precedente a quella del Buscheto, da datarsi tra la fine del X e l’inizio dell’XI secolo

24

(fig. 3).

Tuttavia, le indagini mirate a verificare questa possibilità hanno permesso di documentare, in corrispondenza di due lati della traccia evidente in foto, solo due fosse di fondazione/spoliazione, relative a muri che avrebbero tagliato le strutture di una domus.

20 CAMILLI 2005, p. 26.

21 PASQUINUCCI 2003a, p. 94.

22 Durante l’indagine del 1998 all’interno del Camposanto Monumentale è stata rinvenuta una piccola porzione dell’edificio. In questa occasione si è provveduto alla documentazione grafica del lato nord-occidentale dell’ottagono e alla rilettura dei materiali di costruzione.

23 PANI ERMINI, STIAFFINI 1985.

24 ALBERTI, PARODI, MITCHELL 2011, pp. 243-292.

(12)

12

Fig. 3: Foto aerea della Piazza e la traccia del probabile Battistero (da ALBERTI, PARIBENI 2011, P.28).

Elementi rilevanti riguardo all’origine dell’area episcopale pisana sembrano poter essere poi aggiunti dalla necropoli scavata nel settore orientale e nord-ovest della Piazza del Duomo, a nord e sud della cattedrale

25

. L’area cimiteriale era forse delimitata da un temenos di terra individuato tra la Porta del Leone e il perimetrale occidentale del Camposanto

26

. Sulla base delle relazioni stratigrafiche (in assenza quasi totale di materiali di corredo), le sepolture, prevalentemente in fossa terragna, sono state datate tra la fine del V secolo e l’inizio del VI secolo d.C.

Considerato che alla fine del V secolo si esaurisce la funzione dei cimiteri extraurbani di età imperiale e tardo antica dell’Area Scheibler

27

e di via Marche

28

, non è insensato pensare che la nuova area sepolcrale della città sia stata qui catalizzata da un edificio di culto fino a quel momento assente o non particolarmente importante.

25 Scavi 1992: BRUNI 1995, p. 171; scavi 1995: ALBERTI, BALDASSARRI 1999, fig. 2, p. 371.

26 BRUNI 1995, pp. 172 – 173.

27 Scavo Paribeni, inedito.

28 COSTANTINI 2007-2008, pp. 149-168.

(13)

13

Dalla metà del VII secolo questo spazio cimiteriale è utilizzato anche dai Longobardi. Lo scavo di tombe con corredo di epoca longobarda, fin dal 1949-50, ha contribuito al dibattito sulla presenza longobarda a Pisa. Le testimonianze archeologiche relative a questo periodo si riducono sostanzialmente alle tombe con corredo rinvenute in Piazza dei Miracoli, nell’Area Scheibler e via Marche

29

, e alle fasi di frequentazione di VII – VIII secolo documentate negli scavi urbani di Piazza dei Cavalieri e di Piazza Dante

30

. Tra le sepolture individuate in Piazza dei Miracoli, le prime recuperate in contesto stratigrafico sono quelle della campagna di scavo del 1998 nei pressi della torre di Pisa

31

. A queste si aggiunge una tomba più monumentale scavata nel 2008 in prossimità delle gradule del battistero

32

, contenente tra gli elementi di corredo un’interessante fibbia figurata

33

. L’indagine stratigrafica ha permesso di rilevare come, a differenza delle inumazioni di V-VI secolo, le tombe longobarde segnino una cesura con qualsiasi altro utilizzo delle strutture tardo romane, che non sia il recupero di materiale edilizio.

Di conseguenza in questo periodo l’area assume definitivamente la connotazione di zona cimiteriale, abbandonando definitivamente la funzione abitativa di età imperiale.

29 Nonostante la fine del suo utilizzo nel V secolo, il sepolcreto viene usato occasionalmente anche in epoca più recente: COSTANTINI 2007-2008, pp. 160 - 161.

30 BRUNI, ABELA, BERTI 2000; BRUNI 1993.

31 ALBERTI, BALDASSARRI 1999; ALBERTI, BALDASSARI, FORNACIARI 2011, pp. 218 – 221; Altre due tombe databili al VII secolo sono state identificate negli scavi del Sanpaolesi effettuati nel 1949 a nord della Cattedrale: SANPAOLESI 1956-1957; SANPAOLESI 1975; BRUNI 1994; ALBERTI, BALDASSARI, FORNACIARI 2011, pp. 209-218. Solo materiale di corredo è stato raccolto da Maggiani nell’area di fronte agli Uffici della Primaziale e altri oggetti longobardi, tra cui quelli raccolti nell’atrio dell’Hotel Kinzika, provengono da altra area imprecisata della piazza: MAGGIANI 1990; ABELA 1994.

32 ALBERTI, BALDASSARI, FORNACIARI 2011, pp. 221-225.

33 ALBERTI, BALDASSARI, FORNACIARI 2011, pp. 225-232.

(14)

14

CAPITOLO III

Gli scavi 1998 e il progetto di consolidamento della Torre

Nel 1989 il Ministero dei Lavori Pubblici incaricò un Comitato tecnico-scientifico di esaminare il grado di sicurezza del monumento. Gli esperti raccomandarono, vista la situazione critica della struttura in superficie, di chiudere la Torre al pubblico.

Il Consiglio Superiore dei Lavori Pubblici accolse l’invito e il 6 gennaio 1990 il Campanile del Duomo fu chiuso. Alla fine del 1990 il Ministero per i Lavori Pubblici nominò un nuovo Comitato internazionale con il compito di preparare un progetto di massima e un progetto esecutivo per il consolidamento e il restauro della Torre. Era stata ormai raggiunta la consapevolezza che solo con un approccio globale e multidisciplinare si poteva sperare di risolvere i problemi del monumento: gli undici componenti del Comitato erano ingegneri strutturisti e geotecnici, geologi, architetti e restauratori. Nel 1997 questo primo organismo fu trasformato nel Comitato per la Salvaguardia della Torre di Pisa, costituito di quattordici membri italiani e stranieri, e incaricato di portare a termine gli interventi già iniziati.

In questo contesto l’archeologia è intervenuta preliminarmente in quelle aree della piazza che sarebbero state oggetto di interventi legati alle varie procedure del progetto.

I carotaggi del 1991 intorno alla Torre, gli scavi estensivi del 1992 sotto il

monumento detto “della Lupa”, quelli del 1993 tra la Porta del Leone e il lato

occidentale del camposanto Monumentale, le indagini del 1998 dietro gli Uffici

dell’Opera (PIPDOP ’98) e dietro l’abside della Cattedrale (CTP ’98) hanno

consentito di documentare ampia parte del deposito archeologico in una fase di

interventi in profondità nel sottosuolo della piazza.

(15)

15

Si sottolinea che le parti relative alla descrizione dei risultati delle indagini di scavo, presentate qui di seguito, sono state elaborate dal dott. Antonio Alberti, in qualità di direttore dei cantieri; la scrivente non ha avuto libero accesso alla documentazione di scavo, di conseguenza molti materiali non sono attribuibili ad un determinato periodo a causa della frammentarietà delle informazioni fornite.

3.1 Lo scavo sul retro degli Uffici dell’OPA (PiPDOP’98)

Lo scavo archeologico stratigrafico è stato condotto dal 21 gennaio al 16 febbraio 1998 con la direzione scientifica della Soprintendenza per i Beni Archeologici della Toscana (funzionario dott. S. Bruni) e la direzione del cantiere del dott. A.

Alberti.

L’intervento è stato funzionale all’impianto di una struttura relativa alla sicurezza della torre durante i lavori di consolidamento.

3.1.1 La periodizzazione

Il saggio di scavo stratigrafico, preventivo all’uso dello spazio, ha permesso di documentare quattro periodi di frequentazione. La periodizzazione e la stratigrafia documentata sono molto simili allo scavo di Area 7000 del 2005.

PERIODO I-II : Etrusco-romano

L’area risulta occupata da strutture relative probabilmente ad una domus, le quali sono risultate del tutto spoliate. La presenza di un pozzo, in fase con l’impianto di epoca romana, ha fatto ipotizzare la presenza di un’area aperta.

PERIODO III: Periodo tardo antico e altomedievale

L’abbandono delle strutture e la spoliazione delle stesse hanno creato un’area,

probabilmente aperta, con una serie di piani a crescita continua, caratterizzati dalla

presenza di focolari e livelli di frequentazione di terra battuta in funzione di edifici

abitativi in materiale deperibile, dei quali però non sono stati individuati i

perimetrali di solito determinati dalla presenza di buche di palo.

(16)

16

PERIODO IV-VI: Periodo medievale

Con la costituzione dell’area episcopale e a partire dai secoli centrali del medioevo la fascia nord dell’attuale Piazza dei Miracoli era occupata da orti.

Anche nel saggio di scavo sono stati documentati livelli ortivi che vanno a coprire completamente le frequentazioni precedenti.

PERIODO VII-VIII: Età moderna e contemporanea

Gli edifici, attualmente adibiti ad uffici e abitazione dei custodi, hanno occupato gli orti medievali riorganizzando gli spazi retrostanti con orti e giardini.

Tabella periodizzazione

PERIODO US CRONOLOGIA

I-II 58, 71 Etrusco-romano

III 16, 19, 20, 21, 25, 29, 31,

32, 33, 34, 35, 36, 40, 42, 43, 54, 55, 57, 61, 62, 63,

64, 66, 70,

Tardo antico – Altomedievale

IV-VI 14, 15 Medioevo

VII-VIII 1, 2, 3, 8, 10 Età moderna –

contemporanea

(17)

17

3.2 Lo scavo dietro l’abside della cattedrale (CTP’98)34

Lo scavo archeologico stratigrafico è stato condotto dal 17 febbraio al 24 aprile 1998 con la direzione scientifica della Soprintendenza per i Beni Archeologici della Toscana (funzionario dott. S. Bruni) e la direzione del cantiere del dott. A.

Alberti.

3.2.1 La periodizzazione

PERIODO I-II: Etrusco- Romano

Gli scavi hanno portato alla luce i resti di una struttura (US 18), interpretata come porticus, che delimitava un’area aperta con copertura a tettoia. Questo spazio potrebbe essere pertinente ad un edificio a carattere residenziale da mettere, probabilmente, in relazione alle domus e alle strutture rinvenute durante gli scavi nei pressi della statua della Lupa e sotto l’abside della cattedrale (1993-1994)

35

. Questa fase si impostava sui piani d’uso della grande platea probabilmente di età ellenistica (fig. 2), stratigraficamente precedente alle strutture romane, la quale evidentemente continua ad essere utilizzata come livello di fondazione anche dei nuovi edifici.

La continua frequentazione del luogo pare testimoniata proprio dallo scarso spessore del deposito stratigrafico, a riprova del mantenimento più o meno costante e omogeneo nel tempo delle quote di imposta delle strutture e dei piani d’uso ad esse legate.

PERIODO III: Tardo antico –Alto Medievale

In età tardo antica l’area a ovest del muro romano (in parte demolito ma ancora in vista) continua ad essere utilizzata per strutture di riparo o di alloggio, costituite da alzato ligneo testimoniato dalla presenza di una serie di buche di palo allineate ancora in direzione S/N, cioè con andamento quasi parallelo al muro precedente.

34 Le US comprese tra 500 e 800 sono da riferire a piccoli saggi di indagine effettuati, tra gli Uffici dell’Opera del Duomo e via Santa Maria, in concomitanza ad alcuni lavori per il rifacimento di sottoservizi.

35 BRUNI 1995a, pp. 163-196.

(18)

18

Nella stessa zona sono state individuate anche altre attività: focolari con resti di pasto e accumuli di materiale edilizio.

A est del muro romano i livelli tardo antichi sono interessati da una serie di inumazioni in fossa terragna, prive di corredo. In questo periodo l’area perde il suo carattere residenziale e torna ad assumere una funzione cultuale.

Anche la fase altomedievale, caratterizzata dalla presenza di sepolture in cassa e terragne, ha dimostrato che alcune volte il taglio e la deposizione dell’inumato ha raggiunto facilmente la platea precedente alle strutture romane (si veda ad esempio la sepoltura 2 in Fig. 4).

Fig. 4 : CTP’98. Sepolture longobarde (da Archeologia Medievale, XXVI,1999 p. 371).

L’ipotizzata continuità di utilizzo nel tempo delle strutture più antiche, anche

come piano di imposta per le fondazioni successive, ha reso particolarmente

problematica la scansione cronologica attraverso l’attestazione dei materiali

ceramici, che risultano spesso residuali o ad inquinamento dei livelli precedenti.

(19)

19

Tabella periodizzazione :

PERIODO FASE ATTIVITÀ/STRUTTURE US CRONOLOGIA

I-II 1 Platea, edificio romano

con porticus

13, 18, 32, 83, 86, 104,

164,189, 191

Etrusco-romano

III 1 Livello frequentazione edificio

17 Metà V d.C.

III 2 Demolizione edificio 10, -16, 24, 89, 91, 97,

-126, 125

Fine V d.C.

III 3 Livello con buche di palo per capanna

19, 12 31, 26, -29, 30,

46, 47, 68, 86+, 87, 88

(liv.carboni),

buche di palo: -31,

33,-35, -37,-39,-41,

-43,-59,60, -62,-64,-66,

98, 110

VI d.C.

III 4 Abbandono della capanna e buche per la ricerca dei

materiali edilizi e prime inumazioni

Riempimenti buche

: 32, 34, 45, 36, 38, 40; 2, 3,

4, 5, 6, 14, 42, 44, 58, 59, 61, 63, 65, 67, 109,

113,171, 174,175, 176, sep.2,

sep.3, sep.18, Buche:-95,

96

VI d.C.

avanzato

III 5 Seconda fase di

inumazioni

Sep. 4; us 20, sep.

4M; sep 5:

us 15, 21;

sep. 6: us 22; us 23

VII d. C.

(20)

20

IV-VI 1 Costruzione della

Cattedrale e terza fase inumazioni

Medioevo

VII-VIII 1 Sistemazione della piazza 0;1 Età moderna e

contemporanea

(21)

21

CAPITOLO IV

La ceramica a pareti sottili

La ceramica a pareti sottili rientra nella categoria del vasellame fine da mensa; si tratta di vasi, esclusivamente potori, bicchieri, coppe, tazze e boccalini caratterizzati dalla sottigliezza delle pareti (da 0,5 a 3/4 mm di spessore); ed è da questa caratteristica che deriva la denominazione di tale classe.

Oltre lo spessore delle pareti tra i criteri distintivi rientrano gli impasti, rosati o grigi, i motivi decorativi e la copertura del corpo ceramico, a vernice o a ingobbio, che inizia a comparire dall’età augustea.

La produzione inizia nei primissimi anni del II secolo a.C. in un’area che si colloca tra il Lazio settentrionale e la Toscana meridionale; i primi esemplari di vasi a pareti sottili risultano già largamente esportati in buona parte del bacino del Mediterraneo, probabilmente come merce d’accompagno di derrate alimentari, se ne ritrovano, infatti, alcuni nel relitto del Grand Congloué di Marsiglia (180 a.C.), ma anche in Spagna a Numantia, Pollentia ed Ampurias, in Asia Minore a Pergamo ed in Grecia, ad Atene.

La produzione di questa prima fase resta sostanzialmente stabile nelle forme e nei motivi decorativi almeno fino alla metà del I sec. a.C.

Con l’età augustea si nota un netto cambiamento; il repertorio morfologico si amplia, si introducono nuovi motivi decorativi e la produzione non è più esclusivamente legata al mondo italico

36

, ma si allarga a diverse province dell’impero, soprattutto alla Gallia e alla Penisola Iberica, che realizzano non solo imitazioni, ma anche modelli originali, avviando, così, nuove correnti di traffici.

37

Con l’epoca flavia la produzione di pareti sottili raggiunge l’acme ed inizia lentamente a regredire, si iniziano a fabbricare solo poche forme e estremamente standardizzate.

36 Ai precedenti centri di produzione italici si aggiungono Aquileia, Chiusi, Sutri, Torrita di Siena e Siracusa.

37 GERVASINI 2005, pp. 303-306.

(22)

22

Durante il II secolo d.C. l’unica forma che continua ad essere prodotta in Italia, almeno sino alla metà del III secolo d.C., è il cosiddetto boccalino a collarino.

La ceramica a pareti sottili proveniente dallo scavo di Piazza del Duomo, risulta essere, rispetto alle altre classi di materiali, analizzate in questo lavoro, numericamente esigua e totalmente residuale.

Si tratta di 29 frammenti non sempre riferibili a forme identificate (bicchieri, brocche ed una coppa).

4.1 I bicchieri e le coppe

La maggior parte dei frammenti sono da ricondurre a bicchieri e boccalini monoansati.

All’età repubblicana è da ascrivere un frammento di orlo di bicchiere, proveniente dall’US 14, appartenente alla forma Ricci I/1; il bicchiere, dal corpo allungato ed orlo modanato, fu prodotto dai primi decenni del II secolo a.C. sino alla metà del I secolo a.C., in un’area compresa tra il Lazio settentrionale e la Toscana meridionale.

La presenza, nella Penisola Iberica ed in Sicilia, di esemplari con caratteristiche simili, ha fatto pensare che intorno alla metà del I sec. a.C. produzioni locali tentassero di imitare il prodotto centro-italico

38

L’esportazione di questa forma, essenzialmente marittima, tocca il bacino occidentale ed orientale del Mediterraneo.

Dall’US 516 (TAV. Ia) proviene un frammento di orlo di bicchiere, a pasta grigia, del tipo Ricci I/52; si tratta di un bicchiere dal corpo ovoide ed orlo piccolo ed inclinato verso l’interno decorato a rotella

39

.

Il tipo si data in un periodo compreso tra la prima età augustea e il 10/15 d.C.

Per lungo tempo si è ritenuto che i vasi a pareti sottili, a pasta grigia, fossero ascrivibili ad officine nord-italiche attive in area padana e adriatica tra la fine del I secolo a.C. e il I d.C.

38 ATLANTE II, 1985, pp. 243-244.

39 ATLANTE II, 1985, Tav. CII, 3.

(23)

23

In realtà la produzione di pareti sottili a pasta grigia può avere anche una provenienza diversa, e più precisamente, è possibile pensare ad una attribuzione al bacino dell’Arno.

40

È probabile, infatti, che nella bassa valle dell’Arno fossero ubicate alcune delle manifatture, definite centro italiche o etrusche, i cui vasi potori risultano ampiamente diffusi in Italia e nel Mediterraneo.

41

Dall’US 23 proviene un orlo di bicchiere tipo Ricci I/173, caratterizzato dal corpo quasi cilindrico e datato all’età augustea. La forma trova confronto con un esemplare di piede proveniente dagli scavi 2003-2009 di Piazza dei Miracoli.

42

Un frammento, dall’US 53, è da ascrivere al bicchiere tipo Ricci I/30, il quale appartiene al gruppo dei boccalini monoansati di forma generalmente ovoide, talvolta leggermente allungata.

I centri di produzioni ipotizzati per questo tipo sono l’Italia centrale e probabilmente il territorio nord-italico

43

, mentre la produzione si colloca tra l’età augustea ed il II secolo d.C., con un apice raggiunto intorno alla metà del I secolo d.C. La diffusione fu sostanzialmente marittima interessando così tutte le coste del Mediterraneo occidentale.

Il tipo Ricci I/30 è attestato da 5 frammenti dallo scavo della spiaggia di Baratti

44

, e da un frammento dagli scavi nel giardino dell’Arcivescovado.

45

Dall’US 564 proviene un’ansa di boccalino (TAV. Ib) asseribile al tipo Ricci I/166. Il tipo è simile al Ricci I/162 dal quale si differenzia proprio per la presenza dell’ansa e di un piccolo orlo. Il tipo inizia ad essere prodotto in età augustea, ma il momento di massima produzione è raggiunto in epoca tiberiana.

Solo un frammento di orlo può essere ricondotto ad una coppa, ascrivibile al tipo Ricci 2/131; questo tipo identifica, infatti, una coppa globulare, leggermente schiacciata, il cui orlo, verticale e modanato, risulta leggermente inclinato verso l’esterno.

40 MENCHELLI 1990 pp. 387-429.

41 Cfr. CHERUBINI, DEL RIO 1995, pp. 217-223.

42 INCAMMISA 2012, pp. 332-333.

43 MARABINI MOEVS 1973, pp. 156-159.

44 ZITO 2011, p. 204.

45 PASQUINUCCI, STORTI (a cura di) 1989, p.60.

(24)

24

4.2 Frammenti associabili a decorazione

Vi sono sei frammenti di parete decorati. Non è possibile ricondurli ad una specifica forma, ma si può tipologizzare la decorazione sulla base dell’Atlante delle Forme Ceramiche.

 Decorazione n. 7: Decorazione incisa a pettine con fasce di linee parallele disposte in senso verticale o leggermente obliquo rispetto al piano di appoggio del vaso; le linee risultano incise piuttosto profondamente su tutta la superficie esterna. Questa decorazione risulta, nella maggior parte dei casi, associata a bicchieri tipo Ricci I/30.

Sono tre frammenti di parete, provenienti rispettivamente dall’US 96 (TAV I e), 179 e S4, a presentare questa decorazione.

 Decorazione n. 10: Decorazione a barbottina costituita da elementi verticali simili a scaglie di pigna. Solo un frammento (TAV I d) reca questa decorazione.

 Decorazione 5g: Decorazione a rotella costituita da tratti virgoliformi disposti a formare linee orizzontali parallele.

 Decorazione 159: Decorazione a barbottina costituita da elementi verticali simili a scaglie di pigna (cfr. decorazione 10) ma, rispetto a queste, risultano più allungate e sovrapposte fra di loro.

43%

15%

14%

14%

14% incisa a

pettine n.7 rotella n.5g rotella scaglie di pigna n.10 a barbottina n.159 Fig. 5: Frammenti di pareti sottili decorati.

(25)

25

CAPITOLO V

La terra sigillata italica e tardo italica

«Maior quoque pars hominum terrenis utitur vasis.

Samia etiam nunc in esculentis laudantur.

Retinent hanc nobilitatem et Arretium in Italia, et calicum tantum Surrentum, Hasta, Pollentia, in Hispania Saguntum, in Asia Pergamum.

Habent et Trallis ibi opera sua et in Italia Mutina : quoniam et sic gentes nobilitantur.

Haec quoque per maria terrasque ultro citroque portantur, insignibus rotae officinae»

PLINIO, Naturalis Historia, XXXV, 160-161

Per terra sigillata si intende il vasellame fine da mensa rivestito da vernice rossa e prodotto in Italia dagli anni ’40 - ’30 del I sec. a.C. sino alla metà del II sec. d.C.

La produzione più tarda di sigillata, prodotta a partire dall’età claudia-neroniana, è definita Tardo-Italica, per contrapporla alla produzione “classica” precedente.

5.1 Pisa: i centri di produzione, i ceramisti e la commercializzazione di terra sigillata italica e tardo-italica

La scansione cronologica delle prime fasi di produzione della terra sigillata italica, ancora fortemente legata alle tipologie del vasellame a vernice nera, non è stabilita con certezza; vasi decorati furono prodotti ad Arezzo a partire dal 30 a.C., in un’area che vantava una tradizione nella produzione ceramica, consolidata nel corso dei secoli precedenti, ed una notevole disponibilità di materie prime.

In età augustea, in concomitanza con la ristrutturazione urbanistica ed economica del territorio operata dall’imperatore

46

, la produzione della ceramica aretina vive il suo periodo d’oro, sia per quanto riguarda i vasi «lisci» che per quelli realizzati a matrice.

46 SANGRISO 1998, pp. 919–932.

(26)

26

In questo contesto si inserisce l'attività dell'officina dell'aretino Cn. Ateius

47

. La prima manifattura ateiana fu individuata nel 1954 in via Nardi. Nel corso dello scavo venne recuperata una grande quantità di terra sigillata italica connessa ad uno scarico di fabbrica

48

.

Arezzo non fu l’unico centro di produzione, tra il 40-20 a.C. ed il 15 a.C. erano già attive manifatture nella Valle del Po e nell’Italia centrale, e tra il 20 a.C. ed il 15 d.C. si aggiungono, ai centri operanti, Pisa, Pozzuoli, Cales

49

, la baia di Napoli

50

e la Sicilia.

La fase finale della produzione, ossia la cosiddetta tardo-italica, è, invece, caratterizzata dall’attività di officine dislocate in Etruria, in Campania e nell'Italia settentrionale.

Tale produzione è contraddistinta dall'uso frequente della forma DRAGENDORFF 29, tardo-italica per eccellenza; questa fu preceduta tra il 75 e l’80 d.C. da un breve periodo di sperimentazione, attestato da alcuni calici DRAGENDORFF-WATZINGER I, la cui forma era tipica delle produzioni aretine «classiche» a matrice.

51

In questa fase furono attivi anche alcuni liberti di Ateius, i cosiddetti «tardo- ateiani», la cui attività risulta localizzata in Campania, a Pozzuoli, e nel territorio pisano.

Rinvenimenti di scarichi di fornace permettono di associare la città di Pisae, non solo alla produzione di terra sigillata italica e tardo-italica, ma anche alla figura del ceramista Ateius, che qui dovette installare delle vere e proprie filiali legate alla casa-madre aretina.

47 La figura di questo ceramista sfugge ad ogni tentativo di identificazione puntuale, dato che su di esso, oltre ai bolli sul vasellame, non disponiamo di fonti letterarie o epigrafiche che ci aiutino a precisare la sua posizione nell’ambito della società aretina. Sappiamo che era di ascendenze etrusche (MENCHELLI 1995b, p. 22) in quanto la gens Ateia è attestata in alcune iscrizioni provenienti dall’area della Valdichiana: una da Cortona, su un bronzetto (Cfr. CIE I, 447) e alcune da Chiusi e dal suo territorio, tutte rinvenute in contesti sepolcrali (Cfr. CIE I, 350, 351, 629, 1108, 1635, 1781-2, 4680).

48 Tale scoperta permise di confermare l’arretinitas di questo vasaio, in precedenza messa in discussione dal Comfort (cfr. COMFORT 1943, pp. 313-330).

49 Cfr. PEDRONI, SORICELLI 1996, pp. 169-191.

50 HEDINGER, SCHNEIDER, SORICELLI 1995, pp. 67-88.

51 MEDRI 1992.

(27)

27

Nella scelta di spostare la manifattura da Arezzo a Pisa, si può leggere la volontà di avvicinare i centri di produzione alla costa; questa scelta, lungimirante dal punto di vista commerciale, avrebbe portato ad una notevole diminuzione dei costi di trasporto, di smistamento e di stoccaggio in magazzino.

La scelta dell’area in cui installare le figlinae, inoltre, non risulta affatto casuale;

le attività manifatturiere sono concentrate nel suburbio Nord-Est e Nord-Ovest di Pisae e nell’ager Pisanus settentrionale, nei pressi, quindi, dell’antico corso dell’Auser/ Auserculus/ Serchio.

La vicinanza al corso d’acqua garantiva da un lato un rapido approvvigionamento della materia prima e dall’altro un punto ideale per la commercializzazione dei prodotti finiti.

Nel 1965 è stato ritrovato, nell’attuale via san Zeno

52

, uno scarico di fornace con materiali bollati da Ateius e da alcuni suoi liberti, Cn Ateius Hilarus, Cn Ateius Mahes, e Cn Ateius Zoilus.

Kenrick

53

data l’avvio di questa manifattura nell’ultimo decennio del I secolo a.C., manifattura che continuò evidentemente sino alla prima età tiberiana.

Un altro rinvenimento relativo alle attività manifatturiere di Pisa si data alla metà degli anni Settanta, quando, in uno scarico di terreno presso Lungarno Pacinotti, venne ritrovata, purtroppo decontestualizzata, una matrice per terra sigillata italica e tardo-italica decorata a rilievo

54

.

Altre manifatture sono state individuate in via Santo Stefano e ad Isola di Migliarino, località Cava Mori, nell’ager Pisanus settentrionale.

La manifattura individuata ad Isola di Migliarino risulta di qualche anno successiva a quella di via San Zeno; qui, alle officine ateiane, si affiancarono o subentrarono quelle dei ceramisti tardo-italici come L. Rasinius Pisanus, Sex.

Murrius Festus, C. P ( ). P ( ) e L. Nonius Fl ( ).

52 TAPONECCO MARCHINI 1974, pp. 1-4; PAOLETTI 1995, pp. 319-331.

53 KENRICK 1997, pp. 185-188: lo studioso sottolineò, inoltre, gli stretti rapporti fra la produzione aretina, che sembra non superare l’ultimo decennio del I secolo a.C., e la filiale pisana; tali rapporti risultano evidenziati, ad esempio, dall’uso dei medesimi punzoni per il vasellame bollato.

54 PUCCI 1975, pp. 1-4.

(28)

28

L’attività di questo centro si prolunga sino alla prima metà del II secolo d.C., risultando così la più longeva nel territorio pisano.

Degno di nota risulta essere un conto di atelier qui rinvenuto, che permette di ampliare le conoscenze in merito all’organizzazione delle manifatture di terra sigillata tardo-italica

55

.

Fig. 6: Il conto di Atelier da Isola di Migliarino (da CAMODECA 2006)

Il deposito di via Santo Stefano, invece, più tardo dei precedenti, iniziò a formarsi nella tardissima età augustea. Il vasellame qui recuperato può essere sostanzialmente suddiviso in due fasi cronologiche: la prima compresa fra la tardissima età augustea ed il 40 d.C., e legata alla produzione di ceramisti «tardo- ateiani», in particolare Ateius Arretinus, ed una seconda fase, che sembra concludersi entro l’80-90 d.C., legata ai vasai tardo-italici, come Sex. Murrius Festus, L. Rasinius Pisanus, C. P ( ) P ( ) e L. S ( ) M ( ).

55 CAMODECA 2006, pp. 207–216; PASQUINUCCI, MENCHELLI 2006, pp. 217–224. Si ipotizza un'infornata di 2630 vasi in una fornax minor del vasaio Sex. Murrius Festus. In tutto il mondo antico, risultano noti ben 306 vasi bollati del suddetto vasaio in un arco di tempo di circa novant’anni.

(29)

29

È probabile che, oltre alle fornaci suddette, ne fossero presenti altre sul territorio pisano, probabilmente ubicate lungo il corso dell’Arno e dell’Auser; purtroppo la completa stratificazione della città moderna su quella antica non consente un’adeguata indagine in merito.

Degne di menzione sono anche le fornaci di Cn. Ateius e Lucius Rasinius Pisanus individuate nella bassa valle del Fine

56

, fra ager Pisanus e ager Volaterranus.

Da questa brevissima sintesi sulle manifatture pisane appare piuttosto evidente, dunque, non solo una continuità di produzione dall’età augustea sino alla prima metà del II secolo d.C., ma soprattutto un forte legame, spaziale, temporale ed in alcuni casi addirittura morfologico, fra la produzione pisana delle botteghe di Ateius e la produzione tardo-italica.

La produzione di terra sigillata arrecò al centro urbano e al suo hinterland un notevole vantaggio economico ed un indiscusso successo commerciale, legato, forse, anche alla riorganizzazione della città e del territorio a seguito della deduzione della colonia Opsequens Iulia Pisana.

La Gallia fu il mercato preferenziale per le esportazioni ateiane, ma ciò che costituì un punto fermo per le transazioni economiche fu la presenza dei castra e degli eserciti.

57

Sul limes germanico Ateius riuscì a creare una rete di distribuzione efficace e capillare: laddove non giungeva la ceramica di produzione pisana era la filiale ateiana di Lione a provvedere alla distribuzione del vasellame.

58

Presenza di sigillata di produzione pisana è documentata anche in Britannia

59

e in Lusitania

60

.

56 CHERUBINI, DEL RIO 1995a, pp. 217-223.

57 È ormai certa, infatti, la stretta connessione fra la diffusione di terra sigillata pisana e l'annona militare; già gli studi del Loeschcke (LOESCHCKE 1909, pp. 101-190) agli inizi del secolo scorso ed in seguito quelli di Ettlinger (ETTLINGER 1962, pp. 27-44), mostrano la grande diffusione, nei castra del limes, della ceramica, per gran parte proprio di provenienza pisana, prodotta nelle fabbriche ateiane.

58Le analisi sui materiali provenienti da Haltern, un accampamento abbandonato subito dopo la disfatta della selva di Teutoburgo del 9 d.C., hanno permesso di dimostrare che la sigillata ateiana rinvenuta nell’abitato era in massima parte di produzione pisana, mentre quella rinvenuta nel castrum proveniva dalle filiali di Ateius di Lione.

(30)

30

Le sigillate pisane non raggiungevano solo la Gallia e l’Europa centrale, le imbarcazione che salpavano da Pisa, con carico formato in loco e non, una volta arrivate nei porti principali, come Ostia e Puteoli, continuavano il loro percorso con modalità varie di navigazione, coprendo così l’intera area mediterranea, occidentale ed orientale

61

.

Un mercato sostanzialmente diverso è quello della terra sigillata tardo-italica pisana, la quale risulta attestata soprattutto in contesti civili, sia in occidente che in oriente. Ciò ha fatto ben pensare ad un'economia romana, non solo condizionata dall’esigenze dell’annona civilis e militaris, ma aperta anche alle dinamiche del libero mercato, estraneo alle esigenze politiche e militari.

62

In conclusione la produzione e la commercializzazione di questa classe, sin dalla prima età imperiale, risulta fortemente radicata nell’economia pisana, in quanto Portus Pisanus ed i suoi porti/approdi minori, con il loro intenso import-export,

63

permisero al vasellame in terra sigillata di divenire il prodotto di maggior successo commerciale di Pisa.

5.2 La sigillata dallo scavo

Lo scavo di Piazza dei Miracoli ha restituito circa 300 frammenti di sigillata, di cui solo un centinaio riconducibili a forme identificate, a causa della dimensione troppo ridotta dei frammenti o del loro cattivo stato di conservazione.

Come esemplificato dal grafico (fig.7) la maggior parte dei frammenti identificati sono riferibili a coppe, il resto a piatti.

59 A Noviomagus Regnensium, è attestata la presenza di vasellame bollato da alcuni liberti del ceramista (Crestus, Xanthus e Zoilus).

60 Rinvenimenti a Conimbriga.

61 PASQUINUCCI, MENCHELLI 2008, pp. 1-13.

62 MENCHELLI 1997b, pp. 191–198; MENCHELLI 2004, pp. 271–277.

63La prova più evidente, del commercio di tale classe, soprattutto di produzione pisana, è data dal ritrovamento del relitto B di Punta Ala, il cui naufragio si data in età adrianea. È possibile che l’imbarcazione fosse giunta nel Tirreno settentrionale dopo aver fatto scalo nei porti della Gallia, così come si evince dai materiali presenti a bordo, oppure, più probabilmente, che l’intero carico fosse stato composto proprio a Pisa (Cfr. BARGAGLIOTTI, CIBECCHINI, GAMBOGI 2004, pp. 93- 103).

(31)

31

Fig. 7 : Frammenti di sigillata riferibili a piatti, coppe e calici

Una delle forme più attestate, fra le coppe, è quella troncoconica con parete leggermente concava ed orlo verticale concavo-convesso (Conspectus 22), la cui produzione incomincia tra il 20/10 a.C. per terminare intorno al 30 d.C.

Questa tipologia è presente nelle varianti Consp. 22.1.3

64

, 22.2.1

65

; dall’US 189 proviene un frammento di orlo, del tipo 22.2.1, che risulta in fase con le strutture rinvenute e riferibile al periodo I-II (etrusco-romano).

Si tratta di una forma ampiamente documentata a Pisa e nel territorio circostante;

esemplari della stessa forma, infatti, provengono dagli scavi di Piazza Duomo del 2009

66

, dall’area delle Navi antiche di Pisa

67

, da Coltano

68

, da Isola di Migliarino

69

, da Piazza Dante

70

, dallo scarico della fabbrica di Ateio in via San Zeno

71

, da Massaciuccoli

72

, da Montebono

73

, e da Luni

74

.

64 US 93, 97, 177, 560.

65 US 93, 179, 189, USM 18.

66 ALBERTI, PARIBENI 2011, p.313.

67 PAOLETTI 2000, p. 250

68 MAZZANTI (a cura di) 1986, pp.139-140. Sono attestati 5 esemplari riferibili al tipo GOUDINEAU 27= Conspectus 22, uno proveniente da Podere San Michele, due da Podere Sasso Rosso ed uno da Podere Isonzo.

69 BANTI et alii (a cura di) 1988, pp.102-103.

70 BRUNI 1993, p. 385.

71 TAPONECCO MARCHINI 1974, pp.6-7.

72 ANICHINI (a cura di) 2012b, p.74.

(32)

32

Più rare, invece, sono le coppe troncoconiche con orlo verticale del tipo Consp.

23

75

, evoluzione della forma precedente, ed attestate nelle varianti 23.1.1, e 23.2.1, e la coppa con parete svasata troncoconica o leggermente ricurva e modanature multiple sull’orlo del tipo Consp. 25.1, databile in età augusteo- tiberiana

76

.

Il repertorio delle coppe risulta incrementato dalla presenza di pochi frammenti riferibili a coppe campaniformi, sia con orlo pendente poco pronunciato che con orlo convesso (rispettivamente Consp. 14, nelle varianti 14.1.1 e 14.1.5, e Consp.

15), a coppe carenate (Consp. 27), a quelle cilindriche (Consp. 29), e alle coppe con strozzatura della parete ed orlo distinto (Consp. 31 e 32), riconducibili cronologicamente alla media e tarda età augustea.

Risultano attestate, inoltre, le coppe emisferiche, con orlo indistinto (Consp. 36 nelle varianti 36.1 e 36.3.2), con costolatura sulla parete (Consp. 33, nelle varianti 33.1.2, 33.4.1) e con costolatura sulla parete ed orlo distinto (Consp. 35).

Un discreto numero di frammenti è riferibile, poi, a coppe emisferiche con listello e orlo verticale (Consp. 34, nelle varianti 34.1, 34.1.2, 34.1.3), le più comuni nel repertorio della tardo-italica pisana liscia, e inquadrabili in un arco cronologico che va dalla seconda metà del I secolo d.C. al primo ventennio del II d.C.

Alcuni frammenti, dall’US 12 e da PiPDOP’98/63 (TAV. IX,1 ), appartenenti alla variante 34.1, presentano una decorazione applicata caratterizzata da rosette multipetali.

Le attestazioni di quest’ultimo tipo, nel territorio pisano, sono numerose e provengono dagli scavi 2009 di Piazza Duomo, da Massaciuccoli, da Montebono, da Coltano, da San Piero a Grado, da Isola di Migliarino, dagli scavi nel giardino dell’Arcivescovado, da Luni e da Vada Volaterrana

77

.

73 PASQUINUCCI, GENOVESI, MACCARI, SANGRISO c.d.s. (a).

74 LUNI I 1973, p. 101; LUNI II 1977, p. 125.

75 La forma è presente negli scavi di Piazza Duomo, nell’area delle Navi Antiche di Pisa, a Coltano (Podere San Michele), a San Piero a Grado e a Luni.

76 La forma è attesta a Massaciucoli e a Vada Volaterrana. Cfr. ANICHINI (a cura di) 2012b, p. 53;

SANGRISO c.d.s.

77 Cfr. ALBERTI, PARIBENI 2011 p. 313; ANICHINI (a cura di) 2012b, pp. 54-55; PASQUINUCCI, GENOVESI, MACCARI, SANGRISO c.d.s. (a); MAZZANTI (a cura di) 1986, pp.139-140 , 184-185

(33)

33

Riferibile sicuramente ad una coppa, di dimensioni abbastanza ridotte (Ø cm 12 ) è un frammento di orlo, proveniente dall’US 516 (TAV. II,1; TAV. VIII, 1.1, 1.2), che, però, non è possibile ricondurre ad una forma attestata. L’esemplare è caratterizzato da un orlo dentellato discontinuo. La vernice è semilucida e coprente (Munsell 2.5YR 4/8), l’impasto (Munsell 5YR 6/8), invece, presenta inclusi di colore scuro abbastanza frequenti e vacuoli bianchi. È possibile, cautamente, ipotizzare una produzione pisana.

Per quanto riguarda la sigillata tardo-italica decorata a matrice è fortemente attestata la coppa carenata Dragendorff 29, databile tra la fine I sec. d.C. ed il II sec. d.C.

Sono presenti, tra i materiali studiati, quasi esclusivamente pareti decorate riferibili a quest’ultima tipologia

78

, eccezione fatta per un orlo proveniente dall’US 536 (cfr. TAV. II,2; TAV. IX,4).

Lo schema decorativo più frequente è senza dubbio quello ad archi in sequenza; il motivo è prevalentemente impiegato nella fascia superiore del vaso (TAV. X,3a).

Gli archi impressi nella fascia inferiore sono generalmente sostenuti da colonne oppure, come nel caso del frammento proveniente da PiPDOP’98/55 (TAV.X,1a), retti da un sostegno diverso recante un elemento decorativo nel punto di incontro degli archi (pendaglio con bocciolo

79

).

Risultano altresì attestati elementi vegetali, maschere con parrucca (TAV. X,2) e la classica decorazione a sequenza di ovuli

80

(TAV. X,3c).

Degno di menzione è, infine, un frammento (TAV. VI,5; TAV. X,4) con la raffigurazione di una divinità stante di prospetto sul lato sinistro; la mano sinistra, stesa lungo il corpo, regge una fiaccola, la mano destra, invece, una cetra.

(sono attestati in totale 13 frammenti da Podere San Michele, 16 da Podere Sasso Rosso, 5 da Podere Isonzo e 5 da San Piero a Grado); BANTI et alii (a cura di) 1988, pp.104-105;

PASQUINUCCI, STORTI (a cura di) 1989, p. 73; LUNI I 1973, p. 107; LUNI II 1977, p. 125; SANGRISO c.d.s. (sono attestati circa 63 frammenti).

78 Sono attestate due pareti di sigillata italica decorate con motivi vegetali (TAV. X,1B,C; TAV.

VI,1,2)

79 MEDRI 1992, Tipo 9.4.2.05.

80 MEDRI 1992, Tipo 9.3.1.01 (il motivo trova confronti con la decorazione di un frammento di Drag. 29 proveniente dall’area delle Navi Antiche di Pisa, cfr. PAOLETTI 2000 p. 254).

(34)

34

La figura, per la quale è possibile, con molta cautela, proporre un’identificazione con Apollo, proprio per la presenza della cetra, non trova confronti con il repertorio decorativo proposto dalla Medri; la cetra, invece, per la quale si rimanda al tipo 4.2.5.02, trova un confronto puntuale con un esemplare conservato al Museo Archeologico Romano

81

, e con un frammento proveniente dallo scavo di Massaciuccoli.

82

Non è, però, da escludere la possibilità di identificare la figura con una Musa.

Il repertorio morfologico dei piatti risulta, rispetto a quello delle coppe, quantitativamente inferiore e meno vario.

Sono attestati piatti, caratterizzati dalla parete svasata, tipici della prima produzione della sigillata italica, che inizia intorno al 40 a.C. e che non supera il 15/10 a.C. (Consp. 1

83

e Consp. 2

84

nella variante 2.1.1 e 2.1.2).

Dall’US 813 e da PiPDOP’98/US 25 provengono due frammenti di orlo riferibili al piatto con parete convessa (Consp. 4.2.1) e databili tra la metà del I secolo a.C.

e la metà del I secolo d.C.

La forma più attestata è il caratteristico piatto con orlo verticale concavo-convesso (Consp. 18 presente nelle varianti 18.1.2, 18.2.1 e 18.2.2; cfr.TAV. IX,2)

85

. Il piatto è prodotto soprattutto a partire dall’ultimo decennio del I sec. a.C. e attraversa l’età tiberiana, nel corso della quale si evolve sia nella forma Consp. 20, nella quale l’orlo si dota di una fascia semplice o con sottile modanatura, che nella forma Consp. 21, alla quale si aggiunge un listello a quarto di cerchio.

Risulta attestato anche il piatto con parete convessa e listello a quarto di cerchio (Consp. 6, nelle varianti 6.2.1, 6.3.1, 6.4.1), prodotto nel corso del I secolo d.C.

81 ROSSETTI TELLA 1996, p. 115.

82 GHIZZANI MARCIA 2012 (MVM6529, 53).

83 Il frammento di orlo, riferibile alla variante Consp. 1.2.1, proviene dall’US 63 dello scavo effettuato sul retro degli Uffici dell’OPA (PiPDOP’98) e trova confronti con un frammento rinvenuto durante gli scavi del giardino dell’Arcivescovado (Cfr. PASQUINUCCI, STORTI 1989, pp.

68-69).

84 Confronti provengono da Vada Volaterrana, dove risultano sono attestati circa 8 frammenti (SANGRISO c.d.s.), e da Luni (LUNI II 1977, p. 213).

85 Confronti provengono dagli scavi di Piazza Duomo del 2009 (ALBERTI, PARIBENI 2011, p. 313), dell’area delle Navi antiche (PAOLETTI 2000, p.250), del giardino dell’Arcivescovado (PASQUINUCCI, STORTI 1989 p. 69), di Piazza Dante (BRUNI 1993, p. 387), di Luni (LUNI II 1977, pp. 125-126) e di Vada Volterrana (SANGRISO c.d.s.).

Riferimenti

Documenti correlati

All’inizio di questo capitolo è stato citato il dm 11 marzo 1988 con relativa Circolare del Ministero dei lavori Pubblici 24/09/88 n.30483 (Norme tecni- che riguardanti le indagini

Questa incentivazione e spinta in tale settore risulta essere in linea con le direttive e gli impegni assunti dal paese nel Protocollo di Kyoto, sebbene l’incentivazione

I frammenti provenienti da Pisa Piazza Duomo ’98, sono del tutto simili a quelli rinvenuti nelle indagini successive, sono caratterizzati da impasti (numeri 15,16)

ATLANTIC PIONEER (via Malta) per Jeddah, Aqaba, Sokhna, Port Sudan, Hodeidah, Aden, Djibouti, Jebel Ali, Abu Dhabi, Sharjah, Khor Fakkan, Sohar, Kuwait, Bahrain,

Rapporto Innovazione 2014 con un Focus per la provincia di Parma e approfondimento sugli strumenti di finanziamento dell’innovazione per le piccole e medie imprese.. Martedì

[r]

31 Sospetto che qualcosa del genere sia accaduto nella storia testuale del sonetto Cuoco è san Pier, s’è papa un de’ tre frati (Pasquinate romane 180, p. 158), attribuito, come si

[r]