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del ciclo S-I . . . . 65 3.15 Dati relativi alle varie correnti del terzo modello di simulazione in

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(1)

Indice xi

3.14 Dati relativi alle varie correnti del terzo modello di simulazione in Aspen Hysys

R

del ciclo S-I . . . . 65 3.15 Dati relativi alle varie correnti del terzo modello di simulazione in

Aspen

T M

Hysys del ciclo S-I . . . . 66 3.15 Dati relativi alle varie correnti del terzo modello di simulazione in

Aspen

T M

Hysys del ciclo S-I (continuo) . . . . 67 3.16 Tabella riassuntiva del terzo modello di simulazione . . . . 69 3.17 Calcolo dell’efficienza del secondo modello di simulazione . . . . 69 4.1 Raffronto delle portate di SO 2 , H 2 O e I 2 dei tre modelli di simulazione

per una portata di 180 kgmole/h di H 2 . . . . 71 4.2 Analisi parametriche dell’efficienza al variare di N per il secondo modello

di simulazione . . . . 73 4.3 Analisi parametriche dell’efficienza al variare di X per il secondo modello

di simulazione . . . . 74 4.4 Analisi parametriche dell’efficienza al variare di N per il terzo modello

di simulazione . . . . 77 4.5 Analisi parametrica dell’efficienza al variare di X per il terzo modello

di simulazione . . . . 78

(2)

L’energia solare nei processi di Water-Splitting

1.1 La tecnologia solare a concentrazione

Il grosso del potenziale della fonte solare si trova nella cosiddetta “sun belt” (fascia del sole) ovvero l’area a maggiore irraggiamento solare del pianeta, illustrata in figura 1.1.

In particolare l’Africa settentrionale e il Medio Oriente hanno vaste aree con irrag- giamento solare particolarmente elevato, adatte all’installazione di grandi quantità di impianti solari poiché poco o per nulla utilizzabili per altri impieghi.

Per lo sfruttamento massiccio di questo potenziale si presta in modo particolare la tecnologia solare termica a concentrazione (CSP, dall’inglese Concentrating Solar Power).

Questa tecnologia, che finora ha avuto applicazione principalmente negli Stati Uniti e che sarà descritta nel dettaglio più avanti, potrebbe essere vista come in competizione rispetto alla tecnologia fotovoltaica, già relativamente diffusa e in forte espansione in Europa; in realtà ciò è vero solo in parte. Due aspetti sono da considerare al riguardo:

la tecnologia fotovoltaica sfrutta sia la radiazione diretta sia quella diffusa, quindi è adatta anche a zone, quali l’Europa settentrionale, con scarso irraggiamento diretto;

inoltre si presta ad applicazioni molto diverse dai pochi W, necessari a un caricabatterie solare per il telefono cellulare, ai MW di impianti solari dedicati, passando per i pochi kW o le decine di kW di applicazioni distribuite nel settore residenziale o civile. La tecnologia CSP invece sfrutta solo la radiazione diretta e mal si presta, a parte casi particolari o applicazioni eminentemente termiche, alla realizzazione di impianti di piccole dimensioni. Per impianti di taglia attorno o superiori al MW e in zone a forte irraggiamento diretto, consente, però costi di produzione dell’energia elettrica inferiori, rispetto alla tecnologia fotovoltaica, e il vantaggio, in questo caso specifico, è destinato

1

(3)

1.1 La tecnologia solare a concentrazione 2

a permanere [4] abbastanza a lungo a meno di radicali progressi tecnologici nel settore fotovoltaico.

Limitandosi all’area euro-mediterranea si può quindi intravedere una sorta di inte- grazione fra le due tecnologie: quella fotovoltaica nelle aree, principalmente europee, meno dotate di radiazione diretta, e in generale in tutta una serie di applicazioni distri- buite con potenze da pochi kW alle centinaia di kW; il solare termico a concentrazione nelle aree con più forte intensità di radiazione e per impianti di media grande potenza (dal MW in su). Si può anche prefigurare una situazione nella quale l’Europa aumenti la propria quota di “elettricità verde”, sia attingendo al proprio potenziale dalle varie fonti rinnovabili disponibili nel territorio, che importando energia da fonte solare pro- dotta nelle zone più votate.

1.1.1 La tecnologia CSP per la produzione di elettricità e idro- geno

Le tecnologie solari a concentrazione utilizzano la radiazione “diretta” del sole, concen- trandola tramite specchi. Le loro applicazioni riguardano soprattutto la produzione di elettricità e la realizzazione di processi chimici ad alta temperatura, fra cui la produ-

Figura 1.1: Mappa mondiale dell’irraggiamento solare diretto che evidenzia la “sun

belt”

(4)

zione di idrogeno tramite dissociazione dell’acqua. Attualmente tre sono le principali tipologie di impianti a concentrazione, che di seguito sono brevemente descritte.

Impianti con collettori parabolici lineari, in cui specchi di forma parabolica figura 1.2, che ruotano su un solo asse, riflettono e concentrano i raggi del sole su un tubo, ricevitore, al cui interno scorre un opportuno fluido “termovetto- re”; questo fluido, generalmente costituito da oli sintetici, trasferisce il calore a un generatore di vapore per la successiva produzione di elettricità tramite un turboalternatore. Al momento questa tipologia presenta la maggiore diffusione commerciale, dimostrata dall’esperienza di esercizio degli impianti SEGS (Solar Electric Generating Systems), in funzione da metà degli anni ottanta a Kramer Junction nel deserto del Mojave (California), con nove unità per una potenza complessiva di 354 MW. Questi impianti hanno complessivamente prodotto e immesso in rete ad oggi più di 13 TWh (miliardi di kWh).

Figura 1.2: Schema di sistema a collettori lineari

Impianti a torre centrale, in cui un sistema di specchi indipendenti (eliostati)

figura 1.3 insegue il sole e concentra i suoi raggi su un “ricevitore” fisso posto alla

sommità di una struttura a torre. Dal ricevitore un fluido opportuno trasferisce

il calore a un generatore di vapore, che alimenta un turboalternatore. Con questo

sistema si possono raggiungere fattori di concentrazione, e quindi temperature,

superiori rispetto ai collettori parabolici lineari. Uno dei principali impianti

realizzati con questa tipologia, è il Solar Two, da 10 MW, che ha operato come

impianto sperimentale dal 1996 al 1999 a Daggett, California. L’impianto Solar

Two è stato il primo a impiegare come fluido termovettore una miscela di “sali

fusi”, costituita da un 60% di nitrato di sodio (NaNO3) e un 40% di nitrato di

potassio (KNO3).

(5)

1.1 La tecnologia solare a concentrazione 4

Figura 1.3: Schema di sistema a Torre solare

Impianti con collettori a disco parabolico, costituiti da un pannello riflettente di forma parabolica che insegue il sole, figura 1.4, con un movimento di rotazione attorno a due assi ortogonali, e concentra la radiazione solare su un “ricevitore”

montato nel suo punto focale. Il calore a alta temperatura viene normalmente trasferito a un fluido e utilizzato in un motore, posto sopra il ricevitore, dove è prodotta direttamente energia meccanica o elettrica.

Figura 1.4: Schema di sistema a disco parabolico

(6)

1.1.2 Termodinamica e produzione diretta di idrogeno solare

La tecnologia dei sistemi di concentrazione solare ha reso possibile la produzione di idrogeno tramite il loro utilizzo in processi termochimici ad alta temperatura.

Infatti, se attualmente la produzione di idrogeno tramite elettrolisi è il processo più maturo per ottenere idrogeno dalla fonte solare, questo processo è caratterizzato da un rendimento globale da energia radiante a contenuto energetico dell’idrogeno, passando per la raccolta e concentrazione della radiazione, la conversione in elettri- cità e l’elettrolisi al più dell’ordine del 27%. Utilizzando la conversione fotovoltaica per produrre elettricità, seguita da elettrolisi dell’acqua, non si ottengono rendimenti superiori, bensì tipicamente si raggiunge un rendimento globale dell’ordine del 12%.

A parte i costi, attualmente difficili da valutare, da un punto di vista energetico sono sicuramente più vantaggiosi quei metodi nei quali la conversione del calore solare in idrogeno avviene in maniera diretta, secondo lo schema rappresentato in figura 1.5; per questa via è teoricamente possibile ottenere rendimenti globali di conversione dell’ordine del 46% [5].

I cicli termochimici, costituiti da una serie di reazioni ossido-riduttive che coinvol- gono sostanze intermedie di natura diversa, consentono di operare la scissione dell’ac- qua in idrogeno e ossigeno, da calore a temperature relativamente elevate (800-1.500

C) ma comunque raggiungibili impiegando sistemi a elevata concentrazione, quali sistemi a torre o a disco parabolico. Questa tipologia di processi è nota fin dagli anni settanta del secolo scorso, ma solo in questi ultimi anni è oggetto di rinnova- to interesse, sullo stimolo della sempre più impellente problematicha ambientale. La possibilità di alimentare termicamente tali cicli mediante energia solare rende questi processi produttivi completamente rinnovabili e quindi perfettamente compatibili con una strategia di sviluppo sostenibile [6].

I processi solari termochimici convertono energia solare di tipo radiativo in ener- gia chimica. Per una loro analisi è necessario utilizzare le due leggi fondamentali della termodinamica, la prima per stabilire la minima quantità di energia termo- chimica richiesta per produrre una mole di prodotto e soprattutto se il processo è termodinamicamente possibile nelle condizioni di Temperatura e Pressioni esaminate [7].

La prima legge è anche applicata per calcolare il rendimento di assorbimento ener-

getico del reattore solare ( η ass ). Esso è definito come il rapporto tra l’energia termica

assorbita nel reattore solare dai reagenti (pari alla variazione entalpica della reazione) e

l’energia termica complessivamente entrante nel reattore solare proveniente dal campo

specchi. In sostanza questo parametro è una misura delle perdite termiche all’interno

del reattore causate dal processo di irraggiamento verso l’esterno. I reattori solari uti-

lizzati solitamente hanno una configurazione di tipo cavity-receiver, ad esempio una

chiusura ben isolata con una piccola apertura allo scopo di ricevere una radiazione

(7)

1.1 La tecnologia solare a concentrazione 6

solare concentrata. Alle temperature sopra i 727

C, il rendimento η ass diminuisce drasticamente a causa delle perdite per irraggiamento attraverso l’apertura. Per un cavity-receiver perfettamente isolato, (si trascurano perdite di calore per convezione e conduzione) tale rendimento è dato dall’equazione

η

ass

= α eff Q ap − ε eff A ap σ · T 4

Q sol (1.1)

Dove Q sol è la potenza totale in ingresso al reattore solare, Q ap la potenza totale intercettata dall’area A ap , α eff e ε eff sono i coefficienti di assorbimento e di emissione del reattore, T la temperatura e σ la costante di Stefan-Boltzmann. Il primo termine del numeratore indica la potenza totale assorbita dal reattore e il secondo la potenza totale persa per irraggiamento, Q

irr

. La differenza di queste due grandezze indica la potenza netta assorbita dal reattore, e coincide con la variazione di entalpia della reazione. La capacità di concentrazione di energia solare da parte dell’impianto è spesso espressa in termini del flusso di concentrazione medio ˇ C eq.1.2 dove I è la costante solare di isolamento.

C = ˇ Q ap

I · A ap (1.2)

Per semplicità si assume che Q sol = Q ap e il reattore solare sarà assimilato come un perfetto corpo nero ( α eff = ε eff = 1). Con queste ipotesi l’espressione del rendimento di assorbimento assume la forma eq.1.3.

Figura 1.5: Schema della produzione di idrogeno da fonte solare per via termochimica

(8)

η

ass

= 1 σ · T 4

I · ˇ C (1.3)

La radiazione solare concentrata assorbita guida la reazione chimica endotermica.

La misura di quanta di questa energia solare è convertita in energia chimica, per un dato processo termochimico, è espressa dal rendimento exergetico, definito come:

η

ex

= − ˙n · ΔG

rxn

| 298K

Q

solare

(1.4) dove ˙ n è la portata molare e ΔG

rxn

è il massimo lavoro che può essere estratto dai prodotti della reazione una volta tornati alla temperatura di riferimento di 298 K. La seconda legge termodinamica può essere applicata per calcolare il massimo rendimento exergetico η

exI

. Poichè la conversione del calore solare in lavoro ΔG

rxn

è limitata sia dal rendimento di assorbimento 1.3 che dal rendimento del ciclo di Carnot, η

C

, il rendimento globale è:

η

exI

= η

ass

· η

C

=

 1

 σ · T

h

4

I · ˇ C



·

 1

 T

l

T

h



(1.5) dove T

h

e T

l

sono le temperature operative superiori e inferiori dell’equivalente ciclo di Carnot. In figura 1.6 è rappresentato il rendimento exergetico ideale eq.1.5 in funzione della temperatura T

h

per T

l

=298 K e vari flussi di concentrazione solare.

Figura 1.6: Andamento del rendimento exergetico ideale in funzione della temperatura operativa T

h

e dei valori di ˇ C eq.1.2. Nel grafico si considera il flusso di concentrazione solare pari a: 1000, 5000, ..., 40000. Inoltre è plottato il rendimento del ciclo di Carnot e si è focalizzata l’attenzione sulla temperatura ottimale che sarà spiegata in seguito

La più alta temperatura, che il reattore solare può sostenere, oltre la quale tutta

la potenza termica entrante è rigettata fuori sottoforma di perdite per irraggiamento,

è definita come temperatura d’inattività ( T

st

) ed è espressa dalla relazione:

(9)

1.1 La tecnologia solare a concentrazione 8

T

st

=

 I · ˇ C ω

 0.25

(1.6) a questa temperatura si ottiene il rendimento exergetico ideale nullo eq.1.5, perché l’energia di re-radiazione è così veloce come è assorbita. Dall’analisi del grafico di figura 1.6 si deduce che esiste una temperatura ottimale T

op

, per la quale l’andamento del rendimento exergetico ideale raggiunge il suo valore massimo. Questo risultato si ottiene imponendo:

δη

exI

δT = 0 (1.7)

e risolvendo tal equazione si ottiene:

T

op

5 − (0.75 · T

l

) · T

op

4

 α

ef f

T

l

I ˇ C

ef f

ω



= 0 (1.8)

Questa equazione algebrica del quinto ordine non ammette soluzione analitica; la soluzione può essere facilmente trovata per via numerica.

Per illustrare l’approccio teorico utilizzato per analizzare i cicli di Water-Splitting è conveniente riferirsi a un ciclo semplificato, illustrato nella figura 1.7.

Figura 1.7: Schema della produzione di idrogeno da fonte solare per via termochimica

(10)

Il reattore solare è assunto per semplicità come perfetto corpo nero, i reagenti entrano nel reattore solare a temperatura di riferimento T

l

, vengono portati fino alle condizioni di pressione e temperatura (T

h

) di reazione, ottenendo la trasformazione dei reagenti in prodotti.

La potenza termica complessiva, assorbita dal reattore, coincide con la somma di due termini, precisamente Q

r

e Q

irr

; il primo termine è pari alla variazione di entalpia della reazione:

Q

r

= ˙ n · ΔH |

ReagentiTl

P rodottiTh

(1.9) il secondo, invece, è pari alle perdite per irraggiamento eq.1.10.

Q

irr

= ε

ef f

A

ap

σT 4 = A

ap

σT 4 (1.10) Le irreversibilità nel reattore solare (I

rr

) sono dovute alle irreversibilità intrinseche della reazione stessa e dagli scambi termici con l’ambiente e si possono scrivere come:

I

rr

=



Q

sol

T

h

 +

 Q

irr

T

l



n · ΔS | ˙

ReagentiTl

P rodottiTh

(1.11) i prodotti escono dal reattore solare a temperatura T

h

e sono raffreddati rapida- mente fino a temperatura T

l

. La potenza termica scambiata in questo processo è pari alla variazione entalpica dei prodotti che passano da T

h

a T

l

eq.1.12.

Q

q

= ˙ n · ΔH |

P rodottiTh

P rodottiTl

(1.12) Le irreversibilità associate al processo di raffreddamento sono:

I

rrQ

=



Q

q

T

l



+ ˙ n · ΔS |

P rodottiTh

P rodottiTl

(1.13) alla fine di ogni ciclo, che sia due step o multi step, si otterranno H 2 e 1 2 O 2 a temperatura T

l

. Il ciclo sarà chiuso introducendo una fuel cell reversibile che opera isotermicamente, nella quale idrogeno e ossigeno si combinano insieme formando acqua e producendo lavoro utile secondo la relazione:

W

F C

= ˙ n · ΔG | H

2

+

12

O

2

H

2

O (1.14) dove W

F C

è il massimo lavoro ottenibile dal ciclo termodinamico. La potenza termica scambiata con l’esterno dalla fuel cell è definita dall’espressione:

Q

F C

= T

l

n · ΔS | ˙ H

2

+

12

O

2

H

2

O (1.15) il rendimento complessivo del ciclo sarà dunque:

η = W

F C

Q

sol

(1.16)

(11)

1.2 Cicli Termodinamici di Water-Splitting (W-S) 10

1.2 Cicli Termodinamici di Water-Splitting (W-S)

I candidati principali per produrre a basso costo e su grande scala l’H 2 usando l’energia solare sono i processi termochimici di water-splitting. I processi termochimici di water- splitting rappresentano la conversione dell’acqua in idrogeno e ossigeno tramite una serie di reazioni chimiche termicamente determinate. La termolisi diretta di acqua richiederebbe temperature sopra di 2500

C per una generazione rilevnte di H 2 .

H 2 O → H 2 + 1 /2O 2 2500

C (1.17)

A questa temperatura, solo il 10% dell’acqua è decomposto mentre il restante 90% sarebbe riciclato. In più sorgerebbero problemi inerenti alla separazione ad alta temperatura della miscela esplosiva O 2 /H 2 , mentre un ciclo di water-splitting può compiere lo stesso risultato utilizzando temperature molto più basse.

Sono due i fattori termochimici che rendono i costi di produzione del H 2 , median- te l’azione combinata dei processi termochimici di water-splitting e i sistemi CSP, potenzialmente più bassi di quelli per elettrolisi [8].

Efficienza I processi termochimici hanno una efficienza potenzialmente maggiore del- l’elettrolisi perché la conversione del calore in H 2 richiede pochi passaggi rispetto alla conversione di calore a elettricità e elettricità a H 2 .

Costi Capitali L’Economia di scala per i processi chimici (funzione del volume) è migliore dell’economia di scala per i processi elettrolitici (funzione di zona).

Gli studi del DOE (Department of Energy of USA) commissionati negli anni ’70

alla General Atomics, al Sandia National Laboratories e all’Università del Kentuc-

ky identificarono 115 processi possibili adatti ad essere sfruttati impiegando il calore

residuo dei reattori nucleari o volendo dei sistemi CSP. Di questi processi solo venticin-

que, sono stati ritenuti termodinamicamente ed energeticamente più adatti ad essere

sfruttati anche mediante l’impiego di energia solare. Nella tabella 1.2 e 1.2, è ripor-

tato l’elenco dei venticinque cicli di water-splitting specificandone oltre alle reazioni

chimiche, anche le relative temperature e il tipo di processo (termico/elettrolitico) [9].

(12)

Tabella 1.1: Dettaglio delle reazioni dei diversi cicli termochimici

Ciclo Nome T/E

1

T(

C) Reazione

1 Westinghouse T 850 2H

2

SO

4

(g) = 2SO

2

(g) + 2H

2

O(g) + O

2

(g) E 77 SO

2

(g) + 2H

2

O(a) = H

2

SO

4

(a) + H

2

(g) 2 Ispra Mark 13 T 850 2H

2

SO

4

(g) = 2SO

2

(g) + 2H

2

O(g) + O

2

(g)

E 77 2HBr(a) = Br

2

(a) + H

2

(g)

T 77 Br

2

(l) + SO

2

(g) + 2H

2

O(l) = 2HBr(g) + H

2

SO

4

(a) 3 UT-3 Univ. Of

Tokyo

T 600 2Br

2

(g) + 2CaO = 2CaBr

2

+ O

2

(g)

T 600 3FeBr

2

+ 4H

2

O = Fe

3

O

4

+ 6HBr + H

2

(g) T 750 CaBr

2

+ 2H

2

O = CaO + 2HBr

T 300 3Fe

3

O

4

+ 8HBr = Br

2

+ 3FeBr

2

+ 4H

2

O 4 Sulfur Iodine T 850 2H

2

SO

4

(g) = 2SO

2

(g) + 2H

2

O(g) + O

2

(g)

T 450 2HI = I

2

(g) + H

2

(g)

T 120 I

2

+ SO

2

(a) + 2H

2

O = 2HI(a) + H

2

SO

4

(a) 5 Julich Center

EOS

T 800 2Fe

3

O

4

+ 6FeSO

4

= 6Fe

2

O

3

+ 6SO

2

+ O

2

(g)

T 700 3FeO + H

2

O = Fe

3

O

4

+ H

2

(g) T 200 Fe

2

O

3

+ SO

2

= FeO + FeSO

4

6 Tokyo

Inst.Tech.Ferrite

T 1000 2MnFe

2

O

4

+ 3Na

2

CO

3

+ H

2

O = 2Na

3

MnFe

2

O

6

+ 3CO

2

(g) + H

2

(g)

T 600 4Na

3

MnFe

2

O

6

+ 6CO

2

(g) =

4MnFe

2

O

4

+ 6Na

2

CO

3

+ O

2

(g) 7 Hallett Air Pro-

ducts 1965

T 800 2Cl

2

(g) + 2H

2

O(g) = 4HCl(g) + O

2

(g)

E 25 2HCl = Cl

2

(g) + H

2

(g) 8 Gaz de France T 725 2K + 2KOH = 2K

2

O + H

2

(g)

T 825 2K

2

O = 2K + K

2

O

2

T 125 2K

2

O

2

+ 2H

2

O = 4KOH + O

2

(g)

9 Nickel Ferrite T 800 NiMnFe

4

O

6

+ 2H

2

O = NiMnFe

4

O

8

+ 2H

2

(g) T 800 NiMnFe

4

O

8

= NiMnFe

4

O

6

+ O

2

(g) 10 Aachen Univ Ju-

lich 1972

T 850 2Cl

2

(g) + 2H

2

O(g) = 4HCl(g) + O

2

(g)

T 170 2CrCl

2

+ 2HCl = 2CrCl

3

+ H

2

(g) T 800 2CrCl

3

= 2CrCl

2

+ Cl

2

(g)

11 Ispra Mark 1C T 100 2CuBr

2

+ Ca(OH)

2

= 2CuO + 2CaBr

2

+ H

2

O T 900 4CuO(s) = 2Cu

2

O(s) + O

2

(g)

T 730 CaBr

2

+ 2H

2

O = Ca(OH)

2

+ 2HBr T 100 Cu

2

O + 4HBr = 2CuBr

2

+ H

2

(g) + H

2

O 12 LASL- U T 25 3CO

2

+ U

3

O

8

+ H

2

O = 3UO

2

CO

3

+ H

2

(g)

T 250 3UO

2

CO

3

= 3CO

2

(g) + 3UO

3

T 700 6UO

3

(s) = 2U

3

O

8

(s) + O

2

(g)

13 Ispra Mark 8 T 700 3MnCl

2

+ 4H

2

O = Mn

3

O

4

+ 6HCl + H

2

(g) T 900 3MnO

2

= Mn

3

O

4

+ O

2

(g)

T 100 4HCl + Mn

3

O

4

= 2MnCl

2

(a) + MnO

2

+ 2H

2

O 14 Ispra Mark 6 T 850 2Cl

2

(g) + 2H

2

O(g) = 4HCl(g) + O

2

(g)

T 170 2CrCl

2

+ 2HCl = 2CrCl

3

+ H

2

(g)

T 700 2CrCl

3

+ 2FeCl

2

= 2CrCl

2

+ 2FeCl

3

T 420 2FeCl

3

= Cl

2

(g) + 2FeCl

2

(13)

1.2 Cicli Termodinamici di Water-Splitting (W-S) 12

Tabella 1.2: Dettaglio delle reazioni dei diversi cicli termochimici (continuo)

Ciclo Nome T/E

2

T(

C) Reazione

15 Ispra Mark 4 T 850 2Cl

2

(g) + 2H

2

O(g) = 4HCl(g) + O

2

(g) T 100 2FeCl

2

+ 2HCl + S = 2FeCl

3

+ H

2

S T 420 2FeCl

3

= Cl

2

(g) + 2FeCl

2

T 800 H

2

S = S + H

2

(g)

16 Ispra Mark 3 T 850 2Cl

2

(g) + 2H

2

O(g) = 4HCl(g) + O

2

(g) T 170 2VOCl

2

+ 2HCl = 2VOCl

3

+ H

2

(g) T 200 2VOCl

3

= Cl

2

(g) + 2VOCl

2

17 Ispra Mark 2

(1972)

T 100 Na

2

O.MnO

2

+ H

2

O = 2NaOH(a) + MnO

2

T 487 4MnO

2

(s) = 2Mn

2

O

3

(s) + O

2

(g)

T 800 Mn

2

O

3

+ 4NaOH = 2Na

2

O.MnO

2

+ H

2

(g) + H

2

O 18 Ispra CO/Mn3

O4

T 977 6Mn

2

O

3

= 4Mn

3

O

4

+ O

2

(g)

T 700 C(s) + H

2

O(g) = CO(g) + H

2

(g) T 700 CO(g) + 2Mn

3

O

4

= C + 3Mn

2

O

3

19 Ispra Mark 7B T 1000 2Fe

2

O

3

+ 6Cl

2

(g) = 4FeCl

3

+ 3O

2

(g)

T 420 2FeCl

3

= Cl

2

(g) + 2FeCl

2

T 650 3FeCl

2

+ 4H

2

O = Fe

3

O

4

+ 6HCl + H

2

(g) T 350 4Fe

3

O

4

+ O

2

(g) = 6Fe

2

O

3

T 400 4HCl + O

2

(g) = 2Cl

2

(g) + 2H

2

O 20 Vanadium Chlo-

ride

T 850 2Cl

2

(g) + 2H

2

O(g) = 4HCl(g) + O

2

(g)

T 25 2HCl + 2VCl

2

= 2VCl

3

+ H

2

(g) T 700 2VCl

3

= VCl

4

+ VCl

2

T 25 2VCl

4

= Cl

2

(g) + 2VCl

3

21 Mark 7A T 420 2FeCl

3

(l) = Cl

2

(g) + 2FeCl

2

T 650 3FeCl

2

+ 4H

2

O(g) = Fe

3

O

4

+ 6HCl(g) + H

2

(g) T 350 4Fe

3

O

4

+ O

2

(g) = 6Fe

2

O

3

T 1000 6Cl

2

(g) + 2Fe

2

O

3

= 4FeCl

3

(g) + 3O

2

(g) T 120 Fe

2

O

3

+ 6HCl(a) = 2FeCl

3

(a) + 3H

2

O(l) 22 GA Cycle 23 T 800 H

2

S(g) = S(g) + H

2

(g)

T 850 2H

2

SO

4

(g) = 2SO

2

(g) + 2H

2

O(g) + O

2

(g) T 700 3S + 2H

2

O(g) = 2H

2

S(g) + SO

2

(g) T 25 3SO

2

(g) + 2H

2

O(l) = 2H

2

SO

4

(a) + S T 25 S(g) + O

2

(g) = SO

2

(g)

23 US -Chlorine T 850 2Cl

2

(g) + 2H

2

O(g) = 4HCl(g) + O

2

(g) T 200 2CuCl + 2HCl = 2CuCl

2

+ H

2

(g) T 500 2CuCl

2

= 2CuCl + Cl

2

(g) 24 Ispra Mark 9 T 420 2FeCl

3

= Cl

2

(g) + 2FeCl

2

T 150 3Cl

2

(g) + 2Fe

3

O

4

+ 12HCl =

6FeCl

3

+ 6H

2

O + O

2

(g)

T 650 3FeCl

2

+ 4H

2

O = Fe

3

O

4

+ 6HCl + H

2

(g) 25 Ispra Mark 6C T 850 2Cl

2

(g) + 2H

2

O(g) = 4HCl(g) + O

2

(g)

T 170 2CrCl

2

+ 2HCl = 2CrCl

3

+ H

2

(g) T 700 2CrCl

3

+ 2FeCl

2

= 2CrCl

2

+ 2FeCl

3

T 500 2CuCl

2

= 2CuCl + Cl

2

(g)

T 300 CuCl + FeCl

3

= CuCl

2

+ FeCl

2

(14)

Il ciclo Sulfur-Iodine (S-I) è il primo esempio di ciclo termochimico. Esso consiste in tre reazioni chimiche, la cui somma rappresenta la dissociazione dell’acqua.

H 2 SO 4 =SO 2 + H 2 O + 1 /2O 2 (850

C) (1.18) I 2 + SO 2 + 2H 2 O = 2HI + H 2 SO 4 (120

C) (1.19)

2HI = I 2 + H 2 (450

C) (1.20)

H 2 O= H 2 + 1 /2O 2

Il ciclo termochimico ha una conversione significativa a temperature molto più bas- sa rispetto a quella della reazione 1.17. Con un catalizzatore adatto, l’alta temperatura della reazione 1.18 raggiunge una conversione del 10% a 510

C e una conversione del 83% alla temperatura indicata di 850

C.

L’energia sotto forma di calore è utilizzata per far avvenire le reazioni endoter- miche. Nel caso del processo Sulfur-Iodine, la reazione maggiormente endotermica, e che quindi necessità di una grande quantità di calore ad alta temperatura, è quella di generazione dell’ossigeno: la dissociazione dell’acido solforico 1.18. L’acido solforico e lo ioduro di idrogeno sono formati nelle reazioni endotermiche del ciclo e l’idrogeno è generato nella decomposizione leggermente endotermica dello ioduro di idrogeno.

La combinazione di reazioni endotermiche a temperatura elevata, esotermiche a bassa temperatura e l’energia neutrale delle reazioni chiuse non sono sufficienti per un ciclo per poter essere termodinamicamente realizzabile. Ogni reazione deve anche avere un Δ G(energia libera di Gibbs) favorevole. Il ΔG per una reazione è la misura della concentrazione dei reagenti e dei prodotti di reazione alle condizioni di equili- brio. Una reazione è favorevole se è negativo, o al massimo non troppo positivo. Un ΔG leggermente positivo non significa che la reazione non possa continuare, infatti è possibile poter spostare un equilibrio di reazione aumentando le concentrazioni dei prodotti o riducendo la concentrazione di reagenti. Ciascuna delle quattro reazioni chimiche del ciclo UT-3, infatti, hanno un ΔG leggermente positivo. Il flusso gassoso, reagisce passando attraverso un letto solido in cui i reagenti sono travolti dal gas con conseguente conversione totale dei reagenti solidi a prodotti solidi.

2Br 2 (g) + 2CaO(s)= 2CaBr 2 (s) + 1 /2O 2 (g) (672

C) (1.21) 3FeBr 2 (s) + 4H 2 O(g) =Fe 3 O 4 (s) + 6HBr(g) + H 2 (g) (560

C) (1.22) CaBr 2 (s) + H 2 O(g)= CaO(s) + 2HBr(g) (760

C) (1.23) Fe 3 O 4 (s) + 8HBr(g) = Br 2 (g) + 3FeBr 2 (s) + 4H 2 O(g) (210

C) (1.24) H 2 O(g) = H 2 (g) + 1 /2O 2 (g)

A volte è persino possibile forzare elettrochimicamente una reazione non spontanea:

tale processo è chiamato ciclo termochimico ibrido; in modo da distinguerlo da uno

(15)

1.2 Cicli Termodinamici di Water-Splitting (W-S) 14

puro. Il ciclo ibrido dello zolfo, anche conosciuto come Westinghouse Cycle o come Ispra Mark 11, ha la stessa elevata temperatura di reazione (endotermica), del ciclo Sulfur-Iodine (S-I). Il ciclo ibrido è chiuso da un’ossidazione elettrochimica di anidride solforosa ad acido solforico [9].

H 2 SO 4 = SO 2 +H 2 O + 1 /2O 2 (850

C) (1.25) SO 2 + 2H 2 O= H 2 SO 4 + H 2 (80

Celectrolysis) (1.26) H 2 O =H 2 + 1 /2O 2

Di seguito sono riassunti quattro dei venticinque processi che sono ritenuti più validi per un futuro sviluppo su grande scala:

Processi della famiglia degli Alogenuri - UT-3;

Processi della famiglia dei Solfuri - Sulfur-Iodine (S − I);

Processi Ibridi - Westinghouse;

- Ispra-Mark 13.

(16)

1.2.1 Il ciclo di base UT-3

Il ciclo termodinamico UT-3 è stato scoperto e sperimentato per la prima volta da Kameyama e Yoshida all’università di Tokyo [10] verso la fine degli anni ’70 ed essen- zialmente tutto il lavoro sul ciclo è stato eseguito in Giappone. La più recente revisione è stata pubblicata nel 1996 e riguarda la sperimentazione adiabatica. Un rappresenta- zione semplificata del ciclo adiabatico UT-3, abbinata a una fonte di energia termica, solare o nucleare, è mostrata in figura 1.8. L’efficienza mostrata è del 40-50% e le quattro reazioni gas-solido che si susseguono sono le seguenti:

CaBr 2 (s) + H 2 O(g) = CaO(s) + 2HBr(g) (760

C) (1.27) CaO(s) + Br 2 (g) = CaBr 2 (s) + 1 /2O 2 (g) (572

C) (1.28) Fe 3 O 4 (s) + 8HBr(g) = 3FeBr 2 (s) + 4H 2 O(g) + Br 2 (g) (220

C) (1.29) 3FeBr 2 (s) + 4H 2 O(g) = Fe 3 O 4 (s) + 6HBr(g) + H 2 (g) (560

C) (1.30) La reazione 1.27 è fra le quattro la più lenta dal punto di vista cinetico; quindi, è lo stadio limitante dell’intero ciclo. Poiché è necessario che tutte le reazioni si consumino alla stessa velocità per il corretto funzionamento del ciclo, il lento tasso di idrolisi del bromuro di calcio riduce notevolmente l’intera efficienza.

Il processo consiste in quattro sistemi di reazione che procedono in parallelo in

quattro reattori separati. In una prima coppia di reattori, i primi due schemi di

reazione assicurano la trasformazione ciclica tra bromuro di calcio e ossido di calcio

(solidi), indotta da vapore d’acqua e bromo, in fase gassosa. Nella prima reazione

il vapore d’acqua è trasformato in acido bromidrico mentre nella seconda reazione il

bromo molecolare è trasformato in ossigeno. In una seconda coppia di reattori, le

reazioni assicurano la trasformazione ciclica tra ossido ferroso-ferrico e bromuro di

ferro (solidi) indotta da reagenti gassosi. Nello schema 1.8, l’acido bromidrico è tra-

sformato in bromo molecolare e vapore d’acqua mentre il vapore d’acqua si trasforma

in acido bromidrico e idrogeno. Le quattro camere di reazione separate scambiano

effluenti gassosi grazie ad un flusso che attraversa i quattro reattori nella successione

opportuna. Le temperature di processo sono controllate da scambiatori, prima dell’in-

gresso a ciascun reattore. Tutto il processo è basato sul calore ad elevata temperatura

prodotto da fonte solare o nucleare e immesso nel sistema di reazione attraverso uno

scambiatore, che opera fra la temperatura di 1033 K e quella di 861 K. A fronte di

un ingresso netto di acqua (trasformata in vapore d’acqua), è possibile estrarre dal

sistema, attraverso due filtri a membrana, ossigeno e idrogeno. La corrente gassosa fra

i reattori è mantenuta con un apposito compressore. Con l’esaurimento dei reagenti in

fase solida, gli schemi di reazione sono scambiati in modo che in ciascun reattore sia

condotto un ciclo completo di formazione e trasformazione degli intermedi di reazione

in fase solida e sia assicurata la continuità dell’intera operazione.

(17)

1.2 Cicli Termodinamici di Water-Splitting (W-S) 16

Figura 1.8: Schema generico del processo adiabatico UT-3 [2]

(18)

Il processo in figura 1.8 ha quattro reattori (R1, R4, R3 e R2) connessi in serie in un anello nel quale circolano sostanze gassose in particolare acqua allo stato gassoso.

Le sostanze gassose assicurano gli apporti di calore e le reazioni avvengono in maniera adiabatica. Nel reattore R1, si esegue la trasformazione 1.27 con la trasformazione solida di CaBr 2 in CaO con vapore acqueo che si trasforma in HBr, anch’esso gassoso.

Il reattore R2 assicura la riconversione di CaO in CaBr 2 attraverso la reazione 1.28.

Quindi in questa coppia di volumi i reagenti delle reazioni 1.27 e 1.28 assicurano una trasformazione ciclica tra bromuro di calcio e ossido di calcio solidi, con l’aiuto di rea- genti gassosi. Nella reazione 1.28 si libera anche l’ossigeno, poi recuperato attraverso una membrana permeabile.

Un’altra coppia di reattori [R3] ed [R4], in cui avvengono le reazioni 1.29 e 1.30, assicurano la trasformazione ciclica tra l’ossido di ferro e il bromuro di ferro solidi, an- ch’essi con l’aiuto di reagenti gassosi. La reazione 1.30 sviluppa l’idrogeno, anch’esso ricuperato con l’aiuto di una opportuna membrana.

I reattori possono essere sia “packed bed”, “honeycomb” o a letto fluido. Il tipo

“honeycomb” è stato utilizzato dal gruppo dell’Università di Tokyo [10]. Le membra- ne di separazione per l’ossigeno e l’idrogeno possono essere realizzate con materiali compositi. Ad esempio per separare l’idrogeno nell’articolo di [2] si intende usare una membrana di zirconio-silicio che ha una temperatura massima di operazione di 773 K. La reazione 1.27 richiede la massima temperatura di 1033 K per assicurare 100%

della conversione. Studi sulla cinetica riportati nell’articolo [2] mostrano che il tempo richiesto per assicurare 100% della conversione è all’incirca 1 ora. Le altre reazioni richiedono meno tempo e quindi il ciclo completo è all’incirca 1 ora. Completato tale ciclo, il reattore [R2] contiene CaBr 2 solido, il reattore [R3] ha FeBr 2 ; analogamente [R1] contiene CaO e [R4] contiene Fe 3 O 4 . La velocità di reazione comune per i quat- tro reattori è di 1.25 mol/s. Alla fine della conversione (circa 1 ora), i reattori sono scambiati (R2 in R1 e R3 in R4) e un nuovo ciclo è iniziato. Il ciclo è ripetuto con- tinuamente con produzione di idrogeno ed ossigeno partendo da una fonte di energia termica che può essere sia nucleare sia solare

1.2.2 Ciclo Sulfur-Iodine

Fra i cicli analizzati con un certo dettaglio negli ultimi 25 anni [11], uno dei più

promettenti è il cosiddetto ciclo Sulfur-Iodine, originariamente proposto dalla General

Atomics [12] nel 1981. Il ciclo, inizialmente proposto per utilizzare il calore refluo delle

centrali nucleari, è composto da tre reazioni:

(19)

1.2 Cicli Termodinamici di Water-Splitting (W-S) 18

I 2 (l) + SO 2 (g) + 2H 2 O(l) = 2HI(aq) + H2SO4(aq) (120

C) (1.31)

2HI(g) = H 2 (g) + I 2 (g) (450

C) (1.32)

H 2 SO 4 (g) = H 2 O(g) + SO 2 (g) + 1/2O 2 (g) (850

C) (1.33) Il ciclo è stato descritto per la prima volta nella metà degli anni ’70. Esso è stato inizialmente rifiutato dagli operai, a causa delle difficoltà incontrate nella separazione dello ioduro di idrogeno dall’acido solforico, prodotti nella reazione 1.31. I tentativi di usare la distillazione furono inutili perché l’acido solforico e lo ioduro di idrogeno reagiscono secondo la reazione inversa 1.31 quando la miscela è scaldata. La chiave per l’esecuzione del ciclo, fu la scoperta dell’utilizzazione di un eccesso di iodio fuso.

Lo Iodio provoca una soluzione bifasica, composta di una fase chiara contenente acido solforico e una fase pesante contenente lo ioduro di idrogeno e lo iodio. La Figura 1.9 mostra un flowsheet del ciclo basato su questo tipo di separazione.

Figura 1.9: Schema generico del processo Sulfur-Iodine

Tutti i primi lavori sul ciclo, hanno presupposto che fosse necessario separare lo ioduro di idrogeno dallo iodio e dall’acqua dalla fase pesante, prima di passare alla reazione 1.32 per la produzione di idrogeno. La fattibilità dell’intero ciclo è stata spe- rimentalmente dimostrata allo JAERI 3 che ha realizzato prima un piccolo apparato da

3

Japan Atomic Energy Research Institute

(20)

laboratorio [13] e poi un impianto, sempre in scala laboratorio, di maggiori dimensioni in grado di produrre 50 Nl/h di idrogeno, con circa una efficenza del 52%.

Anche l’Italia è attiva nel campo della produzione di idrogeno da cicli termochimici, ed un progetto coordinato dall’ENEA e che coinvolge numerose Università è operativo dal 2005. Nell’ambito di questo progetto è stato individuato il ciclo Zolfo-Iodio come principale candidato per la progettazione di un sistema in grado di produrre idrogeno da “water-splitting” utilizzando come fonte di calore l’energia solare.

Negli Stati Uniti a seguito dello sviluppo del processo sono stati fatti parecchi ten- tativi di migliorare l’efficienza del ciclo modificandone le varie sezioni. In particolare, i ricercatori dell’università di Aquisgrana hanno dimostrato sperimentalmente [14], che lo ioduro di idrogeno non deve essere separato dallo iodio prima del punto di decompo- sizione. Sulla base del loro lavoro, hanno apportato importanti crescite nell’efficienza ed in una diminuzione del 40% del costo dell’idrogeno rispetto ai precedenti flowsheet.

Il costo diminuisce, non solo perché l’efficienza è aumentata, ma anche perché la one- rosa separazione della fase pesante è stata eliminata.

Delle tre reazioni che compongono il ciclo, la reazione 1.31 è detta di Bunsen ed è una reazione esotermica di adsorbimento dell’SO 2 gassosa che procede spontanea- mente nell’intervallo di temperatura 293-373 K e produce due acidi: HI e H 2 SO 4 . Le successive due reazioni sono le decomposizioni termiche di questi due acidi.

La decomposizione dell’HI 1.32 è debolmente endotermica ed ha luogo fra 673 K e 973 K. La decomposizione dell’H 2 SO 4 1.33 è la più endotermica fra le reazioni del ciclo e richiede temperature superiori a 1073 K.

La sezione centrale “Bunsen” prevede la reazione 1.31 nel reattore R e la separazio- ne dei due acidi prodotti in S. Le sezioni, solforica e iodidrica, prevedono entrambe una prima purificazione e concentrazione mediante distillazione e in seguito la decomposi- zione termica degli acidi nel reattore D. L’apporto di calore “Q” avviene principalmente in corrispondenza delle due decomposizioni.

Anche in questo caso, molti problemi derivano dalla separazione dei prodotti nel-

le varie reazioni La separazione dell’acido solforico da quello iodidrico, prodotti nella

reazione 1.31, è realizzata operando in condizioni di forte eccesso di iodio che porta

alla formazione di due fasi immiscibili: una iodidrica inferiore e una solforica superio-

re. L’uso di grandi quantità di iodio pone problemi di gestione dell’impianto, per la

possibilità che questo solidifichi, se la temperatura scende in qualche punto sotto la

temperatura di fusione dell’I 2 di 119

C.

(21)

1.2 Cicli Termodinamici di Water-Splitting (W-S) 20

La concentrazione per distillazione dell’HI(aq), prima della sua decomposizione termica, è limitata al 57% a causa della formazione di un azeotropo. La relativamente bassa concentrazione di HI aumenta la spesa energetica della decomposizione.

La decomposizione di H2SO4 richiede grandi quantità di calore a temperatura ele- vata. Diventa così molto importante utilizzare opportuni catalizzatori che abbassando la temperatura di decomposizione innalzano la resa globale del ciclo.

Nel caso dell’acido solforico, sono stati proposti molti catalizzatori: metalli (Pt, Pd) ed ossidi metallici (Cr 2 O 3 , Fe 2 O 3 , V 2 O 5 , NiO, . . . ). Fra tutti il più interessante sembra essere l’ossido ferrico, sia per le sue buone prestazioni sia per i suoi bassissimi costi [15, 16].

Molti aspetti dell’intero ciclo, sia di tipo fondamentale e applicativo, sono attual- mente sotto indagine in Italia e nel mondo; i principali possono essere così riassunti:

- La cinetica delle varie reazioni, è uno dei temi di maggiore interesse che necessita di approfonditi studi, considerata la esiguità dei dati attualmente disponibili.

- A causa delle severe condizioni di temperatura e dell’elevata reattività di molti rea- genti, sono ancora aperte molte problematiche concernenti i materiali utilizzabili.

- L’ottimizzazione dell’accoppiamento energetico con le fonti di calore.

Nei capitoli successivi della seguente tesi, si cercherà di sviluppare e di affrontare

le varie problematiche del ciclo Sulfur-Iodine utilizzando un simulatore.

(22)

1.2.3 Ciclo Westinghouse o Ciclo Ispra Mark 11

La Westinghouse ha sviluppato un processo di produzione dell’idrogeno di tipo ibrido, elettrochimico/termochimico. Il processo è diviso in due fasi, la prima coinvolge la produzione di idrogeno in una cellula elettrochimica, in cui l’anidride solforosa è usata per pulire l’anodo e l’elettrolita utilizzato nella cellula è l’acido solforico. Nella seconda, viene vaporizzato l’acido solforico e termicamente è decomposto a triossido di zolfo, all’anidride solforosa, all’acqua e all’ossigeno. Per accelerare il tasso di riduzione del triossido di zolfo all’anidride solforosa e all’ossigeno viene utilizzato un catalizzatore.

Dopo la separazione, l’anidride solforosa viene riciclata all’electrolyzer e l’ossigeno è utilizzato in un altro processo, oppure è scaricato. Il processo generale è indicato schematicamente nella figura 1.10 [17] e coinvolge le seguenti reazioni:

SO 2 + 2H 2 O = H 2 SO 4 + H 2 (elettrolisi · 80

C) (1.34) H 2 SO 4 = H 2 O + SO 3 = H 2 O + SO 2 + 1 /2O 2 (850

C) (1.35) La tensione, teorica di equilibrio, richiesta per decomporre l’acqua nelle condizioni standard è di 1.23 volt, con molti degli “electrolyzers” commerciali si richiedono più di 2.0 volt per poter sopperire all’efficienza e alla sovratensione del sistema. La tensione teorica di equilibrio richiesta per la reazione 1.34 è di appena 0.17 volt quindi si riduce il potere teorico richiesto per unità di idrogeno prodotta al di sopra di quello richiesto nell’elettrolisi dell’acqua. Il vantaggio di questa reazione è parzialmente compensato dalla necessità di dover aggiungere energia termica al processo, per vaporizzare l’acido e per ridurre il triossido di zolfo 1.35 nel reattore.

L’analisi di prestazione del flowsheet del ciclo dello zolfo ha indicato che l’efficien- za generale di produzione dell’idrogeno è del 47% quando la cellula del “electrolyzer”

sta funzionando a 600mv [18]. La fonte di energia per il sistema di decomposizione

dell’acqua è un reattore nucleare a temperatura elevata (VHTR) che produce sia la

energia elettrica che il flusso a temperatura elevata per il processo dell’elio. Il VHTR è

il costo principale all’intero processo. Riciclando lo zolfo in questo processo è risultato

essere molto costoso e difficile da un punto di vista economico, inoltre i costi capitali

dell’elettrolisi sono molto alti ma la potenza richiesta è bassa. Infine il sistema richie-

de una considerevole quantità di calore per il processo di decomposizione dell’acido

solforico.

(23)

1.2 Cicli Termodinamici di Water-Splitting (W-S) 22

Figura 1.10: Schema generico del processo Westinghouse

Vantaggi:

- In questo ciclo non sono coinvolti composti solidi;

- ci sono soltanto due reazioni;

- le proprietà termodinamiche della specie chimica sono ben note;

- le reazioni secondarie sono minime;

- il punto di decomposizione dell’acido solforico è stato dimostrato che può essere raggiunto da un’impianto ad energia solare.

Svantaggi:

- Questo processo è un ciclo ibrido e come tale mantiene le problematiche inerenti ai

processi elettrochimici.

(24)

1.2.4 Ciclo Ispra Mark 13

Il processo Ispra Mark 13 è noto come processo del ciclo dello zolfo e del bromo dalla Commissione della Comunità Europea JRC - Ispra Establishments, Italia. È stato inventato da Schultz e da Fielbelmann nel 1974. Il processo Ispra Mark 13 differisce dal processo Sulfur-Iodine nell’utilizzo del bromo al posto dello iodio e nel raggiungimento della decomposizione dell’acido bromidrico attraverso mezzi elettrochimici piuttosto che tramite un processo termochimico puro.

Il processo consiste nelle seguenti tre reazioni [19]:

2H 2 O + Br 2 + SO 2 = H 2 SO 4 + 2HBr (320 − 370K) (1.36)

2HBr(sol) = H 2 + Br 2 (Electrochemical) (1.37)

H 2 SO 4 = H 2 O + SO 2 + 1/2O 2 (1000 − 1100K) (1.38)

Nel ciclo Ispra-Mark 13 l’anidride solforosa reagisce spontaneamente con il bromo

in acqua per produrre HBr gassoso e una soluzione acida solforica. L’HBr è dissociato

elettrochimicamente ed il bromo è riciclato. Lo sviluppo del ciclo è proseguito negli

altri due processi (Westinghouse ed Sulfur-Iodine). È stato trovato che la cinetica

di elettrodo è generalmente migliore dell’elettrolisi dell’ SO 2 tramite il prodotto della

reazione del Br − SO 2 − H 2 O che è HBr. Inoltre è stato trovato che i potenziali teo-

rici sono più alti [20]. La reazione fra Br 2 , SO 2 e H 2 O può produrre i reagenti per

le successive reazioni più concentrate, in modo da dover utilizzare meno calore per

decomporre l’ H 2 SO 4 , rispetto a tutti gli altri processi citati.

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