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Santa Croce a Monte Mario

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Academic year: 2021

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Quartiere Della Vittoria

Altre denominazioni: Santissimo Crocifisso. La cappella posta sulla cima di Monte Mario (140 m. ca.), fu fatta erigere nel 1470 da Pietro e Mario Mellini, non distante dal coevo palazzo della famiglia che dal 1935 è sede dell’Osservatorio astronomico e meteorologico di Roma. La cappella, demolita nel 1877 per far posto al forte militare Monte Mario, a partire dalla peste del 1656 fu meta di processioni penitenziali che vanno inserite in un più diffuso culto della Croce radicato nella zona fin dai primi secoli del medioevo e, in tempi più recenti, ereditato dalla chiesa della S. Croce al Flaminio in via Guido Reni nata sull’onda delle celebrazioni costantiniane indette da Pio X nel 1913.

Un lungo elogio della Croce scolpito su marmo e trascritto dal Torrigio ne Le Sacre Grotte

vaticane, ricorda i committenti della cappella, «Petrus et Marius Mellini», e la sua data di erezione,

il 1470. Un’altra iscrizione, che al tempo dell’Armellini si conservava all’interno della chiesa, attestava l’esistenza di un più antico oratorio fatto costruire «ex devotione» nel 1350 dal vescovo di Orvieto Ponces de Péret giunto da Avignone a Roma in occasione del giubileo (Depraz-Mollat), nel quale i pellegrini che vi avessero devotamente pregato potevano lucrare una indulgenza di quaranta giorni prima di recarsi a S. Pietro. Ancora nessun accenno in queste prime attestazioni a un legame tra l’oratorio e il luogo «dove forse apparse la Croce al pio Costantino Imp.», cui invece allude, seppur in forma dubitativa, il Torrigio (1639). Nel 1696, allorché la chiesa della S. Croce fu ridotta “a migliore forma” dai discendenti dei due fondatori, l’epigrafe commemorativa che si trovava sull’architrave della porta della sacrestia, sanciva ormai il legame tra la titolazione e la visione cristica dell’imperatore, dotando così la cappella di un racconto di fondazione. Si tratta di forme di consolidamento del prestigio sociale attraverso un legame anche di carattere simbolico con il territorio, esigenza cui potrebbe ricondursi la leggenda, che in quel periodo inizia a circolare, di una derivazione del toponimo del colle romano dal nome di Mario Mellini. La devozione alla Croce ricopre dunque un ruolo importante nelle strategie di affermazione della famiglia anche in considerazione della nascita, a partire dall’epidemia di peste che si abbatté su Roma ai tempi di Alessandro VII tra il 1656 e il 1657, di un pellegrinaggio di carattere penitenziale, che, stando all’Armellini, proseguì anche nei secoli successivi soprattutto in occasione di calamità pubbliche. Una conferma di questa particolare vocazione del piccolo santuario rurale potrebbe leggersi nel rilievo dato all’indulgenza concessa dal Cardinale Vicario Gaspare Carpegna il 12 gennaio del 1704 in occasione dell’anniversario del terremoto che colpì Roma l’anno precedente, di cui si conservava memoria in una iscrizione collocata all’interno della cappella (ASVR, Atti della segreteria, 55, f. 744v; il decreto delle indulgenze si legge in Chracas, pp. 249-253). La chiesa era tenuta aperta da un cappellano e da un eremita il quale provvedeva a tenere sempre accesa la lampada davanti al Crocifisso posto sull’altare maggiore. Quando il nome dei Mellini si estinse con la morte di Giulia nel 1778, tutti i beni passarono al marito Mario Falconieri i cui eredi continuarono a far officiare la chiesa (Moroni, 46, p. 279) fino a che non fu venduta alla metà del XIX secolo al conte Luigi Manzi. La visita apostolica del 1825 registra un edificio in buono stato, se si eccettua il piccolo campanile che presentava infiltrazioni di acqua, ma poco frequentato anche perché il cappellano, rimasto ormai solo a custodire la cappella, apriva la chiesa solo in occasione della messa (ASV,

Congr. Visita Ap, 138 Miscellanea 1825, n. 70, f. 7r). Il carattere devozionale doveva essere dunque

spento da tempo se il Manzi poté consegnare alle autorità ecclesiastiche le iscrizioni, e la devota e vetusta immagine del Crocifisso che ivi veneravasi» e «le reliquie che in quello si custodivano» (Armellini - Cecchelli, p. 1036). Tra queste doveva trovarsi anche un corpo santo già segnalato dalla visita apostolica delle cappelle rurali del 1763 (ASVR, Atti della segreteria, 72,f. 62r), cui fu imposto il nome di Moderato - secondo un uso riservato alle reliquie anonime estratte dalle catacombe romane -, di cui si celebrava la traslazione ogni prima domenica di giugno. Un tentativo dello stesso Manzi di lottizzare con villini la sua proprietà fu evitato grazie all’inserimento della

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zona nel piano di fortificazioni voluto dal governo italiano: tra il 1877 e il 1881 la costruzione del forte “Monte Mario” decretò anche la demolizione della chiesa. Alcuni resti, appartenenti forse alla sacrestia, sono stati individuati nel 1971 tra i ruderi di un casale diroccato posto accanto al portale di villa Mellini, l’attuale porta d’accesso al parco pubblico.

Pietro e Mario Mellini e i loro discendenti cercarono di convogliare sulla loro chiesa una devozione ben più antica e diffusa su un vasto territorio. Il Sacramentarium Gregorianum, testimonianza della liturgia pontificia del VII-VIII secolo, riporta la notizia dell’esistenza di una località ad Crucem presso la quale si fermava la processione in onore di s. Marco che il 25 aprile da S. Lorenzo in Lucina raggiungeva S. Pietro passando per la via Flaminia e ponte Milvio. Davanti la croce si recitava la seguente orazione: «Deus qui culpas nostras piis verberibus percutis ut nos a nostris iniquitatibus emundes, da nobis et de verbere tuo proficere, et de tua citius consolatione gaudere». La diffusione del culto è testimoniata dalla carta, conservata nell’Archivio di Stato di Roma, redatta intorno al 1660 in occasione del catasto della campagna romana voluto da Alessandro VII, la quale riporta il segno di ben sei croci in una zona che da Monte Mario scendeva verso le strade limitrofe a Ponte Milvio fino alla Cassia (Dykmans, p. 116). Tutta la zona era dunque interessata dalla devozione alla Croce cosicché quando nell’anno 1500 fu casualmente rinvenuta nei pressi di Ponte Milvio una «chiesa diruta» a tre navate, si credette fosse sorta nel luogo in cui, scrive il Panciroli, «Costantino vide per aria la Croce risplendente» e si fece risalire la sua origine «almeno da’ Cristiani in tempo di Costantino» (Vasi). La chiesa era nuovamente scomparsa quando l’Armellini ne cercò senza successo i resti nei pressi di Villa Madama ipotizzando la sua demolizione al tempo della Repubblica Romana, forse per analogia con la non lontana parrocchia di S. Angelo alle Fornaci. La visita delle cappelle rurali del 1763 svolta da mons. Carlo Origo segnala anche una chiesa dedicata al SS. Crocifisso situata presso il cancello di Villa Madama all’interno del quale era custodito sopra l’altare «un quadro in tela rappresentante il SS.mo Crocifisso in cornice di legno dorata» e un reliquiario contenente tra l’altro un pezzetto del «legno della S. Croce» (ASVR, Atti della segreteria, 72, f. 70r-70v).

Quando Pio X nel 1912 indisse per l’anno successivo il XVI centenario dell’Editto di Milano, promosse l’erezione di due chiese, l’una intitolata a S. Elena, presso il mausoleo dell’imperatrice nella zona di Torpignattara, l’altra dedicata alla SS. Croce (Cascioli, p. 106). Quest’ultima doveva sorgere, come si leggeva nel proclama con cui si dava notizia dell’evento, in via Guido Reni (già via dei Settanta) nei pressi di Ponte Milvio, ovvero nel luogo in cui «l'Imperatore Costantino sconfisse Massenzio» in modo da ricordare «alle generazioni future quei gloriosi fatti e soddisfaccia altresì ai bisogni spirituali della popolazione di quel nuovo quartiere». La prima pietra fu posta nell’ottobre del 1912 dal cardinale Cassetta e la nuova parrocchia, consacrata nel 1919, fu affidata alla Congregazione dei Preti delle Stimmate di N.S. Gesù Cristo. Il progetto dell’architetto Aristide Leonori, coadiuvato dal fratello Pio, ha un impianto basilicale paleocristiano a tre navate con un campanile in stile romanico. Nella facciata un fregio in mosaico disegnato da Biagio Biagetti rappresenta Il trionfo della Croce e, ai lati, gli eventi fondativi del nuovo tempio: L’editto di Milano e la Vittoria di Costantino a Ponte Milvio, mentre all’interno, dal 1962, si conserva una riproduzione del labaro costantiniano fatta eseguire dall’imperatore Guglielmo II per farne dono a Pio X. Sopra l’altare maggiore si trova una grande croce di bronzo alta tre metri realizzata con le donazioni degli abbonati della «Sacred Heart Review» di Boston al cui interno si conserva una reliquia del Legno della Croce. In occasione della consacrazione della chiesa nell’ottobre del 1912 sulle pagine de «Il Corriere d’Italia» Egilberto Martire,colui che anni dopo promuoverà l’erezione della grande Croce del Colosseo, si augurava che la lapide dei Mellini, conservata nei magazzini di un istituto romano, potesse trovar spazio «nel mirabile tempio novissimo», come segno di continuità tra la “Croce di Monte Mario” e la nuova basilica.

Fonti: ASVR, Atti della segreteria, 72, ff. 46-73; ASVR, Atti della segreteria, 55, ff. 743-747; ASV, Congr. Visita Ap, 138 Miscellanea 1825, n. 70; J. Deshusses. Le Sacramentaire Grégorien. Ses principales formes d’après les plus ancien

manuscrits. Edition comparative, I. Le sacramentaire, le supplément d’Aniane, Fribourg Suisse 1971 (Spicilegium

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Bibliografia: Torrigio 1639, pp. 245-246 e 546-547; L.A. Chracas, Racconto istorico de terremoti sentiti in Roma, e in

parte dello Stato Ecclesiastico, e in altri luoghi la sera de’ 14 di Gennajo, e la mattina de' 2 di Febbrajo dell'anno 1703 [...], Roma 1704; Moroni, 46, pp. 278-279 e 100, pp. 203-204; Adinolfi 1882, pp. 141-142; La nuova Basilica Costantiniana. Posa della prima pietra, in «L’Osservatore Romano», 18 ottobre 1912, p. 3; L’inaugurazione della Basilica Costantiniana a ponte Milvio, in «Il Corriere d’Italia», 30 dicembre 1913, p. 3; E. Martire, Dall’Oratorio di

monte Mario alla Basilica di Ponte Milvio, in «Il Corriere d’Italia», 31 dicembre 1913, p. 4; G. Cascioli, Fatti e monumenti costantiniani con guida alle basiliche e chiese di Roma, Roma 1913; Chiesa di S. Croce ad Saxa Rubra, in

«Arte cristiana», a. I, n. 1 (1913), p. 29; F. Grossi Gondi, Le due chiese della Croce a Monte Mario e il ricordo della

vittoria di Costantino, in «La Civiltà Cattolica», a. 63, 4 (1912), pp. 197-201; Armellini - Cecchelli 1942, II, pp.

1034-1038, p. 1282; E. Depraz, G. Mollat, Lettres de Clément VI [...]. Pays autres que la France, Paris 1960-1961, p. 259 e 297 ; G. Rossi - M. Rossi, S. Croce al Flaminio, Roma 1965 (Le chiese di Roma illustrate, 86); F. Lombardi, Roma. Le

chiese scomparse. La memoria storica della città, Roma 1996, p. 435; G.A. Rossi, Monte Mario: profilo storico, artistico e ambientale del colle più alto di Roma, Roma 1996, pp. 76-85; L. Frapiselli, Monte Mario: finestra su Roma: sosta di pellegrini e di artisti, Roma 1998, p. 93; L. Frapiselli, La via Francigena nel medioevo da Monte Mario a San Pietro e M. Dykmans, Dal Monte Mario alla scalinata di San Pietro a Roma, Roma 2003, pp. 37-46 e 115-121; Nuzzo

2005, pp. 511-512; A. Manodori, Quartiere I. Flaminio, in I rioni e i quartieri, pp. 50-57; G. Ignesti, Martire,

Egilberto, in Dizionario biografico degli italiani, Roma 2008, pp. 344-347.

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