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Colacicchi R. - Geologia della Marsica orientale

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Academic year: 2022

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ROBERTO COLACICCHI

Istituto di Geologia e Paleontologia dell'Università - Roma

GEOLOGIA DELLA MARSICA ORIENTALE

Lo studio della stratigrafia ed il rilevamento geologico della Marsica orientale hanno portato a localizzare il mar- gine orientale della piattaforma carbonatica centro-appenninica. In questa zona infatti vengono a contatto le facies di mare sottile estese ad Occidente, con i sedimenti pelagici orientali. I terreni sedimentati sulla piattaforma sono costituiti da calcari micritici, ricchi di alghe e foraminiferi bentonici, deposti in un ambiente di acque torbide con pochissimo ricambio; questo ambiente mantiene costanti le sue caratteristiche dal Lias fino al Cretacico medio-superiore, varia sol- tanto la microfacies in rapporto all'evoluzione dei tempi geologici.

La transizione all'ambiente pelagico mostra caratteri assai più mutevoli: nel Lias il passaggio è semplice, non esi- ste una facies bordiera particolare, il contatto fra i due tipi di sedimentazione avviene lungo una scarpata su cui si depo- sitano detriti della facies micritica trasportati da correnti di torbida ed intercalati entro le micriti a radiolari e spicole di spugna proprie dell'ambiente pelagico. Il limite tra le due facies è localizzato verso l'angolo NE della zona rilevata.

Alla base del Dogger la facies pelagica migra verso SW fino a raggiungere l'allineamento dei fiumi Profluo e Sa- gittario; il limite prende così un andamento NW-SE che conserverà fino a tempi molto recenti.

Dal Dogger all' Aptiano sull'orlo della piattaforma, fra questa e la scarpata, si sviluppa una facies organogena re- cifale con piccole bioerme disperse entro le bioclastiti, con micriti lagunari di infra e retroscogliera, con lenti oolitiche e, al tetto, livelli ad ellipsactinie. Il complesso è stato denominato Formazione della Terratta ed è uniformemente diffuso su tutta la zona delimitata dagli allineamenti alto Sangro-Giovenco e Profluo-Sagittario. Ad Est di quest'ultima linea, alla sedimentazione pelagica delle micriti a filaments del Dogger, e della << Maiolica >> titonico-neocomiana, si intercala un orizzonte detritico derivante dall'espansione verso Oriente della sedimentazione detritico-organogena corrispondente alla Terratta.

Nel Cretacico medio la facies organogena bordiera arretra verso Occidente e viene sostituita da un ambiente più decisamente detritico che corrisponde alla parte alta della scarpata. Qui si sedimenta il << calcare cristallino >> la cui depo- sizione raggiunge il Maestrichtiano ed in qualche caso anche il Paleocene. Nella zona pelagica si trovano ancora calcari brecciati intercalati alla facies argillosa degli << scisti a fucoidi >> cui segue la << Scaglia >> che ricalca la sedimentazione pela- gica della << Maiolica >>.

Verso la sommità del Cretacico hanno inizio movimenti tettonici che fanno variare il regime di sedimentazione precedente e continueranno poi a rendere instabile la regione durante tutto il Terziario.

Al limite fra Cretacico e Paleocene la zona corrispondente alla piattaforma emerge, mentre quello che era il bordo orientale rimane depresso continuando in buona parte ad ospitare una sedimentazione marina.

Durante tutto il Paleogene la piattaforma rimane emersa mentre la depressione orientale conserva ancora una se- dimentazione marina a carattere costiero, interrotta da numerose regressioni e trasgressioni che indicano un regime di estrema instabilità tettonica.

Nel Miocene un'estesa trasgressione riporta il mare sulla piattaforma e sulle zone della depressione bordiera ri- maste emerse; la deposizione della formazione arenaceo-argillosa tortoniana chiude il ciclo sedimentario e l'emersione segue la dislocazione tettonica.

Le caratteristiche tettoniche fondamentali della Marsica orientale sono date da una serie di strutture limitate ad Occidente da faglie dirette e ad Oriente da faglie inverse; in alcuni casi sono evidenti tracce di sovrascorrimento di entità non molto spinta ma sensibile, dato che provocano la elisione di alcuni termini stratigrafici. La struttura suddetta si in- quadra nella recente teoria delle traslazioni differenziali, nel senso che i cunei sovraspinti ed i fronti di accavallamento sono stati indotti dalla compressione esercitata dalle masse scollate ad Occidente ed avanzate dal Tirreno verso l'Adriatico.

Questo lavoro si è svolto nell'ambito del programma che l'Istituto di Geologia di Roma, insieme con il Centro Studi dell'Italia centro-meridionale del C.N.R., va svolgendo da molti anni nell'Appennino centrale. Negli ultimi tempi allo svolgimento del programma si è associato anche l'Istituto di Geologia di Perugia con fondi forniti sempre dal C.N.R.

Si ringraziano pertanto il Direttore del Centro Studi Prof. B. AccoRDI, ed il Comitato per le Scienze Geologiche e Mi- nerarie del C.N.R.

Si ringrazia la Direzione del Parco Nazionale d'Abruzzo che durante tutto lo svolgimento del rilevamento ci ha gentilmente ospitato ed ha fatto di tutto per agevolarci il lavoro.

Un caloroso ringraziamento vada inoltre ai colleghi dell'Istituto di Geologia di Roma, in particolare a DEVOTO, PAROTTO ed alla signorina FILIPPELLO che mi hanno dato una valida mano nell'esame delle sezioni stratigrafiche e nella risoluzione di alcuni scabrosi problemi micropaleontologici; ed infine ad ANTONIO PRATURLON che è stato un collaboratore fondamentale sia al rilevamento sia all'inquadramento della stratigrafia.

GEOL. ROM., VI, 1967, pp. 189-316, 72 figg., carta tettonica e profili (fuori testo)

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190 R. COLACICCHI

INDICE

INTRODUZIONE

8TRATIGRAFIA .

LE DOLOMIE BASALI

Ambiente di sedimentazione Altre dolomie . . . . .

LIAS MEDIO-SUPERIORE

FACIES DI PIATTAFORMA

Sezione di Monte Atessa Sezione di Monte Palombo Zona di Prato Rosso

Sezione del Monte Marsicana Sezione della Serra Sparvera Fossili ed Età . . . . Caratteristiche della litofacies

La matrice micritica . . Origine della micrite . . Intraclasti, pellets, lumps Granuli rivestiti . Algal encrusting . Oolitic encrusting Sparite

Ambiente di sedimentazione Correlazioni ed affioramenti

FACIES DI TRANSIZIONE

Ambiente di sedimentazione Fossili ed età . . . . Correlazioni ed affioramenti

DoGGER - MALM - NEocoMIANO

FACIES DI PIATTAFORMA

Suddivisioni biostratigrafiche

Cenozona a Thaumatoporella parvovesiculifera . Cenozona a Pfenderina salernitana

Cenozona a Kurnubia palastiniensis

Cenozona a Clypeina jurassica e Bankia striata Cenozona a Cuneolina camposauri

FACIES DI SOGLIA . . . . . .

Formazione della Terratta Limite inferiore . . . Fascia organogena inferiore Livelli lagunari ed oolitici Fascia organogena superiore . Caratteri della litofacies . . Ambiente di sedimentazione Distribuzione . . .

FA ClES DI TRANSIZIONE

Micriti a Filaments Formazione della Terratta Formazione della Maiolica

Pag.

192 194 195 196 196 198 198 200 202 202 203 203 203 204 204 205 205 205 206 206 206 207 208 209 210 211 211 212 212 213

213

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GEOLOGIA DELLA MARSICA ORIENTALE

CRETACICO MEDIO E SUPERIORE • . . . . FACIES DI PIATTAFORMA E TRANSIZIONE INTERNA

Zona della Valle Roveto e della Vallelonga . Zona di Sperone e di Gioia dei Marsi Facies di transizione interna

Caratteri della litofacies . . . Ambiente di sedimentazione . . F ACIES DI SOGLIA . . . .

Sezione del Monte Marsicana - Monte Ninna Sezione del Vallone !avana . .

Sezione di Valle Cupa . . . . Zona della Montagna di Godi . Caratteri della litofacies . . Ambiente di sedimentazione F ACIES DI TRANSIZIONE

Livello ad orbitoline e marne a fucoidi Litofacies . . . • . .

La Scaglia . . . . Ambiente di sedimentazione PALEOGENE . . .

IL PALEOCENE

Caratteri della litofacies • . Ambiente di sedimentazione EOCENE

Ambiente di sedimentazione 0LIGOCENE

NEOGENE . • .

IL MIOCENE INFERIORE-MEDIO Zona occidentale Zona centrale . Zona orientale IL TORTONIANO IL MESSINIANO QUATERNARIO . . .

Brecce di Pendio . . . . Conglomerati fluviolacustri Morenico . . . . . .

TETTONICA . . . . FASI PREMIOCENICHE . FASI RECENTI . . . .

Bordo Est del Fucino . . . . . . . . Struttura del Morrone del Diavolo - Colle D'Arienzo Linea alto Sangro - Giovenco . . . .

Struttura M. Marsicano - M. Terratta - M. Miglio . . . . Linea Profiuo-Sagittario ed elemento tettonico del M. Godi - M. di Preccia - M. della Rovere Struttura della Rocca di Chiarano e della Serra Pantanella

Struttura della Serra Sparvera - Monte Genzana Linea del Sangro . . . . .

Struttura di Opi . . . . . PROBLEMA DEL RACCORCIAMENTO

ETÀ DELLA TETTONICA . . . . IPOTESI SU UN MECCANISMO DI DEFORMAZIONE PALEOGEOGRAFIA

CoNcLUSIONI ABSTRACT BIBLIOGRAFIA

CARTA TETTONICA E PROFILI (fuori testo)

191 231 231 231 233 234 237 235 239 241 242 243 246 246 247 248 248 250 250 251 252 252 255 255 256 261 261 262 262 262 263 270

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192 R. COLACICCHI

INTRODUZIONE

Il limite orientale della Marsica viene individuato da ALMAGIÀ (1910) lungo una linea che partendo dal M. Sirente passa per Forca Caruso indi per l'ampia dorsale che divide le valli dell'alto Sangro - Giovenco da quella del Sagittario - Tasso; di qui per il M. Marsicano, M. Amaro, si dirige verso la Forca d'Acero (fig. l). Questo confine geografico, etnico ed in parte storico coincide in pratica anche con un limite geologico, in quanto proprio lungo la dorsale che culmina con il M. Marsicano, M.

Terratta, M. Miglio si è sviluppata la facies di sco- gliera che ha separato, durante tutto il Mesozoico, il dominio della piattaforma con mare sottile, dal- l'ambiente pelagico di mare aperto e profondo.

Intorno a questo limite gfologico e nelle imme- diate vicinanze di esso, sia ad Oriente che ad Occi- dente, ho lavorato dal 1961 ad oggi alternando il rilevamento geologico di dettaglio, lo studio pre- ciso e minuzioso di potenti sezioni stratigrafiche, ed escursioni a raggio più ampio per cercare di cor- relare ed estendere i dati che man mano si acqui- sivano. Seguendo questo principio è stata studiata minuziosamente una vasta zona i cui limiti dal bordo orientale del Fucino seguono la alta valle del Sangro fino al lago di Barrea, indi per la dorsale di Chiarano ed il vallone omonimo risalgono verso Nord, sfiorano Rocca Pia, Pettorano sul Gizio e l'angolo SW della piana di Sulmona, per tornare poi verso il Fucino attraverso la valle del Sagitta- rio fino ad Anversa degli Abruzzi e poi Ortona dei Marsi.

Con minor dettaglio è stata presa in esame anche una regione più vasta, che in pratica dalla Valle Roveto giunge al Piano delle Cinque Miglia.

La zona indicata costituisce parte di uno dei massicci montuosi più imponenti dell'Appennino.

Dalla Valle Roveto infatti fino al Piano delle Cin- que Miglia è tutto un susseguirsi di cime e dorsali che si mantengono sui 2000 metri e spesso li su- perano. Poche valli separano queste strutture: per una lunghezza di circa 40 Km ve ne sono soltanto due di una certa importanza: quella dell'alto San- gro - Giovenco e quella del Tasso - Sagittario che pure si mantengono a quote elevate. Queste, a decorso orientato NNW -SSE, suddividono la massa montuosa in tre dorsali principali che poi si sfran- giano in una serie innumerevole di contrafforti e quinte alternate.

Immediatamente a Sud della valle del Sangro, i massicci aspri della Camosciara - M. Petroso -

M. Meta, delle Gravare, e della Rocca Altiera, che si susseguono praticamente senza soluzione di conti- nuità, completano il quadro di questo paesaggio che, nonostante appartenga alla zona appenninica, può realmente essere considerato di alta montagna.

È sintomatico il fatto che una buona parte di que- sto territorio sia stata costituita a Parco Nazio- nale per difendere l'ambiente geografico particolar- mente interessante per la flora, la fauna, gli aspetti paesaggistici e, come abbiamo potuto dimostrare, anche per l'interesse geologico. A questo proposito è assai sconfortante vedere come piano piano la così detta << civiltà >> si insinui nei boschi, costruendo strade e villaggi che in breve tempo alterano irri- mediabilmente l'ambiente naturale.

Gli studi geologici sulla Marsica orientale e sul limitrofo territorio Peligno sono stati sempre tra- scurati: il rilevamento geologico del F0 Sora ha dato luogo solo a poche note di carattere generale o a qualche accenno inserito in studi a raggio più ampw.

Questo disinteresse per la regione marsicana fa meraviglia in quanto la geologia di tutta la zona, ed in particolare di quella prossima al confine Peligno, è estremamente interessante e ricca di quelle facies assai fossilifere che nell'aquilano hanno dato luogo ad una serie numerosissima di lavori.

Evidentemente la natura aspra della regione e la scarsa accessibilità (è rimasta a lungo priva di strade carrozzabili) hanno ostacolato i ri- cercatori e li hanno dirottati verso zone più vicine e più facilmente raggiungibili e percorribili.

Anche in tempi più recenti, la ricerca geologica ha girato intorno alla regione senza soffermarvisi:

sono infatti molto numerosi i lavori che parlano della Marsica en passant, con rapide osservazioni, utilizzate più che altro per correlazioni con regioni limitrofe studiate più in dettaglio, oppure per con- fronti di facies o di faune raccolte altrove. Altre pubblicazioni trattano problemi analoghi e si ri- feriscono a territori circostanti, per cui anche se l'elenco bibliografico riguardante la Marsica orien- tale è molto lungo, in pratica per lo studio det- tagliato è stato necessario partire da zero, soprat- tutto riguardo alla stratigrafia. Ci siamo trovati così su un terreno praticamente vergine ed è stato estremamente interessante notare che invece della presunta uniformità di facies accennata da alcuni Autori, si andavano scoprendo fenomeni e situa- zioni geologiche completamente nuove e quanto

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GEOLOGIA DELLA MARSICA ORIENTALE 193

mai significative per la ricostruzione paleogeo- grafica dell'Appennino calcareo centrale.

Il limite orientale della Marsica e la fascia limi- trofa si possono considerare una zona chiave per l'interpretazione dei rapporti che intercorrono fra la piattaforma calcarea centro-appenninica e la facies più orientale a carattere pelagico; inoltre mi sembra l'unico punto in cui si possa ottenere qualche risultato positivo riguardo alle correlazioni fra il

faticoso. Sono stati ottenuti diversi risultati ma siamo lungi dal credere che tutto sia risolto. Il lavoro che qui presentiamo deve essere considerato come una serie di conclusioni in prima istanza sulla geologia della Marsica orientale. Restano ancora aperti molti problemi particolari, ma riteniamo che essi, pur non risolti, siano stati individuati ed impostati; ed il giungere alla loro soluzione sarà ormai solo questione di tempo.

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SULMONA

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Alto Molise AGNONE

FIG. 1 - Localizzazione dell'area studiata: la linea tratteggiata indica i limiti della Marsica; la zona rilevata in dettaglio è indicata a tratteggio.

- Geographical position of investigated area: dotted line indicates Marsi ca region boundaries; stip- pled zone indicates the zone detailly mapped.

bacino mio-geosinclinalico umbro-marchigiano e la fossa molisano-sannitica.

Il lavoro che è stato eseguito in questi anni non può certamente dirsi completo e definitivo: una zona assai vasta da coprire con il rilevamento (circa sei tavolette); una strati grafia che ad ogni piè sospinto presentava problemi nuovi, che quasi sempre obbligavano a rimettere in discussione tutto ciò che si era faticosamente costruito fino a quel momento; la mancanza di riferimenti pre- cisi e la necessità quindi di costruire successioni base per poter procedere a confronti e correlazioni, tutto questo ha reso il lavoro quanto mai lento e

Al presente lavoro non viene allegata una carta geologica: la ragione di questa mancanza sta nel fatto che alla resa dei conti il lavoro di rilevamento, esteso per cinque anni, portato avanti lentamente e con continui ripensamenti, è risultato troppo poco omogeneo. Con il procedere degli studi stra- tigrafici, con l'approfondirsi delle conoscenze sulla paleogeografia e la tettonica, si venivano man mano mutando, raffinando e perfezionando i me- todi di rilevamento ed i criteri di suddivisione delle formazioni. Il risultato è stato che le tavolette rile- vate per prime non erano più confrontabili con quelle rilevate più recentemente, anche se la loro

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194 R. COLACICCHI

sostanza geologica era stata rielaborata ed inqua- drata nei nuovi schemi. La revisione completa, necessaria per dare unità al rilevamento, è stata effettuata per fornire al Servizio Geologico il ma- teriale base per la stampa del F0 Sora al 100.000.

A questa scala si sono potuti unificare alcuni ter- mini ed avere quindi la omogeneità necessaria alla pubblicazione, mentre per poter fare altrettanto ad una scala più dettagliata sarebbe occorso troppo tempo. Abbiamo preferito pubblicare il lavoro senza carta geologica di dettaglio, corredandolo piuttosto di schemi che lo rendessero più comprensibile, e rimandando ad un futuro, speriamo prossimo, la revisione e la pubblicazione della carta.

Desidero ricordare qui in particolare il dottor ANTONIO PRATURLON che è stato dal 1963 in poi un fedele collaboratore ed amico. Egli si è dedicato

principalmente allo studio della biostratigrafia della zona che abbiamo rilevato insieme, dedicandosi in parti colar modo alle alghe calcaree; ed è giunto rapidamente ad una conoscenza così profonda delle varie associazioni che caratterizzavano i piani e gli orizzonti stratigrafici, da impostarvi tutta la strati- grafia. Questo metodo di lavoro si è rivelato estre- mamente utile in quanto spesso si aveva a che fare con facies calcaree monotone ed uniformi, conte- nenti soltanto alghe, e di difficilissima interpre- tazione. In quattro anni di lavoro comune ho avuto modo di conoscere bene anche il suo carattere generoso, disinteressato e sempre pronto allo scambio di idee ed alla discussione. Egli è stato per me un prezioso aiuto, e credo di dovere in buona parte a lui se con questo lavoro io sia giunto abbastanza avanti nella risoluzione dei problemi geologici della Marsica.

STRATI GRAFIA

Già in precedenti lavori da me, insieme con il collega PRATURLON, sono state segnalate alcune caratteristiche fondamentali della stratigrafia della Marsica: in particolare si è messo l'accento sul fatto che durante tutto il Mesozoico nella regione marsicana si aveva una estesa scarpata sottomarina collegante una piattaforma calcarea ad Occidente con un bacino pelagico ad Oriente. Per cui le ca- ratteristiche stratigrafiche della regione, legate a questa situazione ambientale, si presentano bipar- tite in una facies di piattaforma e una di scarpata, o talora addirittura tripartite quando sul margine della piattaforma si sviluppano un ambiente ed una sedimentazione particolari. In linea generale i due tipi di successioni stratigrafiche che vengono a contatto sono una facies neritica di mare sottile (facies di piattaforma COLACICCHI, 1966; facies carbonatica, CRESCENTI, 1966) ed una facies pelagica che è in sostanza la umbro-marchigiana. Questa ultima però non affiora mai allo stato puro, in quanto ai tipici termini pelagici umbri si intercalano de- triti di provenienza costiera che ne alterano la fisionomia. D'altra parte questa situazione è favo- revole ad uno studio di dettaglio, perché permette correlazioni ambientali e cronologiche tra le facies pelagiche e quelle di piattaforma.

Per il fatto che la Marsica orientale rappresen- tava durante il Mesozoico una zona bordiera, le caratteristiche della sedimentazione risentivano im- mediatamente di qualsiasi movimento tettonico in

quanto oscillazioni anche lievi del livello delle acque determinavano la nascita, la migrazione o la distruzione di scogliere e banchi organo geni;

consentivano l'instaurarsi di facies lagunari, di brevi periodi di emersione, di ambienti agitati o molto calmi; davano origine a brevi lacune, ad epi- sodi fortemente detritici o a variazioni brusche della litofacies. L'ambiente bordiero della Mar- sica quindi si è mostrato il più sensibile a racco- gliere e documentare le varie fasi della storia del Mesozoico. Naturalmente per ottenere le infor- mazioni che si vogliono è indispensabile il ricono- scimento della facies in ogni punto, dalla piatta- forma interna fino al mare aperto, ed in ogni mo- mento della storia geologica della regione.

Le notizie stratigrafiche che si espongono sulla regione marsicana sono interamente frutto di os- servazioni di terreno, infatti nella regione o nelle immediate vicinanze non esiste alcuna trivellazione che possa dare notizie di terreni non affioranti in superficie. I pozzi profondi più vicini che portano qualche elemento litostratigrafico nuovo sono quello di Antrodoco (circa 40 Km a NW, MARTINIS &

PIERI, 1964; FANCELLI, GHELARDONI & PAVAN, 1966), quello di Trevi (circa SO Km ad Ovest, DONDI, p APETTI & TEDESCHI, 1966; F ANCELLI, GHELARDONI & PAVAN, 1966) quello di Cupello (70 Km a NE, DoNDI, PAPETTI & TEDESCHI, 1966), ed il Foresta Umbra l sul Gargano (MAR-

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GEOLOGIA DELLA MARSICA ORIENTALE 195

TINIS & PIERI, 1964). Nei primi due e nell'ultimo sono state raggiunte delle rocce anidritiche appar- tenenti alla Formazione di Burano (MARTINIS &

P IERI, 1964) mentre nel terzo la perforazione si è arrestata nei calcari liassici a Palaeodasycladus. Se consideriamo la posizione geografica dei tre pozzi che hanno toccato le anidriti di Burano, è abba- stanza logico concludere che questa formazione

dovrebbe essere presente anche nel sottosuolo della Marsica ma per il momento non possiamo dire di più in quanto notizie dirette mancano completa- mente. Lo stesso vale per i sedimenti che sovra- stano immediatamente le anidriti e che vengono at- tribuiti al Trias, ma più per analogia di litofacies che per una sicura determinazione dell'età in base a fossili.

LE DOLOMIE BASALI

Mentre a partire dai calcari a Palaeodasycladus del Lias medio-superiore sarà necessario suddivi- dere e trattare separatamente le varie facies, i li- velli dolomitici, che rappresentano il terreno più antico affiorante nella regione, conservano una loro unità (più apparente che sostanziale come vedre- mo) che ci consiglia o almeno ci permette di tra t- tarli insieme.

Questi livelli basali che sottostanno ai calcari a Palaeodasycladus sono costituiti da dolomie sac- caroidi, grigio-scure, con stratificazione ben evi- dente; a tratti si mostrano vacuolari, cariate, con le carie tappezzate da cristallini romboedrici:

un aspetto quanto mai comune alle dolomie dell'Appennino e per questa ragione assai poco significativo. La grana della roccia è quasi sempre assai evidente, saccaroide; in sezione sottile i gra- nuli sono di dimensioni omogenee, i limiti fra i vari individui cristallini sono spesso irregolari, ad- dentellati; in qualche caso si riscontrano delle plaghe in cui la grana diminuisce fortemente fino ad arrivare alle dimensioni della micrite. Queste caratteristiche mostrano chiaramente che siamo da- vanti ad una ricristallizzazione completa e che si è formato un mosaico assai tipico nei suoi aspetti.

L'insieme delle dolomie si mostra sterile ed è naturale data la profonda ricristallizzazione cui è stato soggetto; pur tuttavia in alcune località sono stati rinvenuti dei piccoli nidi fossiliferi estrema- mente interessanti, sia dal punto di vista paleonto- logico e cronologico, sia perché in un caso sono conservate le tracce della originaria tessitura della roccia, il che ci permette di risalire, anche se dubi- tativamente, all'ambiente di sedimentazione.

Nei pressi di Villetta Barrea, sulla strada per Scanno, sono stati raccolti dei lamellibranchi assai mal conservati: l'esame microscopico della roccia ha rivelato la presenza di Aeolisaccus dunningtoni ELLIOTT ed una litofacies che presenta piaghe relitte micritiche, a pellets e lumps, che indicano

un ambiente di acque sottili piuttosto calme. Con- ferma a questa ipotesi si è avuta dallo studio dei fossili (effettuato dal collega SIRNA e pubblicato nel 1966) il quale ha potuto determinare le seguenti specie: Pteria gracilis MUNSTER, Aequipecten aequi- plicatus TERQUEM, A. acutiradiatus MUNSTER, Ento- lium calvum GOLDFUSS, Pleuromya cfr. tauromeni- tana SEGUENZA.

Queste specie confermano l'ambiente di mare sottile indicato dalla litofacies e permettono di at- tribuire la roccia che le contiene all'Hettangiano- Sinemuriano, escludendo così che le dolomie di Villetta Barrea possano appartenere al Trias come era stato proposto, sia pur dubitativamente, dal CASSETTI (1898 e 1899).

Un secondo affioramento di rocce dolomitiche si incontra alla Difesa di Anversa e si continua più a Sud alla base del versante occidentale della Serra Rufigno. Qui la roccia presenta caratteristiche estremamente simili a quelle descritte: la stessa granulosità, la stessa microlitofacies a mosaico di ricristallizzazione; unica differenza la presenza di noduli di selce a vari livelli. Questa selce mostra anche essa tracce evidenti di ricristallizzazione essendo i noduli costituiti per la maggior parte da calcedonio anziché da silice amorfa.

In questa zona non ho rinvenuto fossili, ma il CASSETTI nel 1900 ha trovato le seguenti forme : Palaeoniso pupoides GEMM., Phylloceras cylindricum sow., Lytoceras articulatum sow.

Anche questa associazione è caratteristica del Lias inferiore ed il CASSETTI, dal momento che i fossili provenivano da un punto piuttosto alto deUa sezione, indica come possibile la presenza di una roccia di età triassica alla base del costone della Difesa. Alcuni anni dopo (1938) anche BENEO riproponeva una suddivisione delle dolomie della Difesa di Anversa in un orizzonte superiore da attribuire al Lias inferiore (sulla scorta del CAs-

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196 R. COLACICCHI

SETTI) ed una parte inferiore da considerare trias- sica in base al rinvenimento di una Diplopora.

Recentemente CRESCENTI mi ha comunicato a voce di aver rinvenuto esemplari di Diplopora alla base della montagna di Prezza che rappre- senta la continuazione verso Nord dello sperone della Difesa. E' probabile quindi che alla base della Difesa affiori effettivamente il Trias almeno per un certo tratto.

Nella zona rilevata in dettaglio oltre ai due af- fioramenti di Villetta Barrea e della Difesa - Serra Ru:figno ne esiste un terzo alla base del versante sud-occidentale della dorsale Monte Marsicano - Serra della Cappella - Monte Palombo (fig. 2);

questo, che è sempre sottostante al tipico Lias a Palaeodasycladus, non ha fornito alcuna forma fossile e litologicamente è simile a quelli di Villetta Barrea. Data la relativa vicinanza tra i due affioramenti e gli spessori che risultano pres- sochè identici si ritiene di poter correlare le due fasce dolomitiche e di conseguenza attri- buire al Lias inferiore anche quelle del Monte Marsicano.

Sull'origine di queste dolomie si può dire assai poco : certamente esse non sono dolomie primarie dal momento che queste presentano ben altri caratteri e quindi deve trattarsi di un fenomeno di ricristallizzazione su larga scala, che ha interessato sedimenti normali e che si è arrestato ad un certo livello. In generale l'arresto della dolomitizzazione avviene in modo graduale: a Monte Palombo il passaggio è sottolineato da lingue o fiamme di do- lomie (della lunghezza anche di un chilometro), che si vanno ad intercalare entro la formazione micritica superiore; cioè qui si può osservare di- rettamente il progredire della dolomitizzazione entro i livelli micritici normali. Oltre alla ricristal- lizzazione deve essere intervenuto un notevole apporto di magnesio; le alghe calcaree infatti fis- sano una calcite con percentuali anche elevate di magnesio (high magnesium calcite degli Autori americani) e si spiega così una certa percentuale di Mg C03 contenuta nella micrite, ma questo non è certo sufficiente per spiegare il tenore medio di carbonato di magnesio delle dolomie che si aggira sul 40-45%. È evidente che sono interve- nute soluzioni percolanti che hanno arricchito di magnesio i sedimenti, ed una conferma indiretta di ciò si può avere dal fatto che la dolomitizzazione si estende maggiormente in corrispondenza delle faglie.

Ambiente di sedimentazione

Abbiamo accennato in precedenza che l'unità delle dolomie è più apparente che sostanziale; in- fatti, nonostante che la ricristallizzazione abbia obliterato la maggior parte dei caratteri litostrati- grafici, l'esame comparato delle biofacies presenti a Villetta Barrea ed alla Difesa ci permette di fare delle distinzioni ambientali. A Villetta Barrea si sono rinvenuti lamellibranchi, per lo più pettinidi, ed alcune piaghe relitte hanno mostrato una lito- facies a lumps e mi cri te: il tutto fa pensare ad una zona di mare sottile e calmo, neritico o addirittura lagunare. Alla Difesa sono state trovate delle am- moniti e dei noduli e liste di selce intercalati al calcare. Le ammoniti in genere sono tipiche di un ambiente pelagico o almeno legate con il mare aperto e, per quanto i noduli di selce non abbiano in pratica alcun valore nella determinazione del- l'ambiente, nella regione studiata ho potuto con- statare che essi compaiono soltanto nei terreni della facies di transizione o di quella pelagica, mentre sono completamente assenti sulla piatta- forma e nelle facies di scogliera.

Tenendo quindi nel dovuto conto tutti gli ele- menti indicati, si può concludere che a livello del Lias inferiore dovevano esistere già, nella Marsica orientale due ambienti distinti: uno neritico, di mare sottile, in corrispondenza di Villetta Barrea, ed un secondo nella zona della Difesa in cui si aveva un mare aperto o almeno una zona stretta- mente legata ad esso.

L'ipotesi è verosimile in quanto nei sedimenti immediatamente sovrastanti alle dolomie si potrà documentare questa bipartizione con maggiore si- curezza ed abbondanza di particolari, basandosi soprattutto sulle caratteristiche tessiturali delle litofacies.

Altre dolomie

Nella zona rilevata in dettaglio gli affioramenti delle dolomie basali si riducono ai tre che abbiamo menzionati ma nelle zone circostanti vi sono altri affioramenti di cui merita parlare anche se somma- riamente. Uno dei più vicini alla nostra area è quello assai vasto che si estende a Sud dell'alto Sangro, sulla cresta delle Camosciare, in Val Fon- dillo e si ritrova poi alla base della lunga dorsale che giunge fino alla Meta. La zona è assai poco conosciuta; alcune notizie compaiono in un lavoro di MANFREDINI (1963), successivamente PESCATORE (1963) ne ha parlato assai rapidamente, indi PARA-

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FIG. 2 - Versante meridionale del Monte Marsicana visto da Monte Amaro (da Sud): sono assai evidenti la frattura che ha rialzato la struttura ad Occidente, l'immersione orientale degli strati, ed il progressivo aumento del valore della inclinazione. A-A Faglia del Monte Marsicana (terminazione meridionale della linea alto San- gro - Giovenco): da una direzione prevalente NNW - SSE, nella parte sinistra della figura, essa prende un andamento pressoché E-W limitando a Sud la struttura. D- Dolomie infraliassiche; L- Lias a Palaeodasycladus;

FT- Formazione della Terratta (Dogger-Neocomiano); CO- Calcare cristallino ad orbitoline (Cretaceo medio);

MA- Formazione marnoso-arenacea (Tortoniano); 1- Monte Marsicana; 2- Monte Ninna; 3- Monte Forcone;

4- Monte Godi; 5- Ferraio di Scanno; 6- Val Ciavolara; 7- Strada Marsicana, circa al Km 52.

- Southern si de of Monte Marsicana viewed from Monte Amaro (from South): fault uplifting the structure to the West, and progressive increase in Eastward dip of the beds, may be well nott·d. A-A Monte Marsicana fault (Southern end of the Upper Sangro - Giovenco line). In the left side of the picture it has NNW-SSE trend, then i t turns to an almost E-W trend an d cuts to the South the Mont~ Marsicana structure; D- Infralias Dolomites; L- Palaeodasycladus Limestones (Lias); FT- << Terratta Formatwn '> (Dogger- Lower Cretaceous);

CO- <• Calcare cristallino >> (Middle Cretaceous); MA- << Marnoso-arenacea >> v'ormation (Upper Miocene).

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198 R. COLACICCH!

DISI (che ha rilevato la zona della Meta per la Carta Geologica d'Italia) ha effettuato una comu- nicazione alla Società Geologica Italiana ma il lavoro non è stato poi pubblicato. Secondo MAN- FREDINI le dolomie, almeno nella parte alta, avreb- bero un'età cretacica provata dal rinvenimento di una Requienia e da dati micropaleontologici non meglio precisati. Secondo PARADISI invece, esse sarebbero di età liassica inferiore analogamente a quelle di Villetta Barrea, in quanto poco lontano da S. Donato egli avrebbe rinvenuto alcuni lembi di calcare a Palaeodasycladus poggianti sulle dolomie e probabilmente trasgressivi. Questa conclusione mi sembra che si accordi di più con quanto osser- vato nella nostra zona ed anche con quanto affer- mato da PESCATORE, che nella Val di Canneto at- tribuisce le dolomie alla Formazione di Fonte Greca correlandole così con sedimenti del Trias- Infralias.

In realtà la zona della Camosciara-Monte Petroso-

Monti della Meta sembra rappresentare la conti- nuazione verso Meridione della zona da me stu- diata e ritengo molto probabile quindi che il li- vello basale delle dolomie si possa effettivamente correlare con quelle di Villetta Barrea.

Altre rocce dolomitiche per noi interessanti si rinvengono nella Val Roveto; esse affiorano alla base di formazioni di età medio-liassica e quindi si possono attribuire facilmente all'Infralias. Anche in Val Roveto è evidente il fenomeno della dolo- mitizzazione in corrispondenza di faglie; in par- ticolare, intorno alla grossa frattura longitudinale che corre alla base del versante orientale, vi è sempre una fascia dolomitizzata anche quando la faglia interessa rocce giurassiche o cretaciche. È quindi evidente anche qui che la dolomitizzazione è secondaria, ed è avvenuta ad opera di soluzioni percolanti che hanno trovato un più facile passag- gw m corrispondenza delle discontinuità della roccra.

IL LIAS MEDIO-SUPERIORE

I primi orizzonti che si possano datare ovunque con una certa sicurezza e eh:: mostrano caratteristi- che litologiche e tessiturali significative apparten- gono al Lias medio. A questo livello è già po~si­

bile individuare una netta differenziazione in al- meno due facies, caratteristiche di due diversi am- bienti di sedimentazione; uno di piattaforma molto estesa, che occupa gran parte della regione in esa- me; un secondo di scarpata, che pur essendo limi- tato all'angolo NE ha un estremo interesse palco- geografico. Data la sostanziale differenza fra i due tipi di sedimentazione essr verranno esaminati separatamente.

FACIES DI PIATTAFORMA (l)

Sedimenti liassici in facies di piattaforma sono molto estesi nella Marsica orientale tanto che le caratteristiche stratigrafiche di questi terreni si sono potute esaminare su numerose sezioni. Sopra le dolomie che abbiamo già descritto i sedimenti conservano le loro caratteristiche litologiche e tessiturali dovute alla sedimentazione, e sono co- stituiti in grandi linee da una matrice micritica in-

(1) Per il significato specifico dci termini vedi CoLACICCHI 1966. Voglio solo ricordare qui che con questo termine si vuole tradurre la locuzione inglese shelf-lagoon nella sua accezione più vasta.

globante alghe calcaree, in particolare Dasyclada- ceae. Il contatto fra queste rocce e le dolomie in- feriori non corrisponde ad un orizzonte stratigra- fico, dal momento che la dolomitizzazione ha rag- giunto livelli diversi nelle diverse località (vedi Monte Palombo). Il passaggio fra i due tipi litolo- gici è sempre piuttosto graduale e sfumato; entro i primi strati calcareo-micritici si trovano con no- tevole frequenza cristalli di dolomite, mentre pic- coli livelli isolati e ben definiti si incontrano a varie altezze, almeno fino alla metà della formazione micritica. La scomparsa dei livelli dolomitici è quindi molto graduale e le alternanze suddette si prolungano per uno spessore notevole prima di cedere il posto definitivamente alla micrite algale.

Le rocce che seguono le dolomie o si inter- calano ad esse, sono costituite da micriti di colore nocciola, chiare, quasi bianche nella parte bassa, molto scure invece verso l'alto, sempre nettamente stratificate in banchi variabili da un metro a trenta centimetri. La micrite è estremamente fine (rientra nel tipo classico di FOLK, cioè con granuli inferiori a 4 micron), talora si presenta ricristallizzata, altre volte mostra delle zone vacuolari in cui è presente cemento di cavità dando origine ad una dismicrite.

Le alghe calcaree sono rappresentate da Dasycla- dacee fra cui la Thaumatoporella parvovesiculifera (RAINERI) estesa per tutto l'intervallo dalle dolomie

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GEOLOGIA DELLA MARSICA ORIENTALE 199 alla sommità del Lias ed il Palaeodasycladus medi-

terraneus (PIA) che compare più in alto e che ri- mane presente anch'esso fino alla sommità. Que- st'ultima specie caratterizza la formazione per la sua abbondanza e diffusione e perché può essere facilmente individuabile ad occhio nudo, tanto che si usa, fra coloro che studiano la stratigrafia del- l' Appennino, parlare di calcari a Palaeodasycladus intendendo con questo il Lias non dolomitizzato.

Questa denominazione del resto è stata codificata da SARTONI & CRESCENTI che hanno istituito una cenozona a Palaeodasycladus mediterraneus valida

FIG. 3 - Livelli fortemente arrossati (hard ground) prove- nienti dalla zona di passaggio tra la parte inferiore e quella superiore della zona a Palaeo- dasycladus (Lias). La roccia è costituita da una microbreccia con una gran quantità di mate- riale opaco rossastro, probabil- mente costituito da limonite.

Le vene di calcite, ad anda- mento orizzontale, sono proba- bilmente autigene. Questa lito- facies indica una fase subcon- tinentale a forte ossidazione e percolazione da parte di acque meteoriche.

Sezione di Monte Palombo. x 12.

- Highly reddened hard gro- und levels at the transition zone from Lower to Upper part of Palaeodasycladus Limestones (Lias). Rock is made up by

a << microbreccia >> with a great

deal of reddish opaque material probably costituted by limo- nite. Calcite veins with hori- zontal trend are probably authi-

leggero aspetto marnoso, pm spesso con una com- ponente dolomicritica. Questi livelli sono sparsi a varie altezze, hanno un andamento lentiforme molto irregolare che, salvo qualche caso particolare, rende impossibile qualsiasi correlazione a distanza.

Il loro aspetto è simile ad hard-grounds (fig. 3) e sembrano indicare fasi di temporanea emersione oppure periodi in cui il fondo marino poteva tro- varsi scoperto durante la bassa marea. Potrebbe trattarsi anche di episodi di stasi della sedimenta- zione ma è un'ipotesi meno probabile, date le ca- ratteristiche che hanno i sedimenti. Ad ogni modo

genic. This lithofacies indicates a subcontinental phase with high oxidation, and percolation of meteoric water.

Monte Palombo section. x 12.

per tutto l'Appennino centro-meridionale e natu- ralmente anche per la Marsica. Altre alghe sono rappresentate da Girvanelle ed alghe incro- stanti che costituiscono le stromatoliti e gli onkoidi.

Insieme alle alghe si rinvengono, nella matrice micritica, intraclasti più o meno arrotondati ma sempre con angoli ben smussati, pellets, lumps, che talvolta rappresentano una notevole percentuale nella composizione della roccia; a tratti si incontra qualche episodio oolitico. Molto frequenti, quasi quanto i talli di Palaeodasycladus, gli onkoidi costituiti da granuli di qualsiasi tipo rivestiti da uno spesso involucro opaco micritico (fig. 6).

Piuttosto diffusi in tutta la formazione, ma poco notati fino ad ora, dei livelletti di materiale finis- simo, sterile, arrossato o giallastro, talora con un

la loro presenza è chiaramente connessa con la facies di minima profondità che viene testimoniata dalle dasicladacee e dalle caratteristiche tessiturali del sedimento.

Questa formazione è sempre ben riconoscibile all'osservazione macroscopica: nella parte media ed alta si presenta ben stratificata (carattere che i terreni successivi non avranno più) in banchi di spessore uniforme, frattura spesso concoide, co- lore nocciola carico su cui spiccano le alghe cal- caree e gli onkoidi come macchie più chiare. La parte inferiore è invece costituita da rocce con stratificazione meno regolare, dal colore più chiaro, meno ricche in dasicladacee ed onkoidi con intra- clasti e pellets più abbondanti. In questa parte con maggior frequenza si hanno episodi di ricristalliz-

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200 R. COLACICCHI zazione della matrice micritica o di dolomitizzazione

e sono meno frequenti o addirittura mancano del tutto i livelli arrossati di hard-grounds.

Circa a metà della zona a Palaeodasycladus si incontra una fascia di spessore estremamente varia- bile in cui è presente l' Orbitopsella praecursor ( GUMBEL); questa porzione della serie è stata indi- cata da SARTONI & CRESCENTI come sottozona ad Orbitopsella.

Alla sommità della formazione si rinviene sempre la caratteristica << facies a Lithiotis >> (ScARSELLA, 1961) costituita da numerosi banchi massicci con- tenenti un'abbondantissima fauna ad ostreidi e

pernidi, che sulle superfici di erosione hanno un caratteristico aspetto bilaminare (fig. 4), in as- sociazione con piccoli megalodontidi, gasteropodi e banchi di brachiopodi. Il nome di questa fascia è derivato da alcuni esemplari di Lithiotis proble- matica GUMBEL che sono stati rinvenuti in varie località e determinati da DE CASTRO (1962). Lo spessore è quanto mai variabile; va da pochi metri ad alcune decine, comunque costituisce sempre la parte sommitale del calcare a Palaeo- dasycladus.

Verso l'alto il passaggio ai calcari oolitici del Giurese medio è piuttosto brusco, netto e carat- terizzato dalla presenza di strati arrossati, hmd- grounds, livelli a marne grige o rossastre simili a quelli che si rinvengono nell'ambito della forma- zione, ma qui più potenti e più evidenti. Il tutto

lascia pensare ad una generale tendenza all' emer- sione o ad un arresto della subsidenza più marcato prima dell'avvento della facies oolitica.

I caratteri stratigrafici del Lias medio-superiore in facies di piattaforma sono stati esaminati su numerose sezioni stratigrafiche studiate in grande dettaglio; illustreremo qui sommariamente quelle principali e gli affioramenti che mostrano qualche interesse particolare, per dare un'idea delle varia- zioni locali e degli spessori che la formazione as- sume nelle varie zone.

Sezione del Monte Atessa - È situata nella parte occidentale della zona rilevata, lungo la strada

FIG. 4 - Facies a Lithiotis (Lias superiore). Lamellibran- chi dal caratteristico aspetto bilaminare entro una massa micritico-organogena. Questi li- velli stanno al tetto dei Calcari a Palaeodasycladus e indicano una facies di tipo lagunare con acque basse, salmastre.

Monte Palombo.

Lithiotis facies (Upper Lias).

Pelecypods with typical bila- minar feature into a skeletal m1cnte matrix. These levels are characteristic of the top of Palaeodasycladus Limestones and indicate a lagoon facies, with shallow brackish water.

Monte Palombo.

Pescasseroli - Bisegna. La formazione liassica ha qui uno spessore visibile di circa 700 metri ma non è completa in quanto alla base non affiorano le dolomie e nei primi campioni è già presente il Palaeodasycladus mediterraneus, quindi manca la zona atipica con la sola Thaumatoporella. Tutta la parte inferiore di questa sezione, dalla base fino a metà circa, mostra una roccia di colore grigio chiaro con strati molto spessi (circa un metro in media) e con la litofacies costituita da una matrice micritica in cui sono frequenti placche ricristal- lizzate che la fanno classificare come una dismicrite.

In molti campioni sono presenti grossi cristalli idiomorfi di calcite che devono la loro origine a fenomeni di ricristallizzazione. I granuli sono co- stitUiti più che altro da intraclasti non arrotondati ma ad angoli smussati, accompagnati da pellets e

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GEOLOGIA DELLA MARSICA ORIENTALE 201

lumps; mancano o sono molto ridotte in questa parte, le alghe calcaree e gli onkoidi, frequenti in- vece i foraminiferi bentonici. Dall'aspetto generale della microfacies si ha l'impressione di trovarsi davanti ad un sedimento deposto a profondità leg- germente maggiore della media generale.

Frc. 6 - Onkoidi nella parte superiore deJla zona a Palaeo- dasycladus. E evidente l'invo- lucro laminare da cui sono stati avvolti i granuli; nell'on- koide in alto al centro sono vi- sibili, nella parte interna, delle camere da riferire probabil- mente a Nubecularia. Il cam- pione proviene dai livelli arros- sati e si può notare un velo di materiale ossidato che circonda

vari granuli.

Monte Atessa. x 12.

Onkolites from the Upper part of Palaeodasycladus Li- mestones (Upper Lias). It is evident the laminar coating around the grains. The on- kolite at the centre top, shows some chambers inside, probably due to Nubecularia. This sam- ple comes from reddened levels and so a veil of oxidate materia!

may be noted around the grains.

Monte Atessa. x 12.

Circa a metà della sezione si passa ad una roccia a colore più scuro (nocciola carico) con stratifica- zione più sottile (20 - 25 centimetri); il cambia- mento è brusco e per questo si nota maggiormente.

Un piccolo livello arrossato dello spessore di 5 cm si incontra poco dopo la variazione della macro-

litofacies, esso ha una buona continuità laterale e, come vedremo, si ritroverà anche nelle altre sezioni alla stessa altezza. Nella parte superiore la micro- facies si arricchisce in alghe calcaree ed onkoidi, in qualche caso estremamente abbondanti; si in- contrano livelli oolitici (fig. 5), mentre gli oriz-

Frc. 5 - Facies oolitica della parte superiore della zona a Palaeodasycladus (Lias supe- riore). Gli ooliti non hanno un aspetto tipico; il nucleo è co- stituito da un pellet micritica e gli involucri concentrici sono opachi per la presenza di cal- ci te microcristallina intrappo- lata in notevole quantità entro la calcite fibroso-raggiata.

Monte Atessa. x 40.

Oolitic facies from the Up- per part of Palaeodasycladus Limestones (Upper Lias). Ooli- tes are not very typical: nu- cleus is constituted by a micritic pellet, and concentric layers are very opaque according to the presence of a great dea! of microcrystalline mud trapped into the fibrous calcite.

Monte Atessa. x 40.

zonti con plaghe ricristallizzate scompawno com- pletamente. Sono pure assenti i livelli con rombo- edri di calcite o dolomite, mentre la dolomicrite si associa alle intercalazioni rossastre e agli hard- grounds. Questi ultimi sono frequenti ma non

hanno più quella continuità laterale propria dello

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202 R. COLACICCHI

strato che segue al cambiamento delle caratteristiche litologiche. In vicinanza degli hard-grounds anche gli onkoidi hanno un orlo rossastro (fig. 6) il che induce a pensare che in questa parte superiore si sia avuta una progressiva riduzione della profondità del bacino fino ad arrivare molto vicini al livello della bassa marea; da notare che gli strati arros- sati aumentano spostandosi verso Occidente e verso Nord.

Nella parte alta si incontra la facies a Lithiotis che in questa sezione è particolarmente sottile (solo pochi metri); il tetto presenta strati arrossati e li- velli dolomicritici indi si passa rapidamente a cal- cari oolitici ad entrochi che sono da riferire al Dog- ger. Lo spessore di questa parte superiore è di circa 360 metri.

Sezione di Monte Palombo - Questa sezione è poco più a Sud di quella dell'Atessa, sul versante occidentale del Monte Palombo. È più completa della precedente in quanto arriva quasi al limite con le dolomie infraliassiche ed è particolarmente interessante perché ci permette di verificare lo stato della dolomitizzazione nella parte inferiore della formazione. Dalla base, per una potenza di circa 350 metri, si incontrano dolomie e calcari dolomitizzati che però non appartengono alle do- lomie infraliassiche; infatti a vari livelli si vedono piaghe non dolomitizzate in cui sono stati rinvenuti resti di Thaumatoporella parvovesiculifera e Palaeo- dasycladus mediterraneus. Abbiamo quindi concluso che si tratta di una dolomitizzazione secondaria della roccia, estesa al Lias medio-superiore. Un controllo stratimetrico con la sezione di Monte Marsicana (che è più tipica e completa) ci ha con- fermato il fatto che il tetto della formazione dolo- mitica infraliassica sta circa l 00 metri più in basso della base della sezione di Monte Palombo.

Dalla base di questa sezione fino a 350 metri di spessore circa, è rappresentata quindi la zona <<ati- pica >> e parte della zona a Thaumatoporella par- vovesiculifera e Palaeodasycladus mediterraneus di SARTONI & CRESCENTI. Una intensa dolomitizza- zione ha in gran parte obliterato l'aspetto originario della roccia; essa è probabilmente connessa con una fratturazione particolarmente intensa nei pressi

della sezione.

Il tetto della parte dolomitizzata è stato fissato convenzionalmente a 350 metri ma in realtà la scomparsa delle dolomie cristalline avviene in maniera molto graduale. La parte superiore è estre- mamente simile a quella dell'Atessa; si ha anche qui una suddivisione in due livelli di cui quello

inferiore a strati più grossi, chiaro, e con caratte- ristiche tessiturali e paleontologiche tali da farlo ritenere sedimentato in ambiente leggermente più profondo. Lo spessore di questa parte è di 305 metri lungo la sezione, ma nelle zone circostanti varia moltissimo a seconda del livello cui è arrivata la dolomitizzazione; in particolare si riduce a zero sul versante sud-orientale di Monte Palombo mentre è di circa 550 su quello nord-occidentale.

Anche in questa sezione il passaggio alla parte sommitale è segnato da un cambiamento di colore, un infittirsi della stratificazione e, pochi metri più in alto, da un livelletto arrossato dolomicritico piuttosto continuo e con uno spessore di 10 cm circa. La parte superiore, che ha qui uno sviluppo di circa 500 metri; è in tutto simile a quella del- l' Atessa per cui tralasciamo la descrizione. Da no- tare solo una microfauna molto ricca costituita da Orbitopsella praecursor GiiMBEL, Lituosepta re- coarensis CATI, Haurania amiji HENSON, Aeolisaccus dunningtoni ELLIOTT, Pseudocyclammina sp., ecc. Mol- to interessante la presenza di alcuni esemplari di Vidalina martana FARINACCI, fossile rinvenuto in genere in ambiente pelagico. Nella parte sommitale è presente la fascia a Lithiotis che in questo caso ha uno spessore maggiore aggirandosi sui 10 metri.

Zona di Prato Rosso - Circa due chilometri e mezzo ad Oriente del Monte Palombo, vicino al piccolo rifugio di Prato Rosso, a circa 80 - l 00 me- tri dal tetto della formazione liassica (la stima è difficile dato che la regione è assai boscosa), è stato rinvenuto un orizzonte dello spessore di 70 - 80 cm costituito da dolomicriti grige, finemente fogliet- tate, contenenti numerosi resti di piante superiori e alcuni molluschi che indicano chiaramente una facies lagunare paralica. Tra le piante sono state rinvenute conifere e cicadee, con le stesse formç presenti nei calcari grigi del Veneto, che del resto sono quanto mai simili ai nostri. L'insieme della flora, della fauna e delle caratteristiche tessi- turali indica un ambiente di acque quasi dolci, sta- gnanti o almeno a bassissima energia intorno a cui, su rive emerse, prosperavano piante superiori di vario tipo le cui fronde venivano fluitate nel ba- cino. Il giacimento è particolarmente interessante soprattutto se si correla con i numerosi livelli ar- rossati e di hard-grounds che si rinvengono, a varie altezze, lungo la parte superiore della serie liassica.

Purtroppo il giacimento di Prato Rosso si perde per la fitta vegetazione e non è stato possibile rin- tracciarlo altrove.

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GEOLOGIA DELLA MARSICA ORIENTALE 203

Sezione del Monte Marsicana - La potente pila di strati che affiora a reggipoggio sul versante sud- occidentale del Monte Marsicana (fig. 2) è co- stituita dalle dolomie infraliassiche seguite dai calcari a Palaeodasycladus e poi dall' oolitico; rap- presenta quindi la sezione più completa nei ri- guardi del Lias.

Il passaggio dalle dolomie alle micriti è più netto, gli strati saccaroidi si interrompono di colpo per lasciare il posto ad intramicriti chiare che recano sì tracce di dolomitizzazione anche intensa, ma

ì'ù cui non è mai perduta completamente la tessitura originaria. La prima parte della serie non saccaroide è simile agli strati basali delle sezioni viste in precedenza, ma pur essendo pre- senti numerose alghe manca il Palaeodasycladus mediterraneus; affiora quindi in questo punto il corrispondente della zona << atipica >> di SARTONI &

CRESCENTI sottostante a quella a Palaeodasycladus e caratterizzata dalla Thaumatoporella e da altre forme meno significative. Lo spessore di questa parte è di 270 metri. Con ogni probabilità la << zona atipica >> era presente anche al Monte Palombo ma qui la dolomitizzazione più intensa non ha permesso di giudicare con sicurezza se fossero veramente assenti determinate forme algali.

Verso l'alto la serie si presenta ancora bipartita come all'Atessa ed a Monte Palombo ; si hanno 250 - 300 metri di roccia più chiara con banchi più spessi ma le differenze sono assai meno mar- cate, ed anche nella parte inferiore si ha una no- tevole abbondanza di dasicladacee ed onkoidi. Il passaggio alla parte superiore non è sottolineato dal solito livello di hard-grounds ma coincide con la fine delle intercalazioni a romboedri di dolomite che vengono sostituite da dolomicriti; cambia come al solito il colore della roccia che si fa scuro, e compaiono (più alto) i soliti livelli di hard-ground associati alle dolomicriti. Lo spessore di questa parte è di 350 metri circa e verso la sommità la facies a Lithiotis occupa uno spessore di 40 - 50 me- tri. Alla base di quest'ultimo tratto si ha un'inter- calazione di 20 - 25 metri contenente l'Orbitopsella praecursor GUMBEL: da notare che questo livello è particolarmente sottile rispetto a quanto è stato osservato in altre zone (Serra del Prete, Monaco di Gioia, SARTONI & CRESCENTI 1959).

Sezione della Serra Sparvera - Questa sezione è ubicata più a NE delle altre ed ha un suo inte- resse particolare in quanto è molto spostata verso la zona ove il Lias assume una facies di transizione.

Qui affiorano soltanto un centinaio di metri di rocce

liassiche e quindi siamo nella parte superiore della zona a Palaeodasycladus, ma la litofacies è assai in- teressante in quanto insieme alle micriti che domi- nano ovunque, si intercalano alcuni livelli sparitici.

Tra i fossili, oltre alla solita associazione di alghe e foraminiferi bentonici, si rinvengono, specialmente in prossimità della facies a Lithiotis, alcuni coralli (in genere forme isolate) e qualche idrozoo. Queste forme, che appartengono ad un ambiente comple- tamente diverso da quello della piattaforma micri- tica, indicano chiaramente uno spostamento verso il bordo.

La fascia a Lithiotis assume qui un forte spes- sore (circa 30-40 metri) ma è meno tipica, le ostreidi sono meno frequenti e tutta la microfacies è più simile a quella tipica del calcare a Palaeodasycladus sottostante. Mancano inoltre i livelli arrossati, gli hard-grounds e le dolomicriti mentre, proprio al tetto del Lias, sono presenti livelli dolomitizzati ma con una evidente ricristallizzazione.

Fossili ed età

Abbiamo accennato durante la descrizione della sezione ad alcuni fossili che vi si rinvenivano:

se si riuniscono tutte le segnalazioni si ha la se- guente associazione: Thaumatoporella parvovesi- culifera (RAINERI), Palaeodasycladus mediterraneus (PIA), P. mediterraneus var. elongatulus PRATURLON, Boueina hochstetteri liasica LE MAITRE, Cayeuxia piae FROLLO, Cayeuxia sp., Sestrosphaera sp., Ma- croporella sp., Lithiotis pmblematica GUMBEL, Or- bitopsella praecursor GUMBEL, Lituosepta recoarensis CATI, Haurania amiji HENSON, Pseudocyclammina sp., Vidalina martana FARINACCI. Nel giacimento di Prato Rosso si sono rinvenute le seguenti specie di piante: Otozamites sp., Sphenozamites cfr. lan- ceolatus (DE ZIGNO), Sphenozamites sp., Ptilozamites sp., Nilssonia sp., Brachyphyllum sp., Pagiophyllum cfr. rotzoanum (MASSALONGO), Pagiophyllum sp., Dactylethrophyllum sp., (la flora è tutt'ora in studio da parte del dott. PRATURLON). Dai pochi Autori che hanno rilevato la zona in epoca precedente sono state rinvenute: Terebratula rainieri SCHAUR., T. rotzoana CAT., Rhynchonella sp., Megalodus sp.

Come si vede dal magro elenco che abbiamo riportato, il calcare liassico è piuttosto povero di specie, in particolare di macrofossili, anche se gli individui sono assai abbondanti. Dall'associazione microfaunistica che abbiamo citato si può ricavare un'indicazione generica ma non si può certo scen- dere a dettagli molto fini. Le indicazioni più pre- cise sono date dalla Orbitopsella praecursor caratte-

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