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LE RIFLESSIONI DEL PADRE NEI TEMPI LONTANI: IL DIVORZIO

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Academic year: 2022

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LE RIFLESSIONI DEL PADRE NEI TEMPI LONTANI:

IL DIVORZIO

«In questo secolo, sconvolto da conflitti ideologici e armati, molti problemi si sono posti all’attenzione degli uomini preposti all’attività politica dello Stato Italiano.

Oggi, il più discusso è quello relativo al divorzio.

In Italia che come nella Spagna e nel Portogallo si è resistito alla nuova corrente innovativa dei rapporti familiari fra i coniugi, si è saputa valutare l’importanza sociale che riveste la soluzione di sì grave problema.

E pertanto è ancora controverso se la soluzione in senso affermativo possa giovare o meno agli Italiani.

La decisione dell’Assemblea costituente Italiana, che si è pronunziata contro il divorzio, è seria e molto ben ponderata.

Quasi sempre negli Stati in cui sfrenata è stata la dissoluzione del matrimonio, dovuta al divorzio, per naturale reazione, si è ritornati alla sua rigida indissolubilità.

La storia ci insegna che bisogna creare una via più retta che non sia quella della separazione personale dei coniugi o del divorzio, ma quella dell’annullamento civile del matrimonio.

Dopo la tempesta segue la quiete, così come dopo la dissoluzione sociale si ritorna lentamente alla vita proba e decorosa.

Sono questi fenomeni naturali che Vigo spiegherebbe con la sua famosa teoria dei corsi e ricorsi della storia.

Nell’Impero Romano, quando il divorzio era in auge, la libertà d’amore, che permetteva agli uomini e alle donne di restare uniti fin tanto che durava la maritalis affectio, era ritenuta come la più alta espressione della dignità e del decoro umano. Ma nella società patriarcale romana i costumi erano rigidi e le coscienze non erano incrinate dalla strenatezza del vizio.

La vedovanza costituiva per la donna romana titolo d’onore.

A poco a poco quando l’antica coscienza romana si smarrì, il piacere dominò la virtù e i capricci si moltiplicarono vertiginosamente. Il divorzio, possibile in quella società appena veniva meno l’affetto coniugale, permise ai coniugi di separarsi facilmente per riaccoppiarsi per semplice simpatia, cosa facile in una società in cui non si sentiva più il treno morale.

Il piacere del corpo dominò la felicità dello spirito e le donne arrivarono a cambiare tanti mariti quanti erano i giorni dell’anno.

Ma nel mentre il vuoto si faceva sempre più profondo la propaganda cristiana ridava agli animi la loro perduta dignità, nutrendoli di sentimenti che esulavano dalla terra.

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Nacquero i martiri, che attingevano la loro forza dallo spirito, che riacquistava il suo dominio sul corpo. La indissolubilità del matrimonio prevalse sul divorzio e la sua rigidità si contrappose alla sfrenata corruzione che faceva della dissolubilità del matrimonio un facile mezzo di dissolvimento della famiglia.

Il rimedio fu radicale e i benefici apprezzabili.

Ma la rigidezza della dissolubilità del matrimonio spasso fa vivere immoralmente i coniugi separati legalmente. Si pensi infatti al caso di separazione personale per adulterio commesso da uno dei coniugi che, se dichiarata con sentenza del Tribunale, mette il coniuge che si è separato per colpa dell’altro, in condizioni di tenere una concubina dalla quale potrà avere figli che non potranno mai avere un trattamento uguale ai figli di primo letto. Queste leggi, che hanno un fondamento di ingiustizia sociale, non corrispondono ormai alla nuova coscienza sociale. Se non si pone subito rimedio a questo stato di cose si potrà creare un’atmosfera propizia al divorzio che fa credere agli ingenui che esso sia l’unico mezzo per liberare i coniugi infelici dal loro stato in conciliabile di vita.

Se il divorzio è un mezzo, non è però più consigliabile perché, come sopra ho detto, potrebbe nel futuro aprire facilmente una via alla corruzione e alla immoralità. Esso infatti presuppone la completa libertà d’amore che coll’andare del tempo si potrebbe trasformare addirittura in licenza d’amare. Se si pensa ai casi di divorzio avvenuti in America, si riconoscerà che anche un capriccio può bastare a fare sciogliere un matrimonio. E per di più questi capricci creano situazioni immorali e sconcertanti.

Se si ricorda infatti che in America la moglie di un uomo è potuta divenire successivamente la moglie dei fratelli del marito e cognata di coloro che prima erano stati suoi mariti e se si ricorda pure che il marito di una donna è potuto divenire marito di quella che prima era la sua suocera, per trattare la sua prima moglie come figliastra si valuterà il pericolo del divorzio. Esso infatti presuppone anche la completa emancipazione economica della donna, ma soprattutto un profondo sentimento di responsabilità sociale e morale che dovrebbe guidare le azioni degli sposi.

Il divorzio sarebbe ideale di uno stato ideale.

Purtroppo oggi se ne parla con una leggerezza che fa quasi paura. Il ritorno al divorzio sarebbe per gli Italiani un falso passo verso l’immoralità. E nel mentre dobbiamo pensare ad un futuro rivolgimento della coscienza sociale dei paesi in cui il divorzio sta per divenire una cancrena della moralità pubblica, dobbiamo pensare a trovare quella via di mezzo schiva degli errori che importa la rigidezza della indissolubilità e della dissolubilità del matrimonio. Gli Stati in cui, come in America, si abusa del divorzio, non possono permettere a lungo un simile comportamento degli uomini senza comprometterne la dignità umana.

E poiché a mali estremi, estremi sono i rimedi, potrà accadere che negli Stati in cui, come in America, si abusa del divorzio, un giorno si prenderanno severi provvedimenti, dovuti necessariamente a nuovi rivolgimenti sociali, che potranno portare ad una rigida indissolubilità del matrimonio, come avvenne all’inizio della era cristiana che si sostituì all’era romana. In caso contrario l’uomo si abbrutirebbe, fino a confondersi con le bestie, ma la sua evoluzione sociale e intellettiva oggi escludono questa possibilità.

La sfrenatezza dei costumi di certi Stati, che trova riscontro nella storia di altri Stati antichi, è dovuta ad uno smarrimento sociale degli uomini che, dominati dai piaceri del corpo, un giorno sentiranno la pesantezza della loro vita materiale e cercheranno la felicità nell’elevazione morale dello spirito.

La piaga sociale della sfrenata dissolubilità del matrimonio, sarà guarita dal ritorno alla morale e al decoro sociale. Ma la reazione sarà violenta e l'indissolubilità del matrimonio si sostituirà al divorzio con i difetti che sono caratteristici della rigidezza dei rivolgimenti sociali.

È opportuno che non si giunga alla completa dissolubilità del matrimonio col divorzio ma che si ponga rimedio ai casi di matrimonio infelice, mediante una rapida procedura civile di annullamento degli stessi,

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Grande sarebbe il beneficio che apporterebbe alla società l’annullamento civile del matrimonio. Parlo di annullamento civile, perché esiste attualmente l’annullamento ecclesiastico del matrimonio, che oltre ad essere proceduralmente lungo e costoso è difficile ad ottenersi per i vieti principi di indissolubilità matrimoniale cui la Chiesa cattolica è legata da venti secoli.

Quella che fu la reazione di venti secoli or sono ad una società corrotta, costituisce oggi un intralcio alla felicità coniugale. Bisogna ridare allo Stato l’autorità di decidere su questa materia che interessa i cittadini che lo hanno costituito per raggiungere i loro fini di benessere e di felicità. È infatti compito dello Stato rendere bella e facile la vita dei consociati.

È lo Stato che deve provvedere alla educazione ed istruzione dei cittadini per infondere loro quei principi di sana morale sociale.

Bisogna ridare al matrimonio dignità.

Bisogna far sì che siano assicurate la libertà di scelta e la libertà di restare uniti per affinità di sentimenti e di idee, affinché i substrati contrattuali pervasi da una profonda affezione coniugale, rendano le unioni tra uomini e donne perfette e i matrimoni felici. Così soltanto gl’interessi dell’uomo e della donna potrebbero essere fusi dall’armonia che sa dare soltanto l’amore. Perché l’amore non si trova ma si crea, e per crearlo è necessario che uomini e donne, spogli dei propri egoismi, si mettano in continua lotta con se stessi e in reciproca competizione di generosità e di abnegazione. La coincidenza degli interessi materiali sarebbe fusa da un amore fervido e profondamente sentito.

Pur tuttavia l’uomo dovrebbe sempre assurgere ad artefice di una famiglia di pace e di amore, ponendosi sul piedistallo della sua superiorità e della sua dignità sociale.

La donna, perse stessa, essere fragile e delicato sogna nell’uomo il dominatore, il cavaliere, la guida delle proprie azioni.

All’uomo non dovrebbe venire mai meno questa coscienza della sua funzione sociale, perché altrimenti la sua esistenza si renderebbe dannosa ed odiosa alla società che ne risentirebbe i deleterei effetti morali.

La donna infatti agogna le tenerezze e si trova quasi sempre a disagio quando è costretta per avventura ad assumere il ruolo sociale del marito.

Coincidenza d’interessi dunque, pervasi da un profondo affetto, ma sempre preminenza della personalità morale e sociale del marito. È per questo che gli uomini dovrebbero sentire il bisogno di anteporre lo scopo della loro funzione sociale ai bassi egoismi che sono peculiari della natura animale, e dovrebbero sentire l’esigenza morale di essere artefici di matrimoni e non di mercimoni.

Dovrebbero sentire prima delle donne il bisogno di rifugiarsi nelle sane e tenere gioie della pace domestica che scaturiscano da matrimoni contratti non secondo gli istinti materiali, ma secondo la superiore esigenza degli spiriti.

Il parassitismo del marito sul patrimonio della propria moglie è esempio sconcio di inattitudine che abbassa e umilia la natura stessa dell’uomo.

Se si vuole porre una remora ai delitti passionali, bisogna educare gli uomini al rispetto reciproco dei propri sentimenti di amore. Bisogna far sì che l’amore incorrisposto di uno dei coniugi possa ritrovare una nuova via di felicità e di concordia coniugale.

Bisogna far sì che i coniugi non sentono quel peso sociale che oggi opprime coloro che sono stati uniti in matrimonio infelice, di modo che possano sentirsi alla stregua degli altri in diritto di crearsi una nuova famiglia, un nuovo nido di pace e di amore.

Bisogna insomma annullare legalmente i matrimoni infelici e ridare ai coniugi la possibilità di trovare una nuova via per costituirsi una nuova famiglia di concordia e di tranquillità.

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Oggi nei casi in cui la coabitazione e la reciproca assistenza materiale e morale divenga per gli sposi un peso a causa di errori o di aberrazioni di uno di loro o di entrambi, gli stessi possono o separarsi legalmente o chiedere l’annullamento ecclesiastico del matrimonio canonico civile (matrimonio cioè celebrato secondo la legge canonica e civile insieme).

[…]

La chiesa deciderà sempre secondo i suoi vieti principi di indissolubilità del matrimonio e i coniugi che sperano nell’annullamento del loro matrimonio infelice, si vedranno preclusa la via da una procedura lunga, costosa e difficile.

[…]

Allo Stato interessa la felicità terrena dei cittadini, alla Chiesa la loro felicità celeste.

Lo Stato deve combattere il divorzio come mezzo pericoloso per la compagine della famiglia, ma deve procedere al rapido annullamento del matrimonio tutte le volte che le circostanze particolari di esso lo impongono, come nel caso d’impotenza, vizi del consenso, ecc.; ma anche nel caso di adulterio, di sevizie, di incompatibilità di carattere, ecc., casi in cui per ora è possibile la separazione personale soltanto che, quasi sempre, fa vivere i coniugi separati in uno stato di immoralità.

Si arriva perfino a permettere al coniuge che sia separato per colpa dell’altro di vivere con una concubina, mentre si considera illegale il concubinato dell’altro coniuge. Sono queste situazioni immorali che possono essere sanate soltanto dall’annullamento civile del matrimonio, che dia ai coniugi divisi la possibilità di formarsi nuove famiglie dove potere trovare pace, tranquillità e amore.

La separazione personale dovrebbe essere decisa soltanto quando, data la futilità dei motivi del dissidio, appare evidente la possibilità della riconciliazione dei coniugi.

In tutti gli altri casi l’annullamento civile del matrimonio dovrebbe essere il mezzo per dare ai coniugi la possibilità di liberarsi di un peso che rende loro l’esistenza difficile e tormentata, per compatibilità di carattere o per altre cause.

Si eliminerebbero molte situazioni immorali e si ridurrebbe notevolmente il numero dei figli illegittimi che, non protetti efficacemente dalla legge, quasi sempre vanno ad ingrossare l’esercito degli scapestrati e delle donne perdute, spesso spinti a ciò dal disprezzo stesso della società che giudicandoli illegittimi, secondo il codice civile, crede di trattarli come esseri degni di essere banditi dal consorzio umano.

È sacrosanto dovere dello Stato dunque provvedere a sanare questo stato di cose, bandendo il divorzio come pericoloso alla morale sociale, limitando la separazione personale dei coniugi al solo caso di possibile riconciliazione degli sposi (come avviene in Inghilterra), e avocando a sé la competenza ad annullare i matrimoni che, per i loro vizi, non possono restare indissolubili, al fine di ridare ai coniugi la possibilità di liberarsi da situazioni incresciose che tolgono alla loro esistenza la gioia della felicità coniugale che sa dare soltanto l’amore sincero e metterli in condizioni di ricostruire moralmente la loro vita.»

(Dal testo dell’opuscolo intitolato «Il divorzio» di pp. 16 di Corrado Ruta, pubblicato nell’anno 1947 dalle Arti Grafiche Battaglia di Palermo.)

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