Separazione e divorzio: quali differenze?
Autore: Maria Elena Casarano | 30/09/2013
Sono separata dal mio ex marito da oltre 5 anni e non lo frequento da tempo; cosa cambierebbe se chiedessi il divorzio?
Spesso le persone che hanno ottenuto dal tribunale un semplice provvedimento di separazione si riferiscono al marito o alla moglie parlando di “ex”.
Ciò però non è corretto perché la separazione non mette fine al matrimonio, ma ne sospende gli effetti fino a quando i coniugi non decidano di divorziare o semplicemente di riconciliarsi.
È bene, quindi, vedere quali diverse conseguenze provochino sui coniugi la separazione o il divorzio.
Effetti della separazione sul matrimonio
La separazione fa venir meno:
– il dovere di coabitazione – di fedeltà
– di collaborazione ossia di contribuzione a tutto ciò che serve per lo svolgimento organizzativo della vita della famiglia
– di assistenza morale [1] ossia in quell’insieme di comportamenti che hanno permesso alla coppia di costruire il proprio legame affettivo e sostenersi reciprocamente durante il matrimonio.
Diverso è il discorso relativo all’assistenza materiale (cioè al dovere di provvedere a tutti i bisogni della vita dell’altro coniuge che non sia in grado di farlo da sé), che invece può continuare ad avere alcune conseguenze persino dopo il divorzio, come, ad esempio, nel caso in cui un coniuge debba versare un assegno vitalizio alla parte che si trovi in uno stato di bisogno.
Se i coniugi sono in regime di comunione dei beni, la separazione ne provocherà lo scioglimento [2].
La separazione, inoltre, ha conseguenze anche sull’uso del cognome del marito.
Infatti sarà possibile per il giudice vietarne l’utilizzo o autorizzare la moglie a non usarlo se possa arrecare pregiudizio a uno dei coniugi. Si pensi, ad esempio, al caso in cui il nome di una delle parti sia noto in quanto legato al suo coinvolgimento in fatti di cronaca.
Dal momento della pronuncia della sentenza di divorzio, cessano gli effetti del matrimonio, sia sul piano personale (nel senso che verrà meno l’obbligo all’assistenza morale tra i coniugi), sia sul piano patrimoniale (in quanto verrà meno l’obbligo al mantenimento), salvo (come vedremo) alcune situazioni particolari.
Solo una volta ottenuto il divorzio il coniuge potrà risposarsi.
Mantenimento
Con la separazione rimane il dovere di assistenza materiale fra coniugi. Esso è costituito dal dovere di versare un assegno di mantenimento al coniuge che non abbia adeguati propri redditi e al quale non sia stata addebitata la responsabilità per la separazione [4]. La legge vuole permettere, così, alla parte economicamente più debole, di conservare un tenore di vita il più vicino possibile a quello avuto durante il matrimonio.
In ogni caso, anche nell’ipotesi di addebito della separazione, egli non perderà il diritto a ricevere dall’altro i cosiddetti alimenti (ossia l’importo necessario a soddisfare le necessità primarie di vita): essi infatti presuppongono che vi sia un vero e proprio stato di bisogno del beneficiario e l’impossibilità a provvedere al proprio sostentamento [5].
I coniugi saranno, tuttavia, liberi di prevedere, negli eventuali accordi della separazione, una rinuncia all’assegno di mantenimento, senza che il giudice possa interferire con quanto da essi concordato. Tale principio varrà per qualsiasi accordo riguardante la coppia, anche non di natura patrimoniale (si pensi, ad esempio, agli accordi riguardanti le modalità di frequentazione di un animale domestico appartenente ad entrambi).
Non potrà dirsi lo stesso, invece, nel caso in cui gli accordi riguardino i figli minori, perché ad essi è riservata una particolare forma di tutela che prevede l’obbligo di approvazione (cosiddetto “visto”) del magistrato nella persona del pubblico ministero.
Quando il matrimonio si interrompe definitivamente con la sentenza di divorzio, il giudice potrà stabilire che debba comunque essere versato un assegno periodico [6] al coniuge che non abbia mezzi adeguati al proprio sostentamento e sia nella impossibilità oggettiva di procurarseli (come nel caso in cui abbia una qualche forma di invalidità che gli impedisca di procurarsi un lavoro).
Tale assegno potrà essere versato mensilmente oppure liquidato in un’unica soluzione. In tal caso l’ex coniuge non potrà chiedere, in un momento successivo, altri contributi economici [7].
Dal momento della celebrazione di nuove nozze, il divorziato perderà in modo
automatico il diritto all’assegno di divorzio e pertanto non occorrerà chiedere al giudice l’autorizzazione a sospenderne il versamento [8].
Eredità
I diritti successori del coniuge sono differenti in caso di separazione o di divorzio.
Nel caso di separazione, anzitutto va distinta l’ipotesi in cui la separazione sia pronunciata con o senza addebito per il superstite.
Se la separazione sia stata pronunciata senza addebito, al coniuge superstite spetteranno pieni diritti successori, come per un coniuge non separato.
Nel caso, invece, di pronuncia con addebito, al superstite spetterà un assegno vitalizio [9] solo nel caso in cui egli, al momento dell’apertura della successione, già godesse degli alimenti; essi presuppongono, infatti, semplicemente lo stato di bisogno del beneficiario e prescindono dalla responsabilità della parte nella rottura del rapporto.
La misura dell’assegno, in ogni caso, non potrà superare quella degli alimenti.
Le cose stanno diversamente per il divorziato.
Questi, infatti, potrà aver diritto ad un assegno periodico [10] in conto all’eredità solo se:
– versi in uno stato di bisogno;
– la sentenza di divorzio già gli avesse riconosciuto il diritto ad un assegno divorzile.
Pensione di reversibilità
Quanto all’eventuale diritto del coniuge alla pensione di reversibilità, costituita dall’importo della pensione che un familiare riceve alla morte del lavoratore assicurato o pensionato, essa spetterà:
– sempre al coniuge separato (anche “con addebito” nel caso che gli sia stato
riconosciuto il diritto agli alimenti);
– al coniuge divorziato, sempre che non si sia risposato e che il lavoratore deceduto fosse assicurato prima della sentenza di divorzio;
– all’ex coniuge, anche se dopo il divorzio il lavoratore o pensionato si fosse risposato. In tal caso, l’ex coniuge avrà diritto ad una quota della reversibilità, in quanto essa sarà spartita con il coniuge superstite [11].
Trattamento di fine rapporto (TFR)
Per quanto riguarda, invece, il diritto al TFR (comunemente detto “liquidazione”) ossia la somma versata dal datore di lavoro al lavoratore dipendente al termine del rapporto di lavoro, il coniuge legalmente separato non ha alcun diritto su di esso.
Il coniuge divorziato, invece, potrà ricevere una percentuale di tale indennità al momento della cessazione del rapporto di lavoro dell’altro coniuge, anche se essa viene a maturare dopo la sentenza di divorzio. Tale diritto spetterà, tuttavia, solo se il divorziato non si sia risposato e sia titolare di assegno divorzile [12].
L’importo verrà calcolato nella misura del 40% dell’indennità totale da rapportare agli anni in cui il rapporto di lavoro sia coinciso con il matrimonio.
Note
[1] Art. 143 cod. civ. [2] Art. 191 cod. civ. [3] Art. 143- bis e 156-bis cod. civ.
[4] Art. 156 cod. civ. [5] Art. 438 cod. civ. [6] Art.5 co.6 L.898/70. [7] Art. 5 co. 8 L. 898/70. [8] Art. 5 co. 10 L. 898/70. [9] Art. 548 cod. civ. [10] Art. 9 bis. L.
898/70. [11] Art. 9 co.3 L.898/70. [12] Art. 12 bis L. 898/70.