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CONGIUNTURA IN EMILIA-ROMAGNA

1° trimestre 2006

I DATI SULLA CONGIUNTURA IN EMILIA-ROMAGNA

-Unioncamere: “Continua a crescere la produzione industriale”

-Confindustria: “Approfittare del clima per spingere su crescita e innovazione”.

-Carisbo: “Sempre più credito per le imprese e le famiglie.”

Bologna, 4 luglio 2006. Secondo le stime del Centro studi di Unioncamere, in Emilia-Romagna, nei primi tre mesi del 2006, si sono amplificati e consolidati i tenui segnali positivi emersi sul finire del 2005, confermando la sensazione di un avvio di una seppur lenta ripresa. E’ questa l’indicazione che emerge dall’indagine congiunturale del primo trimestre 2006 sull’industria manifatturiera dell’Emilia-Romagna, realizzata in collaborazione tra Unioncamere Emilia-Romagna, Carisbo e Confindustria Emilia-Romagna.

Dai dati contenuti nell’indagine, la produzione dell’industria manifatturiera ha registrato nel corso del primo trimestre 2006 una crescita dell’1,6%. Si conferma così l’inversione di rotta registrata con i dati positivi emersi sul finire del 2005, dopo un triennio negativo. L'andamento produttivo dice che la crescita coinvolge tutte le classi dimensionali, per la prima volta dal 2003, anche se è più marcata nelle imprese da 50 a 500 dipendenti (+2,1%) rispetto alle medie e piccole imprese (rispettivamente +1,5% e +0,1%).

“Qualcosa si muove. Seppure con minore intensità e frequenza rispetto agli altri Paesi, si confermano segnali positivi che fanno guardare in prospettiva con una base di fiducia – ha sostenuto Andrea Zanlari, presidente di Unioncamere Emilia-Romagna – Per la prima volta dal 2003 anche nelle imprese fino a 9 dipendenti si registra un segno positivo, pure se ancora molto debole (+0,1%). Questa diffusione della ripresa, relativa ad un numero più ampio di imprese, si legge attraverso la crescita della domanda più accentuata rispetto all’andamento nazionale e i dati di fatturato. Nei primi tre mesi dell’anno le imprese regionali hanno incrementato il proprio fatturato del 2,2 per cento, contro l’1 per cento nazionale.”

La crescita appare direttamente proporzionale alla dimensione d’azienda, con le imprese più grandi che crescono di più perché hanno maggiore propensione al commercio estero.

“Il fatto che i segnali di ripresa arrivino, seppur con intensità diverse, da tutte le classi dimensionali e dalla quasi totalità dei settori - ha ricordato Zanlari - sta a sottolineare come sia fondamentale rimanere agganciati alla fase di rilancio dell’economia europea. Le nostre imprese stanno uscendo da un guado durato circa tre anni e lo stanno facendo a testa alta, dimostrando capacità di reagire. Il manifatturiero, dopo una lunga parabola di crisi, si può riproporre come asse portante di una nuova fase. I risultati di comparti come la metalmeccanica e, finalmente, anche il sistema moda, danno l’idea che si sta superando un momento di difficoltà grazie alla capacità della nostra imprenditoria di reggere la sfida e mantenere un ruolo di primo livello.

L’andamento degli ordini, in crescita di oltre il 2 per cento, rappresenta in questo senso, un ulteriore elemento di buon auspicio.”

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“L’industria dell’Emilia-Romagna – ha affermato Anna Maria Artoni, Presidente di Confindustria Emilia-Romagna – mostra segnali di forza e di fiducia che attestano la sua capacità di conquistare i mercati internazionali. Brillano i dati sugli investimenti industriali e sull’export, trainato da una tonica domanda estera soprattutto di beni strumentali, che confermano le previsioni positive che avevamo fornito nella scorsa primavera.”

L’effetto combinato delle dinamiche di crescita degli investimenti e dell’export genera un mix particolarmente efficace che consente all’Emilia-Romagna performances più elevate rispetto alla media nazionale. Sono particolarmente favorevoli i risultati dell’export nei settori tipici della regione, tutti con segni positivi, e verso i mercati più dinamici come Stati Uniti, Germania e Russia. Occorre sottolineare però che questi dati positivi stanno consentendo un recupero della competitività che l’economia dell’Emilia-Romagna, così come l’intera economia italiana, aveva perso nel corso degli ultimi anni, ma soprattutto che la forbice del trend di crescita rispetto ai principali concorrenti internazionali resta ancora molto ampia.

”Dobbiamo approfittare – ha aggiunto la Presidente Artoni – di questo clima favorevole per spingere sull’acceleratore della crescita e dell’innovazione. Ci aspettiamo che i Governi nazionale e regionale mettano al più presto a disposizione, oltre al taglio del cuneo contributivo e fiscale, risorse a livello regionale per il sostegno a ricerca e innovazione e per il supporto agli investimenti, offrendo così alle imprese della nostra regione opportunità simili a quelle che i nostri competitors europei hanno già a disposizione. Rimangono da sciogliere, naturalmente, una serie di nodi critici che condizionano negativamente la competitività delle nostre imprese: in particolare il costo crescente dell’energia, il gap infrastrutturale che limita la mobilità delle merci e il peso della burocrazia”.

“C’è sempre più credito a disposizione di imprese e famiglie. – ha dichiarato Maria Lucia Candida, direttore generale di Carisbo – La continua crescita degli impieghi degli ultimi mesi, trainata in particolare da quelli a medio lungo termine ma consistente anche nei prestiti a breve, conferma il trend avviato ormai da oltre un anno e segnala un rilancio degli ordini e delle scorte da parte delle imprese, che ci auguriamo sia l’avvio della fase di ripresa del ciclo economico. ”

“Sono ancora le imprese di medie e grandi dimensioni che trainano la crescita degli impieghi, – ha aggiunto Lucia Candida – mentre la domanda di credito dei piccoli imprenditori, seppur positiva, resta ancora modesta: segnale di una maggior difficoltà ad agganciare la ripresa da parte delle imprese più piccole. Non ci sono comunque segnali di criticità dai crediti in sofferenza.

Mentre sono ancora in forte sviluppo i prestiti per l’acquisto di immobili da parte delle famiglie (+18,7%), resta stabile l’incremento dei finanziamenti alle imprese per investimenti in macchine e attrezzature (+1,5%), con l’eccezione delle province di Bologna, Ferrara e Forlì che registrano maggiore dinamicità negli investimenti. La necessità per gli imprenditori di investire, soprattutto in nuove tecnologie, resta elemento indispensabile per migliorare la competitività delle nostre aziende e la penetrazione nei mercati, soprattutto internazionali: su questo fronte non manca l’offerta di credito da parte del sistema bancario.”

Unione Regionale delle Camere di Commercio dell’Emilia-Romagna Giuseppe Sangiorgi – e-mail: [email protected]

Tel 051 6377026 cell. 338 7462356 Fax 051 6377050 Confindustria Emilia-Romagna

Marina Castellano e-mail: [email protected] Tel 051 3399950 Fax 051 582416

CARISBO-Sanpaolo Imi

Emanuele Caprara e-mail: [email protected] Tel 051 6454411 cell. 335 7170842 Fax 051 6454215

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CONGIUNTURA DELL’INDUSTRIA IN SENSO STRETTO, ARTIGIANATO, COSTRUZIONI E

COMMERCIO.

1° TRIMESTRE 2006 Nota stampa

Nei primi tre mesi del 2006 si sono amplificati i tenui segnali positivi emersi sul finire del 2005.

Parlare di ripresa può essere prematuro, ma resta tuttavia un andamento che si è distinto significativamente dalla fase di basso profilo che ha caratterizzato il triennio 2003-2005.

La produzione dell’industria in senso stretto dell’Emilia-Romagna è aumentata in volume dell’1,6 per cento rispetto al primo trimestre del 2005, distinguendosi dal trend negativo dello 0,9 per cento rilevato nei dodici mesi precedenti. In Italia è stato registrato un incremento più contenuto, pari allo 0,9 per cento, mentre nel Nord-est è stata rilevata la medesima crescita dell’Emilia-Romagna.

Se guardiamo all'evoluzione settoriale, possiamo vedere che la crescita complessiva dell’1,6 per cento è stata determinata dalla maggioranza dei settori, in un arco compreso tra lo 0,6 per cento delle industrie alimentari e delle bevande e il 2,5 per cento delle imprese operanti nel campo del trattamento metalli e minerali metalliferi. L’importante e composito settore della meccanica e dei mezzi di trasporto ha beneficiato di un incremento dell’1,1 per cento, in leggero miglioramento rispetto al trend dello 0,8 per cento. L’unico segnale negativo è stato registrato nelle industrie del legno e del mobile, che hanno accusato un calo tendenziale della produzione dell’1,1 per cento, in peggioramento rispetto al trend moderatamente negativo dei dodici mesi precedenti.

Ogni classe dimensionale è apparsa in crescita, ed è la prima volta che accade dal 2003. Le piccole imprese fino a nove dipendenti sono tornate a vedere un segno più, anche se flebile (+0,1 per cento), dopo tre anni caratterizzati da diminuzioni. Un analogo andamento è emerso nella media dimensione da 10 a 49 dipendenti, la cui crescita produttiva dell’1,5 per cento, si è distinta dal trend negativo del 2,0 per cento dei dodici mesi precedenti. Nelle imprese da 50 a 500 dipendenti la produzione è cresciuta tendenzialmente del 2,1 per cento, in misura leggermente inferiore a quanto riscontrato in Italia (+2,2 per cento) e nel Nord-est (+2,9 per cento). Anche in questo caso dobbiamo tuttavia annotare un evidente miglioramento nei riguardi del trend (+0,5 per cento).

Il grado di utilizzo degli impianti si è attestato al 76,3 per cento, in termini leggermente più ampi rispetto al 74,5 per cento riscontrato in Italia e al 74,2 per cento del Nord-est. Rispetto all’andamento dei dodici mesi precedenti è stato registrato un miglioramento pari a circa un punto percentuale, che sale a più di tre punti percentuali se il confronto viene effettuato con il primo trimestre del 2005. Al di là della crescita, la capacità produttiva non riesce ad avvicinarsi alla soglia dell’80 per cento. Per trovare un dato superiore a questo livello occorre risalire alla primavera del 2002.

Il fatturato è cresciuto tendenzialmente in valore del 2,2 per cento, a fronte di un aumento tendenziale a marzo dei prezzi alla produzione del 4,5 per cento e di un’inflazione attestata al 2,1 per cento. Rispetto al trend dei dodici mesi precedenti c’è stato un miglioramento prossimo ai tre punti percentuali. Come osservato per la produzione, l’Emilia-Romagna ha evidenziato una situazione meglio intonata rispetto sia al Paese (+1,0 per cento) che alla circoscrizione Nord- orientale (+2,1 per cento). Al di là di questo aspetto, comunque positivo, resta tuttavia un’evidente forbice nei confronti della crescita dei prezzi alla produzione, che sottintende un calo reale delle vendite.

In ambito settoriale, l’incremento più sostenuto, pari al 4,4 per cento, è stato riscontrato nelle industrie del trattamento metalli e dei minerali metalliferi. L’unica diminuzione, comunque contenuta, è stata registrata nell’ambito delle industrie del legno e del mobile. L’importante settore meccanico e dei mezzi di trasporto ha accresciuto le vendite dell’1,8 per cento, a fronte di un trend espansivo dell’1,4 per cento. Da sottolineare il moderato aumento delle industrie del sistema moda (+0,5 per cento), che ha interrotto una lunga serie di cali ben rappresentati dal trend negativo del 5,3 per cento dei dodici mesi precedenti.

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Sotto l'aspetto della classe dimensionale, sono state le imprese più grandi da 50 a 500 dipendenti, a registrare l’incremento più ampio di fatturato (+2,8 per cento), rispecchiando quanto avvenuto nel Paese e nella circoscrizione nord orientale. La crescita più contenuta, pari ad appena lo 0,4 per cento, è stata rilevata nella piccola dimensione da 1 a 9 dipendenti. In sintesi, il fatturato ha ricalcato quanto osservato per la produzione. La piccola impresa dà l’impressione di uscire con una certa fatica dalla fase recessiva, e con tutta probabilità questa situazione può essere imputabile alla scarsa propensione al commercio estero, soprattutto in un momento in cui è in atto una vigorosa ripresa internazionale. Le imprese di media dimensione da 10 a 49 dipendenti, sono apparse in crescita del 2,1 per cento ed anche in questo caso c’è stata una significativa inversione del trend negativo dei dodici mesi precedenti.

La domanda è apparsa tendenzialmente in crescita del 2,1 per cento, in termini più accentuati rispetto all’andamento nazionale (+1,4 per cento) e circoscrizionale (+1,8 per cento). Come osservato per produzione e fatturato, anche gli ordinativi hanno mostrato un miglioramento rispetto al moderato trend negativo dello 0,8 per cento dei dodici mesi precedenti.

Tutti i settori sono apparsi in crescita. Il risultato migliore, pari ad un aumento del 3,2 per cento, è venuto dalle industrie del trattamento metalli e dei minerali metalliferi, il cui peso in termini di addetti è comunque marginale nel panorama industriale dell’Emilia-Romagna. L’andamento meno dinamico ha riguardato le industrie alimentari e delle bevande, i cui ordini sono cresciuti di appena lo 0,6 per cento. Le industrie della moda hanno spezzato la lunga serie di diminuzioni, proponendo un incremento del 2,7 per cento. Il composito settore meccanico e dei mezzi di trasporto è salito dell’1,5 per cento, distinguendosi dal trend moderatamente espansivo dei dodici mesi precedenti (+0,7 per cento).

Per quanto concerne la dimensione d’impresa, quella piccola fino a nove dipendenti ha evidenziato la crescita più lenta, in linea con quanto osservato in merito a produzione e fatturato. L’aumento tendenziale si è attestato allo 0,5 per cento, in contro tendenza rispetto al trend spiccatamente negativo dei dodici mesi precedenti (-2,6 per cento). Nella media dimensione, da 10 a 49 dipendenti, l’aumento è salito al 2,1 per cento e anche in questo caso siamo di fronte ad una significativa inversione del trend. Nelle imprese da 50 a 500 dipendenti la domanda è cresciuta del 2,6 per cento, superando di quasi due punti percentuali il trend.

Le imprese esportatrici sono risultate pari al 23,5 per cento del totale, rispetto al 26,8 per cento nazionale e 27,7 per cento nord-orientale. Se guardiamo al trend dei dodici mesi precedenti siamo in presenza di un moderato miglioramento.

In ambito settoriale la maggiore propensione all’export è stata registrata nuovamente nelle industrie meccaniche, con una quota del 34,6 per cento. Nelle classi dimensionali si conferma la scarsa propensione al commercio estero della piccola dimensione da 1 a 9 dipendenti, la cui quota si attesta al 16,2 per cento, a fronte del 27,7 e 79,0 per cento della media e grande dimensione. La stessa gerarchia si riscontra nel Nord-est e nel Paese.

Se valutiamo l’incidenza dell’export sul fatturato delle sole aziende esportatrici, emerge in Emilia-Romagna una percentuale del 45,8 per cento, superiore di oltre sette punti percentuali rispetto alla media nazionale e di quasi quattro nei confronti del Nord-est.

L’andamento delle esportazioni è stato caratterizzato da un incremento del 3,4 per cento, a fronte degli aumenti del 2,0 e 3,5 per cento rilevati rispettivamente in Italia e nel Nord-est. Al di là della crescita, dobbiamo annotare un significativo progresso rispetto al moderato trend espansivo dei dodici mesi precedenti. In ambito settoriale solo le industrie del legno e del mobile hanno accusato una diminuzione, comunque moderata (-0,8 per cento). In tutte le altre industrie ci sono stati aumenti, con una particolare sottolineatura per il sistema moda, che dopo dodici mesi all’insegna della stagnazione, è riuscito a crescere del 14,6 per cento. Un settore fortemente orientato all’export quale quello meccanico, ha aumentato le vendite all’estero del 2,8 per cento, uguagliando nella sostanza il trend dei dodici mesi precedenti. Dal lato della dimensione, ancora una volta sono state le imprese di minori dimensioni a crescere più lentamente, invertendo tuttavia il trend

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moderatamente negativo dei dodici mesi precedenti. In Italia e nel Nord-est la piccola impresa ha invece accusato diminuzioni delle esportazioni rispettivamente pari all’1,0 e 0,5 per cento.

I dati Istat relativi al primo trimestre 2006 hanno registrato vendite all’estero per circa 9 miliardi e 385 milioni di euro, vale a dire il 9,6 per cento in più rispetto all’analogo periodo del 2005.

L’incremento è notevole, anche se inferiore alla corrispondente evoluzione nazionale dell’11,7 per cento. La buona intonazione delle esportazioni, evidenziata dai dati Istat, va nella stessa direzione indicata dall’indagine congiunturale, sia pure in termini ancora più lusinghieri. Ricordiamo ancora una volta che l’indagine congiunturale non coinvolge le imprese di grande dimensione, con più di 500 dipendenti, vale a dire la fascia maggiormente orientata all’export. Con ogni probabilità, la performance descritta dai dati Istat è in larga parte riconducibile al buon andamento delle grandi aziende.

Il periodo di produzione assicurato dal portafoglio ordini ha sfiorato i tre mesi e mezzo, leggermente al di sotto del valore nazionale e della circoscrizione nord-orientale. Rispetto al trend dei dodici mesi precedenti, non è stata riscontrata alcuna significativa variazione.

Lo sfasamento temporale che intercorre tra la richiesta di Cassa integrazione guadagni e la relativa autorizzazione Inps, fa si che i primi tre mesi del 2006 possano avere ereditato situazioni riferite agli ultimi mesi del 2005, ed è quindi necessaria una certa cautela nella valutazione dei dati. Ciò premesso, le ore autorizzate di Cassa integrazione guadagni di matrice anticongiunturale sono diminuite dalle circa 607.000 dei primi tre mesi del 2005 alle 572.723 dell’analogo periodo del 2006, vale a dire il 5,6 per cento in meno. La diminuzione è stata il frutto di andamenti settoriali piuttosto differenziati. Il contributo maggiore è venuto dal settore meccanico, che ha costituito quasi il 54 per cento del totale dell’industria in senso stretto, le cui ore autorizzate si sono ridotte del 6,6 per cento. Altri cali hanno interessato le industrie del legno, metallurgiche, della carta-poligrafiche, pelli e cuoio ed energetiche.

Non sono mancati gli aumenti come nel caso, ad esempio, delle industrie estrattive, alimentari, tessili, del vestiario-abbigliamento e chimiche.

Se rapportiamo il fenomeno alla consistenza degli occupati alle dipendenze in essere a fine 2005, possiamo vedere che l’Emilia-Romagna ha registrato il secondo migliore indice nazionale con appena 1,27 ore pro capite, alle spalle della Liguria (1,22), precedendo Friuli-Venezia Giulia (1,28) e Veneto (1,93).

Le ore autorizzate per gli interventi di carattere straordinario, la cui concessione è subordinata agli stati di crisi oppure a ristrutturazioni ecc. sono anch’esse diminuite, ma in misura ancora più ampia.

Nei primi tre mesi del 2006 ne sono state autorizzate 336.652 contro le 562.760 dei primi tre mesi del 2005, per un calo percentuale pari al 40,2 per cento. Il ridimensionamento della cig straordinaria è stato determinato in primo luogo dalla flessione dei settori meccanico e della trasformazione dei minerali non metalliferi. Nel caso degli interventi straordinari, l’intervallo di tempo che intercorre tra richiesta e autorizzazione Inps è significativamente superiore a quello che si registra relativamente alla cig ordinaria che è generalmente attorno al mese, mese e mezzo. Pertanto i primi tre mesi del 2006 potrebbero avere riflesso situazioni che appartengono al 2005. Al di là di questa considerazione, il fenomeno assume proporzioni decisamente contenute se rapportato all’occupazione alle dipendenze. In questo caso l’Emilia-Romagna ha registrato il migliore valore pro capite, con appena 0,74 ore autorizzate per dipendente, davanti a Umbria (1,15), Toscana (1,59) e Friuli-Venezia Giulia (2,30).

Per quanto concerne la movimentazione avvenuta nel Registro delle imprese, nel primo trimestre del 2006 il saldo fra iscrizioni e cessazioni dell’industria in senso stretto - senza considerare le cancellazioni di ufficio - è risultato negativo per 498 imprese, in misura più accentuata rispetto al passivo di 432 riscontrato nell’analogo periodo del 2005. La consistenza delle imprese attive, pari a fine marzo 2006 a 58.134 unità, è apparsa in leggero ridimensionamento (-0,7 per cento). Questa erosione è stata determinata dalle flessioni rilevate nelle società di persone e ditte individuali, pari rispettivamente al 2,3 e 1,3 per cento. E’ invece continuata la crescita delle società di capitale, la cui consistenza è aumentata del 2,3 per cento rispetto a marzo 2005.

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Artigianato

Nel primo trimestre del 2006 si è un po’ attenuata la fase decisamente negativa che ha contraddistinto l’artigianato manifatturiero dell’Emilia-Romagna negli ultimi tre anni.

Il quadro congiunturale continua tuttavia ad apparire molto più debole rispetto a quanto riscontrato nell’industria.

La produzione è aumentata dello 0,2 per cento rispetto al primo trimestre del 2005. E’ il primo tenue segnale positivo, dopo tre anni caratterizzati da continui cali. Nella circoscrizione Nord- orientale non è emersa alcuna variazione, mentre in Italia è stata rilevata una diminuzione dello 0,8 per cento.

La capacità produttiva è apparsa in risalita, attestandosi al 73,7 per cento, vale a dire quasi tre punti percentuali in più rispetto ai livelli del primo trimestre 2005. Nella più omogenea circoscrizione Nord-orientale è stato riscontrato un valore inferiore (71,1 per cento) e lo stesso è avvenuto in Italia (70,9 per cento). Al di là di queste differenze, traspare un utilizzo della capacità produttiva ancora inferiore - circa tre punti percentuali - rispetto ai livelli dell’industria.

Per le vendite vale quanto osservato per la produzione. L’aumento dello 0,8 per cento, per quanto modesto, soprattutto se rapportato alla crescita, oltre il 4 per cento, dei prezzi alla produzione, ha tuttavia interrotto una serie di cali durata tre anni, distinguendosi dal trend negativo del 3,0 per cento dei dodici mesi precedenti.

In Italia c’è stata invece una diminuzione dello 0,9 per cento, mentre nel Nord-est si è rimasti praticamente al palo (+0,1 per cento).

Gli ordini sono cresciuti tendenzialmente dello 0,8 per cento e anche in questo caso dobbiamo sottolineare la rottura avvenuta rispetto al triennio 2003-2005 caratterizzato da continue flessioni.

In Italia e nel Nord-est è emersa una situazione meno intonata. Nel Paese gli ordini sono tendenzialmente diminuiti dello 0,5 per cento, mentre nella ripartizione sono rimasti invariati.

Per quanto riguarda l’export, le poche imprese artigiane esportatrici manifatturiere - la percentuale ha sfiorato il 10 per cento contro il 23,5 per cento dell’industria - hanno destinato all’estero quasi il 24 per cento delle loro vendite, in misura più contenuta rispetto al valore nazionale (30,7 per cento) e Nord-orientale (32,1 per cento). La ridotta percentuale di imprese artigiane esportatrici sul totale è un fenomeno strutturale, tipico delle piccole imprese. Commerciare con l’estero comporta spesso oneri e problematiche, che la grande maggioranza delle piccole imprese non riesce ad affrontare.

L’andamento delle esportazioni è risultato positivo, distinguendosi dal trend moderatamente negativo dei dodici mesi precedenti. La crescita del 4,1 per cento è risultata più ampia di quella non solo dell’Italia e Nord-est, ma anche dell’industria emiliano-romagnola.

I mesi di produzione assicurati dalla consistenza del portafoglio ordini hanno superato i tre mesi, migliorando sul trend di due mesi e mezzo dei dodici mesi precedenti. Il dato regionale è apparso sostanzialmente in linea con quello nazionale.

Industria delle costruzioni

Nel primo trimestre del 2006 l’industria delle costruzioni dell’Emilia-Romagna ha registrato un andamento moderatamente espansivo.

Il volume d’affari è risultato in crescita dello 0,2 per cento, tuttavia in contro tendenza rispetto al trend moderatamente negativo riscontrato nei dodici mesi precedenti e a quanto avvenuto nel Paese e nel Nord-est dove sono state rilevate delle diminuzioni pari rispettivamente all’1,3 e 0,8 per cento.

La leggera crescita del fatturato riscontrata in Emilia-Romagna nel primo trimestre del 2006 è da attribuire alle imprese di media dimensione da 10 a 49 dipendenti, il cui aumento del 3,6 per cento ha pressoché bilanciato i cali rilevati nella classe da 1 a 9 dipendenti e da 50 a 500 dipendenti. Nelle imprese da 50 a 500 dipendenti, più orientate all’assunzione di commesse pubbliche, è stata registrata una flessione del 3,6 per cento, che ha confermato le difficoltà emerse sul finire del 2005.

Rispetto al trend dei dodici mesi precedenti c’è stato un peggioramento prossimo ai quattro punti percentuali.

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Per quanto concerne la produzione, la percentuale di imprese che ha registrato diminuzioni ha superato di poco la quota di chi, al contrario, ha dichiarato incrementi. Emerge insomma un andamento moderatamente negativo, che si riallaccia alla bassa crescita del volume di affari.

Per quanto concerne la Cig, le ore autorizzate per interventi ordinari, tradizionalmente contenute in quanto subordinate a inattività dovuta a casi di forza maggiore, nei primi tre mesi del 2006 sono diminuite del 36,7 per cento rispetto all’analogo periodo del 2005. La Cig straordinaria si è attestata su più di 413.000 ore autorizzate, contro le 189.377 dei primi tre mesi del 2005. Le crisi che hanno colpito nel passato alcune grande aziende del settore si fanno sentire. La gestione speciale che subordina la concessione delle ore autorizzate al maltempo che inibisce l’attività dei cantieri, ha registrato nei primi tre mesi del 2006 più di 708.000 ore, vale a dire il 5,7 per cento in meno rispetto all’analogo periodo del 2005. Nel Paese è stato invece rilevato un aumento del 25,3 per cento.

Commercio al dettaglio

Nel primo trimestre del 2006 si sono consolidati i segnali positivi emersi nei tre mesi precedenti.

A valori correnti è stata registrata in Emilia-Romagna una crescita tendenziale pari all’1,7 per cento, ancora inferiore all’aumento del 2,1 per cento dell’inflazione, ma superiore alla crescita prossima allo zero rilevata nei dodici mesi precedenti. Nella circoscrizione Nord-orientale è stato rilevato un aumento leggermente superiore, mentre in Italia c’è stata una crescita piuttosto contenuta pari allo 0,3 per cento.

La ripresa delle vendite è stata trainata dagli esercizi della grande distribuzione, il cui aumento del 4,8 per cento, superiore al trend di oltre due punti percentuali, ha bilanciato i cali accusati dagli esercizi della piccola (-1,2 per cento) e media distribuzione (-0,9 per cento). Ancora una volta le difficoltà maggiori sono emerse negli esercizi di più piccola dimensione, anche se in termini meno accentuati rispetto al trend.

Nell’ambito dei settori di attività specializzati, quello non alimentare è cresciuto dello 0,3 per cento, a fronte del calo dell’1,0 per cento accusato dai prodotti alimentari. Più segnatamente, è stato l’incremento dell’1,9 per cento dei prodotti per la casa, compresi gli elettrodomestici, a determinare la crescita del comparto non alimentare. Nell’abbigliamento e accessori c’è stata invece una diminuzione dello 0,3 per cento, che ha sostanzialmente uguagliato il trend negativo riscontrato nei dodici mesi precedenti. Nei prodotti diversi da quelli citati, la diminuzione si è attestata allo 0,4 per cento, in attenuazione rispetto al trend negativo del 2,1 per cento. Le note più positive sono venute da ipermercati, supermercati e grandi magazzini, le cui vendite sono cresciute tendenzialmente del 6,6 per cento, migliorando sul già apprezzabile trend del 4,2 per cento.

Sotto l’aspetto della localizzazione dei punti di vendita, sono stati gli esercizi plurilocalizzati, che comprendono larga parte della grande distribuzione, a crescere (+3,6 per cento), a fronte dei cali rilevati nelle imprese mono-localizzate nei centri storici-centri città (-1,1 per cento) e nei comuni turistici (-1,0 per cento).

La consistenza delle giacenze a fine marzo 2006 è stata caratterizzata dalla prevalenza delle imprese che l’hanno dichiarata esuberante, con una particolare accentuazione per i prodotti dell’abbigliamento e accessori. Questo andamento è apparso più evidente nella piccola e media distribuzione, mentre in quella grande il livello del magazzino è risultato prevalentemente stabile.

Le ripercussioni dell’aumento delle giacenze sulle previsioni di ordini ai fornitori non sono state tuttavia così evidenti. Le imprese che hanno manifestato il proposito di accrescere gli ordini ai fornitori nel secondo trimestre 2006 hanno superato di quasi trenta punti percentuali chi, al contrario, ha espresso l’intenzione di ridurli. Siamo in presenza di un segnale di ottimismo, che si è coniugato alle previsioni sulle vendite, dichiarate in aumento nel secondo trimestre del 2006 dal 50 per cento delle imprese, a fronte del 13 per cento che ha invece prospettato cali. Nell’ambito dei settori di attività i più ottimisti in fatto di aumento degli ordinativi sono stati gli esercizi al dettaglio alimentari, assieme ai prodotti per la casa ed elettrodomestici.

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