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La relazione terapeutica con il paziente migrante e la cultural competence del dietista: un contributo esperienziale

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Academic year: 2021

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La relazione terapeutica con il paziente migrante e la cultural competence del dietista: un contributo esperienziale

Morana PP, Giannini R, Carboni E, Ghidoni M, Fantuzzi AL

UO Scienza dell’Alimentazione e Dietetica AUSL Modena

RIASSUNTO

I dati sull’immigrazione nel territorio italiano evidenziano un aumento dei flussi migratori, che hanno trasformato l’Italia in un Paese multiculturale e hanno provocato una conseguente maggiore richiesta di assistenza sanitaria.

La popolazione straniera che accede alle strutture sanitarie italiane richiede ai professionisti sanitari, inclusi i dietisti, una competenza specifica quale requisito per migliorare l’efficacia dell’intervento terapeutico.

All’interno del team curante, il dietista partecipa all’elaborazione del programma terapeutico valutando lo stato nutrizionale del paziente ed elaborando un piano dietetico personalizzato, ponendo al centro del proprio intervento il paziente e le sue esigenze e tenendo conto della complessità della nutrizione, che non ha solamente una funzione biologica, ma assume anche un significato simbolico, sociale ed emotivo.

Il presente lavoro esamina le criticità riscontrate dai dietisti dell’UO di Scienza dell’Alimentazione e Dietetica dell’azienda AUSL di Modena nel trattamento nutrizionale di 50 pazienti stranieri, di cui 29 donne e 21 uomini, con età compresa tra i 17 e i 73 anni, con diabete mellito di tipo 1, diabete mellito di tipo 2, diabete gestazionale, malattia renale cronica. Su tale campione sono stati indagati, oltre alla storia dietetica, alcuni aspetti bio-psico-sociali e culturali delle abitudini alimentari, attraverso la rielaborazione italiana del questionario sulle abitudini alimentari realizzato da Goyan Kitler e Katheryn P. Sucher, e la realizzazione di interviste ai pazienti o parenti.

Le principali criticità riscontrate riguardano aspetti tecnici (valutazione nutrizionale, elaborazione del piano dietetico, monitoraggio dell’intervento nutrizionale), qualitativi (conoscenza degli alimenti etnici, relativi ingredienti e modalità di preparazione) e quantitativi (mancano adeguati strumenti per la stima dell’intake calorico e dell’apporto di macro- e micronutrienti).

Per migliorare tali aspetti critici, sono state raccolte informazioni su alcuni cibi etnici, relativi ingredienti e metodi di preparazione per l’elaborazione di un database, ed è stata effettuata un’integrazione dell’atlante fotografico italiano con i cibi etnici più rappresentativi.

SUMMARY

The therapeutic relationship with migrants and the dietician’s cultural competences: a fieldwork report

Italian migration statistics illustrate the growing numbers of migrants in Italy and the consequent increasing demand for health care.

Cultural competence in health care is needed, to improve therapeutic efficacy for migrants who have access to the National Health Service.

Dieticians, as members of multi-disciplinary teams dealing with various clinical conditions, have an important role in patients’ care, and have to make nutrition assessments, develop personalized dietary interventions, and focus on the individual’s needs and concerns, especially since the complex topic of nutrition has symbolic, social, cultural and emotional significance.

The present study examined the experience and challenges faced by dieticians at the UO di Scienza dell’Alimentazione e Dietetica of the Modena Health Service in 50 foreign patients, 29 women and 21 men, aged between 17 and 73 years, with DM2, DM1, GDM, and chronic renal failure. We analyzed their dietary history, social, psychological, biological and cultural aspects of their eating habits, using an Italian version of the assessment questionnaire “Cultural encounter” by Goyan Kitler and Katheryn P. Sucher, and interviewed patients and their relatives. Common difficulties in data collection concerned technical aspects (nutrition assessment, drawing up dietary plans, monitoring and evaluating nutrition); qualitative information (knowledge of ethnic foods) and quantitative measures (lack of culture-specific tools for measuring food intake – calories, macro- and micro-nutrients). We collected information about meal patterns and ingredients, and how ethnic foods are prepared and consumed, to formulate an ethnic food composition database. This Italian photographic ‘atlas’ was then completed with photos of ethnic dishes, for assessing portion sizes.

Corrispondenza: dott.ssa Paola Patrizia Morana, via Lagrange 26, 41126 Modena • e-mail: p.morana@ausl.mo.it

Pervenuto il 06-05-2016 • Prima revisione del 29-09-2016 • Seconda revisione del 07-10-2016 • Accettato il 12-10-2016 Parole chiave: dietista, competenze multiculturali, trattamento nutrizionale, pazienti immigrati, abitudini alimentari, cibi entici Key words: dietician, cultural competence, nutritional therapy, non-European patient, food habits, ethnic foods

Abbreviazioni: AND, Academy of Nutrition and Dietetics; DH, dietetic history, storia dietetica; DM1, diabete mellito di tipo 1; DM2, dia- bete mellito di tipo 2; EPIDIAR, Epidemiology of Diabetes and Ramadan; GDM, gestational diabetes mellitus, diabete mellito gestazio- nale; NCPM, Nutrition Care Process and Model.

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Introduzione

I movimenti migratori degli ultimi vent’anni hanno reso l’Italia un Paese multiculturale. Al primo gennaio 2013, i cittadini stranieri residenti in Italia erano 4.387.721 pari al 7% della popolazione. I cittadini stranieri residenti in Emilia-Romagna in quella stessa data erano 530.015, il 18% dei quali residente a Modena

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. L’analisi dello stato di salute degli stranieri residenti nella provincia di Mo- dena ha evidenziato che le patologie croniche più fre- quenti sono il diabete mellito, le malattie cardiovascolari e l’insufficienza renale cronica

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. Questo scenario assi- stenziale rende necessaria l’acquisizione di competenze multiculturali da parte dei dietisti e degli altri operatori sa- nitari impegnati nella cura dei pazienti con malattia cro- nica

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. L’alimentazione è carica di valori identitari e societari che devono essere considerati con attenzione nella pianificazione della dieta perché sono essenziali per costruire un’alleanza terapeutica con il paziente straniero.

L’Academy of Nutrition and Dietetics (AND) ritiene lo svi- luppo di una cultural competence lo strumento centrale per promuovere un cambiamento dello stile di vita nei pazienti stranieri con malattia cronica

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.

Il presente lavoro descrive i problemi riscontrati durante l’attività di supporto nutrizionale di tali pazienti con lo scopo di sensibilizzare i dietisti e gli altri operatori al pro- blema dell’assistenza sanitaria del paziente straniero e di- scuterne alcuni possibili approcci.

Materiale e metodi

È stata effettuata la valutazione di 50 pazienti consecutivi inviati all’Unità Operativa di Scienza dell’Alimentazione e Dietetica dell’AUSL di Modena per il trattamento nu- trizionale di diabete mellito di tipo 1 (DM1), diabete mellito di tipo 2 (DM2), diabete gestazionale (GDM) e malattia renale cronica.

Il trattamento nutrizionale include la valutazione delle abitudini alimentari, l’elaborazione e la stesura di un pro- tocollo dietetico personalizzato, elaborato sulla base della patologia di base e delle comorbilità, della terapia farmacologica e delle abitudini alimentari investigate du- rante il colloquio, secondo la migliore evidenza dispo- nibile.

Tali piani dietetici differiscono dalle diete per i pazienti italiani per aspetti prevalentemente religiosi: carni halal per musulmani; esclusione di alimenti di origine animale per indù vegetariani.

I dati relativi alle abitudini alimentari sono stati raccolti at- traverso:

– rassegna delle cartelle dietetiche;

– questionario, realizzato adattando in Italiano e am- pliando il questionario validato “Cultural encounter”

elaborato da Goyan Kitler e Katheryn P. Sucher,

(Figg. 1, 2)

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, somministrato ai pazienti o ai loro fa- miliari per approfondire la valutazione delle abitudini alimentari.

Dalla rassegna delle cartelle dietetiche è stato possibile trarre i dati anagrafici e antropometrici disponibili, ed è stata valutata la compliance attraverso la storia dietetica (DH), un’intervista strutturata utilizzata per investigare le abitudini alimentari dal punto di vista quantitativo e qua- litativo. La stima quantitativa prevede lo studio del com- portamento alimentare sia per quanto concerne le frequenze di consumo sia le porzioni, basandosi sulle ta- vole bromatologiche dell’Istituto Europeo di Oncologia che integrano le tavole bromatologiche dell’INRAN e ta- vole nazionali e internazionali, e consente di valutare:

energia, proteine, lipidi (saturi, monoinsaturi, polinsa- turi), carboidrati (semplici, complessi), sodio, potassio, calcio, fosforo, colesterolo, fibra, acqua. Grazie a questo strumento è possibile stimare l’aderenza alle modifiche alimentari proposte.

ll questionario adattato comprende:

1) parte anagrafica (età, sesso, provenienza, stato civile, professione, conoscenza della lingua italiana, periodo di soggiorno in Italia);

2) parte anamnestica (diagnosi, esordio della malattia e

Figura 1 Questionario cultural encounter.

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Paese in cui è stata diagnosticata, attività motoria, compliance dietetica, presentazione alle visite di follow-up);

3) parte dedicata alla valutazione quali-quantitativa delle abitudini alimentari, alle modalità di approvvigiona- mento degli alimenti, ai metodi di preparazione e cottura dei cibi, al comportamento alimentare in re- lazione alla religione.

Risultati

La distribuzione dei pazienti per sesso e provenienza è ri- portata in tabella 1 e la distribuzione per età è riportata in tabella 2.

La patologia maggiormente riscontrata è il DM2, che col- pisce il 50% del campione, il 10% dei pazienti è affetto da DM1, il 24% è affetto da GDM, il 16% è affetto da malattia renale cronica (insufficienza renale cronica, ne-

fropatia diabetica, trapianto renale e trattamento diali- tico peritoneale).

La maggioranza dei pazienti soggiornava in Italia da più di 10 anni. Il 54% riferiva di avere una buona padronanza della lingua italiana. Le persone con difficoltà linguistiche erano accompagnate da parenti con maggiori compe- tenze. L’8% dei pazienti non aveva sostegno familiare, giu- dicato in base alla presenza o assenza di parenti in Italia.

Il 78% dei pazienti era coniugato/convivente, il 16%

nubile/celibe e il 6% vedovo. Per quanto riguarda la po- sizione lavorativa, il questionario ha rilevato: 22% casa- linga, 20% disoccupato, 22% operaio, 4% artigiano, 4%

impiegato, 6% pensionato, 4% studente, 4% professioni di aiuto (badante), 4% camionista, 6% operatore sanita- rio, 2% commerciante e 2% insegnante.

Con il questionario è stato possibile indagare anche la re- ligione professata, in quanto questo aspetto può forte- mente influenzare le abitudini alimentari; i pazienti erano in prevalenza cristiani (48%) e musulmani (42%), o di altre religioni (buddisti 2%; induisti 2%), infine il 2% ha dichiarato di essere ateo e il 4% non ha risposto.

Per quanto attiene alla relazione tra alimentazione e reli- gione, il 57% dei pazienti di fede musulmana segue le regole alimentari islamiche. Il 48% dei pazienti musul- mani osserva il digiuno del Ramadan, mentre il 33% non

Figura 2 Questionario rielaborato.

Tabella 1 Distribuzione per sesso e provenienza.

Paese Maschi Femmine

vn % vn %

Marocco 7 50 7 50

Ghana 3 37 5 63

Filippine 2 40 3 60

Albania 3 75 1 25

Romania 2 67 1 33

Tunisia – – 2 100

Iran – – 2 100

Turchia – – 2 100

Pakistan 1 50 1 50

Senegal 1 100 – –

Nigeria – – 1 100

India 1 100 – –

Sri Lanka – – 1 100

Ucraina – – 1 100

Croazia – – 1 100

Burundi 1 100 – –

Moldavia – – 1 100

Tabella 2 Distribuzione per età.

Età < 20 anni 20-29 anni 30-39 anni 40-49 anni 50-59 anni≥ 60 anni vn % vn % vn % vn % vn % vn % n pazienti 2 4 9 18 12 24 8 16 8 16 11 22

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lo osserva a causa della presenza della malattia cronica o perché in stato di gravidanza. Il 10% di dei pazienti mu- sulmani non ha risposto.

Il 18% dei pazienti provvedeva da solo all’approvvigio- namento degli alimenti, il 46% assieme al coniuge/con- vivente e il 34% delegava la funzione a un altro membro della famiglia. Il 2% dei pazienti veniva assistito dalla Caritas per quanto riguarda l’approvvigionamento ali- mentare.

Il 44% dei pazienti si occupava personalmente della cu- cina, con un maggiore grado di autonomia nella prepa- razione dei cibi da parte delle donne.

La cucina italiana è gradita a tutti i pazienti, che prepa- rano cibi italiani con una frequenza variabile (da qualche volta al mese a tutti giorni).

La valutazione della compliance dei pazienti regolar- mente presenti alle visite di controllo (56% dei pazienti del campione nell’arco di 6 mesi) è risultata essere ot- tima nel 16% dei pazienti, buona nel 58%, media nel 6%, bassa nell’8% e molto bassa nel 12%.

Il questionario somministrato ha permesso di indagare la capacità di modificare le abitudini alimentari per una migliore gestione della malattia ed è significativo che il 70% dei pazienti non abbia risposto a tale domanda;

il 18% dei pazienti ha cambiato le proprie abitudini alimentari consumando cibi tradizionali solo occasio- nalmente o modificando le ricette delle preparazioni più elaborate per renderle più conformi ai consigli die- tetici.

Al riguardo, emergono dei punti critici di estrema im- portanza, che riguardano l’accuratezza della stima del- l’intake energetico e dell’aderenza al piano dietetico:

difficoltà nel reperire fonti della composizione bromato- logica sia degli ingredienti sia degli alimenti pronti; ina- deguata conoscenza degli alimenti etnici, delle modalità di preparazione; carenza di adeguati strumenti per la stima dell’introito di energia e nutrienti.

Sono stati inoltre valutati gli aspetti bio-psico-sociali e culturali delle abitudini alimentari, in relazione al percorso migratorio e al cambiamento dello stile di vita prodotto dalla malattia cronica.

È emerso che un fattore determinante per il cambia- mento delle abitudini alimentari è la composizione fami- liare: la nascita dei figli costringe a intensificare i contatti con la società di accoglienza e i bambini in età scolare diventano elementi di cambiamento, anche nella sfera alimentare.

Il 96% dei pazienti intervistati cucina o mangia cibi tra- dizionali: il 34% quotidianamente, il 52% una o due volte alla settimana, in particolare durante il weekend a causa dell’impegno e del tempo richiesti per la preparazione. Il 10% non ha risposto alla domanda, mentre solo il 4%

non cucina piatti tradizionali.

Le riunioni familiari assumono un significato particolare,

perché è possibile cimentarsi nella preparazione delle specialità tradizionali (pane, couscous, fufu ecc.).

L’acquisto degli ingredienti tipici per la preparazione dei piatti della tradizione è reso possibile dalla presenza dei negozi etnici o dai supermercati italiani maggiormente forniti.

I negozi di alimenti etnici hanno un importante ruolo nella disponibilità degli ingredienti tipici delle prepa - razioni di varie culture: i pazienti intervistati infatti fre- quentano negozi specializzati in prodotti marocchini, africani, cinesi, rumeni ecc.

Il 14% dei pazienti ha dichiarato di reperire gli ingredienti esclusivamente nei supermercati italiani e il rimanente 86% sia nei supermercati italiani sia nei negozi etnici del proprio Paese d’origine.

Un aspetto culturale che rende difficile stimare le porzioni di cibo tradizionale consumate dai pazienti è il fatto che il 42% dei pazienti consuma i cibi tradizionali con le mani.

Un ulteriore punto critico riguarda la stima dell’introito di energia e nutrienti perché solo il 40% dei pazienti uti- lizza la bilancia per pesare.

Discussione

Varie sono le criticità emerse in tutti gli ambiti della pra- tica clinica del dietista e in tutte le fasi del processo di assistenza nutrizionale: valutazione e intervento nutrizio- nale; monitoraggio a breve e a lungo termine.

1) Barriere linguistiche. Nella presa in carico del paziente straniero, la relazione terapeutica è complicata dalle barriere linguistiche, anche nei casi di lunga perma- nenza nel nostro territorio. La capacità di compren- dere le informazioni è pregiudicata dalla scarsa conoscenza della lingua italiana: vi è uno stretto col- legamento tra livello di scolarizzazione, status socio- economico, condizioni di salute e capacità di fruizione dei servizi sanitari

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. Nei soggetti con bassa compe- tenza linguistica si riscontrano maggiori difficoltà nella comprensione di informazioni scritte od orali, nel- l’adesione al piano terapeutico, ivi incluso il piano die- tetico.

2) Storia dietetica. Nel trattamento nutrizionale dei pa-

zienti con malattie croniche, la personalizzazione del

piano dietetico è essenziale per promuovere la com-

pliance e garantire l’effetto terapeutico. La stesura del

piano nutrizionale richiede un’attenta valutazione

delle abitudini alimentari attraverso la conduzione

della storia dietetica

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, indispensabile per attuare un

adeguato percorso di modifica e miglioramento delle

abitudini alimentari, rispetto alla situazione clinica e

alle esigenze/preferenze del paziente. La storia diete-

tica è inoltre un importante strumento pedagogico

che supporta costantemente la relazione dietista-

paziente.

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È condizione indispensabile che la valutazione delle abitudini alimentari sia la più accurata possibile sia per gli aspetti qualitativi che quantitativi e fra i materiali utilizzati l’Atlante fotografico delle porzioni degli ali- menti

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risulta essere un supporto fondamentale e viene utilizzato di routine dai dietisti della UO di Scienza dell’Alimentazione e Dietetica dell’AUSL di Modena. L’utilizzo di questo strumento ha eviden- ziato come la mancanza di un atlante fotografico delle porzioni degli alimenti etnici, in aggiunta alla carenza di tavole di composizione bromatologica delle preparazioni tradizionali, limiti l’accuratezza della valutazione nutrizionale. A tal fine, si rende necessaria un’integrazione, con l’inserimento delle porzioni e delle tipologie dei cibi etnici più rappre- sentativi per le varie comunità, come proposto nelle

figure 3 e 4, che raffigurano rispettivamente tre di-

verse porzioni di un piatto tradizionale ghanese (am- pesi) e di uno marocchino (couscous).

Aspetti fondamentali della storia dietetica che do- vrebbero essere investigati in modo sistematico nel paziente migrante sono:

– regole alimentari religiose;

– tipologia di alimenti consumati nelle occasioni speciali (per es. festività);

– grado di integrazione e acculturazione alimentare (per es. consumo di cibi italiani);

– credenze su alimentazione e salute;

– approvvigionamento del cibo.

3) Regole alimentari religiose. Tra le regole alimentari re-

ligiose, grande importanza assume il digiuno durante il Ramadan, sia per il forte impatto emotivo sia perché rappresenta una forte criticità nella cura del diabete:

secondo lo studio EPIDIAR (Epidemiology of Diabetes and Ramadan) il 43% dei soggetti con DM1 e il 79%

dei soggetti con DM2 svolgono tale pratica, nono- stante le possibili esenzioni

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. Nello specifico, i mag- giori rischi associati al digiuno nel paziente diabetico sono ipoglicemia, iperglicemia, chetoacidosi diabe- tica, disidratazione e trombosi. Risulta fondamentale conoscere le regole nutrizionali relative al Ramadan, in modo da elaborare un piano dietetico che per- metta di affrontare le notevoli modifiche apportate alle consuete abitudini alimentari: digiuno lungo circa 18 ore, pasti dal contenuto calorico spesso elevato e ravvicinati nella fascia serale-notturna, eventuale scor- retta distribuzione dei carboidrati e dei nutrienti in re- lazione alla terapia farmacologica.

4) Valore simbolico dei cibi tradizionali. Dall’analisi degli aspetti qualitativi delle abitudini alimentari, è stato evidenziato il valore centrale del cibo nei processi mi- gratori: conservare i sapori e gli odori del proprio Paese mantiene in vita il legame con la propria terra e la propria cultura, ricrea sentimenti di appartenenza e di identità e alcuni piatti acquisiscono un forte va- lore simbolico, nonostante i cambiamenti che le con- dizioni socio-economiche e il livello di acculturazione della persona possano provocare modifiche nello stile alimentare. Alcuni alimenti con importante valore cul- turale sono il tè alla menta per i pazienti provenienti

plantano: 60 g, yam: 70 g cocoyam: 40 g, sugo: 70 g

plantano: 100 g, yam: 150 g cocoyam: 70 g, sugo: 150 g

plantano: 100 g, yam: 200 g cocoyam: 150 g, sugo: 100 g

couscous: 150 g, verdura: 100 g carne: 80 g

couscous: 200 g, verdura: 140 g carne: 80 g

couscous: 250 g, verdura: 150 g carne: 80 g

Figura 3 Ampesi.

Figura 4 Couscous.

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dal Marocco, bevuto dopo il pasto o al pomeriggio, e in genere servito con dolci; olio di palma per i pa- zienti dal Ghana; panna acida per i pazienti dalla Ro- mania; latte di cocco per i pazienti provenienti dalle Filippine e dallo Sri Lanka. Al riguardo, si riscontrano alcuni problemi nutrizionali derivanti dal consumo frequente di particolari alimenti etnici, in particolare nel caso di pazienti con diabete: tè zuccherato e dolci prevalentemente nei pazienti marocchini; alimenti ad alto indice glicemico nel caso di pazienti ghanesi (fufu a base di fecola di patate o derivati di mais raffinati, patate).

5) Competenze culturali. Criticità relative alle competenze culturali sono le seguenti: inadeguata conoscenza degli alimenti etnici, dei loro ingredienti e delle mo- dalità di preparazione; carenza di adeguati strumenti per la stima dell’introito di energia e nutrienti. Sia nella fase della valutazione delle abitudini alimentari sia in quella dell’intervento nutrizionale, lo sviluppo di adeguate competenze culturali consente di mi- gliorare l’efficacia delle prestazioni e del grado di sod- disfazione del paziente.

La nostra esperienza supporta la posizione dell’AND, che ritiene le competenze multiculturali un requisito fondamentale per i professionisti dietisti impegnati in ambito clinico. Essi si inquadrano all’interno del Nutrition Care Process and Model (NCPM)

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, un metodo sistematico di soluzione dei problemi che i professionisti della nutrizione dovrebbero uti- lizzare per assumere decisioni, affrontare problema- tiche relative all’alimentazione dei pazienti, fornire un’assistenza nutrizionale sicura, efficace e di alta qualità, il cui nucleo centrale è la relazione terapeu- tica.

Conclusioni

Le cartelle dietetiche e i questionari somministrati ai pa- zienti stranieri hanno evidenziato gli aspetti più critici al- l’interno della relazione d’aiuto e in particolare il carico simbolico e culturale associato all’alimentazione della terra d’origine.

L’utilizzo di materiale visivo, come un atlante fotografico degli alimenti etnici, può in parte aggirare le barriere lin- guistiche e permettere di effettuare un approccio educa- tivo con i pazienti stranieri: la visualizzazione dei principali piatti tipici e delle varie porzioni è di supporto al rinforzo di messaggi “positivi” riguardo al controllo delle porzioni stesse e al mantenimento delle tradizioni, per quanto possibile.

A tale scopo sono state raccolte, con la collaborazione dei pazienti, informazioni sui cibi etnici maggiormente

diffusi, gli ingredienti principali e i metodi di prepara- zione. Le informazioni disponibili ci hanno consentito di costruire un database da utilizzare per conoscere i piatti tradizioni principali delle varie culture e adeguare il trat- tamento dietetico alle esigenze “uniche” del paziente che il dietista ha in cura.

L’atlante fotografico delle porzioni degli alimenti attual- mente in uso, anche se elaborato sulla base delle tradi- zioni alimentari italiane, consente di riconoscere molti dei cibi comunemente consumati dai pazienti stranieri (pre- parazione a base di carne o pesce, basi amidacee come riso e farina di mais, frutta e verdura), ma è necessaria un’integrazione con i piatti tradizionali di ogni naziona- lità.

Conflitto di interessi Nessuno.

Bibliografia

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