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Accademia Nazionale di Santa Cecilia Stagione Sinfonica

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Academic year: 2022

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Accademia Nazionale di Santa Cecilia Stagione Sinfonica 2018 2019

Giovedì 18 Ottobre ore 19.30 - Turno G-G1 Venerdì 19 Ottobre ore 20.30 - Turno V-V1 Sabato 20 Ottobre ore 18.00 - Turno S-S1 Sala Santa Cecilia

Auditorium Parco della Musica

Orchestra dell’Accademia Nazionale di Santa Cecilia Mikko Franck

direttore

Sol Gabetta

violoncello

Il concerto è ripreso da Rai Radio3 e da Rai 5 per successive trasmissioni.

La prima trasmissione televisiva su Rai 5 avverrà il 6 dicembre alle ore 21.15

L’orchestra in tournée

Dal 22 al 27 ottobre l’Orchestra, il direttore Mikko Franck e Sol Gabetta saranno in tournée in Europa con tappe a Verona, Brescia, Milano,

Monaco di Baviera e Bregenz.

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Programma

Prima parte

Pëtr Il’ič Ciajkovskij

(Votkinsk,1840 – San Pietroburgo, 1893)

Romeo e Giulietta, ouverture fantasia

Andante non tanto quasi moderato. Allegro giusto

Durata 20’ circa

Édouard Lalo

(Lilla, 1823 – Parigi, 1892)

Concerto in re minore per violoncello e orchestra I. Prélude (Lento - Allegro maestoso)

II. Intermezzo (Andantino con moto - Allegro presto) III. Introduction (Andante) - Allegro vivace

Durata 25’ circa

Seconda parte

Jean Sibelius

(Hämeenlinna, 1865 – Järvenpää, 1957)

Sinfonia n. 2 in re maggiore op. 43 Allegretto

Tempo andante ma rubato Vivacissimo

Finale: Allegro moderato

Durata 45’ circa

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Pëtr Il’ič Ciajkovskij

Romeo e Giulietta Ouverture-fantasia Data di Composizione 1869

Prima esecuzione Mosca, 4 marzo 1870, direttore Nikolaj Rubinstein Organico ottavino, 2 flauti, 2 oboi, corno inglese, 2 clarinetti, 2 fagotti, 4 corni, 2 trombe, 3 tromboni, basso tuba, timpani, piatti, grancassa, arpa, archi

Durata 20’ circa

L’ouverture-fantasia Romeo e Giulietta è considerata uno dei primi capolavori di Ciajkovskij. Fu Milij Balakirev, nell’estate del 1869, a convincere l’allora giovane e promettente compositore a scrivere un lavoro prendendo spunto dalla tragedia di Shakespeare. “La mia Ouverture - scrisse Cajkovskij all’amico, qualche mese dopo - procede abbastanza rapidamente, la maggior parte è già stata composta e una parte considerevole di ciò che Voi mi avete consigliato di fare è stata realizzata secondo le Vostre istruzioni. In primo luogo, l’impianto è Vostro: l’introduzione che descrive il frate, la rissa - Allegro, l’amore - il secondo tema - e, secondariamente, le modulazioni, sono Vostre:

l’introduzione in mi maggiore, l’Allegro in si bemolle minore e il secondo soggetto in re maggiore.“

Romeo e Giulietta fu impostato in forma sonata, aperto da

un’introduzione associata al tema di Frate Lorenzo, e con il primo tema dell’Allegro ispirato all’ostilità fra Capuleti e Montecchi e il secondo alla vicenda degli amanti. Il finale è una marcia funebre basata sul tema degli amanti e su una ripresa del tema di Frate Lorenzo dell’inizio.

La composizione piacque all’esigentissimo Balakirev e fu eseguita per la prima volta il 4 marzo 1870 a Mosca, in un concerto della Società Musicale Russa diretto da Nikolaj Rubinstein. Cajkovskij giudicava questa musica la migliore tra tutte quelle che aveva scritto fino a quel momento, tuttavia ciò non gli impedì di rivedere varie volte la partitura nel corso del tempo, fino all’edizione definitiva del 1880.

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Romeo e Giulietta di Ciajkovskij

di Oreste Bossini

Il tema del Romeo e Giulietta ha avuto, come è noto, vasta fortuna fra i musicisti. Nel 1839 Hector Berlioz aveva composto un’ampia

“sinfonia drammatica per soli, coro e orchestra” che diresse

a San Pietroburgo vent’anni dopo. A uno dei concerti tenuti da Berlioz in Russia, nell’inverno del 1867-68, il giovane Ciajkovskij ebbe modo di ascoltare qualche pagina del Roméo et Juliette francese. L’influenza di Shakespeare giungeva un po’ smorzata alla giovane scuola dei musicisti russi, attraverso il filtro delle passioni teatrali romantiche di Hugo, Musset e Dumas. Le grandi Sinfonie a programma di Berlioz costituivano la prima spremitura di quelle forme d’espressione nuove e rivoluzionarie, che gli scrittori e gli artisti romantici avevano intravisto in Shakespeare, Goethe e Virgilio.

Il primo musicista russo in grado di riconoscere e coltivare questa moderna sensibilità verso il mondo letterario fu Milij Alekseevic Balakirev, che animava a San Pietroburgo il circolo di musicisti passato alla storia come il Gruppo dei Cinque. Ciajkovskij non ne faceva parte in senso

proprio, ma manteneva rapporti di stima e di ammirazione sia con il leader, sia con altri compositori del gruppo, in particolare

Nikolaj Rimskij-Korsakov.

Nell’estate del 1869 Balakirev arrivò a Mosca ed ebbe occasione di frequentare il giovane e promettente compositore, uscito dal Conservatorio e perciò malvisto dagli altri membri del suo circolo. Durante il soggiorno, Balakirev persuase Ciajkovskij a scrivere un lavoro prendendo spunto dalla tragedia di Shakespeare.

“La mia Ouverture – scrisse Ciajkovskij all’amico, qualche mese dopo – procede abbastanza rapidamente, la maggior parte è già stata composta e una parte considerevole di ciò che Voi mi avete consigliato di fare è stata realizzata secondo le Vostre istruzioni. In primo luogo, l’impianto è Vostro: l’introduzione che descrive il frate, la rissa – Allegro, l’amore – il secondo tema – e, secondariamente, le modulazioni, sono Vostre: l’introduzione in mi maggiore, l’Allegro in si bemolle minore e il secondo soggetto in re maggiore. Certamente non sono nella posizione di dire cosa sia buono e che cosa no. Non posso essere

LIBRI David Brown Ciajkovskij

Guida alla vita e all’ascolto Il saggiatore, Milano 2012 Alexandra Orlova Cajkovskij. Un autoritratto EDT, Torino 1993

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oggettivo verso le mie creature; scrivo come sono capace; è sempre difficile per me soffermarmi su un’idea musicale tra quelle che mi vengono in mente, ma una volta sceltane una, mi abituo a essa,

ai suoi lati positivi come a quelli negativi, così che mi risulta incredibilmente faticoso rielaborarla o riscriverla”.

Romeo e Giulietta piacque all’esigentissimo Balakirev – sarebbe stato difficile il contrario, viste le premesse – e fu eseguita per la prima volta il 4 marzo 1870 a Mosca, in un concerto della Società Musicale Russa diretto

da Nikolaj Rubinstein.

Ciajkovskij giudicava questa musica la migliore tra tutte quelle che aveva scritto fino a quel momento, tuttavia ciò non gli impedì di rivedere varie volte la partitura nel corso del tempo, fino all’edizione definitiva del 1880.

Per Ciajkovskij il teatro di Shakespeare costituiva una potente illustrazione delle fondamentali passioni del cuore umano. Il suo linguaggio musicale tendeva a riempire gli spazi ereditati dalla tradizione, senza aspirare ad allargare i confini delle forme stabilite.

Il programma letterario dell’Ouverture forniva a Ciajkovskij una situazione drammaturgica ideale per costruire una classica pagina da concerto. La vicenda di Romeo e Giulietta si riduce nella sua versione a due elementi drammatici contrastanti, che racchiudono in sintesi tutta la tragedia.

Il primo consiste nella violenta faida feudale tra Capuleti e Montecchi, che si esprime nel nodoso tema dell’Allegro giusto, un secco fascio di ritmi e sincopi inchiodato fino alla fine alla tonalità di si minore.

Al lato opposto troviamo invece il tema dell’amore, “dolce ma sensibile”

come recita l’indicazione espressiva della partitura, che fluttua in varie tonalità fino a consumarsi nell’estenuata e sublime apparizione finale, nella coda, sospesa in un etereo si maggiore scandito da liquidi arpeggi dell’arpa.

Una morte voluttuosa, quella degli amanti, certificata

dal drammatico epilogo affidato a un estremo ritorno del tema principale, che sembra piombare sul corpo esanime dei due infelici

CD

Romeo and Juliet Hamlet

The Tempest

Simón Bolívar Symphony Orchestra of Venezuela Gustavo Dudamel direttore DGG 2011

Ciajkovskij

Overtures and Fantasies Romeo and Juliet;

Francesca da Rimini;

1812 Overture;

Waltz e Polonaise da Onegin, Orchestra e Coro

dell’Accademia Nazionale di Santa Cecilia

Antonio Pappano direttore Warner 2007

Romeo e Giulietta Lo schiaccianoci Berliner Philharmoniker Herbert von Karajan 1994 Karajan Gold DGG

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rampolli come una pietra tombale. La realtà, sembra concludere l’autore, avrà sempre la meglio sul sogno d’amore.

L’Ouverture è costruita in sostanza come un ampio movimento di Sonata, preceduto da un’introduzione (Andante non tanto quasi Moderato) e seguito da un’appendice (Moderato assai), che funge da reminiscenza del dramma. La forma sostanzialmente strofica di quest’ampia pagina orchestrale rispecchia l’ordine classicheggiante della sua struttura architettonica. Ciajkovskij ricorre in qualche punto, come per esempio all’inizio dello sviluppo, allo stile contrappuntistico, giustificando così certe accuse di accademismo che gli venivano rivolte dall’ambiente dei Cinque. In definitiva la grande bellezza del lavoro consiste soprattutto nella schiacciante forza dell’invenzione melodica, concentrata nell’irresistibile frase d’amore che costituisce il cosiddetto secondo tema. Ciajkovskij si limitava forse a sviluppare una sola idea, ma con una tale potenza espressiva da far risultare “incredibilmente faticoso rielaborarla o riscriverla”, come confessava candidamente l’autore nella già menzionata lettera a Balakirev.

Frank Bernard Dicksee, Romeo and Juliet - 1884

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Édouard Lalo

Concerto in re minore per violoncello e orchestra Data di composizione 1876.

Prima esecuzione 3 dicembre 1878 Parigi;

direttore Jules Étienne Pasdeloup violoncello Adolphe Fischer Organico 2 flauti, 2 oboi, 2 clarinetti, 2 fagotti, 4 corni, 2 trombe, 3 tromboni, timpani, archi

Durata 25’ circa

Il concerto per violoncello e orchestra in re minore fu composto da Lalo nel 1876 ed eseguito la prima volta a Parigi il 3 dicembre 1878, con il famoso violoncellista solista Adolphe Fischer, in occasione

dei “concerts populaires”, un ciclo di concerti creato con l’obiettivo di avvicinare alla musica il pubblico più ampio possibile.

Il concerto divenne, assieme a quello di Saint-Saëns, il più importante contributo della musica francese al repertorio concertistico per violoncello.

Il concerto è suddiviso in tre movimenti.

l primo movimento inizia con una parte introduttiva (Prélude - Lento) di carattere nobile e drammatico; segue l’Allegro maestoso che ha una forma tradizionale, con la consueta contrapposizione di due temi, uno più eroico e appassionato e un secondo più dolce e cantabile.

Il secondo movimento accoglie alcuni elementi di quell’esotismo iberico tanto caro alla cultura francese dell’Ottocento (non dimentichiamo che Lalo vantava origini spagnole e la sua più celebre composizione è proprio quella Symphonie espagnole scritta per il violinista Pablo de Sarasate).

Il concerto si conclude con un terzo movimento di grande vivacità e freschezza.

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Concerto per violoncello di Lalo

di Oreste Bossini

Il 3 dicembre 1878, giusto l’anno in cui Ciajkovskij e Brahms creavano i loro Concerti per violino e orchestra, i lavori concertanti per strumento ad arco di maggior rilievo dell’Ottocento, Edouard Lalo presentava in pubblico il suo Concerto per violoncello e orchestra in re minore.

Il solista era Adolphe Fischer, un eminente violoncellista belga trasferitosi a Parigi nel 1868, che interpretò per la prima volta il lavoro in uno dei

“Concerts populaires” organizzati dall’instancabile direttore d’orchestra Jules-Etienne Pasdeloup.

Il Concerto ebbe successo e costituì, assieme a quello di Saint-Saëns, il più importante contributo della musica francese allo scarno repertorio concertistico del violoncello.

Lalo, nato in una famiglia di militari, si era formato come violinista e per molti anni si era guadagnato da vivere a Parigi suonando la viola nel Quartetto Armingaud.

La conoscenza e la pratica della musica strumentale orientavano naturalmente il suo stile verso gli autori classici e romantici. La musica Schumann, in particolare, rappresentava per Lalo la forma più moderna e seria dello stile concertante, una volta tramontata l’epoca del virtuosismo brillante e da salon, che aveva dominato la scena musicale di Parigi nella prima metà dell’Ottocento.

Questa tendenza verso una musica più impegnativa era però ancora avvertita come un difetto dal pubblico del teatro, in particolare dagli amanti del balletto, che criticarono aspramente il suo Namouna, messo in scena all’Opéra nel 1882, bollando l’autore della musica come un “sinfonista”.

I giovani, però, erano dalla sua parte, tanto che il loro entusiasmo nel sostenere il lavoro provocò per un certo tempo l’interdizione del teatro agli allievi di composizione del Conservatorio, tra cui Debussy.

Nel caso di un Concerto per violoncello, il modello di Schumann era particolarmente influente. La parte introduttiva del primo movimento,

CD Romance

Lalo Concerto per violoncello e musiche di Glazunov, Saint-Saëns, Dvorák, Čajkovskij e Casals

Orchestra dell’Accademia Nazionale di Santa Cecilia Antonio Pappano direttore Han-Na Chang violoncello Warner Classics 2011 Saint-Saëns - Lalo Concerti per violoncello e orchestra

Ciajkovskij Variazioni Rococò Yo-Yo Ma violoncello Lorin Maazel direttore Orchestre National de France

Sony Classical 2010

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Prélude (Lento), consiste in una sorta di recitativo accompagnato, nobile e drammatico, in cui si respira pienamente l’aria della Romantik.

Il movimento vero e proprio, Allegro maestoso, ha una forma tradizionale, con la consueta contrapposizione di una prima parte, in re minore, dallo slancio eroico e appassionato, e di una seconda idea, d’eleganza più sfumata da un punto di vista armonico, dal carattere più dolce e cantabile. L’originalità della forma consiste nel ritorno dell’introduzione lenta nel corso della parte centrale, che assicura al movimento un flusso narrativo sciolto e continuo.

Ma l’aspetto forse più interessante riguarda il trattamento della parte solistica. La voce del violoncello viene spinta in certe zone, per esempio nella parte iniziale dello sviluppo, a una sorta di declamato drammatico, che non sembra lontano dallo stile di canto del dramme lyrique dell’epoca.

L’esotismo, com’é noto, costituisce un elemento caratteristico della cultura francese dell’Ottocento. Lalo, che vantava antenati spagnoli, fu uno dei molti autori impressionati dal violinismo elettrizzante di Pablo de Sarasate, per il quale compose la celebre Symphonie espagnole.

Qualche pizzico di esotismo iberico fu sparso anche nell’Intermezzo del Concerto.

Il movimento è costituito da due parti ben distinte, un Andantino con moto in sol minore, una sorta di elegia sobria e pensosa, e un Allegro presto in maggiore, dal ritmo leggero e meticcio. La combinazione delle due metà, così contrastanti l’una con l’altra, crea un effetto molto curioso, quasi un sapore coloniale.

Il Concerto termina con un terzo e ultimo movimento, articolato come il primo in una parte d’Introduzione e in una forma sonata. La musica è fresca e vivace; colpisce soprattutto il colore romantico dell’orchestra, connotata dalle fanfare dei corni. Lalo non pretende di esplorare mondi sconosciuti, né ama intraprendere incerti viaggi nell’anima.

Si accontenta di paesaggi da cartolina e di esotiche scenografie teatrali, che per la verità gli riescono magnificamente.

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Edouard Lalo in un ritratto a matita comparso sul periodico Revue de France il 30 aprile 1892, a pochi giorni dalla scomparsa del compositore francese.

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Jean Sibelius

Sinfonia n. 2 in re maggiore Data di composizione 1900-1902

Prima esecuzione Helsinki, 8 marzo 1902

Orchestra Filarmonica di Helsinki; direttore Jean Sibelius

Organico 2 Flauti, 2 Oboi, 2 Clarinetti, 2 Fagotti, 4 Corni, 3 Trombe, 3 Tromboni, Tuba, Timpani, Archi

Durata 45’ circa

Composta nel 1901 in Italia, a Rapallo, la Sinfonia n. 2 venne eseguita per la prima volta a Helsinki diretta dall’autore nel marzo 1902, e divenne, da subito un simbolo dell’orgoglio finnico, perché proprio in quegli anni montava in Finlandia la ribellione contro la colonizzazione russa.

L’autore non era direttamente coinvolto nelle vicende politiche,

ma aveva comunque creato un’opera di carattere eroico e trionfalistico, che conquistò facilmente una grande popolarità, facendo di questa Sinfonia la più celebre fra le sette composte.

La fluidità dell’invenzione melodica è uno dei tratti caratteristici di Sibelius, che d’altra parte possedeva anche una solida tecnica d’orchestrazione.

La sinfonia si articola in quattro movimenti: il primo movimento è caratterizzato da un breve motivo, una figura di tre note discendenti ripetute per tre volte, destinato a continue varianti e modificazioni.

Dopo un drammatico secondo movimento, il terzo, Vivacissimo, contempla uno Scherzo e un Trio in cui si alternano un’agile cavalcata dei violini con un pacato e amabile tema pastorale. Infine il trionfalistico Finale conferma il carattere eroico della composizione.

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La Seconda Sinfonia di Sibelius

di Enrico Girardi

La Sinfonia n. 2 in re maggiore op. 43 è la più popolare delle sette composte da Jean Sibelius e chi ne ascolti l’ultimo movimento, così eroico, innodico e trionfalistico, non fatica a ravvisarne il perché.

Composta nel 1901 in Italia, a Rapallo, dove il musicista aveva

soggiornato all’indomani del buon successo della Sinfonia precedente, venne eseguita per la prima volta a Helsinki diretta dall’autore

nel marzo 1902, mentre montava sempre più manifesta da parte dei nazionalisti finlandesi l’insoddisfazione e il desiderio di ribellione contro la colonizzazione russa.

Fin da subito divenne perciò, insieme con il poema sinfonico Finlandia del 1899, sempre dell’“eroe nazionale” Sibelius, un simbolo dell’orgoglio finnico. Al di là di tali connotazioni politiche, invero estranee alla sensibilità dell’autore – quantomeno in tal forma “diretta” – l’opera conquistò le platee perché trasuda tradizione romantica e sostanziale estraneità a quegli “ismi” che andavano affacciandosi, non senza resistenze, nella vita musicale centro-europea. Come gran parte della produzione sibeliana, gode inoltre di fluidità d’eloquio, di buon grado d’invenzione melodica, ed è orchestrata con logica e disciplina. Ha tutto per piacere. E non ha bisogno di numerosi ascolti per far breccia anche presso l’ascoltatore occasionale. Non a caso pensava soprattutto a questa Sinfonia e alla precedente, ben più che a quelle più intellettualistiche a venire, Adorno, quando scrisse la propria Glossa su Sibelius, pesante requisitoria contro le attitudini conservatrici del compositore di Hämeenlinna.

Tra queste ultime Adorno contemplava il rispetto aprioristico delle forme sinfoniche che l’Ottocento aveva lasciato in eredità. E certo, ammesso che ciò sia una colpa, i tempi di quest’opera non presentano

“deviazioni” alla regola, eccetto il primo.

Il secondo movimento Tempo andante, ma rubato è un ampio affresco in forma ternaria, con una parte centrale (Andante sostenuto) che rompe il clima dolorosamente pensoso delle sezioni estreme attraverso l’esposizione di un tema molto espressivo, se non cantabile.

Scherzo e Trio del terzo movimento Vivacissimo alternano invece un’agile cavalcata dei violini con un pacato, amabile tema pastorale cantato

LIBRI

Ferruccio Tammaro Jean Sibelius Torino, Rai Eri 1990

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da flauto e fagotto, mentre il trionfalistico Finale, che giunge in coda allo Scherzo senza soluzione di continuità, è un Rondò a tutti gli effetti, con il solenne tema principale che funge da ritornello, interrotto tre volte

da altrettanti episodi secondari.

Meno tradizionale invece, è il primo movimento Allegretto, dove l’ascoltatore penserebbe di rintracciare la regina delle forme sinfoniche, la forma-sonata.

A ben guardare, le classiche sezioni di Esposizione, Sviluppo e Ripresa non mancano. Né mancano i due temi principali, sebbene il primo abbia un peso nell’economia formale generale che non vanta il secondo. Ciò che rende questo Allegretto una pagina originale, forse meno “bella” delle successive ma più “interessante” – per utilizzare le ormai fruste categorie adorniane – è che alla base dell’architettura di questa pagina non si erge il tema ma un motivo di poche note, una figura di tre volte tre note discendenti nella sua prima formulazione, destinato a continue varianti e modificazioni, tanto che non è ben chiaro, in termini strettamente accademici, dove possa dirsi conclusa la sezione espositiva e aperta quella di sviluppo.

In altri termini, si può dire che l’intero movimento è una sorta di continua e assai libera elaborazione di tale materiale, nella quale gioca un ruolo sintattico fondamentale la strumentazione, intesa come attribuzione di esso ora all’una e ora all’altra delle famiglie orchestrali.

CDSinfonie nn. 1, 2, 5, 7 Wiener Philharmoniker Leonard Bernstein direttore DGG 2011 (2 cd)

Sinfonia n. 2

Los Angeles Philharmonic Esa-Pekka Salonen direttore DGG 2007

“Sibelius. The Symphonies”

Wiener Philharmoniker Lorin Maazel direttore Decca 1991 (3 cd)

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Sibelius e l’Italia

di Edoardo R. Gummerus

[…] Nell’estate del 1894 Giovanni Sibelius vide per la prima volta i bei lidi d’Italia, che tanta importanza ebbero in seguito per la sua formazione sinfonica. Trascorse alcune settimane a Roma e a Venezia riportandone impressioni indimenticabili: “era la prima volta

che mi trovavo in Italia, e ne fui avvinto, tanto dall’ambiente storico quanto dalla natura e dal popolo.

Molte volte ho soggiornato, in seguito, in Italia. Ogni qual volta lo potevo sono tornato in quel paese meraviglioso”.

Passarono alcuni anni prima che Sibelius potesse ritornare in Italia.

Ma la primavera che vi trascorse, iniziando dal mese di febbraio 1901, a Rapallo e a Santa Margherita, può chiamarsi veramente il “periodo italiano” del grande musicista nordico. Fu infatti a Rapallo che Sibelius compose la Seconda Sinfonia, tutta dedicata alla primavera italica.

Sotto quei cieli, al cospetto degli orizzonti marini del Golfo del Tigullio, il giovane compositore s’inebriava di luce, di sole, di profumi.

Egli ne dice: “Si viveva al tempo delle violette – i boschi ne erano saturi.

Facevo lunghe passeggiate da Rapallo per le strade della costiera, fra i monti ammantati di pini, ulivi e cipressi… La mia famiglia abitava a Rapallo, alla Pension Suisse, per conto proprio aveva affittato uno studio in una villetta in collina, tutta circondata di un meraviglioso giardino…”. Furono i tempi più felici del genio di Sibelius, fecondato ed esaltato da quell’aura di vita tanto benefica agli spiriti nordici più eletti, portati per natura alla malinconia, a una fosca e tetra visione della vita. […]

Infatti, l’anima del nord ospite dei giardini d’Italia, memore della patria lontana e inebriata di sole e di primavera: questo è il motivo, nello spirito e nella forma, della Seconda Sinfonia di Sibelius. Essa rappresenta quasi un fatto unico nell’opera grandiosa del maestro, che col precipitare degli anni e degli avvenimenti doveva prendere una svolta verso espressioni sempre più contemplative, più scabre e più ascetiche.

Come che sia, la Seconda Sinfonia, beniamina del pubblico, è senza dubbio l’espressione musicale più alta che mai un genio nordico abbia concepito in Italia.

A Roma […] il 5 aprile 1914 all’Augusteo il sottoscritto assistette, ragazzino ignaro in compagnia dei genitori, alla prima esecuzione in quella memorabile sala romana della Prima Sinfonia di Sibelius diretta da Georg Schnéevoigt […]

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Erano trascorsi nove anni quando, nella primavera del 1923, il pubblico romano ebbe agio di salutare per la prima e unica volta Giovanni Sibelius in un concerto diretto dal maestro in persona. È facile capire con quale intimo piacere il finlandese rivedeva l’Italia, la patria d’elezione della sua Seconda Sinfonia.

Questa volta l’iniziativa veniva da parte italiana; se ne era fatto promotore l’indimenticabile maestro Bernardino Molinari, consigliere dell’Accademia di Santa Cecilia e convinto ammiratore di Sibelius.

Il programma portava il titolo: “Concerto orchestrale diretto da Giovanni Sibelius, domenica 18 marzo 1923 ore 16.30”.

[…] Alla prova generale vi fu un certo nervosismo e Molinari, sempre comprensivo e cortesissimo, stava pronto ad accorrere collo spartito in mano. Sibelius, com’è noto, per il suo carattere schivo, aveva in genere poca disposizione a dirigere, e d’altronde non aveva avuto il tempo di conoscere l’orchestra, che due mesi prima era stata diretta da Stokowsky in alcune esecuzioni memorabili. Vi furono parecchie pause e riprese, particolarmente nella prova della Seconda Sinfonia, e Sibelius dal podio si consigliò con Molinari. […] Ricordo la grande sala vuota, un po’ umida e piena d’ombre, e la luce della lampadina

del podio che circondava di un alone la severa figura di Sibelius.

Il concerto ottenne, comunque, un successo notevole, e ricordo la soddisfazione che provai a leggere le critiche dei giornali romani, altamente elogiative ed evocative del Kalevala e delle ispirazioni folcloristiche del maestro finlandese.

Mi parve, però, che Sibelius non ne fosse interamente soddisfatto. […]

Per la mia modestissima parte – avevo 18 anni – riportai in quelle lontane giornate romane un’impressione indimenticabile della personalità di Giovanni Sibelius: la sua figura imponente, severa e taciturna, sempre riservata e come protesa all’ascolto di quelle Voces Intimae che formano il tema di una delle sue opere più note di musica da camera. I miei genitori, che allora rappresentavano la Finlandia a Roma, offrirono naturalmente pranzi ufficiali al Maestro e cercarono di festeggiare in ogni modo il suo soggiorno a Roma. […]

L’unica volta che lo vidi sorridere, di un sorriso caldo e schietto, fu in una giornata solatia di marzo, a Frascati. Si passeggiava lentamente nei viali di Villa Aldobrandini, canori di acque e odorosi di violette; Sibelius ci precedeva, appoggiato al bastone, col pesante cappotto aperto all’aria già primaverile, e noi non si osava distoglierlo dalla sua meditazione. Fu allora che uno di noi, forse io o mio fratello,

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colse un ramoscello d’alloro e lo porse al maestro. E la sua chiusa e assorta figura improvvisamente si aperse in quel sorriso tanto caldo e umano, come se da infinite lontananze avesse voluto farci partecipi della sua inesauribile ricchezza spirituale, fuori del tempo e dello spazio.

Sibelius a quell’epoca era già da tempo Accademico onorario di Santa Cecilia […]

Tratto dalla rivista Il sipario, Roma 1966

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Le esecuzioni a Santa Cecilia

Romeo e Giulietta di Ciajkovskij

1907 Gustav Mahler; 1909 Egisto Tango; 1910 Bernardino Molinari;

1912 Ignacy Waghalter; 1915 Bernardino Molinari;

1917 Bernardino Molinari; 1918 Rodolfo Ferrari; 1922 Bruno Walter;

1935 Pietro Mascagni;1936 Vittorio Gui; 1937 Bernardino Molinari;

1942 Antonio Pedrotti;1945 Igor Markevitch; 1949 Antal Doráti, Lamberto Gardelli, Carlo Zecchi; 1951 Massimo Freccia, Carlo Zecchi;

1953 Leopold Stokowski; 1955 Carlo Zecchi, Alceo Galliera;

1956 Umberto Andrea Cattini, Meredith Davies; 1957 Frieder Weissmann, John Barbirolli; 1958 André Kostelanetz; 1960 Carlo Zecchi,

Alceo Galliera, Gennadij Roždestvenskij (Orchestra Filarmonica di Leningrado); 1962 Claudio Abbado; 1967 Carlo Zecchi;

1969 Yuri Simonov; 1971 Ernesto Gordini; 1975 Gianluigi Gelmetti, 1976 Bruno Aprea; 1977 Massimo De Bernart; 1978 Riccardo Muti (Philharmonia Orchestra); 1979 Yuri Temirkanov, Dmitrij Kitajenko (Orchestra Filarmonica di Mosca); 1980 Gaetano Delogu;

1984 Yuri Ahronovitch; 1986 Maksim Šostakovič; 1987 Pierluigi Urbini;

1989 Yuri Temirkanov; 1989 Yuri Temirkanov; 1989 Nicoletta Conti; 1991 Isaac Karabtchevsky; 1993 Daniele Gatti; 1996 Vladimir Spivakov, Valery Gergiev (Orchestra del Teatro Mariinskij di San Pietroburgo);

1998 Valery Gergiev; 2004 Antonio Pappano; 2005 Carlo Rizzari;

2006 Antonio Pappano, Gustavo Dudamel; 2007 Yuri Temirkanov;

2009 Valery Gergiev (London Symphony Orchestra);

2015 Andrés Orozco-Estrada Il Concerto per violoncello di Lalo

1908 direttore Giuseppe Baroni, violoncello Alexander Barjansky;

1917 direttore Bernardino Molinari, violoncello André Hekking;

1923 direttore Bernardino Molinari, violoncello Arturo Bonucci;

1962 direttore Massimo Pradella, violoncello Miklós Perényi;

2005 direttore Antonio Pappano, violoncello Han-Na Chang La Sinfonia n. 2 di Sibelius

1921 Ferruccio Busoni; 1923 Jean Sibelius; 1929 Adriano Lualdi;

1940 Vittorio Gui; 1941 Willy Ferrero; 1944 Willy Ferrero; 1947 Willy Ferrero; 1961 Massimo Freccia; 1970 Kirill Kondrašin; 1976 Georges Prêtre; 1988 Yuri Temirkanov; 1992 Michael Stern; 2001 Jeffrey Tate;

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Frontespizio del programma di sala del concerto diretto da Sibelius a Santa Cecilia il 18 marzo 1923.

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