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ACCADEMIA NAZIONALE DI SANTA CECILIA CONCERTI

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ACCADEMIA NAZIONALE DI SANTA CECILIA

CONCERTI

(2)

ISTITUZIONE DEI CONCERTI

DELL ’ACCADEMIA NAZIONALE DI SANTA CECILIA

SOTTO L'EGIDA DELLO STATO E DEL COMUNE DI ROMA

TEATRO ARGE NI ’INA

STAGIONE 1957-58

Domenica 10 novembre 1957, ore 17,30 (In abbonamento - tagliando n. 2)

(11'4155 dalla fondazione dei concerti)

DIRETTORE

FERRUCCIO SCAGLIA

A rthur 'R ubinstein

PROGRAMMA HECTOR BERLIOZ

PAUL HINDEMITH

romano, 11 Cari

ture

- Concerto op. 38 per orchestra (prima esecuzione nei con­

certi dell’Accademia) Con forza

Molto allegro Marcia Basso ostinato

- Noclies en los jardinés de

MANUEL DE FALLA .

Espana, per pianotorte e or­

chestra En el Generalife Danza lejana

En los jardines de la Sierra de

Cordoba , ,

LUDWIG van BEETHOVEN - Concerto n. 3 in do minore op. 37 per pianoforte e or­

chestra Allegro con brio Largo Allegro

ORCHESTRA STABILE DELL’ACCADEMIA

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FERRUCCIO SCAGLIA, nato a Torino nel 1921, lia com­

piuto ivi gli studi di violino, pianoforte e composizione, di­

plomandosi giovanissimo. Seguì il corso di perfezionamento di violino nell’Accademia Nazionale di Santa Cecilia e nel- TAccademia Chigiana di Siena. Nel 1921 vinse la Rassegna Nazionale, e svolse con successo attività come concertista di violino. Dedicatosi in seguito alla direzione d’orchestra, dires­

se spettacoli di balletti al Teatro delTOpera di Roma e in Spagna (Madrid e Barcellona); e concerti nei « Pomeriggi Musicali » al Teatro Nuovo di Milano, al Festival di Venezia, a Firenze, Genova, alla Accademia Filarmonica Romana ecc.

Svolge stabilmente attività di direttore d’orchestra alla RA.I.

di Roma. E’ già noto al pubblico romano dei concerti.

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ARTHUR RUBINSTEIN, nato a Lodz in Polonia, dimo­

strò fin da fanciullo una grande passione per la musica, tanto che Joseph Joachim si assunse volontariamente la cura della sua educazione artistica. Paderewski gli fu in seguito largo di aiuti e di consigli. La sua gloriosa carriera artistica si svolge in tutto il mondo da circa cinquantanni; ed egli è oggi il più celebre dei pianisti viventi. Accademico Onorario di Santa Cecilia, partecipa, si può dire, ad ogni stagione dei Concerti dell’Accademia stessa; ed è fra le più care conoscen­

ze del pubblico romano.

(5)

HECTOR BERLIOZ - Il Carnevale romano, ouver- Cote St. André 1803 - Parigi 1869 ture

Il fascino esercitato su Berlioz dall’Italia e in particolare dalla città di Roma traspare in diversi suoi lavori. Cosi nella sinfonia Harold en Italie è vivo, come dichiara lo stesso compositore, « il ricordo delle belle, chiare notti d’Italia », mentre a Roma è ambientata l’azione dell’opera Benvenuto C eliini. Dopo l’insuccesso di questa opera, rappresentata a Parigi nel 1838, Berlioz utilizzò alcuni brani di essa nel- l’ouverture : Le Carnaval Romain, eseguita per la prima, volta nel 1844 sotto la direzione dell’autore. I brani utilizzati sono tratti dalla scena di carnevale che chiude il secondo atto e dal duetto d’amore del primo atto.

ouverture ha inizio con un attacco incisivo che presenta nella tonalità di la maggiore quello che sarà poi, in mi maggiore, il secondo soggetto delVAllegro vivace. Dopo venti battute, l’attacco iniziale è interrotto da un Andante soste­

nuto : il corno inglese espone, sul pizzicato degli archi, una carezzante melodia, ripresa poi dalla viola e raddoppiata subito dal violoncello, mentre intervengono in canone all’ot­

tava superiore il flauto, l’oboe e il violino. Una rapida suc­

cessione di note dei legni porta alVAlle grò vivace, in tempo di saltarello. Il primo tema dell’ Aliegro vivace è esposto in sordina alternativamente dai violini e dai flauti, sullo staccato di viole, violoncelli e contrabbassi, sostituiti poi nella loro funzione ritmica da tamburelli, triangolo e timpani. Nel secondo tema, un fortissimo a'ccordo di tutta 1’ orchestra interrompe ad intervalli regolari un veloce movimento di archi e legni. L’ alternarsi dei due temi è intramezzato da un delicato episodio, in cui gli archi e i legni dialogano fra di loro e riappare fugacemente il tema dell’Andante sostenuto.

Infine, riprende l’andamento del secondo tema, che nelle ultime battute diviene sempre più rapido e brillante.

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FAUL HINDEMITH Hanau 1895

Concerto op. 38 per orchestra (prima esecuzione nei con­

certi dell’Accademia) Con forza

Molto allegro M arda Basso ostinato

La concezione del concerto di Hindemith negli an­

ni del primo dopoguerra si opponeva al principio della forma sonata, ispirandosi invece al duplice ideale della poli­

fonia e della forza dinamica. Non dualità di temi contrastanti, ma sviluppo di un solo tema o di temi affini. Per lo Hinde­

mith di allora i musicisti del XIX secolo avevano commesso l’errore di degradare il concerto in favore del virtuosismo e di sfigurarlo introducendovi delle tensioni sinfoniche. Egli perciò, nelle varie composizioni concertanti scritte in quel periodo, sfrutta tutte le possibilità degli strumenti solisti, ma sempre incorporando le loro parti nella complessità del gioco polifonico. Si può dire che in questi coricerti tutti gli strumenti sono dei solisti : la musica è concertante rispetto a tutte le parti.

Il Concerto per orchestra op. 38, composto nel 1925.

differisce però dagli altri, in quanto punta più sulla forza dinamica che sul concertare. Solo il primo tempo è concepito secondo lo spirito del concerto grosso, con la contrapposizione di un tutti rigorosamente polifonico e di un concertino for­

mato dal violino, dall’oboe e dal fagotto. Questa parte è come una introduzione al secondo tempo, che è il più sviluppato e perviene sino ad una specie di orgia ritmica. Sul tema fon­

damentale in ostinato si eleva una melodia sottoposta a molte­

plici trasformazioni. Una sezione intermedia accoglie di nuovo una polifonia rigorosa, ma non la sviluppa. I motivi irrequieti incalzano : mentre gli ottoni mantengono la tematica della sezione intermedia, i violini stridono rumorosamente, con­

ducendo alla ripresa, da cui si passa alla stretta finale. Nella conclusione, la batteria esegue la figura ritmica del tema fondamentale, sotto i trilli degli istrumenti a fiato e gli scin­

tillanti accordi politonali degli archi. Il terzo e il quarto tempo del Concerto sono anche essi imperniati su un ostinato : ad una breve marcia per legni, in cui su di un tema introdotto da fagotto, controfagotto e clarinetto basso, si sviluppa una melodia presentata inizialmente dall’oboe, segue una nuova esplosione ritmica, basata su un basso ostinato che sorregge una costruzione sonora di un dinamismo aspro ed incalzante.

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MANUEL DE FALLA - Noches en los jardines de Cadice 1867 - Alia Gracia, Cordova España, per pianoforte e or-

(Eep. Argentina) W46 F En el Generali/e Danza lejana

En los jardines de la Sierra de Cordoba

Le Noches en los jardines de España, impressioni sinfo­

niche per pianoforte e orchestra in tre parti, furono composte da Manuel de Falla tra il 1909 e il 1915; e risentono dei preziosi ammaestramenti ricavati dal compositore durante il suo soggiorno in Francia, sopratutto a contatto con la musica di Debussy. Il richiamo alle caratteristiche melodiche, ritmi­

che ed armoniche del canto popolare spagnolo, sempre vivo in De Falla, si arricchisce così delle squisite preziosità di un’orchestra estremamente raffinata. Ne nasce una trasfigu­

razione tenera e voluttuosa di poetiche visioni, cui offre lo spunto quel paesaggio spagnolo al quale la sensibilità del compositore era profondamente legata.

La prima impressione, En el Generalife, evoca la miste­

riosità di un antico giardino moresco esistente a Granada sin dal secolo XIV. Morbidi fruscii degli archi ed accenni ad un tema ondulato, affacciati inizialmente dal corno e dal corno inglese, creano un’atmosfera notturna, nella quale il pianoforte entra con tranquilla scioltezza e procede elaboran­

do il tema in un lungo disegno di biscrome. La musica diventa vieppiù calda ed animata, finché giunge ad un Tempo giusto, in cui flauti, ottavino e violini presentano un nuovo tema, continuato poi dal pianoforte. Questo tema ricorre con di­

verse accentuazioni emotive, mentre incidentalmente riappare 1 atmosfera, più calma, dell’ inizio. Dei fortissimi passaggi in glissando del pianoforte, sopra note tenute dell’intera orchestra, portano ad una pacata conclusione, nella quale il suono del corno ha una parte preminente.

Nella Danza lejana la musica si ispira ad un non pre­

cisato giardino spagnolo, localizzandosi tuttavia attraverso i ritmi di danza che la percorrono. Sorrette da un pizzicato dei violoncelli e dei contrabbassi, le viole con sordina ripetono più volte una figura decorativa, sulla quale il flauto e il corno inglese introducono in pianissimo una frase ritmica che sarà meglio identificata nel successivo svolgimento. Un tema più definito è presentato dai flauti in terze. Questi materiali sono poi fusi in un ricco tessuto, mentre il piano­

forte sviluppa il tema del flauto e del corno inglese. La danza sembra ora avvicinarsi, ora allontanarsi, crescendo e diminuen­

do di intensità. Altri temi secondari si aggiungono a quelli originali, finché ricompare la frase ritmica dell’inizio, con i flauti raddoppiati dalla celesta sopra un rullio del piatto sospeso, mentre le trombe in sordina e il corno inglese echeg­

giano il tema. Un glissando ascendente lega la seconda alla terza impressione.

En los jardines de la Sierra de Cordoba esordisce con un vigoroso tema presentato dai legni e dagli archi, di cui gli ottoni sottolineano il ritmo all’inizio di ogni battuta. Un assolo di fagotto introduce una variante del soggetto, che è subito ripresa e continuata dal pianoforte. Dopo un graduale smorzamento dell’impulso iniziale, una fanfara dei corni, uniti ai secondi violini ed alle viole, annunzia un’entrata del pia­

noforte in brillanti passaggi che terminano con dei glissando ad libitum. Dopo di ciò, ricompare il tema iniziale, con un controcanto affidato a corni, trombe e violoncelli. L’ultima sezione è basata su un tema assai marcato e rude per archi e corni. La. musica, sviluppandosi in ampiezza e in coloriti orchestrali ed attraversata da interessanti passaggi del piano­

forte, raggiunge un punto culminante, da cui discende al pianissimo,, jcon acceinni ai precedenti temi spogliati ora della loro aggressività.

LUDWIG van BEETHOVEN - Concerto n. 3 in do minore Bonn 1770 - Vienna 1827 op. 37 per pianoforte e. or­

chestra Allegro con brio Allegro

Beethoven compose il Concerto per pianoforte e orchestra n. 3 nel 1800 e lo dedicò al principe Luigi Ferdinando di Prussia. Egli stesso ne diresse la prima esecuzione a Vienna nel 1804, essendo la parte pianistica sostenuta dal suo predi­

letto allievo Ferdinand Ries. Da allora il Concerto è diventato popolarissimo, costituendo insieme ai Concerti n. 4 e zi. 5 ed al Concerto per violino e orchestra op. 61 uno dei contributi fondamentali al repertorio concertistico moderno. In seno alla produzione beethoveniana esso rappresenta una pietra, mi­

liare nel determinarsi di un vocabolario e di una sintassi strettamente aderenti all’intima natura del musicista.

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L'Allegro con brio si apre con uno di quei temi impe­

riosamente affermativi che saranno in seguito tipici del sintonismo di Beethoven. Una transizione porta al secondo tema, di andamento cantabile, donde si passa alla chiusa, basata su un elemento tratto dalla terza battuta del primo soggetto. Il pianoforte riprende il primo tema e lo varia in diversi passaggi, operando poi similmente con il secondo tema, cui segue un divertimento. Il secondo tutti utilizza elementi della transizione, modulando alla dominante: qui interviene di nuovo il pianoforte, che arricchisce il tema iniziale di una dolce frase melodica animantesi gradatamente. La riesposi­

zione ha inizio con il primo tema eseguito dall’intera orche­

stra ; dopo un breve divertimento, il pianoforte riconduce ai due temi principali. Segue la ripetizione del primo assolo, che termina su un tutti precedente la tradizionale cadenza;

infine, la coda ribadisce la figura ritmica della terza battuta, accennata dai timpani e ripresa dal pianoforte.

Il Largo, di intonazione solenne e meditativa, è in torma ternaria. Il solista espone il suo tema, variato poi dall’or­

chestra; anche il secondo tema è introdotto dal pianoforte, che prosegue dialogando con gli altri strumenti. Attraverso modulazioni passeggere, si ritorna alla riesposizione variata del primo tema e, dopo una ripetizione del primo tutti, ad una coda assai ornata nella, parte pianistica.

L'Allegro finale è un rondò caratterizzato, nonostante la tonalità minore, da una gioiosa robustezza. Il ritornello è presentato all’inizio dal pianoforte, ripreso dai legni, variato dal solista e sviluppato dal tutti. Esso si alterna con una prima ed una seconda strofa, ritorna genialmente modificato, cede nuovamente alla prima, strofa e, dopo un tutti modulan­

te e un assolo del pianoforte sull’accordo di sol, si trasforma in un tema in maggiore che introduce la coda, più veloce e percorsa da passaggi di bravura del pianoforte.

Alberto Pironti

Si prega il pubblico di non uscire dalla Sala durante l’esecuzione dei pezzi

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TEATRO ARGENTINA ORCHESTRA STABILE

DELL’ACCADEMIA NAZIONALE DI SANTA CECILIA

Direttore Stabile: FERNANDO PREVITALI

VIOLINI PRIMI Gennaro Rondino Luigi Biondi Giuseppe Padalino Giacinto Mancini Annibaie Bucchi Umberto Fazzina Camillo Luzzi Conti Aleardo Martinengo Enrico Troisi Romano Briganti Clemente Pagliassotto Boris Arghirov Milo Nicolai Antonio Caroli Nereo Zampieri Filippo Olivieri VIOLINI SECONDI Ettore Gandini Eugenio Supino Gioacchino Pasqualini Mario Lenti Egidio Pucci Luigi Mariani Elmano Ciucci Sigfrido Marini Asterio Gentili Cesare Francini Corrado Archibugi Mario Battistini Gino Giometti VIOLE

Francesco Di Gristina Livia Simoncelli Giuseppe Brandi Rino Bernardeschi Amedeo Cini Carlo Luzi Mario Pavoni Aglaia Pellegrini Giuseppe Capodieci Orazio Grossi VIOLONCELLI Franco Paccani Alfonso Stengel Luigi Chiarappa Vincenzo Cupo Pagano

Balilla Fabbri Alfredo Rogliano Antonio Fontecedro Giuseppe Trizio Gian Orso Matteucci Giacomo Pugliese CONTRABBASSI

* Domenico Mancini Cesare Sartori Amilcare Selva Antonio Ferdinandi Renzo Eleonori Antonio Fasolino Giuseppe Martini FLAUTI

* Conrad Klemm Francesco Gagliardi Jures Lello Balboni OTTAVINO Jures Lello Balboni OBOI

8 Giuseppe Tomassini Gino Serra Pietro Gaburro Enrico Wolf Ferrari CORNO INGLESE Enrico Wolf Ferrari CLARINETTI 8 Fernando Gambacurta

Alfredo Mari Claudio Taddei Pietro Di Francesco CLARINETTO PICCOLO Claudio Taddei CLARINETTO BASSO Pietro Di Francesco FAGOTTI

* Rosario Gioffreda

Fernando Zodini Emo Baseggio CONTROFAGOTTO Emo Baseggio CORNI 1 Antonio Marchi

Agostino Vacchiano Walter Banzi Antonio Luscri Agostino Valenti

TROMBE Nino Jannamorelli Giacomo Magro Enzo Soldatini TROMBONI Salvatore Licari Mario Muzzi Emilio Mazziniani TUBA Antonino Mondello ARPE Bianca Raimo Valentina Donnini TIMPANI Angelo Biava STRUMENTI A PERCUSSIONE Michele Caldarella Mario Dorizzotti Samuele Petrera PIANOFORTE Renato Josi ORGANO Gino Nucci

prime parti soliste

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