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CAPITOLO I Gli spazi della conservazione: deposito e allestimento Sommario

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Sommario

CAPITOLO I Gli spazi della conservazione: deposito e allestimento ... 2

1 Introduzione ... 2

2 Principali fattori di degrado e standard conservativi ... 3

a) Luce ... 3

b) Umidità ... 5

c) Polvere ed agenti inquinanti ... 6

d) Attività umane ... 8

3 Deposito ... 10

a) Profilassi preventiva allo stoccaggio in deposito ... 13

- Quarantena ... 13

- Cartellinatura ... 14

b) Posizionamento in deposito ... 16

- In verticale ... 16

- In orizzontale ... 19

c) Il deposito del Museo del Tessuto di Prato ... 20

- Ubicazione del deposito ... 21

- Illuminazione ... 22

- Controllo microclimatico ... 22

- Monitoraggio biologico ... 22

- Compact ... 23

- Conservazione dei tridimensionali tessili ... 23

- Cartellinatura ... 24

- Spazi aggiuntivi ... 25

4 Fasi di allestimento: la Sala Storica del Museo del Tessuto di Prato ... 25

a) Definire la mostra ... 27

b) Pianificazione dello spazio ... 29

c) Smontaggio mostra precedente ... 31

d) Movimentazione e posizionamento delle vetrine ... 32

e) Le vetrine ... 33

- Verticali ... 36

- Teche piane ... 37

- Didascalie ... 38

f) Illuminazione ... 40

- Luce esterna alle vetrine ... 42

- Luce interna alle vetrine ... 42

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CAPITOLO I Gli spazi della conservazione: deposito e

allestimento

1 Introduzione

Le opere d’arte tessile sono manufatti caratterizzati da una serie di peculiarità, che obbligano ad adottare specifici e mirati comportamenti e azioni per garantirne la conservazione. È proprio la loro intrinseca natura - infatti – a rappresentare la prima condanna, poiché le fibre che li compongono sono di per sé deperibili e dunque subiscono inevitabilmente un naturale degrado e deterioramento, su cui purtroppo non è possibile intervenire. La vita di questa tipologia di manufatti si allungherebbe considerevolmente qualora queste opere venissero custodite sempre in luoghi privi di luce, polvere ed agenti inquinanti, all’interno di un ambiente in cui il tasso di umidità venga controllato con una certa frequenza e mantenuto costante. Quando questi manufatti sono parte di collezioni museali, si presenta la necessità di custodirli e dunque preservarli correttamente, ma anche di renderli fruibili al pubblico. Sono proprio questi due intenti a rappresentare la ‘ragion d’essere’ dei musei: tutela e fruibilità. Vediamo dunque che in un contesto museale i manufatti tessili trascorreranno la propria vita prevalentemente in deposito (tutela), con intervalli ristretti e limitati in cui vengono portati fuori dal deposito e messi in esposizione (fruibilità).

In questo capitolo partiremo quindi con l’analisi dei principali fattori di degrado e degli standard conservativi dettati dall’ICOM1 in termini di condizioni climatiche per il mantenimento; tali standard sono validi per i tessili in generale e dunque comprendono anche i tridimensionali, abiti e costumi, e sono applicabili in ogni luogo destinato ad ospitarli, che sia esso un deposito piuttosto che una vetrina per esposizione.

Concentrandomi poi sui tridimensionali - che sono l’oggetto del mio interesse e studio - passeremo in esame le norme e le modalità riguardanti lo stoccaggio in deposito, analizzando quelle che ho potuto ‘toccare con mano’ nel mio periodo di tirocinio trascorso al Museo del Tessuto, ma anche suggerendo soluzioni alternative proposte in altri musei, con l’obiettivo di sottolineare le molteplici possibilità che si presentano in questo campo.

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È possibile consultare il documento completo in ICOM Guidelines

<http://network.icom.museum/fileadmin/user_upload/minisites/costume/pdf/guidelines_english.pdf > [data consultazione: 12/02/15].

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3 Infine, sempre concentrandomi sui tridimensionali e seguendo il filo conduttore dell’allestimento della sala espositiva e delle vetrine per la mostra “Heritage”, affronteremo le questioni conservative riguardo al momento dell’allestimento della sala espositiva e degli oggetti in esposizione. In questo contesto, sarà possibile esaminare la tematica che fa da padrona in questo campo, quella della conciliazione tra norme conservative e resa finale, tra “etica ed estetica”2, cercando di analizzare le strategie adottate in questo senso nell’allestimento di “Heritage”.

2 Principali fattori di degrado e standard conservativi

Per garantire ad un manufatto tessile le condizioni ideali per tutelarlo e preservarlo, è indispensabile conoscere i principali fattori che – al contrario - possono rappresentare un rischio e procurare danni irreversibili all’oggetto. In poche parole, per difendersi al meglio è necessario conoscere e comprendere ciò da cui ci si deve proteggere. Al di là di fattori esterni, che non è possibile prevedere e dai quali si può correre al riparo solo in un momento successivo al danno, per i tessili in generale e dunque anche per gli abiti più nello specifico esistono dei ‘piccoli’ nemici presenti nella vita quotidiana, estremamente dannosi e dai quali devono essere protetti e tutelati costantemente. In questo ci aiuta la sezione creata dall’ICOM negli anni ’80, che si occupa specificatamente di fornire gli standard conservativi e le linee guida della corretta gestione di abiti e costumi3.

a) Luce

La degradazione fotochimica è causata dall’energia luminosa che, a seconda della sua frequenza d’onda, può innescare reazioni chimiche che si traducono in un deterioramento dell’oggetto. Il degrado che si verifica ha la caratteristica di accrescere proporzionalmente all’aumentare dell’intensità della fonte luminosa, alle lunghezze d’onda e al tempo di esposizione4. 2 Vedi Landi, 1985, pp. 2-4. 3 ICOM Guidelines, <http://network.icom.museum/fileadmin/user_upload/minisites/costume/pdf/guidelines_english.pdf > [data consultazione: 12/02/15]. 4 Vedi Pertegato, 1993, pp. 23-24.

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4 Proteggere i manufatti tessili dalla luce naturale è una delle prime norme da seguire per la loro corretta conservazione. I raggi ultravioletti - che rappresentano la componente essenziale della luce solare - innescano un rapido processo di biodegradazione delle fibre, quindi della matrice di un tessuto, provocando modifiche visibili anche senza una strumentazione particolare, ed esperibili anche nel nostro rapporto quotidiano con i tessuti, in particolare con gli abiti che indossiamo. La prima conseguenza riscontrabile è quella del viraggio dei colori, con la quale si accompagna una degradazione fisica che è meno percepibile, ma purtroppo molto significativa5. Il nesso tra il viraggio del colore ed il vero e proprio danno fisico sta nel fatto che con lo scolorimento il tessuto comporta anche un assottigliamento e infragilimento, aumentando così in misura proporzionale le probabilità di lacerazione e di strappo. L’unico espediente per assicurare una corretta conservazione in questo senso è quello della totale eliminazione della luce naturale, mediante sistemi di pellicole filtranti per i vetri oppure attraverso l’utilizzo di tendaggi oscuranti.

Anche la luce artificiale però non è del tutto priva di controindicazioni per la corretta conservazione di questi manufatti6. L’ultimo sistema all’avanguardia per quanto riguarda la luce adatta alla conservazione di questa tipologia di manufatti è l’illuminazione a LED. L’utilizzo di questo innovativo sistema di luci permette di risolvere molti dei problemi che invece vengono causati dagli impianti di illuminazione precedenti, sia quello ad incandescenza che quello a fluorescenza. La prima tipologia ha infatti il difetto di emanare troppo calore, mentre la seconda ha sicuramente una luce fredda, ma la sua accensione produce delle onde ultraviolette che risultano estremamente dannose per i tessili esposti a questa fonte per periodi prolungati.

Oltre a ciò i LED si prestano particolarmente all’uso museale per una serie di ulteriori ragioni:

 Buona durata della fonte luminosa (consideriamo il lungo periodo di tempo in cui le luci di un museo restano accese).

 Il colore della luce può essere variato e può essere anche variata la dimensione del fascio luminoso.

 Non emettono raggi UV-A e UV-B e dunque non danneggiano in alcun modo i tessuti.

 Sono dimmerabili: è possibile regolarne facilmente l’intensità.

5 Vedi Flury-Lemberg, 1988, pp. 56-57. 6

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 Portano un notevole risparmio energetico7.

L’altro dispositivo compatibile con la conservazione dei manufatti tessili è la fibra ottica, che analizzeremo più nel dettaglio parlando dell’illuminazione interna alle vetrine.

Dal punto di vista conservativo, essendo la luce una delle maggiori cause di deterioramento dei tessili, la soglia consigliata per l’esposizione dei manufatti è di 50 lux (un lux corrisponde a un lumen diviso un metro quadrato)8. Questo significa che al rilevamento dei lux in ogni punto prossimo al manufatto, la somma dei lux provenienti dalle varie fonti di illuminazione che incidono in quella zona deve essere al massimo pari a 50. Inoltre, la luce che proietta direttamente sull’oggetto non deve produrre una soglia di lux che superi i 10 o 20 lux9. Per le misurazioni di questi parametri esistono degli strumenti appositi, i luxmetri10, che sono fotometri mobili tarati in lux che permettono un calcolo preciso di tali misure.

b) Umidità

Anche l’umidità - assieme alla luce - è un fattore che può incidere sulla conservazione dei tessili, determinando sostanzialmente diverse tipologie di degrado che agiscono a livello chimico e fisico sui manufatti.

Un tasso di umidità errato o una repentina variazione di questo parametro è prima di tutto la causa di una modificazione nelle dimensioni e nella forma. Lo sbalzo igrometrico provoca l’assorbimento di umidità da parte delle fibre, causando un rigonfiamento ed un conseguente restringimento all’asciugarsi che, ad aggravare la situazione, ha luogo in maniera differente tra fibra e fibra. Vengono così a formarsi sul manufatto delle tensioni innaturali ed un conseguente infragilimento del tessuto, che si presenta in misura maggiore quando questo è realizzato con filati di diversa natura. In secondo luogo, anche un tasso di umidità troppo alto può rappresentare la causa di un

7 Vedi Pedemonte, 2012, pp. 205-206.

8 Standards in the Museum. Care of Costume and Textile Collections,

<http://www.collectionstrust.org.uk/media/documents/c1/a83/f6/000076.pdf > e ICOM Guidelines <http://network.icom.museum/fileadmin/user_upload/minisites/costume/pdf/guidelines_english.pdf> [data consultazione: 12/02/15].

9 Vedi Davanzo Poli, anno 5, n°12, pp. 3-5.

10 Il luxmetro si compone di una parte fissa, che registra i dati, ed una parte mobile che contiene il sensore

che se sottoposto ad una fonte luminosa reagisce producendo un’energia elettrica che viene rilevata e tradotta in lux dall’apparecchio fisso.

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6 viraggio del colore, oltre al fatto che l’umidità e dunque le particelle di acqua presenti nell’aria sono veicolo di fenomeni elettrochimici che attaccano i filati metallici e sono responsabili della sua ossidazione e deterioramento. Al contrario, da un tasso di umidità troppo basso può scaturire una perdita di flessibilità, elasticità e resistenza alla tensione delle fibre e di conseguenza dei tessuti.

Vi sono infine i fenomeni di biodegradazione che non conducono ad un danno a livello chimico dell’oggetto, quanto a un danno fisico. Un ambiente a tasso di umidità elevato si presenta particolarmente favorevole allo sviluppo e riproduzione di microrganismi ed insetti che rimangono invece inerti in un ambiente asciutto. Quando entrano in contatto con il tessuto, lo indeboliscono, utilizzandone le fibre per cibarsi e depositando gli escrementi sul tessuto che - essendo acidi - contribuiscono a deteriorarlo. Nella cellulosa l’attacco è prevalentemente imputabile a microrganismi, mentre le fibre proteiche sono più soggette all’azione di tarme ed insetti11

.

Il tasso di umidità che è stato individuato essere il più indicato per la conservazione dei tessili e che ritroviamo inserito anche negli standard per la corretta conservazione di collezioni tessili pubblicati dall’ICOM, è quello di un’umidità al 55% ±5% con una temperatura consigliata di 18° ±2°12. Questi due parametri devono pertanto essere continuamente monitorati e garantiti tramite impianti di condizionamento, ventilazione, o strumenti appositi per il mantenimento di umidità costante nell’aria.

c) Polvere ed agenti inquinanti

L’azione di degrado che la polvere produce sui tessili è di duplice tipologia. Essa infatti, data la sua natura granulare, può produrre danni fisici da sfregamento, di conseguenza - soprattutto con le fibre già gravemente danneggiate – contribuisce ad aumentare il danno; oppure la polvere funge da veicolo per le sostanze inquinanti, come il biossido di zolfo, di azoto e l’ozono; in seguito alle reazioni naturali che subiscono

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Vedi Pertegato, 1993, pp. 26-27 e Flury-Lemberg, 1988, pp. 56-57.

12 Standards in the Museum. Care of Costume and Textile Collections,

<http://www.collectionstrust.org.uk/media/documents/c1/a83/f6/000076.pdf > e ICOM Guidelines <http://network.icom.museum/fileadmin/user_upload/minisites/costume/pdf/guidelines_english.pdf> [data consultazione: 12/02/15].

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7 nell’atmosfera, anche questi gas si legano alle fibre e agiscono chimicamente, incrementando e favorendo un più rapido degrado13.

L’accorgimento che è possibile prendere per prevenire queste problematiche è la pianificazione di un programma di pulizie degli spazi museali - sia del deposito che delle sale espositive - che deve essere regolarmente inserito nelle normali strategie per una corretta conservazione. Un accorgimento ulteriore che è necessario adottare per proteggere gli ambienti, è quello di inserire dei filtri negli impianti di ventilazione, in modo che non vi sia un contatto diretto tra interno ed esterno, così da scongiurare il più possibile l’ingresso di agenti inquinanti.

È buona pratica esercitare delle accortezze sui singoli oggetti, volte alla prevenzione. Prima che un manufatto venga collocato in deposito e messo in esposizione, è buona norma praticare, ove consentito, una profilassi di prima pulizia dell’oggetto stesso: questa viene effettuata mediante l’aspirazione puntuale dell’oggetto, permettendo così di eliminare la maggiore quantità di polvere residua che si è eventualmente nel tempo depositata. L’intervento di aspirazione o microaspirazione si pratica mediante apposito aspirapolvere a tubo, con potenza regolabile, in funzione della necessità. L’aspirazione è un’operazione consentita su ogni tipologia di tessile, a patto che vi sia una certa consistenza del pezzo e che lo stato conservativo non sia troppo compromesso. Oltre a ciò, prima di procedere con tale operazione è di fondamentale importanza una valutazione del tipo di sporco da cui è affetto l’oggetto. Non è raro infatti che particolari tracce di sporco abbiano una particolare rilevanza come documentazione storica o fonti di informazioni sulla vita del manufatto stesso. Per i manufatti più delicati è possibile praticare comunque l’aspirazione regolando al minimo la forza aspirante ed inserendo una rete o una garza a maglia fine tra la spazzolina posizionata alla bocca dell’aspiratore ed il tessuto: questo accorgimento fornisce un supporto al manufatto e permette di non praticare sforzi o tensioni (che si creano in modo naturale con l’aspirazione di una superficie non rigida) sul tessuto stesso. La garza può essere direttamente appoggiata sul tessuto o altrimenti posizionata in piccoli telai di forma variabile che vengono spostati sull’oggetto. La pulizia tramite aspirazione, oltre ad essere una delle operazioni di base delle pratiche conservative, rappresenta anche un importante momento di ispezione, analisi e studio approfondito del capo (Fig. 1).

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8 d) Attività umane

Diversamente da altre tipologie di manufatti meno delicati, le opere di arte tessile, soprattutto gli abiti ed i costumi, richiedono che chi si occupa delle manovre di spostamento, come le operazioni di stoccaggio in deposito, dell’allestimento di un’esibizione o comunque della loro movimentazione in generale, possegga una certa manualità e conosca le prassi per la gestione ed i comportamenti da assumere in tali occasioni. Manovrare costumi appartenenti ad una collezione museale è un’operazione più delicata ed importante di quanto si possa generalmente pensare, e richiede una forte capacità di autodisciplina e controllo del proprio corpo, oltre che un’approfondita conoscenza di come maneggiare e trattare sia gli abiti antichi che quelli più contemporanei.

Per lavorare con i costumi è necessario avere una certa familiarità con la storia sociale e della moda, le tecniche tessili, le variazioni nella storia dell’anatomia umana, le norme principali della conservazione tessile e le tecniche di allestimento. Infatti, anche coloro che si occupano della cura e della conservazione di una collezione di costumi o di tessili in genere, se non seguono alcune regole base per le manovre di movimentazione, conservazione e manipolazione degli oggetti, possono provocare danni irreparabili o correre il rischio ancora peggiore che alcuni di essi vengano smarriti. Per prevenire ciò, sarebbe importante, prima di toccare, manipolare o spostare gli oggetti per una qualsiasi ragione, immaginare tutte le possibili variabili con l’intento di anticipare eventuali imprevisti, in modo tale da essere sempre pronti a gestirli. La regola è “pensare prima di toccare”14

. I diversi aspetti su cui riflettere prima di intraprendere la manipolazione, la movimentazione e l’allestimento di un oggetto possono essere davvero molti, soprattutto perché variano a seconda degli spazi e degli oggetti con cui si ha a che fare. Vediamone alcuni, che possiamo considerare le ‘regole’ fondamentali:

 Evitare il più possibile il contatto diretto con gli oggetti e avvalersi di materiali che - se correttamente utilizzati - permettono di non toccare l’oggetto.

 Tutte le manovre di manipolazione devono essere realizzate in un preciso luogo di lavoro, su una carta velina non acida pulita o su un apposito tavolo da lavoro.

14 Clothes Tell Stories, working with costume in museums

< http://www.clothestellstories.com/index.php/displaying-clothes/planning/handling-clothes > [data consultazione: 30/01/16].

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 Decidere preventivamente quale sia il metodo migliore da adottare per il tipo di azione da compiere, ed essere allo stesso tempo sicuri che ci siano abbastanza mani per aiutare.

 Se si deve muovere il costume, pianificare il percorso, inclusa qualunque necessaria pausa di riposo e la rimozione degli eventuali ostacoli.

 Se si procede a posizionare un abito in una scatola per il deposito o il trasporto, assicurarsi che l’abito sia stabile e che non scivoli. Se necessario, posizionarlo in modo tale che passi facilmente attraverso le porte e le aperture che è necessario varcare.

 Se si muove un manichino già vestito, preoccuparsi di coprirlo con carta velina.

 Utilizzare un carrello adeguatamente imbottito per muovere scatole o manichini. Questi infatti possono essere molto pesanti o comunque essere, per la loro forma, difficili da trasportare a mano.

 Utilizzare un tessuto in mussola bianco per l’imballaggio, la copertura e il trasporto. Quando si apre un imballaggio, svolgere l’operazione delicatamente assicurandosi, prima di gettare scatole ed imbottiture, che non ci siano parti rimaste sciolte al suo interno.

 Assicurarsi che l’oggetto sia etichettato non solo sui singoli manufatti, ma anche su ogni strato di imballaggio e nella parte esterna di scatole o cassetti in cui siano eventualmente custoditi.

 Avere a disposizione nelle immediate vicinanze un minimo di attrezzatura che può essere necessaria, come spilli di varie dimensioni, nastro di cotone, filo forte e sottile in vari colori, aghi, lente d’ingrandimento e torcia elettrica per il controllo dell’interno del capo15

.

Dunque, le pratiche per la corretta gestione degli oggetti devono essere la base della formazione dello staff di lavoro, affinché si svolgano sempre procedure di lavoro idonee ad una corretta profilassi.

15Clothes Tell Stories, working with costume in museums

<http://www.clothestellstories.com/index.php/displaying-clothes/planning/handling-clothes> [data consultazione: 30/01/16] e vedi Pardoe, Robinson, 2000, pp. 15-16.

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3 Deposito

Il deposito di un museo che conserva manufatti tessili e dunque anche abiti e costumi è il luogo dove le collezioni in esso custodite trovano collocazione per i lunghi periodi in cui non sono in esposizione, pertanto rappresenta lo spazio in cui devono essere garantite tutte le caratteristiche ambientali necessarie per una corretta salvaguardia. I tessili difatti, essendo manufatti che per la loro natura sono soggetti ad un rapido degrado, più di altre tipologie di manufatti, sono sottoposti ad una continua rotazione e il periodo di esposizione risulta sempre una piccola parentesi rispetto alla lunga vita che trascorrono chiusi nel deposito. Lo scopo precipuo a cui deve mirare un deposito museale è quello di preservare i manufatti da tutti i possibili fattori analizzati in precedenza, che altrimenti - lentamente – creerebbero un sommarsi di danni sui manufatti, provocando un progressivo degrado. Sarà dunque il luogo dove sono garantiti gli standard microclimatici per i manufatti tessili, dove è regolamentata la quantità di luce, dove è garantita la pulizia generale della stanza e la totale assenza di polvere all’interno delle strutture e dei dispositivi contenenti gli oggetti, dove vengono adottati accorgimenti a prevenzione degli attacchi di insetti, microorganismi e muffe. Oltre ai vari dispositivi utili al regolamento e al monitoraggio ambientale, anche la pulizia degli spazi - come abbiamo detto - è un requisito fondamentale per garantire la corretta manutenzione.

Per quanto riguarda il ricreare un ambiente ideale alla conservazione dei manufatti - nei parametri climatici ed igrometrici - devono essere rispettati i precedenti valori illustrati. Nel caso del deposito, ciò vale più che in qualsiasi altra condizione, poiché è proprio qui che i manufatti trascorrono la maggior parte della loro esistenza. È necessario che in nessun momento vi siano repentini sbalzi di temperatura o di umidità, che portano alla destabilizzazione degli abiti, causando un rigonfiamento seguito da una contrazione delle fibre che porta alla perdita delle naturali proprietà di elasticità, flessibilità e resistenza alla trazione.

Le condizioni ottimali devono essere ottenute mediante l’utilizzo di impianti di ventilazione, riscaldamenti, impianti per aria condizionata, umidificatori e deumidificatori che funzionino in modo tale da garantire la stabilità entro i giusti parametri dei valori

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11 igrometrici e microclimatici16. Nel caso vi siano delle finestre, queste andranno adeguatamente coperte mediante l’inserimento di filtri per i vetri che proteggano da raggi UV, oppure tramite tendaggi coprenti che oscurino totalmente e blocchino il passaggio di luce solare.

La prevenzione dalle muffe avviene conseguentemente al mantenimento del grado di umidità indicato - che abbiamo visto doversi mantenere sempre inferiore al 60% - e mediante una buona ventilazione, il che garantisce la creazione di un ambiente entro il quale le spore e i funghi, microrganismi che tendono a vivere su materiali organici comprese le fibre, non riescono ad attecchire, svilupparsi e riprodursi.

Per quanto concerne la prevenzione da attacchi di insetti o roditori, è necessario mettere in atto un piano di monitoraggio e controllo che precluda in ogni maniera la possibile presenza di tali parassiti. Eliminare possibili risorse di cibo, monitorare i probabili punti di accesso – comprese porte e finestre - e vagliare periodicamente le zone suscettibili sono i principali accorgimenti da attuare. È importante sapere che tutto ciò che ha origine proteica (in questo caso le fibre naturali) può essere una fonte di cibo per tali parassiti e dunque la pulizia, ancora una volta, è un requisito fondamentale. Inoltre è necessario ispezionare periodicamente i materiali di stoccaggio per verificare eventualmente i segni di attività di insetti o roditori. Per la prevenzione dall’attacco da insetti è buona prassi anche l’utilizzo e l’inserimento di trappole a ferormoni che attraggono e uccidono gli insetti maschi, eliminando totalmente il rischio della riproduzione e dunque di un’infestazione. Tali trappole devono essere comunque ispezionate e anch’esse periodicamente sostituite.

Per prevenire invece la presenza e l’attacco dai roditori sono da preferirsi le trappole meccaniche posizionate in punti strategici, piuttosto che affidarsi ai veleni. Quest’ultimi infatti possono in prima battuta essere dannosi per i manufatti da conservare, potendo creare dei vapori acidi dannosissimi per i tessuti, ma possono anche causare il decesso del roditore in luoghi inaccessibili, divenendo così i resti una possibile ulteriore fonte di cibo per insetti e microrganismi17.

Predisponendo un deposito per un museo è di fondamentale importanza considerare la quantità e la tipologia di manufatti che devono essere custoditi, ma soprattutto valutare

16 Vedi Mailand, Stites Alig, 1999, pp. 19-20. 17

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12 ed adottare soluzioni idonee nel momento in cui si decida di aumentare il numero di manufatti da conservare18. Nuove acquisizioni e donazioni sono molto frequenti. Più una collezione è vasta e più il museo si troverà di fronte alla necessità di realizzare delle strutture apposite affinché ogni manufatto trovi la giusta collocazione e insieme di prevederne un eventuale incremento nel futuro. Un caso particolare è quello verificatosi al Acadian Museum of Prince Edward Island, dove nel 1991 fu realizzato un progetto per una gestione più versatile degli spazi. La vasta collezione costituita per una grande parte da tessili era custodita in un deposito confinante con la sala espositiva del museo. La necessità di maggiore spazio alternativamente per la galleria ed il deposito portò il museo a mettere a punto una parete scorrevole in orizzontale che permetteva di aggiungere metri quadri a l’una o all’altra stanza. Contemporaneamente, al fine di una maggiore fruizione delle collezioni tessili, fu messo a punto un sistema di deposito a vista con cassettiere chiuse da vetro che potevano essere aperte e gli abiti posizionati su manichini in vetrine 19.

Un altro caso interessante è quello dell’esperienza fatta dal UBC Museum of Anthropology di Vancouver, dove è stato creato un deposito a vista (Visible Storage). In questo museo infatti la maggior parte degli oggetti tridimensionali sono stoccati in esposizione all’interno di vetrine collocate in una galleria pubblica. Per i tessili e per le opere d’arte di carta, molto sensibili alla luce, è stato previsto un deposito più tradizionale al buio. Il proposito era quello di renderlo accessibile ai visitatori. Infatti, la riproduzione fotografica o video di ogni manufatto è stata messa a disposizione del visitatore nell’esposizione principale, così da poter selezionare gli oggetti di interesse e prendere un appuntamento per vederli durante la visita al museo. Il deposito, per essere più accessibile e rendere gli oggetti immediatamente visibili, deve essere organizzato in modo da facilitare tale operazione e dunque gli oggetti dovranno essere appesi o posizionati in vassoi, rendendone più semplice e immediato il reperimento e la fruizione.

Il deposito totalmente visibile presenta sicuramente molti aspetti positivi, poiché aumenta notevolmente le opportunità che un museo è in grado di offrire, essendo per prima cosa sempre disponibile a tutti. D’altra parte, un deposito a vista può non garantire alcuni degli standard conservativi fondamentali, soprattutto per alcuni oggetti come tessili e carta, che sono quelli riguardanti i parametri di luce, umidità, polvere ed inquinamento. La via di

18 Vedi Pedemonte, 2012, p. 197.

19Textile open storage at the Musee Acadien Miscouche, Prince Edward Island, in “Textile conservation

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13 mezzo intrapresa dal Museo di Vancouver rappresenta una soluzione funzionale e allo stesso tempo tiene di conto la salvaguardia del patrimonio custodito20.

L’idea opposta di riproporre in una mostra l’allestimento di un deposito è stata realizzata presso la Fondazione Ratti in occasione della mostra “Città di seta. Quando l'architettura ispira i tessuti del Novecento” (8 maggio - 6 settembre 2013)21 ma anche in allestimenti di altri musei del tessuto. Questo permette di esporre una quantità maggiore di tessuti, avendo una grande quantità di spazio a disposizione. I vari cassetti in cui vengono conservati i tessuti possono essere aperti e chiusi dal visitatore oppure restare costantemente aperti posizionandoli in scala. La possibilità di poter aprire e chiudere i cassetti propone da un punto di vista conservativo una duplice questione: i cassetti infatti devono essere dotati di rallentatori, perché chiudendosi non sbattano, procurando scosse e traumi ai tessuti custoditi al suo interno; d’altro canto però vediamo che in questo caso i tessuti sono, anche nel periodo di esposizione, conservati al buio per la maggior parte del tempo, il che abbiamo visto essere la condizione ideale per la loro protezione (Fig. 2).

L’analisi di questi tre casi vuole far notare come musei che conservino tipologie di manufatti simili possano adottare - a seconda delle esigenze e dell’indirizzo che il museo si propone - scelte differenti anche per quanto riguarda l’organizzazione di un deposito. a) Profilassi preventiva allo stoccaggio in deposito

- Quarantena

Un altro aspetto riguardo le buone prassi per la gestione del deposito è quello dell’applicazione della quarantena, soprattutto per alcune tipologie di oggetti in entrata. Il processo di acquisizione del manufatto deve rispettare un protocollo di profilassi che è fortemente consigliabile. I capi considerati maggiormente soggetti ad attacchi di microorganismi ed insetti – che sono quelli di lana, le pellicce o quelli aventi parti costituite di piume - o comunque qualunque oggetto che mostri i segni di attacco di insetti - devono essere messi in quarantena. In questo modo è possibile monitorarli puntualmente entro un lasso di tempo stabilito e, se risultano infestati, si procede con un trattamento specifico prima di unirli agli altri oggetti della collezione, in modo tale da essere certi che

20Visible storage: an update, in “Textile conservation newsletter”, N° 24, spring 1993, pp. 18-19. 21 Fondazione Antonio Ratti

<http://www.fondazioneratti.org/news/130/citt_di_seta_quando_l_architettura_ispira_i_tessuti_del_novecent o> [data consultazione: 10/02/16].

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14 non immettano nell’ambiente sterile e protetto del deposito pericolosi insetti o microrganismi che possano poi riprodursi e diffondersi. La quarantena consiste nel sistemare l’oggetto dentro una busta o un telo di politene chiuso ermeticamente e lasciarlo in questa condizione per un periodo di tempo variabile in funzione delle dimensioni e della quantità degli oggetti22. Il periodo consigliabile è comunque di almeno venti giorni, che è considerato il lasso di tempo che intercorre tra la deposizione di uova e la nascita di eventuali insetti. Dopo i primi venti giorni, qualora si rilevasse la presenza di insetti, è possibile ripetere un altro ciclo di isolamento di altrettanti giorni, che elimina con certezza la possibilità che siano sopravvissuti. Un’alternativa a questa pratica può essere quella di inserire gli oggetti all’interno di armadi dotati di ante che garantiscano una chiusura stagna. Quello che si cerca di raggiungere in entrambi i casi è la chiusura ermetica che consente di uccidere gli eventuali microorganismi viventi, agendo attraverso l’immissione di prodotti chimici vaporizzati a carattere insetticida, oppure provocando volontariamente l’anossia all’interno dell’involucro attraverso l’introduzione all’interno del contenitore di un gas alternativo – solitamente si utilizza l’azoto23 (Fig. 3). Per oggetti più resistenti quali gli accessori realizzati in tessuto, è possibile utilizzare anche il metodo di anossia, ottenuta però provocando il sottovuoto. La valutazione deve essere fatta a monte e gli oggetti devono essere in grado di tollerare la pressione che la messa sottovuoto può provocare (Fig. 4).

- Cartellinatura

Un'altra attività che è indispensabile realizzare prima di collocare qualunque oggetto nel deposito è quella di dotarlo di cartellino. Questa operazione significa che l’oggetto è stato definitivamente acquisito nelle collezioni museali e pertanto gli viene assegnato un numero di inventario che viene riportato su un cartoncino e apposto a cucito sul manufatto, affinché possa essere identificato in ogni momento. Dunque cartellinare un oggetto risulta essere di fondamentale importanza, ma è un’operazione che deve essere effettuata tenendo conto ogni volta dei bisogni particolari dell’oggetto. Vi sono due tipologie di cartellinatura: la prima viene utilizzata per tutti i manufatti, indipendentemente dal loro posizionamento, orizzontale oppure verticale, e una seconda tipologia, che riguarda esclusivamente i manufatti stoccati in verticale, presuppone l’utilizzo di un

22 Vedi Pardoe, Robinson, 2000, p. 11.

23 Notizie fornitemi oralmente dalla restauratrice tessile Moira Brunori del laboratorio Restauri Tessili di

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15 ulteriore cartellino, come vedremo nell’esempio più avanti, comprensivo di fotografia dell’oggetto per consentirne l’immediata identificazione.

Poiché questa tipologia di cartellini sarà direttamente a contatto con l’oggetto, è necessario fare attenzione che questi siano realizzati in materiale inerte24 e non tagliente. Inoltre si deve evitare il rischio che il numero di inventario scritto perda l’inchiostro, collocandolo - prima di apporlo sul capo - in un sandwich di carta assorbente per verificare eventuali perdite di inchiostro.

Per ridurre il meno possibile la manipolazione degli oggetti, i cartellini dovrebbero essere sempre posizionati sulla stessa parte dei manufatti, oltre ad essere coerenti ed uguali in tutta la collezione. Questa rigorosità nella pratica facilita sensibilmente l’individuazione e il reperimento degli oggetti, senza la necessità di spostarli ripetutamente per andare a cercare il relativo numero di inventario. Parrà forse strano, ma se si pensa ad abiti di grandi dimensioni con numerosi strati di tessuto, aver stabilito dove poter trovare ogni indicatore facilita sensibilmente l’operazione. In questo modo inoltre vi sarà più tempo per occuparsi di movimentarli e maneggiarli con cautela. La grande diversità degli oggetti da classificare può creare dei problemi sulla posizione del cartellino uguale per tutti, ma si cerca di rispettare una linea generale: ad esempio, retro in fondo a sinistra oppure retro in alto a destra25.

Si predilige comunque posizionarli in zone in cui, nell’eventualità che il manufatto vada in esposizione, non siano visibili, in modo che non si presenti la necessità di spostarli o rimuoverli temporaneamente. La rimozione del cartellino può mettere a rischio l’oggetto, veicolando fraintendimenti e confusioni per quanto riguarda l’identità e la collocazione del manufatto in deposito.

Il cartellino con il numero di inventario è inoltre utile poiché su un computer è salvato un geografico - una sorta di tabella che fa corrispondere a ogni numero di inventario che è stato affidato ad un oggetto la sua reale collocazione nel deposito. In depositi di grandi dimensioni, come anche quello di Prato, non fare quest’ultimo passaggio di mappatura di un oggetto in base al suo numero di inventario, può veramente voler dire

24 Inerte: è una parola che incontriamo spesso quando si tratti di conservazione e restauro. Un materiale si

definisce inerte quando non reagisce o reagisce poco con ogni altro elemento o composto cui viene messa in contatto. Da <www.treccani.it> [data consultazione: 12/02/16].

25

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16 perderlo, non perderlo per modo di dire, ma non trovarlo proprio più all’interno dell’infinità di cassetti e di strati di carta velina presenti.

b) Posizionamento in deposito

In generale dunque, dovendo riporre degli abiti in deposito, è possibile attuare la scelta se appenderli in verticale oppure disporli in cassetti e scatole apposite (dunque in piano).

- In verticale

Appendere gli abiti in deposito è senza dubbio il metodo più popolare ed utilizzato per posizionare in deposito abiti di dimensioni medio-grandi, perché è la metodologia che semplifica l’operazione di immagazzinamento e che meglio consente l’accesso ai manufatti in deposito. Il metodo di appendere gli abiti, se svolto nella maniera corretta, risulta essere particolarmente efficace, oltre a permettere una soluzione davvero funzionale in termini di spazio. L’ingombro creato con tale metodo è irrisorio se paragonato a quello in piano in scatole o scaffalature.

Non tutti gli abiti si prestano però a questa modalità di stoccaggio e perciò preventivamente è necessario valutare alcuni aspetti, prima di decidere il metodo di conservazione più adeguato per il singolo abito.

Per poter decidere se un capo è idoneo ad essere riposto in deposito nella posizione verticale è necessario valutare gli aspetti seguenti:

 Verificare che l’area delle spalle sia sufficientemente resistente da sopportare il peso dell’intero abito.

 Non appendere abiti che per la loro struttura sartoriale possono essere soggetti a rischio di deformazione nella zona delle spalle.

 Evitare di appendere abiti il cui peso è distribuito principalmente nella parte bassa.

 Non appendere abiti che presentino aree estese in cui il tessuto risulta essere danneggiato o fragile.

 Non appendere abiti che sono divisi in più pezzi oppure tentare attraverso un sistema di grucce di stoccarli in maniera indivisibile per evitare che parti vengano separate e disperse.

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17 Per la sistemazione di abiti in deposito è necessario l’utilizzo di apposite grucce per appenderli e appositi involucri in tessuto per ricoprirli.

Per quanto riguarda le grucce, è obbligo scegliere grucce di materiale inerte. In genere sono utilizzate grucce di metallo, plastica o legno che vengono di volta in volta tagliate (plastica e legno) o modellate (metallo) per essere adattate all’abito. Le grucce normalmente reperibili in commercio devono essere selezionate e risultare idonee all’uso museale, soprattutto per le tipologie di materiali utilizzati per la sua realizzazione. Inoltre, una gruccia idonea a questo scopo deve fornire un supporto appositamente sagomato nella zona di contatto con il capo, mantenendo l’oggetto sollevato dal materiale di base della gruccia. Per queste ragioni le grucce selezionate devono essere sempre - dopo essere state sagomate - imbottite con ovatta di poliestere o cotone e poi ricoperte con un tessuto di cotone pulito, per creare una superficie ampia e soffice che isoli gli eventuali bordi taglienti della gruccia e crei un’accogliente e il più possibile ampia superficie di appoggio per il capo (Fig. 5). In alternativa è possibile cucire sulla gruccia imbottita una fodera trapuntata (Fig. 6). Un altro metodo è quello di realizzare una copertura con dei tubi di poliestere inseriti per tutta la lunghezza della gruccia, aprendoli lungo la lunghezza di un lato per inserirli e fissarli così sulla matrice. Anche in questo caso la struttura creata dovrà poi essere ricoperta con un’imbottitura oppure con una fodera trapuntata26

(Fig. 7).

Il posizionamento in verticale degli abiti presuppone anche la realizzazione e l’inserimento di una copertura antipolvere singola per ogni oggetto. Per la copertura degli abiti si realizzano delle buste a sacco di misura adeguata e appositamente studiata per ogni singolo capo in cotone naturale non trattato e non colorato. Si procede dunque realizzando delle buste fatte di tessuto economico da inserire dall’alto con solo uno dei lati apribile per gli abiti più corti, mentre i lati saranno chiusi anche in fondo per gli abiti più lunghi27. Questi involucri hanno la funzione di proteggere dalla polvere, dalla luce e dal contatto con gli altri abiti (Fig. 8). Una volta che gli abiti sono così sistemati e riposti, potranno essere posizionati anche fuori da eventuali armadi chiusi, poiché già adeguatamente e

26 Hanging Storage for Costumes - Canadian Conservation Institute (CCI) Notes 13/5,

<http://canada.pch.gc.ca/DAMAssetPub/DAM-PCH2-Museology-PreservConserv/STAGING/texte-text/13-5_1439925170787_eng.pdf?WT.contentAuthority=4.4.10> [data consultazione: 15/01/2016] e vedi Pedemonte, 2012, p. 200.

27Hanging Storage for Costumes - Canadian Conservation Institute (CCI) Notes 13/5,

<http://canada.pch.gc.ca/DAMAssetPub/DAM-PCH2-Museology-PreservConserv/STAGING/texte-text/13-5_1439925170787_eng.pdf?WT.contentAuthority=4.4.10> [data consultazione: 15/01/2016].

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18 sufficientemente protetti da polvere ed eventuali danni fisici. Buona norma è quella di provvedere al lavaggio periodico di queste coperture.

Pur essendo questo un metodo molto efficace per la conservazione, queste coperture hanno lo svantaggio di celare totalmente il capo, aumentando il rischio di confonderlo e rendendo complessa l’operazione di ricerca. Per questa ragione – ove possibile - si lascia un’apertura sul fondo mediante la quale è possibile intravederne il contenuto senza ogni volta scoprire l’oggetto; inoltre, si appone alla gruccia un cartellino che rimane posizionato all’esterno, nel quale viene stampata la foto del pezzo custodito all’interno, insieme al numero di inventario e alle informazioni principali che lo riguardano. Gli abiti possono a questo punto essere riposti in un armadio chiuso oppure anche al di fuori di ulteriori strutture, semplicemente disponendoli su aste metalliche orizzontali28. Questo è il metodo utilizzato ad esempio per il deposito del Museo della Moda e delle Arti Applicate di Gorizia dove la restauratrice Moira Brunori si è occupata personalmente dell’organizzazione del deposito, fornendomi le immagini e le informazioni riguardo le strategie conservative qui adottate (Fig. 9).

Vantaggi dello stoccaggio appesi Svantaggi dello stoccaggio appesi

Velocità e facilità nello stoccare oggetti singoli

Gli abiti possono cedere e rompersi a causa del loro stesso peso

Facilità di recupero e riposizionamento in deposito

È facile correre il rischio di sovraffollare la traversa alla quale sono appesi rischiando di danneggiarli a causa del contatto e dello sfregamento

Consente una prima analisi senza il bisogno di toccarli direttamente.

Non praticabile per tutti gli abiti – alcuni necessiteranno comunque di essere distesi in scatole o cassettiere.

Si adatta alla forma e la sagoma dei capi, di fondamentale importanza soprattutto per gli abiti su misura.

Continuo bisogni di fornire soluzioni individuali basate su la valutazione di ogni singolo oggetto29.

28

Vedi Pardoe, Robinson, 2000, pp. 31-32 e Hanging Storage for Costumes - Canadian Conservation Institute (CCI) Notes 13/5,

<http://canada.pch.gc.ca/DAMAssetPub/DAM-PCH2-Museology-PreservConserv/STAGING/texte-text/13-5_1439925170787_eng.pdf?WT.contentAuthority=4.4.10> [data consultazione: 15/01/2016].

29

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19 - In orizzontale

Immagazzinare gli abiti in piano è considerato, ove la disponibilità di spazio lo consenta, un metodo forse migliore del primo analizzato, per una serie di motivazioni.

Il posizionamento in piano espone innanzitutto ad un minor rischio di danneggiamenti permanenti agli abiti, poiché è un metodo più semplice da praticare e dunque può essere ben svolto anche da chi non è propriamente uno specialista di conservazione di costumi. In secondo luogo permette lo studio, l’analisi e l’osservazione diretta degli oggetti senza la necessità di manipolarli o rimuoverli dalla loro posizione di stoccaggio, eliminando il rischio che tali operazioni si portano dietro. Infine, distendere gli abiti in piano, diversamente dal posizionarli appesi, non richiede la realizzazione artigianale e l’utilizzo di speciali equipaggiamenti o attrezzature, quali grucce e coperture costruite ad hoc30.

Sia che si scelga di posizionare gli abiti in scatole acid free31 oppure all’interno di cassettiere o ripiani di un dispositivo atto ad accogliere tali manufatti, si dovranno comunque tenere presenti ed osservare rigorosamente alcuni necessari accorgimenti:

1) Le parti dell’abito comprendenti le informazioni più importanti per riconoscere il manufatto devono essere visibili senza dover rimuovere il capo dalla postazione assegnatagli; nella pratica ciò significa posizionarle rivolte verso il lato di apertura della scatola o del cassetto - sostanzialmente verso l’alto.

2) La forma tridimensionale di tali oggetti obbliga a inserire, nelle pieghe e nelle pinces di confezione, imbottiture o supporti cilindrici realizzati manipolando carta velina acid free di varia grammatura, evitando di attorcigliare i bordi, in modo da non renderli rigidi (Fig. 10). Questo viene fatto per evitare piegature nette per alcune tipologie specifiche di tessuto, come ad esempio la seta, soggetta particolarmente a danni da piega, ma anche per quegli abiti in cui tali angolature tendono a crearsi sempre nelle stesse zone, quali le maniche.

3) Tale imbottitura può anche inserirsi, compatibilmente con lo spazio, nelle zone che richiedono più volume, per evitare che questo venga perso totalmente in fase di stoccaggio. Gli abiti più pesanti possono richiedere l’uso di materiali più forti e

30 Vedi Pardoe, Robinson, 2000, p. 30.

31 Acid free: non acido. Il termine è comunemente utilizzato nei musei per descrivere le proprietà di carta e

prodotti di carta utili per lo stoccaggio ed il montaggio dei manufatti tessili. Da Pardoe, Robinson, 2000, p. 44.

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20 resistenti come cilindretti di ovatta di poliestere o di Ethafoam, modellati e rivestiti da un tessuto di cotone32.

4) È inoltre necessario coprire il piano della base di scatole o cassetti con un foglio di carta velina acid free, su cui successivamente verrà posizionato l’oggetto. Infine si coprirà il pezzo con un’ulteriore strato di carta velina. Questo consente di creare una sorta di lettiga per l’abito, che può essere così spostato senza essere direttamente toccato, ma semplicemente prendendo le estremità della carta.

5) Infine, qualora fosse necessario creare più strati di oggetti, l’accorgimento da osservare è quello di provvedere ad inserire quelli più pesanti in basso e sopra quelli più leggeri. Non è possibile comunque sovraccaricare i contenitori, compromettendo così la qualità della conservazione: il numero ‘limite’ è impossibile da quantificare, quindi la scelta viene demandata all’esperienza ed al buon senso di che effettua l’operazione (Fig. 11).

Seguendo queste norme si può scegliere, a seconda di esigenze e possibilità, se posizionare gli oggetti in scatole acid free e o nelle cassettiere di un deposito strutturato. Le scatole non acide vengono normalmente acquistate su misura a seconda degli spazi disponibili e delle necessità dettate dalla tipologia di manufatti che devono contenere. È disponibile qualunque formato e tali scatole sono caratterizzate dalla possibilità di poter aprire, oltre il coperchio anche uno dei lati della base (solamente a scatola aperta), caratteristica che ha lo scopo di semplificare le operazioni di inserzione degli oggetti, permettendo di farli scivolare all’interno del dispositivo.

c) Il deposito del Museo del Tessuto di Prato

Leggendo un articolo pubblicato in Textile conservation newsletter, troviamo un interessante pubblicazione del Royal British Columbia Museum riguardo ai miglioramenti apportati all’organizzazione del deposito. Analizzando il pezzo, ho riscontrato che alcune delle problematiche presenti nell’organizzazione e gestione di questo deposito sono molto simili a quelle del museo pratese. Innanzitutto, la collezione contenuta in questo museo - come quella del Museo del Tessuto - è una raccolta molto variegata che conta un grandissimo assortimento di tessili, tra i quali anche un gran numero di abiti. Scorrendo l’articolo, si può notare come i punti saldi per la realizzazione di un deposito che accolga

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21 collezioni così variegate siano molto simili ai criteri utilizzati per il deposito del Museo del Tessuto. Leggiamo che lo scopo precipuo è quello di evitare il più possibile l’affollamento dei reparti e utilizzare materiali completamente inerti. Oltre a questi obiettivi si aggiungono due necessità da rispettare in entrambi i depositi dei musei. In primo luogo, la possibilità di raggiungere ed estrarre dalla collezione qualsiasi artefatto senza la necessità di smuoverne altri, a cui si aggiunge la possibilità di esaminare ogni oggetto senza il bisogno di entrare in contatto con esso33. Vedremo come si cerchi di rispettare sempre questi due principi basilari nelle scelte di stoccaggio e immagazzinamento degli abiti, in aggiunta agli standard classici.

Vediamo ora più da vicino come è strutturato il deposito del Museo del Tessuto di Prato. Affronteremo l’analisi passando dagli aspetti macroscopici a quelli microscopici, cercando di toccare tutti gli aspetti dell’argomento. Inizieremo quindi dalla collocazione fisica dell’edificio che ospita il deposito all’interno della struttura museo, per passare ai sistemi di illuminazione e di monitoraggio ambientale, alla divisione della stanza e ai ricoveri studiati per gli oggetti, per arrivare alla collocazione degli abiti e ai materiali e alle modalità con cui vengono stoccati.

- Ubicazione del deposito

Il deposito del Museo del Tessuto rispetta quelle che sono le buone prassi per il posizionamento del deposito all’interno dell’edificio. Infatti, un magazzino per le collezioni non dovrebbe mai trovarsi né in un attico né negli scantinati dell’edificio, ma situarsi nel nucleo centrale della struttura34. Il deposito del museo pratese è ubicato in una stanza al piano terra del museo, in una posizione particolarmente strategica, poiché si colloca, ed è direttamente collegato tramite due porte, tra gli uffici dove lavora il personale del museo - compresa la conservatrice – e il laboratorio di restauro (Fig. 12). Possiamo definire questa posizione strategica poiché riflette nello spazio la funzione che deve avere un deposito, da un lato lo studio ‘fisico’ e la messa a punto di strategie di conservazione pratiche, dall’altro l’analisi e la ricerca sui manufatti, che non può prescindere dall’osservazione e dal contatto diretto con gli originali. In questo caso, entrambe le parti hanno il medesimo accesso a questa zona centrale. Inoltre, in un buon deposito è necessario ricavare nella stanza - oltre alle strutture contenenti le collezioni - una zona

33 Vedi Mackie, Bengston, 1993, p.2. 34

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22 studio che fornisca una superficie di appoggio ed i primi strumenti per lo studio di un tessile. Nel locale che fa da deposito al museo è presente un tavolo con pc e microscopio per le fasi di studio, preparazione, fotografia dei manufatti.

- Illuminazione

Il deposito è situato al piano terra, in un locale che presenta delle finestre sul lato lungo, che danno direttamente sull’esterno, opportunamente schermate tramite dei filtri e dei tendaggi che proteggono l’ambiente esterno dall’ingresso di luce naturale diretta. Nonostante alcun manufatto sia conservato fuori dal compact, un ambiente privo di luce solare è necessario anche perché all’interno del deposito avvengono una serie di operazioni di movimentazione degli oggetti che, seppur limitatamente ai brevi momenti di rimozione ed inserimento nel compact, devono verificarsi in un ambiente rigorosamente idoneo alla sua conservazione35. La luce artificiale è una luce fredda a neon che viene accesa solo nei brevi momenti in cui si deve accedere al deposito e attuare alcune operazioni, altrimenti viene tenuta spenta.

- Controllo microclimatico

Per quanto riguarda il controllo microclimatico dell’ambiente, il locale deposito è dotato di un dispositivo per il monitoraggio ambientale chiamato Sirius lite (Fig. 13). Questo sistema consta di sensori interni di temperatura e umidità, che trasmettono via radio ad allarmi eventuali situazioni di rischio, come il superamento delle soglie minime e massime in termini di umidità e temperatura. Inoltre, il dispositivo registra gli ultimi valori di temperatura e umidità, che vengono trasmessi e salvati sulla memoria di un computer. L’impianto di riscaldamento a terra e quello di condizionamento sono impostati in modo tale che entrino in funzione in modo da mantenere sempre temperatura e umidità entro i parametri.

- Monitoraggio biologico

Per la prevenzione degli attacchi biologici di insetti o ratti, il museo ha disposto la supervisione ed il controllo trimestrali degli appositi dispositivi, collocati sia nel deposito che nelle aree espositive. Per gli attacchi biologici, il museo si avvale di trappole a

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23 feromoni che sono efficaci contro gli insetti che infestano fibre di lana e vegetali, oltre che per blatte e topi.

- Compact

Prima di scendere nel particolare per vedere la forma e la disposizione del compact, è necessario sottolineare che la struttura ospitante le collezioni del Museo del Tessuto non è realizzata esclusivamente per gli abiti, ma deve essere versatile e potersi adattare allo stoccaggio di una grandissima varietà di manufatti tessili, che rappresentano la caratteristica di questa collezione. Per questa ragione, il compact è stato realizzato su misura e messo a punto nella sua forma concordemente tra la conservatrice della collezione e un progettista che ha realizzato il disegno per la forma generale e la suddivisione degli spazi interni, tenendo conto delle esigenze segnalategli. Il frutto di questo sodalizio è quello che viene chiamato ‘compact’, ossia una struttura metallica che si muove in orizzontale, scorrendo su binari che permettono l’apertura degli scaffali in sei zone differenti (Fig. 14). Delle maniglie-timone poste esternamente consentono con facilità di scorrere tali blocchi, creando dei corridoi tramite i quali è possibile accedere agli scaffali. La suddivisione interna è organizzata per la conservazione di manufatti tessili secondo il formato, il grado di conservazione e ordinata per collezione36. Come abbiamo già notato infatti la poliedricità delle collezioni del museo ha necessitato di una particolare suddivisione interna degli oggetti (Fig. 15). I manufatti bidimensionali di maggiori dimensioni sono collocati nella parte alta del compact, avvolti su rotoli che sono posizionati in sospensione mediante l’utilizzo di aste metalliche che li sostengono (Fig. 16). I rotoli sono realizzati seguendo le norme conservative per questi manufatti, ossia interfoliati da carta velina acid free. Tessuti di formato piccolo e medio sono invece posizionati all’interno delle cassettiere poste in piano, mai sovrapposti e singolarmente rivestiti di carta velina acid free (Fig. 17).

- Conservazione dei tridimensionali tessili

I tridimensionali tessili presentano qualche problematica aggiuntiva per lo stoccaggio in deposito, poiché nel loro immagazzinaggio si deve tenere presente che non sono per loro natura oggetti piani: anche disponendoli in orizzontale è necessario rispettare la loro volumetria, considerare la presenza di eventuali materiali non tessili aggiuntivi e

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24 l’enorme varietà delle dimensioni, taglie, materiali e forme che è possibile riscontrare37

. Nel deposito del Museo del Tessuto i tridimensionali tessili, quindi abiti e costumi, sono conservati all’interno di cassettiere di dimensioni e capienze differenti, a seconda del volume e dell’ingombro dell’oggetto. Anch’essi vengono singolarmente isolati in carta velina acid free. Oltre il rivestimento singolo degli oggetti, tutte le cassettiere sono a loro volta rivestite di carta velina acid free, ciclicamente rinnovata. Il rivestimento singolo degli oggetti è di fondamentale importanza per la loro movimentazione, perché possono essere spostati senza subire alcun contatto diretto, con un supporto al peso per tutta la superficie poggiante. Lo scopo ultimo è sempre quello di porre gli abiti il più possibile distesi, ma per gli oggetti più grandi e voluminosi può presentarsi invece la necessità di essere ripiegati. In questo caso si procede inserendo la necessaria imbottitura nei punti di piegatura per evitare danni causati da pieghe nette del tessuto. Come sopra spiegato e illustrato in figura (Fig. 10), per evitare pieghe nette del tessuto, vengono inseriti questi piccoli e semplici apparati. - Cartellinatura

Ogni oggetto è dotato di un suo personale cartellino, realizzato mediante un piccolo rettangolo ritagliato su carta non acida, al quale vengono rimossi gli angoli, che potrebbero essere dannosi per l’oggetto in quanto taglienti. Convenzionalmente, il cartellino viene apposto tramite punti di cucito nella parte in basso a sinistra del retro di un oggetto. Negli abiti sarà sempre collocato all’interno, nella parte posteriore in basso a sinistra, in modo che anche durante le esposizioni non si presenti quasi mai la necessità di rimuoverlo, poiché visibile. È buona norma non rimuovere mai il cartellino dall’oggetto, poiché rappresenta l’unico documento attestante la sua identità. Sul cartellino infatti viene apposto a matita il numero di inventario dell’oggetto, che è ciò che lo identifica singolarmente. Il numero di inventario dei manufatti del Museo del Tessuto è un codice a sei cifre nel formato XX.XX.XX. Le prime due cifre indicano le ultime due cifre dell’anno d’ingresso del bene, la terza e la quarta indicano la sequenza temporale dell’ingresso (ossia se è la prima, la seconda o la terza collezione entrata nel museo per quell’anno) e le ultime due la numerazione progressiva degli oggetti pervenuti. Il numero è riportato a matita anche sulla singola carta velina che ospita ogni oggetto. Infine, il codice inventariale è riportato sul cassetto tramite un’etichetta stampata, apposta all’esterno del cassetto insieme a tutti i numeri degli oggetti contenuti all’interno dello stesso. I cassetti sono studiati affinché

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25 permettano un’apertura completa, in modo che sia possibile esaminare l’oggetto ed anche fotografarlo senza la necessità di estrarlo dalla sua collocazione e sottoporlo ad inutili ed aggiuntive movimentazioni.

- Spazi aggiuntivi

Il compact dispone ad oggi di numerose scaffalature e cassetti liberi, dunque finora non si è ancora presentata la necessità di studiare sistemi per incrementare gli spazi di stoccaggio. Se però la collezione dovesse aumentare e dunque si esaurissero le scaffalature ed i cassetti all’interno del compact disponibili per ospitare gli abiti, si potrebbe valutare l’inserimento di strutture per la conservazione degli abiti in verticale, che abbiamo visto essere una soluzione che permette di guadagnare molto spazio. Infatti, nelle zone che non sono occupate dal compact potrebbero essere inserite delle aste, sulle quali appendere gli abiti che conservativamente possono stare in verticale, liberando quindi anche alcuni cassetti per i tessuti più delicati, che invece necessitano una conservazione orizzontale.

4 Fasi di allestimento: la Sala Storica del Museo del Tessuto di Prato

L’esposizione di manufatti tessili presuppone che chi organizza la mostra riesca a conciliare i migliori propositi etici con quelli estetici. In particolare, la ricostruzione di costumi per un’esposizione rappresenta un campo che racchiude problematiche riguardanti entrambi gli aspetti. Materiali e metodi per un allestimento devono essere adottati e scelti in base alle caratteristiche intrinseche dei singoli oggetti; al fine di ottenere il risultato migliore sarà necessario coniugare metodi tradizionali ed approcci più moderni. In questo contesto, come avviene per il restauro, è del resto difficile individuare e stabilire risposte certe e dunque quasi sempre la conservazione nell’esposizione rappresenta l’intuizione condivisa tra il conservatore ed altre figure tecniche. L’attenzione con cui sono gestite le fasi finali di allestimento e montaggio di un’esposizione fa una grande differenza nell'impatto che l'oggetto avrà sull'osservatore e, pur non essendo questo un aspetto che incide sulla sopravvivenza dell'oggetto, gli deve essere riservato un impegno particolare. Le scelte che in questa particolare fase il conservatore deve prendere, non seguono più solamente le esigenze conservative, ma devono anche soddisfare alcuni criteri che garantiscano una resa adeguata, fondamentali per la sua corretta e coerente

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presentazione.38. Per questa ragione, parlando dell’allestimento, farò riferimento - oltre a testi o documenti scientifici che trattano le prassi e gli standard conservativi – alla pubblicazione di Roberto Zanon, Allestimento per la moda, commentari e progetti, dalla quale ho potuto ricavare alcune interessanti teorie sull’esposizione di abiti e sugli allestimenti per la moda, basate sulla resa idonea degli oggetti messi in mostra, da un punto di vista della correttezza estetica.

«Un’esposizione tessile in generale deve sempre evitare di trasformarsi in un’occasione di accelerazione dei tempi di degrado ed aspirare invece ad essere un positivo momento di studio approfondimento e fruizione consapevole della fragile complessità artistica che li contraddistingue»39.

La natura stessa dei materiali con cui sono realizzati i manufatti tessili li rende caratterizzati da un’esistenza limitata nel tempo, sulla quale è possibile agire (possibilmente allungandola!) attraverso l’adozione di giuste norme per la loro conservazione. Soprattutto in occasione di un evento stressante per gli oggetti, quale la preparazione di una mostra con le conseguenti esigenze di trasporto ed allestimento, questa fase deve essere resa il meno traumatica possibile, andando così a delinearsi come un evento di fruizione pubblica, di studio, di revisione ed analisi scientifica degli oggetti40. Per affrontare le varie problematiche che si verificano in questi casi, propongo ancora l’esempio del Museo del Tessuto di Prato, dove l’allestimento della mostra “Heritage” fungerà da filo conduttore.

Per elaborare un’analisi critica della Mostra allestita presso il Museo del Tessuto, mi sono fatta guidare da Clothes Tell Stories, un workbook disponibile on line41. Il manuale è nato nell’ambito del ICOM Costume Committee, un congresso istituito per la prima volta nel 1962, che ancora oggi si tiene con cadenza annuale e che riunisce i professionisti mondiali del settore dei musei del costume, insieme agli storici del costume. Il fine ultimo di questi incontri periodici è quello di esplorare ed individuare tutti gli aspetti pregnanti per la presentazione, conservazione, ricerca e raccolta di abiti. Il congresso è promosso dall’ICOM (International Council of Museums), organizzazione impegnata a stabilire gli standard per musei di ogni genere in tema di design, management e gestione delle

38

Vedi Landi, 1985, pp. 2-4.

39 Davanzo Poli, anno 5, n°12, p. 3.

40 Vedi Davanzo Poli, anno 5, n°12, pp. 3-5.

41 Clothes Tell Stories, working with costume in museums, <www.clothestellstories.com> [data

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27 collezioni: rappresenta dunque l’organismo che stabilisce gli standard minimi da rispettare perché si lavori in modo professionale e gli obiettivi da raggiungere. Oltre alle linee guida che fornisce in modo periodicamente aggiornato, l’ICOM, che vede raccolti in sé più di 35.000 membri, assolve anche al compito di riunire - ad intervalli regolari - esperti del settore per discutere vari temi riguardanti ogni aspetto della vita dei musei. La mission dell’organizzazione a livello internazionale trova i suoi principi fondamentali nel combattere il traffico illecito di beni culturali, gestire i rischi, promuovere la cultura ed il sapere, proteggere i patrimoni mobili ed immobili. Proprio all’interno di questa organizzazione, troviamo un dipartimento altamente specialistico dedicato al costume e all’abbigliamento in genere, che si propone di fornire delle linee guida – tramite il workbook on line - per una corretta tutela, conservazione e promozione del patrimonio che riguarda la storia degli indumenti. Esplorando il supporto informatico, subito salta all’occhio come lo strumento proposto sia scientifico e puntuale, ma - nonostante preveda moltissimi dettagli - ciò che stupisce di più è l’approccio schematico alla materia. Troviamo infatti una vera e propria lista pragmatica di quelle che sono le buone prassi da seguire quando si ha a che fare con opere d’arte vestimentaria. Ogni piccolo dettaglio viene qui menzionato e specificato, dalla manipolazione degli abiti, a come organizzare una mostra, a come comunicare contenuti attraverso gli abiti (Clothes Tell Stories). Volendo in questo mio elaborato analizzare passo per passo le corrette modalità di conservazione e manipolazione degli oggetti e successivamente le fasi di allestimento di una mostra, ho ritenuto questo workbook un buon punto di partenza per comprendere ed approfondire alcune tematiche42.

a) Definire la mostra

Nella fase di pianificazione di una mostra, vengono considerati dalla curatrice e dagli altri membri dello staff del museo vari aspetti che la riguardano. I primi significativi dettagli da definire sono il tipo di mostra che si vuole realizzare, i contenuti, la durata, il budget, i finanziatori, insieme ai propositi che si vuole soddisfare e agli obiettivi da raggiungere. La mostra del museo pratese intitolata “Heritage. Storie di tessuti e di Moda” (21 novembre 2015 – 30 aprile 2016) non è una vera e propria mostra temporale, ma fa parte della usuale e periodica rotazione della Sala Storica, dove si espongono le collezioni di proprietà del museo. Il titolo riflette proprio quello che è il filo conduttore

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