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Introduzione La presente trattazione mira ad inquadrare un particolare ambito del commercio internazionale di armamenti, quale la coproduzione a livello

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Introduzione

La presente trattazione mira ad inquadrare un particolare ambito del commercio internazionale di armamenti, quale la coproduzione a livello europeo dei grandi sistemi d’arma, con uno studio approfondito sui principali progetti dei nostri tempi, realizzati da consorzi di imprese di diversi Stati della regione europea nel settore aeronautico: il progetto Mrca Tornado ed il progetto Eurofighter Typhoon. L’analisi proposta deve essere calata nel contesto normativo e socio-economico del più vasto e poliedrico fenomeno del commercio internazionale di armamenti. Questo doppio binario, su cui ci si muove, permette di garantire, da un lato, una base normativa che aiuti a marcare nel modo migliore possibile i contorni di questa tematica – il commercio internazionale di armamenti – non sempre chiari e netti, quanto piuttosto indefiniti e di non facile rilevazione, e dall’altro, per non sminuirne la portata, di tracciare la linea evolutiva di un fenomeno sviluppatosi a tal punto da coinvolgere diverse istituzioni, al di là dei confini nazionali che lo contraddistinguevano approssimativamente fino alla seconda metà del XX secolo. Dati questi presupposti, appare quindi opportuno precisare sin da subito: quali saranno gli ambiti del commercio internazionale di armamenti che verranno trattati, fino ad arrivare al particolare settore della coproduzione, e quali siano le fonti che possano essere ritenute attendibili per la raccolta di dati ed informazioni a riguardo. Il punto di vista dal quale verrà inquadrato questo argomento sarà prettamente pubblicistico, si vuole infatti analizzare un fenomeno di import-export che vede un costante rapporto tra domanda oligopsonistica (Stato nazionale o pochi Stati in grado di acquisire beni attraverso le loro imprese o amministrazioni) e offerta oligopolistica (poche imprese nazionali di grandi dimensioni e al massimo poche imprese straniere capaci di produrre sistemi complessi di armamento) che riguardi armi convenzionali (ovvero l’armamento

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IV classico delle forze armate dei diversi Paesi, in contrapposizione alle armi nucleari), non trascurando il fatto che la tutela della Sicurezza e la Difesa del territorio sono dei beni pubblici puri da garantire sul piano del risultato, più che sotto il profilo dei costi necessari per raggiungere

tali fini1. Questo sistema delinea un quadro piuttosto complesso e dai

confini non sempre netti tra lo Stato (sia in veste di produttore che di finanziatore), le industrie militari e gli istituti di credito, che permettono a queste ultime di reperire ulteriori finanziamenti; questo particolare quadro viene definito complesso militar-industriale-bancario. Definita la prospettiva da cui si è deciso di analizzare questo fenomeno, si percepisce l’esigenza di reperire fonti attendibili per evidenziarne i tratti socio-economici, ma ci si scontra con una realtà estremamente complessa, data la disomogeneità di dati ed informazioni inerenti la materia, spesso addirittura incomparabili tra loro. Questa complessità deriva essenzialmente dai grandi interessi politici e militari attinenti alla sfera della sicurezza degli Stati e delle organizzazioni tra Stati, dai criteri di fissazione del costo delle armi, che possono mutare in base a diverse variabili (fluttuazioni valutarie, ammontare delle commissioni da corrispondere ai soggetti coinvolti nelle transazioni, durata nel tempo delle produzioni, ecc.), e dalla scarsa accuratezza delle fonti doganali, dovuta alla classificazione come “occultate” della maggior parte di queste merci. Sorge quindi l’esigenza di ricorrere ad informazioni pubblicate da organismi indipendenti e governativi, che si occupano dell’evoluzione del mercato mondiale degli armamenti, ma che purtroppo non tengono conto di alcuni fattori d’importanza notevole, come per esempio le transazioni concernenti l’assistenza tecnica e le molteplici attività di addestramento correlate con la vendita di armi e la fornitura di sistemi di comunicazione, nonché le caratteristiche finanziarie delle transazioni. Le principali fonti di riferimento per un’analisi quantitativa del mercato mondiale di armamenti sono:

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F. Grassi Nardi, Economia della Difesa e della Sicurezza: disciplina giuridica e profili economici”, in

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V Lo Stockolm International Peace Research Institute (SIPRI): un istituto di ricerca indipendente, con sede a Stoccolma, fondato nel 1966 e finanziato dal parlamento svedese. Esso raccoglie dati da informazioni rese pubbliche e ritenute ufficiali, considerando soltanto quelli riguardanti i grandi sistemi d’arma (aerei, elicotteri, navi con stazza dalle 10 t in su, ecc.) presi singolarmente, non calcola i flussi originati dalle coproduzioni, ma solo quelli derivati da cessione di licenze di produzione o assemblaggio e prende in esame tutti i tipi di flussi di armamenti ( vendite dirette, aiuti militari, prestiti, donazioni, ecc);

La United States Arms Control and Disarmament Agency (USACDA): istituita nel 1961, durante la presidenza Kennedy, assorbita dal dipartimento di Stato dal 1998 (adesso USDSBVC). Si occupava dell’attività di ricerca e presentazione al pubblico di informazioni e studi attinenti al disarmo, teneva consulenze sul controllo del commercio delle armi e la sua limitazione. I rapporti contenevano le stime annuali delle importazioni ed esportazioni di armi, spese militari ed altri indicatori, per ogni Paese, in modo da fornire dati accurati accompagnati da specifici approfondimenti;

L’United States Congressional Research Service (USCRS): effettua un rapporto annuale e molto dettagliato sui trasferimenti d’armi ai Paesi in via di sviluppo.

Lo studio dei dati raccolti grazie a queste fonti offre lo spunto sia per un approfondimento della materia da parte degli studiosi del settore, sia per la predisposizione di una regolamentazione adeguata, volta a disciplinarlo in modo, per quanto possibile, efficace.

E’ proprio dalla regolamentazione del commercio internazionale di armamenti che ha inizio la presente trattazione, la quale fissa, all’interno dei primi due capitoli i punti fermi dell’evoluzione normativa, dottrinale

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VI e giurisprudenziale in materia, sia in ambito nazionale, che europeo ed internazionale, parallelamente ad un’evoluzione storico-economica delle complesse dinamiche che hanno coinvolto il commercio di armamenti. Nel primo capitolo viene tracciata, come premessa, una brevissima evoluzione storica alla quale è collegato lo sviluppo della normativa italiana vigente in materia; si analizza in prima battuta il dettato costituzionale dal quale si traggono i principi generali che dettano le linee guida per la regolamentazione di questa materia, dopodiché si ripercorrono in modo diacronico le tappe fondamentali della disciplina giuridica. Questo excursus, con inizio nel secondo dopoguerra e caratterizzato da un persistente vuoto legislativo per i primi quarant’anni, sfocia in quella che è ritenuta la norma cardine della regolamentazione della materia, il pilastro attorno al quale ruota l’intera disciplina: la legge 185/90 sul controllo dell’esportazione, importazione e transito dei materiali d’armamento. Per la prima volta vengono precisati principì, divieti, procedure di autorizzazione, metodi di trasparenza nel regolamentare questo settore così particolare e delicato. Da questo momento ha inizio un periodo storico contrassegnato da un maggiore dibattito politico-istituzionale, interessato a queste particolari tematiche giuridico-economiche, che ha portato alla ratifica da parte dell’Italia dell’accordo di Farnborough, il cui intento era facilitare la ristrutturazione e l’attività dell’industria europea per la Difesa, con la l.148/2003; in particolare, con tale accordo, vengono disciplinate per la prima volta le esportazioni di materiale d’armamento realizzato in coproduzione tra le industrie dei diversi Paesi aderenti. A conclusione del primo capitolo vengono precisate le modifiche del D.Lgs n. 105/2012 alla legge 185/90, in attuazione della direttiva europea 2009/43/CE, riguardante la semplificazione delle modalità e le condizioni dei trasferimenti all’interno della Comunità di prodotti della Difesa. Dopo aver affrontato la tematica dal punto di vista nazionale e volgendo lo sguardo ad un panorama ben più vasto, al di là dei confini

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VII della giurisdizione italiana, ci si rende conto della necessità di suddividere la trattazione della normativa in materia in due settori: il primo, regionale, riguardante le fonti comunitarie e gli accordi intergovernativi a livello europeo; il secondo, globale, riguardante le convenzioni stipulate all’interno di organizzazioni internazionali e gli accordi che gli Stati si impegnano a rispettare fra loro. Questa bipartizione viene effettuata nel secondo capitolo della trattazione, che, così come il precedente, ha inizio con una digressione storico-economica per cercare di far comprendere al meglio la successiva disciplina ed i fattori che hanno inciso nel determinare il modus operandi delle istituzioni che verranno di seguito presentate. Tratto saliente di questo secondo capitolo è l’incapacità degli Stati, a livello internazionale ed europeo, di rinunciare a parte della loro sovranità a favore di politiche comuni sia per quanto attenga alla regolamentazione del commercio internazionale di armamenti, sia allo scopo di creare un progetto di comunità europea di difesa, con il conseguente sviluppo di limitate forme di cooperazione a livello intergovernativo. La volontà di non rinunciare alla propria sovranità in materia, da parte degli Stati, era già chiaramente enunciata nell’art. 296 del trattato CE, il quale dettava una vera e propria deroga alla regola della libera concorrenza nel mercato europeo per quanto riguarda gli armamenti, e significativo è il fatto che, dopo diversi decenni, tale disposizione è stata interamente trasposta nel TFUE, all’art. 346. A tal riguardo vengono analizzate le possibili interpretazioni date nel tempo a questo articolo ed alcuni significativi interventi della Corte di Giustizia che hanno fatto giurisprudenza, nonché gli interventi successivi della Commissione europea. In seguito, il capitolo si sviluppa trattando nello specifico le più importanti forme di collaborazione ed i principali accordi raggiunti a livello europeo in materia di commercio di armamenti: il Codice di condotta europeo sulle esportazioni di armi (approvato nel 1998 dal Consiglio dell’UE), le diverse iniziative di cooperazione interstatale

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VIII succedutesi nel tempo, l’Accordo Quadro (LoI) per la ristrutturazione dell’industria europea degli armamenti, la creazione dell’Agenzia europea per la Difesa. Terminato lo studio a livello europeo, si passa ad analizzare il settore internazionale, del quale si evidenzia subito l’ottica particolare attraverso cui viene disciplinata la materia: il disarmo. Si avvia così un percorso che parte dal diritto internazionale consuetudinario, passa attraverso i principi sanciti nella Carta delle Nazioni Unite ed i diversi trattati di disarmo e non proliferazione, ratificati dagli Stati nel tempo, per sfociare infine nell’ATT (Arms Trade Treaty), il primo trattato internazionale che intende disciplinare su scala globale il commercio di armamenti. Poste così le basi a livello normativo, nel terzo capitolo si punta al cuore della tematica, analizzando la struttura economica e politica del cosiddetto “complesso militar-industriale-bancario”, dal quale nascono, come ultima frontiera dell’evoluzione, le coproduzioni internazionali ed europee in materia di grandi sistemi d’arma. Se fino agli anni ’70 del Novecento, infatti, gli Stati riuscivano a garantirsi armamenti soprattutto attraverso le proprie industrie nazionali, successivamente la progettazione e la produzione dei grandi sistemi d’arma divennero sempre più complesse, dal punto di vista tecnologico e dei costi da sostenere; per questo motivo gli Stati iniziarono a collaborare tra loro per garantirsi sistemi di difesa sempre più tecnologici, cercando di abbattere i costi unitari di produzione. Per capire i meccanismi, non sempre trasparenti e di facile intuizione, con cui opera questo complesso, si è optato per una sua scissione, nella presente trattazione, in quattro ambiti, evidenziando dapprima i tratti salienti della domanda, successivamente l’offerta, l’integrazione tra le due voci, ed infine l’ausilio dato dal sistema finanziario ad acquirenti e produttori. Se operazione di non eccessiva difficoltà si rivelerà l’analisi della domanda e dell’offerta, evidenziando quali siano i soggetti che contraddistinguono le due voci del mercato degli armamenti, tutto l’opposto si potrà constatare quando si cercherà di scendere nel dettaglio

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IX delle procedure di acquisto e produzione dei sistemi d’arma. Appare evidente il tentativo di rendere pubblico meno materiale possibile riguardante il settore della Difesa statale e l’approvvigionamento di armamenti da un lato, e gli accordi e i costi dei programmi sviluppati dalle imprese dall’altro. A questa scarsa trasparenza, contornata in parte da segreti di Stato e professionali, si aggiunge la difficoltà nel reperire dati ed informazioni riguardanti i flussi economici generati dagli istituti di credito nei confronti delle imprese e degli Stati per garantire le varie fasi di vendita, produzione e manutenzione di questi costosissimi progetti. Si insinua così l’idea che gli Stati, le imprese e gli istituti di credito non vogliano permettere all’opinione pubblica una conoscenza almeno parziale di quanti stanziamenti pubblici vengano sottratti ad altri settori, per garantire il bene pubblico puro della Difesa. La presente trattazione prescinde però da valutazioni soggettive di carattere esclusivamente politico sull’argomento, volgendo l’attenzione piuttosto sugli accordi internazionali e le problematiche politico-economiche, che vengono generati dall’operato del complesso militar-industriale-bancario. La presunta necessità di accordarsi a livello interstatale, di garantire prodotti più efficienti sul mercato a costi inferiori, di rimanere al passo con lo sviluppo tecnologico militare su scala mondiale, genera infatti una serie di dubbi sulla predominanza dei vantaggi o viceversa degli svantaggi di una coproduzione fra più imprese di diversi Stati in materia di armamenti, nonché su quali siano i reali benefici e costi di questi progetti. Proprio con l’obiettivo di avere risposte a questi interrogativi appena citati, vengono esaminati all’interno del quarto capitolo due casi concreti, ovvero i due più grandi progetti di sistemi d’arma prodotti a livello europeo nel settore aeronautico: il Mrca Tornado e l’Eurofighter Typhoon. Ben lungi dall’effettuare descrizioni tecniche relative a tali velivoli, attraverso questi due casi successivi fra loro nel tempo, si cerca di mettere in luce pro e contro dell’evoluzione che dagli anni ’70 del secolo scorso ad oggi ha contraddistinto il sistema

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X delle coproduzioni in materia di armamenti. Il principale fine di questa analisi resta infatti quello di evidenziare le eventuali criticità ancora irrisolte, i passi avanti effettuati tra il primo ed il secondo progetto, i possibili miglioramenti da attuare in futuro. Lo studio proposto non pretende di offrire una panoramica completa ed esaustiva sul vasto settore delle coproduzioni nei sistemi d’arma, data l’estrema diversità dei singoli casi fra loro. Ciò nonostante si cercherà di raggiungere quantomeno alcuni punti fermi su una eventuale inefficienza del sistema, oppure sulla reale o possibile opportunità di progresso scientifico, tecnologico ed economico per gli Stati che ne facciano parte.

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