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Introduzione e stato dell’arte C 1

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Academic year: 2021

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C

APITOLO

1

Introduzione e stato dell’arte

1.1 Intestino ed endoscopia tradizionale

L’intestino, ultima parte dell’apparato digerente, è di fondamentale importanza per una corretta assimilazione delle sostanze nutritive digerite precedentemente dallo stomaco. La visualizzazione interna, di fondamentale importanza per l’analisi di patologie, quali tumori, polipi, diverticoli, avviene prevalentemente mediante uno strumento denominato endoscopio. Si parla di rettosigmoidoscopia quando vengono esaminati retto e sigma, mentre si parla di colonscopia quando si studiano anche le restanti parti del colon.

1.2 Breve descrizione tratto gastrointestinale

Il tratto gastrointestinale è suddiviso in due parti (Fig.1.2): il tratto gastrointestinale superiore composto da bocca, esofago e stomaco e dal tratto gastrointestinale inferiore composto da intestino tenue, intestino crasso e ano. Il compito

principale del tratto

gastrointestinale umano è la raccolta di cibo e acqua, la digestione e l'assorbimento delle sostanze nutritive necessarie per il corretto funzionamento del corpo. Residui di cibo non digerito o non necessari vengono rimossi dal corpo. Una delle funzioni

aggiuntive del tratto

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gastrointestinale è quella di proteggere l'organismo impedendo le infiltrazioni di sostanze nocive e di microrganismi. Grazie a questa funzione il tratto digestivo fa parte del sistema immunitario umano. Il ruolo importante in questo processo è svolto dai batteri probiotici.

Intestino

L’intestino (Fig. 1.3) si estende dalla valvola piloro dello stomaco, all’ano ed è costituito da due segmenti che prendono il nome di intestino tenue ed intestino crasso. L’intestino tenue è l’organo più lungo di tutto l’apparato digerente con una lunghezza media di 7

m e un diametro di 2,5-3 cm. Le sue funzioni principali sono: digestiva, in quanto completa la digestione degli alimenti, iniziata nella bocca e nello stomaco, mescolando il chimo gastrico con il succo intestinale, succo pancreatico e la bile; assorbente in quanto attiva il passaggio nel sangue e nella linfa dei prodotti della digestione e di altre sostanze ingerite (acqua, sali e vitamine); motoria in quanto causa il rimescolamento del contenuto intestinale e la sua progressione. Perciò le diverse strutture dell’intestino tenue hanno attività secretiva, assorbente, motoria. Infine alcune cellule specializzate hanno attività endocrina, secernendo vari ormoni gastrointestinali. Quindi il tenue come lo stomaco, produce secrezioni esocrine (succhi digestivi), ed endocrine (ormoni gastrointestinali). Questo tratto intestinale viene diviso in tre parti strutturali: duodeno, digiuno e ileo. Il duodeno segue lo stomaco, dal quale si separa anatomicamente per mezzo dello sfintere pilorico, un anello muscolare che al momento opportuno permette il graduale passaggio della poltiglia alimentare dall'ambiente gastrico a quello intestinale. Con una lunghezza di 25-30 centimetri il duodeno rappresenta il tratto più breve, ma anche il più importante dal punto di vista digestivo; non a caso la parola

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duodeno significa "dodici dita" corrispondenti appunto a circa 25 centimetri. Oltre ad essere particolarmente breve, questa porzione del tenue è anche piuttosto larga (calibro medio: 47 mm) e fissa, data la sua stretta aderenza con la parete addominale posteriore. Morfologicamente, il duodeno ha la forma di una C, con la convessità a destra e la concavità, dove alloggia la testa del pancreas, situata sulla sinistra. L'attività digestiva del duodeno è piuttosto intensa, dato che raccoglie il secreto di ghiandole importantissime, come il fegato (bile), il pancreas (succo pancreatico), quelle del Brunner (ghiandole duodenali che secernono un muco alcalino) e quelle intestinali (succo enterico). I succhi digestivi hanno lo scopo di neutralizzare l'acidità del chimo gastrico e completarne la digestione. Nel duodeno, inoltre, compaiono i villi, caratteristici di tutto il tenue e deputati all'assorbimento dei nutrienti (grazie alle cellule dell'orletto a spazzola che li ricoprono). Oltre alla funzione digestiva e assorbente, il duodeno presenta anche attività motoria, endocrina e immunitaria. Il digiuno è la sezione centrale dell'intestino tenue, preceduto dal duodeno e seguito dall'Ileo e il confine tra duodeno e digiuno è generalmente definita dalla flessura duodeno-digiunale. La sua superficie interna è ricoperta di estroflessioni chiamate villi intestinali, che aumentano l'area superficiale disponibile per l'assorbimento di sostanze nutritive contenute nell'intestino. Le cellule epiteliali che formano i villi a loro volta presentano ulteriori microvilli specializzati nell’assorbimento di piccole particelle nutrienti. Il digiuno ha una lunghezza di circa 2,5 m e presenta internamente numerose valvole conniventi che diminuiscono fino a non essere presenti nelle ultime anse. L’Ileo con una lunghezza che varia dai 2 ai 4 metri si estende dal digiuno fino alla valvola ileocecale, valvola che

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permette il passaggio delle sostanze non digerite dall’ileo verso il ceco, che costituisce il primo tratto del colon. La sua funzione principale è quella di assorbire la vitamina B12, riassorbire i sali biliari ed eventuali prodotti non assorbiti dal digiuno.

L’intestino crasso (Fig. 1.4) costituisce la parte terminale del tubo digerente. Lungo circa 1,5 m, con un diametro di circa 7 cm si estende dalla valvola ileocecale all'ano. Anatomicamente viene suddiviso in sei tratti che, in direzione aborale, vengono rispettivamente chiamati: cieco, colon ascendente, colon trasverso, colon discendente, sigma e retto. A livello del tenue viene completata la digestione degli alimenti e buona parte dei principi nutritivi ottenuti (circa il 90%) viene assorbita. La funzione primaria dell'intestino crasso è dunque quella di accumulare i residui del processo digestivo e favorirne l'espulsione. La capacità assorbente del crasso è comunque importante poiché, soprattutto a livello del colon, si ha un notevole assorbimento di acqua ed elettroliti. Nell'intestino crasso vengono assorbite anche vitamine, non tanto quelle introdotte con gli alimenti (già assorbite a livello del tenue), ma soprattutto quelle prodotte dai miliardi di batteri simbionti che popolano il colon. Tali microorganismi sintetizzano in particolare la vitamina K ed alcune vitamine del gruppo B. L'intestino crasso funge anche da "deposito" per le feci, grazie ad un diametro decisamente superiore rispetto a quello dell'intestino tenue, quindi il colon ha anche la proprietà di concentrare i residui della digestione e, in ultimo luogo, di favorirne l'espulsione.

1.3 Endoscopia tradizionale

L’endoscopia intestinale è un esame strumentale che permette l’esplorazione del tratto digestivo basso. Quando si esaminano il retto e il sigma (le parti terminali dell’intestino), si parla di rettosigmoidoscopia mentre quando si studiano anche le restanti parti del colon si parla di colonscopia. Per l’esecuzione viene utilizzato l’endoscopio (cfr. Arjo J. Loeve) (Fig. 1.5), un tubo flessibile lungo circa 1,5 m all’interno del quale sono presenti alcuni canali per il passaggio di: strumentazione specifica, aria o acqua e cavi elettrici. Nella parte finale, lunga circa 4-10 cm, sono presenti tre uscite: nella prima è presente una telecamera

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digitale per la visualizzazione della mucosa interna dell’intestino, nella seconda dei led o fibre ottiche come fonte di luce mentre la terza permette il passaggio di una specifica strumentazione o l’insufflazione di aria per dilatare l’intestino nel caso in cui fosse collassato. Quest’ultima parte facilmente manovrabile dal medico può essere curvata in due direzioni grazie alla presenza di un controllo manuale sull’impugnatura del dispositivo.

L’applicazione principale della colonscopia riguarda l'indagine dello stato di salute della mucosa colica, al fine di individuare eventuali lesioni, ulcerazioni, occlusioni o masse tumorali nelle immagini che scorrono sullo schermo.

La colonscopia ha quindi essenzialmente due grossi campi applicativi: lo screening del cancro al colon e la ricerca di elementi diagnostici in presenza di segni e sintomi di natura intestinale.

Il tumore colorettale infatti è il terzo tumore più frequente in entrambi i sessi in

Europa e Stati Uniti e in particolare in Italia costituisce la seconda causa di mortalità per tumore, nelle donne dopo il tumore alla mammella e negli uomini dopo il tumore al polmone. I ricercatori del Memorial Sloan Kettering Cancer Center di New York, uno dei più prestigiosi centri anti-cancro del mondo, hanno dimostrato che si può prevenire i tumori colorettali e ridurne del 53% la mortalità

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attraverso programmi di screening che utilizzano la colonscopia. I tumori del colon retto originano da escrescenze, dette comunemente polipi, della mucosa (parte interna) del colon, l'ultimo tratto dell'intestino, lungo circa 130 cm. I polipi sono essenzialmente di due tipi: infiammatori (assolutamente benigni) e adenomatosi. Questi ultimi possono, crescendo in dimensioni, dare origine a delle trasformazioni cellulari che, in una certa percentuale di casi, può portare allo sviluppo di un tumore vero e proprio. Il processo di trasformazione avviene lentamente, nell'arco di un periodo lungo anni. Nel 1980, sempre al Memorial Sloan Kettering, fu lanciato un programma di screening multicentrico chiamato National Polyp Study (Nps) che ha arruolato 9112 pazienti, seguiti longitudinalmente per 22 anni. A 2602 pazienti, al netto di quelli già ammalati di neoplasia conclamata al momento della prima colonscopia (422), grazie allo screening furono riscontrati e rimossi svariati polipi adenomatosi. Le morti per carcinoma colorettale nell'arco di poco più di due decenni, in questo gruppo di pazienti, furono 12. In un analogo gruppo di pazienti non sottoposti a screening, stando alle statistiche dei registri tumori, se ne sarebbero attesi 25,4: il 53% o in più. Lo studio (cfr. A.G. Zauber et al) è stato pubblicato sulla prestigiosa rivista New England Journal of Medicine il 23 febbraio 2012. Le principali organizzazioni scientifiche gastroenterologiche: American Cancer Society, American College Gastroenterology, Società Italiana Endoscopia Digestiva raccomandano la prima colonscopia di screening per popolazioni “sane” a rischio normale a 50 anni e, le successive, se non vengono riscontrate anomalie, ogni 10 anni. Sono invece state individuate popolazioni di pazienti a rischio maggiore, che quindi devono essere sottoposte a colonscopia con intervalli più frequenti, e soprattutto prima dei 50 anni come ad esempio: pazienti con parenti di primo o secondo grado operati di tumore al colon, specialmente se in giovane età (40 anni); pazienti affetti da poliposi del colon; da retto colite ulcerosa (malattia autoimmune infiammatoria cronica del colon); e infine, naturalmente, pazienti che hanno già subito l'asportazione di polipi adenomatosi del colon o addirittura di tumori del colon.

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Oltre che nello screening del cancro al colon-retto, la colonscopia viene tipicamente utilizzata per indagare le origini di sintomi come dolori addominali, sanguinamento rettale, stipsi o diarrea cronica, frequenti alterazioni dell'alvo (periodi di stitichezza alternati ad episodi diarroici), anemia sideropenia di origine sconosciuta, tenesmo (sensazione di incompleta evacuazione delle feci), emissione di escrementi nastriformi e abbondante presenza di muco nelle feci. Molti di questi sintomi sono riconducibili anche alle forme tumorali del cancro al colon-retto

1.4 Modello del colon e problemi nell’endoscopia tradizionale

Il colon può essere modellato (cfr. Arjo J. Loeve), come un tubo elastico e molto flessibile. La figura 1.6 mostra al centro lo schema anatomico del colon umano mentre esternamente la sua modellizzazione.

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Per evitare che il modello del colon diventi inutilmente complesso sono state apportate alcune assunzioni e semplificazioni:

1) La parete del colon è modellata come un tubo liscio perché le pieghe (che si trovano per tutta la lunghezza del colon) sono poco influenti sul comportamento di curvatura del tubo;

2) L’intestino tenue agisce come una massa viscosa che delimita il movimento e la deformazione del colon in tutte le direzioni e quindi il colon viene modellato aumentando la sua resistenza alla deformazione; 3) Pressione addominale è omessa dal modello perché differisce di poco dalla

pressione atmosferica;

4) I movimenti e le deformazioni del colon si assume che restino all’interno dell’addome quindi la parete addominale è lasciata fuori dal modello 5) L’attrito tra il colon e l’endoscopio non viene considerato grazie alla

presenza del muco all’interno del colon.

Il retto anatomicamente è fissato nell’osso pelvico e viene quindi modellato come una parte fissa del sigma. Il sigma giace quasi libero a forma di ‘S’ tra il retto e il colon discendente. Il colon discendente è vincolato su tutta la sua lunghezza da stretti legamenti ed è quindi modellato come interamente fissato. La flessura splenica anatomicamente è sospesa da un legamento che non può allungarsi molto, ma può liberamente piegarsi, è modellata come se fosse sospesa da un cavo. Inoltre gli organi circostanti il colon (milza, fegato) impediscono alla flessura splenica di muoversi lontano verso l’alto. Il peritoneo è molto sottile e piegato e si presume possa influenzare solo leggermente il comportamento del sigma e del colon trasversale. Esso è modellato aumentando la resistenza di deformazione del colon. Il colon trasverso è bloccato tra la flessura splenica ed epatica. I collegamenti tra il colon trasverso ed entrambe le flessure sono elastiche come la parete del colon e sono quindi modellate con delle molle. La flessura epatica è modellata come la flessura splenica mentre il colon ascendente è modellato come il colon discendente. Il ceco infine pende liberamente dal colon ascendente.

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I problemi del paziente durante l’analisi del colon e le difficoltà che il medico incontra nell’utilizzo dell’endoscopio, sono molteplici.

Durante la colonscopia l’endoscopio, inserito attraverso l’ano, comincia ad essere spinto lungo la prima curva del sigma senza che il medico debba eseguire particolari o complicate manovre.

- Come si può visualizzare in Fig. 1.7 la distribuzione della forza di spinta (qpush-1) lungo la parete del colon, dovuta al primo contatto con l’endoscopio, è data esclusivamente dalla forza normale e non tangenziale grazie alla grande quantità di muco presente che

permette di eliminare l’attrito. Durante questo stadio il colon fornisce una piccola resistenza allo spostamento e per questo la prima

curva comincia a spostarsi e a ridurre la lunghezza della seconda curva. L’endoscopio continua ad essere spinto (Fig.

1.8), provocando un aumento della

forza di spinta (qpush-1), contro il colon che comincia ad essere stirato dato che la seconda curva non ha più lunghezza da offrire. Si ha un

aumento delle deformazioni delle pareti del colon con conseguente stiramento e queste sollecitazioni cominciano ad eguagliare la forza di spinta. Infine superata la

Fig. 1.7

Fig. 1.8

Fig. 1.9

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prima curva (Fig. 1.9), le sollecitazioni nella parete del colon sono in equilibrio con le forze di spinta esercitatate dall’endoscopio.

- L’endoscopio, raggiunta la seconda curva del sigma, genera una forza normale (qpush-2) dovuta alla spinta contro la parete del colon, e una forza di reazione (qbuckle) contro la prima curva che si sommerà alle qpush-1 (Fig. 1.10). La forza di spinta e l’allungamento della seconda curva del sigma (Fig 1.11) aumenteranno con l’avanzamento del dispositivo di visione fino a quando la sua estremità non passerà anche la seconda curva (Fig. 1.12). In questo caso si avrà una eliminazione della forza di reazione (qbuckle) con conseguente recupero della lunghezza della prima curva.

- Nel caso in cui il sigma fosse lungo o molto lasso, si avrebbe un allargamento della prima curva con conseguente diminuzione del raggio di curvatura della seconda. In questo caso la punta dell’endoscopio dovrà essere piegata in modo molto acuto, nella seconda curva e tutte le forze agiranno su una piccola area che inibirà l’avanzamento e aumenterà il rischio di perforazione (Fig. 1.13).

Fig. 1.11 Fig. 1.12

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- Un altro problema (Fig. 1.14) si genera quando il sigma, durante l’avanzamento dell’endoscopio esce fuori dal suo piano anatomico generando il cosiddetto N-loop; questo, per poter continuare l’analisi medica, deve essere eliminato. L’eliminazione del problema avviene, da parte del medico, principalmente mediante due metodi: con il primo (Fig. 1.15), verrà

portata indietro la parte distale dell’endoscopio e applicata una torsione in

senso orario (Tcw), grazie alla quale si ha un raddrizzamento del colon; con il secondo (Fig. 1.16), il medico cercherà di trasformare l’N-loop in un α-loop tirando indietro e verso sinistra l’endoscopio e applicando una torsione in senso orario dello strumento (Tcw).

- Superato il primo breve tratto, il dispositivo di analisi incontrerà il colon

Fig. 1.14

Fig. 1.15

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discendente, che date le sue caratteristiche, non ostacolerà l’avanzata anche se il trasferimento di forza dalla zona prossimale, data dalla spinta del medico, verso la zona distale, la punta dell’endoscopio, diminuirà all’aumentare del numero di loop presenti nel colon o all’aumentare del piegamento della punta dell’endoscopio.

- Un altro problema può essere visualizzato in Fig. 1.17 dove l’endoscopio, nonostante la spinta dall’esterno, non riuscirà a proseguire la sua strada a causa della formazione nel sigma di curve pronunciate, con anche la possibilità di una retroazione del dispositivo.

- Un grosso problema che complica molto l’inserimento è dovuto al fatto che l’endoscopista ha una visione in primo piano di quello che lo circonda, senza la possibilità di capire il comportamento dello strumento, con conseguenti difficoltà di manovra.

- Il superamento della flessura splenica per raggiungere il colon trasverso può essere difficoltoso se c’è la presenza di una curva molto pronunciata. Per risolvere il problema si utilizza la stessa tecnica utilizzata per le precedenti curve acute e cioè quella di allargare la curva stessa. Questo può essere fatto abbastanza facilmente poiché la flessura è abbastanza vincolata e può facilmente adattare la sua forma all’endoscopio.

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- L’endoscopista riuscirà a superare il colon trasverso abbastanza facilmente dato che questo può muoversi verso il basso e adattarsi alla forma dell’endoscopio che eserciterà una piccola forza contro la parete; anche in questo caso un piccolo stiramento della parete è inevitabile dato che dovrà bilanciare la forza esercitata dall’endoscopio. Un problema maggiore sarà quando il colon trasverso è molto lungo (spesso nelle donne) infatti potrebbe verificarsi un avvolgimento ad anello. Questo complicherà l’inserimento sia perché aumenterà la forza richiesta dall’endoscopio per curvarsi e sia il rischio di retroazione del dispositivo dovuto all’elevata deformazione della parete. Le cause meccaniche di questo problema sono dovute all’elevata rigidezza dell’endoscopio tradizionale e alla mancanza di vincoli sul colon trasverso.

- La curva della flessura epatica aumenterà la forza necessaria per piegare l’endoscopio e per farlo avanzare con aumento dello stiramento della parete e con il rischio di retroazione del dispositivo dato anche dalle traiettorie assunte precedentemente. L’ultimo tratto cioè il colon ascendente, dritto e vincolato normalmente non aggiunge problemi.

- Il colonscopio tradizionale ha inoltre il problema, principalmente durante l’ α-loop, di creare avvolgimenti su se stesso molto piccoli con una notevole forza, provocando allungamento e piegamento del colon.

Tutti questi problemi d’inserimento e manovra per il medico, elencati precedentemente, che portano allo stiramento dei legamenti (le forze che agiscono nei legamenti indicate con FR-rectum e FR-descending (in Fig. 1.18) del colon, del colon stesso e del peritoneo, possono provocare nel paziente elevati dolori. Per eliminare queste sofferenze vengono utilizzate principalmente due tipi di sedazione: una sedazione cosciente, che consiste nell’inserimento disedativi per via endovenosa che aiutano

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il paziente a rilassarsi e collaborare pur rimanendo vigile, insieme ad antispastici o una sedazione profonda, che consiste nella somministrazione, da parte dell'anestesista, di un farmaco che procura un sonno profondo tale da annullare completamente la percezione di ogni fastidio o dolore con un rapido risveglio a fine esame.

In caso di sedazione cosciente o profonda al termine dell'esame il paziente dovrà rimanere in osservazione per il tempo necessario al completo recupero psico-fisico.

1.5 Stato dell’arte dispositivi

In letteratura esistono diversi tipi di endoscopi, per l’analisi del colon, che possono essere divisi in differenti categorie sulla base della struttura, del tipo di attuazione e movimento: inch-worm robot, snake-like robot, earth-worm robot, Aer-O-Scope

,

ed endoscopi, sottoforma di tubi, con attuatori a SMA.

INCH-WORM ROBOT

Il funzionamento di un dispositivo a inch-worm si basa fondamentalmente su due tipi di azione: una di bloccaggio e una di estensione. Un dispositivo a inch-worm è quindi costituito fondamentalmente da due tipi di attuatori: uno che permette il bloccaggio del dispositivo sulla parete del colon e uno che ne permette l’estensione. Il più semplice inch-worm è costituito da due attuatori per il bloccaggio, alle estremità e da un attuatore per l’estensione, al centro (cfr. Paolo Dario et al) (Fig. 1.19). Il movimento del dispositivo in avanti avviene con una ripetizione ben definita di alcune fasi.

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Nella figura 1.20 si possono visualizzare le fasi per un dispositivo che utilizza come tecnica di bloccaggio la suzione della parete intestinale;

Fase 1: il modulo di bloccaggio posteriore viene azionato, quello di estensione centrale viene contratto mentre quello di bloccaggio anteriore rimane inattivo;

Fase 2: il modulo centrale si estende; Fase 3: il modulo di bloccaggio anteriore viene attivato ;

Fase 4: il modulo di bloccaggio posteriore viene disattivato;

Fase 5: il modulo di estensione viene retratto; Fase 6: viene attivato nuovamente il

bloccaggio posteriore;

Fase 7: viene disattivato il modulo anteriore di bloccaggio e il dispositivo torna nella situazione iniziale dopo essersi spostato in avanti di una certa posizione.

Se le fasi vengono attivate in successione opposta, si avrà un movimento contrario dell’Inch-Worm. Il bloccaggio del dispositivo avviene mediante suzione del tessuto e successiva strizione ad opera di particolari strutture mentre l’estensione avviene ad opera di un soffietto pneumatico. I tubi per l’aspirazione e la pressione sono situati all’interno del robot, a differenza del dispositivo di visione e illuminazione che viene posto nella parte terminale anteriore. Alcuni limiti e problemi che questo dispositivo presenta sono:

- Il complesso controllo dovuto al fatto che difficilmente avanza di una distanza uguale alla sua lunghezza a causa di un possibile scivolamento, di curve difficili da superare o di un tratto di intestino collassato;

- Il danneggiamento dell’intestino provocato dalla continua suzione del tessuto;

- Il dolore che la suzione può provocare;

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Nelle figure 1.21, 1.22, 1.23, vengono raffigurate le fasi per il movimento di un endoscopio robotico con tecnologia Inch-Worm che utilizza come movimento di bloccaggio l’espansione di un palloncino contro la parete del colon (cfr. Joel Burdick et al).

Le fasi di attuazione dell’ Inch-Worm a tre moduli di attuazione di figura sono:

Fase 1: tutti gli elementi di bloccaggio e di espansione sono nel loro stato di espansione; Fase 2: il modulo di bloccaggio posteriore viene disattivato Fase 3: viene retratto il modulo di

estensione;

Fase 4: l’elemento di bloccaggio posteriore viene espanso fino a quando non viene in contatto con la parete; Fase 5: il modulo di bloccaggio centrale viene disattivato;

Fase 6: l’estensore anteriore viene retratto mentre quello posteriore viene attuato;

Fase 7: il modulo di bloccaggio centrale viene attivato;

Fase 8: il modulo di bloccaggio anteriore viene disattivato;

Fase 9: viene attivato l’estensore anteriore; Fase 10: viene nuovamente espanso l’elemento di bloccaggio anteriore con il relativo ritorno alle condizioni iniziali. L’aumento del numero di elementi di

Fig. 1.21 Presenza di due elementi di bloccaggio e uno di estensione

Fig. 1.22 Presenza di tre elementi di bloccaggio e uno di estensione

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bloccaggio e di estensione permette un maggior numero di andature con un migliore bloccaggio del dispositivo contro la parete, ma anche una maggiore complessità nel controllo. I dispositivi d’illuminazione e visione sono posti nella parte terminale anteriore. Problemi e limiti individuati in questo dispositivo sono:

- Complessità nel controllo dei vari elementi e difficoltà nel procedere principalmente a causa di un possibile scivolamento o della complessità delle curve presenti;

- Danneggiamento dell’intestino provocato dalla continua espansione degli elementi di bloccaggio;

- Dolore che questa espansione può provocare al paziente;

- Difficoltà nel trovare attuatori con particolari caratteristiche per l’espansione.

Un altro dispositivo che utilizza la tecnologia inch-worm, è quello mostrato in Fig. 1.24. Questo dispositivo (cfr. Elizabeth V. Mangan et al) a differenza dei precedenti ha l’elemento di bloccaggio e di espansione in un unico modulo. I componenti del singolo modulo sono principalmente tre: un tubo centrale, che può permettere il passaggio di fibre ottiche per l’illuminazione, di una telecamera per la visione e di possibili strumenti chirurgici, un attuatore ad aria compressa e una molla di ritorno. Gli attuatori utilizzati sono i McKibben, formati da una guaina esterna di fibre intrecciate relativamente anelastiche e da una camera interna alle fibre, espandibile mediante aria compressa.

In questi attuatori, quando la camera interna si gonfia attraverso una sorgente di aria compressa, si ha un aumento del diametro della struttura a fibre intrecciate e una diminuzione della lunghezza totale. Quando la camera interna si sgonfia si ha un ritorno dell’attuatore alla lunghezza iniziale. In questo caso i McKibben sono

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posizionati attorno a un tubo centrale che introduce attrito e non permette agli attuatori di tornare nella posizione iniziale una volta tolta l’aria dalla camera. In questi dispositivi, per superare il problema, è stata inserita una molla attorno al tubo centrale come elemento di ritorno.

In Fig.1.25 si può capire meglio il funzionamento;

- La sequenza di attivazione per il movimento peristaltico inizia inserendo aria compressa all’interno dell’attuatore nella parte anteriore e prosegue attuando l’attuatore centrale e quello posteriore;

- Successivamente gli attuatori, disattivati nello stesso ordine, portano a un movimento in avanti del dispositivo.

I principali problemi e limiti individuati in questo dispositivo possono essere: - Fatica e corrosione della camera espandibile (realizzata in lattice) a causa

dei continui cicli di espansione e contrazione del lattice contro la struttura a fibre intrecciate;

- Scarsa efficienza nella locomozione dovuta a problemi di scivolamento e fatica del materiale;

- Possibile trauma alle pareti intestinali con gravi conseguenze.

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EARTH-WORM ROBOT

Questo dispositivo Earth-Worm, come l’Inch-Worm, è costituito da moduli di bloccaggio e di estensione. In letteratura si trovano diversi dispositivi con questa tecnologia ma con elementi di bloccaggio, estensione e ritorno differenti uno dall’altro. Un esempio di funzionamento è proposto nella Fig. 1.26.

- Nello stato di riposo (Fig. 1.26a), il dispositivo è costituito da: un attuatore, in questo caso molla a SMA, non attivo, degli uncini come elementi di ancoraggio disattivati e degli elementi di ritorno, che possono essere molle inserite internamente o il silicone che costituisce la struttura stessa.

- Successivamente (Fig. 1.26.b) l’attuatore viene azionato e il dispositivo si accorcia grazie all’utilizzo di un uncino contro la parete dell’intestino nella parte anteriore;

- Quando il dispositivo si è retratto completamente, la molla a SMA viene disattivata e il dispositivo, per mezzo degli elementi di ritorno e dell’uncino attivato nella parte posteriore, si riallungherà nello stato iniziale, spostato in avanti di un certo passo.

Il processo descritto, se ripetuto in modo sequenziale, permette lo spostamento in avanti del robot. I dispositivi di visione e illuminazione si trovano anche in questo caso nella parte anteriore. In Fig. 1.27 (cfr. Arianna Menciassi et all) si può visualizzare un altro esempio di robot Earth-Worm costituito da

Fig. 1.27 Fig. 1.26

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quattro moduli, ognuno avente: una molla a SMA come attuatore, collegata a due dischi conduttivi, che permettono di stabilire una differenza di potenziale tra la molla a SMA per la relativa attuazione, quattro uncini come elementi di bloccaggio e il silicone, che costituisce la struttura stessa, come elemento di ritorno.

I problemi e i limiti individuabili in questo dispositivo possono essere:

- La difficoltà nell’attuazione e nel funzionamento dei meccanismi di bloccaggio;

- La difficoltà nella locomozione:

- L’invasività del robot che provoca danneggiamenti alla parete intestinale;

SNAKE-LIKE ROBOT

Questo dispositivo (cfr. Haiyan Hu et al) (Fig. 1.28) di analisi è costituito da una parte, che viene inserita nel colon e da un’altra che rimane esterna e permette di controllare il movimento del robot inserito. Il corpo inserito ha un diametro di 12 mm e una lunghezza di 600 mm. La parte che viene inserita nell’intestino è divisa in cinque sezioni, ognuna delle quali è costituita da giunti universali, particolari viti, tubi sottoforma di molle, cavi di attuazione collegati con la struttura di controllo e una rete metallica di rivestimento. Ogni sezione è inoltre attuata e piegata in una particolare direzione mediante due motori in corrente continua, che vengono controllati dall’operatore tramite un particolare software. I sistemi di visione e illuminazione si trovano anche in questo caso in punta del dispositivo. Il robot è provvisto inoltre di un motore e di un binario per lo spostamento in avanti.

I problemi e i limiti individuabili nel dispositivo possono essere:

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- La complessità nel controllare un grande numero di motori, oltre ad avere solamente due gradi di libertà per ogni sezione;

- La possibilità di analizzare esclusivamente la parte iniziale del colon data la breve lunghezza del dispositivo, difficilmente migliorabile a causa della sempre maggiore complessità fisica e di controllo, all’aumentare delle sezioni e quindi della lunghezza;

AER-O-SCOPE

Questo tipo di colonscopio (in Fig.1.29), utilizza come meccanismo di attuazione la pressione che si crea insufflando anidride carbonica all’interno del dispositivo. Per spiegare in modo semplice l’utilizzo di questo endoscopio, ci si avvale della

figura.

Il primo passo per l’utilizzo dell’endoscopio è l’inseri-mento del ‘Rectal Introducer’, lettera A, nel retto e l’adesione di due palloncini, lettera C, alla parete intestinale, mediante la loro dilatazione; una volta che entrambi i palloncini sono gonfiati, viene inserita CO2 nello spazio tra i due palloncini. Dato che il palloncino rettale, Lettera E, è ancorato contro l’ano e non può essere spostato, il palloncino scanner, lettera C nel quale sono presenti gli elementi di visione, lettera D è spinto in avanti lungo il colon dalla pressione che si crea tra le due camere d’aria. Infine il dispositivo di scansione, una volta che ha raggiunto il ceco, torna indietro grazie all’eliminazione della CO2 tra i palloncini e all’inserimento di altra CO2 tra il ceco e il palloncino di scansione. Tutto il procedimento è controllato da un operatore esterno grazie all’utilizzo di un computer.

I problemi e i limiti individuabili nel dispositivo possono essere:

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- L’elevata quantità di CO2 inserita, che causa dolori per il paziente, oltre alla difficoltà di eliminazione;

- Difficoltà di analizzare le pareti intestinali più approfonditamente;

ENDOSCOPI SOTTOFORMA DI TUBI CIRCOLARI ATTUATI CON SMA

In letteratura, come precedentemente accennato, esistono molti endoscopi robotici in forma di tubi, attuati mediante motori elettrici, pneumatici o idraulici. La nostra attenzione viene focalizzata sullo sviluppo di quelli attuati tramite una tecnologia innovativa sviluppatasi negli ultimi decenni ovvero le leghe a memoria di forma. Il vantaggio di costruire attuatori mediante leghe a memoria di forma (SMA) risiede nella miniaturizzazione, nell’elevato rapporto peso potenza e nell’elevata velocità di risposta. In figura 1.30 viene mostrato quello che forse è stato il primo prototipo creato di endoscopio sottoforma di tubi attuato con Sma (cfr. Koji Ikuta et al). La struttura è formata da cinque segmenti, ognuno costituito da una molla elicoidale in acciaio inossidabile al centro, come elemento di ritorno, e una serie di attuatori a SMA sottoforma di molle elicoidali attorno al tubo centrale, per guidare il piegamento della struttura. I fili conduttori, che permettono l’attuazione delle molle a SMA, sono collocati lungo lo scheletro principale, in modo che non interferiscano con il movimento del segmento. Per migliorare la velocità di risposta degli attuatori è stato inserito al centro del dispositivo un tubo siliconico per il passaggio di acqua fredda e permettere un raffreddamento più rapido e indiretto

Fig. 1.30

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delle molle. Al centro della struttura sarà inoltre presente un sistema di visione che permette al medico di esaminare l’ambiente circostante. In Fig.1.31 è schematizzata l’architettura base per il controllo del dispositivo: ogni coppia di attuatori è controllata da un micro-computer mediante misure di resistenza e circuiti di pilotaggio. Il medico in base a quello che vede con un fibroscopio posto in punta, azionerà un joystick, che invierà i comandi al micro-computer, e permetterà al dispositivo di reagire piegandosi nella direzione desiderata.

I problemi e i limiti individuabili nel dispositivo possono essere:

- La possibilità di visualizzare solo la parte iniziale del colon data la sua lunghezza

- I pochi gradi di libertà di cui è a disposizione - Abbastanza rigido non soft

Un altro endoscopio attuato con leghe a memoria di forma e sviluppato da una università giapponese (cfr. Shigeo Maeda et al) è quello mostrato in Fig. 1.32. Questo dispositivo è costituito da una parte interna per l’illuminazione e la visione del tessuto intestinale e una parte esterna per l’attuazione. Gli attuatori sono due molle a SMA collegate a un anello di attuazione che è connesso con la punta dell’endoscopio mediante un cavo in acciaio inossidabile. Quando le molle a SMA non vengono attuate, i due attuatori sono in equilibrio e non viene applicata nessuna forza sul cavo di trazione mentre quando la molla a SMA (coil spring (1), in Fig. 1.32), viene attivata, si ha uno spostamento verso destra dell’anello con conseguente piegamento della punta. Successivamente, per riportare la punta nella posizione iniziale, si ha la disattivazione della coil spring

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(1) e l’attivazione della coil spring (2); questo permette all’anello di attuazione centrale di tornare nella posizione di equilibrio.

I problemi e i limiti individuabili nel dispositivo possono essere: - I ridotti gradi di libertà disponibili;

- La ridotta flessibilità della struttura;

- La difficoltà nel maneggiare un dispositivo di questo tipo.

Un ulteriore prototipo di endoscopio, creato da un’altra università giapponese (Tohoku), per l’analisi delle pareti intestinali e dei vasi sanguigni, attuato con SMA è mostrato in figura 1.33 (cfr. Wataru Makishi et al). Questo dispositivo è costituito da: una telecamera posta alla fine dell’endoscopio con un sistema d’illuminazione a led, molle a SMA utilizzate come attuatori, un joystick come interfaccia tra il dispositivo e l’operatore per il trasferimento dei comandi, un microcomputer che elabora i segnali di ingresso del joystick, fornendo in uscita una determinata quantità di energia elettrica per il piegamento dell’endoscopio in determinate posizioni, e una

batteria come

alimentazione.

La struttura (Fig. 1.34), che permette il piegamento, è costituita da: una albero centrale formato da un tubo di gomma siliconica all’interno del quale è presente una bobina di acciaio inossidabile, tre molle a SMA ogni due link, fissate a 120° una dall’altra, attorno all’albero centrale e una struttura polimerica, come elemento di ritorno per le molle a SMA. Come nei dispositivi precedentemente descritti, gli

Fig. 1.33

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attuatori, sottoforma di molle a SMA sono azionati dal loro riscaldamento per effetto joule.

I problemi e i limiti individuabili nel dispositivo possono essere:

- La difficoltà nel dissipare il calore senza danneggiare la parete della cavità dato che le molle a SMA sono racchiuse soltanto da una struttura polimerica non sigillata.

- L’elevata rigidità della struttura.

- Capacità limitate di analisi data la sua lunghezza

Il nuovo endoscopio robotico che si vuole sviluppare, cerca di implementare l’attuazione dello snake-robot, per quanto riguarda il bending della struttura e s’ispira alla tecnologia inch-worm per le capacità di generare movimenti peristaltici della struttura.

Questo però, a differenza dello snake-robot e di altri endoscopi simili che sono iperidondanti cioè formati da tante strutture rigide agganciate una all’altra, è continuo e attuato localmente lungo tutta la struttura. L’aer-o-scope può essere visto come un esempio di passaggio al concetto di robot continuo.

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1.6 Un nuovo design concept

L’obiettivo a lungo termine del lavoro nel contesto del quale si inserisce la presente tesi, è la realizzazione di un robot endoscopico continuo, attuato lungo tutta la struttura con tecnologia soft. Il nuovo robot senza strutture rigide e con elevate caratteristiche di flessibilità, deformabilità e adattabilità all’ambiente circostante lo rendono estremamente vantaggioso sia dal punto di vista del medico, che riesce a eseguire un’analisi semplice e in modo accurato, che del paziente, che riesce a ottenere un’analisi senza particolari rischi di perforazione e stiramento dell’intestino, evitandogli molte delle sofferenze che quest’analisi genera. Qualità importanti che distinguerebbero questo robot, in via di sviluppo, dagli altri robot endoscopici sarebbero la sua capacità di allungarsi, accorciarsi, aumentare, diminuire di diametro e piegarsi in modo locale o una combinazione di queste abilità per generare complesse azioni e molteplici movimenti. Gli elementi che permettono al robot di avere queste particolari qualità sono una struttura soft a fili polimerici intrecciati con il doppio ruolo di supporto degli attuatori e di trasmissione delle forze sviluppate lungo tutta la struttura e particolari attuatori in grado di essere miniaturizzati, di avere un elevato rapporto potenza peso e un’elevata velocità di risposta.

Attuatori che rispondono a queste qualità sono quelli costituiti mediante leghe a memoria di forma (SMA) già utilizzate nello sviluppo di altri endoscopi robotici. Ulteriori vantaggi nel costruire attuatori tramite leghe a memoria di forma riguardano la facilità d’installazione anche in aree di difficile accesso, la resistenza agli urti e alle vibrazioni, l’assenza di rumore e il basso costo. Queste leghe possono essere sagomate in diverse geometrie, ognuna delle quali è in grado di eseguire delle particolari attuazioni, ma il modo più semplice di utilizzarle è sicuramente sottoforma di filo; in questa forma però si rilevano due grossi svantaggi, che sono la corsa limitata e la necessità di avere un’elevata forza di recupero. Per sopperire a questi svantaggi la soluzione ottimale è quella di modellare gli SMA come molle elicoidali, per ottenere attuatori capaci di prestazioni che dipendono da fattori geometrici e sono il risultato di un compromesso tra la corsa massima e la forza sviluppata. La contrazione della

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molla si verifica quando si raggiunge una certa temperatura di attivazione, mentre l'allungamento è fornito da un meccanismo antagonista che può coinvolge ad esempio un'altra molla a SMA.

La struttura soft ideale, che possa avere le caratteristiche migliori per la creazione del nuovo dispositivo è quella termoformata come cilindro. La sua capacità di mantenere la forma quando viene applicata una forza per ridurre il diametro e generare un allungamento passivo, gli permette di utilizzare attuatori senza alterare la forma geometrica.

Gli attuatori a SMA utilizzabili sottoforma di molle, saranno posizionati internamente alla guaina in particolari direzioni. Ad esempio per riuscire ad ottenere un allungamento o un accorciamento della struttura, per riduzione o aumento di diametro, gli attuatori saranno posti in maniera perpendicolare alla direzione di deformazione della guaina.

Il primo passo la realizzazione di un robot endoscopico continuo, risiede nella realizzazione di un modello matematico generale che caratterizzi il comportamento della struttura in funzione delle forze applicate, infatti dalla conoscenza delle caratteristiche meccaniche della struttura a fili intrecciati, è possibile determinare le caratteristiche di progetto delle molle a SMA (come attuatori) in termini di diametro della molla, diametro del filo a SMA che costituisce l’attuatore, il numero di spire e la lunghezza totale della molla. Dalle prime tre caratteristiche è possibile determinare la forza che l’attuatore genera, mentre la lunghezza della molla individua le geometrie e gli ingombri dell’attuatore.

Per procedere alla caratterizzazione della struttura, prodotta in laboratorio mediante un particolare metodo (Capitolo 2) è stato sviluppato un modello matematico semplificato (Capitolo 3) che ci ha permesso di descrivere il comportamento globale della struttura; per una definizione precisa del modello alcuni parametri sono stati derivati sperimentalmente (Capitolo 4) attraverso delle prove divise ognuna in tre fasi (Capitolo 2).

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