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Academic year: 2021

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CAPITOLO III

HAMISH AND THE WORLDSTOPPERS E LE PROBLEMATICHE DELLA TRADUZIONE

3.1 La traduzione dei testi narrativi per ragazzi

Nell’Enciclopedia Treccani la ‘traduzione’ viene definita come:

Un’attività che consiste nel trasferimento di senso da una forma in un’altra e nella riformulazione di un messaggio. La traduzione si rende necessaria per superare un ostacolo alla comprensione.

Dalla fine del Novecento le teorie della traduzione mettono in evidenza l’importanza del ruolo del traduttore come interprete.

Come afferma Lorenza Rega nel suo libro La traduzione letteraria. Aspetti e

problemi, un testo narrativo è caratterizzato da

[...] unicità e irripetibilità [...]1

Ciò significa che in esso tutti gli elementi si legano fra loro, in maniera tale da rendere l’opera diversa non solo da un testo tecnico o specialistico, ma anche da qualsiasi altro testo letterario. Secondo la Rega è proprio questa unicità, l’impossibilità di trovare testi paralleli, frasi standardizzate, ecc…, a rendere il lavoro del traduttore di testi letterari complicato.

Rispetto al traduttore tecnico, quello letterario si trova in prima istanza davanti alla difficoltà, data dall'impossibilità di individuare delle regolarità ad esempio di tipo morfosintattico o lessicale all'interno di opere letterarie di autori diversi anche viventi nella stessa epoca. [...] Ed è proprio la preclusione di tale possibilità [...] a rendere insicuro il traduttore – soprattutto quando è semiprofessionista – nelle sue scelte. 2

La studiosa belga Rita Ghesquiere, riprendendo le parole di Ronald Jobe (1996) si chiede:

1 Rega L., La traduzione letteraria. Aspetti e problemi, Torino, Utet libreria, 2001, p. 52. 2 Ivi, p. 51.

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What would our lives and those of our children be like without translations of great pieces of literature such as the Bible, the Greek, Norse and Asian myths, and legends – the Iliad and Odyssey, the fable of Aesop, and the Ramayana? 3

La traduzione è, quindi, non solo un mezzo per soddisfare una curiosità intellettuale, ma uno strumento indispensabile per accedere ai testi che permettono la nostra crescita culturale.

Ancora oggi molti ragazzi non conoscono bene le lingue straniere, così per permettere loro di leggere testi a loro dedicati di autori non italiani bisogna ricorrere alla traduzione il che richiede la risoluzione di problemi specifici.

Soprattutto si deve dare priorità alla leggibilità del testo, mantenendolo divertente senza semplificarlo, inoltre bisogna riempiere i gap dovuti alla specificità culturale integrando informazioni senza appesantirne la lettura.

Il filosofo tedesco Friedrich Schleiermacher nel 1815, affrontando l’argomento traduzione, individuò due strategie dicotomiche riprese alla fine del secolo scorso dal teorico americano Lawrence Venuti:

 L’addomesticamento : l’autore viene avvicinato al mondo del lettore;

 Lo straniamento: il lettore viene avvicinato al mondo dell’autore.

Invece lo studioso Christopher Taylor propone tre tipi di approccio traduttivo: straniante, localizzante e standardizzante. Nella traduzione letteraria si preferisce optare per l’approccio straniante e quindi il lettore viene immerso in un testo in cui le differenze tra lingua e cultura di partenza e lingua e cultura di arrivo sono mantenute.

Questi principi valgono anche per i testi che sono destinati ai ragazzi? Secondo Shavit, la traduzione per l’infanzia è regolata da due principi tanto complementari quanto contraddittori: da un lato il traduttore può agire al livello del testo originale, manipolandolo per renderlo appropriato e ‘utile’ al ragazzo

3 Ghesquiere R., Why Does Children’s Literature needs translation in Children's Literature in Translation: Challenges and Strategies, Jan Van Coille, Walter P. Verschueren, Routledge, New York 2006, p. 19.

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in base a ciò che la società ritiene che sia ‘buono e giusto’ per lui; dall’altra, può intervenire sulla trama, sui personaggi e sul linguaggio, in relazione alle capacità del lettore.

Anche la studiosa Ritta Oittinen sostiene che una traduzione è influenzata non solo dall’autore e dal traduttore, ma soprattutto dal tipo di lettore che ci si immagina. Una delle domande più importanti che deve precedere il lavoro di traduzione è quindi: ‘A chi è destinata la traduzione?’

Situation and purpose are an intrinsic part of all translation. Translators never translate words in isolation, but whole situations. They bring to the translation their cultural heritage, their reading experience, and, in the case of children’s books, their image of childhood and their own child image. In so doing, they enter into a dialogic relationship that ultimately involves readers, the author, the illustrator, the translator, and the publisher.4

Nel suo testo Translating for children la Oittinen riflette sul problema dell’adattamento nella traduzione dei testi per ragazzi e afferma che adattare un testo vuol dire principalmente addomesticarlo, ovvero avvicinarlo il più possibile al periodo storico, alla società, alla cultura e all’età del giovane lettore, ponendo attenzione alla funzione del testo stesso.

When translating for children taking into consideration the target-language children as readers is a sign of loyalty to the original author. […] The I of the reader of the translation meets the you of the translator, the author and the illustrator. 5

Alcuni teorici ritengono che questo approccio alla traduzione significhi snaturare il testo originale, non esservi fedeli. Secondo la traduttrice norvegese invece tradurre un testo per ragazzi significa innanzitutto riscriverlo:

4 Oittinen R., Translating for children, Garland Publishing Inc., New York&London, 2000, p.3.

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Translation is always an issue of different users of the texts, which involves rewriting for new target-language audiences. 6

Tradurre attraverso gli adattamenti significa promettere una fedeltà al pubblico infantile:

Adaptations are made for various reasons and one of the reasons may well be loyalty to children. 7

La Oittinen ribadisce, citando Klinberg, l’importanza di una buona traduzione per l’infanzia rispetto a quella di un’opera destinata agli adulti, in quanto il giovane lettore non è ancora in grado di riconoscere e ‘aggiustare’ gli errori di una cattiva traduzione, come invece può fare un lettore adulto.

The incorrect translation may be more dangerous in a children’s book, if the child reader is not able to rectify the mistakes to the same extent as the adult reader may be.8

La fedeltà al pubblico implica anche la fedeltà al testo di partenza: infatti solamente tenendo presente nella traduzione il mondo del ragazzo, il suo modo di ragionare, la sua dimensione fantastica e il contesto in cui abitualmente vive si offre una buona traduzione dalla quale egli può trarre, come diceva Eco, lo stesso effetto e gli stessi spunti fantastici del testo originale.

Per questo, dice ancora la Oittinen, è necessario creare una nuova figura, un autore implicito, che assuma il punto di vista del lettore; tale punto di vista, definito come ‘child image’ è lo specchio delle esperienze personali e dell’idea del mondo infantile o giovanile dell’autore stesso.

Child image is a very complex issue: on the one hand, it is something unique, based on each individual’s personal history; on the other hand, it is something collectivized in all society. When publishers publish for children, when authors

6 Ivi, p.75. 7 Ivi, p. 76. 8 Ivi, p.95.

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write for children, when translators translate for children, they have a child image that they are aiming their work at.9

Sull’essenzialità di questi elementi ha posto l’accento anche lo scrittore e drammaturgo peruviano Vargas Llosa, affermando che non è l’argomento a rendere bello e interessante un romanzo, ma il modo in cui lo scrittore trasforma la realtà.

È la forma in cui prende corpo che rende una storia originale o banale, profonda o superficiale, complessa o semplice, è la forma a dare intensità, ambiguità, verosimiglianza ai personaggi o a renderli caricature prive di vita, fantocci da burattinaio. 10

In particolare, trattandosi di testi caratterizzati anche da illustrazioni ed elementi grafici, bisogna preoccuparsi non tanto di tradurre letteralmente le singole frasi, ma di riuscire a far percepire al lettore le emozioni e le sensazioni suscitate dall’interazione tra i diversi mezzi espressivi.

Molti considerano le illustrazioni presenti nei testi per bambini e ragazzi come un mezzo comunicativo di minor valore, usato per rendere più facilmente comprensibile un messaggio che, se trasmesso solo attraverso il sistema verbale, sarebbe di difficile interpretazione. Invece secondo il Barbieri l’illustrazione non è una semplice rappresentazione grafica, ma

[…]‘riproduce alcune caratteristiche dell’oggetto reale’ scelte con particolare accuratezza dall’autore al fine di sottolineare ‘quegli aspetti dell’oggetto che sono importanti per il discorso che si vuole fare.’11

Il traduttore stabilisce una gerarchia di valori presenti nel testo di partenza e, in base alle sue conoscenze linguistiche, alla sua comprensione, alla sua interpretazione e agli scopi comunicativi, fa delle scelte traduttive che possono

9 Ivi, p. 4.

10 Vargas LLosa M., Lettere a un aspirante romanziere, Einaudi, Torino 1998, p. 21. 11 Barbieri D., I linguaggi del fumetto, Bompiani, Milano 1991, p. 13.

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comportare perdite, acquisizioni e alterazioni più o meno consistenti rispetto al testo originale.

Anche Umberto Eco sottolinea questo aspetto affermando che tradurre

[…] significa sempre ‘limare via’ alcune delle conseguenze che il termine originale implica. In questo senso traducendo non si dice mai la stessa cosa.12

In conclusione si può dire che il traduttore è sempre costretto a fare una scelta e la studiosa Paola Faini sostiene che le strategie traduttive sono tre:

 Mantenere le componenti soggettive, autoriali della lingua nel testo espressivo; il suo orientamento sarà verso la LP;

 Creare un giusto equilibrio tra accuratezza e accessibilità nel testo informativo, con orientamento prevalente sulla LA;

 Mirare all’immediata comprensione del messaggio nel testo vocativo, esaltandone la funzione comunicativa, e dunque focalizzando sull’efficacia complessiva del testo stesso. 13

Le strategie sopracitate sono determinate dalla finalità del testo, dalle caratteristiche del destinatario e dalla sensibilità linguistica del traduttore; infatti, secondo quanto sostiene Newman, qualunque scelta faccia un traduttore egli è consapevole che questa comporterà un certo grado di perdita di informazioni. Il traduttore deve scegliere il male minore, perché la traduzione, come dice la filosofa e linguista belga Luce Irigaray, non è mai un processo neutrale.

Come già accennato nel capitolo precedente, quando ho scelto la strategia traduttiva da seguire sono giunta alla conclusione che dovevo accettare un compromesso tra straniamento e addomesticamento. Il mio obiettivo era quello di rendere il testo il più scorrevole e piacevole possibile perché non dovevo correre il rischio di annoiare il lettore italiano. Ho pensato che la traduzione letterale dei modi di dire anglosassoni e la trascrizione dei suoni onomatopeici

12 Eco U., Dire quasi la stessa cosa, Milano, Bompiani, 2010, pp. 93-94.

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con il sistema fonico inglese avrebbe reso pesante e difficoltosa la lettura del testo per dei ragazzi di età compresa tra i nove e i tredici anni. Per questo motivo, nonostante fossi consapevole che una traduzione non letterale avrebbe limitato la possibilità di un arricchimento lessicale, ho deciso di sostituire i modi di dire e la maggior parte dei suoni onomatopeici con altri in lingua italiana che avessero una buona corrispondenza, Al contrario non ho ritenuto necessario stravolgere il contesto geografico in cui l’azione si svolge e per questo motivo non ho italianizzato i nomi propri di luoghi e di persone presenti nel romanzo.

A questa decisione mi ha portato soprattutto la considerazione che i ragazzi non hanno difficoltà a viaggiare con la fantasia in luoghi lontani dall’ambiente in cui vivono e che l’ immedesimarsi in personaggi che agiscono in una realtà lontana ma credibile, qualunque essa sia, consente di affrontare i problemi con un certo distacco e una maggiore serenità. Pertanto il mantenere i nomi propri, secondo me, non crea difficoltà nel processo di identificazione del lettore con Hamish e i suoi amici, ragazzi qualunque che potrebbero vivere in qualsiasi parte del mondo e che devono superare paure e problemi che in generale molti loro coetanei oggi devono affrontare, come il bullismo, l’insicurezza, l’abbandono.

3.2 Analisi generale del testo

In questo paragrafo analizzo sia la funzione del narratore all’interno del romanzo da me tradotto, Hamish and the Worldstoppers, sia le peculiarità temporali e spaziali del racconto.

3.2.1 Il narratore

Come già precisato nell’ introduzione in un testo letterario possono essere individuati vari tipi di narratore.

Nel caso del testo da me tradotto si ha un narratore eterodiegetico, esterno al racconto, che narra gli eventi in terza persona ma che a volte dialoga col lettore interpellandolo in maniera diretta.

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Ciò è evidente nel diciassettesimo capitolo quando, dopo aver spiegato chi sono i Terribili, il narratore aggiunge:

[…] Because they have to keep their secret. Hang on – you know about them now, don’t you? Oh, dear. […]14

E anche nel ventiduesimo

[…] if so, put this book down before someone calls the authorities.15

O nel sedicesimo capitolo quando interrompe il racconto per inserire un inciso.

[…] Now, if there are any grown-ups reading this (and there better not be), it’s very important you understand: kids sometimes need to skip school.[…]16

È un narratore onnisciente, come si evince più volte dal testo. Per esempio alla fine del secondo capitolo il narratore dice:

[…] Little did he know it then, but tomorrow at school would be something else entirely. […]17

O alla fine del nono capitolo:

[…] These were questions Hamish would quickly realise he actually did not want the answers to.

Because the truth was so much worse than anything he could imagine. […]18

14 Wallace D., Hamish and the Worldstoppers, Simon & Schuster, London 2015, p. 158. 15 Ivi, p. 205

16 Ivi, p. 146. 17 Ivi, p. 21. 18 Ivi, p. 100.

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Si tratta di un testo narrativo con focalizzazione zero; ha quindi un narratore che descrive le sensazioni e le emozioni dei personaggi.

Fin dall’inizio il lettore è reso partecipe delle sensazioni ed emozioni del protagonista:

[…] Hamish Ellerby’s eyes were the size of satsumas as he sat completely still in his chair.

And he sat completely still because he was totally, utterly petrified. […]19

[…] And something inside him sparked and burnt for a second. It was a little bit of fury.[…]20

[…] He could feel that cold, smooth finger now behind his eyes, feeling for his brain […]21

Così come dei suoi pensieri:

The best thing to do, Hamish decided, was just not to thing about it.[…]22

Anyway, Hamish thought as he crossed the road, girls are one thing but Vespas are another, and if you had a Vespa you…23

It Knows I’m faking! Thought Hamish, as the thing’s eyes bulged once and once […]24

Quando ho dovuto tradurre gli interventi del narratore mi sono chiesta quale funzione egli avesse all’interno del romanzo. Da quanto affermato precedentemente risulta che egli è esterno alla storia narrata, ma fa sentire prepotentemente la sua presenza durante tutto il romanzo interrompendo a volte la narrazione degli eventi con l’inserimento di commenti che suscitano la curiosità del lettore e lo spingono a proseguire nella lettura. È per me evidente che Wallace si è servito del narratore per coinvolgere in prima persona il lettore. 19 Ivi, p. 1. 20 Ivi, p. 177. 21 Ivi, p. 284. 22 Ivi, p.11. 23 Ivi, p. 65. 24 Ivi, p. 141

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Inizialmente ero indecisa se utilizzare il ‘tu’ o il ‘voi’ per tradurre il pronome ‘you’, con il quale il narratore si rivolge al lettore. Alla fine ho scelto di utilizzare il ‘tu’ perché il testo, considerata la fascia di età dei lettori a cui è destinato, è stato secondo me ideato, per una lettura personale e non di gruppo. L’uso del pronome ‘tu’ esplicita un legame più diretto tra narratore e lettore. Tale atteggiamento è evidente nel testo in lingua originale allorché vengono inserite correzioni evidenziate da cancellature che hanno la funzione di instaurare un rapporto di complicità. L’autore fa capire che chiunque può sbagliare, ma non per questo bisogna sentirsi inferiori o avere paura di agire.

3.2.2 Il tempo

Come già accennato nell’ introduzione le relazioni tra tempo del racconto e tempo della storia possono generare degli effetti di rallentamento, di equilibrio, o di accelerazione.

Nel romanzo di Wallace l’autore fa spesso uso dell’anacronia con funzione completiva nella forma del flashback. Per esempio, nel secondo capitolo il

flashback è introdotto dall’intervento in prima persona del narratore, il quale ci informa che Hamish aveva visto il mondo bloccarsi in precedenza:

[…] And anyway, ignoring it had worked perfectly well the first time it had happened.

Yes, that’s right. I said ‘the first time it had happened’…Because Hamish had a secret. Something he didn’t even really want to admit himself.

Hamish had noticed the world stop once before. […]25

Invece nel nono capitolo il flashback non è preceduto dal commento del narratore:

[…]The night his dad hadn’t come home – the night of Boxing Day – Hamish had still thought it was all going to be okay. […]26

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Nonostante il tempo del racconto proceda in maniera piuttosto lineare, oltre ai flashback, nel testo sono presenti delle pause; momenti in cui l'azione e il tempo della storia si interrompono e l’autore inserisce pensieri dei protagonisti o descrizioni.

Viene dedicata, per esempio, molta attenzione alla descrizione della casa di Grenville Bile con lo scopo non solo di ottenere un effetto umoristico o di incutere timore e repulsione nel lettore, ma anche di svelare in chiave ironica ciò che in realtà si nasconde dietro l’aspetto da bullo del personaggio.

[…]Even thought it was the same as all the other houses on the street, the Biles had somehow managed to make theirs look rather more fearsome. […] Grenville’s hallway was packed with dozens of old, faded oil paintings of Biles from history. […]

He pushed open the door to what he was sure would be an Aladdin’s cave of wondrousness, only to be rather surprised:

Grey walls. Grey floor.

A grey ceiling.[…]27

Nel diciassettesimo capitolo invece il narratore interrompe il corso degli eventi narrati e utilizza lo stratagemma della pausa per descrivere i Terribili, i mostri che Hamish e i suoi amici devono affrontare, rivolgendosi al lettore in maniera esplicita.

[…] Have you ever found a bruise and not known how you got it? Could have been a Terrible.

Have you ever lost a sock and not know how you lost it? Or found a toy where you definitely didn’t leave it? Or closed a window, but found it open? […]28

Allo stesso modo nell’ottavo capitolo interrompe la narrazione, descrive Grenville e presenta ai lettori il personaggio di Tubitha Bile.

26 Ivi, p. 87. 27 Ivi, pp. 169 e sgg. 28 Ivi, pp. 155 e sgg.

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It’s time we talked about Grenville Bile.

To be honest, I’ve been putting it off for as long as possible, because no one really wants to talk about Grenville Bile. […]29

3.2.3 Lo spazio

Lo spazio e i luoghi rappresentati in Hamish and the Worldstoppers sono ben definiti e delimitati. Tutta l’azione si svolge all’interno della città di Starkley, di cui l’autore, per aiutare il lettore a orientarsi e a seguire gli spostamenti dei personaggi, fornisce anche una mappa. Questa località viene descritta come un luogo tranquillo, forse anche troppo, visto che Starkley è stata eletta ‘quarta città più noiosa del Regno Unito’.

[…]It was a small town right on the coast, meaning most of the cars that came into Starkley simply did a U-turn and drove off again.[…]30

Anche gli articoli di giornale posti a introduzione del romanzo e quelli citati nel secondo capitolo sottolineano quanto noiosa e priva di pericoli sia la vita in questa cittadina.

[…]MRS PIPPERKIN SLIGHTLY BURNS CAKE [BUT IT’S FINE AND

ALMOST NO ONE NOTICED[…]31

In contrapposizione a questa immagine di eccessiva tranquillità e sicurezza viene descritto l’ambiente che la circonda. Il ponte grigio che separa la città dal bosco funge da confine tra il luogo della sicurezza e un mondo sconosciuto che incute timore.

[…] Dexter pointed the finger of one shaking hand to a part of woods somewhere north of the grey bridge.

“Over the bridge?” asked Hamish. “But no one goes there.”

29 Ivi, p. 80. 30 Ivi, p.11. 31 Ivi, p. 13.

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“Scared?” said Alice. […]32

Nel bosco, così come nei pressi della casetta di pietra, isolata dal resto della città, anche la natura è ostile.

“[…] It’s almost green with moss,” said Dexter, “but the leaves in the trees around it are all black, like tar, like they’ve been poisoned.”[…]33

[…] the van sped through the woods now, rumbling over the bumps and lumps […]Waves crashed against the foot of the cliffs as Hamish hopped out of the van. The air up here was wet with spitter and spatter of the sea. An unforgiving wind whipped around the gang. […]34

Quest’ambiente richiama alla mente del lettore il bosco delle favole, la casa delle streghe o il rifugio dei personaggi cattivi

[…] it was far, far creepier.

The entire building seemed damp. Not from the sea, but like there was an invisible river running down its front keeping it permanently moist. […]35

3.3 Analisi lessicale

Quello lessicale è un livello essenziale nei testi letterari, ai quali Jakobson attribuiva la funzione poetica, affermando che il messaggio stesso e la sua forma si pongono al centro dell'atto comunicativo.

Soprattutto nei testi destinati ai giovani vi sono molti dialoghi, perché tramite essi il lettore stabilisce un contatto diretto con i personaggi e ne capisce lo stato d’animo; inoltre lo scambio veloce di battute tiene concentrata l’attenzione di bambini e ragazzi.

Di grande importanza e interesse linguistico per il traduttore sono le espressioni idiomatiche, le interiezioni e i phrasal-verbs, che danno un carattere

32 Ivi, p. 265. 33 Ivi, p. 266. 34 Ivi, pp. 301, 302. 35 Ivi, p. 304.

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orale al testo scritto e permettono di usare un linguaggio quotidiano e informale.

Anche se il testo da me tradotto è ideato soprattutto per una lettura personale, le frasi in esso contenute hanno delle caratteristiche grafiche che indicano l’intonazione con la quale i personaggi le pronunciano. Questo stratagemma permette al lettore di immedesimarsi nello stato d’animo del personaggio e, nel caso in cui il testo venisse letto ad alta voce, svolgono la funzione di linee guida per la drammatizzazione.

Il testo narrativo che contiene molti dialoghi può porre al traduttore seri problemi, soprattutto se esso è molto connotato, perché ogni parola, oltre ad avere un significato letterale, può fornire informazioni aggiuntive al lettore. Infatti Rega scrive:

[…]anche la dimensione lessicale lato sensu presenta notevoli difficoltà per il traduttore, in particolare per quello letterario: e questo già solo perché si tratta del livello in cui i problemi sono quantitativamente più numerosi […] 36

La dimensione sintattica è forse quella che comporta più difficoltà per il traduttore, ma è anche vero che una volta scelta la strategia traduttiva relativa a essa, questa rimane invariata per tutto il testo; mentre

[…]il livello lessicale propone in continuazione una serie ininterrotta di problemi di difficile sistemazione, in quanto le soluzioni che si propongono alla dimensione lessicale sono in linea di massima ancora più numerose. […] Si ritiene che ciò sia dovuto da una parte alla densità semantica che investe la parola in sé, [...] dall'altra […] al lessico che si scopre essere la dimensione per eccellenza in cui la lingua è proteiforme energia.37

36 Rega L., La traduzione letteraria. Aspetti e problemi, Torino, Utet libreria, 2001, pag. 153, corsivo originale.

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Lo stile del romanzo Hamish and the Worldstoppers, nel quale i dialoghi prevalgono sulle parti descrittive, è informale e colloquiale. La maggioranza dei personaggi usa frasi semplici e molto brevi.

Il lessico è privo di ricercatezza e presenta molti neologismi e parole composte oltre a forme contratte e abbreviazioni, tipiche della comunicazione orale e giovanile. Anche la ripetizione di alcune parole chiave (tra cui: strange,

frozen, boring, terrible, stop, dad) è una caratteristica stilistica del racconto.

Nella traduzione io ho mantenuto le ripetizioni e rispettato la volontà dell’autore, che vuole rimarcare la stranezza dell’evento narrato e l’importanza della figura del padre di Hamish per la trama del romanzo.

I dialoghi tra Hamish, Mole, Scratch e Grenville sono caratterizzati dall’uso dei verbi all’imperativo per sottolineare l’aggressività dei personaggi. Il largo uso di interiezioni enfatizza il tono di chi parla e contribuisce a dare un ritmo più realistico allo scambio di battute.

Sono presenti anche delle espressioni idiomatiche. Newmark (1998) definisce queste locuzioni, che non sempre hanno un equivalente

…as extended standard metaphors which may be universals or cultural (more often cultural)38

E individua tre strategie per la traduzione:

a) by finding another metaphor

b) by reducing to sense (thereby losing their emotive force) c) occasionally literally39

Nella traduzione delle frasi idiomatiche presenti nel testo, delle quali riporto alcuni esempi, ho deciso di trovare delle espressioni equivalenti in italiano.

 everybody hearts had sunk at once (pag. 2) Tutti sentirono il loro cuore stringersi all’istante

38 Newmark P., More Paragraphs on Translation, Clevedon-Philadelphia-Toronto- Sydney-Johannesburg, Multilingual Matters LTD, 1998, p. 40

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 Carry on ( pag. 57) tirare avanti.

 in the wee small hours (pag.136) Nel cuore della notte.  Grenville stood there fuming (pag. 211) Grenville rimase lì fumante di rabbia.  …when we take them out (pag. 234) …allora gli faremo la festa.

 Hamish’s heart was in his mouth (pag. 288) Hamish si sentì il cuore in gola.  …something big was on the cards (pag.228) …qualcosa di

grosso bolliva in pentola.

Un aspetto del lessico che mi ha creato particolari difficoltà nella traduzione è l’ampio uso di acronimi. Nel mio lavoro, io ho cercato di mantenermi il più fedele possibile al significato e alle scelte fonetiche del testo originale.

 PDF(Pause Defence Force) FDP (Fronte Difesa dalle Pause)

 PPP(Pause Protection Pack) PPP (Pacchetto di Protezione durante le Pause)

 PDFAQ(Pause Defence Force Frequently Asked Questions) FDPPD (Fronte Difesa dalle Pause Probabili Domande)  PP(Pause Preparation) PP (Preparazione per le Pause)  PPPP(Pause Protection Pack Packers) PPPP (Preparatori

Pacchetti Protezione Pause)  PP (Pause Poses) PP Pose da Pausa

 PPPP(Pause Physical Prowess Progression)

PPPP(Perfezionamento Prodezze Pratiche per la Pausa)

 PSK (Pause Survival Kit) KSP(Kit di Sopravvivenza Pause)

3.4 Eye Dialect

A livello lessicale nel romanzo si incontrano forme contratte e sgrammaticate. Questa strategia, definita Eye Dialect da George Philip Krapp nel testo intitolato The English Language in America del 1925, è usata per avvicinare il testo scritto a quello orale, anche a livello fonetico. Un esempio

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può essere l’uso in forma contratta di parole come C’mere, invece di Come here, o I’ll, invece di I Will, I’m, invece di I am, didn’t invece di did not, o l’utilizzazione di verbi come gonna, geroff trascritti così come sono pronunciati. Tutti questi esempi, facilmente riconoscibili dal parlante inglese a livello grafico-fonetico, sono difficilmente trasferibili in un’altra lingua.

Krapp con il termine Eye Dialect intendeva sottolineare un basso livello di istruzione del parlante, col tempo il significato dell’Eye Dialect si è esteso fino a rappresentare, come evidenzia lo studioso di fonetica e fonologia David Brett,

[…]any variation of spelling to indicate particular pronunciations or accents.40

Una parola per essere considerata Eye Dialect deve essere stata scritta in modo scorretto intenzionalmente con lo scopo di ottenere un determinato effetto di caratterizzazione geografica, socioculturale o umoristica.

Il traduttore incontra inevitabilmente delle difficoltà quando deve tradurre questi termini che presentano variazioni di pronuncia e di grafia rispetto alle forme standard.

Brett nel suo articolo, Eye Dialect: Translating the Untranslatable, esamina

alcune delle possibilità che si possono presentare al traduttore e cita le strategie che secondo Massimiliano Morini possono essere adottate di fronte a tale evenienza:

 write his target text in the standard version of the target language;  employ two or more variants of the target language;

 translate one of the variants by a non-standard (incorrect, popular) variant of the target language […]

 create a synthetic target language, composed of incorrect or slightly modified words and phrases and by regional words and expressions phonetically adapted to the rules of the target language41.

40 AnnalSS 6, Lost in Translation. Testi e culture allo specchio, Atti del Congresso 2009, Sassari, p. 49.

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Epstein (2012) afferma che nella traduzione bisognerebbe evitare di appiattire l’Eye Dialect usando delle forme standard in quanto, così facendo, non si rispetta la volontà dell’autore che ha deciso di usare la forma grammaticalmente scorretta per uno scopo preciso.

Decidere di utilizzare la strategia della sostituzione e, quindi, usare un termine dialettale al posto della parola grammaticalmente scorretta, crea molte difficoltà al traduttore perché questo rischia di utilizzare stereotipi geografici e conferire ai personaggi delle caratteristiche assenti nel testo originario.

Una soluzione poco invasiva al problema della traduzione dell’Eye Dialect è il ricorso a errori grammaticali o ortografici che possono essere non uguali a quelli originali ma che, all’interno del sistema morfologico e fonetico della lingua di arrivo, ripropongono lo stesso effetto .

Questi sono alcuni esempi delle parole sgrammaticate o contratte usate dalle due bambine-bullo Scratch e Mole. L’autore mette in bocca ai due personaggi queste sgrammaticature per mettere in evidenza un contesto culturalmente povero, tipico di un ambiente un po’ degradato, in cui le due ragazze vivono.

 Shuddup Shut up

 C’mere Come here

 Betta It’s better  Thass That is  Lotta A lot of

Nella mia traduzione ho sostituto questi termini sgrammaticati con delle espressioni standard. Per poter ricreare lo stesso effetto avrei dovuto utilizzare delle forme dialettali. Una tale scelta da parte mia sarebbe stata inopportuna perché avrebbe dato ai due personaggi una connotazione geografica estranea al contesto originario.

Le seguenti forme sgrammaticate sono usate dal Generale dei Fermamondo:

 Chillens Children PAMBOCCINI

 Hoos Who is  Tha That

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 Weans Teans PAMBOCCINI  Gonna going to (nella forma al futuro)

 Funslowers Sunflowers SOLIGIRAVOLI

Lo scopo dell’autore, nell’utilizzare queste parole scorrette, era quello di ottenere un effetto comico, di mettere in evidenza la mostruosità dei Fermamondo creando un parallelismo tra la deformità del loro aspetto e la deformazione della lingua. In alcuni dei casi sopra riportati, quando mi è stato possibile, ho sostituito la parola sgrammaticata inglese con una parola sgrammaticata italiana, in altri casi ( Hoos, Tha, Gonna…) non potendo agire direttamente sulla parola ho fatto ricorso all’inserimento di altre forme scorrette all’interno della frase.

3.5 Similitudini

Nel testo inoltre sono presenti diverse figure retoriche, con lo scopo non solo di modificare il ritmo della narrazione ma anche di stimolare la fantasia e l’ilarità dei lettori. Alcune di esse si rifanno a immagini disgustose che tanto attraggono i bambini. In verità da sempre si è fatto un largo uso di similitudini nei testi per i più giovani. Ciò, come afferma Oittinen, è dovuto all’influsso nella letteratura della cultura popolare e delle fiabe. Infatti in queste si ritrovano spesso similitudini e metafore che hanno come oggetto l’amore per il grottesco, il ridicolo e per ciò che è spaventoso.

La ridicolizzazione delle immagini che possono incutere paura ha la funzione di aiutare i ragazzi ad affrontare le proprie insicurezze e a vincere le fobie.

Per esempio nel primo capitolo, a pagina 4, il narratore, descrivendo la scena durante una delle Pause, sottolinea l’abitudine dell’insegnante di parlare sputacchiando e descrive nei minimi particolari le gocce di saliva che escono dalla sua bocca e rimangono sospese a mezz’aria. L’immagine, di per sé poco piacevole e un po’ schifosa, tuttavia acquista un qualcosa di magico perché queste gocce di saliva, colpite dai raggi del sole, sembrano trasformarsi in stelle in miniatura.

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[…] A tiny ball of spit was hanging in the air just a few centimetres form Mr. Longblather’s mouth. It caught the sunlight and glistened like a miniature star.[…]42

Nel decimo capitolo appaiono per la prima volta i Fermamondo e i Terribili. Nel creare questi mostri l’autore si rifà sicuramente all’immagine degli orchi e dei giganti delle favole tradizionali; dà loro delle fattezze umane ma, nel descrivere alcune parti del loro corpo, sminuisce la terribilità del loro aspetto mettendo in evidenza particolari ridicoli e grotteschi.

[…] the beast had a moustache so huge it could easily have been a damp black squirrel. Its fingers were like greasy, bloated sausages, dripping fat.[…]43

Nel trentunesimo capitolo a pagina 285, descrivendo le sevizie attuate da un Terribile nei confronti di Robin, il quale ha la fobia dei vermi, l’autore trasforma quello che in realtà è raccapricciante in una scena che suscita ilarità richiamando alla mente la parrucca dei clown.

[…] poor Robin had to stand completely still while one particular Terrible began to drape worms across his like a sort of worm-wig.[…]44

3.6 Onomatopee e interiezioni

L’interazione di più canali, quello visivo e quello sonoro, che prende forma attraverso suoni, immagini e parole, è una caratteristica principale dei testi per bambini e ragazzi. In questi viene spesso prediletta una narrazione che si serve di un mezzo ‘altro’ piuttosto che la narrazione discorsiva. Questo tipo di mezzo espressivo pone al traduttore diversi problemi, il più importante dei quali è quello di mantenere la funzione pragmatica: l’immediatezza e la ricchezza espressiva del testo originale.

42 Wallace D., Hamish and the Worldstoppers, Simon&Schuster, London 2015, p. 4. 43 Ivi, p. 106.

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Le onomatopee, come afferma Serianni (1989), sono dette primarie o fonosimbolismi se riproducono direttamente suoni o rumori di esseri animati e inanimati tramite i mezzi grafemici e fonetici della lingua; sono dette onomatopee secondarie se derivano dalla grammaticalizzazione delle onomatopee primarie tramite aggiunta di morfemi verbali o nominali.

L’onomatopea non solo vuole rappresentare un suono, ma ne sottolinea anche l’intensità, che può ulteriormente essere messa in evidenza dal carattere grafico scelto.

Sull’importanza dell’onomatopea Umberto Eco afferma:

L'idea che l'onomatopea oltre che immagine aurale di un suono potesse essere anche suggerimento lessicale è apparsa in Italia, se non sbaglio, solo con Jacovitti, che ha decisamente italianizzato il gioco e iniziato a scrivere 'schiaff schiaff'. Il bello dell'onomatopea del fumetto è che non solo evoca il rumore originario col suono del termine o pseudo termine linguistico, ma ne rappresenta graficamente l'intensità, come a dire che c'è una enorme differenza tra un semplice 'bum', un 'BUM' scritto a grandi caratteri e un 'boOOM', dove le lettere diventano via via sempre più visibili e carnose (e in tal caso l'esplosione è apocalittica).45

In una traduzione lasciare invariate le onomatopee per trasmettere la stessa idea acustica è una strategia che non ha sempre successo, perché l’adattamento fonologico delle onomatopee dipende dall’accettazione di determinate regole convenzionali appartenenti a ogni gruppo socio-culturale.

Queste significa che alcune di esse trovano una immediata e univoca corrispondenza in lingue diverse, altre invece no.

Nel testo troviamo numerosissime onomatopee primarie che hanno la funzione di evocare una particolare sensazione uditiva per rendere più partecipi i lettori, piccoli o grandi che siano. Poiché non esiste nessuna convenzione internazionale per la rappresentazione di suoni e rumori e non esistono dizionari che diano l’esatta corrispondenza dei suoni onomatopeici tra le

45 Umberto Eco, Mumble Mumble Crash, «l’Espresso», 30 marzo 2008 (http://espresso.repubblica.it/dettaglio/mumble-mumble-crash/2050815/18).

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diverse lingue né regole precise che ne fissino l’uso, ho tradotto alcune delle onomatopee presenti nel testo cercando una possibile corrispondenza nella fonetica italiana.

 Faf, Faf, Faf (volo del corvo) Flap, Flap, Flap  Aaaatchoooo (starnuto) Etchuuuu

 Thwach (una forte manata) Paaf

 Ewwww (espressione di disgusto) Bleah  Wahey (esclamazione di esultanza) Hurrà

Altre, come Crash, Boom, Clabang, Beep, le ho lasciate invariate perché ormai sono così presenti nei fumetti italiani che la loro comprensione non presenta alcuna difficoltà per il giovane lettore.

Anche le interiezioni sono molto presenti nella letteratura per i giovani, perché sono tipiche del linguaggio informale e colloquiale, possono trasmettere il significato di una intera frase comunicando emozioni e sentimenti del parlante. Esse quindi agevolano il processo di immedesimazione da parte del lettore nei personaggi.

Serianni (1989) fa una distinzione tra interiezioni primarie e secondarie. Le interiezioni primarie hanno sempre valore interiettivo e hanno come peculiarità grafica il grafema /h/ utilizzato in posizione finale o nel corpo della parola (ad esempio ‘boh’, ‘ah’, ‘oh’, ‘ehi’, ‘ahimè’, ecc.); particolari oscillazioni fonico-grafiche dipendono da ragioni espressive: a volte l’uso scritto di /h/ si accumula per dare enfasi allo stato d’animo che si vuole riprodurre. La decisione di ‘marcare’ di più la vocale e la consonante non è indifferente, ma serve per distinguere il significato dell’interiezione stessa. Anche la forma e il carattere, la grandezza e il colore delle lettere svolgono un importante ruolo a livello espressivo che spesso ha la funzione di sottolineare gli stati d’animo dei personaggi o di commentare quei fatti che hanno un certo ruolo drammatico. Le interiezioni secondarie sono parti del discorso autonome (sostantivi, aggettivi, avverbi, verbi) e rappresentano una categoria aperta, dal momento che sono pressoché infinite le espressioni che, in un certo contesto, possono essere utilizzate come interiezioni.

(23)

In Hamish and the Worldstoppers si ripetono più volte le seguenti interiezioni primarie:

Hey you! Ehi tu! Oi! Ehi! Um…. Uhm… Uuuurgh! Aaaarghhh! Ouch! Auch! Well… Beh… Erm… Ehm…

Sono presenti anche alcune interiezioni secondarie:

Stop! ( pag. 102) Fermo! Begin! (pag 104) Iniziate!

…Old goat! ( pag. 119) ... VECCHIA CAPRA! …Lickspittle! (pag. 119) …. LECCAPIEDI! Shaddup! (pag. 269) CHIUDETE IL BECCO!

3.7 Neologismi e parole composte

Con il termine neologismo ci si riferisce a una parola o a una locuzione nuova che non appartenente al corpo lessicale di una lingua ma che viene formata per derivazione o composizione da parole già in uso oppure viene introdotta con adattamenti da un’altra lingua.

Niska in Explorations in Translational creatività: Strategies for interpreting

neologisms afferma che:

'Neologisms are tokens of a creative process’46

Ogni neologismo, prima di entrare a far parte del vocabolario di una lingua, attraversa tre fasi: l’invenzione (durante la quale i nuovi termini vengono definiti da Epstein ‘protologisms’47 dal greco ‘protos+logos’ creando

46 Niska H. (1998) Explorations in translational creativity: Strategies for interpreting neologisms. Workshop paper, 8th Aug, Stockholm University.

47 Epstein M., PreDictionary: Experiments in Verbal Creativity, Franc- Tireur, Usa 2011, p. 23.

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un’analogia tra prototipo e neologismo), il periodo di prova (durante il quale il nuovo termine viene utilizzato ma è accettato da un numero limitato di persone), l’inserimento e l’accettazione definitiva nel vocabolario.

La presenza di parole inventate o di termini composti da due parole, unite per creare aggettivi e sostantivi, è un fattore stilistico interessante che mette in evidenza l’abilità dell’autore nel ricreare il mondo linguistico dei bambini, i quali amano inventare neologismi e assonanze.

Questo processo di formazione delle parole crea problemi di traduzione, perché, mentre la lingua inglese, non essendo conservatrice, permette facilmente l’introduzione di termini nuovi nel vocabolario, la lingua italiana invece non lo permette e nel processo traduttivo per superare questa difficoltà bisogna spesso separare i singoli termini che compongono queste parole.

Nel testo da me tradotto molti di questi neologismi sono creati per assonanza e omofonia. Per esempio:

 Swiss Swizzler Svizzerli Svizzeri

 Vantastic = Van + Fantastic Furgontastico = Furgone+ fantastico

 Grevenge = Grenville+Revenge Grendetta = Grenville+ vendetta

 Requines = Reptiles + Equine Cavacertoli =

Cavalli+lucertole

Le parole composte, che soprattutto consistono in insulti, sono dei neologismi che non hanno una precisa corrispondenza nella lingua italiana. La loro traduzione mi ha creato qualche problema che ho superato non solo analizzando il significato delle singole parole, ma anche provando a immedesimarmi nello stato d’animo dei personaggi.

 Pigswiggler Maialino sfuggente.

Questo termine è usato a pagina 17 dalle due ragazzine, Mole e Scratch, con tono minaccioso nei confronti di Hamish allo scopo di offenderlo, intimidirlo e costringerlo a cedere loro la sua merenda.

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 Wormpiddler Verme pisciasotto

A pagina 17 Mole usa questo epiteto offensivo e volgare riferendosi a Hamish.

 Pipscrimpers Mangiachicchi a tradimento

Questa espressione viene pronunciata a pagina 269 dalla signora Ramsface, diventata crudele dopo essere stata rapita dai Fermamondo. Rappresenta un chiaro cambiamento in negativo della personalità del personaggio che rinfaccia ai propri figli di essere fastidiosi e un peso per l’economia familiare.

Talvolta l’autore ha introdotto nel testo dei superlativi inesistenti nella lingua inglese. Questa scelta, secondo me, è stata dettata dall’esigenza di dare un carattere di eccezionalità a ciò che viene descritto. Tenendo conto della volontà dell’autore anche io ho ricreato dei superlativi inesistenti in lingua italiana mediante l’uso di suffissi e prefissi accrescitivi o l’invenzione di parole composte. Per esempio:

 Incredi-weird (pag. 1) pazzeschissimo

 Stuck stuck (pag. 4) bloccatissimamente bloccato  Super-ultra boring (pag. 13) supermeganoioso  Grenormous (pag. 288) genorme

 Enormassive (pag. 288) gigabnorme

3.8 Giochi di parole

Per gioco di parole in senso stretto si intende il gioco che ricorre nel discorso soprattutto orale, e si basa su fenomeni di assonanza, consonanza, allitterazione, paronomasia e di ambiguità semantica (il cosiddetto doppio senso). Nell’oralità, il gioco di parole si caratterizza per spontaneità e libertà da norme e ha un costante effetto di abbassamento del registro, sino a diventare una tecnica frequente del discorso comico; nella scrittura, invece, il gioco di parole tende a generare vincoli

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che mettono in luce il virtuosismo del suo autore, sia in campo propriamente letterario sia nello specifico campo enigmistico.48

Secondo Palmer (1994) si può considerare il significato letterale di una parola come il suo ‘significato naturale’, mentre l’aspetto comico-umoristico le viene attribuito quando essa acquista un secondo significato non comune e spesso non attinente a quello naturale.

Lo studioso belga Delabastita (1996) aggiunge che una parola che abbia entrambi i significati può essere usata per dare coerenza a un testo, per caratterizzare il modo di parlare di un personaggio, per scopi ironici o per parlare di tabù senza nominarli esplicitamente. In particolare definisce i giochi di parole come:

[…] the various textual phenomena in which structural features of the language(s) are exploited in order to bring about a communicatively significant confrontation of two (or more) linguistic structures with more or less similar forms and more or less different meanings.49

Quando un traduttore si trova a dover affrontare la traduzione di un gioco di parole, la prima cosa che deve chiedersi è se questo sia stato inserito nel testo in modo consapevole.

Nel suo testo Epstein (2012) propone una tabella nella quale vengono illustrate le possibili modalità traduttive tra cui scegliere:

 Deletion: to remove the pun;

 Replacement: to replace the wordplay with another pun, or different expressive language, or some other sort of text;

 Addition: to add more in text or an extra pun in the same location;  Explanation: to add a footnote, an introduction, a phrase in the text, or

some other sort of paratextual or intertextual explanation;

48 Enciclopedia Treccani (http://www.treccani.it/enciclopedia/giochi-di-parole_(Enciclopedia-dell'Italiano)/).

49 Delabastita D., Introduction, in Wordplay and Translation: Essays on Punning and

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 Compensation: to use wordplay or some other kind of humour elsewhere in the text or in different amounts;

 Retention: to retain the pun and/or its associations.50

La scelta della modalità dipende dalla lingua in cui il testo deve essere tradotto e dal livello culturale dei lettori a cui è destinato.

Secondo alcuni studiosi i bambini e i ragazzi non sono in grado di cogliere facilmente i doppi sensi e i giochi di parole, pertanto risulta essenziale il ruolo dell’adulto come mediatore tra testo e lettore; nonostante tale mediazione, il traduttore, se sceglie di tradurre in maniera esplicita il doppio senso implicito di un gioco di parole utilizzando un linguaggio standard, rischia di sminuire o annullare del tutto l’effetto umoristico desiderato dall’autore.

Nel mio lavoro di traduzione ho tentato di mantenermi il più fedele possibile a quanto si era prefissato l’autore e ho ricercato termini della lingua italiana che mi permettessero di ricreare un gioco di parole equivalente.

L’autore fa uso di doppi sensi soprattutto, nel capitolo tredicesimo, nel dialogo tra Hamish e il dentista, il dottor Fussbundler.

 I know the drill (pag. 129) il gioco di parole si basa sul fatto che con la stessa parola si fa riferimento non solo al trapano del dentista ma anche alla trivella usata per le perforazioni. (trad.) So farlo alla perforazione (pag. 44). Nel caso della mia traduzione il gioco di parole si basa sulle parole ‘perfezione’ e ‘perforare’.

A bad dentist gets on everybody’s nerves![…] Nerves! Do you get it? ( pag. 129) l’autore gioca usando la stessa parola per indicare sia i nervi dei denti, sia i ‘nervi’ dei pazienti in senso metaforico. (trad.) “Un dentista non bravo fa sempre saltare i nervi!” […] “I nervi! L’hai capita?” (pag. 45)

Brace yourself ( pag. 129) la parola ‘brace’ da sola indica l’apparecchio per i denti, ma l’espressione in oggetto significa

50 Epstein B.J., Translating Expressive Language in Children’s Literature:Problems and

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‘farsi forza, prepararsi’ (trad.) Reggiti forte all’apparecchio.( pag. 45) Il gioco di parole si basa sul doppio

senso del termine ‘apparecchio’ che può indicare sia l’apparecchio per i denti, sia il macchinario (la sedia su cui è sdraiato il paziente).

I’m filling good (pagg. 127,215) in questo caso l’autore gioca sull’omofonia tra Fill in (riempire, otturare) e Feeling (provare una sensazione, un’emozione). (trad.) Mi sento in

forma splen-dente.

(pagg. 43,72) Nella mia traduzione per ricreare l’effetto giocoso dell’esclamazione ho giocato sulla scomposizione della parola ‘splendente’.

3.9 L’aspetto morfosintattico

Un altro elemento problematico per il traduttore è la sintassi. Infatti, come dice Rega (2001), è

[…] l'andamento sintattico nella proposizione, il fluire delle proposizioni all'interno del periodo e, infine, il susseguirsi dei periodi che vanno a formare il testo compiuto […] che pone problemi sottili, complicati per il traduttore […] il come tradurre una parola è meno importante di come tradurre la frase e il suo ritmo.51

Ogni testo possiede ovviamente una sua organizzazione interna del periodo, che dipende anche dal tipo di testo in questione. La differenza tra un testo letterario e un testo specialistico si vede anche a livello sintattico. Una prima caratteristica sintattica di molti testi letterari è la presenza all’interno della stessa opera di ipotassi e paratassi.

È importante ricordare che ognuno, a maggior ragione lo scrittore, impiega la sintassi secondo un proprio stile personale. Bisogna essere in grado di riconoscere lo stile all'interno del testo di partenza e cercare di riproporlo nel testo d'arrivo.

51 Lorenza Rega, La traduzione letteraria. Aspetti e problemi, Torino, Utet libreria, 2001, p. 121.

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A tal proposito Rega scrive:

[…] il traduttore […] deve essere consapevole di tutto quanto contribuisce a formare lo stile sia della scrittura originale sia di quella del testo di arrivo per riformularlo nel modo più adeguato possibile. 52

Un altro aspetto da analizzare a livello morfologico è l'uso dei tempi e dei modi verbali. I verbi sono infatti una parte essenziale del romanzo perché strettamente collegati alla temporalità dell'azione.

In Hamish and the Worldstoppers per l'azione narrata vengono usati soprattutto il past simple, il past perfect e il present perfect. Invece, i dialoghi vengono trascritti principalmente con i tempi legati al presente come il present simple o il present continuous.

3.10 Question tags e phrasal verbs

Question tags e phrasal verbs, caratteristiche del registro informale, sono delle strutture tipiche della lingua inglese.

Le question tags sono brevi domande poste al termine di una frase negativa o positiva, la cui funzione è quella di rafforzare ciò che si è affermato, di cercare conferma nell’interlocutore e anche di mantenere alto il suo livello di attenzione. Nella frase inglese un’affermazione principale è spesso seguita da una breve domanda, costruita con l’ausiliare e un pronome personale (nella forma affermativa o negativa a seconda della frase che le precede). In italiano queste espressioni corrispondono a ‘No?, Vero?, Giusto?, Non credi?, ecc…’ con funzione fatica o di vera richiesta.

Nel testo da me tradotto tali espressioni sono spesso presenti:  …because pauses always end, don’t they? (pag. 3)

 …you give someone a goodbye present when you know you’re going away, don’t you? (pag. 31)

 …your cousin goes to St Autumnal’s, doesn’t she? (pag. 123)  …you know about them now, don’t you? (pag. 158)

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In verità io ho scelto di non tradurre alcune delle question tags perché, essendo queste formule non molto usate nella lingua italiana, la loro presenza, secondo me, avrebbe appesantito il testo e rallentato eccessivamente il ritmo narrativo.

Anche i phrasal verbs pongono vari problemi di traduzione. Secondo lo studioso Raffaele Simone (1996) in italiano esiste una classe di verbi denominati sintagmatici che non si discosta molto dagli scopi e dalle funzioni dei phrasal verbs.

La denominazione di questa classe di verbi è, come afferma Simone stesso, un calco dell’inglese phrasal verbs, volta a sottolineare gli aspetti comuni che esistono tra le categorie:

 hanno una coesione e una coerenza particolari, e non possono quindi essere ridotti a pure sommatorie di costituenti;

 si collocano in una zona grigia tra morfologia e lessico: non pare che si possa formulare una regola morfologica (ad esempio di formazione di parola) per generarli.53

Simone definisce i verbi sintagmatici come: sintagmi formati da una testa verbale e da un complemento costituito da una ‘particella’ (originariamente un avverbio), uniti da una coesione sintattica di grado elevato al punto che non si può commutare il verbo sintagmatico intero con una sola delle sue parti. Fa inoltre notare che c’è

[…] una differenza di trattamento e di fortuna tra i phrasal verbs inglesi e i loro omologhi italiani. I primi sono molto numerosi e rispondono a un profilo lessematico tipico delle lingue germaniche, trovando analoghi più o meno rigorosi in tedesco (verbi separabili e inseparabili, da nachdenken a entstehen) e in nederlandese (con la stessa fenomenologia del tedesco: nadenken). Per conseguenza sono riconosciuti da tempo come una sottoclasse rilevante di forme. Essendo dotati di una semantica, di una sintassi e di una fonologia di parola e di

53 Simone R., Esistono i verbi sintagmatici in italiano?, in Cuadernos de Filología

(31)

frase particolari i verbi sintagmatici italiani invece sono notevolmente meno numerosi e sembrano essere isolati nell’ambito della famiglia romanza e, pur essendo un profilo produttivo e di notevole frequenza d’uso, sono sensibilmente meno visibili.54

Lo studioso propone una lista aperta di verbi sintagmatici in cui si nota come nella maggior parte dei casi si tratti di verbi di movimento (ad es. ‘venire’, ‘andare’) e stativi (ad es. ‘stare’, ‘restare’), ai quali si aggiungono avverbi indicanti posizione, distanza o direzione come ‘su’, ‘accanto’, ‘dietro’, ecc…, allo scopo di rendere più dettagliata l’informazione.

Come nel caso dei phrasal verbs anche per quanto riguarda i verbi sintagmatici italiani il loro significato spesso non è ricavabile dalla semplice somma del significato delle parole che li compongono. Simone identifica tre casi differenti:

A) quelli in cui la particella ripete o intensifica l’informazione del verbo: uscire = uscire fuori; entrare = entrare dentro; […] (E’ facile vedere che in questo caso è possibile anche usare il verbo testa da solo.) B) Quelli in cui la particella aggiunge una marca circa la natura del

movimento ad un verbo che indica sì un movimento ma di tipo non-marcato. In questi casi, la particella serve soprattutto a trasformare un verbo di moto generico in uno in cui è specificata la direzione del moto e in qualche caso la sua relazione rispetto all’emittente dell’enunciato: mettere = mettere su; tirare = tirare via; […]

C) Quelli in cui la coppia Verbo + Avverbio ha un significato del tutto imprevedibile a partire da quello delle parti. Ecco alcuni esempi: buttare giù «far cadere dall’alto in basso» «deprimere, rattristare» «scrivere (qualcosa) in modo frettoloso e approssimativo».55

54 Ibidem. 55 Ivi, p.54.

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Qui di seguito riporto alcuni dei phrasal verbs presenti nel testo da me tradotto. I primi due appartengono al gruppo A; il terzo appartiene al gruppo C; l’ultimo appartiene al gruppo B.

 Going away(pag. 31) andare via;  Dash off(pag. 129) scappare via;

 Stand out (pag. 192) essere appariscente;  Holding up (pag. 197) tirare fuori

3.11 Intertestualità

Il termine ‘testo’ deriva dal latino ‘textus’ che richiama il concetto di tessitura e intreccio, pertanto un testo letterario può essere considerato come una combinazione di elementi preesistenti, come testi, codici e discorsi, intrecciati tra loro. Partendo da questa riflessione nel 1966 al convegno di Baltimora sui linguaggi della critica la studiosa Julia Kristeva utilizzò per la prima volta il termine intertestualità nel riferirsi al processo di costruzione testuale. In verità già Saussure, nei primi anni del novecento, aveva fatto una simile ipotesi nello studio sulla ‘disseminazione del tema verbale nella generazione del testo’.

Le teorie di Kristeva (1969), la quale sostiene che ogni testo si costruisce come un mosaico di citazioni, trovano fondamento in quanto già affermato da Bachtin (1973) nei suoi studi sulla plurivocità intradiscorsiva. I termini plurivocità e intertestualità però non vanno confusi. Il primo venne coniato da Bachtin per descrivere la lingua del romanzo. L'intertestualità, invece, non consiste nella compresenza di diversi stili e vari linguaggi, in ognuno dei quali si esprime l'individualità del personaggio, ma nel fatto che un testo, rimandando a altro, acquista in letterarietà, amplificando, definendo o modificando il suo significato. Il testo ripreso si definisce solitamente sottotesto oppure ipotesto.

Gli esiti dell’intertestualità possono essere tre:

- Prestito: avviene un prestito quando l'intertestualità presuppone similarità di linguaggio, ma non comporta alcuna forma di interferenza o di dialettica tra i contesti delle due opere. In questo caso il termine sottotesto viene sostituito da

(33)

referente.

- Allusione: la somiglianza verbale è meno immediata e perciò meno riconoscibile. Tuttavia il processo intertestuale corre a un livello più profondo, interessando non solo il tessuto verbale del sottotesto ma anche il suo contesto. L'allusione dunque comporta similarità di linguaggio e stabilisce una relazione di capovolgimento, ovvero di non identità tra i contesti delle due opere. Nell'allusione il lettore è costretto a decodificare il messaggio altrimenti non lo comprenderà. Differentemente, nel prestito ciò non accade. Il sottotesto in un contesto allusivo si chiama intertesto.

- Imitazione:la dipendenza dal sottotesto è allusiva come nel secondo caso ma la dipendenza stavolta è visibile e i contesti sono simili. Presuppone dunque similarità di linguaggio e di morfologia e una relazione di equivalenza tra le opere di cui il sottotesto e il testo sono parte. Il sottotesto in un contesto imitativo si chiama modello.

Christine Wilkie-Stibbs (2004) nel saggio Intertextuality and the child

reader afferma che si potrebbe pensare che l’uso di questa intertestualità

produca uno sbilanciamento di potere tra l’adulto scrittore e il ragazzo lettore, poiché quest’ultimo diventa il destinatario di riferimenti scelti dall’autore senza capirne il motivo, in realtà ciò serve a stimolare la curiosità del giovane.

La letteratura contemporanea per ragazzi contiene molti riferimenti, non solo a favole, a famose opere letterarie del passato, ma anche a film e a cartoni animati.

Ritva Leppihalme (1997) raggruppa i riferimenti intertestuali in tre grandi categorie:

 allusions proper […]

A questa categoria appartengono:

 Proper-name (PN) allusions = allusions containing a proper name  Key-phrase (KP) allusions = allusions containing no proper name  stereotyped allusions = allusions in frequent use that have lost their

freshness and do not necessarily evoke their sources; also clichés and proverbs[…]

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 semiallusive comparisons (SACs) = superficial comparisons or looser associations.56

Epstein (2012) concorda con quanto dice Ritva Leppihalme, e aggiunge che i riferimenti intertestuali possono essere volontari o involontari. Un riferimento intenzionale esprime la volontà dell’autore di arricchire il proprio lavoro, richiamando alla memoria opere, luoghi o personaggi famosi, o di suscitare particolari sensazioni ed emozioni nel lettore. Questi riferimenti possono anche assumere un valore umoristico quando l’autore crea giochi di parole o fa una parodia di altri testi.

Affinché il lettore possa riconoscere un riferimento intertestuale occorre che egli abbia una particolare competenza linguistica e culturale. Infatti per Eco (1979) la lettura richiede una collaborazione tra lettore e autore, in quanto è il lettore che attiva il significato implicito di un testo. Ciò significa che, nel tradurre gli elementi intertestuali presenti in un’opera per bambini e ragazzi, bisogna tenere presente che essi non hanno le competenze linguistiche né le conoscenze degli adulti e quindi non sempre sono in grado di cogliere tutti i riferimenti.

In Hamish and Worldstoppers sono facilmente riscontrabili tre riferimenti intertestuali.

Il primo si trova nelle pagine introduttive, nelle quali vengono riportati articoli e inserti pubblicitari pubblicati sullo Starkley Post.

[…] High ST Starkley opp. Lord of the Fries.[…]

Il nome del negozio citato allude al titolo del romanzo di William Golding ‘The Lord of the Flies’. Nella mia traduzione tale riferimento viene perso perché, mentre in inglese la parola ‘Fries’ richiama per assonanza ‘Flies’, rendendo manifesto il collegamento, in italiano ‘Fries’ si può tradurre solo con

56 Leppihalme R., Culture Bumps: An Empirical Approach to the Translation of

Allusions, Multilingual Matters LTD, Clevedon-Philadelphia-Toronto-Sydney-

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‘patatine fritte’ e quindi non vi è più alcuna attinenza con la traduzione del titolo del romanzo di Golding ‘Il signore delle mosche’.

Il secondo di questi richiama alla mente i noti romanzi di Ian Fleming che hanno come protagonista James Bond:

[…] “Wait – what’s your name?” he said . “Please?”

“Alice,” said the girl, without turning around. “ My name is Alice Shepherd.”57

Il terzo è un po’ meno evidente, ma fa venire alla mente del lettore le immagini del film Indiana Jones e il tempio maledetto:

[…] and slowly he slid one arm into the hole, breaking a tin film of slime and feeling it pop like a bubble and run down his wrist.58

Secondo me , dei tre riferimenti sopracitati, il secondo è quello che esprime maggiormente la volontarietà dell’autore. Nel caratterizzare il personaggio di Alice egli vuole ricreare l’aria di mistero tipica degli agenti segreti richiamando alla mente il personaggio di James Bond, famoso per il suo coraggio e la sua determinazione nell’affrontare le pericolose missioni che gli vengono affidate.

Nella mia traduzione mi sono mantenuta fedele alla volontà dell’autore di creare i due ultimi riferimenti intertestuali sopracitati perché i ragazzi non hanno difficoltà a coglierli in quanto i film di James Bond e di Indiana Jones sono molto famosi e diffusi anche in Italia.

3.12 La traduzione dei nomi

Se nel linguaggio comune i nomi propri sono mono-referenziali e non descrittivi, nelle opere letterarie e in particolare nella letteratura per l’infanzia, essi possono veicolare connotazioni e sonorità e la loro scelta non è affatto

57 Wallace D., Hamish and the Worldstoppers, Simon & Schuster, London 2015, p. 168. 58 Ivi, p. 309

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casuale. L’attribuzione di un nome a un personaggio, come sostiene Christiane Nord, nasconde sempre una particolare intenzione.

To find a name for their fictional characters, authors can draw on the whole repertoire of names existing in their culture, and they can invent new, fantastic, absurd or descriptive names for the characters they create. We may safely assume, therefore, that there is no name in fiction without some kind of auctorial intention behind it, although, of course, this intention may be more obvious to the readers in one case than in another.59

Fino a qualche decennio fa era molto diffusa l’opinione che nei libri per ragazzi ciò che più importava era fare in modo che i nomi nel testo d’arrivo fossero leggibili e facili da ricordare, perché gli ostacoli linguistici, dovuti a una pronuncia o a una grafia estranea, avrebbero potuto distogliere l’attenzione dal racconto. Oggi si è dell’idea che i nomi propri possono celare informazioni da cui il lettore può trarre importanti indizi sullo svolgimento della storia e sugli aspetti dei personaggi che non devono essere persi nella traduzione; questo è necessario, come osserva lo studioso Manini (1996), soprattutto per un testo di fantasia in cui l’autore ha deciso di usare dei nomi totalmente inventati, che rispecchiano delle caratteristiche fisiche o psicologiche dei suoi personaggi. Manini (1996) nel suo articolo Meaningful literary names si rifà a quanto dice Rudolf Zimmer in Die Übersetzung von Eigennamen il quale propone la seguente classificazione:

 Transparent names: those which coincide with a common noun;  Transparent composite names(transparentes Kompsitum): consist of

two elements, both of which can be recognized as an aptly chosen common noun;

59 Nord C., Proper Names in Translations for Children: Alice in Wonderland as a Case

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