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2087 Tutela delle condizioni di lavoro S

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2087 Tutela delle condizioni di lavoro

SOMMARIO: I. Il contenuto dell'obbligo di sicurezza - II. Evoluzione normativa dell'obbligo di sicurezza. I decreti prevenzionistici degli anni '50 - III. (Segue) Il d.lg. 19.9.1994 n. 626 - IV. (Segue) Gli altri decreti di recepimento delle direttive comunitarie - V. (Segue) Il nuovo Testo Unico sulla tutela della salute e della sicurezza nel lavoro (d.lg. 9.4.2008 n.

81) - VI. Nozione di datore di lavoro e gli altri destinatari dell'obbligo di sicurezza - VII. La delega di funzioni - VIII. La sicurezza negli appalti - IX. La tutela collettiva della sicurezza - X. Le sanzioni - XI. La responsabilità contrattuale e aquiliana del datore di lavoro - XII. La tutela dell'integrità fisica e della personalità morale.

I. Il contenuto dell'obbligo di sicurezza

1

La disposizione in commento assume posizione di indubbia centralità nell'ambito dell'ordinamento giuridico, collegandosi, da un lato, ai principi costituzionali di tutela del lavoro e della salute come fondamentale interesse dell'individuo e della collettività (artt. 1, 4, 35, 38 e 32 Cost.), e, dall'altro, all'art. 41 Cost. che subordina la legittimità dell'iniziativa economica privata al pieno rispetto della sicurezza, libertà e dignità umana [RIVA SANSEVERINO (131), 184; SMURAGLIA (138), 415;

SUPPIEJ (148), 444; MONTUSCHI (94), 502; C 30.8.2004 n. 17314].

2

La configurazione giuridica dell'obbligo di sicurezza è stata oggetto di un vivo dibattito dottrinale [cfr. SUPPIEJ (148) 443 ss.]. Una più risalente opinione prospettava la natura pubblicistica di tale obbligo, così degradando la posizione del lavoratore-creditore a mero interesse legittimo [D'EUFEMIA (40), 14] ovvero ad interesse giuridicamente qualificato [PERA

(115), 870]. Di contrario avviso la dottrina più recente, la quale, fermamente orientata a valorizzare la finalità prevenzionistica dell'obbligo in parola, ha concluso per la sua natura contrattuale e per il riconoscimento di un diritto soggettivo perfetto al suo adempimento [MONTUSCHI (90), 75; MONTUSCHI (91), 322, secondo il quale il generale principio dell'art. 2043 si trasferisce in ambito lavoristico sotto forma di obbligazione contrattuale; in giurisprudenza, tra le tante, C 26.2.2012, n. 4804; C 22.12.2011, n. 28205; C 17.2.2009, n. 3788; C 5.10.2006 n. 21406, RIDL 2007, II, 442 e RGL 2007, II, 243; C 1.6.2006 n. 13053, FI 2007, I, 1244; C 7.8.1998 n. 7772; C 20.7.1993 n. 8062, DPL 1993, 1420; C 5.4.1993 n. 4085; C 20.1.1993 n. 698, DPL 1993, 720; C 14.12.1991 n. 13499; C 23.3.1991 n. 3115, OGL 1992, I, 174; C 13.2.1988 n. 1566, FI 1988, I, 2315]. Anche nell'ambito di tale ultimo orientamento, si registrano tuttavia soluzioni differenti tra quanti collocano il dovere di sicurezza nell'ambito degli obblighi accessori di cui all'art. 1175 [MENGONI

(86), 368] e quanti invece tendono ad inquadrarlo nell'ambito della causa negoziale con relativo obbligo datoriale alla cooperazione ai sensi dell'art. 1206 [BALZARINI (7), 102 ss.; RIVA SANSEVERINO (131), 186; MONTUSCHI (90), 71 ss.;

MARINO (84), 71 ss.; cfr. SPAGNUOLO VIGORITA (145), 454, il quale richiama l'art. 1374; SUPPIEJ (148), 445]. Infine, non può sottacersi l'autorevole opinione che, nell'intento di rafforzare il contenuto precettivo ed imperativo della norma, definisce la posizione del lavoratore in termini di diritto personale ed assoluto [SMURAGLIA (138), 70. Per una completa ricostruzione delle posizioni dottrinali sopra ricordate e dello stato del dibattito in materia, v. LASSANDARI (75), 39 ss.].

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Dal principio della massima sicurezza tecnologicamente fattibile discende l'obbligo del datore di lavoro di provvedere al costante adattamento del sistema della sicurezza secondo la particolarità del lavoro e all'adozione degli strumenti indicati come i più idonei dalla esperienza e dalla tecnica [MONTUSCHI (90), 78; MARINO (84), 82]. In questo senso si è parlato dell'obbligo di sicurezza in termini di norma di chiusura del sistema prevenzionistico, in grado di provvedere al continuo aggiornamento dello stesso e, più in particolare, di colmare le inevitabili lacune della normativa speciale [MONTUSCHI (90), 76; ID. (62), 510; SMURAGLIA (138), 86].

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L'applicazione della norma non richiede la presenza di un contratto di lavoro, ma presuppone più semplicemente la sussistenza di una prestazione lavorativa. In questo senso deve prescindersi dall'elemento formale del contratto per attribuirsi prevalenza esclusiva al dato sostanziale del rapporto di lavoro [SMURAGLIA (138), 80]. Deve invece escludersi l'applicazione della norma nell'ambito dei rapporti di mera cortesia, non trattandosi di rapporti aventi contenuto patrimoniale [C 7.1.1986 n. 44].

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La giurisprudenza è solita estendere l'obbligo di sicurezza all'adozione di qualsiasi misura suggerita dall'esperienza e dalla tecnica, anche non prevista da alcuna fonte legale e contrattuale [C 10.11.2011, 46784, sull’obbligo del datore di lavoro di garantire nel tempo la persistenza dei requisiti di sicurezza degli strumenti messi a disposizione dei lavoratori; C 11.7.2011, n. 15156; T Lecce 6.6.2009, RCP 2010, 3, 622, nt. Fontana; C 25.5.2006 n. 12445; C 26.6.2004 n. 11932; C 12.7.2004 n. 12863; C 30.8.2004 n. 17314; C 21.4.2004 n. 7629; C 17.3.1999 n. 2432, RIDL 1999, II, 766; C 2.6.1998 n.

5409, RIDL 1999, II, 337; C 1.9.1997 n. 8267, RCP 1998, 407; C 12.2.1997 n. 3439, RTDPE 1997, 1383; sull'evoluzione della giurisprudenza, cfr. LANOTTE (73), 125 ss.]. Il costante aggiornamento delle misure di sicurezza impone così al datore di lavoro l'obbligo di aprirsi alle nuove acquisizioni tecnologiche [C 3.2.2011, n. 19555; C 16.9.2008, n. 38819, GD 2008, 44, 87; T Pisa 24.5.2009, RP 2009, 10, 1152; T Genova 13.10.2008, LG 2009, 1, 2008; C 16.9.2008, n. 38819,

(2)

GD 2008, 44, 87; C 26.8.2008, n. 45335, GD 2009, 4, 99; C 1.2.2008 n. 2491; C 14.7.2001 n. 9601; C 22.9.1995, GI 1997, II, 170; C 29.4.1994, RTDPE 1995, 1449] a prescindere da ragioni di convenienza economica [C App. Milano 11.12.1981, RGLPS 1982, IV, 425; T Milano 1.10.1980, RGLPS 1981, IV, 228; T Torino 18.11.1977, RGLPS 1978, IV, 151; P Torino 2.5.1991, GI 1992, II, 143; cfr. BALANDI (5), 79 ss.].

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In questo senso, l'adempimento degli obblighi sanciti dalla norma si estende all'adeguamento dell'organico aziendale in modo da evitare un eccessivo carico di lavoro [C 8.3.2011, n. 5437, RCDL 2011, 1, 147; C 2.1.2002 n. 5, DR 2002, 846, nt.

DE GIORGI; C 30.8.2000 n. 11427; C 5.2.2000 n. 1307, FI 2000, I, 1554, nt. DE ANGELIS; C 1.8.1997 n. 8267, MGL 1997, 818, nt. GRAGNOLI; C 15.10.1981, GP 1983, II, 416; sul lavoro prestato nel sesto giorno consecutivo C 4.3.2000 n. 2455, OGL 2000, 413; cfr. MONTUSCHI (94), 503 s.; T Milano, 16.3.2001, OGL 2001, 73, nt. DEL CONTE], all'adibizione a mansioni compatibili con lo stato di salute del lavoratore [T Bari 11.6.2009, RCDL 2009, 3, 783, nt. Meucci; C 5.3.2003 n. 3250; C 19.1.2002 n. 572, RIDL 2002, 855, nt. ALBI; C 2.8.2001 n. 10574; C 13.12.2000 n. 15688; C 30.8.2000 n.

11427; C 12.2.2000 n. 1575, NGil 2000, 583; C 3.7.1997 n. 5961, MGL 1998, 437, nt. SCOGNAMIGLIO; C 22.4.1997 n.

3455, NGil 1997, 374; contra, C 6.11.1996 n. 9684, RIDL 1997, II, 612; C 10.11.1995 n. 11700, MGL 1996, 247; in caso di lavoratori invalidi: C. 30.12.2009, n. 27845, GD 2010, 6, 57; C 27.3.2003 n. 4672; C 24.11.1999 n. 13377, DPL 2000, 70; C 9.11.1995 n. 11681, OGL 1996, 371; C 15.12.1994 n. 10769; C 4.4.1989 n. 1626, RGLPS 1990, II, 99; in ipotesi di distacco: P Cagliari 4.12.1996, RGSarda 1997, 711; in caso di attività intrinsecamente usurante, cfr. C 30.8.2000 n. 11427;

C 21.10.1997 n. 10361; con diritto al licenziamento, C 6.8.2002 n. 11798; con riguardo alla lavoratrice madre: T Pisa 2.4.2009, RCDL 2009, 3, 801, nt. Zambrelli; sull’obbligo di garantire un’adeguata illuminazione del luogo di lavoro: C 5.8.2010, n. 18278], al lavaggio a spese del datore di lavoro degli indumenti utilizzati dai lavoratori come barriera protettiva contro sostanze pericolose [C 23.6.2010, n. 15202, RCDL 2010, 3, 853] o come strumenti di lavoro [nella specie per la pulizia dei treni: C App. Milano 14.7.2008, RIDL 2009, 2, 370, nt. Vincieri], all'adozione di misure idonee a garantire l'incolumità dei lavoratori contro le aggressioni criminose da parte di terzi [C 9.5.2011, n. 10097, GCM 2011, 5, 717; C Stato 22.4.2009, n. 2474; C 22.3.2002 n. 4129; C 20.4.1998 n. 4012, OGL 1998, I, 520; C 6.2.1998 n. 1241, GI 1999, 29; C 3.9.1997 n. 8422, GC 1998, I, 79, nt. MARINO; contra, C 5.12.2001 n. 15350; C 19.11.1998 n. 11710], contro immissioni acustiche di eccessivo livello [C 2.7.2010, n. 35946; T Milano 21.10.1999, RCP 1999, 1335, nt. ZIVIZ] e contro il fumo passivo dei colleghi [T. Torino 2.2.2011, RCP 2011, 10, 2116, nt. Lucchini Guastalla; C Stato 8.10.2009, FI, 10, 3, 549; C Cost. 20.12.1996 n. 399, RIDL 1997, II, 260; T Roma, 20.6.2005, LG 2005, 963, nt. GALLO; T Milano 1.3.2002, RCP 2002, 1125, nt. SABATUCCI; T Roma, 19.3.2001, ND 2001, 348; P Torino 7.3.1995, RCDL 1995, 967; P Torino 20.2.1995, GI 1995, I, 2, 916; P S. Remo 19.4.1994, GI 1995, I, 2, 226; P Torino 8.2.1993, RIDL 1995, II, 124; P Santhià 11.4.1986, GM 1988, 353].

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La responsabilità dell'imprenditore si estende altresì all'obbligo di informare i lavoratori dei pericoli dell'ambiente di lavoro [C 19.1.2011, n. 9923, sull’insufficienza, ai fini del corretto adempimento dell’obbligo di informazione, di un mero avviso in bacheca, avente ad oggetto la pericolosità di un comportamento che risultava tenuto di frequente nello stabilimento; C 8.6.2010, n. 31679, GD 2011, 2, 97; C 7.1.2009, n. 45, GC 2009, 3, I, 572, GD 2009, 5, 56, nt. Tattarelli, RCDL 2009, 1, 177, nt. Corrado, ove la Corte ha precisato che, nel caso vi siano, nel medesimo “teatro lavorativo”, lavoratori dipendenti da più imprese, i cui rischi lavorativi interferiscano con l'opera o con il risultato dell'opera di altri soggetti (lavoratori dipendenti o autonomi), ciascun datore di lavoro è obbligato, ai sensi dell'art. 2087 c.c., ad informarsi dei rischi derivanti dall'opera o dal risultato dell'opera degli altri agenti e a dare le conseguenti informazioni ed istruzioni ai propri dipendenti; P Torino 30.7.1996, DL 1997, II, 70; P Torino 18.12.1992, RGE 1994, 505; P Torino 2.5.1991, GI 1992, II, 143], di controllare e vigilare sull'effettivo uso delle misure di sicurezza [C 8.10.2008, n. 39888; T Terni 8.6.2009; C 27.2.2004 n. 4075; C 17.4.2004 n. 7328; C 6.4.2004 n. 6691; C 21.5.2002 n. 7454; C 13.10.2000 n. 13690; C 11.3.1999 n.

792, cit.; C 7.8.1998 n. 7772; C 16.7.1998 n. 6993; C 17.2.1998 n. 1687, RIDL 1998, II, 516; in particolare nei confronti dei lavoratori più giovani, C 24.1.2012, n. 944; C 12.1.2002 n. 326; C 2.10.1998 n. 9805].

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Di contro, la responsabilità del datore di lavoro non si configura quando il danno sia stato provocato da una condotta del lavoratore del tutto atipica ed eccezionale rispetto al procedimento lavorativo e alle direttive ricevute o, comunque, connotata dai caratteri della abnormità e dell'assoluta imprevedibilità [C 13.2.2012, n. 1994; C 7.2.2012, n. 1716; C 1.7.2011, n. 14507; C 2.2.2011, n. 2451, che ha rilevato come la valutazione in ordine all’imprevedibilità di comportamento “anomalo” del lavoratore, non richiesto dal datore di lavoro, sia riservata al giudice di merito, non risultando sindacabile in sede di legittimità (ove logicamente e sufficientemente motivata); C 12.8.2010, n. 32357, GD 2010, 39, 97; C 22.12.2009, n. 10448, GD 2010, 19, 79; C 10.11.2009, n. 7267, GD 2010, 12, 103; C 28.10.2009, n. 22818, GCM 2009, 10, 1505; C 2.10.2009, n. 21113, GD 2009, 46, 50; C 10.9.2009, n. 19494; C 23.4.2009, n. 2689; T Torre Annunziata 2.12.2008, GM 2009, 1, 62; C 21.10.2008, n. 40821, GD 2008, 49, 72, nt. Amato; C 1.10.2008, n. 39883, GD 2008, 50, 118; T Monza 14.7.2008, RP 2009, 11, 1290; C 23.3.2007 n. 7127, NGil 2007, 291; C 19.8.2004 n. 16253; C 28.7.2004 n. 14270; C 17.4.2004 n. 7328; C 27.2.2004 n. 4075; C 19.4.2003 n. 6377; C 26.6.2002 n. 9304; C 20.6.2002 n.

9016; C 8.4.2002 n. 5024; C 23.5.2001 n. 7052; C 13.10.2000 n. 13690; C 17.3.1999 n. 2432, cit.; C 11.3.1999 n. 792, cit.;

C 17.2.1998 n. 1687, cit.; C 19.8.1996 n. 7636, RIMP 1996, II, 85; T Vicenza, 4.1.2007, RIMP 2007, II, 19]; neppure si configura la suddetta responsabilità, allorquando la lesione del bene dell'integrità fisica o della personalità morale non derivi dalla violazione dell'obbligo di sicurezza, bensì dalla violazione di doveri di contenuto diverso, che nulla hanno a che vedere con i beni dal primo tutelati [C 7.3.2007 n. 5221, NGil 2007, 307, che esclude la responsabilità del datore di lavoro, ai sensi dell'art. 2087 c.c., in un caso in cui la lavoratrice lamentava di aver subito un danno alla propria dignità e

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personalità morale a causa del comportamento omissivo da questi tenuto, consistente nel non aver risposto alla sua domanda di trasformazione del rapporto da tempo pieno a tempo parziale], ovvero da cause estranee al rapporto di lavoro [C 16.5.2011, n. 10734, NGL 2011, 525, che ha escluso la responsabilità del datore di lavoro ex art. 2087 c.c. in un caso di allontanamento volontario del lavoratore dal posto di lavoro, per fini personali (in particolare, per parlare con un collega) e per un periodo limitato, durante il quale si era verificato l’infortunio], oltre che per fatti attinenti alla sfera strettamente personale [C 13.7.2010, n. 16418].

II. Evoluzione normativa dell'obbligo di sicurezza. I decreti prevenzionistici degli anni '50

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La disposizione codicistica è stata integrata dal sistema normativo risalente agli '50, rappresentato dai d.P.R. 27.4.1955 n. 547, 19.3.1956 nn. 302 e 303 e 20.3.1956 nn. 320, 322 e 323. Di natura prevalentemente tecnica e specifica, tale corpus di norme è stato posto in rapporto di complementarietà rispetto all'art. 2087 il quale ne rappresenta il principale criterio interpretativo ed applicativo [MONTUSCHI (90), 80 ss.; BALANDI (5), 82]. Ritenuta inadeguata rispetto ai tempi, la normativa regolamentare conserva comunque un certo rilievo per merito di alcune disposizioni di carattere più generale contenute nel d.P.R. n. 547/1955 [SMURAGLIA (140), 418], il quale estende la propria sfera applicativa ai lavoratori impiegati, con o senza retribuzione, anche nell'ambito di attività non industriali (artt. 2 e 3) e ricomprende tra i soggetti responsabili i dirigenti, i preposti e i lavoratori (artt. 4 e 6). Le rimanenti disposizioni tecniche, aventi natura tassativa e inderogabile [NATULLO (98), 66], sono state invece accusate di eccessiva indeterminatezza e di scarsa precisione [MONTUSCHI (90), 80 ss.].

III. (Segue) Il d.lg. 19.9.1994 n. 626

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Con il d.lg. 19.9.1994 n. 626, ampiamente modificato dal d.lg. 19.3.1996 n. 242, è stata recepita nel nostro ordinamento la direttiva quadro 12.6.1989 n. 391, nonché le altre direttive a questa collegate (nn. 89/654-655-656, 90/269-270-394-679).

Le maggiori novità contenute nel decreto consistono nell'introduzione di un modello di gestione partecipata della sicurezza fondata sull'effettività e sul consenso di tutte le parti interessate [MONTUSCHI (93), 48; ROMEI (134), 69]. Si esclude pacificamente che l'entrata in vigore di tale sistema normativo abbia determinato l'abrogazione dell'art. 2087 [GALANTINO (63), 22; ROMEI (134), 62]. Sembra piuttosto che le misure introdotte dal decreto abbiano realizzato un certo equilibrio tra il principio della massima sicurezza tecnologicamente fattibile ed il rispetto della funzionalità dell'organizzazione produttiva [così ROMEI (134), 66].

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I principi ispiratori del provvedimento sono agevolmente ricavabili dal titolo I ed., in particolare, dal capo I (artt. 1-7), contenente le "Disposizioni generali". Ai sensi dell'art. 1 le disposizioni del decreto devono ritenersi applicabili in tutti i settori di attività privati o pubblici, ivi comprese le Forze Armate, le strutture giudiziarie e penitenziarie in relazione alle particolarità del servizio espletato, i lavoratori a domicilio e i servizi di portierato "nei casi previsti". Dal punto di vista soggettivo, il decreto si applica ad ogni lavoratore che presta la propria opera alle dipendenze di un datore di lavoro con rapporto di lavoro anche speciale, esclusi gli addetti ai servizi domestici (art. 2, lett. a) [cfr. ROMEI (134), 74 ss.; BASENGHI

(8), 82]. Ai lavoratori sono espressamente equiparati i soci lavoratori di cooperative o di società, gli utenti dei servizi di formazione e gli allievi degli istituti di istruzione (art. 2, lett. a). Il datore di lavoro privato è invece definito come colui che ha la responsabilità dell'impresa e dell'unità produttiva in quanto titolare dei poteri decisionali e di spesa (art. 2, lett. b) [cfr. ROMEI (134), 76 ss.], mentre nelle pubbliche amministrazioni tale figura deve essere appositamente individuata in colui che esercita i poteri di gestione (art. 2, lett. b) (art. 30, c. 1, d.lg. 19.3.1996 n. 242) [cfr., in senso critico, MONTUSCHI

(93), 39; ZOPPOLI (159), 94 s.].

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I successivi capi (II-VII) del titolo I provvedono alla definizione delle funzioni attribuite agli altri soggetti coinvolti nel sistema di gestione della sicurezza: il servizio di prevenzione e protezione dai rischi, costituito dall'insieme delle persone, sistemi e mezzi esterni o interni all'azienda finalizzati all'attività di prevenzione e protezione dai rischi professionali (artt. 2, lett. c), 8, 9), [BORTONE (16), 135 ss.]. Anteriormente alla l. 23.6.2003, n. 195, si riteneva che il responsabile del servizio di prevenzione e protezione, in mancanza di apposita delega, o della qualifica di preposto, dirigente o capo cantiere, non potesse essere chiamato a rispondere nel caso di inosservanza delle norme di sicurezza da parte dei lavoratori [C 10.7.2009, n. 37861; T Teramo 24.6.2009]. A seguito della predetta modifica, che ha previsto nuovi requisiti per l’assunzione dell’incarico di responsabile del servizio di prevenzione e protezione dei rischi (artt. 2 e 3 l.

195/2003), la giurisprudenza ha sostenuto che anche tale figura potesse divenire responsabile, insieme al datore di lavoro, per l’omessa segnalazione di un pericolo [C 20.4.2011, n. 28779, GD 2011, 38, 95; 15.7.2010, n. 32195; C 18.3.2010, n.

16134, GD 2010, 23, 82; C 21.5.2009, n. 23929], ovvero nel caso di erroneo suggerimento circa una procedura di sicurezza da seguire [C 21.10.2010, n. 2414]; il medico competente, al quale è affidata la sorveglianza sanitaria in azienda, l'analisi medica delle situazioni di rischio e le visite mediche (artt. 2, lett. d), 16, 17) [cfr. BORTONE (17), 149 ss.]; il rappresentante dei lavoratori per la sicurezza, il quale ha diritto di informazione e consultazione sulle questioni relative alla sicurezza (artt. 2, lett. f), 18, 19).

13

(4)

Le rimanenti disposizioni del d.lg. 19.9.1994 n. 626 (artt. 30-88) provvedono a determinare le prescrizioni minime di sicurezza relativamente ai luoghi di lavoro, all'uso di attrezzature di lavoro, di dispositivi di protezione individuale, di attrezzature munite di videoterminali, alla protezione da agenti cancerogeni e da agenti biologici (cfr. le modifiche introdotte dall'art. 21, l. 29.12.2000 n. 422 e dal d.lg. 25.2.2000 n. 66).

14

L'intervento del legislatore e l'introduzione di un modello di sicurezza globale non modificano la posizione del datore di lavoro, il quale resta il principale destinatario degli obblighi prevenzionistici ed il responsabile primario della loro inosservanza [FERRARO (53), 109; BASENGHI (8), 33]. In aggiunta al dovere generale di sicurezza sancito dall'art. 2087, il datore di lavoro diviene l'esclusivo responsabile di una serie di adempimenti che non possono formare oggetto di delega (cfr. art. 1, c. 4 ter d.lg. n. 626/1994; cfr. infra, VII, 4): la valutazione dei rischi per la sicurezza e per la salute dei lavoratori (art. 4, c. 1); l'elaborazione della relazione sulla valutazione dei rischi (art. 4, c. 2, lett. a); l'individuazione delle misure di prevenzione e protezione (art. 4, c. 2, lett. b); la programmazione delle misure per il miglioramento della sicurezza (art. 4, c. 2, lett. c); la nomina del responsabile del servizio di prevenzione e protezione (art. 4, c. 4, lett. a);

l'autocertificazione dell'avvenuta valutazione dei rischi nelle imprese familiari e fino a dieci dipendenti (art. 4, c. 11) [cfr.

FERRARO (53), 120 ss.; MONTUSCHI (92), 97]. Per la valutazione dei rischi e l'elaborazione del relativo documento, è previsto che il datore di lavoro si avvalga della collaborazione del responsabile del servizio e del medico competente, previa consultazione del rappresentante per la sicurezza (art. 4, c. 6).

IV. (Segue) Gli altri decreti di recepimento delle direttive comunitarie

15

Altri provvedimenti legislativi hanno provveduto all'attuazione delle direttive comunitarie relative alla sicurezza sui luoghi di lavoro [cfr., in generale, FRANCO (60), 209 ss.]: in particolare, il d.lg. 15.8.1991 n. 277 ha recepito le dir. CEE n.

80/1107, 82/605, 83/477, 86/188 e 88/642, in materia di protezione contro i rischi da esposizione ad agenti chimici, fisici e biologici. Il decreto inaugura un modello dinamico di sicurezza, provvedendo alla fissazione di determinate soglie di tolleranza e alla contestuale imposizione di obblighi di vigilanza, di informazione e controllo medico. I limiti di tolleranza non escludono comunque l'obbligo di provvedere al costante miglioramento delle misure di sicurezza ai sensi dell'art. 2087 [C 9.3.1992 n. 2835, RIMP 1992, II, 98; C 22.3.1989 n. 1428, OGL 1989, 550]. Secondo la Consulta, per "misure concretamente attuabili" debbono intendersi quelle che, nei diversi settori e nelle differenti lavorazioni, corrispondono ad applicazioni tecnologiche generalmente praticate e ad accorgimenti organizzativi e procedurali altrettanto generalmente acquisiti [C Cost. 25.7.1996 n. 312, RIDL 1997, II, 15, nt. MARINO]. Di particolare rilievo sono le disposizioni in materia di demolizione e rimozione dell'amianto (artt. 22-36), le quali sono state successivamente integrate dalla previsione di particolari benefici contributivi a favore dei lavoratori esposti (art. 13, c. 8, l. 27.3.1992 n. 257) [cfr. SPAGNUOLO

VIGORITA (146); BOSCATI (18), 513 ss.; sulla tutela penale per i casi di esposizione dei lavoratori all’amianto: ASCIONE

(3), 900 ss.; CHINDEMI (36), 200]. È stato inoltre affermato che gli obblighi di predisposizione delle apposite misure (art.

27) e di presentazione all'organo di vigilanza del piano di lavoro prescindono dal superamento delle soglie di concentrazione (art. 34) [C 24.1.1995, DPL 1995, 579; C 7.6.1994, DPL 1994, 2276]. Analogo principio è stato affermato con riguardo all'obbligo di ridurre al minimo i rischi di esposizione al rumore [C 3.6.1994, DPL 1994, 2108].

Particolarmente innovative sono infine le disposizioni che obbligano all'allontanamento dei lavoratori sino al rientro nei limiti di tolleranza (artt. 16, 31, 45).

16

Il d.lg. 2.2.2002 n. 25 ha dato attuazione alla dir. CEE n. 98/24 in materia di protezione dei lavoratori contro i rischi di esposizione ad agenti chimici, fisici e biologici durante il lavoro, introducendo il divieto di utilizzo di una serie di sostanze entro determinati limiti di concentrazione, e prevedendo altresì l'obbligo di predisporre un piano di lavoro e di richiedere l'autorizzazione al Ministero competente in caso di lavorazioni determinanti il superamento dei limiti di concentrazione.

17

Deve inoltre essere menzionato il d.P.R. 24.7.1996 n. 459, attuativo delle dir. CEE nn. 89/392, 91/368, 93/44 e 93/68 concernenti il riavvicinamento delle legislazioni degli Stati membri relative alle macchine, il quale prevede determinati requisiti di conformità, procedure di certificazione di sicurezza e il ritiro dal mercato in caso di pericolo, e il d.lg.

14.8.1996 n. 493, il quale ha dato attuazione alla dir. CEE n. 92/58 concernente le prescrizioni minime per la segnaletica di sicurezza e/o di salute sul luogo di lavoro.

18

Da ultimo si registrano il d.lg 17.8.1999 n. 334, attuativo della dir. CEE n. 96/82 relativa al controllo dei pericoli di incidenti rilevanti connessi con determinate sostanze pericolose, il d.lg. 25.2.2000 n. 66, il quale ha modificato alcune disposizioni del d.lg. n. 626/1994, provvedendo all'attuazione delle dir. CEE 97/42 e n. 99/38, in materia di protezione dei lavoratori contro i rischi derivanti da esposizione ad agenti cancerogeni o mutageni durante il lavoro [cfr. PIEMONTESE

(79), 229 ss.], e il d.lg. 26.5.2000 n. 241, il quale ha dato attuazione alla dir. Euratom 96/29 in materia di protezione sanitaria contro i rischi derivanti dalle radiazioni ionizzanti.

(5)

V. (Segue) Il nuovo Testo Unico sulla tutela della salute e della sicurezza nel lavoro (d.lg. 9.4.2008 n. 81)

19

In attuazione dell'art. 1, l. 3.8.2007 n. 123, in materia di tutela della salute e della sicurezza nei luoghi di lavoro, è stato emanato il d.lg. 9.4.2008 n. 81 [Testo unico sulla salute e sulla sicurezza nel lavoro, alle cui disposizioni sono state apportate significative modifiche di carattere integrativo e correttivo dal successivo d.lg. 3.8.2009, n. 106; in tema v.

ZOPPOLI-PASCUCCI-NATULLO (160); SMURAGLIA-BONARDI-MASERA (142), 371; PASCUCCI (108), 177 ss.; GALANTINO

(64), 2578 ss.], nel quale viene riorganizzata e razionalizzata la normativa antinfortunistica che, specie negli ultimi anni, appariva fortemente frammentata. Rinviando ai paragrafi successivi per alcune più specifiche indicazioni, i principali aspetti di novità del Testo unico possono essere sinteticamente enunciati come segue.

20

Gli artt. 2 e 3 del decreto estendono l'ambito di applicazione soggettiva delle norme in materia di sicurezza sul lavoro a tutti i lavoratori, ivi compresi i lavoratori autonomi, che svolgano la propria attività all'interno di un'altrui organizzazione, privata o pubblica.

21

Di particolare rilevanza è l'attenzione dedicata dal decreto alle piccole, medie e micro imprese, nelle quali l'incidenza degli infortuni sul lavoro risulta superiore rispetto alle grandi imprese [cfr. BUBOLA-TIRABOSCHI (20), 169]. Tale particolare attenzione si concreta nella messa a disposizione di fondi e di finanziamenti a vario titolo anche per progetti formativi e progetti volti a "sperimentare soluzioni innovative e strumenti di natura organizzativa e gestionale ispirati ai principi di responsabilità sociale delle imprese" (art. 11, c. 1 e 5, d.lg. n. 81/2008) [cfr. BUBOLA-TIRABOSCHI (20), 171].

Sono inoltre previste a favore dei datori di lavoro che occupino fino a 10 lavoratori procedure semplificate per quanto attiene alla valutazione dei rischi (art. 29, c. 5, d.lg. n. 81/2008).

22

Viene confermata e ulteriormente rafforzata l'adozione di un modello di gestione partecipata della sicurezza (v. retro, III, 10). In questo senso, vengono valorizzati i modelli di organizzazione e di gestione per la definizione e la concreta attuazione della politica aziendale sulla salute e sulla sicurezza, attuando un significativo coordinamento con quanto previsto dal d.lg. 8.6.2001 n. 231 (art. 2, c. 1, lett. dd), d.lg. n. 81/2008); vengono rafforzati il raccordo e la cooperazione fra le parti sociali; viene valorizzato il ruolo attivo degli organismi paritetici, delle rappresentanze in azienda, dei singoli lavoratori, degli strumenti della formazione e dell'informazione; un ruolo importante ed incisivo in materia viene inoltre affidato alla Pubblica Amministrazione [per un primo commento, si rinvia ai diversi contributi contenuti in TIRABOSCHI

(151), nonché PASCUCCI (106)].

23

Viene modificato l'apparato sanzionatorio, che consta in larga misura di illeciti penali di natura contravvenzionale e di un numero minore di illeciti amministrativi (v. infra, X).

VI. Nozione di datore di lavoro e gli altri destinatari dell'obbligo di sicurezza

24

È stata da tempo confutata la tesi secondo cui l'art. 2087 c.c. si applicherebbe ai soli imprenditori, dovendosi necessariamente ricomprendere entro il suo ambito applicativo tutti i soggetti che si avvalgono di prestatori di lavoro dipendenti [SPAGNUOLO VIGORITA (145), 440; MONTUSCHI (90), 52; NATULLO (98), 6], ivi comprese le Pubbliche Amministrazioni, titolari dell'obbligo di sicurezza come qualsiasi privato datore di lavoro [cfr. C s.u. 7.2.2006 n. 2507; C s.u. 12.3.2001 n. 99, DR 2001, 580; C 30.8.2000 n. 11427, OGL 2001, 96; C 5.2.2000 n. 1307, RIDL 2001, II, 48 e RCP 2001, 112; C Stato, sez. VI, 4.9.1997 n. 1278, FA 1997, 2323; TAR Lombardia 31.10.1998 n. 2457, TAR 1998, I, 4397]. Si è dibattuto in dottrina circa la possibilità di estendere l'applicabilità dell'art. 2087 c.c. oltre la fattispecie del lavoro subordinato, coinvolgendo le aree di lavoro autonomo e finanche di "non lavoro" [cfr. LASSANDARI (75), 65; d'avviso contrario la giurisprudenza, C 16.7.2001 n. 9614; C 26.1.1995 n. 933, GI 1995, I, 1, 2075]. La possibilità di tale allargamento trova oggi espressa conferma nel nuovo Testo Unico sulla sicurezza sul lavoro. Infatti, l'art. 3, c. 4, d.lg.

9.4.2008 n. 81, prevede che l'ambito soggettivo di applicazione del decreto si estende a tutti i lavoratori e le lavoratrici, subordinati o autonomi [T Palermo 9.11.2009]. Inoltre, l'art. 2, lett. a), definisce come "lavoratore", la "persona che, indipendentemente dalla tipologia contrattuale, svolge un'attività lavorativa nell'ambito dell'organizzazione di un datore di lavoro pubblico o privato, con o senza retribuzione" [compresi, quindi, i lavoratori “sconosciuti alla P.A.”, ossia coloro che ivi svolgano attività lavorativa in mancanza di alcuna formalizzazione del rapporto: TAR Bari 7.12.2011, TAR 2011, 12, 4073]. Peraltro, con riferimento al pubblico impiego, il d.lg. n. 106/2009, ha introdotto all'art. 3 del d.lg. n. 81/2008 un nuovo comma 3-bis, in base al quale, nei riguardi di alcune categorie di lavoratori (i volontari che operano all'interno di organizzazioni e coloro che prestano gratuitamente e spontaneamente la propria attività a favore di soggetti già qualificati come datori di lavoro), le disposizioni del d.lg. n. 81/2008 devono essere applicate “tenendo conto delle particolari modalità di svolgimento delle rispettive attività” [PASCUCCI (107), 553; SIMONELLI (137), 20 ss.].

25

(6)

Con riguardo alla nozione di datore di lavoro occorre fare riferimento all'art. 2, lett. b), d.lg. n. 81/2008, che ricalca, per molti aspetti, la precedente formulazione adottata dall'art. 2, lett. b), d.lg. n. 626/1994. Sia il datore di lavoro privato, sia il datore di lavoro pubblico, vengono individuati secondo il criterio dell'effettività della tutela. In queste senso, il criterio formale della qualifica di datore di lavoro, si combina necessariamente con il criterio sostanziale dell'esercizio effettivo dei poteri di gestione del rapporto [cfr. DE FALCO (43), 45 ss.; C 23.4.2009, n. 36857, GD 2009, 43, 59; C 27.3.2009, n.

18998; C s.u. 14.10.1992 n. 9874, MGL 1992, 95]. Così, ai sensi del citato art. 2, lett. b), si considera "datore di lavoro", "il soggetto titolare del rapporto di lavoro con il lavoratore o, comunque, il soggetto che, secondo il tipo e l'assetto dell'organizzazione nel cui ambito il lavoratore presta la propria attività, ha la responsabilità dell'organizzazione stessa o dell'unità produttiva in quanto esercita i poteri decisionali e di spesa". Il datore di lavoro pubblico viene invece individuato nell'organo preposto alla gestione dei rapporti di lavoro dotato di qualifica dirigenziale (in conformità a quanto previsto, dagli artt. 5, cc. 2 e 4, c. 2, d.lg. n. 165/2001); nonché nel funzionario che, ancorché privo della qualifica dirigenziale, risulti preposto ad un ufficio dotato di autonomia gestionale [cfr. DE FALCO (43), 45 ss.; SOPRANI (143), SCIORTINO (136), 359 ss.]. Così, la giurisprudenza individua nel direttore scolastico il datore di lavoro, ai sensi dell'art. 1, c. 2, d.lg. n. 626/1994, rispetto agli insegnanti e al personale della scuola [C 10.7.2007, sez. III]. Nella vigenza del precedente art. 2, lett. b), d.lg. n. 626/1994, restavano così esclusi gli organi di vertice delle Pubbliche Amministrazione, in conformità al principio della separazione fra attività di direzione politica e attività di gestione, investiti del solo compito di procedere all'individuazione del soggetto deputato ad assumere la qualità di datore di lavoro. Il nuovo art. 2, lett. b), d.lg. n. 81/2008, integra il contenuto di tale norma, laddove prevede che, nel caso di omessa individuazione, il datore di lavoro coincide con lo stesso organo di vertice (v. anche infra, VII).

26

Il d.lg. n. 81/2008, conferma lo schema di ripartizione degli obblighi prevenzionistici secondo la suddivisione dei ruoli aziendali, individuando, quali soggetti responsabili, accanto al datore di lavoro, i dirigenti (art. 2, lett. d), nell'ambito delle rispettive attribuzioni e competenze [cfr. C 7.4.2011, n. 22334, GD 2011, 33, 73, che ha riconosciuto, in un caso di incendio all’interno di un Hotel, la responsabilità del Dirigente, nella specie il Direttore dell’albergo, per non aver predisposto adeguate misure per l’attuazione del piano antincendio]. Il citato art. 2, lett. d), precisa che il dirigente è colui che attua le direttive del datore di lavoro organizzando l'attività lavorativa e vigilando su di essa, mediante l'esercizio di poteri gerarchici e funzionali, adeguati alla natura dell'incarico. A ciò si ricollega il diritto del dirigente a ricevere un'istruzione e una formazione adeguata (art. 15, lett. o). Gli obblighi che incombono sul dirigente sono elencati nel successivo art. 18 [v. GENTILE (66), 211].

27

Dall'elaborazione dottrinale e giurisprudenziale e dall'art. 4 d.P.R. n. 547/1955 discende invece la figura del preposto che è colui il quale esercita funzioni di controllo, sorveglianza e supervisione dei lavoratori, attraverso una relazione immediata e diretta con gli stessi [MARINO (84), 143; FERRARO (53), 119]. La giurisprudenza è solita richiedere, ai fini dell'assunzione della qualifica di preposto, la presenza di un formale atto di nomina, l'effettivo esercizio di determinati poteri e la sussistenza della necessaria qualificazione tecnica [cfr. C 15.12.2008, n. 29323, MCG 2008, 12, 1779; C 27.1.1999 n.

1142, MGL 1999, 700; C 23.2.1995 n. 2035; C 27.2.1988 n. 2094, RIMP 1988, II, 187]. La nozione di preposto è oggi contenuta nell'art. 2, lett. e), d.lg. n. 81/2008, che lo definisce come la "persona che, in ragione delle competenze professionali e nei limiti di poteri gerarchici e funzionali adeguati alla natura dell'incarico conferitogli, sovrintende alla attività lavorativa e garantisce l'attuazione delle direttive ricevute, controllandone la corretta esecuzione da parte dei lavoratori ed esercitando un funzionale potere di iniziativa". L'art. 19 d.lg. n. 81/2008 rende il preposto destinatario di una molteplicità di obblighi, che si ricollegano al dovere principale che su di lui incombe di vigilare sull'osservanza da parte dei lavoratori degli obblighi di legge, delle disposizioni aziendali in materia di sicurezza sul lavoro, dell'uso dei mezzi di protezione collettivi ed individuale messi a loro disposizione [C 15.11.2011, n. 43628, GD 2012, 13, 75; C 21.12.2010, n.

2816, in GD 2011, 18, 75; circa gli obblighi di vigilanza sull’operato del preposto da parte del datore di lavoro e del dirigente: C 14.12.2011, n. 5013, GD 2011, 42, 36; sulla responsabilità del datore di lavoro nel caso di inidoneità del preposto v. C 12.11.2010, n. 116, in GD 2011, 14, 72]. Nell'impianto del nuovo Testo Unico, il preposto svolge, dunque, un ruolo di primo piano nella protezione della sicurezza dei lavoratori. A tale ruolo centrale si ricollega il diritto del proposto a ricevere un'informazione e una formazione adeguata a svolgere efficacemente il proprio compito, analogamente a quanto previsto con riguardo al dirigente (artt. 2, lett. e), e 15, lett. o), d.lg. n. 81/2008) [per un primo commento, v.

GENTILE (66), 214]. Oltre alla figura del preposto, anche il medico competente ha il dovere, ai sensi dell'art. 25 lett. a) d.lg.

81 del 2008, di collaborare con il datore di lavoro alla valutazione dei rischi, ai fini della programmazione e della predisposizione delle misure per la tutela della salute e dell'integrità psicofisica del lavoratore, dovendo prendere in considerazione specificamente i particolari tipi di lavorazione e le modalità di organizzazione del lavoro [sulla responsabilità del medico competente ex art. 25 lett. a) e 58 lett. c) d.lg. n. 81 del 2008: T Pisa 27.4.2011, DPL 2012, 7, 454, nt. LA MENDOLA F., LA MENDOLA J.].

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Una delle principali novità del d.lg. n. 626/1994, confermata ulteriormente dal d.lg. n. 81/2008, consiste nell'attribuzione al lavoratore di un ruolo primario nella gestione dei sistemi di sicurezza attraverso il riconoscimento di una serie di doveri di autotutela e collaborazione, innovando in tal senso quanto già previsto dal d.lg. 15.8.1991 n. 277 e dai d.P.R. n. 547/1955 e n. 303/1956 [DEL PUNTA (45), 157 s.; BASENGHI (9), 82; FRANCO (62), 276; per alcuni rilievi critici v. FERRO (54), 1308].

Sul prestatore di lavoro incombe così l'obbligo di provvedere alla cura della propria sicurezza e di quella delle altre persone presenti sul luogo di lavoro (art. 5) [cfr. FRANCO (62), 271; C 28.4.2011, n. 23292, GD 2011, 31, 87]. Peraltro, dottrina e giurisprudenza avevano già fondato sul principio di correttezza, di cui all'art. 1175, l'obbligo del lavoratore di

(7)

collaborare al sistema della sicurezza [C 22.12.1987 n. 9535], affermandosi la legittimità del licenziamento intimato a causa dell'inosservanza delle misure di tutela [C 26.1.1994 n. 774, OGL 1994, 122] e la possibilità di rifiutare lo svolgimento di prestazioni nocive [C 4.4.1989 n. 1626, cit.; P Torino 18.12.1992, RGE 1994, 505; P Bergamo 8.1.1985, L80 1986, 157; P Milano 15.12.1981, T 1982, 158; SUPPIEJ (148), 445; MONTUSCHI (90), 76]. L'art. 5 d.lg. n. 626/1994 si premura tuttavia di specificare che l'adempimento di tali doveri e la conseguente responsabilità della loro violazione deve essere commisurata alla formazione, alle istruzioni e ai mezzi forniti dal datore di lavoro [DEL PUNTA (45), 169;

GALANTINO (63), 42; cfr., già in precedenza, SMURAGLIA (139), 56; C 29.11.2011, n. 11112; C 11.7.1983 n. 4678, RIMP 1984, II, 33]. L'art. 5, c. 2, individua infine una serie di doveri particolari, tra i quali l'obbligo di segnalare e rimuovere le situazioni di pericolo, di sottoporsi ai controlli sanitari e contribuire all'adempimento degli obblighi imposti dall'autorità [DEL PUNTA (45), 174 ss.]. Quest'impostazione trova ulteriore conferma nell'art. 20 d.lg. n. 81/2008, in materia di obblighi dei lavoratori. Tale norma ribadisce il generale dovere dei lavoratori di prendersi cura della salute e della sicurezza propria e degli altri lavoratori presenti sul luogo di lavoro, conformemente alla formazione, alle istruzioni e ai mezzi forniti dal datore di lavoro. Nel c. 2, vengono poi elencati alcuni obblighi specifici, fra i quali il dovere di collaborare con il datore di lavoro all'adempimento delle disposizioni prevenzionistiche, il dovere di segnalare e rimuovere situazioni di pericolo, l'obbligo di utilizzare correttamente le attrezzature, di sottoporsi ai controlli sanitari, e via dicendo [sulla determinazione del concorso di colpa del lavoratore in caso di violazione di obblighi cautelari specifici: C 6.12.2011, n.

4397].

29

Recependo le indicazioni fornite dalla giurisprudenza, l'art. 22 d.lg. n. 81/2008, estende la normativa antinfortunistica ai progettisti dei luoghi di lavoro e degli impianti. In conformità alla disciplina previgente (art. 7 d.P.R. n. 547/1955), il successivo art. 23, sancisce altresì la responsabilità per violazione delle norme in materia di sicurezza da parte di fabbricanti, venditori, noleggiatori, concedenti in uso, installatori e montatori di macchine attrezzature e impianti [C 10.3.2011, n. 16436; C 20.4.2010, n. 16941, RCDL 2010, 3, 793, nt. Leverone; sulla non invocabilità, da parte del costruttore del macchinario, della delega di funzioni, in quanto istituto che può valere solo con riferimento all'attuazione delle norme di prevenzione all'interno dell'azienda, e non in relazione ai prodotti commercializzati all'esterno: C 10.6.2010, n. 34774, GD 2010, 47, 82]. In tali ipotesi può ovviamente concorrere la responsabilità del datore di lavoro ove sia accertata la rilevabilità e conoscibilità delle violazioni [C 6.4.2011, n. 33285, GD 2011, 46, 92; C 25.11.2010, n. 1226, GD 2011, 11, 80; C 26.6.2009, n. 15050, GCM 2009, 6, 989; VALLEBONA (155), 218 s.]. Modificando l'originaria formulazione della norma nel senso già previsto dall'art. 1, l. n. 178/1983 d.lg. n. 242/1996 e, ora, l'art. 23, c. 2, d.lg. n. 81/2008, limita la responsabilità del locatore finanziario, prevedendo che il bene concesso in locazione sia accompagnato dalle certificazioni e dai documenti previsti dalla legge [cfr., in precedenza, C Cost. 16.7.1987 n. 271, FI 1987, I, 2943; sulla non applicabilità di tale disposizione nei confronti di coloro che concedono il bene, non in leasing, bensì in comodato: T Lecco 23.12.2009, FA 2009, 4, 462].

30

In caso di distacco, l'obbligo di sicurezza permane in capo al datore di lavoro distaccante, il quale dovrà ritenersi responsabile per aver deviato la prestazione di lavoro a favore di soggetto non fornito dei necessari requisiti tecnici e di sicurezza, e si estende altresì al destinatario della prestazione in quanto datore di lavoro effettivo e reale [P Brescia 12.5.1998, RCDL 1998, 969; P Milano 26.12.1996, LG 1997, 333]. Tale impostazione è stata ribaltata dall'art. 3, c. 6, d.lg.

n. 81/2008, ai sensi del quale tutti gli obblighi di prevenzione e protezione incombono sul distaccatario, fermo restando l'obbligo del distaccante di informare e formare il lavoratore sui rischi tipici generalmente connessi allo svolgimento delle mansioni per le quali egli viene distaccato [in tema v., però, C 11.1.2010, n. 215, FI 2011, 1, I, 199, che ha riconosciuto il diritto dell’Inail di esperire l’azione di regresso nei confronti dell'impresa distaccante, in un caso in cui l'infortunio indennizzato si sia verificato nell'ambito dell'organizzazione aziendale dell’impresa distaccataria, ma per fatto imputabile al lavoratore distaccato].

31

La disciplina in materia di somministrazione di lavoro, contenuta negli artt. 20 ss. del d.lg. n. 276 del 2003, presenta diversi profili garantistici in materia di sicurezza sul lavoro. Anzitutto, ai sensi dell'art. 5, lett. b), del decreto, fra i vari requisiti che le agenzia di somministrazione devono dimostrare di possedere ai fini dell'iscrizione dell'apposito albo, vi è l'assenza, in capo agli amministratori, ai direttori generali, ai dirigenti muniti di rappresentanza e ai soci accomandatari, di condanne penali, anche non definitive, ivi comprese le sanzioni sostitutive, di cui alla l. 24.11.1989 n. 689, "per delitti o contravvenzioni previste da leggi dirette alla prevenzione degli infortuni sul lavoro". In secondo luogo, ai sensi dell'art. 20, c. 5, lett. c), del decreto, il ricorso alla somministrazione di lavoro è vietato "da parte delle imprese che non abbiano effettuato la valutazione dei rischi, ai sensi dell'art. 4 d.lg. 19.9.1994 n. 626, e successive modifiche". L'art. 21, c. 1, lett.

d), impone che nel contratto di somministrazione debba essere indicata per iscritto la presenza di eventuali rischi per l'integrità fisica del lavoratore nonché le eventuali misure in tal senso adottate. Infine, l'art. 23, c. 5, ripartisce l'adempimento dell'obbligo di sicurezza fra somministratore ed utilizzatore secondo il criterio, fatto proprio già dal d.lg. n.

626/1994, dell'effettività della tutela. In questo senso, spetta all'agenzia di somministrazione, informare i lavoratori dei rischi, addestrarli e fornirli delle necessarie attrezzature per svolgere l'attività lavorativa presso l'utilizzatore in condizioni di sicurezza. È tuttavia possibile che le parti, nel contratto di somministrazione, prevedano che tale obbligo incomba sull'utilizzatore. L'utilizzatore è, in ogni caso, tenuto ad informare il lavoratore del fatto che la mansione cui egli viene adibito comporta una sorveglianza medica speciale o rischi specifici, nonché ad osservare nei suoi confronti tutti gli obblighi di tutela previsti nei confronti dei propri dipendenti. Quest'ultima impostazione è ribadita dall'art. 3, c. 5, d.lg. n.

81/2008, per il quale, fermo restando quanto previsto dall'art. 23, c. 5, d.lg. n. 276/2003, tutti gli obblighi in materia

(8)

antinfortunistica incombono sull'utilizzatore [in tema v. FERRUA (55), 2083 ss.]. L'utilizzatore è inoltre responsabile, in via esclusiva, dei danni cagionati a terzi dal lavoratore nello svolgimento della prestazione lavorativa (art. 26 d.lg. n.

276/2003; T Milano 7.5.2009).

32

Nel lavoro a progetto, l'art. 66, c. 4, d.lg. n. 276/2003, prevede l'applicabilità del d.lg. n. 626/1994 e successive modificazioni. Tale norma ha suscitato non pochi problemi applicativi (cfr. Circolare Ministeriale n. 1/2004) a fronte del tradizionale diniego dell'estensione della normativa in materia di sicurezza sul lavoro a fattispecie di lavoro autonomo. Lo scenario descritto è tuttavia mutato per effetto dell'entrata in vigore del d.lg. n. 81/2008, applicabile, come detto, anche ai lavoratori autonomi. L'art. 3, c. 7, del suddetto decreto, prevede espressamente che le disposizioni ivi contenute si applicano anche ai lavoratori a progetto che svolgano la propria prestazione di lavoro nei luoghi del committente. Il successivo c. 8, dell'art. 3 estende l'ambito di applicazione del decreto anche ai prestatori di lavoro occasionale o accessorio, di cui agli artt. 70 ss., d.lg. n. 276/2003, "con esclusione dei piccoli lavori domestici a carattere straordinario, compresi l'insegnamento privato supplementare e l'assistenza domiciliare ai bambini, agli anziani, agli ammalati e ai disabili".

33

Con riguardo all'appalto, v. infra, VIII.

34

Ai sensi dell'art. 1, c. 6, d.lg. 7.8.1997 n. 280, gli enti promotori delle borse di lavoro sono tenuti ad informare i giovani sulle norme in materia di tutela e sicurezza sui luoghi di lavoro. Nell'ordinamento non si rinvengono invece riferimenti espliciti in merito ai rapporti di collaborazione coordinata e continuativa [cfr. MONTUSCHI (94), 522 ss.].

VII. La delega di funzioni

35

In tema di sicurezza sul lavoro, l'istituto della delega di funzioni assume rilievo preminente in quanto espressione diretta dell'incontro tra le organizzazioni di particolare complessità ed il generale principio della personalità della responsabilità penale di cui all'art. 27 Cost. [FOCARETA (58), 119; BASENGHI (9), 72].

36

Particolarmente controversa in dottrina è l'efficacia liberatoria della delega, dovendosi distinguere, da un lato, l'orientamento che circoscrive l'operatività della stessa sul piano della valutazione dell' elemento psicologico del reato [PADOVANI (102), 71 ss.; FIORE (56), 197], e, dall'altro, l'indirizzo favorevole ad estenderne gli effetti anche all' elemento materiale con una completa liberazione del delegante [FIORELLA (57), 43; SMURAGLIA (139), 149].

37

Maggiore uniformità di interpretazione si riscontra invece nella giurisprudenza, la quale è solita condizionare l'efficacia anche oggettiva della delega alla sussistenza di una serie di requisiti formali e sostanziali: la complessità organizzativa dell'azienda [C 28.7.1993 n. 7463, DPL 1993, 2536; C 23.2.1993 n. 1760, DPL 1993, 949; contra, C 1.8.1995, DPL 1995, 2439; C 2.11.1987 n. 11245, la quale ammette la delega anche nelle imprese di piccole dimensioni; ovvero in presenza di qualsiasi ragionevole evenienza C 20.9.1994 n. 9994]; l'attribuzione al delegato dei mezzi economici e organizzativi necessari all'esercizio delle funzioni delegate [C 16.12.2009, n. 3360; C 23.2.1993 n. 1760, cit.]; l'effettiva autonomia decisionale del delegato [C 10.2.2009, n. 20395, GD 2009, 25, 81; C 2.2.2010, n. 11582; C 26.11.1996, cit.; C 23.2.1993 n. 1760, cit.]; l'idoneità professionale [C 5.5.2011, n. 36605, GD 2012, 2, 69; C 4.7.1997 n. 8195, CP 1998, 2463]; la forma scritta; la determinatezza dell'oggetto [C 5.2.2010, n. 7691, GD 2010, 14, 75; C 23.3.1987, RP 1988, 312]; la volontaria accettazione [C 27.4.1994 n. 4784]; la non eccezionalità del lavoro, intendendosi per eccezionale il lavoro eseguito per la prima volta e con caratteristiche di rischio elevato [C 3.4.1990 n. 4823; in dottrina, cfr. di recente SCIORTINO].

38

I criteri elaborati da questa giurisprudenza trovano oggi codificazione nell'art. 16 d.lg. n. 81/2008, ai sensi del quale la delega di funzioni produce effetto liberatorio solo allorquando sussistano i seguenti requisiti: "a) che essa risulti da atto scritto recante data certa; b) che il delegato possegga tutti i requisiti di professionalità ed esperienza richiesti dalla specifica natura delle funzioni delegate; c) che essa attribuisca al delegato tutti i poteri di organizzazione, gestione e controllo richiesti dalla specifica natura delle funzioni delegate; d) che essa attribuisca al delegato l'autonomia di spesa necessaria allo svolgimento delle funzioni delegate; e) che la delega sia accettata dal delegato per iscritto". Ad ogni modo, in forza del comma 2 dell’art. 16 d.lg. n. 81/2008 (inserito dall’art. 12, comma 2 d.lg. n. 106/2009, che ha previsto anche l’ipotesi di sub-delega), la delega, alla quale “deve essere data adeguata e tempestiva pubblicità”, non libera il delegante dall'obbligo di vigilare sull'attività del delegato, pur potendosi l'obbligo di vigilanza del datore di lavoro “intendere assolto” mediante l’adozione ed efficace attuazione del modello di verifica e controllo di cui all'art. 30, comma 4, dello stesso d.lg. n.

81/2008 [in tema v. DI MARCO (50), 2693 ss.]. Anche in tal caso, tuttavia, la dottrina e la giurisprudenza hanno ritenuto che la delega, così come l’eventuale attuazione del modello di verifica e controllo, non provochi l'effetto di escludere l’obbligo di sicurezza che incombe sul datore di lavoro, ma che ne muti piuttosto i contenuti [sul residuo dovere di

(9)

sorveglianza in capo al delegante v. PESCI (118), 2652; DEGL’INNOCENTI (41), 2479; DE SANTIS (49), 703 ss.; C 1.2.2012, n. 10702; C 13.7.2011, n. 34373; C 10.6.2010, n. 38991, GD 2011, 1, 90, nt. MELZI D’ERIL, VERGINE; sui limiti delle attività delegabili, tra le quali non rientrerebbero le scelte di carattere generale e strutturale sulla sicurezza: C 20.4.2011, n.

28779, GD 2011, 38, 93; C 28.1.2009, n. 13533; C 10.12.2008, n. 4123, RP 2009, 5, 565, DRI 2009, 2, 404, nt.

GIOVANNONE; sulla responsabilità del delegato che, pur ritenendosi non in grado di svolgere le funzioni delegate, abbia comunque accettato la delega conferitagli: C 21.10.2009, n. 44890; C 27.11.2008, n. 48295, CP 2009, 5, 2094, nt.

AMATO].

39

Maggiori perplessità desta l'operatività dell'istituto della delega di funzioni nelle Pubbliche Amministrazioni. Nella vigenza del d.lg. n. 626/1994, che, come ricordato, escludeva dalla nozione di datore di lavoro pubblico l'organo di vertice, la delega di funzioni veniva richiamata dalla giurisprudenza penalistica al fine di non esonerare del tutto dalla responsabilità penale l'organo di vertice, che ha il potere di creare, nei fatti, le condizioni della gestione autonoma ed effettiva da parte del soggetto responsabile [v., fra le tante, C pen. s.u. 14.10.1992 n. 9874, MGL 1992, 95; C pen.

24.11.2000, RCDL 2001, 240; C pen. 28.7.2000, CP 2002, 1145; C pen. 4.3.2002, CP 2003, 988; C pen. 27.6.2002, DPL 2002, 2954; C pen. 20.9.2007 n. 35137; in dottrina, cfr. DE FALCO (43), 45 ss.]. Il richiamo alla delega appariva, tuttavia, per molti aspetti discutibile. Infatti, la ripartizione delle competenze fra l'organo di vertice e l'organo di gestione opera ex lege e non in forza di un atto di delega. In altre parole, fra organo di vertice e organo di gestione non è individuabile una relazione gerarchica, in presenza della quale sarebbe consentito prospettare una delega; essi, per contro, sono titolari di sfere di competenza distinte e separate. L'esigenza di recuperare forme di responsabilità dell'organo di vertice, altrimenti incentivato a mantenere un comportamento inerte, sembra d'altra parte venuta meno, in seguito alla modifica della nozione di datore di lavoro pubblico introdotta dall'art. 2, lett. b), d.lg. n. 81/2008. Secondo tale nuova disposizione, infatti, il datore di lavoro pubblico può coincidere anche con l'organo di vertice, qualora il soggetto responsabile dell'obbligo di tutela della sicurezza sul lavoro non sia stato individuato, ovvero non sia stato munito dei poteri gestionali e di spesa, funzionali all'adempimento del suddetto obbligo [C 7.5.2009, n. 29543, GD 2009, 46, 62; T Napoli 7.4.2009, GD 2009, 22, 85, ove è stata ravvisata la responsabilità della vigilanza in materia di prevenzione e sicurezza dell’organo di vertice di un ente ospedaliero, dovendo costui sovraintendere a tutta l’organizzazione amministrativa e gestionale dell’ente cui è preposto]. In seguito a tale opportuna modificazione, non sembra più esservi spazio per l'operatività dell'istituto della delega fra organo di vertice e organo di gestione, titolari di competenze distinte e separate. Viceversa, l'istituto potrebbe conservare la propria operatività fra organo preposto alla gestione dei rapporti di lavoro e addetti al suo ufficio, fra i quali, alla luce del d.lg. n. 165/2001, sussiste una relazione di tipo gerarchico.

VIII. La sicurezza negli appalti

40

In perfetta aderenza alle posizioni giurisprudenziali [C 7.4.1988 n. 2737, RCP 1989, 327; cfr. FOCARETA (59), 139 ss.], l'art. 7 d.lg. n. 626/1994, come modificato dal d.lg. n. 242/1996, estende la responsabilità del datore di lavoro, in caso di affidamento di appalti "interni" [da intendersi in senso topografico, VALLEBONA (155)] ad imprese appaltatrici o lavoratori autonomi, imponendo di verificare l'idoneità tecnico-professionale degli appaltatori [C 23.3.1999 n. 2745, OGL 1999, I, 538], di fornire dettagliate informazioni sui rischi aziendali, di cooperare per l'attuazione delle misure di sicurezza e di coordinare gli interventi di protezione e prevenzione (art. 7 d.lg. n. 626/1994) [CARINCI F. (26), 542 ss.; MARANDO (82), 33 ss.].

41

Va poi ricordato un cospicuo filone giurisprudenziale che giunge a ritenere responsabile il committente o il subcommittente per i danni subiti dai lavoratori alle dipendenze, rispettivamente, dell'appaltatore o del subappaltatore, qualora il fatto lesivo sia stato commesso dall'appaltatore o dal subappaltatore in esecuzione di un ordine impartitogli dal direttore dei lavori o da altro rappresentante del committente, ovvero qualora l'appaltatore abbia adoperato strumentazioni del committente [C 22.3.2002 n. 4129, LG 2002, 751, nt. BERTOCCO; C 3582/2001, MGL 2002, 406, nt. MASINI; C 15.12.1998 n. 2800, RTDPE 1999, 828; C s.u. 25.11.1998 n. 5, MGL 1999, 709]. La responsabilità del committente o del subcommittente sussiste anche nel caso in cui il compimento dell'opera o del servizio siano stati affidati ad un appaltatore o ad un subappaltatore privi delle capacità e dei mezzi tecnici necessari ad evitare l'insorgere di situazioni di pericolo (c.d.

culpa in eligendo) [ C 19.4.2006 n. 9065].

42

In materia di appalti interviene anche l'art. 5, c. 4, d.lg. 15.8.1991 n. 277, il quale prescrive un obbligo di cooperazione tra datore di lavoro committente e appaltatore negli interventi di prevenzione nell'ambito dei lavori comportanti l'esposizione all'amianto.

43

Un importante tassello della disciplina è stato introdotto dal d.lg. 14.8.1996 n. 494, modificato dal d.lg. 19.11.1999 n. 528, il quale prescrive le misure minime di sicurezza da attuare nei cantieri temporanei o mobili. Nelle disposizioni del decreto, il perseguimento degli obiettivi di tutela e sicurezza dei lavoratori viene perseguito tramite il coinvolgimento di una serie di soggetti: il committente, il responsabile dei lavori, il coordinatore per la progettazione, il coordinatore per l'esecuzione, gli appaltatori e i lavoratori autonomi [cfr., in generale, CARINCI F. (26), 548 ss.; MARANDO (83), 1182 ss.].

(10)

44

Ulteriori e significative innovazioni sono state apportate dalla l. fin. per il 2007 (l. 27.12.2006 n. 296), art. 1, cc. 910-911.

Anzitutto la responsabilità del committente viene estesa a tutte le ipotesi di appalti destinati a svolgersi nell'ambito dell'"intero ciclo produttivo dell'azienda", sganciando, in questo modo, l'operatività dell'art. 7 d.lg. n. 626/1994, dal carattere necessariamente "interno" dell'appalto. In secondo luogo, la responsabilità del committente viene estesa a i danni che siano derivati al lavoratore, dipendente dall'appaltatore o anche dal subappaltatore, non indennizzati dall'assicurazione Inail (e dunque il danno morale, il danno esistenziale, il danno biologico differenziale). Infine, si allarga il regime di solidarietà per i crediti retributivi e contributivi, previsto dall'art. 29, c. 2, d.lg. n. 276/2003, che non si costituisce più solo fra il committente e l'appaltatore ma altresì fra il committente e gli altri eventuali subappaltatori. Occorre poi richiamare l'art. 35, l. n. 248/2006 (c.d. Legge Bersani) che rafforzava, in modo significativo, gli obblighi di vigilanza dell'appaltatore sull'operato dell'subappaltatore, stabilendo che la responsabilità solidale del primo viene meno solo qualora si verifichi, acquisendo la relativa documentazione e prima del pagamento del corrispettivo, che gli obblighi connessi con le prestazioni di lavoro concernenti l'opera, la fornitura o il servizio subappaltati sono stati correttamente adempiuti. Il Protocollo sul Welfare, 23.7.2007, proponeva l'estensione della medesima regola ai rapporti fra committente e appaltatore [per un approfondito commento alle disposizioni normative sopra richiamate, v. da ultimo ALVINO (2); IMBERTI (71)].

45

Questo frammentato mosaico legislativo è oggi ricomposto nel nuovo Testo Unico sulla Sicurezza sul lavoro, art. 26. Nel complesso, le innovazioni più significative apportate dal decreto concernono il rafforzamento e la predeterminazione delle modalità di effettuazione della verifica dell'idoneità tecnico professionale delle imprese appaltatrici e dei lavoratori autonomi, in relazione ai lavori da affidare in appalto o in contratto d'opera [art. 26, c. 1; C 18.1.2012, n. 3563, secondo cui l’art. 26, c. 1 d.lg. n. 81/2008 non imporrebbe al committente di effettuare un “controllo pressante, continuo e capillare”

sull’organizzazione e sull’andamento dei lavori, potendosi ravvisare la responsabilità di quest’ultimo solo all’esito di un esame fattuale sulla specificità dei lavori da eseguire, sui criteri utilizzati per la scelta dell’appaltatore o del prestatore d’opera, nonché sulla concreta percepibilità da parte del committente delle situazioni di pericolo; C 8.4.2010, n. 15081, GD 2010, 22, 83; in dottrina: CALLEGARI (22), 275 ss.; sulla responsabilità del committente per aver tollerato l’uso di macchinari non idonei da parte dell’appaltatore: C 25.3.2011, n. 32119, GD 2011, 45, 81; secondo C 6.11.2009, n. 43966, GD 2009, 48, 79, la lettura della disposizione in esame dimostrerebbe inoltre l’intendimento del legislatore di assicurare al massimo livello un ambiente sicuro, tanto che se ne potrebbe trarre l’obbligo del destinatario di farsi garante, non solo della salute dei propri dipendenti, ma anche di persone estranee all’ambito imprenditoriale che si trovino per qualsiasi legittima ragione all’interno del luogo di svolgimento dell’attività; C 1.7.2009, n. 37840], con l’ulteriore precisazione, introdotta nel testo dell’art. 26, c. 1 d.lg. n. 81/2008 dall’art. 16 del d.lg. n. 106/2009, che gli obblighi previsti dalla prima disposizione sussistono solo qualora l’appaltante abbia la “disponibilità giuridica dei luoghi ove si svolge l’appalto o la prestazione di lavoro autonomo” [per un commento v. DE MATTEIS (47), 308 ss.; SOPRANI (144), 2317]; l'estensione degli obblighi di cooperazione e di coordinamento delle misure di prevenzione dai rischi negli appalti interni ai subappaltatori (art. 26, c. 2; sulle modalità di coordinamento delle misure di prevenzione in caso di appalto: C 20.10.2011, n. 21694; e di subappalto: C 4.3.2010, n. 25529; C 30.9.2008, n. 41815; sulla non operatività di tale obbligo, valido solo in materia di appalti e subappalti, al caso di accordo di “nolo a caldo”, ovvero di messa a disposizione di un macchinario e, allo stesso tempo, di un addetto competente al suo utilizzo: C 5.3.2009, n. 23640, GD 2009, 29, 46); la conferma del regime di responsabilità solidale fra committente, appaltatore e eventuali subappaltatori per i crediti retributivi e contributivi, nonché per il risarcimento dei danni derivati al lavoratore non indennizzati dall'assicurazione Inail, con l'importante eccezione, tuttavia, dei danni conseguenti a rischi specifici propri dell'attività delle imprese appaltatrici e subappaltatrici (art. 26, c. 4) [cfr. IMBERTI (71), 27 ss.; LUDOVICO (78), 35 ss.; C 15.12.2011, n. 5420; C App. Firenze 5.10.2010; C 16.7.2009, n.

42477]; la previsione di strumenti rivolti alla valutazione dell'idoneità delle imprese appaltatrici e subappaltatrici, nonché dei lavoratori autonomi, sotto il particolare profilo che concerne il rispetto della normativa prevenzionistica, considerata parametro vincolante per l'accesso ad eventuali agevolazioni (art. 27). Di particolare rilevanza, infine, è la disposizione contenuta nell'art. 26, c. 5, che prevede la nullità del contratto di appalto, di subappalto e di somministrazione di lavoro, ai sensi dell'art. 1418 c.c., qualora non siano stati indicati i costi relativi alla sicurezza del lavoro, con particolare riferimento a quelli connessi allo specifico appalto [per un primo commento a tali disposizioni, v. BACCHINI (4), 188].

46

In materia di appalti pubblici, gli obblighi in materia di sicurezza sono stati recepiti con l'art. 18, c. 8, l. 19.3.1990 n. 55, con la l. 11.2.1994 n. 109 e con la l. 7.11.2000 n. 327, la quale impone agli enti aggiudicatori di procedere alla valutazione e alla verifica della congruità dei costi relativi alla sicurezza indicati nelle offerte [cfr. SMURAGLIA (141), 485; CARINCI F.

(26), 568]. Va, inoltre, menzionato l'art. 86, c. 3 bis, del codice dei contratti pubblici relativi a lavori, servizi e forniture, di cui al d.lg. 12.4.2006 n. 163, modificato dall'art. 8, l. 3.8.2007 n. 123, ai sensi del quale "nella predisposizione delle gare di appalto e nella valutazione dell'anomalia delle offerte nelle procedure di affidamento di appalti di lavori pubblici, gli enti aggiudicatori sono tenuti a valutare che il valore economico sia adeguato e sufficiente rispetto al costo del lavoro e al costo relativo alla sicurezza, il quale deve essere specificamente indicato e risultare congruo rispetto all'entità e alle caratteristiche dei lavori, dei servizi e delle forniture" [sull’ammissibilità di una verifica anche nella fase precedente alla valutazione delle offerte: C Stato 18.4.2011, FA 2011, 4, 1161]; l'art. 26, c. 7, d.lg. n. 81/2008, che estende l'ambito di applicazione delle disposizioni del decreto agli appalti pubblici.

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