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CONSIDERAZIONI SU UNA LETTURA “ATTUALIZZATA” DELL’ARTICOLO 108 DEL R.D.L. 3267/1923

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L’Italia Forestale e Montana / Italian Journal of Forest and Mountain Environments           73 (3): 129‐139, 2018 

© 2018 Accademia Italiana di Scienze Forestali             doi: 10.4129/ifm.2018.3.02 

GIANPIERO ANDREATTA (*)

CONSIDERAZIONI SU UNA LETTURA “ATTUALIZZATA”

DELL’ARTICOLO 108 DEL R.D.L. 3267/1923

(*) Colonnello t.SFP - Comandante del Gruppo Carabinieri Forestale di Forlì-Cesena.

gianpiero.andreatta@carabinieri.it

Il Regio Decreto Legge 30 dicembre 1923, n. 3267 costituisce un fondamentale provvedimento normativo per la tutela idrogeologica dei terreni e per la gestione dei popolamenti forestali. A quasi cento anni dalla sua promulgazione, appaiono notevolmente mutati i contesti socio-economici nonché le modalità di gestione del territorio e dei soprassuoli boscati. In tale ambito viene proposta una lettura “attualizzata” dell’arti- colo 108 del R.D.L. 3267/1923, che fa riferimento alla “azienda speciale per il demanio forestale dello Stato” alla quale venne allora affidato il compito – da perseguire mediante l’ampliamento della proprietà – di formare riserve di materiale legnoso per i bisogni del Paese e di costituire, quale modello di gestione, norma ed esempio per i Selvicoltori. Gli obiettivi di allora, in un’ottica riconsiderata ai giorni nostri, possono rivestire notevole significato e importanza: promuovere un incremento della superficie demaniale (statale, regionale, provinciale) sia per contrastare polverizzazione e frammentazione della proprietà fore- stale, collegate spesso all’abbandono dei soprassuoli boschivi sia per preservare ampie aree boscate da possibili sfruttamenti eccessivi; considerare i boschi demaniali quali riserve di biodiversità e biocomplessità, serbatoi per l’immagazzinamento del carbonio e fonti di ricchezza di beni e servizi ambientali fruibili dalla collettività; impostare e realizzare una gestione esemplare delle formazioni forestali demaniali con- siderandole quali sistemi biologici complessi.

Parole chiave: R.D.L. 3267/1923; articolo 108; demanio forestale; funzioni attuali.

Key words: R.D.L. 3267/1923; Article 108; publicly owned forests; current functions.

Citazione: Andreatta G., 2018 - Considerazioni su una lettura “attualizzata” dell’articolo 108 del R.D.L. 3267/1923. L’Italia Forestale e Montana, 73 (3): 129-139. https://dx.doi.org/10.4129/

ifm.2018.3.02

Discipulus est prioris posterior dies [Il giorno seguente è discepolo del precedente]

(Publilio Siro - Sententiae, 123)

1. I NTRODUZIONE

Il Regio Decreto Legge 30 dicembre 1923, n. 3267 - Riordinamento e riforma

della legislazione in materia di boschi e terreni montani, noto anche come “legge fore-

stale” o “legge sul vincolo idrogeologico”, costituisce uno strumento di gestione

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del territorio, in particolar modo montano e collinare, che trova applicazione in ampie zone del nostro Paese. Il R.D.L. 3267/1923 rappresenta l’evoluzione con- cettuale e normativa della legge 20 giugno 1877, n. 3917 - Norme relative alle foreste.

Quest’ultima, nota anche come “legge Majorana Calatabiano” dal nome del Mi- nistro dell’Agricoltura, Industria e Commercio che ne fu promotore, costituisce il primo provvedimento dell’Italia unita in materia di tutela del territorio e di contrasto al dissesto idrogeologico e andò ad apporre il vincolo di tutela forestale su tutti i terreni posti al di sopra del limite altitudinale di crescita del castagno.

Dopo relativamente pochi anni - probabilmente, come segnalano le cronache del tempo, anche in conseguenza di notevoli disboscamenti eseguiti nelle aree poste al di sotto del limite altitudinale di crescita del castagno - il Legislatore pose nuovamente mano alla materia con la conseguente promulgazione del R.D.L.

3267/1923. Il provvedimento andò a modificare il criterio di imposizione del vincolo, il quale non venne più apposto in maniera uniforme sul territorio (ov- vero al di sopra di quella determinata quota, com’era avvenuto in precedenza), bensì venne previsto in maniera puntiforme sui terreni boscati e non - indipen- dentemente dall’altitudine - che potevano presentare un potenziale rischio idro- geologico dovuto alla perdita della stabilità o per l’alterazione del deflusso idrico superficiale. In quest’ottica, alla gestione selvicolturale dei popolamenti forestali venne riconosciuta particolare importanza e all’interno del R.D.L. 3267/1923 tale aspetto assume significativa rilevanza e consistenza.

Non dovrà trascorrere molto tempo, manca infatti poco più di un lustro, affin- ché il R.D.L. 3267/1923 giunga al traguardo del secolo dalla sua promulgazione.

In questi quasi cento anni l’assetto del territorio della Nazione è profondamente mutato e ciò è avvenuto con maggiore intensità, sia temporale che spaziale, nel secondo dopoguerra, in concomitanza con le profonde modificazioni che hanno interessato la società. Inoltre si sono trasformate le modalità di esecuzione delle lavorazioni in svariati ambiti del settore primario: cento anni fa per arare i terreni non c’erano, come oggi, i trattori con gli aratri multivomere, bensì i buoi o i cavalli che trainavano il singolo aratro; per abbattere gli alberi non veniva, come oggi invece avviene, utilizzata la motosega (dovrà passare all’incirca mezzo secolo), ma l’accetta per il bosco ceduo e nell’altofusto la stessa accetta abbinata alla sega a mano, azionate dalla sola forza delle braccia, costituivano gli attrezzi in uso ai bo- scaioli. Gli scenari territoriali, le modalità di gestione e/o modificazione dei terri- tori montani e collinari, nonché l’esecuzione degli interventi selvicolturali sono profondamente mutati, purtuttavia il R.D.L. 3267/1923 rappresenta uno stru- mento di tutela del territorio ancora valido; si deve pertanto necessariamente evi- denziare, con un tributo di lodevole apprezzamento, la lungimiranza che va rico- nosciuta al Serpieri (e ai suoi Collaboratori) che in qualità di Sottosegretario di Stato al Ministero dell’Agricoltura, Industria e Commercio fu il promotore dell’im- pianto strutturale della norma.

Come accennato in precedenza, il contenuto del R.D.L. 3267/1923 non è

solamente rivolto alla tutela idrogeologica del territorio e a garantire la stabilità

dei versanti - anche se va opportunamente ricordato come quello appena citato

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ne costituisca l’aspetto principale e più corposo - ma sono anche altri gli ambiti che vengono disciplinati nell’ampio contesto della gestione forestale e del terri- torio. Tra questi, si evidenzia l’importanza e la peculiarità di quanto riportato nel Titolo IV “Gestione dei patrimoni silvo-pastorali dello Stato, dei Comuni e di altri Enti”, Capo I “Azienda del demanio forestale di Stato”. In particolare si ritiene possa essere interessante proporre alcune considerazioni su una lettura “attualizzata” dell’ar- ticolo 108, inserito nel Titolo e nel Capo testé citati.

2. L’ ARTICOLO 108 DEL R.D.L. 3267/1923 - GLI OBIETTIVI

L’articolo 108 del R.D.L. 3267/1923 enuncia che “È istituita l’azienda speciale del demanio forestale di Stato per provvedere, mediante l’ampliamento della proprietà boschiva dello Stato, alla formazione di riserve di legnami per i bisogni del Paese e per dare con un razionale governo di essa, norma ed esempio ai silvicoltori nazionali”.

Nella formulazione e nella interpretazione letterale della norma, il contenuto e gli intendimenti appaiono molto chiari se posti in relazione a quelle che erano all’epoca le condizioni della società italiana e dei popolamenti forestali.

Va necessariamente inserito un breve inciso: i boschi che andarono a costi- tuire il nucleo inziale del demanio dello Stato, di circa 45.000 ettari, furono le 21 foreste provenienti dai demani degli Stati pre-unitari che furono dichiarate inalienabili con legge 20 giugno 1871, n. 283 - Modificazione all’elenco dei boschi demaniali dichiarati inalienabili. Per la loro gestione venne successivamente istituita con la legge 2 giugno 1910, n. 277 - Provvedimenti per il demanio forestale di Stato e per la tutela e l’incoraggiamento della silvicoltura, (nota anche come “legge Luzzatti”) l’Azienda speciale del demanio forestale dello Stato. Tale denominazione venne mantenuta sino alla istituzione del Ministero dell’agricoltura e delle foreste avve- nuta nel 1929, quando la denominazione divenne Azienda di Stato per le foreste demaniali (A.S.F.D.). L’Azienda trovò un suo nuovo e definito assetto con la legge 5 gennaio 1933 n. 30 - Ordinamento dell’Azienda di Stato per le foreste demaniali, legge che, nell’intento e nella stesura, porta l’impronta del Serpieri. L’A.S.F.D.

mantenne la denominazione e svolse le sue funzioni sino al 1977 quando, come verrà di seguito specificato, ne venne prevista la soppressione.

Tornando all’enunciato dell’articolo, si possono porre in evidenza, con relativa semplicità, gli aspetti di particolare significato e importanza in esso contenuti: in primis viene auspicato l’ampliamento del demanio forestale, ritenuto presupposto essenziale per il perseguimento delle finalità di formazione di riserve di materiale legnoso per le necessità del Paese e per porsi quale norma ed esempio per i selvi- coltori, operando attraverso un razionale governo dei soprassuoli.

2.1 L’ampliamento della proprietà boschiva dello Stato

L’azione di promuovere l’ampliamento della proprietà boschiva dello Stato

trova fondamento in una realtà del tempo ben connotata: l’esigua superficie del

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demanio forestale e la presenza di una elevata proprietà boschiva privata carat- terizzata peraltro da una notevole polverizzazione fondiaria e altrettanto elevata frammentazione, nella maggior parte dei casi funzionale all’economia dell’azienda agricola e/o delle dirette esigenze familiari. Nel settore forestale, a differenza di quello agrario, i citati aspetti rappresentano nella totalità dei casi un elemento di notevole negatività in relazione alle tempistiche di accrescimento dei soprassuoli forestali e alle loro periodiche utilizzazioni. L’intento di porre in parte rimedio a tale condizione è presente nel testo del provvedimento (articolo 105, lettera a) dove viene incentivata la creazione di Consorzi forestali al fine di raggiungere superfici accorpate tali da consentire una gestione economicamente conveniente (in considerazione delle varie voci che costituiscono il bilancio aziendale e il prezzo di macchiatico).

2.2 La formazione di riserve di legnami per i bisogni del Paese

La necessità di incrementare la ridotta superficie demaniale viene strettamente correlata ed è funzionale al perseguimento del primario obiettivo dell’Azienda speciale per il demanio forestale dello Stato, ovvero la formazione di riserve di legna e legname per i bisogni del Paese. Anche in questo caso, considerando il momento storico, è intuibile con facilità il significato della necessità di poter avere a disposizione cospicue quantità di materiale legnoso per i vari fabbisogni della Nazione. In quell’epoca la legna da ardere e il carbone rappresentavano la pressoché unica fonte di riscaldamento e di energia per la cottura dei cibi e il legname da opera costituiva un elemento strutturale essenziale e indispensabile per le costruzioni di varia natura. Tale era la realtà che si presentava in un Paese come il nostro, povero di giacimenti di carbone fossile e peraltro in un’epoca che non aveva ancora conosciuto l’impiego su vasta scala dei prodotti petroliferi per scopi energetici e pertanto ben si comprende l’importanza (anche strategica in considerazione della politica economica interna ed estera) di possedere corpose riserve di materiale legnoso.

2.3 Il razionale governo, norma ed esempio per i silvicoltori nazionali

L’altro primario obiettivo evidenziato nell’articolo 108 appare anch’esso fa-

cilmente collegabile alla peculiare situazione del momento storico e rappresenta

un intendimento di profonda valenza e notevole lungimiranza: in un contesto

molto spesso caratterizzato dalla esecuzione di tagli intensi - classificabili più come

tagli di sfruttamento che non di normale e razionale utilizzazione, dove le necessità

immediate e contingenti di materiale legnoso ponevano spesso in difficoltà lo svi-

luppo e la crescita del soprassuolo successivamente all’esecuzione dell’intervento

dell’accetta - il proporre una modalità di gestione in grado di porsi come “norma ed

esempio” è chiaro intendimento di una volontà di connotare l’applicazione degli

interventi selvicolturali in un ambito in grado di rappresentare, nella pratica, le più

razionali e moderne conoscenze delle Scienze forestali.

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3. A TTUAZIONE DEGLI OBIETTIVI “ STORICI ”

Dal momento della loro enunciazione quali finalità da perseguire, in particolar modo sia l’ampliamento della superficie forestale demaniale sia la “esemplare”

gestione della stessa, hanno riscontrato fin da subito concreta applicazione, che in molti casi si è protratta anche per i decenni successivi.

L’incremento della superficie del demanio forestale dello Stato è stato portato avanti per diversi decenni, giungendo al suo momento culminante in corrispon- denza degli anni del secondo dopoguerra, anni in cui si sono verificati profondi cambiamenti socio-economici che hanno interessato l’intera società. Questi cam- biamenti hanno comportato sostanziali modifiche nel tessuto sociale - passaggio da una società prevalentemente legata alle attività agro-silvo-pastorali a una indi- rizzata verso le attività industriali e dei servizi - con un massiccio esodo dalle aree montane e collinari, in particolar modo dell’Appennino. In quegli anni di mas- siccio spopolamento, l’Azienda di Stato per le Foreste Demaniali, aderendo a quanto disposto dalla legge 25 luglio 1952, n. 991 - Provvedimenti in favore dei territori montani, mise in campo un impegnativo sforzo per l’acquisto, prevalentemente lungo la dorsale appenninica e in misura minore nelle Alpi, di terreni boscati o da rimboschire. Nello specifico, si agì dando attuazione al disposto dell’articolo 6 della legge 991/1952, dove era stata prevista - per un decennio a partire dal 1952 - una disponibilità di spesa annua di un miliardo di lire, somma per i tempi assai elevata. Tale azione portò alla estensione massima della superficie del de- manio forestale dello Stato raggiunta all’inizio degli anni ’70 del secolo scorso, quando con circa 418.315 ettari la superficie demaniale statale arrivò a sfiorare il 5% della superficie forestale nazionale (alla citata superficie vanno aggiunti i circa 99.533 ettari trasferiti tra il 1948 e il 1965 alle regioni a statuto speciale e alle province autonome di Trento e Bolzano). Questa situazione è stata interrotta a seguito della emanazione dapprima del D.P.R. 15 gennaio 1972, n. 11 - Trasferi- mento alle Regioni a statuto ordinario delle funzioni amministrative statali in materia di agri- coltura e foreste, di caccia e di pesca nelle acque interne e dei relativi personali ed uffici e di seguito del D.P.R. 24 luglio 1977, n. 616 - Attuazione della delega di cui all’articolo 1 della legge 22 luglio 1975, n. 382. In particolare, l’articolo 68 del D.P.R. 616/1977 prevede quanto segue: “L’Azienda di Stato per le foreste demaniali è soppressa. Le fun- zioni e i beni dell’Azienda sono trasferiti alle regioni in ragione della loro ubicazione. […]”.

Com’è noto, ai sensi della citata norma, solo una parte delle foreste appartenute all’A.S.F.D., circa 75.000 ettari di superficie boscata, è stata mantenuta di pro- prietà demaniale statale: accanto a questa sono stati istituiti i demani forestali regionali, andatisi a loro volta ad affiancare a quelli già presenti nelle regioni a statuto speciale e/o nelle province autonome.

Uno dei due obiettivi prospettati nell’articolo 108 del R.D.L. 3267/1923, ov-

vero quello di porsi quale “norma ed esempio ai silvicoltori nazionali” si può conside-

rare essere andato pienamente avanti nel suo significato sin quando si è mante-

nuto uno stretto legame tra Amministrazione Forestale dello Stato e Mondo ac-

cademico, rappresentato per un lungo periodo esclusivamente dall’unico Corso

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di laurea in Scienze forestali (Università degli Studi di Firenze), dall’Accademia Italiana di Scienze Forestali e dall’Istituto Sperimentale per la Selvicoltura. Tale legame si è notevolmente allentato (ma certamente non azzerato) in concomi- tanza di due situazioni che hanno interessato, pressoché in contemporanea, l’una e l’altra componente. L’Amministrazione Forestale dello Stato ha perso la sua funzione di “gestione” in ambito nazionale a seguito sia del trasferimento delle competenze in materia forestale alle regioni a statuto ordinario sia della soppres- sione dell’Azienda di Stato per le foreste demaniali, avvenute in seguito alla ema- nazione del D.P.R. 11/1972 e del D.P.R. 616/1977 di cui in precedenza si è fatta menzione. Inoltre il Mondo accademico, proprio a partire dagli anni ’70 del se- colo scorso, ha visto affievolire la sua “unicità” in conseguenza della progressiva istituzione di plurimi corsi di laurea in Scienze forestali presso vari Atenei della Penisola, i quali, com’è naturale nel corso degli eventi, si sono andati sempre più relazionando alle realtà forestali dei territori più prossimi alle sedi delle Facoltà. Infine, altro elemento da tenere in debita considerazione, è quello che nei decenni passati, iniziando dal secondo dopoguerra, l’attenzione per la ge- stione dei popolamenti forestali si è di fatto notevolmente ridimensionata in conseguenza dello scemato interesse per la materia prima legno, diminuito in- teresse che ha causato il drastico calo dell’esecuzione dei tagli di utilizzazione dei soprassuoli.

A differenza delle due precedenti realtà commentate, la funzione del demanio forestale dello Stato di costituire “riserve di legnami per i bisogni del Paese” - bisogni di cui se ne era avuta piena contezza durante il primo conflitto bellico mondiale - non ha trovato un progressivo incremento di significato e di azione. Questo in considerazione soprattutto dell’avvenuta sostituzione della legna da ardere e del carbone con i prodotti derivati dal petrolio e del legname da opera con altri ma- teriali (cemento armato, plastica, metalli vari) per scopi strutturali e/o di crea- zione di oggetti.

Premesso quanto sopra, si potrebbero a buon conto considerare del tutto o in gran parte esauriti i desiderata contenuti nell’articolo 108 del R.D.L. 3267/1923 in precedenza illustrati e commentati. In realtà però, andando al di là del mero signi- ficato letterale del contenuto della norma, è stimolante per il pensiero elaborare alcune considerazioni su una lettura “attualizzata” dello stesso articolo 108.

4. L A “ ATTUALIZZAZIONE ” DEGLI OBIETTIVI

Per consentirne una comprensione e una interpretazione che abbiano un si- gnificato valido anche ai giorni nostri, il presupposto fondamentale è quello di focalizzare l’attenzione sui cambiamenti intervenuti in più ambiti dall’epoca della promulgazione del provvedimento legislativo di che trattasi sino a oggi.

Nell’ambito della collettività, profondi mutamenti socio-economici hanno

trasformato in Italia la società degli anni ’20 del secolo scorso, strettamente legata

al settore primario delle attività agro-silvo-pastorali, nella società attuale, vocata

a una economia sempre più indirizzata verso il settore secondario e/o terziario.

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L’utilizzo del territorio ha subito anch’esso profonde trasformazioni: da contesti territoriali dove venivano messi a coltura anche appezzamenti di ridotta esten- sione in contesti montani e collinari, negli anni abbandonati, si è passati a realtà dove l’agricoltura e la zootecnia sono sempre più attività intensive che vanno a interessare prevalentemente aree di pianura. Conseguenza diretta di questo mu- tato rapporto con il territorio è stato il progressivo aumento, in gran parte per imboschimento naturale, della superficie forestale nazionale, che nel 1923 era sicuramente molto inferiore rispetto agli attuali stimati circa 11 milioni di ettari - dati INFC 2005 (mancano al riguardo dati certi sulla quantificazione della super- ficie coperta da boschi negli anni ‘20 del secolo scorso, essendo il dato di 8.675.100 ettari riferito al primo inventario forestale nazionale del 1985 - INFI 1985). Il Mondo accademico è andato anch’esso incontro a profondi cambia- menti, conseguenti al progredire delle conoscenze scientifiche sugli ecosistemi forestali e sulle correlate modalità di applicazione delle tecniche selvicolturali per la gestione dei medesimi. Accanto alle pressoché esclusive funzioni produttiva e protettiva riconosciute all’epoca ai popolamenti forestali si sono andati sempre più affermando, soprattutto negli ultimi decenni, il concetto della “multifunzio- naltà” delle formazioni boscate e la consapevolezza dell’importanza dei servizi ambientali forniti a beneficio della collettività.

Sulla base di queste considerazioni, l’articolo 108 del R.D.L. 3267/1923 può essere “riletto” e presentare tutt’oggi una straordinaria attualità e importanza;

inoltre è possibile trovare nei principi in esso enunciati interessanti e utili ispira- zioni per il futuro.

Riguardo al primo obiettivo proposto nell’articolo 108, ovvero la necessità di

costituire una riserva di materiale legnoso, la “attualizzazione” del concetto ap-

pare tutt’altro che ardua. Se nell’ottica del 1923 le riserve di materiale legnoso

potevano costituire una parte della ricchezza economica del Paese, oggi, a se-

guito dei mutamenti che sono intervenuti e in precedenza menzionati, uno degli

aspetti di fondamentale importanza per uno Stato - da considerare anche in

un’ottica sovranazionale - è la ricchezza in termini di risorse ambientali: non per-

tanto ricchezza di materiale legnoso, bensì la ricchezza costituita da quel mate-

riale legnoso attualizzata e intesa come ricchezza di biodiversità e biocomples-

sità, ricchezza di accumulo e stoccaggio di carbonio per contrastarne l’aumento

nell’atmosfera, ricchezza dei servizi e benefici ambientali fruibili dalla collettività,

ricchezza derivante dal considerare i popolamenti forestali quali sistemi biologici

complessi e in quest’ottica impostarne la gestione. Appare fin troppo evidente

come queste considerazioni e il perseguimento di queste finalità trovino la loro

massima espressione in una gestione pubblica delle foreste, che vengono così

sottratte al mero tornaconto economico quale obiettivo primario degli interventi

selvicolturali. In questo ambito, riconoscendo alle formazioni forestali il priori-

tario valore di “bene ambientale” la selvicoltura produttiva si potrebbe/do-

vrebbe concentrare sulle produzioni legnose definite “fuori foresta”, potendo in

tal modo costì perseguire la finalità della massimizzazione della fornitura al mer-

cato della materia prima legno.

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Anche il secondo obiettivo evidenziato quale scopo del demanio forestale appare tuttora pienamente valido e condivisibile, contestualizzandolo e attualiz- zandolo alla realtà dei giorni nostri, pur conservando la validità e la lungimiranza del concetto già allora espresso. Il R.D.L. 3267/1923 poneva in debito risalto l’aspetto di attuare una gestione dei boschi di proprietà dello Stato che si ponesse quale “norma ed esempio ai silvicoltori nazionali” in un contesto storico e socio-eco- nomico caratterizzato, come in precedenza già evidenziato, dalla esecuzione di tagli di utilizzazione assai di frequente eccessivamente drastici e che andavano molto spesso a impoverire i soprassuoli forestali. All’attualità le “minacce” nei confronti di una oculata gestione dei popolamenti forestali considerati quali si- stemi biologici complessi sono rappresentate da molteplici fattori e tra questi vanno citati prioritariamente l’abbandono a sé stessi di molti complessi boscati (dopo decenni, probabilmente secoli in molti casi, di intense utilizzazioni fore- stali) e la ripresa di tagli di eccessiva intensità. È la gestione pubblica che può/deve porsi quale esempio di applicazione della selvicoltura, mettendo in pratica i principi della gestione sostenibile delle foreste, esaltando l’importanza delle foreste vetuste, l’importanza del legno morto all’interno degli ecosistemi forestali, l’importanza delle funzioni e dei servizi ambientali offerti dai complessi boscati a beneficio della società tutta, l’importanza di una gestione non finaliz- zata al mero aspetto economico o alla sola funzione produttiva, l’importanza della considerazione delle foreste quali sistemi biologici complessi.

Inoltre, ora come allora, l’intendimento dalla norma di procedere all’incre-

mento della superficie forestale demaniale, appare più che giustificato. Oltre che

costituire il presupposto per l’attuazione degli obiettivi di cui sopra si è fatto

cenno, in considerazione dello stato in cui si trovano ampie pozioni di sopras-

suoli forestali del nostro Paese, questo aspetto appare ai giorni nostri di ancor

più necessaria attuazione e può a ragione costituire esso stesso un obiettivo a sé

stante e non solo più funzionale agli altri. È possibile notare, su più fronti, segnali

di un rinnovato interesse per i popolamenti forestali: da una parte, anche se mi-

noritaria, nei riguardi dei servizi e dei benefici ambientali forniti alla collettività e

dall’altra nei confronti delle utilizzazioni forestali che vanno a interessare sopras-

suoli rimasti per decenni nell’oblio. Quest’ultimo interesse è dovuto essenzial-

mente alla aumentata richiesta di materiale legnoso che si è palesata negli ultimi

lustri, presentandosi come novità rispetto ai decenni passati in quanto legata es-

senzialmente alla produzione energetica derivante dalle biomasse o dal pellet, pro-

duzione che costituisce una recente realtà dei giorni nostri e rappresenta una pro-

spettiva in continuo aumento per il futuro. A parte queste realtà che possono pre-

sentare il rischio di un ritorno a tagli di mera produzione (se non di eccessivo

sfruttamento), la gran parte delle formazioni boschive, soprattutto in quei contesti

a prezzo di macchiatico negativo, vegeta, di fatto, nel più completo abbandono e

totale disinteresse. Tale quadro è reso ancor più critico dalla condizione - rimasta

pressoché immutata dagli anni del R.D.L. 3267/1923 - della proprietà forestale,

dove la polverizzazione e la frammentazione della stessa rappresentano ancora

elementi negativi per la pianificazione della gestione selvicolturale. In molti casi la

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situazione si presenta ancor più negativa rispetto al 1923 a seguito dei proce- dimenti amministrativi che nel corso degli anni sono stati legati a successioni ereditarie che in molteplici contesti territoriali hanno comportato un notevole incremento del frazionamento della proprietà. Dagli anni della promulgazione del R.D.L. 3267/1923 molto poco è cambiato riguardo la proprietà di molti soprassuoli del nostro Paese e il percorso di ampliamento del demanio forestale interrottosi all’inizio degli anni ’70 non ha più avuto seguito. Non può consi- derarsi equivalente, seppure segua in parte gli stessi indirizzi, l’inclusione di molti complessi boscati all’interno di aree protette di diversa valenza iniziata con la legge 6 dicembre 1991, n. 394 - Legge quadro sulle aree protette e proseguita con la Direttiva del Consiglio d’Europa 21 maggio 1992 - Conservazione degli habitat naturali e seminaturali e della flora e della fauna selvatiche, detta Direttiva “Ha- bitat” che ha previsto la conseguente creazione della “Rete Natura 2000”. Sem- pre a riguardo della proprietà forestale, una ulteriore criticità che si è verificata coinvolge gli interessi della gran parte dei proprietari, la pressoché totalità dei quali negli anni ’20 del secolo scorso si occupava direttamente della gestione dei popolamenti forestali, mentre oggi non è più così. I proprietari, in molti casi, sono andati ad abitare in contesti urbani e/o territoriali fisicamente di- stanti dai soprassuoli di loro proprietà e inoltre gli stessi hanno, nella stragrande maggioranza dei casi, attività professionali che non li portano a prestare atten- zione ai loro complessi boscati, a meno di non venir contattati da imprese fo- restali interessate all’acquisto del soprassuolo. Premesso ciò, non appare del tutto fuor di luogo pensare a un’azione pubblica cha vada a sottrarre, sia al rischio dell’abbandono sia a quello dello sfruttamento dovuto a tagli eccessiva- mente drastici, vaste zone di soprassuoli forestali, creando conseguentemente complessi boscati demaniali di significativa superficie. Questa realtà consenti- rebbe, in un contesto in cui vi è una stretta correlazione tra vari aspetti, di poter gestire da parte del demanio statale, ma oggi anche regionale e provinciale, ampi ed estesi complessi forestali dove poter attuare a pieno, attraverso una gestione selvicolturale al passo coi tempi, gli intendimenti espressi dalla norma.

Ovviamente - e questo aspetto può rappresentare un punto critico - il presup- posto fondamentale per tale tipologia di gestione è costituito dalla necessità di avere criteri uniformi riguardo i principi ispiratori per l’attuazione degli inter- venti selvicolturali.

5. C ONSIDERAZIONI CONCLUSIVE

Manca poco più di un lustro al compimento dei cento anni di applicazione

del R.D.L. 3267/1923, il quale ha rappresentato e rappresenta una delle norme

di riferimento fondamentali per l’intero settore forestale e per la tutela dell’as-

setto idrogeologico del territorio nazionale. Da allora molto è cambiato, sia nella

società sia conseguentemente nella impostazione e nella realizzazione degli in-

terventi selvicolturali e di gestione del territorio. Si ritiene possa essere di un

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certo interesse - nell’ottica di tenere presenti e rivalutare le esperienze del passato - proporre una rilettura “attualizzata” dell’articolo 108 del R.D.L. 3267/1923, articolo nel quale vengono riconosciute al demanio forestale (allora inteso come Statale) importanti finalità, da considerarsi interconnesse tra loro: costituire all’interno dei popolamenti forestali demaniali riserve di materiale legnoso per l’economia del Paese e rappresentare, per la razionale (termine che oggi potrebbe essere sostituito con “sostenibile”) gestione in esso attuata, modello ed esempio per i selvicoltori della Nazione, obiettivi da perseguire attraverso l’accrescimento della superficie dei boschi demaniali. Nonostante i profondi cambiamenti socio- economici e i mutamenti nella realizzazione degli interventi sul territorio, gli stessi obiettivi, rivisti e riconsiderati nella realtà dei giorni nostri, appaiono di estrema attualità, in considerazione di una gestione forestale proiettata nel terzo millennio. La riserva di biodiversità e di carbonio immagazzinato nei tronchi de- gli alberi quale essenziale elemento della ricchezza ambientale del Paese, la ge- stione forestale impostata nella considerazione dei complessi boscati quali si- stemi biologici complessi per costituire un riferimento e un esempio per i Selvi- coltori della Nazione nonché l’aumento della superficie demaniale (oggi intesa non più solamente statale, bensì anche regionale e provinciale) per sottrarre i boschi all’abbandono o da possibili “rinnovati” eccessivi sfruttamenti sono ora come allora elementi fondamentali, intrinsecamente collegati tra loro, per un in- cremento concreto del valore ambientale del patrimonio forestale nazionale e per una crescita culturale della collettività nei confronti del mondo forestale nel suo insieme.

Lo sforzo di concretizzare gli obiettivi sopra indicati - e in particolar modo l’ampliamento del demanio forestale - comporterebbe necessariamente un note- vole impegno economico, ma prima ancora dovrebbe comportare un salto cul- turale verso prospettive innovative nel voler e dover considerare la gestione fo- restale sì proiettata in pieno nel terzo millennio nell’ottica dei popolamenti fore- stali intesi quali sistemi biologici complessi, ma con le radici ben piantate nella visione e nella considerazione, senza tempo, di una “migliore e ottimale” appli- cazione della selvicoltura. Così era nell’intendimento del 1923 e così lo si può leggere “attualizzato” dopo quasi cento anni.

SUMMARY

Remarks concerning the “updated” reading of article 108 of the Royal Decree-Law n. 3267/1923 The Royal Decree-Law n. 3267 of 30 December 1923 represents a fundamental regulatory measure for the hydrogeological protection of land and management of forest stands. Almost a hundred years after its enactment, the socio-economic contexts and the ways of managing the territory and wooded land have changed considerably. Within this framework, an "updated"

reading of article 108 of R.D.L. 3267/1923 is proposed, which refers to the "special agency for

state-owned forests" entrusted with the task – pursued through property expansion – to form

wood reserves for the country's needs and to constitute a management model for forest holders.

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The initial objectives can be reconsidered today with major significance and importance: pro-

moting an increase in publicly owned areas (state, regional and provincial), counteracting the

pulverization and fragmentation of forest property, often linked to abandonment of forest

stands, as well as preserving large wooded areas from possible excessive exploitation; considering

state-owned forests as biodiversity and biocomplexity reserves, carbon storage tanks and sources

of wealth, environmental goods and services that can be used by the community; setting up and

carrying out an exemplary management for state forest stands, considering them complex bio-

logical systems.

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