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Strategie cardioprotettive nella senescenza: modulazione farmacologica del canale mitoBK da parte del flavonoide naringenina

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Academic year: 2021

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INDICE

INTRODUZIONE ... 2

1.1. Premessa ... 2

1.2. Precondizionamento ischemico... 4

2.2. Danno da I/R nel cuore anziano ... 14

2.3.2. MPTP ... 19

2.3.3. Canali mitoKATP ... 23

2.3.4. Canali mitoBK... 27

3.1.Flavonoidi e loro caratteristiche ... 31

3.2. Naringenina ... 33

SCOPO DELLA TESI ... 38

MATERIALI E METODI ... 40

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INTRODUZIONE

1.1. Premessa

Attualmente le malattie cardiovascolari rappresentano una delle principali cause di morte nei paesi industrializzati; per questa ragione assume sempre maggiore importanza lo studio delle patologie legate al cuore; tra queste l’ischemia, che si verifica in seguito ad una riduzione o ad un’ interruzione del flusso sanguigno in determinati organi tra cui cervello, cuore, reni, intestino e arti.

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L’attacco ischemico può essere causato da fattori esterni come una compressione di un vaso arterioso o fattori interni come un’occlusione dello stesso.

Gli effetti riscontrati durante il fenomeno dipendono dalla sua durata, dalla sua gravità, dalle caratteristiche del tessuto e dalle condizioni cellulari nel momento in cui si verifica.

Nello specifico, a livello cardiaco, il danno da ischemia/riperfusione (I/R) è dovuto ad un’occlusione delle arterie coronarie e può portare, in seguito alla riduzione o interruzione dell’apporto sanguigno, a morte cellulare.

Anche se la riperfusione è un passaggio fondamentale per salvare il miocardio dall’ischemia, anch’essa può provocare seri danni come la formazione di radicali liberi dell’ossigeno (ROS) che creano un danno da stress ossidativo a livello cellulare, l’attivazione dello scambiatore Na+/H+, la risposta infiammatoria alla riperfusione, l’accumulo di neutrofili e l’apertura degli MPTP (Mitochondrial Permeability Transition Pore).

La formazione e l’apertura dell’MPTP, che rappresenta un complesso poro proteico della membrana mitocondriale, è un fenomeno deleterio per le cellule miocardiche poiché provoca passaggio di soluti, cationi e anioni al di sotto di 1,4 KDa e conseguente passaggio osmotico di acqua. Tali eventi sono dunque responsabili del rigonfiamento della matrice con conseguente rottura della membrana esterna mitocondriale e rilascio di proteine pro-apoptotiche nel citoplasma, che in condizioni fisiologiche sono intrappolate nello spazio intermembranale. La formazione dell’MPTP è causata da un accumulo di Ca++

e di ROS (Lisa and Bernardi, 2006) che esercitano sulle cellule miocardiche una perossidazione dei lipidi e delle proteine strutturali ed enzimatiche delle membrane cellulari (Ambrosio et al., 1991).

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Negli anni, si sono sviluppate delle metodiche efficaci per ridurre al minimo il danno da I/R, come ad esempio il precondizionamento ischemico e il postcondizionamento

ischemico, il precondizionamento farmacologico e il postcondizionamento

farmacologico.

Nonostante ciò, c’è una parte della popolazione che è più predisposta al fenomeno dell’ischemia ed è rappresentata dalle persone anziane che, oltre ad essere quelle con maggior rischio di mortalità, risultano anche meno protette dalle metodiche sopracitate. La ragione dell’elevata mortalità nei pazienti più anziani non è chiara sebbene numerosi fattori sembrino contribuire a tale fenomeno come l’ipertensione, l’iperlipidemia, il diabete e la durata di esposizione ad essi.

1.2. Precondizionamento ischemico

Il termine precondizionamento ischemico (IPC) indica la capacità del tessuto miocardico di sviluppare, in seguito a brevi e ripetuti periodi ischemici (circa 5 minuti), una serie di processi di adattamento che lo proteggono da un successivo periodo di ischemia prolungato.

In uno studio condotto nel 1993 su cani anestetizzati è stato dimostrato, infatti, che 4 episodi alternati di 5 minuti di ischemia e 5 minuti di riperfusione dell’arteria coronaria sinistra, seguiti da 1 ora di occlusione e 4,5 ore di riperfusione, portavano ad una riduzione significativa della zona infartuata (Przyklenk et al., 1993).

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Figura n.2: Rappresentazione schematica dell’IPC e del postC.

Il fenomeno dell’IPC mostra due fasi distinte: una prima fase (o classico IPC) si estende da 1 a 3 ore dopo lo stimolo precondizionante e una seconda fase ritardata (o seconda finestra dell’IPC) che dura da 24 a 96 ore. Sebbene tutta la cascata di segnali innescata dall’IPC non sia ancora chiara, è noto che alcuni elementi delle vie molecolari coinvolte in queste due fasi sono comuni, ma i principali meccanismi alla base delle due forme di protezione sono ben diversi.

Durante l’ischemia, nell’interstizio, si accumulano numerose sostanze

cardioprotettive tra cui l’adenosina, la bradichinina, la norepinefrina, gli oppioidi e l’NO (Liu et al., 1991; Thornton et al., 1993; Simkhovich et al., 1998).

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Le prime (adenosina, bradichinina, norepinefrina e oppioidi), la cui azione dipende da un’interazione con uno specifico recettore, hanno in comune la capacità di attivare la proteinchinasi C (PKC) che è un mediatore centrale dell’IPC.

In particolare, i livelli di adenosina nell’ischemia aumentano, infatti la sua azione si nota prettamente nella fase ischemica. Gli effetti cardiovascolari dell’adenosina, tra cui la vasodilatazione delle arterie coronariche e l’inotropismo negativo, sono mediati dall’interazione con il sottotipo recettoriale A1 e A3, coinvolti nel precondizionamento cardiaco; risulta, invece, escluso il sottotipo recettoriale A2 (Liu

et al., 1991; Mc Cully et al., 2001).

Durante il periodo ischemico aumenta rapidamente anche la concentrazione interstiziale di bradichinina, mediatore che interagisce in modo specifico con il recettore B2 nei cardiomiociti; la bradichinina attiva anche la ciclo-ossigenasi (COX) e la sintesi della prostaciclina con conseguente riduzione dell’area ischemica (Schulz

et al., 1998).

È stata dimostrata, inoltre, la presenza di recettori oppioidi δ e κ nei miociti cardiaci di ratto (Zhang et al., 1996) e si è notato come la produzione di oppioidi endogeni vada a ridurre le dimensioni dell’area ischemica. Precisamente una stimolazione del recettore oppioide δ1 è capace di indurre una cardioprotezione ritardata, 24 ore dopo aver stimolato il recettore.

Il ruolo di norepinefrina, prostaglandine e angiotensina è ancora in fase di studio (Moolman et al., 1996; Bugge et al., 1995; Liu et al., 1995; Wang et al., 1996). Per quanto concerne i triggers recettore-indipendente un’ulteriore concentrazione in aumento durante la fase ischemica è quella dell’ossido di azoto (NO); esso sembra essere altamente coinvolto nella cardioprotezione in quanto l’inibizione dell’ossido nitrato sintasi riduce gli effetti dell’IPC nei ratti, mentre la somministrazione di

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donatori esogeni di NO produce una significativa diminuzione del danno miocardico in diverse specie animali (Lochner et al., 2000).

Un altro gas trasmettitore capace di indurre cardioprotezione è il solfuro di idrogeno (H2S), in grado di prevenire la generazione di ROS e di potenziare il sistema antiossidante endogeno. La sua somministrazione ha dimostrato di migliorare significativamente la respirazione dopo una fase di ipossia. Un trattamento di H2S su topi è in grado di diminuire lo swelling mitocondriale e di aumentare la densità della matrice (Shen et al., 2015). Sono stati analizzati in particolare donatori di H2S come le ariltioammidi; alcune di loro riducono la vasocostrizione indotta dalla noradrenalina in anelli aortici di ratto isolati e iperpolarizzano le membrane cellulari del muscolo liscio umano in modalità dose-dipendente. È stata inoltre osservata una significativa riduzione della pressione sistolica in ratti normotesi trattati con una somministrazione orale di tali derivati; per tale ragione l’H2S è stato denominato il “nuovo NO” (Martelli et al., 2013; Martelli et al. 2012).

Come già accennato, queste sostanze attivano la PKC tramite la stimolazione della proteina G legata al recettore con il quale il mediatore endogeno interagisce. Molti di questi recettori sono accoppiati alla fosfolipasi C (PLC) la cui attivazione promuove l’idrolisi del fosfatidilinositolo 4,5- bifosfato (PIP2), generando i secondi messaggeri inositolo 1,3,4 trifosfato (IP3) e il diacilglicerolo (DAG), che a sua volta stimola la PKC.

La PKC, per svolgere la sua azione centrale nell’IPC, deve subire la traslocazione dal citosol alle proteine di ancoraggio sul citoscheletro della membrana, dove fosforila le proteine effettrici dell’IPC, in particolare il canale del potassio ATP-sensibile (KATP).

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I canali KATP sono stati identificati per la prima volta nei miociti cardiaci in Giappone nel 1983 (Noma, 1983). Strutturalmente i canali KATP sono costituiti da subunità Kir: Kir6.1 o Kir6.2, codificate da geni separati e da subunità del recettore SUR: SUR1 o SUR2 (Inagaki et al., 1996; Chutkow et al.,1996).

Nelle condizioni fisiologiche i canali KATP sono chiusi, invece, durante l’attacco ischemico si attivano e si aprono (Yellon and Downey, 2003).

Si distinguono due tipologie di canale KATP: quelli presenti a livello mitocondriale (mitoKATP) e quelli presenti a livello sarcolemmatico (sarcKATP). I canali

sarcKATP sono coinvolti nella cardioprotezione visto che contribuiscono

all’accorciamento della durata del potenziale d’azione durante l’ischemia miocardica e alleviano il sovraccarico citosolico di Ca++. Tuttavia, ai fini della cardioprotezione, risultano predominanti i canali mitoKATP, identificati da Marban e dai suoi collaboratori, sulla membrana interna del mitocondrio.

È stato dimostrato che diversi farmaci, tra cui gli attivatori dei canali del K+ (diazossido e nicorandil), gli anestetici volatili (alotano e isoflurano), gli agonisti di recettori accoppiati a proteina G (adenosina, bradichinina, catecolamine e oppioidi) e i bloccanti dello scambiatore Na+/H+ (cariporide e amiloride), possono mimare gli stessi effetti dell’IPC (Riksen et al., 2004).

1.3. Postcondizionamento ischemico

Si può ottenere protezione cardiaca anche attraverso il postcondizionamento ischemico (postC), che consiste in una serie di brevi episodi di occlusione coronarica applicati al momento della riperfusione, dopo un periodo prolungato di ischemia miocardica (Zhao et al., 2003).

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Esso risulta essere capace di ridurre a livello cardiaco le dimensioni dell’area ischemica, tale fenomeno è stato osservato in varie specie animali, incluso l’uomo. Dato che nella pratica clinica il precondizionamento è difficilmente riproducibile, a causa dell’impossibilità di prevedere quando un evento ischemico si manifesterà con esattezza, il postC è stato preso in considerazione come possibile intervento cardioprotettivo contro il danno da I/R (Hausenloy and Yellon, 2007).

Il postC è capace di ridurre la lesione anche su organi diversi dal cuore, come midollo spinale, cervello, reni, fegato, muscoli, polmoni e intestino (Zhao et al.,

2010).

La stimolazione di qualsiasi recettore accoppiato a proteina G inibitoria ha dimostrato di innescare il precondizionamento ischemico, infatti più recettori lavorano in parallelo per fornire una ridondanza allo stimolo precondizionante (Yellon and Downey, 2003) ed un simile coinvolgimento dei mediatori che agiscono su questo tipo di recettore, si riscontra anche nel postC. Le sostanze coinvolte sono: adenosina, bradichinina, norepinefrina e oppioidi.

È stato osservato che il blocco dei recettori dell’adenosina all’inizio della riperfusione, con l’utilizzo di antagonisti non specifici, abolisce gli effetti del postC. Un bloccante A2-selettivo, come anche un bloccante A3-selettivo, inverte l’effetto protettivo dato dal postC; mentre un bloccante A1-selettivo, nella fase di riperfusione, non annulla l’effetto cardioprotettivo (Kin et al., 2005; Philipp et al., 2006).

Il ruolo della bradichinina nel postC, tramite l’interazione con i recettori B2 (similmente all’IPC), è stato scoperto nel 2007 (Penna et al., 2007).

Anche gli oppioidi nel postC si comportano come nell’IPC legandosi ai recettori δ e κ (Kin et al., 2005).

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Il postC sembra provocare una diminuzione della produzione di ROS, del sovraccarico di Ca++ e dell’infiammazione (Zhao et al.,2003; Sun et al., 2005); riduce inoltre l’apoptosi cellulare (Kin et al., 2008), le aritmie causate dalla riperfusione (Galagudza et al.,2004; Kloner et al.,2006), l’accumulo dei neutrofili nel miocardio nell’area a rischio e preserva la funzione endoteliale dell’arteria coronaria; in particolare la conservazione dell’endotelio vascolare a seguito dell’ischemia può attenuare la deleteria risposta infiammatoria (Granfeldt et al.,

2009).

Inoltre il postC attiva le proteine chinasi come la PI3K e la Akt/proteina chinasi B, insieme alla RISK (Reperfusion Injury Salvage Kinase), che proteggono il miocardio dalla morte cellulare indotta dalla riperfusione, limitando l’area ischemica (Hausenlouy and Yellon, 2004). Un’altra pathway coinvolta nella cardioprotezione è la fosforilazione della proteina GSK-3β, che inibisce l’apertura dell’MPTP (Tsang et

al., 2004).

Nel processo di postC, intervengono anche la PKG e la PKC, infatti utilizzando inibitori di queste proteine chinasi viene abolita la protezione cardiaca (Zatta et al.,

2006; Burley and Baxter, 2005).

Come nel IPC, anche nel postC sono coinvolti i canali KATP e la sintesi di NO con suo successivo rilascio (Yang et al., 2004; Hausenloy, 2009; Kaur et al., 2009; Cai et

al., 2011).

Analogamente a quanto si può osservare per l’IPC, è possibile mimare gli eventi coinvolti nel postC utilizzando agenti farmacologici. Tale fenomeno prende il nome di postC farmacologico e si osserva quando i farmaci sono somministrati all’inizio della riperfusione. (Zhao et al., 2003).

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Tra i più studiati si sono presi in considerazione i ligandi dei recettori accoppiati alla proteina G come la bradichinina che agisce sul recettore B2, che, a loro volta, attivano le proteine chinasi cardioprotettive (Hausenloy and Yellon, 2004).

Ulteriori studi su modelli di coniglio, vedono efficaci anche gli attivatori del recettore dell’adenosina A2B (Philipp et al., 2006).

Un’altra classe di agenti presi in considerazione sono i donatori di NO e di H2S che riducono il danno da ischemia/riperfusione (Sun et al., 2016).

2.1. Invecchiamento cardiovascolare

Con l’invecchiamento il soggetto è sempre più esposto al danno da I/R in quanto va incontro a svariate disfunzioni.

In particolare, i cardiomiociti vanno incontro a variazioni che portano a perdita dell’attività contrattile e della tolleranza al danno ischemico che sono rappresentate da: modificazioni del DNA, aumento dello stress ossidativo e cambiamenti nell’espressione di proteine e geni.

A livello del DNA si evidenzia un accorciamento dei telomeri, strutture fondamentali che agiscono nella duplicazione del DNA (Fuster and Andres, 2006) e si può andare incontro a mutazioni che causano alterazioni nella funzionalità e nella regolazione proteica.

Lo stress ossidativo aumenta in seguito alla produzione di ROS, le quali reagiscono con proteine, lipidi e acidi nucleici presenti a livello cellulare causando danni funzionali (Chakravarti B. and Chakravarti D.N., 2007; Karihtala and Soini, 2007). Oltre ad una riduzione della funzionalità contrattile dei cardiomiociti e della tolleranza a stress esterni, si assiste ad un incremento di fattori apoptotici e necrotici,

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ma soprattutto ad una diminuzione della funzionalità mitocondriale (Bernhard and

Laufer, 2008).

I mitocondri sono organuli cellulari che giocano importanti ruoli in una miriade di processi cellulari come nella produzione di ATP attraverso la fosforilazione ossidativa, nelle vie biosintetiche, nel mantenimento dell’omeostasi di numerosi ioni e nella regolazione della morte cellulare programmata. La disfunzione mitocondriale rappresenta l’elemento cruciale del fenomeno dell’invecchiamento perché i

cambiamenti mitocondriali legati all’età compromettono svariate funzioni

fisiologiche cellulari e contribuiscono allo sviluppo di tutti i danni più comuni legati all’età. A tal proposito, numerosi studi dimostrano una correlazione tra le disfunzioni mitocondriali e le malattie cardiovascolari (Dai et al., 2012).

Nello specifico, con l’invecchiamento si assiste ad una minore efficacia dell’ autofagia, processo deputato alla rimozione dalle cellule di tutte le sostanze danneggiate che si accumulano al loro interno. Essa non riesce a rimuovere i mitocondri di grandi dimensioni con la stessa efficienza con cui rimuove quelli più piccoli; ciò comporta l’accumulo di radicali liberi nelle cellule, all’interno delle quali c’è DNA mutato e proteine della catena respiratoria mutate che contribuiscono ad un’ eccessiva produzione di ROS e ad ulteriori danni ossidativi alle proteine (Terman

and Brunk, 2005). Se da un lato basse concentrazioni di ROS permettono ai

cardiomiociti di acquisire cardioprotezione (soprattutto nell’IPC) (Di Lisa et al.,

2007), alte concentrazioni sono dannose in quanto stimolano l’apertura dell’MPTP,

che porta ad un rigonfiamento mitocondriale, depolarizzazione e infine morte della cellula (Lemasters et al., 2009).

In età avanzata nel miocardio vari meccanismi permettono la formazione di ROS, ad esempio la riduzione dell’anione superossido (O2-) che provoca l’aumento di

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perossido di idrogeno (H2O2). Questa produzione è significativamente più elevata nei mitocondri isolati da cuori di ratto di 14-18 mesi (Muscari et al., 1990) rispetto alle quantità prodotte in cuori di ratti più giovani (di 3 o 6 mesi).

Un’altra fonte di ROS nell’invecchiamento proviene dalle monoamino ossidasi (MAO), situate nella membrana interna del mitocondrio, che trasferiscono gli elettroni da composti amminici all’ossigeno. Inibendo quindi le MAO, nel particolare le MAO A, si può andare incontro ad una riduzione dell’aumento di H2O2 (Maurel et

al., 2003). La vicinanza del sito di produzione delle ROS e del DNA mitocondriale

può provocare una maggiore suscettibilità di quest’ultimo allo stress ossidativo con successivo presentarsi di mutazioni genetiche che causano una perdita di funzionalità del DNA (Khaidakov et al., 2003). Si tratta di mutazioni che interessano più frequentemente il DNA mitocondriale rispetto a quello nucleare (Richter et al.,

1988). Mutazioni nel DNA mitocondriale possono contribuire al fenomeno

dell’invecchiamento; infatti in uno studio realizzato su topi transgenici con una DNA polimerasi modificata, che acquisiva mutazioni puntiformi e provocava delezioni nel DNA mitocondriale, si sono riscontrati i primi sintomi dell’invecchiamento già dalle prime 25-40 settimane di età e inoltre una riduzione della durata della vita (Trifunovic et al., 2004).

Con lo stress ossidativo si va incontro anche ad errori nella trascrizione e nella traduzione delle proteine e a modificazioni ossidative delle proteine dei complessi della catena respiratoria, che con l’invecchiamento portano ad una diminuita attività della respirazione cellulare (Choksi et al., 2008).

La disfunzione mitocondriale, l’aumento dello stress ossidativo, le mutazioni del DNA mitocondriale, l’espressione alterata di alcuni gruppi di geni e l’apoptosi sono elementi che contribuiscono all’invecchiamento (Lee and Wei, 2007).

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2.2. Danno da I/R nel cuore anziano

In condizioni particolari, come nel danno da I/R, il cuore è sottoposto a svariati stress che conducono i cardiomiociti ad un deterioramento. Mentre la soglia ischemica non è influenzata dall’età, la tolleranza al danno ischemico varia riducendosi (Abete et

al., 1999), suggerendo che con l’invecchiamento diminuisca la tolleranza ischemica

intrinseca. Essa diminuisce già durante la “mezza età” del cuore di ratto (12 mesi di età) e scende ancor di più con l’invecchiamento (18 mesi e 24-28 mesi di età) (Willems et al., 1996). Studi su cuori isolati di ratto confermano che l’invecchiamento aumenta il danno ischemico portando ad una riduzione del recupero emodinamico (ripristino della funzione respiratoria) (Lesnefsky et al., 1994) e che i meccanismi responsabili dell’eccessiva suscettibilità del cuore anziano, nei confronti del danno da I/R, dipendono da un accumulo prolungato di Ca++ durante le fasi ischemia e riperfusione, confrontando cuori di ratto di 24 mesi di età e cuori di ratto di 3 mesi di età (O’Brien et al., 2008).

Se il periodo ischemico è breve appaiono sia aritmie che disfunzioni reversibili della contrattilità ventricolare, ma solo pochi miociti muoiono. Se, invece, l’ischemia è prolungata si rileva un danno irreversibile che dà morte cellulare diffusa, la quale comporta una perdita della contrattilità e un danneggiamento della pompa cardiaca (Powers et al., 2004).

Per ridurre al minimo il danno da I/R esistono meccanismi cardioprotettivi già descritti in precedenza: l’IPC e il postC. Con l’invecchiamento si va incontro però ad una riduzione o addirittura ad una mancanza della loro efficacia (Boengler et al.,

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L’IPC dà cardioprotezione in ratti Wistar giovani successivamente sottoposti ad un ciclo di I/R , ma perde efficacia in ratti più vecchi (24 mesi di età) (Abete et al.,

1996).

Figura n.3: Rappresentazione del danno da I/R e riduzione della protezione

IPC-mediata nel cuore senescente rispetto al giovane-adulto (from Wojtovich et al., 2012)

La mancata cardioprotezione legata all’età, su topi e ratti, è associata a vari fattori, tra cui l’incremento del peso corporeo, lo svilupparsi dell’obesità, uno stile di vita sedentario (sono stati effettuati studi su un numero elevato di ratti anziani allevati in condizioni di vita sedentaria ed è stata notata una perdita della cardioprotezione indotta dall’IPC) (Calabrese, 2016). Studi sperimentali hanno dimostrato che la mancata cardioprotezione legata all’invecchiamento in topi e ratti potrebbe essere risolta da speciali protocolli che includano esercizio, dieta e l’uso di agenti farmacologici (Rengo et al., 2013).

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La perdita di cardioprotezione è dovuta però soprattutto alla diminuzione di mediatori endogeni che solitamente svolgono un’azione cardioprotettiva (ad esempio l’adenosina), alla diminuzione dell’espressione del recettore al quale i mediatori si legano (Leri et al., 2000; Hacham et al., 2004) e infine all’alterazione della PKC che svolge un ruolo centrale nella protezione cardiaca grazie all’interazione con i canali mitoKATP (Tani et al., 2001).

Infine, è importante analizzare nel dettaglio le variazioni che si presentano a livello dell’espressione dei canali ionici coinvolti nella protezione cardiaca.

2.3. Canalopatie legate all’invecchiamento

I canali situati sul mitocondrio svolgono molteplici funzioni tra cui: il mantenimento dell’omeostasi, il mantenimento del volume della matrice mitocondriale, il

mantenimento del potenziale di membrana, la regolazione del gradiente

elettrochimico, la sintesi dell’ATP e la protezione cardiaca in seguito ad un episodio ischemico. È quindi fondamentale analizzare le variazioni che si presentano a livello mitocondriale con l’invecchiamento in modo da valutare gli effetti provenienti da questo processo fisiologico sui canali maggiormente coinvolti nella cardioprotezione:

 Canali del Ca++ ,  Canali mitoKATP,  Canali mitoBK,  MPTP.

Con l’invecchiamento i suddetti canali vanno incontro a variazioni che ne modificano o riducono l’attività (Di Lisa and Bernardi, 2005; Lee et al., 2002;

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2.3.1. Canali del Calcio

Gli ioni calcio (Ca++) a livello del mitocondrio sono coinvolti in vari meccanismi, come la produzione di energia, il trasferimento di segnali regolatori, l’apertura dell’ MPTP e la morte cellulare programmata (Xu et al., 2016).

Le vie di trasporto del Ca++ attraverso le membrane mitocondriali sono state esaminate per diversi anni partendo dalla misurazione del gradiente di calcio con l’utilizzo di indicatori fluorescenti (Tsien, 1989) e luminescenti, fino ad arrivare alle proteine fluorescenti (Pinton et al., 2007; Pozzan et al., 2003).

Ogni mitocondrio possiede una membrana interna ed una esterna e piccole molecole e ioni ( inclusi gli ioni Ca++ ) possono passare liberamente attraverso la membrana esterna, ma non attraverso quella interna. Il trasporto attraverso quella interna è regolato da un canale ionico chiamato uniporter mitocondriale del Ca++ (o MCU), il quale risulta essere il canale del Ca++ più selettivo finora conosciuto (Kirichok et al.,

2004). È costituito da una proteina di 40 KDa che contiene due domini

transmembranali; in vitro esprime la sua attività di canale con le caratteristiche dell’uniporter ed è localizzato nella membrana interna (De Stefani et al., 2011). Esistono altri processi che consentono l’entrata dello ione Ca++, tra cui il “sistema rapido” (RaM), che si attiva come l’uniporter in base al gradiente elettrochimico; a differenza dell’uniporter, però, il trasporto attraverso RaM avviene in modalità più rapida ed è così anche l’inibizione della sua apertura (Gunter and Gunter, 2001). Un’ulteriore modalità di entrata fisiologica di calcio dipende dall’antiporter Ca++

/H+, secondo il quale l’H+

esce in presenza di agenti ossidanti del glutatione o nucleotidi piridinici e il Ca++ al contrario entra (Bernardi, 1999).

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Infine, il Ca++ può entrare anche attraverso l’MPTP, poro aspecifico che si forma in seguito ad una depolarizzazione della membrana e ad un sovraccarico di Ca++ all’interno dello stesso mitocondrio (Zoratti and Szabò, 1995; Shoshan-Barmazt and

Gincel, 2003).

La fuoriuscita di Ca++, invece, avviene principalmente attraverso due vie: una Na+- dipendente e una Na+-indipendente.

L’uscita di Ca++

tramite la via Na+-dipendente avviene senza una variazione del potenziale di membrana ed è un processo alquanto lento (Nicholls, 1978).

La fuoriuscita attraverso la via Na+-indipendente è invece mediata dall’antiporter Na+/Ca++ secondo il quale viene rimosso il calcio a favore del sodio.

Il passaggio di Ca++ attraverso la membrana mitocondriale è importante per permettere lo svolgimento dei ruoli dello ione Ca++: fosforilazione ossidativa, produzione di ATP, mantenimento dell’omeostasi dello stesso ione, ma anche modulazione di alcuni enzimi (Das and Harris, 1990).

I meccanismi descritti rappresentano la situazione fisiologica del calcio, ma in situazioni particolari come nell’aging o nel danno da I/R ci sono delle alterazioni che invertono il trasporto di Ca++.

Durante l’invecchiamento si denota una disfunzione nel trasporto dello ione Ca++, infatti si assiste ad una riduzione dell’ uptake di Ca++ attraverso il suo uniporter mitocondriale e ad un aumento della fuoriuscita dello stesso ione attraverso l’apertura dell’MPTP (Satrùstegui et al., 1996); in linea più generale queste variazioni si ritiene siano dovute ad una compromissione del potenziale di membrana e ad un’incapacità dei mitocondri di produrre energia durante una fase di stress metabolico (Xiong et al., 2002).

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Svariati studi hanno dimostrato che il quantitativo di ioni Ca++ nel mitocondrio di cuori di ratti anziani è ridotto rispetto ai ratti adulti. Utilizzando un elettrodo sensibile al catione liposolubile tetrafenilfosfonio (TPP+), capace di attraversare le membrane biologiche e di distribuirsi nella matrice mitocondriale, e un elettrodo sensibile al Ca++, si è notata una riduzione concomitante del 15% del potenziale di membrana e dell’assorbimento mitocondriale di Ca++

(Jahangir et al., 2001). È ragionevole concludere che la diminuzione del potenziale di membrana è una caratteristica evidente dell’invecchiamento cellulare e, probabilmente, è responsabile anche della riduzione dell’assorbimento mitocondriale di calcio.

2.3.2. MPTP

L’ MPTP è stato descritto per la prima volta trent’anni fa, quando si evidenziò una permeabilizzazione indotta da un sovraccarico di Ca++ nella matrice mitocondriale, originariamente rivelato da Saris (Saris, 1959; Saris 1963), ora conosciuto come un largo poro nella membrana mitocondriale interna (Bernardi, 1999), attraverso il quale possono entrare ed uscire soluti con massa molecolare fino a 1,5 KDa. L’MPTP è un poro a larga conduttanza e un canale non selettivo voltaggio-dipendente con un diametro di 3,0 nm e la sua permeabilità può essere modulata in linea generale da fattori come l’anossia, le ROS e le variazioni del potenziale di membrana a livello mitocondriale.

L’MPTP è costituito da tre subunità principali:

1. Canale anionico voltaggio-dipendente (VDAC), proteina costituita da un polipeptide (Shoshan-Barmatz et al., 2006) che attraversa la membrana

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esterna e che interagisce con svariate proteine di membrana. Esistono tre isoforme di VDAC:

 VDAC1, rappresenta la forma più espressa e svolge un ruolo importante nella morte cellulare. Una sovraespressione di VDAC1 nelle cellule dei roditori induce apoptosi (Zaid et al., 2005),

 VDAC2, al contrario blocca il processo apoptotico e quindi una sua assenza rende più probabile la morte cellulare (Cheng et al., 2003),

 VDAC3, è un’isoforma della quale non si conosce il ruolo preciso nell’ambito della morte cellulare.

La conduttanza da parte della subunità VDAC dipende dal voltaggio e dalla variazione di potenziale della membrana mitocondriale. La maggiore conduttanza si verifica con un basso potenziale, con preferenza per gli ioni fosfato, cloruro e altri metaboliti; mentre la minor conduttanza c’è a potenziali positivi o negativi più alti con uno spostamento di piccoli cationi e un’impermeabilità all’ATP e all’ADP, che impedisce loro lo scambio tra citosol e mitocondri.

Il VDAC è infine coinvolto nella regolazione dell’omeostasi del Ca++ (Shoshan-Barmatz et al., 2003).

2. Adenina nucleotide traslocasi (ANT), componente centrale dell’MPTP e una delle proteine maggiormente presente a livello mitocondriale (Halestrap and

Brenner, 2003). Il suo ruolo principale è trasportare rapidamente l’ATP fuori

dal mitocondrio e l’ADP all’interno. Anche essa è costituita da tre isoforme:

 ANT1, presente a livello cardiaco e della muscolatura scheletrica; rappresenta l’isoforma che interagisce da una parte con il VDAC e dall’altra con la Cyp-D per contribuire alla formazione dell’MPTP,

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 ANT2, espresso solamente nelle cellule a proliferazione rapida come i mioblasti e i tumori,

 ANT3, presente in tutti gli altri tessuti.

Sono state definite due conformazioni dell’ANT: la “c” che sensibilizza l’MPTP al Ca++

e la “m” nella quale l’ANT si lega con l’ATP e l’ADP desensibilizzando il poro al Ca++ (Kligenberg, 1989; Halestrap et al., 1998). 3. Ciclofillina D (CyP-D), membro mitocondriale della famiglia delle isomerasi

cis-trans peptidil-propiliniche. Essa può legarsi alla porzione ANT oppure al

complesso ANT/VDAC. Quando i livelli di Ca++ aumentano all’interno della matrice mitocondriale, la CyP-D modifica la conformazione di ANT permettendo la formazione dell’MPTP. Una diminuzione di CyP-D incrementa la capacità da parte del mitocondrio di trattenere Ca++, resistendo meglio allo swelling mitocondriale e alla formazione dell’MPTP (Schinzel et

al., 2005) prevenendo così un sovraccarico di Ca++ e la morte cellulare indotta da I/R. Un aumento dell’espressione di CyP-D nei cuori di topo causa invece un rigonfiamento mitocondriale e la morte spontanea della cellula (Baines et al., 2005). In conclusione la CyP-D rappresenta la componente per eccellenza che si occupa direttamente della formazione dell’MPTP e della sua apertura.

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Figura n.4: Rappresentazione dell’MPTP e degli eventi correlati alla sua

formazione e apertura

Fisiologicamente la membrana mitocondriale interna è impermeabile alla maggior parte dei metaboliti e degli ioni e l’MPTP è in conformazione chiusa, condizione essenziale per il normale funzionamento del mitocondrio.

In condizioni di stress, come nell’I/R o in caso di sovraccarico di Ca++, l’MPTP cambia conformazione e si apre permettendo un passaggio non selettivo di ioni e metaboliti. L’apertura dell’MPTP causa l’idrolisi dell’ATP, una caduta drastica del potenziale di membrana mitocondriale a causa della permeabilità a qualunque ione e metabolita di dimensione fino a 1,5 KDa, l’accumulo di acqua all’interno del mitocondrio con successivo rigonfiamento mitocondriale, la rottura della membrana interna e il rilascio di fattori pro-apoptotici come il citocromo C (Weiss et al., 2003). Con l’invecchiamento si assiste ad un aumento dello stress ossidativo in tutte le cellule somatiche, che tende a presentarsi maggiormente in cellule ricche di mitocondri come i cardiomiociti che possiedono un’attività respiratoria elevata. Non è chiaro perché si abbiano cambiamenti funzionali a livello dell’MPTP con

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l’aumentare dell’età, ma è stato dimostrato che il fattore età aumenta notevolmente la possibilità di apertura dell’MPTP.

Si è scoperto inoltre che le ROS, ampiamente prodotte nell’invecchiamento, vanno ad agire sulla proteina ANT (Yan and Sohal, 1998), subunità dell’MPTP, e le modifiche ottenute riducono la capacità di scambio tra ADP e ATP attraverso le membrana mitocondriale interna che può causare un’inibizione della fosforilazione ossidativa e un collasso del potenziale di membrana alterando la sintesi mitocondriale di ATP e la sua idrolisi.

Anche la subunità VDAC, con l’invecchiamento, è più sensibile al danno ossidativo perché i suoi residui tirosinici sono soggetti ad una conversione in 3-nitrotirosina; quest’ultima fisiologicamente viene prodotta in quantitativi modesti, ma con l’invecchiamento si assiste ad un suo aumento. La nitrazione della tirosina può compromettere l’integrità funzionale e/o strutturale delle proteine target (Beckman

and Koppenol, 1996).

2.3.3. Canali mitoKATP

I canali mitocondriali al potassio ATP-sensibili (mitoKATP) sono situati sulla membrana interna del mitocondrio. Diversi studi hanno dimostrato che la loro apertura è altamente sensibile alle condizioni metaboliche: è inibita dall’ATP intracellulare e attivata dai nucleosidi difosfato. In condizioni fisiologiche i canali mitoKATP sono chiusi, mentre in condizioni di stress o durante un fenomeno ischemico sono aperti, attivati dal calo dell’ATP intracellulare o dall’accumulo di metaboliti ischemici (Testai et al., 2007).

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L’apertura dei canali mitoKATP permette la partecipazione del mitocondrio alla regolazione bioenergetica nei miociti cardiaci (Garlid et al., 2003; Kowaltowski et

al., 2001).

I canali mitoKATP svolgono anche un ruolo importante nella regolazione del volume della matrice mitocondriale, risultato della collaborazione con l’antiporter K+

/H+ per la fuoriuscita dello ione K+ (Costa et al., 2006). L’apertura del canale mitoKATP porta ad un’alcalinizzazione della matrice e di conseguenza alla produzione di moderati livelli di ROS che possono innescare l’attivazione di vie responsabili della cardioprotezione (Garlid et al., 2003).

Sono state analizzate delle molecole in grado di attivare, o inibire, i canali mitoKATP. Tra gli attivatori di tali canali, alcuni di loro non sono selettivi per i mitoKATP, infatti agiscono anche sui canali sarcolemmatici KATP, come il diazossido, il cromakalim e il pinacidil; altri invece sono più selettivi come l’ F163, i derivati BMS e KR-31466 (Testai et al., 2015). In particolare il composto più efficace è l’F163, un N-acetil spiromorfolone derivato che agisce selettivamente a livello mitocondriale. Si è visto come, effettuando una risoluzione del racemo di tale composto, l’enantiomero più efficace dal punto di vista cardioprotettivo è quello levogiro (Rapposelli et al., 2009). Un’ indagine farmacologica più approfondita ha confermato la cardioprotezione da parte di F163 sia su cardiomioblasti sottoposti a I/R che su modelli in vivo soggetti ad infarto acuto del miocardio (Calderone et al.,

2010).

Mentre tra gli inibitori troviamo l’acido 5-idrossidecanoico (5-HD) e la glibenclamide. L’utilizzo degli inibitori riduce significativamente l’effetto cardioprotettivo indotto dall’IPC (Szewczyk and Wojtezak, 2002), mentre l’utilizzo di

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attivatori provoca una diminuzione dell’afflusso di ioni Ca++

all’interno del mitocondrio.

Gli attivatori dei canali mitoKATP producono svariati effetti a livello mitocondriale tra cui produrre una modesta depolarizzazione che riduce la driving force per il Ca++ e quindi il suo uptake. Questi eventi sono alla base della ridotta probabilità di formazione e apertura dell’ MPTP (Korge et al., 2002; Holmuhamedov et al., 1999). Nel 2001 è stata rilevata l’azione del Levosimendan sui canali mitoKATP (Kopustinskiene et al., 2001). Questo è un farmaco usato per il trattamento delle insufficienze cardiache in fase di scompenso acuto. La sua azione è data dalla sensibilizzazione al calcio da parte delle proteine contrattili e da un effetto vasorilassante, inizialmente si pensava dovuto ad un’interazione esclusiva con i canali sarcolemmatici KATP, poi dimostrato dall’interazione anche con i canali mitoKATP, i quali svolgono un’azione cardioprotettiva dal danno da I/R (Haikala et

al., 1995; Jamali et al., 1997; Kopustinskiene et al., 2004; Terzic et al., 2000).

Inoltre si è investigato su effetti cardioprotettivi dati da numerosi polifenoli (le teaflavine e l’epigallocatechina) (Ma et al., 2011) e da anestetici locali (sevoflurano e isoflurano) sempre tramite interazione con i canali mitoKATP (Zaugg et al., 2002). Recentissimi studi affermano che la vitamina C protegga il miocardio dal danno da I/R attivando i canali mitoKATP, nel particolare attiva la via di segnalazione PI3K-Akt (Hao et al., 2016). Ci sono anche altre sostanze naturali con effetti cardioprotettivi tra cui un isoflavone denominato puerarina. È stata evidenziata, in mitocondri isolati da cuori pretrattati con puerarina, una significativa inibizione dello swelling calcio-indotto e la sua azione è stata attenuata dall’utilizzo di 5-HD, un inibitore dei canali mitoKATP. Tale risultato ha dimostrato un coinvolgimento dei

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canali mitoKATP nella cardioprotezione. Altri studi hanno, inoltre, dimostrato che la puerarina previene l’apoptosi cellulare e l’attivazione dell’MPTP (Gao et al., 2006). L’apertura dei canali mitoKATP rappresenta quindi un tentativo di protezione per la cellula; in effetti, in mancanza di ossigeno la conduttanza della membrana mitocondriale esterna aumenta provocando una contrazione della matrice e un’espansione dello spazio tra membrana interna ed esterna (Testai et al., 2007). Attivando i canali mitoKATP in condizioni di ipossia si permette un rigonfiamento della matrice mitocondriale dovuta ad un ingresso di ioni K+, alla diffusione di acqua e all’assorbimento di ioni fosfato e cloruro che permetterà di mantenere bassa la permeabilità della membrana per i nucleotidi e ridurrà l’idrolisi dell’ ATP, creando un gradiente favorevole per la sintesi dell’ATP. Ciò porterà ad un trasferimento dell’energia tra il mitocondrio e l’ATPasi cellulare con cui il recupero, al momento della riperfusione, aumenterà (Garlid, 2000). È fondamentale l’ingresso di ioni K+ all’interno della matrice per il loro ruolo nella fosforilazione ossidativa, nella regolazione delle funzioni mitocondriali e nella regolazione del volume mitocondriale (Garlid, 2000; Garlid and Pauacek, 2003). L’attivazione dei mitoKATP permette anche un ridotto sovraccarico di Ca++ nella matrice mitocondriale e questo preverrebbe, durante la fase di riperfusione, un’ulteriore apertura dell’MPTP, inducendo cardioprotezione (Testai et al., 2007).

Diversi studi hanno affermato che cuori di ratto anziani sono maggiormente soggetti ad ischemia riperfusione rispetto ai cuori di ratto adulti (Lesnefsky et al., 1994) e che il meccanismo dell’IPC non è efficiente nei cuori senescenti (Lee et al.,2002; Fenton

et al., 2000).

A conferma di ciò è stato somministrato un attivatore dei canali mitoKATP, il diazossido, ad animali senescenti. In questo caso, l’inefficacia dimostrata dal

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diazossido nell’indurre una depolarizzazione al potenziale mitocondriale di membrana nel ratto anziano, al contrario di quanto avviene nel giovane, può dipendere da vari fattori: un deficit nell’espressione dei canali mitoKATP, una variazione qualitativa di questi canali tale da renderli meno sensibili ai loro attivatori o ancora un’incapacità nel controllare l’ingresso di K+

all’interno della matrice mitocondriale. Ciò può portare ad una depolarizzazione della membrana e ad una riduzione dei gradienti elettrici e chimici per l’entrata di K+, aspetto che annullerebbe l’attivazione farmacologica del canale (Schulmann et al., 2001).

Un attivatore selettivo dei canali mitoKATP come il derivato F163, produce effetti depolarizzanti nei mitocondri cardiaci di animali adulti (Calderone et al., 2010), ma non ha prodotto alcun effetto significativo sul potenziale di membrana dei mitocondri cardiaci di animali anziani. Le differenze nella funzione mitocondriale correlate all’età, o almeno quelle relative alla genesi del potenziale di membrana, possono essere legate ad una diversa espressione/attività dei canali mitoKATP espressi sulla membrana interna o più in generale ad un’alterata gestione di “flussi ionici transmembranali di K+” piuttosto che a meccanismi legati ad un diverso funzionamento dei processi di respirazione mitocondriale (Matteoli, 2013).

2.3.4. Canali mitoBK

Analogamente ai canali mitoKATP, anche i canali al K+ calcio-attivati risultano presenti nella membrana mitocondriale interna (Xu et al., 2002) e l’entrata di K+ attraverso questi canali depolarizza il potenziale di membrana mitocondriale riducendo la forza di afflusso di Ca++ nel mitocondrio. Quindi la loro attivazione evita il sovraccarico di Ca++ nei mitocondri (O’Rourke, 2004), in modo del tutto

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simile a quanto osservato per i canali mitoKATP. La distribuzione dei canali mitoBK a livello della membrana mitocondriale interna ha dimostrato di conferire cardioprotezione contro i danni da ischemia/riperfusione (Xu et al., 2002), come avviene con i mitoKATP.

I canali al K+ calcio-attivati sono classificati in tre gruppi principali in base alle caratteristiche biofisiche della conduttanza del singolo canale: canali a bassa conduttanza (SK), canali a conduttanza intermedia (IK) e canali a grande conduttanza (BK) (Calderone, 2002). A livello mitocondriale quelli maggiormente studiati sono i canali a grande conduttanza (mitoBK) la cui caratteristica principale è quella di essere dipendenti, per quanto riguarda la loro attivazione, sia dalla concentrazione di Ca++ che dal voltaggio (Diaz et al., 1998).

I canali BK mitocondriali e sarcolemmatici sono presenti sia nelle cellule eccitabili che non eccitabili e sono coinvolti in numerose funzioni come ad esempio la modulazione del tono della muscolatura liscia vascolare, uterina o gastro-intestinale (Perez and Toro, 1994; Vogalis, 2000).

Strutturalmente il canale mitoBK è un etero-ottamero costituito principalmente da due subunità: la subunità α che va a costituire il poro del canale e la subunità β che è accessoria (Garcia-Calvo et al.,1994).

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Figura n.5 : A. Subunità α del canale mitoBK, B. Subunità β del canale mitoBK

La subunità α è costituita da 7 domini transmembranali (S0-S6) codificati dal gene Kcnma1, che ha un N-terminale extracellulare e un C-terminale intracellulare. Quattro subunità α vanno a costituire il vero e proprio canale funzionale. La parte del canale voltaggio-dipendente coinvolge dal dominio S0 a S4, quella che dà la struttura di “poro” include i domini S5 e S6 e il dominio sensibile al Ca++

è localizzato sul C-terminale (Balderas et al., 2015), situato nello spazio intracellulare, formato a sua volta da 4 subunità (S7-S10) (Meera et al.,1999). La subunità β, la cui presenza non è strettamente necessaria, svolge una funzione modulatoria influenzando la sensibilità verso alcuni fattori attivanti e la possibilità di formare legami con ligandi esogeni ed endogeni. Strutturalmente è costituita da 4

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domini (1-4); la struttura del dominio β4 contribuisce a dare resistenza ad un’inibizione data da tossine (Brenner et al., 2000; Meera et al.,2000).

Il coinvolgimento dei canali mitoBK nella cardioprotezione è stato dimostrato tramite alcuni studi (Cao et al., 2005) che hanno permesso di dimostrare che la protezione data dall’IPC viene meno se, prima dell’insulto ischemico, all’animale si somministra un bloccante dei canali mitoBK. D’altro canto se, invece, si somministra un attivatore dei canali mitoBK, questo conferisce cardioprotezione. Con ulteriori studi si è valutata anche l’importanza che intercorre tra l’MPTP e i canali mitoBK. Testando delle sostanze che attivano il poro, hanno dimostrato che venivano inibiti sia gli effetti positivi dati dall’IPC, sia l’azione di sostanze che attivavano i mitoBK. Quindi sia i mitoKATP che i mitoBK intervengono inibendo l’apertura dell’MPTP ma in maniera distinta l’uno dall’altro; infatti, ad esempio la cardioprotezione data dal diazossido (attivatore del mitoKATP) non è influenzata dai bloccanti dei canali mitoBK (Cao et al., 2005).

Inoltre, altri studi hanno dimostrato un dimezzamento nell’espressione dei canali BK nelle arterie coronariche ed una significativa diminuzione delle loro modalità fisiologiche durante l’invecchiamento (Marijic et al., 2001).

Anche per i canali mitoBK sono state scoperte delle sostanze in grado di attivarli. Le prime sono una serie di arilbenzilimidazoloni (Calderone, 2002), però studi antecedenti hanno dimostrato che il nucleo benzimidazolone non è un requisito essenziale per l’attività sui canali mitoBK (Hewawasam et al., 1997). Tra i principali attivatori dei canali mitoBK ricordiamo l’NS1619 di cui sono stati misurati gli effetti sulla respirazione mitocondriale in mitocondri isolati da cuori di ratti giovani (2-3 mesi di età) e di ratti anziani (22-26 mesi di età). Con questa sperimentazione, effettuata da Heinen e dai suoi collaboratori, si è scoperto non solo

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che l’apertura dei canali mitoBK ad opera di NS1619 dipendeva dall’età, ma anche che aumentava lo stadio 4 della respirazione in maniera concentrazione-dipendente solo nei mitocondri dei cuori giovani.

La constatazione che NS1619 aumenta la respirazione mitocondriale in condizioni di riposo è in accordo con risultati precedenti in cui si è riscontrato un aumento dose dipendente nell’ossidazione di flavoproteine in seguito all’attivazione dei canali mitoBK (Sato et al.,2005).

Da qualche anno si sta analizzando l’azione di un flavonoide in particolare, la naringenina (NAR) derivante da piante appartenenti al genere Citrus che agisce prettamente su questo canale e che risulta essere cardioprotettivo.

3.1.Flavonoidi e loro caratteristiche

I flavonoidi sono composti polifenolici che si trovano ubiquitariamente nella frutta, nella verdura (Firenzuoli et al., 2004; Ren e Zuo, 2012). Sono stati descritti più di 4000 differenti flavonoidi e sono suddivisi in sei principali sottogruppi: flavoni (abbondanti soprattutto in sedano, prezzemolo), flavonoli (mele, piselli), antocianidine (mirtilli, cavolo rosso), catechine (the verde, cacao), flavanoni (arance, pompelmo,limoni) e isoflavoni (soja) (Testai, 2015).

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Figura n.6: Struttura chimica dei flavonoidi.

Strutturalmente i flavonoidi sono costituiti da uno scheletro di difenilpropano, ossia due anelli benzenici (A e B, vedi Figura n.6) collegati da una catena di 3 atomi di C che forma un anello piranico chiuso con l’anello A e che viene denominato anello C. Pertanto, questa struttura viene chiamata C6-C3-C6. I sottogruppi esistono in base alla struttura e alle modifiche dell’anello centrale C (Groenenboom et al., 2013) e si differenziano tra di loro in base ai diversi sostituenti (ossidrili o metili), al grado di insaturazione e al tipo di zucchero a cui si possono attaccare (Woodman and Chan,

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3.2. Naringenina

Uno dei flavonoidi naturali analizzati appartenente al sottogruppo dei flavanoni è la Naringenina, aglicone della Naringina. Si trova principalmente negli agrumi ma è abbondante anche nei pomodori e nelle ciliegie (Kawaii et al., 1999).

Figura n.7: Struttura chimica della Naringenina.

La Naringenina (NAR) svolge svariate attività: antiinfiammatoria e antiossidante sia in vivo che in vitro (Franke et al., 2005; Alam et al., 2014); antitumorale (Kanno et

al., 2005); cardioprotettiva anti-ischemica (Testai et al., 2013 a); antiobesità

(Fukuchi et al., 2008); antidiabetica (Ortiz-Andrade et al., 2008) e ipolipidemica (Santos et al., 1999). Inoltre, previene la steatosi epatica e migliora la sensibilità all’insulina in animali nutriti con una dieta ricca di grassi (Mulvihill et al., 2010).

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Recenti studi hanno dimostrato da parte di NAR un’azione protettiva contro l’ipertrofia cardiaca indotta da un overload della pressione. Si è praticata una legatura dell’aorta nei topi in modo da indurre un’ipertrofia cardiaca; in seguito si è somministrata la NAR per 7 settimane e si è dimostrato che la NAR riduce la progressione dell’ipertrofia cardiaca (Zhang et al., 2015).

Si è analizzata anche l’azione di NAR a livello vascolare con studi in vitro, in particolare confrontando le sue azioni meccaniche ed elettrofisiologiche utilizzando anelli di aorta di ratto privati di endotelio. È stato osservato che il vasorilasciamento indotto dalla (+/-)NAR è antagonizzato dalla presenza di tetraetilammonio 10 mM (bloccante di vari canali al K+), di iberiotossina 200 mM (bloccante selettivo dei canali BK), di 4-amminopiridina 3mM (bloccante dei canali K+ voltaggio-dipendente) e di KCl 60 mM (elevata concentrazione che induce una marcata depolarizzazione). Al contrario, la glibenclamide (bloccante del canale mitoKATP) non produce un antagonismo significativo in quanto i canali mitoKATP non sono coinvolti in questo meccanismo. Questi risultati sono la prova che la corrente al K+, registrata con la somministrazione di NAR, è sostenuta dai canali al K+ (Saponara et

al., 2006).

Un altro studio su anelli di aorta ha dimostrato che l’effetto vasorilassante di (+/-) NAR è in parte mediato dal rilascio di NO (ossido nitrico) dall’endotelio (Ajay et

al., 2003), dato dall’attivazione di canali BK endoteliali (Kuhlmann et al., 2004).

Tuttavia, è noto che l’NO va ad attivare i canali BK delle cellule della muscolatura liscia vascolare (Bolotina et al., 1994); di conseguenza, per valutare l’azione di NAR sui canali BK è stato utilizzato un modello sperimentale senza endotelio. Sono stati utilizzati miociti di arteria caudale di ratto e, con la tecnica del patch clamp, è stato visto che il flavonoide aumenta, in modo concentrazione-dipendente, le

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correnti dei canali BK, e questa stimolazione è sensibile all’iberiotossina (Saponara

et al., 2006). In particolare, la (+/-)NAR varia la sensibilità al voltaggio del

meccanismo di attivazione del canale indipendentemente dal Ca++ presente all’interno della cellula; infatti, anche sostituendo l’EGTA nella soluzione interna con BAPTA (chelante rapido del Ca++) la (+/-)NAR continua a stimolare pienamente la corrente BK. È probabile, quindi, che la stimolazione dei canali BK da parte di NAR sia dovuto ad un effetto diretto sulla proteina (Saponara et al.,

2006).

3.3. Azione cardioprotettiva della naringenina

Recentemente è emerso che la NAR ha effetti cardioprotettivi grazie alla sua azione sui canali mitoBK andando a mimare il fenomeno del “precondizionamento farmacologico”; in tal modo il miocardio sarà in grado di resistere a successivi danni da ischemia riperfusione (Testai et al., 2013 b).

L’azione cardioprotettiva di NAR è stata rivelata grazie all’utilizzo di modelli in vivo di infarto, che rappresentano un modello sperimentale affidabile più vicino al quadro clinico dell’infarto cardiaco, e di cuori isolati perfusi alla Langendorff. La somministrazione intraperitoneale di NAR, con una dose di 100mg/Kg in un modello di infarto in vivo, ha mostrato un’elevata concentrazione plasmatica del flavonoide compresa tra livelli di picco leggermente più elevati di 100μM e il più basso livello μM. Tali concentrazioni sono dello stesso ordine di grandezza di quelle registrate sull’uomo in seguito al consumo di una stessa quantità di frutti appartenenti al genere Citrus (arance, pompelmi).

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Nel modello di infarto indotto sperimentalmente sono stati osservati significativi effetti cardioprotettivi di NAR quasi paragonabili a quelli dati dall’IPC, risultato ottenuto anche in un modello differente dal vivo come i cuori perfusi alla Langendorff.

Somministrando 10 mg/Kg di paxillina, bloccante selettivo dei canali BK, per via intraperitoneale, 10 minuti prima di somministrare NAR, si denota una mancata cardioprotezione data dall’azione antagonizzante di paxillina. Ciò conferma che l’attivazione dei canali mitoBK è un importante meccanismo d’azione di NAR per conferire cardioprotezione.

Nello specifico, si è constatato che la somministrazione di NAR evoca a livello mitocondriale un risposta depolarizzante concentrazione-dipendente nei mitocondri cardiaci isolati. La ridotta depolarizzazione osservata quando NAR era somministrata in un mezzo mancante di K+ (in cui gli ioni K+ sono sostituiti da mannitolo), denota il coinvolgimento dei canali del K+ (Holmuhamedov et al.,

1999). Risultati similari si sono riscontrati con l’uso di bloccanti selettivi dei canali

mitoBK.

Ulteriore dimostrazione del coinvolgimento dei canali mitoBK si è confermata tramite l’utilizzo del tallio, catione potassio mimetico, e di una sonda fluorescente sensibile al tallio. Nell’esperimento era prevista la somministrazione di NAR, la quale produce un significativo aumento della fluorescenza, promuovendo l’entrata di ioni tallio attraverso i canali del potassio. Ciò ha dimostrato ancora una volta il coinvolgimento dei canali mitoBK nel meccanismo d’azione di NAR, confermato dall’utilizzo del bloccante del canale paxillina (Testai et al., 2013b).

Recentemente, è stato eseguito uno studio volto a valutare gli effetti cardioprotettivi di NAR come potenziale attivatore dei canali mitoBK in ratti senescenti, di 10-12

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mesi di età. L’esposizione di cuori non trattati di animali senescenti, isolati e perfusi alla Langendorff, sottoposti ad un ciclo di 30 minuti di ischemia e 120 minuti di riperfusione, ha prodotto un danno significativo evidenziato da un modesto recupero della funzionalità contrattile. Al contrario, la somministrazione di una dose di NAR pari a 100 mg/Kg (i.p.), ha determinato evidenti effetti cardioprotettivi portando un recupero quasi totale della funzionalità contrattile cardiaca durante la fase di riperfusione. L’efficacia di NAR è stata confermata anche nel dato morfologico che mostra una netta riduzione dell’ampiezza delle aree ventricolari sinistre danneggiate dall’ I/R.

A seguire, l’indagine si è rivolta alla valutazione dell’attività di NAR nei confronti di due importanti parametri: il potenziale di membrana mitocondriale e l’attività dell’enzima citrato sintasi. Per quanto riguarda il potenziale di membrana, si è notato come nel mitocondrio di cuore anziano isolato si assiste ad una maggiore depolarizzazione della membrana rispetto al giovane e il trattamento in acuto con NAR, somministrata due ore prima dell’isolamento mitocondriale e della determinazione del potenziale di membrana mitocondriale, non ha alterato questo parametro. Per quanto concerne l’attività dell’enzima citrato sintasi si è visto che nei ratti vecchi il suo valore viene dimezzato e NAR anche in questo caso non porta a variazioni, indice del fatto che il flavonoide, somministrato in acuto non è in grado di migliorare l’attività metabolica dei mitocondri senescenti. Pertanto la ricerca si è spostata su un trattamento sub-cronico di NAR, somministrato con una dose di 100 mg/Kg al giorno per 6 giorni. È stato interessante notare come il trattamento, seguito da un danno da I/R, ha riportato un significativo recupero funzionale e una netta riduzione delle aree ischemiche (Lagomarsini, 2014). Questi dati confermano l’azione cardioprotettiva di NAR.

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SCOPO DELLA TESI

L’infarto del miocardio (IM) è una delle principali cause di malattia e di morte nei Paesi occidentali. Questa patologia dipende strettamente dall’età, infatti è stata registrata una stretta associazione tra invecchiamento e incidenza di IM, e soprattutto una perdita di efficacia delle difese cardioprotettive endogene. Attualmente a livello clinico le uniche strade perseguite per ridurre questo rischio sono rappresentate da interventi sullo stile di vita, come l’esercizio e la riduzione dell’apporto calorico.

Dati epidemiologici dimostrano l’associazione tra “intake” di flavonoidi e riduzione della mortalità per patologie cardiovascolari, tuttavia mancano studi mirati su individui anziani, che risultano essere i più esposti al danno da I/R e sui quali le consuete strategie cardioprotettive perdono efficacia. Inoltre la bassa biodisponibilità e le poco favorevoli proprietà farmacocinetiche limitano la potenziale utilità terapeutica dei flavonoidi.

Dunque questa tesi di Laurea si è posta l’obiettivo di valutare la capacità di naringenina (NAR) di limitare il danno da ischemia/riperfusione, ripristinando l’efficacia delle strategie di cardioprotezione in un modello in vivo di infarto acuto del miocardio ottenuto su ratti vecchi.

Secondo obiettivo della tesi è stato valutare il/i target mitocondriale/i su cui potrebbe agire NAR per svolgere l’azione cardioprotettiva, lavorando su mitocondri isolati da tessuto di cuori vecchi e da cardiomiociti sottoposti a processo di senescenza per esposizione a doxorubicina. A tale scopo l’espressione delle subunità

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alfa e beta del canale mitoBK e dell’enzima SIRT1 (coinvolto nei processi di senescenza cellulare) sono stati analizzati tramite saggi di western blot.

Sulla base dei risultati di questa tesi, accanto alle considerazioni nutrizionali su cibi contenenti alte concentrazioni di NAR, saranno gettate le basi per studi futuri finalizzati allo sviluppo di formulazioni nutraceutiche, che assunte quotidianamente come integratori dell’alimentazione, e al tempo stesso dotate di proprietà

farmacologiche, consentiranno di mantenere le funzioni bioenergetiche

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MATERIALI E METODI

Sperimentazione animale

La sperimentazione è stata condotta su ratti Wistar di sesso maschile, di età compresa tra 10-12 mesi, di peso compreso tra i 400-700 grammi e su topi di sesso maschile, di 3, 6, 9, 12 mesi, di peso compreso tra i 20-40 grammi in conformità alla normativa comunitaria (Direttiva CEE 2010/63) ed italiana (D.L.4 marzo 2014 n.26). Gli animali sono stati allevati in gabbie dove avevano libero accesso ad acqua e cibo ed erano esposti a cicli di buio/luce di 12 ore, ad una temperatura di 24oC.

1. Esperimento in vivo

A. Procedura sperimentale

 Trattamento farmacologico. I ratti sono stati trattati con un’iniezione intraperitoneale (i.p.) di Naringenina, con una dose di 100 mg/Kg o del suo veicolo (DMSO), 2h prima dell’induzione dell’attacco ischemico.

Quando richiesto dalle condizioni sperimentali 10 minuti prima la somministrazione di NAR, il bloccante selettivo dei canali BK, paxillina (10mg/Kg) era somministrato per via i.p.

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Inoltre, per alcuni esperimenti è stata eseguita la procedura dell’IPC, ripetendo per 3 volte i seguenti cicli di I/R: 5 minuti di LAD-10 minuti di riperfusione, seguiti da 30 minuti di LAD e 2h di riperfusione.

 Induzione di ischemia cardiaca. Gli animali sono stati anestetizzati con pentobarbitale sodico (70 mg/Kg i.p.) e quando richiesto con dosi di mantenimento di 10 mg/Kg i.p. che venivano somministrate durante la procedura per mantenere l’anestesia dell’animale. Dopo aver posto gli animali in posizione supina sul tavolo operatorio, sono stati inseriti, nello strato sottocutaneo delle zampe anteriori e posteriori, gli elettrodi per il monitoraggio del tracciato elettrocardiografico (ECG). Successivamente sono stati sottoposti a ventilazione forzata (1,2 ml di aria/100 g di peso corporeo, con una frequenza di 70 atti/min) mediante tracheotomia. Tale procedura è indispensabile perché l’apertura della cavità toracica provocherebbe un collasso polmonare e quindi comprometterebbe la funzionalità respiratoria. Il cuore è stato esposto mediante toracotomia sinistra e dopo aver tolto il pericardio è stata applicata meccanicamente un’occlusione dell’arteria coronaria discendente sinistra, facendo passare un filo chirurgico di seta intorno al vaso. L’occlusione reversibile dell’arteria, circa 2mm sotto l’atrio sinistro, è stata realizzata mediante un filo che viene fatto passare al di sotto dello spessore dell’arteria e successivamente all’interno di un sottile tubo di vinile; il tutto bloccato con una pinza emostatica.

L’avvenuta occlusione è confermata dallo sbiancamento della parte anteriore del ventricolo sinistro e dalla comparsa dei tipici segni di lesione miocardica sul tracciato ECG.

Riferimenti

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