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Efficacia del secondo impianto valvolare dopo fallimento del primo nel glaucoma refrattario

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Academic year: 2021

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(1)

U

NIVERSITA’ DI

P

ISA

Dipartimento di Patologia Chirurgica, Medica, Molecolare e dell’Area Critica

Scuola di Specializzazione in Oftalmologia

E

fficacia del secondo impianto valvolare

dopo fallimento del primo nel glaucoma refrattario

Relatore

Chiar.mo Prof. Marco Nardi

Candidato

Dott.ssa Francesca Guido

(2)
(3)

Indice

1 Introduzione

...

1

2 Il Glaucoma

...

3

2.1 DEfiNIZIONE ... 3

2.2 EPIDEMIOLOGIA E FATTORI DI RISCHIO ... 3

2.3 CLASSIfiCAZIONE ... 4

2.3.1 Glaucomi primari ... 5

2.3.1.1 Glaucoma primario ad angolo aperto (POAG) ... 5

2.3.1.2 Glaucoma primario da chiusura d’ angolo GPCA ... 8

2.3.2 Glaucomi secondari ... 10

2.3.2.1 Glaucoma associato a Sindrome da Pseudoesfoliazione/Esfoliativo (pseudoesfoliativo) ... 11

2.3.2.2 Glaucoma associato a sindrome da dispersione di Pigmento (PG) . 12 2.4 DIAGNOSI ... 12 2.4.1 Oftalmoscopia ... 13 2.4.2 Gonioscopia ... 14 2.4.3 Tonometria ... 15 2.5. TERAPIA ... 16 2.5.1. Terapia farmacologica ... 17 2.5.2 Chirurgia ... 18

3 Glaucoma refrattario

...

21 3.1 IMPIANTI DRENANTI ... 21 3.1.1. Valvola di Ahmed ... 21 3.1.2. Impianto di Krupin-Denver ... 27 3.1.3. Impianto di Molteno ... 27 3.1.4. Impianto di Baerveldt ... 28 3.2 PROCEDURE CICLODISTRUTTIVE ... 29

4 Studio

...

32 4.1 MATERIALI E METODI ... 32

4.2 ANALISI STATISTICA E RISULTATI... 36

4.3 DISCUSSIONE ... 41

4.4 CONCLUSIONI ... 45

(4)

1 Introduzione

Per glaucoma si intende un gruppo di neuropatie ottiche croniche e progressive che hanno in comune la graduale perdita delle cellule ganglionari retiniche associata a caratteristico deficit funzionale e ad alterazioni della testa del nervo ottico. Il glaucoma rappresenta la prima causa di cecità nel mondo e l’unico trattamento di comprovata efficacia è la riduzione della pressione intraoculare allo scopo di bloccare o rallentare la progressione del danno funzionale.

Il glaucoma refrattario è definito come pressione intraoculare incontrollata con evidenza di deterioramento del nervo ottico e del campo visivo nonostante terapia farmacologica massimale, fallimento di precedenti interventi chirurgici o di una combinazione di chirurgia e farmaci o un alto rischio di fallimento della trabeculectomia. In questi casi l’uso di impianti drenanti valvolati ha ottenuto risultati positivi in termini di riduzione della pressione intraoculare a lungo termine. La valvola di Ahmed è un impianto drenante con restrizione di flusso. Consiste in un tubicino in silicone (diametro interno: 0,3 mm) connesso ad una valvola anch’essa in silicone, contenuta in una piastra episclerale in polipropilene. Il meccanismo a valvola è realizzato grazie a due sottili membrane elastomeriche, che creano una camera di Venturi.

Lo scopo di questo studio è valutare l’efficacia e la sicurezza del secondo impianto valvolare in glaucomi refrattari, in pazienti che necessitano un’ulteriore riduzione della pressione intraoculare dopo fallimento del primo impianto valvolare.

In questo studio abbiamo considerato un campione di 28 pazienti con glaucoma refrattario con un follow-up di 2 anni e mezzo.

Le procedure effettuate prima dell’ impianto valvolare erano in media 4,25 per paziente,il valore medio di pressione intraoculare era di 35,2 ± 7,9 mmHg.

La pressione intraoculare media si è ridotta dal valore basale di 35,2 ± 7,9 mmHg a 15,6 ± 4,2 mmHg a 3 mesi, a 14,9 ± 3,7 mmHg a 6 mesi, a 15,5 ± 3,4 mmHg a 12 mesi e a 14,4 ±5 mmHg a 30 mesi.

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L’acuità visiva è rimasta stabile durante tutte le visite di follow-up.

Le complicanze osservate nell'immediato post-operatorio sono state, in ordine di frequenza: ipotonia (14%) e ipoema (7%); più tardivamente sono state osservate, in ordine di frequenza: scompenso corneale (29%), revisione della bozza (10%),vitrectomia anteriore (7%), iniezione intravitreale di Anti-VEGF (7%),esposizione dell'impianto (4%) endoftalmite (4%), ipotonia persistente (4%), accorciamento del tubo valvolare (4%).

Nonostante l’invasività dell’intervento, questo studio ha dimostrato che nei casi di glaucoma refrattario, un reimpianto della valvola di Ahmed può essere considerato una valida scelta, sia in termini di controllo della pressione intraoculare sia nella riduzione del numero di farmaci assunti dai pazienti mostrando una stabilità dell'acuità visiva.

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2 Il Glaucoma

2.1 Definizione

Il Glaucoma ( dal greco “glaucos”, grigio-azzurro) descrive un gruppo di neuropatie ottiche croniche e progressive caratterizzate da alterazioni a carico della testa del nervo ottico, quali assottigliamento della rima neuroretinica con allargamento dell’escavazione per neurodegenerazione degli assoni delle cellule ganglionari e la deformazione della lamina cribrosa; a questo si associa un difetto a carico del campo visivo che può essere localizzato o diffuso, a volte non evidenziabile nelle fasi precoci della patologia. L’acuità visiva nelle vasi iniziali è risparmiata ma la progressione della malattia può portare ad una completa perdita visiva1. La diagnosi

di Glaucoma deve coinvolgere lo studio dei seguenti parametri: • Pressione intraoculare

• Danno della papilla del nervo ottico • Danno del campo visivo

• Angolo di drenaggio camerulare

2.2 Epidemiologia e Fattori di rischio

A livello mondiale, nel 2013, il numero di persone di età compresa tra I 40 e gli 80 anni affetti da glaucoma è stato stimato essere approssimativamente 64,3 milioni, numero destinato ad aumentare a circa 76 milioni nel 2020 e circa 111,8 milioni nel 2040 per l’aumento dell’età media della popolazione e dell’aspettativa di vita2,3. Più

del 50% delle persone nei paesi industrializzati giungono tardivamente alla diagnosi a causa della natura asintomatica e dell’esordio insidioso di questa patologia4,5,6.

Tra i fattori di rischio correlati allo sviluppo del Glaucoma vi sono:

• Età: gli strati più anziani della popolazione possono avere un aumento del rischio di glaucoma da 4 a 10 volte maggiore

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superiore rispetto alla bianca 9. Tra gli arabi la forma di glaucoma ad angolo

chiuso è più frequente di 5 volte rispetto agli europei;

• Familiarità: circa il 25% dei pazienti affetti da glaucoma primario ad angolo aperto presenta una familiarità positiva per questa patologia;

• Fattori vascolari: ipertensione arteriosa, malattie dei vasi e vasospasmo sono classificati come fattori di rischio di lieve entità, in quanto substrati su cui meglio si esplicala patologia glaucomatosa. L’ipotensione arteriosa e in particolare le brusche cadute della pressione durante la notte, sono state riscontrate in pazienti affetti da glaucoma nella sua forma a pressione normale e in quei soggetti che mostravano una progressione del danno perimetrico1 0 , 11;

• Pressione intraoculare (IOP): insieme ai test diagnostici sulla papilla e sul campo visivo, la IOP era considerata l’elemento cardine per la diagnosi di glaucoma. Oggi la pressione intraoculare ha un ruolo chiave come fattore di rischio modificabile. La prevalenza del glaucoma primario ad angolo aperto aumenta all’aumentare della IOP8 , 1 2 ,1 3 ( per valori di IOP >

18mmHg )4. E’ stato dimostrato che una riduzione della IOP

(attraverso terapia medica, laser o trattamento chirurgico) è efficace nel rallentare la progressione della malattia1 4.

2.3 Classificazione

Il glaucoma può essere classificato in base a vari criteri. In base all’epoca di insorgenza possiamo distinguere il glaucoma congenito, se presente fin dalla nascita, glaucoma acquisito, se esordisce in un periodo successivo. In base all’assenza o presenza di fattori che promuovono l’aumento pressorio, siano essi di origini oculare o non oculare rispettivamente distinguiamo il glaucoma primario e secondario. A seconda del meccanismo di ostacolo al deflusso dell’umor acqueo si classifica glaucoma ad angolo aperto e ad angolo chiuso1 (come mostra la figura 1).

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Figura 1: A sinistra ad angolo aperto a destra ad angolo chiuso

2.3.1 Glaucomi primari

2.3.1.1 Glaucoma primario ad angolo aperto (POAG)

Il glaucoma primario ad angolo aperto (Primary Open Angle Glaucoma, POAG), risponde dell’80% delle forme nel mondo occidentale. Entrambi gli occhi generalmente sono colpiti ma non sempre in ugual modo. L’incidenza del glaucoma nei discendenti di primo grado di pazienti affetti è 7-10 volte maggiore rispetto alla popolazione generale.

Il POAG identifica un sottotipo di malattia caratterizzata da un esordio in età adulta (bassa incidenza al di sotto dei 50 anni), IOP elevata, angolo camerulare aperto alla gonioscopia, danno glaucomatoso al nervo ottico e difetti corrispondenti al campo visivo1 5 , 16.

Il rischio di sviluppare un POAG cresce all’aumentare del livello della IOP, anche se non ci sono evidenze di una IOP soglia per l’esordio della patologia.

(9)

Patogenesi

Le basi fisiopatogenetiche della patologia glaucomatosa ad angolo aperto risiedono in un insufficiente drenaggio dell’umore acqueo dalla camera anteriore dell’occhio, con un angolo camerulare normosviluppato.

L’umor acqueo fisiologicamente raggiunge il canale di Schlemn attraverso il trabecolato sclerale, e infine, entra nella circolazione generale. L’aumento della IOP nel POAG è causato da un aumento delle resistenze al deflusso dell’umor acqueo a livello trabecolare. Il tessuto trabecolare presenta un ispessimento delle lamelle per deposizione di collagene e accumulo di materiale amorfo che riduce gli spazi interlamellari ed il lume del trabecolato juxtacanalicolare. L’acqueo viene quindi eliminato con difficoltà dalla camera anteriore e la IOP aumenta1 7 , 1 8.

Figura 2- Dinamica del flusso dell'umor acqueo

Nel tentativo di spiegare la correlazione tra aumento della IOP e danno della ..papilla ottica sono state elaborate due teorie patogenetiche19:

• Teoria Meccanica: suggerisce che l’aumento pressorio intraoculare danneggi direttamente le fibre nervose retiniche che passano attraverso la lamina

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cribrosa sclerale causandone compressione e disallineamento, e, contemporaneamente, comprometta l’apporto ematico agli assoni della testa del nervo ottico;

• Teoria ischemica: sostiene che l’ipertono oculare determini innanzitutto compressione della microcircolazione, con conseguente deficit di perfusione vascolare e ischemia della papilla ottica.

Entrambi i meccanismi patogenetici determinerebbero una interruzione del flusso assoplasmatico, una riduzione dell’apporto dei fattori neurotrofici, liberazione di radicali liberi dell’ossigeno e dell’azoto e aumento del tasso di apoptosi cellulare15 ,17.

Classificazione POAG

Il POAG comprende uno spettro di manifestazioni cliniche tra le quali troviamo :

• Glaucoma giovanile primario ad angolo aperto

• Glaucoma primario ad angolo aperto con aumento della pressione intraoculare

• Glaucoma primario ad angolo aperto normoteso • Glaucoma primario sospetto ad angolo aperto

• Ipertensione oculare, senza danno glaucomatoso a carico della papilla ottica

La forma più frequente è il glaucoma primario ad angolo aperto con aumento della pressione intraoculare. È una malattia caratterizzata da1 5 , 17:

ü Insorgenza nell’adulto;

ü Asintomatica fino al raggiungimento di una significativa perdita del campo visivo;

(11)

ü Danno del disco ottico con progressivo allargamento dell’escavazione che, nelle fasi avanzate, assume l’aspetto a “pignatta” con denudamento e visualizzazione della lamina cribrosa;

ü Difetti del campo visivo, in genere già rilevabili al momento della diagnosi, corrispondenti al danno a carico del disco ottico. Inizialmente sono coinvolti i settori paracentrali (in genere supero-nasali) con depressioni che poi confluiscono a dare lo scotoma arciforme dell’area di Bijerrum; altri difetti periferici corrispondono al salto nasale di Ronne. Progressivamente sono coinvolti tutti i settori con esclusione dell’area centrale che viene persa solo negli stadi più avanzati della patologia;

ü Alla gonioscopia, angolo camerulare aperto (non occludibile, senza goniodisgenesia).

Spesso la diagnosi è posta casualmente in corso di una visita oculistica poiché il difetto iniziale del campo visivo è localizzato tipicamente nel settore nasale e compensato dall’occhio adelfo per cui il paziente non ne ha consapevolezza finche il visus non è irreversibilmente compromesso.

2.3.1.2 Glaucoma primario da chiusura d’ angolo GPCA

Il glaucoma primario da chiusura d’angolo è una forma di glaucoma caratterizzata da una chiusura primaria dell’angolo responsabile di un danno del nervo ottico e perdita del campo visivo. Vi sono dei fattori anatomici che predispongono all’insorgenza della patologia quali: minore diametro corneale e più piccolo raggio di curvatura; camera anteriore di ridotta profondità; localizzazione anteriore del diaframma iridolenticolare e processi ciliari strutturalmente ruotati in avanti.

Patogenesi

(12)

scatenanti che agiscono in occhi con la particolare conformazione biometrica3 5 :

• Blocco pupillare : difficoltà al passaggio dell’umor acqueo attraverso il forame pupillare. L’aumento della pressione nella camera posteriore spinge on avanti la base dell’iride che occlude, così, il trabecolato.

• Affollamento diretto dell’angolo: si verifica nella conformazione e nella sindrome da iride a plateau. Durante la midriasi l’iride periferica si raccoglie ed occupa l’angolo ostruendolo.

• Meccanismo misto. Clinica

Il glaucoma primario da chiusura d’angolo può presentarsi in diverse forme cliniche.

1. Angolo stretto asintomatico: presenza di fattori anatomici predisponenti, angolo stretto, ma assenza di malattia.

2. GPCA Intermittente: vi sono episodi di chiusura dell’angolo autolimitati che inducono aumenti transitori della IOP e della sintomatologia relativa come ad esempio la visione di aloni iridescenti, soprattutto in situazioni che facilitano la midriasi come l’assenza di luce.

3. GPCA acuto: è una forma che si presenta generalmente tra 50 e 70 anni e più frequentemente nelle donne rispetto agli uomini. Caratterizzata da una serie di sintomi importanti tra i quali riduzione acuità visiva, dolore intenso in sede sovraorbitaria, nausea, vomito per stimolazione vagale sudorazione, bradicardia. Le cause scatenanti possono essere stress emozionali, traumi oculari, assenza di luce o iatrogene per l’uso di colliri midriatici durante una visita oculistica. Si presenta con marcato ipertono oculare con brusca insorgenza, edema corneale con evidenti pieghe della Descemet, tyndall corpuscolato in camera anteriore, pupilla in media midriasi fissa non reagente alla luce.

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Figura 3 Angolo iridocorneale chiuso

aumento della IOP.

2.3.2 Glaucomi secondari

Il glaucoma secondario ad angolo aperto definisce un gruppo eterogeneo di condizioni cliniche in cui l’aumento della pressione intraoculare è il principale

fattore eziopatogenetico, conseguenza di una concomitante patologia oculare o extraoculare. L’angolo camerulare si mantiene di normale ampiezza, sebbene alcune forme, per esempio, il glaucoma uveitico, traumatico o neovascolare, mostrino una patogenesi complessa inclusiva sia di espressioni di malattia ad angolo chiuso che ad angolo aperto. I glaucomi secondari ad angolo aperto possono essere associati a patologia oculare oppure a malattia extra-oculare.

Tra i primi abbiamo:

• Glaucoma associato a Sindrome da pseudoesfoliazione/Esfoliativo/Pseudoesfo liativo (Pseudoexfoliative Glaucoma, PXG);

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Glaucoma, PG); • Glaucoma uveitico;

• Glaucoma ad angolo aperto lente-indotto; • Glaucoma neovascolare;

• Glaucoma ad angolo aperto da trauma oculare; • Glaucoma ad angolo aperto iatrogeno.

Tra quelli associati a malattia extraoculare abbiamo:

• Glaucoma da aumento della pressione venosa episclerale.

2.3.2.1 Glaucoma associato a Sindrome da Pseudoesfoliazione/Esfoliativo (pseudoesfoliativo)

Il Glaucoma Pseudoesfoliativo rappresenta il tipo più frequente di Glaucoma secondario ad angolo aperto, insorge in pazienti affetti dalla Sindrome omonima pseudoesfoliatio. Questa è caratterizzata dal deposito età-correlato di materiale fibrillare simil-amiloide a carico di diversi organi e apparati: il quadro oculare sarebbe da inserirsi all’interno di un disordine sistemico20 .

La malattia pseudoesfoliativa oculare è caratterizzata dalla deposizione di materiale di origine proteica, di aspetto fibrillo granulare, simile ad amiloide, a livello di tutte le superfici bagnate da umor acqueo all’interno ed intorno alla camera anteriore20.

Può essere visibile sulla capsula anteriore del cristallino, sul corpo ciliare, sulla zonula, sul margine pupillare dell’iride, sull’endotelio corneale, sul vitreo anteriore e sul trabecolato dell’angolo irido-corneale.

Il glaucoma pseudoesfoliativo è in genere bilaterale e asimmetrico, similmente al POAG ma presenta un decorso clinico molto più severo, più rapidamente progressivo e una prognosi peggiore. La IOP è solitamente più alta dei valori mediamente riscontrati nel POAG20 e la sua riduzione in risposta alla terapia medica

risulta essere inferiore; pertanto i pazienti con glaucoma pseudoesfoliativo sono destinati più precocemente alla terapia chirurgica.

(15)

2.3.2.2 Glaucoma associato a sindrome da dispersione di Pigmento (PG) Il glaucoma pigmentario è una forma secondaria di glaucoma ad angolo aperto. Non tutti i pazienti affetti da Sindrome da dispersione pigmentaria sviluppano Glaucoma Pigmentario, sebbene essa aumenti il rischio di aumento della IOP21. La sua

incidenza è massima nella fascia di età che va dai 20 ai 40 anni e colpisce principalmente i maschi bianchi. Da un punto di vista fisiopatologico l’impedimento al deflusso dell’umore acqueo è causato dalla deposizione di granuli di pigmento, distaccati dalla superficie posteriore dell’iride, in corrispondenza della trama trabecolare con conseguente intasamento del trabecolato e aumento della IOP. Il Glaucoma Pigmentario può avere un decorso molto grave con fluttuazioni della IOP molto pronunciate. Un aspetto positivo è che il PG tenderebbe a “spegnersi” con l’avanzare dell’età con una IOP più facilmente raggiungibile. Il trattamento risulta analogo al POAG ma la maggior parte dei pazienti è indirizzata, comunque, all’intervento chirurgico.

Altre forme di glaucoma secondario ad angolo aperto

Per il trattamento delle altre forme di glaucoma secondario è necessario riconoscere e trattare la causa sottostante; se impossibile o nonostante ciò la IOP continui ad essere elevata, l’algoritmo terapeutico di riferimento rimane quello del POAG.

2.4 Diagnosi

Abbiamo già detto che più del 50% delle persone nei paesi industrializzati giungono tardivamente alla diagnosi a causa della natura asintomatica e dell’esordio insidioso di questa patologia.

Gli strumenti che abbiamo a disposizione per fare una corretta diagnosi sono: v 1° Livello ⇒ Oftalmoscopia; Gonioscopia; tonometria;

v 2°Livello ⇒ Perimetria; Morfometria della papilla ottica e delle fibre retiniche (HRT e OCT); Ultrabiomicroscopia.

(16)

In questo studio abbiamo analizzato solo gli esami di primo livello. 2.4.1 Oftalmoscopia

All’esame oftalmoscopico, il segno caratteristico del glaucoma ad angolo aperto è l’escavazione della papilla ottica. Esiste un’escavazione fisiologica, ma è lecito insospettirsi quando il rapporto tra diametro dell’escavazione e diametro della papilla risulti maggiore di 0,3 oppure quando si abbia un’asimmetria maggiore o uguale a 0,2 tra i due occhi. Il paziente glaucomatoso presenta tipicamente un aumento dell’escavazione della papilla associato ad un progressivo assottigliamento uniforme o localizzato della rima neurale con nasalizzazione del peduncolo vascolare22. Atri segni sono l’atrofia peripapillare ed il restringimento arteriolare

focale peripapillare, che correla con la perdita del campo visivo. Tali alterazioni sono dovute alla progressiva atrofia delle fibre ganglionari retiniche per azione compressiva meccanica direttae/o ischemica.

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2.4.2 Gonioscopia

La gonioscopia è la metodica clinica che consente la valutazione morfologica dell’angolo irido-corneale, fornendo informazioni utili a definire il tipo di glaucoma presente. Si utilizza una lente a contatto per neutralizzare il potere di rifrazione corneale, permettendo la visualizzazione diretta o indiretta delle strutture dell’angolo a seconda del tipo di lente. Si differenziano gonioscopi diretti, che sfruttano le capacità refrattive per permettere l’osservazione dell’angolo, e gonioscopi indiretti speculari (lente a tre specchi di Goldmann; lente speculare tipo Zeiss).

L’ampiezza dell’angolo irido-corneale è uno dei fattori che influenzano il drenaggio dell’umore acqueo dalla camera anteriore dell’occhio. Un ampio angolo di drenaggio consente un sufficiente drenaggio dell’umor attraverso il trabecolato sclero-corneale. Al contrario un angolo stretto può interferire con il sistema di drenaggio e lasciare il paziente suscettibile allo sviluppo di un glaucoma acuto ad angolo chiuso. Il sistema di classificazione Shaffer è un importante sistema di valutazione dell’angolo. Esso suddivide l’angolo in gradi di arco sotteso da due linee tangenziali immaginarie dirette alla superficie interna del trabecolato ed alla superficie anteriore dell’iride, ad un terzo circa di distanza dalla sua periferia. L’angolo viene così graduato in base alla visibilità di diverse strutture angolari23.

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Sistema di classificazione di Shaffer per l’ampiezza angolare:

• Grado 4 (35◦-45◦): angolo molto aperto; visibili SL-TM-SS-CBB1. Non è

possibile la chiusura d’angolo;

• Grado 3 (20◦-35◦): angolo aperto; visibili SL-TM-SS. Non è possibile la chiusura d’angolo;

• Grado 2 (20◦): angolo moderatamente stretto; visibili SL-TM. Chiusura d’angolo possibile ma improbabile;

• Grado 1 (10◦): angolo molto stretto; visibile solo SL. Rischio elevato di chiusura d’angolo;

• Grado 0 (0◦): angolo chiuso; nessuna struttura visibile.

2.4.3 Tonometria

La tonometria è una misurazione essenziale da effettuare nel corso di una visita oculistica soprattutto nella gestione del paziente glaucomatoso. Si distinguono una tonometria a contatto e una tonometria non a contatto. La tecnica gold standard per la misurazione della IOP è rappresentata dalla Tonometria ad applanazione di Goldmann24. Il tonometro si compone di un corpo contenente all’interno dei

(19)

da una sottile staffa metallica alla cui estremità viene posizionato un cono semitrasparente che viene portato a contatto con la cornea e, in base alla resistenza opposta dalla superficie oculare, si ottiene il valore della pressione intraoculare. Il principio su cui si basa questa metodica è la legge di Imbert-Fick25, la quale

stabilisce che in una sfera ideale con pareti sottili, la pressione al suo interno (P) è uguale alla forza necessaria per appiattire la superficie (F) diviso l’area di applanamento. La misurazione viene effettuata avvalendosi di anestesia topica e colorazione del film lacrimale con fluoresceina.

Quindi il cono viene illuminato con luce blu (filtro cobalto della lampada a fessura) e viene posto a contatto con la cornea; la fluoresceina viene eliminata dalla superficie appianata e si accumula sul suo bordo sottoforma di cerchio evidenziabile come due semicerchi sul cono; la pressione del cono viene variata con un apposito rotore e viene rilevata la pressione con la quale i due semicerchi si toccano sui margini interni.

2.5. Terapia

La gestione terapeutica del glaucoma si basa sulla normalizzazione della IOP al fine di stabilizzare il quadro morfofunzionale del nervo ottico; la riduzione della IOP rimane l’unico metodo di trattamento di comprovata efficacia6,14,26.

Generalmente il primo approccio è di tipo medico, a cui segue la scelta chirurgica se la IOP rimane alta o il danno progredisce nonostante la sua normalizzazione. L’Early Manifest Glaucoma Trial (EMGT) dimostrò, infatti, come la progressione del glaucoma venisse decrementata del 10% per ogni mmHg di abbassamento della IOP. Cardine della terapia diventa, allora, l’individuazione della “pressione target” ovvero l’obiettivo pressorio da raggiungere con il trattamento che sarà un valore tanto più basso quanto minore è il livello iniziale di IOP, più avanzato e a rapida evoluzione è il danno, più fattori di rischio sono presenti, e più giovane è il paziente. Per il raggiungimento di questo obiettivo possiamo avvalerci della terapia medica, del trattamento laser (Trabeculoplastica Argon Laser ALT, o Trabeculoplastica Selettiva SLT) e della chirurgica. I pazienti selezionati per il nostro studio effettuavano terapia ipotonizzante massimale ed erano stati sottoposti precedentemente a diversi interventi chirurgici.

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2.5.1 Terapia farmacologica

Il primo approccio terapeutico del glaucoma ad angolo aperto è rappresentato dalla terapia medica. I farmaci agiscono o riducendo la produzione di umor acqueo da parte dei corpi ciliari, o aumentando il deflusso dell’umor acqueo attraverso il trabecolato o la via uveosclerale.

. Le principali classi di farmaci utilizzate nella terapia del glaucoma sono: • Gli analoghi delle prostaglandine;

• β-bloccanti; • I diuretici;

• Gli agonisti colinergici; • Gli α-agonisti.

I farmaci di prima scelta sono stati per anni i β-bloccanti. Essi riducono la secrezione di umor acqueo mediante il blocco dei recettori β2 a livello dei processi ciliari17,27,28

con conseguente riduzione pressoria del 20%, sono altamente tollerati a livello oculare ma possono causare effetti collaterali sistemici quali broncocostrizione, bradicardia e

ipotensione che ne controindicano l’uso in

pazienti con asma, broncopneumopatie croniche ostruttive ed aritmie cardiache6,29.

Con l’avvento degli analoghi delle prostaglandine, l’uso dei β-bloccanti è andato riducendosi. Gli analoghi delle prostaglandine infatti sono i farmaci più potenti nel ridurre la IOP (riduzione pressoria del 25-30%), agiscono incrementando il deflusso dell’umor acqueo attraverso la via uveo-sclerale6,17,30,31, sono gravati da minor effetti

collaterali sistemici ma più effetti collaterali locali quali iperemia congiuntivale, modificazioni della pigmentazione iridea ed ipertrofia delle ciglia; essi possono inoltre favorire processi infiammatori oculari e la formazione di edema maculare cistoide, il che ne limita l’utilizzo in caso di uveite e prima di interventi chirurgici. β-bloccanti e analoghi delle prostaglandine rappresentano i farmaci di prima scelta nella terapia del glaucoma. Quando la monoterapia non risulta essere efficace nel controllare la IOP, altri principi attivi con differenti meccanismi di azione possono sostituire o meglio

(21)

dell’anidrasi carbonica. Gli alfa-agonisti riducono la IOP (circa del 18-25%) sia abbassando la produzione di umore acqueo sia favorendo il deflusso uveo-sclerale17,32 , ma causano spesso tossicità locale con reazioni allergiche, iperemia

congiuntivale e dislacrimia. Gli inibitori dell’anidrasi carbonica presentano un effetto ipotensivo del 20% per riduzione della produzione di umor acqueo17,33; nella loro

variante per via orale sono utilizzati in terapie massimali o di breve durata per i loro effetti collaterali sistemici sull’equilibrio acido-base.

I farmaci parasimpaticomimetici, impiegati elettivamente nella terapia del glaucoma da chiusura d’angolo soprattutto in quanto miotici, possono comunque essere utilizzati nel POAG quando gli atri farmaci non sono sufficienti, efficaci o tollerati, grazie alla loro riduzione pressoria del 20-25%. Nel POAG essi riducono la pressione intraoculare per contrazione del muscolo ciliare, aumentando il deflusso dell’umore acqueo attraverso il trabeolato33.

2.5.2 Chirurgia

La chirurgia deve essere considerata ogniqualvolta terapia medica massimale e/o terapia laser siano giudicate inefficaci al raggiungimento della IOP target.

Le tecniche chirurgiche si classificano sulla base del meccanismo con cui riducono la IOP in:

• Procedure che aumentano il deflusso di umor acqueo, le quali si distinguono a loro volta in:

ü Procedure ab esterno in cui l’approccio alle strutture angolari avviene per via transcongiuntivale e sclerale;

ü Procedure ab interno in cui l’approccio alle strutture angolari avviene per via transcorneale attraverso la camera anteriore.

• Procedure che diminuiscono la produzione di umor acqueo con sistemi che determinano una necrosi del corpo ciliare.

(22)

Un’ulteriore suddivisione può essere fatta in base alla sede in cui viene fatto defluire l’umor acqueo in:

• Procedure filtranti, a loro volta suddivisibili in:

-Filtranti anteriori nelle quali l’umor acqueo viene drenato a livello della porzione anteriore del bulbo. Quest’ultime sono ulteriormente suddivise in penetranti (es. trabeculectomia e impianto Ex-PRESS) e non penetranti (es. sclerectomia profonda) a seconda che sia realizzato o meno un accesso diretto in camera anteriore;

- Filtranti posteriori nelle quali l’umor acqueo viene drenato a livello della porzione posteriore del bulbo. (es. inserti drenanti, valvolati e non).

• Le procedure basate sul ripristino della via fisiologica del deflusso tramite la riapertura del canale di Schlemm.

• Procedure sovracoroidali, che deviano l’umor acqueo nello spazio sovracoroideale.

Ci sono poi le procedure ciclodistruttive riservate, generalmente, agli stadi avanzati o terminali delle forme refrattarie con lo scopo di ridurre o evitare la sintomatologia34

(23)

Figura 6: La chirurgia del glaucoma: classificazione delle procedure chirurgiche

Sottocongiuntivale

Ab interno

-Xen (MIGS)

Ab esterno

-Trabeculectomia -Ex-PRESS -Dispositi di drenaggio posteriore ( Ahmed, Barvveldt) -Sclerectomia pronda -InnFocus microshunt (MIGS)

Canale di Schlemn

Ab interno

-Trabectome

-iStent/iStent inject (MIGS) -Hydrus (MIGS) -HFDS

Ab esterno

-Canaloplastica -Viscocanalostomia -Dilatatori canalicolari

Sovracoroideale

Ab interno

-Cypass (MIGS) -iStent supra

Ab esterno

-Gold shunt -Straflo -Aquashunt

Corpo ciliare

Ab interno

-Endo-ciclocrioterapia

Ab esterno

-Ciclodiodo -Crioterapia -HIFUs -ECP

(24)

3 Glaucoma refrattario

Il glaucoma refrattario è definito come pressione intraoculare incontrollata con evidenza di deterioramento del nervo ottico e del campo visivo nonostante terapia farmacologica massimale, fallimento di precedenti interventi chirurgici o di una combinazione di chirurgia e farmaci o un alto rischio di fallimento della trabeculectomia. In questi casi l’approccio chirurgico si può avvalere di procedure di tipo conservativo (impianti drenanti) e di tipo non conservativo (procedure ciclodistruttive).

3.1 Impianti drenanti

Gli impianti drenanti sono protesi che permettono la comunicazione tra camera anteriore e spazio sottotentoniano35,36. Furono introdotti come sostituti degli

interventi filtranti prima che i farmaci antimetaboliti fossero proposti per la modulazione della cicatrizzazione congiuntivale, in occhi dove la chirurgia filtrante fosse ad alto rischio di fallimento. Gli impianti sono utilizzati nel caso di:

A. Glaucoma neovascolare; B. Glaucoma afachico;

C. Situazioni che portano ad un’estesa cicatrizzazione dell’angolo; D. Importante cicatrizzazione della congiuntiva;

E. Elevato rischio di complicanze tardive.

Esistono vari tipi di impianti drenanti che differiscono per tre aspetti fondamentali: la presenza (valvola di Ahmed e di Krupin-Denver) o meno (impianto di Molteno e di Baerveldt) di una valvola o di un meccanismo in grado di limitare il flusso di acqueo attraverso il dispositivo, l’area della piastra episclerale ed il materiale utilizzato.

3.1.1 Valvola di Ahmed

(25)

(diametro interno: 0,3 mm) connesso ad una valvola anch’essa in silicone, contenuta in una piastra episclerale in polipropilene37,38,39. Il meccanismo a valvola

è realizzato grazie a due sottili membrane elastomeriche (8 mm di lunghezza per 7 mm di larghezza), che creano una camera di Venturi. Queste membrane risultano chiuse per pressioni al di sotto di 8-12 mmHg mentre si aprono per consentire il flusso del fluido a pressioni più alte. In questo modo si riduce il problema dell’ipotonia dovuta all’iperfiltrazione. Una lastra in polipropilene è utilizzata nella piastra singola (modello S2) e nella piastra doppia (modello B1)39,40,41. Una piastra

in silicone più flessibile viene utilizzata nel modello a piastra singola FP7 e nel modello a piastra doppia FX1. Entrambi i modelli con piastra singola esistono anche di dimensioni più piccole destinate, spesso, a pazienti pediatrici.

L’impianto con valvola di Ahmed può raggiungere il 78% di probabilità di successo a 12 mesi in pazienti con glaucoma refrattario37. Generalmente si opta per

l’impianto della valvola di Ahmed quando il chirurgo giudica l’intervento di trabeculectomia ad alta probabilità di insuccesso. Diversi studi hanno confrontato l’impianto valvolare con la trabeculectomia. Uno studio prospettico randomizzato ha comparato la trabeculectomia con la valvola di Ahmed rifacendosi al primo approccio chirurgico da utilizzare42. Il campione che aveva subito la

trabeculectomia presentava una pressione oculare inferiore entro il primo anno dall’intervento, invece estendendo la durata dei follow-up fino a 31 mesi, si notava che la pressione dei 2 gruppi, operata con tecniche di invervento diverse, riportava valori simili di pressione intraoculare43.

(26)

Tecnica chirurgica

La tecnica chirurgica per l’inserimento di questi impianti drenanti è simile per tutti i dispositivi. Di solito si preferisce utilizzare come sede di collocamento dell’impianto il quadrante supero-temporale, poiché questo garantisce al chirurgo un miglior accesso alla zona da operare ed al paziente un minor rischio di disturbi della motilità oculare. Tutti i soggetti sono operati sotto anestesia locale, ottenuta mediante un’iniezione in sede retrobulbare44. L’intervento inizia con il

posizionamento di una sutura di trazione nella porzione periferica della cornea, in corrispondenza del quadrante in cui deve essere posto il dispositivo. Successivamente, si effettua la dissezione di un lembo congiuntivale e della capsula di Tenone.

Prima dell’inserimento del piatto viene testato il funzionamento dell’impianto, irrigando il tubo con soluzione salina bilanciata per verificarne la pervietà. I muscoli retti che circondano il quadrante interessato dall’intervento (ad es. per il

(27)

Sotto visione diretta dell’area, l’impianto viene posizionato nello spazio sottotenoniano posteriormente all’inserzione dei muscoli retti, almeno 8-10 mm dietro al limbus45.

Il dispositivo è quindi fissato alla sclera con due punti di sutura. Viene eseguita una paracentesi della camera anteriore, alla periferia corneale, con iniezione di materiale viscoelastico, per prevenire un eventuale collasso della camera stessa al momento dell’esecuzione della sclerotomia. Il tubo viene accorciato alla lunghezza desiderata, tagliandolo a becco di flauto in modo tale che l’apertura sia smussata verso l’alto; si evitano, così, occlusioni da parte dell’iride.

L’inserzione del tubicino in camera anteriore è eseguita mediante un ago 23 gauge, che crea un’apertura parallelamente al piano irideo. Una volta posizionato, il tubo viene assicurato alla sclera con una sutura non riassorbibile per mantenere la corretta localizzazione44.

Per ovviare alle erosioni dell’impianto attraverso la congiuntiva, si impiega un lembo di tessuto sclerale o pericardico, da donatore, per ricoprire l’impianto e proteggerlo da insulti provenienti dall’esterno. Infine, viene riposizionato e fissato il lembo congiuntivale e rimosso quanto più possibile il sodio jaluronato dalla camera anteriore, attraverso la paracentesi già esistente44. L’impianto chirurgico può essere

effettuato, in alternativa, in due tempi. Un primo intervento ha lo scopo di inserire il piatto dell’impianto, dopodiché, a distanza di circa 6 settimane necessarie affinché si verifichi la maturazione della bozza di filtrazione intorno alla piastra episclerale, si esegue la seconda operazione, posizionando il tubo in camera anteriore. In questo modo si riduce il rischio di ipotonia post-operatoria46. Sono comunque da tenere

presenti i maggiori costi dovuti ai due interventi, i rischi legati alle due anestesie ed il fatto che la pressione intraoculare rimane incontrollata finché non viene esplicato anche il secondo tempo chirurgico47,48.

(28)

Figura 8 - Tecnica chirurgica inserimento valvola di Ahmed a) Il tubo viene tagliato della lunghezza appropriata, di solito si estende 2-3 mm in camera anteriore. b) Impianto del device a livello del quadrante supero-temporale, avendo cura di evitare di danneggiare il meccanismo della valvola. c) Un ago da 23 gauge viene usato per preparare l’inserzione del tubo. d) Il tubo in silicone viene inserito. e) Viene utilizzato un lembo di tessuto sclerale o pericardico, da donatore, per ricoprire l’impianto e proteggerlo da insulti provenienti dall’esterno.

Decorso post-operatorio

Nel decorso post-operatorio vengono abitualmente utilizzati gli steroidi topici e antibiotici. Di solito, gli antibiotici vengono sospesi dopo due settimane mentre gli steroidi vengono ridotti gradualmente da settimane a mesi49. Al fine di monitorare le

complicanze, sebbene gli interventi post operatori siano rari, è importante effettuare frequenti visite di follow-up. In uno studio retrospettivo, l’aggiunta di Ketorolac in combinazione con gli steroidi e gli antibiotici, dopo l’impianto della valvola di Ahmed, è stata associata ad un decremento della pressione intraoculare a sei mesi. È stato osservato che, per un dato gruppo di pazienti, il massaggio digitale oculare riduceva la IOP mediamente del 19% in un’ora. Il 50% dei partecipanti dello studio, erano in grado di mantenere a due settimane, sei settimane, sei mesi una riduzione della pressione intraoculare del 20%, sotto un regime di massaggio oculare50.

Complicanze

L’insorgenza di complicanze in seguito all’utilizzo di impianti valvolari, è un’evenienza tutt’altro che rara. In parte questo è conseguenza dell’elevata

(29)

Le complicanze vengono classificate in: • Intraoperatorie;

• Postoperatorie precoci (<1 mese); • Postoperatorie tardive (dopo 1 mese).

Le più frequenti complicanze durante il periodo intraoperatorio sono rappresentate principalmente da un errato posizionamento del tubicino in camera anteriore e da perforazione sclerale. Altre complicanze intraoperatorie comprendono sanguinamento, soprattutto in caso di glaucoma neovascolare e abolizione della camera anteriore che può essere vicariata dall’introduzione di soluzione saline o viscoelastico attraverso la paracentesi.

Le complicanze postoperatorie precoci sono rappresentate da ipotono associato ad un aumento di patologie retiniche e da effusioni coroideali (7-33%) emorragie sopracoroideali51.

Di solito l’ipotonia e le effusioni coroideali si risolvono senza l’ausilio di un trattamento chirurgico. Quindi un esame del fondo oculare, nel postoperatorio, è essenziale per diagnosticare il più precocemente possibile l’insorgenza di queste complicanze.

Le emorragie sopracoroideali invece, sono le complicanze più devastanti, con una frequenza di 4.2% nei vari impianti51,52. Può verificarsi, inoltre, un iniziale aumento

della IOP per ostruzione dell’estremità del tubicino da parte di iride, vitreo, sangue o detriti infiammatori. Questa complicanza può essere gestita trattando il tessuto ostruente mediante YAG laser. In caso di contatto tra tubo e cornea è invece necessario il riposizionamento del tubo. Le complicanze del postoperatorie tardive sono rappresentate:

v Dalla retrazione del tubo dalla camera anteriore con possibile alterazione della funzione filtrante;

v Dalla transitoria diplopia dovuta all’ingombro dell’impianto nel cavo orbitario;

v Dall’endoftalmite (rara) di varia entità che può arrivare a richiedere la rimozione dell’impianto per la sua risoluzione;

(30)

v Dall’occlusione del tubo;

v Dall’erosione del tubo o del piatto valvolare che può causare gravi infezioni; v Dallo scompenso endoteliale dovuto al prolungato contatto tra tubo valvolare

ed endotelio corneale.

Per ovviare alle erosioni dell’impianto attraverso la congiuntiva, si utilizza un lembo di tessuto sclerale o pericardico, da donatore, per ricoprire l’impianto e proteggerlo da insulti provenienti dall’esterno51.

L’impiego di inserti drenanti, valvolati e non, sino a poco tempo fa trovava posto soltanto nella gestione del glaucoma refrattario. Una revisione sistematica della letteratura riguardo a questi dispositivi ha dimostrato un tasso di successo chirurgico compreso tra il 60 ed il 90%, in un periodo di 12–27 mesi dall’intervento; seguito da una percentuale di fallimento negli anni successivi di circa il 10%. Tutto ciò quasi indipendentemente dal tipo di impianto usato o dall’eventuale associazione ad interventi chirurgici di cataratta51.

3.1.2 Impianto di Krupin-Denver

L’impianto a disco di Krupin è stato descritto per laprima volta da Krupin nel 1976. È costituito da un lungo tubicino in silastic (diametro esterno 0,64 mm; diametro interno 0,3 mm) che è posizionato in camera anteriore. La parte esterna terminale del tubo è chiusa e contiene un sistema di fenditure, verticali e orizzontali, che funzionano come una valvola che consente un flusso unidireziolnale pressione-dipendente dalla camera anteriore allo spazio sottoconguiuntivale52. Le fessure, infatti,

sono studiate per aprirsi e consentire il flusso a pressioni comprese tra 11 e 16 mmHg mentre si chiudono a pressioni inferiori a 9 mmHg.

3.1.3 Impianto di Molteno

L’impianto di Molteno è costituito da un tubo in silicone morbido (diametro esterno 0,6mm; diametro interno 0,3mm) collegato ad una sottile piastra episclerale

(31)

dalla fascia del Tenone e dalla congiuntiva53. La bozza che si forma in seguito al

flusso dell’umor acqueo sviluppa un rivestimento fibrovascolare, la capsula, che è responsabile della regolazione del flusso ed è il principale determinante della pressione intraoculare54,55. L’impianto viene posizionato generalmente nel quadrante

superonasale dove la fascia del Tenone risulta più spessa riducendo al minimo la possibilità di erosione tardiva del tubo attraverso la congiuntiva. In alternativa la valvola può essere impiantata, in ordine, nel quadrante superotemporale, in quello inferotemporale e come ultima scelta l’inferonasale in cui il posizionamento dell’impianto potrebbe determinare il rischio di insorgenza di diplopia56.

3.1.4 Impianto di Baerveldt

E’ un dispositivo che è stato utilizzato per la prima volta nel 1990 costituito da un tubo in silicone privo di valvola (diametro esterno: 0,63 mm; diametro interno: 0,3 mm), e da un piatto episclerale di grande superficie (disponibile in tre misure: 250, 350 o 425 mm2). Quest’impianto viene posizionato generalmente nel quadrante

superotemporale, fissando i bordi del piatto flessibile al di sotto dei muscoli retti52.

In caso di secondo impianto vengono posizionati, in ordine, nel quadrante superonasale, quadrante inferonasale e quadrante inferotemporale.

La riduzione della pressione intraoculare è ottenuta reindirizzando l’umor acqueo dall’occhio, attraverso il tubo in silicone, verso uno spazio incapsulato che circonda il piatto, da dove può diffondersi nelle pareti fibrose della bozza. Il piatto è impregnato di bario e questo lo rende visibile all’esame radiografico. È fornito di due fori anteriori per il fissaggio alla sclera57. Il profilo dell’impianto è di 0,84 mm,

questo consente di mantenere la flessibilità e la rigidità necessaria per l’impianto. Il piatto stesso presenta quattro fori per consentire la crescita fibrosa del tessuto tra le pareti sclerali anteriore, congiuntivale e posteriore della capsula fibrosa risultante dopo l’impianto; questo per ridurre lo spessore della bozza e limitare i problemi alla motilità oculare56.

(32)

3.2 Procedure ciclodistruttive

Le procedure ciclodistruttive sono considerate come trattamento in ultima istanza per ridurre la IOP in glaucomi non controllati, determinando l’ablazione dei corpi ciliari. Nel corso degli anni sono stati proposti diversi metodi cicloablativi tra i quali la ciclodiatermia, la crioterapia, la fotocoagulazione laser transclerale a diodi o con laser Nd:YAG, la ciclofotocoagulazione endoscopica (ECP) e la tecnica con ultrasuoni focalizzati ad alta intensità (High-Intensity Focused Ultrasound, HIFU). Nella ciclodiatermia il calore viene applicato per via transclerale attraverso una sonda a punta tonda collegata ad un’unità di cauterizzazione al fine di distruggere porzioni selettive del corpo ciliare58.

La ciclocrioterapia ha permesso di trattare il corpo ciliare in modo meno distruttivo e più prevedibile rispetto alla ciclodiatermia, sfruttando gli effetti del congelamento59,60.

Ad oggi la ciclofotocoagulazione rappresenta ancora la procedura cicloablativa più

(33)

di trattare direttamente il corpo ciliare senza la necessità di passare attraverso la sclera. Tuttavia questa procedura presenta una scarsa efficacia in termini di riduzione della IOP61,62.

La ciclofotocoagulazione transclerale utilizza laser con lunghezza d’onda più corte (ad esempio il laser Nd:YAG) che consentono di penetrare in modo più efficace la sclera. Studi istopatologici hanno mostrato un’atrofia dei processi ciliari 1-2 mesi dopo la ciclofotocoagulazione Nd:YAG con ablazione dell’epitelio secretivo, necrosi vascolare e conseguente riduzione significativa della IOP63,64.

Nel 1992 viene introdotta una nuova fotocoagulazione del corpo ciliare somministrata sotto visualizzazione endoscopica (ECP)65. In questi casi il tessuto

bersaglio viene visualizzato direttamente e, di conseguenza, viene in genere evitato il sovratrattamento; grazie a questo, questa tecnica è stata utilizzata sia nel POAG lieve che nel glaucoma secondario avanzato.

Nonostante l’efficacia nella riduzione della IOP, queste procedure ciclodistruttive sono associate all’insorgenza di complicanze che possono andare dall’infiammazione, ipotonia marcata, distacco di coroide, fino alla tisi bulbare. Gli ultrasuoni ad alta intensità focalizzati (HIFU) furono utilizzati per la prima volta nel 1980, negli Stati Uniti, da Coleman et al.66,67 Negli ultimi anni, sfruttando i

recenti progressi della tecnologia, è stato sviluppato un nuovo dispositivo di ciclocoagulazione circolare che utilizza trasduttori piezoelettrici miniaturizzati per produrre HIFU (vedi figura 10). Il dispositivo è costituito da una sonda circolare terapeutica monouso, un cono di accoppiamento e una consolle touch screen; il cono di accoppiamento e la sonda sono collegati alla console tramite un tubo e un cavo elettrico, rispettivamente, e un pedale consente l'attivazione del trattamento. La procedura è stata denominata ciclocoagulazione circolare ultrasonica (UC3). Il dispositivo consente un trattamento sequenziale, molto selettivo (risparmiando così le strutture vicine) assistito da computer, delle regioni a forma di cilindro del corpo ciliare, in una procedura circolare rapida in un'unica fase (della durata di circa 2 minuti), eliminando così la necessità di spostare la sonda durante il trattamento68. La

sonda, che ha un diametro di 30 mm e un anello alto 15 mm, è suddivisa in sei trasduttori piezoceramici cilindrici equidistanti tra loro, localizzati tre nella regione

(34)

superiore e tre nella regione inferiore, che generano sei raggi ultrasonici che consentono di trattare fino al 30% del corpo ciliare69,70.

Questa procedura risulta essere più sicura e meno gravata da complicanze che possono essere iperemia congiuntivale, cheratite puntata e aumenti transitori della IOP.

(35)

4 Studio

Il glaucoma refrattario è definito come pressione intraoculare incontrollata con evidenza di deterioramento del nervo ottico e del campo visivo nonostante terapia farmacologica massimale, fallimento di precedenti interventi chirurgici o di una combinazione di chirurgia e farmaci o un alto rischio di fallimento della trabeculectomia. In questi casi l’uso di impianti drenanti valvolati ha ottenuti risultati positivi in termini di riduzione della pressione intraoculare a lungo termine. Questo tipo di impianto può essere considerato anche in casi in cui le condizioni della congiuntiva potrebbero determinare un alto rischio di fallimento della trabeculectomia o in casi di glaucoma neovascolare, glaucoma uveitico, nelle sindromi endoteliali iridocorneali e nei glaucomi pediatrici. La valvola di Ahmed è stata introdotta nel 1993 ed è stata sviluppata per affrontare il problema del flusso incontrollato nei dispositivi privi di valvola. Lo scopo di questo studio è valutare l’efficacia e la sicurezza del secondo impianto valvolare in glaucomi refrattari, in pazienti che necessitano un’ulteriore riduzione della pressione intraoculare dopo fallimento del primo impianto valvolare.

4.1 Materiali e metodi

Questo è uno studio retrospettivo e multicentrico, condotto presso l’U.O. Oculistica Universitaria di Pisa e riguarda 28 (ventotto) pazienti, 18 (diciotto) dei quali sono stati arruolati nel Department of Diagnostics and Microsurgery of Glaucoma, Medical University of Lublin, Poland, per un totale di 28 occhi.

Sono stati arruolati pazienti che hanno impiantato nello stesso occhio due valvole di Ahmed nel periodo che va dal 2009 al 2017 presso la U.O. Oculista Universitaria di Pisa e Department of Diagnostics and Microsurgery of Glaucoma, Medical University of Lublin, Poland, mentre sono stati esclusi dallo studio coloro che avevano meno di 18 anni al tempo del secondo intervento oppure che avevano un follow-up inferiore ai tre mesi.

(36)

Il successo è stato definito da due criteri:

I. Il successo chirurgico I: Pressione intraoculare compresa tra 5 e 21 mmHg in assenza di terapia farmacologica (completo) o sotto terapia farmacologica (parziale);

II. Il successo chirurgico II: Riduzione della pressione intraoculare ≥ 30 % in assenza di terapia farmacologica (completo) o sotto terapia farmacologica (parziale).

È stato considerato insuccesso:

• Una rilevazione del valore della pressione intraoculare < 5 mmHg o >21 mmHg;

• Un decremento della IOP < 30%; • Perdita della percezione visiva; • Rimozione dell’impianto;

• Necessità di effettuare ulteriori interventi chirurgici sul glaucoma.

E’ stato stabilito il fallimento quando i criteri di successo non sono stati raggiunti in due visite consecutive almeno 3 mesi dopo l’intervento e in caso di riduzione dell’acuità visiva ad assenza percezione luce e a rimozione dell’impianto valvolare. La valvola di Ahmed utilizzata è il modello FP7; gli interventi sono stati effettuati tutti dallo stesso chirurgo nelle rispettive U.O. (Prof. Marco Nardi e Prof Tomasz Zarnowski) al fine di standardizzare la procedura ed eliminare le variabili operatore dipendenti.

Lo studio è stato realizzato in accordo con la normativa vigente in materia di

buona pratica clinica (Good Clinical Practice, GCP), con la Dichiarazione di Helsinki e con la legge Italiana sulla privacy. I dati raccolti includono l’età dei pazienti al tempo del secondo impianto valvolare, il sesso, la lateralità, la diagnosi di glaucoma, l’acuità visiva e la pressione intraoculare, misurata con il tonometro di Goldmann, riscontrate nell’ultima visita prima del secondo impianto valvolare e il

(37)

visiva, la pressione intraoculare e i farmaci assunti ad ogni visita di follow up. Sono stati inoltre registrate le complicanze, precoci e tardive, che si sono verificate. L’età media osservata è di 59 anni (range 26-79; 16 maschi; 12 femmine). I pazienti affetti da glaucoma secondario sono 21, di cui 5 con glaucoma pseudo-esfoliativo, 4 con glaucoma post intervento di estrazione di cataratta congenita, 3 con glaucoma neovascolare, 3 con glaucoma uveitico, 3 con glaucoma post traumatico e 3 con glaucoma da olio di silicone. I pazienti affetti da glaucoma primario sono 7 di cui 5 presentano glaucoma ad angolo aperto e 2 presentano glaucoma da chiusura d’angolo. Tutti i soggetti seguivano una terapia medica, utilizzando in media 2,71 farmaci (range 1-4).

Le procedure che avevano effettuato prima del reimpianto valvolare sono state in media 4,25, nessuna delle quali aveva conseguito risultati ottimali in termini di riduzione della pressione intraoculare. La pressione intraoculare pre-operatoria era in media di 35mmHg (range 23-48mmHg). Il tempo intercorso in media tra i due impianti è stato di circa 1 anno e 6 mesi (range 0,25-6,25).

Il device è stato impiantato nel 99% dei casi in camera anteriore il rimanente 1% in camera posteriore.

Procedura.chirurgica

Il modello di valvola di Ahmed utilizzato in questo studio è FP7. L’intervento inizia con il posizionamento di una sutura di trazione nella porzione periferica della cornea, in corrispondenza del quadrante in cui deve essere posto il dispositivo. Successivamente si effettua la dissezione di un lembo congiuntivale e della capsula di Tenone.

Prima dell’inserimento del piatto viene testato il funzionamento dell’impianto, irrigando il tubo con soluzione salina bilanciata per verificare la pervietà. I muscoli retti che circondano il quadrante interessato dall’intervento vengono isolati per mezzo di uncini muscolari.

(38)

Sotto visione diretta dell’area, l’impianto viene posizionato nello spazio sottotenoniano posteriormente all’inserzione dei muscoli retti, almeno 8– 10 mm dietro al limbus. Il dispositivo è quindi fissato alla sclera con due punti di sutura. Viene eseguita una paracentesi della camera anteriore, alla periferia corneale, con iniezione di materiale viscoelastico, per prevenire un eventuale collasso della camera stessa al momento dell’esecuzione della sclerostomia. Il tubo viene accorciato alla lunghezza desiderata, tagliandolo a becco di flauto in modo tale che l’apertura sia smussata verso l’alto; si evitano, così, occlusioni da parte dell’iride. L’inserzione del tubicino in camera anteriore è eseguita mediante un ago 23 gauge, che crea un’apertura parallelamente al piano irideo. Una volta posizionato, il tubo viene assicurato alla sclera con una sutura non riassorbibile per mantenere la corretta localizzazione.

Per ovviare alle erosioni dell’impianto attraverso la congiuntiva, si impiega un lembo di tessuto sclerale o pericardico, da donatore, per ricoprire l’impianto e proteggerlo da insulti provenienti dall’esterno. Infine, viene riposizionato e fissato il lembo congiuntivale e rimosso quanto più possibile il sodio jaluronato dalla camera anteriore, attraverso la paracentesi già esistente.

Follow-up

Nel periodo post-operatorio a tutti i pazienti è stato prescritto un regime standard di corticosteroidi e di antibiotici topici.

Gli antibiotici vengono sono stati sospesi dopo due settimane mentre gli steroidi sono stati ridotti gradualmente da settimane a mesi. Il giorno dopo l’intervento i pazienti sono stati sottoposti al primo controllo che includeva anche un esame biomicroscopico alla lampada a fessura, per verificare il corretto posizionamento del dispositivo e la misura del tono endoculare mediante tonometro di Goldmann. A questo controllo ne sono seguiti altri a 2 giorni, 2 settimane, poi ogni due settimane

(39)

stima dell’acuità visiva e verifica della presenza di eventuali complicanze post-operatorie.

A causa della riduzione del campione per l’analisi dei dati abbiamo considerato un follow-up fino a 2 anni e mezzo. I farmaci per il glaucoma sono stati prescritti in base alla IOP e alla severità della patologia.

4.2 Analisi statistica e Risultati

Nell’analisi statistica è stato utilizzato il test di Shapiro.Wilk, considerato in lettera tura uno dei test più potenti per la verifica della normalità per piccoli campioni, per verificare la normalità delle distribuzioni. Nel caso di distribuzioni normali è stato effettuato il t test per dati appaiati, nel caso di variabili non gaussiane è stato utilizzato il test di Wilcoxon.

Il primo è un test statistico parametrico con lo scopo di verificare se il valore medi o di una distribuzione si discosta significativamente da un certo valore di riferimento, il secondo è invece un test non parametrico per verificare, in presenza di valori ordinali provenienti da una distribuzione continua, se due campioni statistici provengono dalla stessa popolazione.

In seguito è stato utilizzato il test di equivalenza al fine di dimostrare l’uguaglianza tra la visual acuity al basale, dopo 12 mesi e dopo 30 mesi dall’intervento chirurgico fissando un margine di equivalenza di 1,0 LogMar. Per concludere è stato rappresentato l’andamento dei successi mediante le curve di Kaplan-Meier (figura 11).

(40)

Figura 11- - Curva di Kaplan Meier successo I (in blu) successo II (in verde)

La curva di Kaplan Meier mostra che i tassi di successo del secondo impianto con un follow-up fino a 30 mesi sono rispettivamente di:

Ø Successo I:

— Dal basale a 24 mesi presenta un tasso di successo costante del 96%; — A 24 mesi presenta un tasso di successo del 92%;

— A 30 mesi presenta un tasso di successo dell’87%.

Ø Successo II:

- Dal basale a 6 mesi presenta un tasso di successo costante del 96%; - Dai 6 mesi a 24 mesi presenta un tasso di successo costante del 93%; - Dai 24 mesi a 30 mesi presenta un tasso di successo costante dell’84%;

— A 30 mesi presenta un tasso di successo del 72%.

La pressione intraoculare media si è ridotta da un valore medio al basale di 35,2 ± 7,9 mmHg a 15,6 ± 4,2 mmHg a 3 mesi, a 14,8 ± 3,7 mmHg a 6 mesi, a 15,5 ± 3,4

(41)

Figura 12- Decorso della IOP durante le visite di follow-up

Di seguito la rappresentazione in tabella del grafico di cui sopra. È possibile visualizzare anche le deviazioni standard per ogni rilevazione, con l’informazione riguardante il valore del test di significatività utilizzato (P-Value).

MEANS IOP STANDARD DEVIATION

BASELINE 35,2 7,9 1 DAY 11,9** 4,5 2 DAY 11,9** 3,4 2 WEEKS 13,9** 5,2 4 WEEKS 16,1** 5,7 6 WEEKS 16,9** 5,8 8 WEEKS 16,5** 5,6 10 WEEKS 15,2** 3,9 12 WEEKS 15,6** 4,2 16 WEEKS 15,4** 3,5 6 MONTHS 14,8** 3,7 12 MONTHS 15,5** 3,4 18 MONTHS 15,6** 3,3 24 MONTHS 15,4* 4,2 30 MONTHS 14,4** 5

(42)

Il numero di farmaci medio si è ridotto da un valore medio al basale di 2,7 ± 0,8 a 0,9 ± 0,9 a 3 mesi, a 1,3 ± 1 a 6 mesi, a 1,2 ± 0,9 ad un anno e a 1,4 ± 1,1 a due anni e mezzo. Anche questi dati risultato statisticamente significativi come mostra la figura 13.

Di seguito la rappresentazione in tabella del grafico di cui sopra. In aggiunta è possibile visualizzare le deviazioni standard con l’informazione riguardante il test di significatività utilizzato (P-Value).

MEANS NUMBERS OF DRUGS STANDARD DEVIATION BASELINE 2,7 0,8 1 DAY 0** 0 2 DAY 0** 0 2 WEEKS 0,2** 0,7 4 WEEKS 0,6** 1 6 WEEKS 1** 1,1 8 WEEKS 0,8** 0,9 10 WEEKS 0,9** 0,9 12 WEEKS 0,9** 0,9 16 WEEKS 1,1** 1 6 MONTHS 1,3** 1 12 MONTHS 1,2** 0,9 18 MONTHS 1,5** 1

(43)

Abbiamo osservato una stabilità dell’acuità visiva dal basale fino all’ultima visita di follow-up. Come mostra la figura 14.

Di seguito la rappresentazione in tabella del grafico di cui sopra. In aggiunta è possibile visualizzare anche le deviazioni standard per ogni rilevazione con l’informazione riguardante il test di significatività utilizzato (P-Value).

LOGARITHM OF THE MINIMUM ANGLE OF RESOLUTION VISUAL ACUITY MEAN STANDARD DEVIATION LOGMAR BASELINE 1,1 0,8 LOGMAR 6 MONTHS 1,2** 0,8 LOGMAR 12 MONTHS 1,2** 0,9 LOGMAR 18 MONTHS 1,3** 0,9 LOGMAR 20 MONTHS 1,3** 1 LOGMAR 30 MONTHS 1,2** 1

Tabella 3- LogMar acuità visiva media e deviazione standard; ** P-Value <0,001;* P-Value <0,05 Figura 14-LogMar acuità visiva nel tempo

(44)

Complicanze post-operatorie

Le principali complicanze.post.chirurgiche che hanno mostrato i pazienti di questo studio le.possiamo dividere in precoci e tardive.

Tra le complicanze precoci, in ordine di frequenza, abbiamo osservato:

o Aumento della IOP.in.assenza.di.terapia.farmacologica (5 pazienti, 18% del campione);

o Ipotonia (4 pazienti, 14% del campione); o Ipoema (2 pazienti, 7% del campione). Tra le complicanze tardive, in ordine di frequenza:

o Scompenso corneale (8 pazienti, 29% del campione di cui solo 2 sono andati incontro ad intervento di cheratoplastica endoteliale);

o Esposizione dell’impianto (1 paziente ,4% del campione); o Endoftalmiti (1 paziente, 4% del campione);

o Ipotonia persistente (1 paziente, 4% del campione);

o Altre procedure dopo l’impianto (9 pazienti, 32% del campione).

Tra le procedure effettuate dopo il secondo impianto abbiamo registrato la revisione della bozza per incistamento (effettuata in 3 pazienti), una vitrectomia anteriore (in 2 pazienti), iniezione intravitreale di anti- VEGF (in 2 pazienti), accorciamento del tubo valvolare (in 1 paziente).

Abbiamo registrato un solo caso di fallimento dell’impianto a causa della perdita completa dell’acuità visiva.

4.3 Discussione

Lo scopo di questo studio è stato quello di valutare l'efficacia e la sicurezza di un secondo impianto della valvola di Ahmed in pazienti con glaucoma refrattario. Le procedure ciclodistruttive, selettive e non, possono rappresentare un trattamento

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nonostante la loro efficacia in termini di riduzione della IOP, sono gravate da complicanze quali ipotonia marcata, perdita del visus fino alla tisi bulbare.

Abbiamo analizzato 28 (ventotto) pazienti, per un totale di 28 occhi, che necessitavano di un'ulteriore riduzione della pressione intraoculare dopo fallimento del primo impianto valvolare e terapia massimale. Abbiamo raccolto dati fino a 78 mesi osservando un successo fino all’ultima visita di follow-up ma, a causa della riduzione del numero del campione, abbiamo deciso di considerare dati fino a 30 mesi in modo da avere una significatività statistica maggiore.

La valvola di Ahmed utilizzata nel nostro studio è il modello FP7. Secondo i dati riportati da Ishida K, et. al il modello FP7 (silicone) è associato ad un maggior tasso di successo rispetto al modello S2 (polipropilene)71.

I due impianti valvolari maggiormente utilizzati ad oggi sono la valvola di Ahmed e la valvola di Baerveldt. Entrambi hanno dimostrato stessa efficacia nel controllo della IOP in associazione con la terapia farmacologica72; La valvola di Baerveldt,

però, ha avuto un tasso di fallimento legato ad insorgenza di complicanze maggiori rispetto alla valvola di Ahmed73.

La valvola di Ahmed non richiede l'isolamento del muscolo retto, ha un dispositivo interno valvolato che le permette di evitare maggiormente l'ipotonia post-operatoria precoce ed inoltre comporta in misura minore la dissezione congiuntivale.

In letteratura ci sono vari studi sull'efficacia di un secondo impianto valvolare ma solo pochi hanno utilizzato come impianti drenanti la valvola di Ahmed.

Burgoyne et al hanno riportato una riduzione della IOP media del 42% rispetto a quella basale in 22 occhi dopo un secondo impianto drenante, con un follow-up medio di 35 mesi74

Anand et al hanno riportato una riduzione della IOP da 24,7 a 13,6 mmHg in 43 occhi, dopo un follow-up medio di 33 mesi (riduzione del 44% da quella basale)75.

In un altro studio di Hu et al sono stati considerati diversi tipi di combinazioni di shunt valvolari sequenziali, Ahmed-Ahmed (60%) Baerveldt-Baerveldt (20%), Ahmed-Baerveldt (15%) e Baerveldt-Ahmed (5%). I tassi di fallimento a 36 mesi di follow-up per Ahmed-Ahmed, Baerveldt-Baerveldt e Ahmed-Baerveldt erano

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50%, 54% e 75%, rispettivamente. I tassi di successo più bassi rispetto agli studi precedenti, sono stati attribuiti all'avere un maggior numero di pazienti con glaucoma neovascolare, circa il 15% nel loro studio76.

Nel nostro studio tutti i nostri impianti erano costituiti dalla valvola di Ahmed e il 7% dei nostri pazienti presentava un glaucoma di tipo neovascolare.

Interessante è lo studio di Fatehi N et al. sull'efficacia del secondo impianto di valvola di Ahmed con un follow-up di 5 anni77. Sono stati considerati 104 pazienti,

per un totale di 110 occhi. Il successo è stato definito da tre criteri:

I- IOP < 21 mmHg e riduzione della IOP del 30%; II- IOP < 18 mmHg e riduzione della IOP del 25%; III- IOP < 15 mmHg e riduzione della IOP del 30%.

Ugualmente al nostro studio, il fallimento e stato stabilito quando i criteri di successo non sono stati raggiunti in due visite consecutive almeno 3 mesi dopo l'intervento, in caso di riduzione dell'acuità visiva ad assenza di percezione della luce ed infine in caso di rimozione dell'impianto valvolare.

I tassi di successo riportati da questo studio sono più bassi dei nostri: ad 1, 3 e 5 anni di flollow-up, secondo il criterio I sono del 70.0%, 62.0% e 56.9% rispettivamente; per il criterio II sono 64.8%, 55.4% e 51.1% rispettivamente ed infine per il criterio III sono rispettivamente del 50.6%, 36.2% e 30.3%.

Probabilmente questi dati sono dovuti al fatto che lo studio di Fatehi N et al presenta un maggior numero di pazienti con glaucoma neovascolare (14%) e pazienti con glaucoma secondario ad angolo chiuso (12,7%), rispetto al nostro studio dove queste percentuali risultano essere inferiori.

Nello studio di Fatehi et al. il numero medio di farmaci è diminuito da 3,4 ± 1,2 al basale a 1,7 ± 1,2 a tre mesi, a 1,8 ± 1,2 a sei mesi, a 1,8 ± 1,2 a un anno, a 1,9 ± 1,3 a due anni, a 1,9 ± 1,3 a tre anni, a 1,6 ± 1,4 a quattro anni e a 1,7 ± 1,3 a cinque anni.

Nel nostro studio, invece, il numero di farmaci medio si è ridotto da un valore medio al baseline di 2,7 ± 0,8 a 0,93 ± 0,9 a 3 mesi, a 1,3 ± 1 a 6 mesi, a 1,2 ± 0,9

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