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Reale e letterario: qui l'uno non vive senza l'altro.

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Academic year: 2021

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ERNESTINA PELLEGRINI

S

cipio Slataper, che all’inizio del Novecen-to sulle pagine della ri-vista La Voce aveva tentato di fare un ritratto so-cio-culturale della sua città per i raffinati intellettuali fio-rentini in articoli intitolati Let-tere triestine, nel 1912 scrive-va a Sibilla Aleramo confes-sando le sue perplessità: “Quando poi qualcuno viene, noi non sappiamo fare altro che condurlo per queste grigie vie e meravigliarci che egli non capisca”. Capire cosa?

Dicono che Trieste, insieme a Napoli, sia la città italiana che ha conosciuto, negli ulti-mi anni, un vero e proprio boom turistico. Nel 2011 a Bar-cellona, è stata allestita una mostra colossale sulla Trieste di Magris, con una affluenza di pubblico davvero impressio-nante. Il fascino di questa città

di frontiera non è mai tramon-tato e anzi sembra crescere esponenzialmente nel tempo.

Ho sempre pensato che ogni viaggiatore moderata-mente colto, spostandosi, va-da alla ricerca soprattutto di ciò che porta già in sé, nella speranza che ci sia un po’di polvere kafkiana depositata

sulle pietre arenarie di Praga o un po’di neve joyciana sulle pa-ludi dello Shannon, e così ten-ti di decifrare la “scontrosa gra-zia” della città sabiana, per far coincidere la realtà attuale con quella codificata da un cli-ché forse troppo comodo e sbrigativo ma potentissimo.

La definizione di “città di carta” ha avuto, infatti, una certa fortuna, anche perché ha racchiuso in chiave armoni-ca la multiculturalità di una terra di confine aperta a oriz-zonti europei e a una mesco-lanza di popoli, di lingue e di civiltà. La città di carta è, per esempio, il titolo dell’ultimo capitolo di Trieste. Un’identità

di frontiera di Angelo Ara e

Claudio Magris, che hanno fat-to di quesfat-to imponente fanta-sma letterario una cassa di ri-sonanza della babele moder-na e del disorientamento uni-versale, un luogo in cui tutto è compresente e reversibile, so-speso in un “non-tempo” che denuncia l’alienazione della vita ma ne sottolinea anche la sua irriducibile e marasmati-ca seduzione.

È la città affumicata e grigia di Svevo, popolata da mercan-ti e banchieri, che diventa nel romanzo Senilità “la città

de-gli amanti”, il contenitore labi-rintico di una donna in fuga. È la città vecchia dove fermenta la “calda vita” di Saba.

È la Trieste di Bobi Bazlen, per il quale la città natale appa-riva come il punto vuoto dell’o-rigine, una specie di “carta mo-schicida” a cui tornare con le tasche rovesciate per poi

spari-re per sempspari-re. È la città della Risiera di San Sabba, con la tragica storia di cui è monu-mento, raffigurata nello splen-dido romanzo Non luogo a

pro-cedere di Magris.

Gli avvenimenti storici inci-dono via via la lastra, senza cancellare questa planimetria

fatta di parole, che continua ad evolversi secondo proprie leggi.

Eppure, tra la città vera e le sue riproduzioni letterarie si è prodotta nel tempo una straor-dinaria osmosi, per cui l’una non può più esistere senza il contributo dell’altra: due sto-rie parallele si intrecciano e in-teragiscono, dando l’impres-sione che per mantenere in vi-ta un mito e una città si impe-gni un’energia e una vitalità culturale sempre rinnovata. Perché questa città non è solo un frammento fossile della mitteleuropa, il luogo metafi-sico in cui Rilke scrisse le Ele-gie duinesi e Joyce alcuni capi-toli dell’Ulisse, ma è diventata anche la roccaforte della

rifor-ma psichiatrica di Basaglia e una delle più importanti “città della scienza”.

Da qualche parte ho letto che Trieste è la città più vec-chia d’Italia (cioè che ha la po-polazione più anziana dell’in-tero paese). Eppure, girando-vi, stringendo amicizie, non si ha l’impressione di trovarsi di fronte a un luogo in declino, all’ombra di un prototipo lette-rario. Anche se sarebbe strin-gente, in ambito letterario, af-fermare che sembra l’ombra di un’ombra. Come quando Borges, davanti alla fotogra-fia di un facsimile di un idolo del Canada, diceva di vedere l’ombra dell’ombra di un’om-bra. Ma non è così. —

© RIPRODUZIONE RISERVATA

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Ernestina Pellegrini insegna Letterature comparate

all’Università di Firenze ed è presidente dell’Associazione “Archivio per la memoria e la scrittura delle donne”. Ha pubblicato numerosi studi sulla letteratura triestina, sulle autobiografie e biografie fra Sette e Novecento, sul Futurismo e le avanguardie.

Le città illeggibili, Andrea Gardini (Da 25 anni sviluppa grafica multimediale e applicazioni, progetti di automation e AI. Reinterpreta il linguaggio del fumetto d’arte grazie pure al vino rosso. E’ voce dei Pepe Rey) oltre la città di carta

Reale e letterario: qui l’uno non vive senza l’altro

E non ci vedo declino, non è l’ombra di un’ombra

Trieste è una planimetria di parole che continua a evolversi secondo leggi proprie: interagendo con la vita vera

Il suo fascino

non è tramontato

e anzi sembra

crescere nel tempo

C’è un’osmosi

fra la realtà

e le sue riproduzioni

letterarie

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