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identificazione di cellule con caratteristiche staminali in meningiomi umani quali possibili indicatori di comportamento clinico atipico in tumori istologicamente benigni

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UNIVERSITÀ DEGLI STUDI DI GENOVA

SCUOLA DI SCIENZE MEDICHE E FARMACEUTICHE

CORSO DI LAUREA MAGISTRALE IN MEDICINA E CHIRURGIA

Tesi di Laurea

“Identificazione di cellule con caratteristiche staminali in meningiomi

umani quali possibili indicatori di comportamento clinico atipico in

tumori istologicamente benigni”

RELATORE

Prof. Tullio Florio

CANDIDATA

Bianca Roncan

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INDICE

INDICE ... 2 ABSTRACT ... 4 1. INTRODUZIONE ... 6 1.1 TUMORI CEREBRALI ... 6 1.2 IL MENINGIOMA ... 10 1.2.1 Epidemiologia ... 11 1.2.2 Classificazione ... 12

1.2.3 Eziologia e fattori di rischio ... 18

1.2.4 Diagnosi…. ... 23

1.2.5 Trattamento ... 26

1.3 CELLULE STAMINALI ... 39

1.3.1 Cellule staminali tumorali (CSC) ... 41

1.3.2 Marcatori delle cellule staminali tumorali ... 43

1.3.3 CD105 come presunto marcatore di cellule staminali del meningioma ... 45

1.4 CHEMOCHINE ... 46

1.4.1 Recettori delle chemochine ... 48

1.4.2 Il Sistema CXCL11/ CXCL12-CXCR4 / CXCR7 nel meningioma ... 49

2. RAZIONALE E SCOPO DELLA TESI ... 53

3. RISULTATI E DISCUSSIONI ... 58

3.1 CARATTERISTICHE DEI PAZIENTI E ISTOPATOLOGIA DEI MENINGIOMI ANALIZZATI ... 58

3.2 ISOLAMENTO E CARATTERIZZAZIONE DI CELLULE STAMINALI TUMORALI DA MENINGIOMI UMANI ... 60

3.3 VALUTAZIONE DEL POTENZIALE PROLIFERATIVO E DI AUTORINNOVAMENTO DELLE COLTURE DI MENINGIOMA ... 63

3.4 VALUTAZIONE DELL’ESPRESSIONE DI MARCATORI TIPICI DELLE CELLULE STAMINALI IN CELLULE DI MENINGIOMA ... 67

3.5 LE CELLULE STEM DEL MENINGIOMA MOSTRANO UNA MIGLIORE CAPACITÀ DI MIGRAZIONE E DI DIFFERENZIAMENTO IN SENSO ANGIOGENICO (TUBE-FORMATION) ... 73

3.6 ASSE CXCR4 / CXCR7-CXCL11 / CXCL12 IN CELLULE DI MENINGIOMA UMANO ... 77

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5. Materiali e metodi ... 83

5.1 CITOFLUORIMETRIA (FLUORESCENCE ACTIVATED CELL SORTING, FACS) 83 5.2 TEST DI PROLIFERAZIONE CELLULARE ... 84

5.3 TEST DI FORMAZIONE DELLE MENINGOSFERE ... 84

5.4 IMMUNOFLUORESCENZA (IF) ... 84

5.5 WESTERN BLOT ... 85

5.6 ANALISI DELLA DIFFERENZIAZIONE MULTILINEA ... 86

5.7 TEST DI MIGRAZIONE CELLULARE ... 87

5.8 TEST TUBE-FORMATION ... 87

5.9 ESTRAZIONE DI RNA E REAL-TIME PCR (QRT-PCR) ... 88

6. RINGRAZIAMENTI ... 90

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ABSTRACT

Il meningioma è il tumore intracranico primitivo più frequente del sistema nervoso centrale. L’80% dei meningiomi è benigno ed è classificato di grado I dall’OMS. Tuttavia, nonostante la chirurgia e la radioterapia siano notevolmente migliorate nel corso degli anni, alcuni meningiomi apparentemente benigni (20% circa) recidivano e/o subiscono trasformazioni maligne, rappresentando un rilevante problema clinico, anche perché l’analisi istologica non consente l’identificazione dei tumori a rischio. In questo contesto, il principale obiettivo di questa ricerca è stato quello di identificare nuovi determinanti molecolari che correlino o che siano causa del comportamento biologico aggressivo del gruppo di meningiomi ad elevato rischio di recidiva.

Nei tumori maligni sono state identificate “cellule staminali tumorali” (CSC) che sono ritenute essere responsabile della tumorigenesi, delle recidive, della metastatizzazione a distanza e della resistenza ai farmaci. Le CSC sono caratterizzate dall'espressione di marcatori di staminalità, dall'auto-rinnovamento e dalla capacità di differenziarsi in più tipi cellulari che compongono la massa tumorale. La staminalità è anche strettamente legata al microambiente: la comunicazione tra cellule tumorali e microambiente è fondamentale per la crescita, l'angiogenesi e le metastasi. In particolare, il sistema CXCL11/CXCL12-CXCR4/CXCR7 favorisce la proliferazione e la migrazione cellulare in numerosi tumori solidi.

Attualmente la stessa struttura cellulare gerarchica è stata proposta anche per i tumori benigni.

Il nostro studio si è concentrato sull'identificazione, isolamento e caratterizzazione di cellule staminali da campioni post-chirurgici di meningiomi umani, ipotizzando che una

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5 elevata attività di questa sottopopolazione possa essere alla base del comportamento aggressivo del meningioma.

Cellule staminali putative di meningioma sono state selezionate mediante crescita in mezzo di coltura permissivo, e si sono caratterizzate, rispetto alla popolazione “non staminale” per una maggior velocità di crescita, l’autorinnovamento (formazione di meningosfere) ed espressione di marcatori staminali, come Sox2, NANOG, CD133 e Oct-4. Inoltre, le cellule staminali hanno mostrato un'elevata capacità migratoria e invasiva, ed attività angiogenica in vitro, supportando il loro fenotipo maligno.

In conclusione, ipotizziamo che il comportamento maligno in meningiomi potrebbe essere correlato alla presenza di un numero elevato di cellule con queste caratteristiche. Poiché le CSC non risiedono in modo passivo nella massa tumorale ma regolano il funzionamento di altre cellule mediante chemochine rilasciate da questa sottopopolazione, un futuro obiettivo clinico potrebbe essere quello di valutare l’efficacia di antagonisti dei recettori CXCR4-7 per influenzare la comunicazione del microambiente tumorale con le CSC.

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1. INTRODUZIONE

1.1 TUMORI CEREBRALI

I tumori che insorgono nel sistema nervoso centrale (SNC) colpiscono sia i soggetti giovani che gli adulti. L'incidenza annuale dei tumori del SNC varia da 10 a 17 casi ogni 100.000 individui per i tumori intracranici, e da 1 a 2 casi ogni 100.000 per i tumori intra spinali; circa la metà o tre quarti di questi sono tumori primitivi e il resto sono metastasi da lesioni periferiche.

In genere, le neoplasie maligne del SNC sono aggressive, e rappresentano una delle principali cause di morte per tumore. Lesioni neoplastiche di basso grado possono anche esse infiltrarsi in ampie regioni cerebrali e provocare gravi deficit neurologici e, se le cellule tumorali si diffondono in siti distanti, la lesione non può essere resecabile in maniera radicale ed evolvere con una prognosi sfavorevole. Inoltre, il sito anatomico di queste neoplasie può influenzare l'esito clinico indipendentemente dalla classificazione istologica a causa dell’invasione locale e degli effetti neurologici causati dalla compressione o lesione di strutture neurali (ad esempio, un meningioma benigno può causare arresto cardiorespiratorio mediante compressione del midollo).

La classificazione 2016 dell'Organizzazione mondiale della sanità del CNS (OMS) include l’utilizzo di parametri molecolari, oltre all'istologia, per definire le entità tumorali e rappresenta un'importante revisione della classificazione dell'OMS del 2007 [1], come riportato nella seguente Tabella 1.

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8 I tumori cerebrali primitivi più diffusi sono i gliomi (circa 58%) e i meningiomi (20%). I gliomi originano dalle cellule neurogliali che formano il tessuto di sostegno del sistema nervoso. Dai vari tipi di cellule gliali possiamo suddividere i gliomi in:

- Astrocitomi, classificati secondo la WHO in 4 sottotipi: astrocitoma pilocitico (grado WHO I), astrocitoma diffuso (grado WHO 2), astrocitoma anaplastico (grado WHO 3) e glioblastoma multiforme (grado WHO 4). L’astrocitoma

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9 pilocitico è il più frequente tumore del SNC nell’infanzia ed è generalmente benigno e ben resecabile. L’astrocitoma diffuso presenta un’età media di insorgenza di 40 anni con prevalenza nel sesso maschile. Il trattamento è chirurgico ma spesso l’exeresi è incompleta portando a un rischio elevato di recidiva. L’astrocitoma anaplastico presenta una maggiore aggressività rispetto ai precedenti, con una sopravvivenza media a 2 anni, dopo trattamento chirurgico, radioterapico e chemioterapico, di circa il 50% dei pazienti. Il glioblastoma multiforme è la forma più aggressiva di astrocitoma, con un accrescimento rapido, infiltrante e destruente e prognosi invariabilmente infausta (mesi).

- Oligodendrogliomi, originano dalla oligodendroglia. Si sviluppano prevalentemente nella sostanza bianca a livello dei lobi frontali e presentano un lento accrescimento.

- Ependimomi, originano dall’ependima e si sviluppano in rapporto con i ventricoli e il canale midollare. In genere sono poco aggressivi ma possono ostruire il sistema liquorale portando a idrocefalo.

- Gliomi misti, risultano costituiti da più di un tipo di cellule gliali.

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1.2 IL MENINGIOMA

Il meningioma è il tumore intracranico primitivo più comune di origine aracnoidea nell'adulto. Nel 1922, Harvey Cushing usò per la prima volta il termine "meningioma" per descrivere una serie di tumori cerebrali e del midollo spinale sviluppati in prossimità delle meningi.

Le meningi sono le membrane che avvolgono il cervello e il midollo spinale e la loro funzione principale è quella di proteggere il sistema nervoso centrale. Le meningi sono composte da: dura madre, aracnoide e pia madre. La dura madre, la membrana più esterna, presenta caratteristiche fibrose e resistenti e, in prossimità del cranio, aderisce al periostio formando l'endocranio. L'aracnoide, la meninge centrale, è strutturalmente simile a una ragnatela (dalla parola greca "aracnoide": ragno), ed è bagnata dal liquido cefalorachidiano (CSF). La pia madre è la più interna delle meningi e aderisce strettamente a tutta la superficie dell’encefalo. Il CSF si trova tra aracnoide e pia madre, come accennato in precedenza, e ha diverse funzioni: agisce come un cuscinetto per il cervello per prevenire lesioni meccaniche, come protezione immunologica e regolazione del flusso sanguigno cerebrale. I plessi coroidei cerebrali producono continuamente circa 500 ml di CSF al giorno che viene assorbito nell'aracnoide.

I meningiomi provengono da cellule del cappuccio aracnoideo (cellule meningoteliali). Queste cellule si trovano nella parte apicale delle granulazioni del Pacchioni e sono esposte al flusso venoso. Infatti, le cellule aracnoidee, caratterizzate da un'elevata attività metabolica, sono coinvolte nel riassorbimento del liquido cefalorachidiano. I meningiomi di solito si sviluppano come tumori extra-assiali, occupando spazio all'interno del cranio o nel canale spinale, ma per lo più non sono in grado di invadere il tessuto nervoso che viene comunque spostato e compresso dalla massa in crescita.

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1.2.1 Epidemiologia

I meningiomi, con un'incidenza stimata di 7,86 casi per 100.000 persone all'anno, insorgono principalmente negli individui anziani, più frequentemente nel sesto e nel settimo decennio, mostrando un'incidenza crescente oltre i 65 anni [2]. Negli adulti, i meningiomi colpiscono prevalentemente le donne, con un rapporto F:M di 2:1 per i tumori intracranici, che, in caso di lesioni spinali, sale a 10:1 [3].

D'altro canto, i meningiomi atipici e anaplastici sono più frequenti negli uomini in giovane età (57 anni di età mediana). La diversa incidenza potrebbe essere correlata al profilo ormonale o a differenze genetiche sebbene, oggigiorno, nessuna prova definitiva conferma questa ipotesi [4].

Negli ultimi decenni l'incidenza del meningioma è in aumento, soprattutto negli anziani [5][6]. Ciò è sicuramente legato a una più alta frequenza di indagini radiologiche sul cranio, a tecniche di imaging migliorate (tomografia computerizzata e/o scansione di imaging a risonanza magnetica), che facilitano la diagnosi anche di lezioni a- o pauci-sintomatiche e ad una maggiore longevità della popolazione [7]. In linea con queste ipotesi, i recenti registri neuro-radiologici segnalano ulteriori nuovi casi di meningiomi asintomatici rilevati casualmente negli anziani durante l'analisi per diverse condizioni patologiche, ma che, tuttavia, non richiedono necessariamente resezione chirurgica o ricovero in ospedale [8][9].

I meningiomi sono rari durante l'infanzia, rappresentano lo 0,4-4,1% di tutti i tumori pediatrici e sono equamente distribuiti in entrambi i sessi [10]. Inoltre, l'incidenza dei meningiomi è in aumento tra adolescenti e giovani adulti, rappresentando il 16% di tutti i tumori intracranici nelle persone di età compresa tra 15 e 39 anni [2].

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1.2.2 Classificazione

Secondo la classificazione dell’OMS del 2016 dei tumori del SNC [1], i meningiomi sono classificati in tre gradi di malignità che mostrano un crescente rischio di recidiva. La classificazione e il grading dei meningiomi non sono stati sottoposti a revisioni sostanziali negli ultimi anni, fatta eccezione per l'introduzione dell'invasione cerebrale quale criterio per la diagnosi di meningioma atipico (II grado OMS).

Circa l'80% dei meningiomi è benigno ed è classificato come grado I; il 4-15% è definito atipico (grado II), e l’1-3% anaplastico (grado III) [11][12], in cui vi sono evidenti caratteristiche istologiche e citologiche tipiche dei tumori maligni: elevato tasso di proliferazione cellulare e acquisizione di un fenotipo indifferenziato. In particolare, il grado II include meningiomi che mostrino 4–19 figure mitotiche/10 HPF, invasione cerebrale, o almeno tre dei seguenti aspetti:

- aumento della cellularità;

- piccole cellule con un elevato rapporto nucleo / citoplasma; - nucleoli prominenti;

- crescita con un aspetto ininterrotto;

- focolai di necrosi spontanea con aspetto istologico a “carta geografica”.

Il grado III è assegnato a lesioni con ≥20 figure mitotiche/10 HPF o istologia di tipo carcinomatoso o sarcomatoso.

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SOTTOTIPI ISTOLOGICI

HISTOLOGICAL SUBTYPE WHO grade (2016 criteria) MENINGOTHELIAL I FIBROUS (fibroblastic) I TRANSITIONAL (mixed) I PSAMMOMATOUS I ANGIOMATOUS I MICROCYSTIC I SECRETORY I LYMPHOPLASMACYTE RICH I METAPLASTIC I ATYPICAL II CHORDOID II CLEAR CELL II PAPILLARY III RHABDOID III ANAPLASTIC (malignant) III

Tabella 2. Sottotipi di meningioma secondo il grado OMS (criteri del 2016) [13].

La maggior parte dei meningiomi sono neoplasie benigne a lenta crescita identificate come grado I dall'OMS. Come riportato nella Tabella 2, i meningiomi presentano una varietà di sottotipi istologici, di cui i più frequenti sono quelli meningoteliali, fibrosi e di transizione. Nel sottotipo meningoteliale, i lobuli delle cellule tumorali sono circondati da sottili setti di collagene. Da un punto di vista citologico le cellule sembrano cellule aracnoidee, ma mostrano evidenti alterazioni morfologiche con nuclei ovali o rotondi con cromatina dispersa, profili nucleari lisci e piccoli nucleoli indistinti. Il meningioma

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14 fibroso è caratterizzato da cellule allungate simili ai normali fibroblasti, con la formazione di fasci estesi che si intrecciano tra loro. La matrice di collagene può essere presente in quantità variabile nei vari tumori. Infine, il meningioma di transizione ha caratteristiche intermedie tra i due sottotipi sopra, con una conformazione lobulare e fascicolare mista, spesso con corpi a spirale.

Figura 1. I più frequenti sottotipi istologici del meningioma (grado I OMS): A) meningoteliale; B) fibroso; C) di transizione

Altri sottotipi di meningioma di grado I sono i meningiomi psammomatosi, angiomatosi, secretori, microcistici, linfoplasmatici e metaplasmatici. Clinicamente, non ci sono differenze tra questi tipi istologici benigni per quanto riguarda il comportamento di crescita e la prognosi.

Alcuni sottotipi istologici sono associati a un potenziale proliferativo e un tasso di ricorrenza più elevati e corrispondono ai gradi OMS II e III. Il meningioma a cellule chiare è un raro sottotipo di grado II, che presenta un aspetto istologico benigno con un esito clinico aggressivo; Il meningioma cordoide dell'OMS ricorda il cordoma, un raro tumore osseo maligno [14].

Il meningioma anaplastico è caratterizzato da aspetti istologici e citologici di evidente malignità, mostrando caratteristiche simili al sarcoma, al carcinoma o al melanoma e un

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15 indice mitotico più elevato (20 o più mitosi per campo) rispetto al meningioma atipico [15]. I meningiomi papillari e rabdoidi sono sottotipi di grado III non comuni, con decorso clinico aggressivo, elevato tasso di recidive, diffusione metastatica e mortalità

ALTERAZIONI MOLECOLARI

Studi recenti hanno dimostrato che l'inclusione di nuove frequenti alterazioni molecolari nella valutazione diagnostica potrebbe migliorare l'identificazione dei pazienti con meningioma che necessitano di una più stretta sorveglianza e di un trattamento più aggressivo [13]. I meningiomi mostrano un alto tasso di alterazioni del numero di copie di specifici geni e anomalie cariotipiche. In particolare, l'alterazione citogenetica più comune è la perdita del braccio lungo del cromosoma 22, che colpisce il gene della neurofibromatosi 2 (NF2), che codifica per la proteina Merlin. Anomalie in questo gene causano la sindrome familiare NF2, che è caratterizzata dallo sviluppo di tumori benigni multipli del sistema nervoso [16]. La maggior parte dei meningiomi associati alla neurofibromatosi hanno mutazioni del gene NF2 o perdita del cromosoma 22 [17], tuttavia sono presenti anche tumori “non NF2”, che presentano comunemente alterazioni della fosfatidilinositolo-3-chinasi e dei geni TRAF7, KLF4 o POLR2A [18]. Nei tumori di II e III grado dell’OMS, oltre ad alcune alterazioni specifiche (per esempio SMARCE1, BAP1, e i geni regolatori della cromatina ARID1A e ARID1B), la mutazione più frequente coinvolge il gene NF2 [18].

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Tabella 3. Mutazioni ricorrenti osservate nei meningiomi. Modificato da Bi W.L et al. 2018

BAM 22, un membro della famiglia del gene b-adattina e dei geni MN1, sono stati trovati frequentemente alterati e, pertanto, sono sospettati di essere coinvolti nei processi di iniziazione dello sviluppo del meningioma [19].

Altre anomalie citogenetiche, descritte in particolare nel meningioma atipico, includono perdite di 1p, 6q, 10q, 14q, 17p e 18q e acquisizione di 1q, 9q, 12q, 15q, 17q e 20q [20][21].

Alcuni studi interessanti hanno mostrato un'associazione tra la perdita del braccio lungo del cromosoma 14, il sesso maschile e un maggior rischio di recidiva tra i pazienti con meningioma benigno [22].

Ad oggi, l'impatto prognostico di tutte le mutazioni sopra descritte è ancora poco conosciuto.

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LOCALIZZAZIONE

Come altri tumori intracranici, l'aggressività e la malignità del meningioma dipendono non solo dal loro grado istologico, ma anche dalla sede di insorgenza. In effetti, lesioni benigne in regioni "critiche" del cervello possono limitare l'accesso chirurgico e, al contempo, possono causare sintomi gravi a causa dell'effetto massa in nuclei cerebrali vitali.

In particolare, è difficile rimuovere chirurgicamente il meningioma che si sviluppa sulla superficie inferiore del cranio, in particolare nelle regioni adiacenti a importanti strutture cerebrali e ai principali sistemi vascolari. Quando la resezione chirurgica è incompleta, le cellule tumorali residue sono associate a un rischio maggiore di recidiva del tumore. Le localizzazioni più frequenti dei meningiomi intracranici sono:

• la falce cerebrale (25%) • la convessità (20%) • l’ala dello sfenoide (20%) • la doccia olfattoria (10%) • l’area sovrasellare (10%) • la fossa posteriore (10%) • la zona intraventricolare (2%) • l’area intraorbitale (<2%) • il midollo spinale (<2%)

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MORFOLOGIA

A livello macroscopico i meningiomi crescono come tumori dai contorni ben definiti. Presentano forma nodulare, rotonda o ovale, sono di colore rosso-grigiastro e struttura omogenea e spesso compatta. Il meningioma di solito comprime le aree del SNC dove si sviluppa senza infiltrarsi. Nonostante ciò, possono essere presenti estensione nell'osso sovrastante e infiltrazioni nel parenchima, non necessariamente costituendo proprietà francamente maligne.

1.2.3 Eziologia e fattori di rischio

Predisposizione genetica

Una predisposizione genetica si osserva nei meningiomi che si sviluppano in pazienti affetti da rare sindromi tumorali ereditarie, come la maggior parte delle neurofibromatosi di tipo 1 e 2, la sindrome di Turner e Werner [23][24].

La sindrome da neurofibromatosi di tipo II è fenotipicamente caratterizzata dallo sviluppo di tumori benigni multipli del SNC, principalmente schwannomi e meningiomi [16]. I topi knockout NF2 sviluppano meningiomi spontanei [25], confermando la perdita funzionale di NF2 come un driver oncogenico iniziale nella tumorigenesi dei meningiomi sia di basso che di alto grado [26].

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19 Inoltre, le perdite del cromosoma 1p e 14q sono le seconde alterazioni citogenetiche più frequenti osservate nei meningiomi, e colpiscono il 50% dei tumori di II grado e quasi tutti quelli di III grado [11].

Nei processi di tumorigenesi del meningioma sono coinvolti anche altri geni: TRAF7 (fattore 7 associato al recettore del TNF), il proto-oncogene AKT1, KLF4 (fattore 4 simile a Kruppel), l’oncogene PIK3CA e SMO [27].

I pazienti con patologie congenite e familiari, come la neoplasia endocrina di tipo 1, le sindromi di Gorlin, Cowden, Gardner, Turcot, von Hippel-Lindau- e Li-Fraumeni hanno anche un maggior rischio di sviluppare un meningioma.

Recettori ormonali

Gli ormoni steroidei svolgono un ruolo nello sviluppo del meningioma. Infatti, come suggerito dal fatto che l’incidenza sia più alta nelle donne e dagli effetti protettivi della gravidanza, e che per i meningiomi maligni si riscontra una percentuale più alta di incidenza negli uomini, si è riscontrata la presenza dei recettori del progesterone (89% dei casi), degli estrogeni (40%), degli androgeni (39%) in questi tumori. Infatti, dati epidemiologici e biologici mostrano una possibile relazione tra gli ormoni e il rischio di sviluppare un meningioma. La preponderanza dei recettori del progesterone (PR) e la ridotta espressione dei recettori degli estrogeni (ER) nei meningiomi è stata ampiamente studiata. In genere, elevati livelli di espressione dei recettori del progesterone nei meningiomi determina un outcome clinico e biologico favorevole. Al contrario, una riduzione delle PR e/o la presenza di ER, indica una maggiore presenza di anomalie citogenetiche e un comportamento biologico più aggressivo, una rapida progressione e un’incidenza di recidive aumentata [28].

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20 La somministrazione di ormoni estroprogestinici esogeni durante la terapia contraccettiva o la terapia ormonale sostitutiva sembrano non avere un effetto protettivo significativo. Tuttavia, gli studi mostrano che una terapia ormonale sostitutiva a lungo termine possa aumentare il rischio di sviluppo di meningioma [29][7]. Tuttavia, attualmente, il ruolo dei recettori ormonali e dell'uso della terapia ormonale è ancora controverso e non definitivamente dimostrato[4][20], in parte a causa del numero limitato di casi segnalati e dell'eterogeneità dei dati epidemiologici.

Più recentemente sono stati riportati numerosi casi di meningioma in pazienti trattati con l’antagonista recettoriale del testosterone, ciproterone acetato [31].

Fattori ambientali

Radiazioni elettromagnetiche

In diversi studi epidemiologici, l'esposizione alle radiazioni ionizzanti è stata correlata con una maggiore incidenza di meningioma. Il trattamento della tinea capitis del cuoio capelluto con irradiazione a basso dosaggio con 8 Gray (Gy), provoca meningiomi singoli o multipli con un rischio aumentato del 2,3% dopo un periodo di latenza di 35 anni [32]. I pazienti affetti da gliomi, leucemie, linfomi e/o metastasi cerebrali trattati con radioterapia, possono sviluppare meningiomi dopo un periodo di latenza media leggermente più breve (circa 24 anni). In generale, il meningioma indotto dall'esposizione alle radiazioni presenta un fenotipo più aggressivo (circa il 50% è atipico).

Inoltre, anche l'esposizione a radiazioni a basso dosaggio come radiografie dentali appare responsabile di un aumentato rischio di sviluppare meningiomi [23][24][35]. In

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21 particolare, le radiografie dentali eseguite in passato, quando l'esposizione alle radiazioni era maggiore di quella attualmente utilizzata, ed eseguite frequentemente in giovane età, sembrano essere associate al rischio di sviluppo di meningioma intra-cranico [36]. Oggi è ancora incerto se esposizioni croniche ai campi elettromagnetici dei telefoni cellulari, classificate come “potenzialmente cancerogene” per l'uomo dall'Agenzia internazionale per la ricerca sul cancro, possano costituire un potenziale fattore di rischio per la tumorigenesi anche dei meningiomi.

Gli studi prodotti finora riportano dati contrastanti probabilmente perché il periodo di follow-up è relativamente breve in quanto le tecniche di telecomunicazione emergenti sono state ampiamente utilizzate solo negli ultimi 30 anni, e questo non consente di fornire al momento dati di univoci [7][27].

Esposizione ad agenti chimici

È noto da tempo un effetto tossico del piombo, e la correlazione tra le sue concentrazioni e lo sviluppo di diversi tumori cerebrali (oltre a quelli di stomaco, polmone e cistifellea), poiché questo metallo è in grado di attraversare la barriera emato-encefalica. Gli individui, esposti in maniera continuativa al piombo per motivi professionali mostrano un rischio più elevato di sviluppare meningiomi rispetto alla popolazione non esposta; in particolare, questa relazione coinvolge soggetti con allele ALAD2, poiché il polimorfismo ALAD G177C influenza la cinetica tossica del piombo [37]. ALAD2 è un allele che controlla l’ALA-deidratasi, un enzima coinvolto nella sintesi del gruppo eme, in particolare, nella conversione dell’acido delta-aminolevulinico in porfobilinogeno.

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PROGNOSI

La maggior parte dei meningiomi ha una buona prognosi a lungo termine, tuttavia, esiste una variabilità tra individui, sulla base di uno sfondo complesso di recidiva del tumore. La sopravvivenza a 5 anni dei meningiomi benigni è di circa il 70%, che diminuisce lievemente in quelli di II e III grado (65%) e nei pazienti più anziani. Dopo resezione chirurgica completa, il tasso di recidiva dei meningiomi di grado I è di circa il 20% a 5 anni, mentre a 10 anni è del 10%, è del 30-40% nel II grado e del 50-90% nel III grado. [38].

L'alto grado istologico, la morfologia papillare, la resezione chirurgica incompleta, l'età, il genere maschile, il coinvolgimento del nervo ottico e un alto indice mitotico, sono tutti fattori prognostici negativi associati a un più alto tasso di recidiva [39][40]. L'età del paziente influenza grandemente il risultato terapeutico. In generale, i pazienti più giovani sottoposti a chirurgia guariscono meglio dei pazienti più anziani, in cui possono insorgere frequentemente complicazioni. La localizzazione del tumore e la sua accessibilità chirurgica sono un fattore critico che determina il fattore di sopravvivenza del paziente, poiché la resezione radicale può non essere sempre possibile e, pertanto, i pazienti devono essere sottoposti a resezione parziale che favorisce lo sviluppo di recidive [41] .

Alto indice mitotico e recidiva precoce sono spesso associati a meningiomi caratterizzati dall'assenza dei recettori progestinici [42]. Inoltre, le anomalie cromosomiche e la perdita di eterozigosi sono associate a una sopravvivenza inferiore e un tasso di recidiva più elevato [22][43].

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INDICE DI PROLIFERAZIONE

Il potenziale proliferativo viene misurato con diversi bio-marcatori; di solito l’analisi viene effettuata mediante immunoistochimica utilizzando l'anticorpo monoclonale MIB-1, che ha come bersaglio l'antigene Ki-67. Ki-67 è una proteina nucleare presente solo durante le fasi attive del ciclo cellulare (fasi G1, S, G2 e M). L'indice Ki-67 è calcolato come percentuale di nuclei immunopositivi rispetto al numero totale di nuclei di cellule tumorali esaminati in più campi microscopici [3]. L'espressione del Ki-67 è significativamente correlata a un grado istopatologico elevato e ad un aumentato rischio di recidiva nei meningiomi [7][44]. Tuttavia, sebbene l'indice Ki-67 possa fornire preziose informazioni prognostiche aggiuntive, la sua valutazione non è attualmente inclusa nei criteri di classificazione dei meningiomi, in virtù di un'elevata variabilità interindividuale [45][46].

Il potenziale proliferativo o tumorigenico del meningioma dipende anche dai livelli di vascolarizzazione: una maggiore quantità di espressione del fattore di crescita endoteliale vascolare (VEGF) è significativamente associata alla vascolarizzazione e proliferazione del meningioma [47].

1.2.4 Diagnosi

Sintomi

A causa della loro crescita lenta, i meningiomi intracranici possono rimanere completamente asintomatici per lungo tempo. All'osservazione, molti pazienti con massa tumorale di notevoli dimensioni presentano sintomatologia neurologica scarsa o assente.

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24 In alcuni casi, a causa della bassa correlazione tra volume del tumore e sintomi clinici, la storia clinica può durare per decenni prima della diagnosi. I sintomi compaiono quando la massa tumorale diventa così grande da comprimere le strutture intracraniche. Indipendentemente dalla posizione del tumore, si può verificare una sindrome da ipertensione endocranica lentamente progressiva. I sintomi più comuni sono: mal di testa, vertigini, nausea o vomito e stasi papillare. Meno frequentemente, i pazienti possono sviluppare ernia transtentoriale e delle tonsille cerebellari con perdita di coscienza, movimento incontrollato degli occhi, perdita delle capacità respiratorie, difficoltà a parlare e convulsioni epilettiche.

La sintomatologia più specifica, invece, è correlata alla posizione del meningioma. Le sedi più frequenti sono la regione parasagittale e della convessità, in prossimità della linea mediana o nella parte convessa del cranio. I sintomi da compressione possono essere: convulsioni focali, edema e irritazione della corteccia; questi sono seguiti da deficit neurologici e segni di coinvolgimento dei nervi intracranici, specialmente nei meningiomi cresciuti nella base cranica.

Diagnostica radiologica

Oggi non ci sono indicazioni per uno screening specifico per la rilevazione del meningioma. I pazienti con attacchi epilettici recenti o segni neurologici focali, con sospetta presenza di una massa tumorale intracranica, sono esaminati mediante risonanza magnetica cerebrale (MRI). La maggior parte delle masse extrassiali focali sono infatti meningiomi [48].

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25 L'angiografia facilita la visualizzazione precisa della vascolarizzazione del tumore, inclusa l'origine e la posizione dei vasi tumorali. Il modello tipico è la comparsa precoce del mezzo di contrasto nella fase arteriosa e la sua persistenza nella fase venosa. L'angiografia aiuta anche a identificare le occlusioni dei seni cerebrali, presenti principalmente nei meningiomi parasagittali e della falce.

Alle scansioni CT e RM, i meningiomi appaiono sessili o peduncolati a livello della base cranica e, a causa dell'elevata vascolarizzazione, si identificano come masse iso- o iper-dense. Alla TC i meningiomi si presentano come lesioni rotondeggianti a margini ben definiti, con un punto di ancoraggio definito “dural tail”, (ovvero il punto di partenza dall’aracnoide), più o meno circondati da aree di edema che dislocano il parenchima cerebrale circostante senza invaderlo [49][50].

Figura 2. Immagini TC e RM di un caso di meningioma tipico (grado I) [51].

Con la risonanza magnetica di perfusione sono anche evidenziati l'edema peritumorale e la distribuzione dei vasi nell'area del cervello interessata. Le caratteristiche istologiche maligne, quali grandi dimensioni e localizzazione basale sono associate ad edema peritumorale e sono correlate a un’ipoperfisione ematica nelle regioni cerebrali adiacenti [52].

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26 Dalla TC, le calcificazioni psammomatose, che non sono identificate dalla risonanza magnetica, sono chiaramente evidenti.

In casi radiologici incerti, per una "migliore" classificazione, un'altra tecnica diagnostica utilizzata è la risonanza magnetica associata ad alanina, alti livelli di colina e glutammina e basse concentrazioni di spettroscopia di creatinina, N-acetil-aspartato e lipidi [48][53].

1.2.5 Trattamento

Chirurgia

La chirurgia rappresenta il trattamento di prima scelta per i meningiomi sintomatici e, in generale, è in grado di risolvere in maniera definitiva la maggior parte dei casi, oltre ad eliminare i sintomi dell’effetto massa e consentire la diagnosi istologica [48].

Il trattamento conservativo o la semplice osservazione con follow-up clinico e di risonanza magnetica, sono indicati nei meningiomi piccoli e asintomatici, specialmente nei pazienti anziani. Tutte le moderne tecniche di imaging combinate con neurochirurgia e micro-neurochirurgia rendono possibile la rimozione efficace di molti tumori precedentemente considerati non operabili, per difficoltà nell'accesso chirurgico o per la loro stretta connessione con le strutture cerebrali vitali.

Il fattore predittivo più affidabile per la recidiva del meningioma è l'estensione della resezione chirurgica. Per i meningiomi di grado I, la scala di valutazione Simpson svolge un ruolo importante nel guidare il loro trattamento dal 1957 [54]. La qualità della resezione chirurgica viene valutata sull'estensione stimata della resezione attraverso una classificazione ancora utilizzata e adattata secondo le più recenti tecniche di imaging [48].

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27 L'entità della resezione chirurgica, classificata dal sistema a cinque livelli Simpson, è divisa in:

• grado I: resezione totale del tumore;

• grado II: il tumore viene resecato macroscopicamente e gli attacchi durali vengono coagulati;

• grado III: resezione totale senza coagulazione di attacchi durali o resezione incompleta; • grado IV: resezione parziale con residuo tumorale macroscopico visibile;

• grado V: biopsia.

Le attuali linee guida della “European Association of Neuro-Oncology” (EANO, 2016) [55] per il trattamento post-chirurgico e il follow-up dei pazienti affetti da meningioma si basano sulla classificazione Simpson e sul grado del tumore come descritto in Tabella 4.

Tabella 4. Linee guida EANO per il trattamento del meningioma rispetto al grado OMS e all'estensione delle resezioni. Adattato da

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Embolizzazione endovascolare

L'embolizzazione dei vasi neoplastici provoca la necrosi tumorale e può essere utilizzata preoperatoriamente per separare il tumore dai tessuti altamente vascolarizzati, come ossa, dura madre e parenchima cerebrale. Inoltre, l'embolizzazione riduce la morbilità e la mortalità associate al sanguinamento intra-chirurgico.

Le arterie che irrorano un meningioma, originano principalmente dall'arteria carotide esterna. Un approccio endovascolare consente di raggiungere e rimuovere i capillari tumorali preservati nelle arterie dei tessuti sani. In questo modo è possibile evitare di compromettere la guarigione della ferita nel periodo postoperatorio [56][57]. L'embolizzazione può anche essere presa in considerazione come procedura palliativa [58]. Tuttavia, il tasso di complicanze dell’embolizzazione è del 5-6%.

L'agente embolizzante più comunemente utilizzato è l'alcool polivinilico (PVA). Le particelle di PVA di grandi dimensioni hanno un rischio minore di penetrare nei tessuti adiacenti e causare ictus o paralisi di un nervo. Al contrario, particelle più piccole penetrano in profondità nel tumore, anche se possono migrare anche nel tessuto normale [59]. I tempi ottimali per la procedura chirurgica dopo l'embolizzazione sono 7-9 giorni [60]; successivamente, esiste un notevole potenziale per il recupero della perfusione dei vasi embolizzati.

Radioterapia

L'irradiazione può rappresentare un trattamento di prima linea, un trattamento adiuvante o un trattamento di seconda linea per i meningiomi ricorrenti. La radioterapia è il

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29 trattamento di prima linea per i meningiomi della base cranica che coinvolgono strutture come il seno cavernoso e il nervo ottico e come unica terapia quando l'approccio chirurgico è impossibile.

Anche se le cellule del meningioma sono relativamente radio-resistenti, la radioterapia è la terapia adiuvante più efficace ad oggi disponibile. Generalmente, le radiazioni frazionate vengono utilizzate in un periodo di trattamento da 5 a 6 settimane, per i meningiomi benigni parzialmente resecati per sostenere la chirurgia ma, in genere, sono necessarie dosi da 50 a 60 Gy per controllare la crescita del tumore per periodi più prolungati. Nei meningiomi atipici o maligni e, nei pazienti sottoposti a rimozione parziale del tumore, la radioterapia frazionata è particolarmente indicata [7][48]. Per questi tumori aggressivi sono necessarie dosi totali elevate di radioterapia frazionata (> 54 Gy in frazioni da 1,8 a 2,0 Gy) [61]. Nonostante il vantaggio offerto dalla moderna radioterapia, la neurotossicità dovuta a questo trattamento può potenzialmente influire sulla qualità della vita dei pazienti; in particolare gli effetti della radioterapia sulla ghiandola pituitaria, sui nervi cranici e le funzioni cognitive non sono stati ancora completamente definiti [62].

Tecniche di radioterapia più sofisticate consentono un importante controllo della malattia in circa l'80 - 90% dei casi. In generale, una dose totale di 54 Gy (45-70 Gy) risulta efficace e provoca un ritardato nello sviluppo di ulteriori recidive [63][64].

La radioterapia stereotassica (SRT) è un trattamento che utilizza un'alta dose singola per colpire un piccolo volume del cervello (circa meno di 3 cm) senza intaccare i tessuti sani circostanti. Per questo motivo, la radiochirurgia è recentemente diventata la prima scelta per meningiomi intracranici ben circoscritti e grandi tumori non operabili. Le tecniche di imaging CTT e MRI sono utilizzate per definire meglio il volume target che deve essere colpito dalla radioterapia.

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30 In una o più sessioni di terapia, attraverso un acceleratore lineare, o in una terapia a singola frazione usando il gamma-knife, la radioterapia stereotassica consente di attaccare tumori vicini ad aree critiche come i nervi cranici, creando tumori resecabili che potrebbero essere rimossi solo parzialmente con la chirurgia [65]. La radiochirurgia stereotassica (SRS) con la tecnica del gamma-knife, è attualmente utilizzata per il trattamento di meningiomi intracranici di dimensioni superiori ai 3-4 cm. L'SRS determina effetti collaterali comuni come alterazioni dei nervi cranici ed edema peritumorale, e, più raramente, necrosi, formazione di cisti peritumorali, stenosi dell'arteria carotidea e disfunzione ipotalamica [66].

TRATTAMENTO MEDICO PER I MENINGIOMI RICORRENTI

Chemioterapia

Le terapie sistemiche vengono utilizzate dopo l'intervento chirurgico e il fallimento della radioterapia, tuttavia mancano attualmente farmaci efficaci per i meningiomi [67]. Pertanto, la chemioterapia è usata raramente nel trattamento dei meningiomi, solo come trattamento adiuvante dopo chirurgia e radioterapia [11]. Effetti negativi a breve e, principalmente, a lungo termine, come linfomi e leucemie, fibrosi polmonare, insufficienza renale e neurotossicità, giustificano l'approccio chemioterapico solo in una minoranza di casi. I farmaci citotossici classici (temozolomide, irinotecan, doxorubicina, ifosfamide) non hanno migliorato la sopravvivenza dei pazienti [67]. Inoltre, poiché i meningiomi benigni hanno un tasso di crescita lenta, è difficile valutare in termini reali l'effetto della chemioterapia.

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31 Nel 1997, due studi hanno dimostrato che l'idrossiurea (HU), un inibitore della ribonucleotide reduttasi, utilizzato in pazienti sottoposti a resezione tumorale completa alla dose di 20 mg/kg/die, è in grado di prevenire la recidiva di meningiomi atipici fino a 24 mesi [68][69]. Successivamente, numerosi altri studi clinici su pazienti con meningioma ricorrente o progressivo hanno confermato l'efficacia del trattamento antitumorale con HU [70].

In un altro studio, dopo il trattamento con HU, 18 pazienti su 20 hanno mostrato una stabilizzazione della patologia e una risposta parziale in 2 casi, in un periodo di osservazione di 80 settimane. Frequentemente, però si sono manifestati effetti collaterali ematologici, principalmente caratterizzati da neutropenia [71]. Inoltre, in 12 casi di meningioma benigno, la malattia si è stabilizzata e due pazienti hanno mostrato un miglioramento clinico. Un paziente ha manifestato una parziale minore risposta che è stata osservata dopo 3 anni di trattamento su neuroimaging e valutazioni cliniche. La chemioterapia è stata generalmente ben tollerata, anche se in alcuni pazienti è stata segnalata una tossicità ematologica minore e solo un paziente ha interrotto la terapia a causa della moderata mielosoppressione [72]. Un altro studio clinico riporta benefici nella maggior parte dei pazienti trattati con HU: 11 pazienti su 15 hanno ottenuto una stabilizzazione della malattia per una durata media di 11 mesi [73].

Gli effetti stabilizzanti della malattia indotti dall’idrossiurea non sono stati però confermati da altri studi. L'idrossiurea ha mostrato solo un'attività stabilizzante in alcune serie [62][64], ma ciò non è stato sempre confermato [74][75].

Numerosi piccoli studi di fase II che hanno utilizzato un trattamento combinato di HU con altri agenti chemioterapici come l’imatinib non hanno riportato effetti positivi sulla sopravvivenza dei pazienti [76].

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32 Il verapamil, un antagonista dei canali del calcio voltaggio-dipendenti di tipo L, noto per aumentare gli effetti dei farmaci chemioterapici attraverso l'inibizione della pompa di estrusione G-glicoproteina, somministrato in combinazione con HU, ha ridotto la vascolarizzazione e le dimensioni del tumore, la proliferazione cellulare e ha indotto un aumento del tasso di apoptosi [77].

Il co-trattamento post-radiazioni con ciclofosfamide, adriamicina e vincristina (CAV), ha portato a un modesto miglioramento della sopravvivenza mediana di 5,3 anni rispetto ad una sopravvivenza di 2,7 anni in un gruppo di pazienti che hanno ricevuto octreotide sottocutaneo tre volte al giorno; tuttavia il CAV, in trattamento congiunto, è associato ad alta tossicità [11]. In particolare si sono verificate diverse complicanze correlate alla chemioterapia come alopecia transitoria, anemia, trombocitopenia e febbre neutropenica; tuttavia non è emersa alcuna tossicità vescicale o cardiaca e nessun paziente è deceduto a seguito di tossicità correlata alla chemioterapia [78].

L'irinotecan, un farmaco antitumorale usato in particolare per il trattamento dei tumori, del colon e del polmone a piccole cellule, ha mostrato attività anti proliferativa sia in vitro in colture cellulari primarie di meningioma che in vivo in studi su animali, ma nessun effetto è stato osservato in uno studio clinico di fase II (end-point primario PFS a 6 mesi) [79].

Targeted therapy

A tutt’oggi si sa poco delle vie di trasduzione del segnale, dei fattori di crescita e dei loro recettori che svolgono un ruolo nella proliferazione del meningioma [80][81].

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33 Sono in corso numerosi studi per identificare possibili nuovi target molecolari coinvolti nella crescita, proliferazione e neoangiogenesi di questi tumori. I meningiomi presentano espressione anomala delle molecole di segnalazione e le vie di segnalazione cellulare deregolate quali driver della trasformazione neoplastica [11][82][83].

Ad esempio, la via di segnalazione di Hedgehog (Hh), cruciale per l'embriogenesi e la crescita cellulare, è significativamente attivata in maniera costitutiva in alcuni meningiomi [84]. La via della serina/treonina chinasi AKT regola diversi processi cellulari quali proliferazione e sopravvivenza delle cellule tumorali, invasione dei tessuti e resistenza alla chemioterapia. AKT è stata riportata come una proteina altamente espressa nei meningiomi della base cranica [85]. Al momento, solo pochi casi di meningioma sono stati trattati con inibitori di AKT, anche se i risultati sembrano promettenti [86]. Studi più estesi serviranno per validare questi iniziali case-reports.

Terapia ormonale

Le donne hanno una maggiore incidenza di sviluppare meningiomi, soprattutto dopo la pubertà e durante i loro anni fertili. Inoltre, la maggiore incidenza di meningiomi nei pazienti con carcinoma mammario, ha suggerito un potenziale ruolo degli ormoni sessuali in entrambe le malattie e alcuni farmaci per il trattamento del carcinoma mammario sono stati proposti per essere utilizzati per la manipolazione ormonale nel meningioma. Il tamoxifene, un farmaco antitumorale orale ampiamente utilizzato nei pazienti con carcinoma mammario, appartenente alla famiglia dei modulatori selettivi del recettore degli estrogeni (SERM), inibisce gli effetti degli estrogeni mediante l’attività di istoni deacetilanti che bloccando il legame del recettore degli estrogeni con il DNA. Tuttavia,

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34 nei pazienti con meningioma, il tamoxifene non induce una risposta significativa in termini di inibizione della crescita tumorale [87][88].

Il mifepristone acetato (RU486), progettato come contraccettivo negli anni ’80 e oggi utilizzato principalmente per indurre l'interruzione precoce della gravidanza, è in grado di legare il recettore del progesterone a concentrazioni inferiori rispetto ai progestinici e si comporta da antagonista [89].

L'uso di antagonisti del progesterone come trattamento palliativo per i meningiomi è controverso. In alcuni piccoli studi, sono stati ottenuti risultati positivi [90][91]. Uno studio prospettico dello SWOG (Southwest Oncology Group) comprendente 193 pazienti, il cui stato di espressione del recettore del progesterone non era conosciuto in 138 casi, che sono stati divisi in gruppi di 80 pazienti trattati con mifepristone alla dose di 200 mg, o con placebo, per un periodo mediano di 10 mesi. Il trattamento è stato in generale ben tollerato. Sono stati rilevati effetti tossici e collaterali di grado IV in solo 6 pazienti del braccio di trattamento con mifepristone e in un paziente del braccio trattato con placebo. Tossicità di grado III è stata descritta in 30 pazienti trattati con mifepristone e in 24 pazienti trattati con placebo. Gli effetti tossici erano costituiti principalmente da ipostenia (72% contro 54%), mal di testa (44% contro 41%) e rush cutaneo (38% contro 26%). Un gran numero di pazienti di sesso femminile presentava anche iperplasia endometriale [92]. Purtroppo, però non sono stati riscontrati effetti positivi sulla progressione tumorale e sulla sopravvivenza dei pazienti.

Anche i recettori della somatostatina sono espressi nella maggior parte dei meningiomi [93], e studi in vitro, hanno dimostrato che il trattamento con somatostatina è in grado di inibire la proliferazione di cellule di meningioma umano in coltura primaria. Uno studio preliminare su 16 pazienti ha mostrato una risposta parziale al trattamento con somatostatina in un terzo dei pazienti. In uno studio di fase II, il trattamento sottocutaneo

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35 con octreotide, un agonista dei recettori della somatostatina 2 e 5, ha prodotto un allungamento del PFS fino a 17 settimane e un tempo di sopravvivenza mediano di 2,7 anni in 11 pazienti con meningioma ricorrente, rispetto a studi precedenti che avevano riportato una sopravvivenza mediana inferiore a 1 anno [94][95]. L'octreotide è anche allo studio, nei meningiomi ricorrenti, in associazione con l’everolimus, un farmaco bloccante della via mTOR, la cui attività nelle cellule del meningioma è stata dimostrata in vitro [96].

Trattamento anti-angiogenico

I vasi sanguigni svolgono un ruolo essenziale per fornire alle cellule tumorali sostanze nutritive. I meningiomi sono caratterizzati da un'elevata vascolarizzazione e, pertanto, la formazione di vasi sanguigni rappresenta un potenziale bersaglio terapeutico. Ad esempio, l'analogo della fumigillina anti-angiogenica (TNP-470) ha inibito la crescita del meningioma benigno e maligno in modelli animali di xenotrapianti [97].

Il fattore di crescita endoteliale vascolare (VEGF) è la molecola più importante coinvolta nella neovascolarizzazione tumorale, e i farmaci anti-VEGF sono utilizzati in diversi tipi di tumore [98][99]. L'espressione del recettore VEGF è direttamente proporzionale alla classificazione del meningioma. Infatti i meningiomi atipici e maligni esprimono rispettivamente livelli di VEGF da 2 a 10 volte più elevati rispetto ai meningiomi benigni [100]. L'anticorpo monoclonale bevacizumab, diretto contro il VEGF, è stato ampiamente testato in studi clinici in oncologia ed è in genere ben tollerato dai pazienti. Sono state riportate regressioni parziali in meningiomi anaplastici, in cui i pazienti hanno ricevuto bevacizumab per via endovenosa ogni due settimane per 15 mesi dopo interventi chirurgici non curativi [101] e, in meningiomi non esprimenti NF2 [102]. Un gruppo di

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36 15 pazienti con meningiomi atipici o meningiomi maligni, trattati con bevacizumab, hanno riportato una sopravvivenza libera da progressione della malattia (PFS) di 26 settimane, una percentuale di PFS a 6 mesi del 43,8%, e una riduzione della vascolarizzazione tumorale. In paragone, un gruppo di 10 pazienti trattati con imatinib, ha mostrato una PSF mediana di 8 settimane e una percentuale di PSF a 6 mesi dello 0%, e un gruppo di 17 pazienti trattati con l'agonista dei recettori della somatostatina 1, 2, 3 e 5, pasireotide, la PFS mediana è stata di 16 settimane e la percentuale di PFS-6 è del 20% [103]. Un altro studio retrospettivo condotto su 15 pazienti con meningioma atipico e maligno ricorrente, trattati con bevacizumab, ha riportato una PFS a 6 mesi dell'86% rispetto a una PFS-6 del 10% osservata in pazienti trattati con l'inibitore della ribonucleotide reduttasi HU [104]. Sebbene generalmente ben tollerato, il trattamento con bevacizumab ha causato in taluni casi effetti collaterali come emorragia del SNC e / o perforazione intestinale [104].

È stato inoltre condotto uno studio clinico di fase II su 36 pazienti con meningioma di grado II e III utilizzando il sunitinib, un inibitore dell’attività chinasica di VEGFR e PDGFR. Sfortunatamente, il 60% dei pazienti ha sofferto di tossicità di grado III, il 32% di essi ha avuto bisogno di una riduzione della dose, e il 22% dei pazienti ha dovuto interrompere il trattamento [105]. Venticinque pazienti con meningioma benigno, atipico e maligno sono stati anche trattati con quattro cicli di vatalanib (PTK787), un altro inibitore di VEGFR e PDGFR. Vatalanib ha dimostrato di essere non solo più sicuro e meno tossico rispetto al sunitinib ma anche più efficace: nei pazienti con meningioma ricorrente di grado II e III, trattati con sunitinib la PFS mediana era di 4,6 mesi, mentre nei pazienti trattati con vatalanib era prolungata a 7,6 mesi [106]. Questi risultati promettenti devono essere confermati in studi clinici randomizzati prospettici di fase III che comprendano un numero di pazienti molto più ampio [11].

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Gli interferoni

Numerose evidenze ottenute da studi in vitro sostengono che l'interferone a (IFNα) possa inibire la proliferazione cellulare del meningioma [107][108]. Solo piccoli studi, tuttavia, hanno dimostrato un effetto dell'IFNα sulla progressione dei meningiomi ricorrenti e non resecabili in studi clinici. Uno studio su pazienti trattati con IFNα ha mostrato una malattia stabile fino a 8 anni in 9 pazienti su 12 [108]. Recentemente, in uno studio più ampio che ha coinvolto 35 pazienti con meningioma ricorrente di grado I, 10 pazienti hanno avuto effetti tossici e, di conseguenza, una riduzione della dose del farmaco; 25 pazienti hanno mostrato una malattia stabile con tempo mediano alla progressione del tumore di 7 mesi. D'altra parte, 9 pazienti hanno progredito con un tempo di sopravvivenza mediano di circa 8 mesi [109]. Quindi i risultati ottenuti sui pazienti trattati con INF-a sono piuttosto imprevedibili e poco promettenti [100][110][111].

Modelli animali di meningioma, quali topi transgenici in cui NF2 e CDKN2ab sono stati inattivati, potranno essere utili in futuro per approfondire ulteriormente l'efficacia terapeutica degli interferoni [112].

Virus Oncolitici

Un trattamento medico emergente per diversi tumori è l'uso dei virus oncolitici (OV) in grado di determinare una risposta immunitaria cellulare antitumorale. Questo tipo di virus è in grado di uccidere selettivamente le cellule tumorali e diversi OV, inclusi l’adenovirus e l’herpes simplex (G47D), sono stati studiati anche in modelli di meningioma

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38 preclinico, in particolare il G47D, anche in studi clinici per il glioblastoma ricorrente e nello schwannoma. I risultati preliminari fino ad ora riportati in letteratura hanno suggerito che questo approccio abbia sicurezza e un’efficacia incoraggiante [113][114].

Immunoterapia

La più recente strategia medica in oncologia è rappresentata dall'immunoterapia, basata sull'inibizione delle molecole modulanti del checkpoint immunitario, la cui espressione è stata rilevata anche nelle cellule PD-L1 che si infiltrano nei meningiomi aggressivi [115]. Sono in corso studi clinici con gli agenti anti-PD-1 nivolumab, pembrolizumab (NCT03173950) e avelumab (in combinazione con radioterapia) in meningiomi recidivati di alto grado. Al momento però non ci sono risultati pubblicati.

TOSSICITÀ A LUNGO TERMINE DEGLI APPROCCI TERAPEUTICI CORRENTEMENTE UTILIZZATI PER IL MENINGIOMA

Deficit cognitivi e neurologici possono avere un impatto significativo sui pazienti con tumori cerebrali, indipendentemente dal sottotipo istologico e dal grado di neoplasia. In particolari aree, la chirurgia provoca inevitabilmente deficit cognitivi: i problemi clinici principali possono essere perdita di memoria, apatia, difficoltà di concentrazione e cambiamenti di personalità. Gli effetti della radioterapia sulle funzioni cognitive sono ancora poco chiari a causa della difficoltà di determinare se i deficit siano stati indotti dal tumore o dal trattamento [116][117]. Un recente studio su pazienti con glioma libero da

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39 progressione di basso grado non ha confermato la correlazione tra radioterapia e deficit cognitivo [118]. Sono state identificate invece solo relazioni tra deficit cognitivi e farmaci antiepilettici. Le convulsioni epilettiche infatti complicano spesso il quadro clinico in pazienti con tumori cerebrali, e hanno un impatto significativo sulla qualità della vita nonostante un efficace controllo farmacologico. Nuovi farmaci antiepilettici con minori effetti collaterali possono essere utili soprattutto nei pazienti sottoposti a trattamento multi-chemioterapico.

La radioterapia può danneggiare i nervi cranici o indurre disfunzione endocrina, anche quando la neoplasia trattata è distante dalla regione ipofisaria [119]. Le terapie aumentano anche il rischio di mortalità. La chemioterapia induce effetti collaterali tardivi, quali linfomi, leucemia o tumori solidi, fibrosi polmonare, insufficienza renale, infertilità e neurotossicità. Anche la radioterapia, a dosi superiori a 54 Gy, ha un rischio di mortalità circa del 2,5% a 2 anni. Inoltre, a dosi elevate e diffuse, oltre il 5% dei pazienti può presentare radio-necrosi, causando cecità se adiacente al chiasma ottico.

1.3 CELLULE STAMINALI

I tessuti sono composti da sottopopolazioni cellulari eterogenee e vengono costantemente rinnovati attraverso la differenziazione delle cellule staminali [120]. Per mantenere l’omeostasi cellulare è necessario mantenere un equilibrio tra la replicazione, autorinnovamento e differenziamento delle cellule staminali e la morte di cellule mature e differenziate.

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40 • l’autorinnovamento: mantenere un numero relativamente costante di precursori per lunghi periodi di tempo mediante la replicazione asimmetrica: la capacità di produrre due tipi di cellule figlie. Una inizia il percorso di differenziamento dando origine prima a progenitori “committed” e quindi alle cellule mature che compongono i diversi organi, mentre l'altra mantiene la sua staminalità preservando la presenza della componente staminale nel tessuto.

• il differenziamento in più linee o tipi cellulari.

Inoltre, le cellule staminali mostrano una maggiore resistenza agli agenti citotossici, inclusi i farmaci, rispetto alle cellule differenziate, grazie alla loro elevata capacità di riparare il DNA e all'elevata attività di trasportatori di membrana.

Le cellule staminali possono essere identificate in base all'origine e al potenziale di differenziazione, ma possono essere essenzialmente divise in due tipi:

• Cellule staminali embrionali (ESC), derivate dalla massa cellulare interna della blastocisti, sono quelle maggiormente indifferenziate; le ESC sono denominate pluripotenti e danno origine a tutte le cellule dell'organismo. In base alle diverse condizioni fisiologiche, le ESC formano cellule specializzate di tutti e tre gli strati germinali: endoderma (stomaco e rivestimento gastrointestinale e polmoni), mesoderma (muscoli, ossa, sangue e sistema urogenitale) ed ectoderma (tessuti epidermici e neuronali, formando neuroni, astrociti e oligodendrociti). La capacità di auto-rinnovamento, virtualmente illimitata, e la plasticità sono state considerate le basi per lo sviluppo di terapie con cellule staminali embrionali. In particolare, sono state proposte le cellule staminali embrionali per la medicina rigenerativa e la sostituzione di tessuti dopo lesioni o malattie.

• Cellule staminali adulte sono cellule indifferenziate che si trovano in organi e tessuti già maturi. In genere sono protette in microambienti tissutali specializzati chiamati

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41 “nicchie delle cellule staminali”. Sono responsabili dell'omeostasi tissutale e della rigenerazione dopo una lesione dell'organo in cui risiedono, sono multipotenti (in grado di generare più tipi di cellule differenziate di un particolare tessuto/sistema) o unipotenti [121]. Le cellule staminali adulte possono mantenere l’omeostasi cellulare sia in tessuti con un turnover cellulare elevato (pelle, midollo osseo, ecc.) che basso (come cuore e vasi sanguigni), ma in ogni determinato tessuto possono al massimo generare una cellula che sia componente normale di quel tessuto.

Il saggio di clonogenesi consente l'isolamento delle cellule staminali attraverso la capacità delle singole cellule di differenziarsi e auto-rinnovarsi [122]. Al giorno d'oggi, i ricercatori cercano di definire un insieme di marcatori di superficie cellulare per poterle identificare nei tessuti adulti.

Di grande interesse è anche la caratterizzazione delle nicchie di cellule staminali, in cui cellule stromali forniscono gli stimoli per l’attivazione ed il differenziamento delle cellule staminali. Nei vari tessuti adulti, le nicchie delle cellule staminali sono diverse l'una dall'altra per localizzazione, struttura e composizione cellulare. L'equilibrio tra autorinnovamento e differenziamento è consentito dalla conservazione delle proprietà biologiche attraverso una specifica interazione tra cellule staminali e le loro nicchie. Le alterazioni nel microambiente cellulare della nicchia sono fondamentali per l'omeostasi dei tessuti e sono state coinvolte nell'innesco del processo oncogenico.

1.3.1 Cellule staminali tumorali (CSC)

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42 È stato osservato che in tutti i tumori maligni è presente una sottopopolazione cellulare, caratterizzata da uno stato di differenziamento variabile che dà un'eterogeneità intra-tumorale elevata. Pertanto, è possibile identificare una sottopopolazione maggioritaria di “cellule tumorali differenziate” che compongono la massa tumorale, e una piccola sottopopolazione di CSC indifferenziate e autorinnovanti, ma in grado di differenziarsi. Questi due sottogruppi di cellule mostrano diversa espressione genica, potenziale di propagazione del tumore e risposta alla terapia, probabilmente a causa di modulazioni genetiche ed epigenetiche, caratteristiche metaboliche e fattori microambientali [123]. La teoria tradizionale della carcinogenesi basata sull'ipotesi in cui lo stesso potenziale tumorigenico è mantenuto da tutte le cellule all'interno della massa tumorale, è stata quindi sostituita da un modello gerarchico proprio dopo l’identificazione, l'isolamento e la caratterizzazione delle CSC [124][125]. Le CSC possono derivare da cellule staminali normali dopo alterazioni genetiche e/o stimoli microambientali [126]. Le cellule staminali tumorali sono alla base delle proprietà di malignità dei tumori, tra cui la chemio e la radio-resistenza, la regolazione anomala della sopravvivenza cellulare, la proliferazione, la differenziazione, la migrazione e l'attività tumorigenica. Inoltre, diversi studi hanno dimostrato che solo le CSC sono tumorigeniche, come dimostrato dalla capacità di sviluppare tumore in modelli animali quali topi immunodeficienti.

Nei tumori maligni, anche le recidive e la metastatizzazione a distanza sono dovute alle CSC [127][128].

Il ruolo delle CSC nella tumorigenesi è stato descritto per le neoplasie ematologiche, nei carcinomi della testa e del collo, i tumori cerebrali, il melanoma e i carcinomi di colon, fegato, prostata e ovaie [129][130]. L’isolamento delle CSC da reperti post-chirurgici di tumori umani è impegnativo poiché i metodi di purificazione e caratterizzazione hanno limitazioni tecniche, pertanto le CSC sono definite funzionalmente dalla loro capacità di

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43 auto-rinnovarsi e differenziarsi in vitro e di formare in modelli animali tumori che replicano l’eterogeneità dei tumori da cui sono state isolate [131].

Il microambiente tumorale, contenente diverse tipologie cellulari tra cui le CSC, residenti in vere e proprie nicchie tumorali localizzate in zone ipossiche o perivascolari, svolge un ruolo rilevante per la sopravvivenza e la proliferazione del tumore, in particolare controllando l’attività delle CSC; ogni nicchia tumorale, sebbene composta da un sottoinsieme di cellule specifiche, condivide alcuni fenotipi cellulari, la regolazione epigenetica e le vie di segnalazione, modulando il cross-talk reciproco di nicchia CSC [126].

Il modello delle CSC ha portato all’identificazione di nuovi bersagli terapeutici, in considerazione che senza l’eradicazione di questa popolazione di cellule il tumore sarà sempre in grado di recidivare.

1.3.2 Marcatori delle cellule staminali tumorali

Sebbene negli ultimi anni le CSC siano state analizzate con successo in diversi tumori umani e animali, non è stata identificata una popolazione specifica di CSC all'interno di un dato tumore che mostrasse proprietà cellulari e molecolari omogenee. La mancanza di marcatori specifici contribuisce alla caratterizzazione ancora sfuggente delle CSC, e pertanto, attualmente è disponibile solo un pannello di marcatori presunti. L'espressione di marcatori di staminalità, come NANOG, OCT4 e SOX2, sono stati riportati in CSC isolate da diversi tumori come i carcinomi a cellule squamose [132], prostatico [133] e mammario [134]. Attualmente si ritiene che esista un’eterogeneità tra le CSC di un tumore, probabilmente presente già all’inizio dello sviluppo della patologia e che poi si

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44 amplifica in seguito alla terapia e all’evoluzione del tumore con l’acquisizione di nuove alterazioni genetiche.

Uno studio approfondito dei meccanismi molecolari coinvolti nella proliferazione delle CSC e il rilevamento di marcatori selettivi che consentono l'identificazione di questa sottopopolazione, sono obiettivi importanti per lo studio di nuovi possibili approcci terapeutici.

Recentemente le CSC e il loro ruolo funzionale sono stati studiati anche nei tumori benigni, suggerendo che anche in neoplasie meno aggressive esista la stessa organizzazione cellulare su base gerarchica osservata in tumori maligni. Anche nei tumori benigni esisterebbe quindi una o più sottopopolazioni di CSC responsabili dell’inizio dello sviluppo tumorale e della sua progressione, e che sono dotate di funzioni plastiche nicchia-dipendenti, regolate da eventi epigenetici e vie di segnalazione specifiche. Ad esempio popolazioni di cellule con caratteristiche staminali, caratterizzate dalla capacità di auto-rinnovamento e dall’espressione di marcatori di cellule staminali neurali come nestin, CD133, DCX, TUJ-1 e Musashi-1[135] sono state identificate in adenomi ipofisari. In particolare, la sottopopolazione di cellule CD133 + in adenomi ipofisari ha mostrato elevato tasso di auto-rinnovamento (valutato mediante saggio di sferogenesi), alto potenziale proliferativo e attività tumorigenica in vivo [136].

L'espressione dei marcatori CD44 e CD54 in linee cellulari di lipoma è stata associata alla capacità di progressione tumorale locale e al ricco sviluppo della neoangiogenesi. Sempre in tessuti di lipoma, la positività del CD34 si combina con una maggiore capacità replicativa e mantenimento dell'immaturità cellulare, agendo sulla formazione di stroma e sintetizzando e rimodellando la matrice extracellulare [137]. Le cellule che esprimono CD34 promuovono anche l'angiogenesi attraverso la secrezione di VEGF, PDGF e IL-8 [138].

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45 Gli emangiomi, tumori vascolari benigni più comuni dell'infanzia, sono caratterizzati da crescita rapida e involuzione lentamente spontanea, in cui numerosi studi hanno suggerito la presenza di cellule proliferanti che esprimono marcatori di staminalità come CD29, CD44 e CD105 e cellule staminali mesenchimali [139][140] .

1.3.3 CD105 come presunto marcatore di cellule staminali del

meningioma

Diversi marcatori di staminalità sono stati descritti durante la caratterizzazione di cellule isolate da meningiomi umani, tra cui CD133 [138][139][140], l’antigene-4 embrionale specifico (SSEA4) [144], Sox2 [145], CD44 e nestina [146]. Sono state riportate in queste cellule anche capacità di auto-rinnovamento e tumorigenesi in vivo [147].

Questi studi hanno suggerito la possibilità che anche nel meningioma esista una sottopopolazione cellulare dotata di proprietà staminali che possa essere alla base della generazione, progressione e recidiva del tumore in quelle forme con comportamento clinico atipico. Sebbene manchino ancora marcatori staminali definiti per il meningioma, l'espressione di CD105 è stata proposta come potenziale bersaglio per identificare la sottopopolazione di cellule con caratteristiche staminali del meningioma e come possibile target farmacologico.

CD105, chiamato anche endoglina, è una proteina appartenente al complesso recettoriale del TGF-b. Il CD105 è significativamente espresso nelle condizioni in cui l'attività angiogenica è fortemente attivata, come nel rinnovamento dei tessuti infiammati o nei tumori. Numerose evidenze mostrano che l'espressione di CD105 è indotta dall'ipossia [148] e, nei tumori solidi, l'immunoreattività anti-CD105 si adatta strettamente alle cellule

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46 endoteliali attivate all'interno dei vasi peri- e intra-tumorali coinvolti nella neo-angiogenesi tumorale. Al contrario, l'espressione di CD105 è assente o molto debole nell'endotelio vascolare dei tessuti normali [149][149][150].

Il CD105 è stato proposto come marcatore di staminalità nel carcinoma a cellule renali [152] dove conferisce capacità di auto-rinnovamento e di la chemio-resistenza a sottopopolazioni cellulari [153].

Tuttavia, l'espressione di CD105 è stata riportata anche nel meningioma umano. In particolare, nel meningioma rabdoide le cellule CD105 positive avevano una significativa attività proliferativa e capacità di auto-rinnovamento e marcatori di cellule progenitrici mesenchimali di superficie co-espresse (vimentina e SOX2) [154][155].

Il CD105 potrebbe rappresentare un marcatore specifico per il rilevamento di neo-vasi nel meningioma e la sua presenza è significativamente correlata alla crescita e al grado istologico dei meningiomi. È importante sottolineare che è stato proposto che i livelli di CD105 potrebbero avere un impatto prognostico sul rischio globale di sopravvivenza e recidiva di questa neoplasia, e che quindi l’espressione di CD105 caratterizzerebbe le CSC del meningioma.

1.4 CHEMOCHINE

Le chemochine sono una famiglia di piccole citochine chemiotattiche (8-10 kDa) secrete nello spazio extracellulare per guidare la migrazione cellulare, in particolare dei linfociti [156]. Secondo la loro sequenza di aminoacidi, sono state classificate in quattro sottoclassi in base alla posizione dei loro due residui di cisteina nella porzione

Figura

Tabella 1: classificazione dell’Organizzazione mondiale della sanita sui tumori del Sistema nervoso centrale
Figura 1. I più frequenti sottotipi istologici del meningioma (grado I OMS): A) meningoteliale; B) fibroso; C) di transizione
Tabella 3. Mutazioni ricorrenti osservate nei meningiomi. Modificato da Bi W.L et al. 2018
Tabella 4. Linee guida EANO per il trattamento del meningioma rispetto al grado OMS e all'estensione delle resezioni
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