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Il contributo dei lavoratori migranti per lo sviluppo dei paesi di origine: le rimesse dei lavoratori tunisini impiegati al porto di Ancona

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Academic year: 2021

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1 UNIVERSITA’ DEGLI STUDI DI FIRENZE

Tesi di dottorato di Ricerca in

Politica ed Economia dei Paesi in Via di Sviluppo XVI ciclo

Il contributo dei lavoratori migranti per lo sviluppo dei paesi di origine:

le rimesse dei lavoratori tunisini impiegati al porto di Ancona

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Relatore: Candidato:

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Sommario

Sommario ... 3

Introduzione ... 6

Ringraziamenti ... 10

1 Le rimesse dei lavoratori migranti tra migrazione e sviluppo ... 11

Premessa... 11

Le rimesse aggregate, le determinanti e gli effetti macroeconomici delle rimesse ... 12

Le rimesse aggregate ... 12

Le determinanti delle rimesse e gli effetti delle rimesse sul paese di origine ... 15

Contributi empirici ... 19

Le determinanti microeconomiche delle rimesse ... 21

L’approccio teorico ... 21

Contributi empirici ... 26

I canali per il trasferimento di rimesse ... 27

I canali formali ... 29

I canali semi formali o informali ... 31

Presentazione della metodologia applicata per l’individuazione delle rimesse ... 32

2 Il contesto migratorio e le rimesse in Italia ed in Tunisia ... 37

Il fenomeno migratorio in Italia e in Tunisia ... 37

L’emigrazione tunisina nel mondo e in Italia ... 37

L’immigrazione in Italia e nelle Marche ... 38

Le rimesse verso la Tunisia ed in uscita dall’Italia e dalle Marche ... 45

Le rimesse globali e dall’Italia verso la Tunisia ... 48

3 Presentazione della popolazione intervistata ... 55

Presentazione della popolazione intervistata ... 55

Lo strumento di indagine ... 58

4 Caratteristiche demografiche ed abitative degli intervistati ... 62

Introduzione ... 62

Caratteristiche demografiche degli intervistati ... 62

Caratteristiche demografiche dei familiari degli intervistati ... 65

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Caratteristiche demografiche dei figli degli intervistati ... 70

Caratteristiche demografiche degli altri familiari degli intervistati e conclusioni ... 75

Condizione abitativa ... 76

Appendice ... 82

Caratteristiche demografiche delle moglie degli intervistati ... 82

Età degli intervistati alla nascita del primo figlio ... 84

5 La condizione lavorativa ... 87

La condizione lavorativa dei capofamiglia ... 87

Condizione lavorativa dei familiari degli intervistati ... 89

La condizione economica degli intervistati ... 89

Il reddito personale degli intervistati ... 90

Il reddito dei coniugi e degli altri familiari ... 95

Il ruolo dello stato sociale: gli assegni familiari e le pensioni di invalidità ... 95

Il reddito familiare complessivo ... 97

Un tentativo di sintesi: analisi econometrica delle determinanti del reddito complessivo ... 100

Il modello econometrico utilizzato ... 100

I risultati dell’analisi econometrica ... 103

6 Il consumo e il risparmio ... 106

Il consumo ... 106

La spesa per il mantenimento della casa ... 106

Il ruolo dello stato sociale: la casa popolare ... 108

Spese sostenute per l’alimentazione ed il vestiario ... 110

Spese sostenute per la salute ... 110

Spese sostenute per l’istruzione ... 111

Denaro inviato in patria... 111

La comunicazione con il paese di origine ... 112

Spese rilevanti sostenute durante l’anno in corso ... 113

Il consumo complessivo ... 114

Il risparmio destinato alle spese future in Italia ... 116

7 Il consumo e il risparmio ... 119

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5

La spesa per il mantenimento della casa ... 119

Il ruolo dello stato sociale: la casa popolare ... 121

Spese sostenute per l’alimentazione ed il vestiario ... 122

Spese sostenute per la salute ... 123

Spese sostenute per l’istruzione ... 124

Denaro inviato in patria... 124

La comunicazione con il paese di origine ... 125

Spese rilevanti sostenute durante l’anno in corso ... 125

Il consumo complessivo ... 127

Il risparmio destinato alle spese future in Italia ... 129

8 Le rimesse ... 132

Premessa... 132

Metodologia applicata per la rilevazione delle rimesse ... 132

Le rimesse inviate ... 134

Le rimesse in denaro portate con sé al rientro ... 138

Le rimesse in natura portate con sé al rientro ... 139

Le rimesse complessive, i beneficiari e l’utilizzo ... 143

… Un secondo tentativo di sintesi: le variabili determinanti delle rimesse ... 146

Presentazione del modello econometrico utilizzato ... 146

Presentazione dei risultati ... 150

Appendice: Presentazione della determinazione delle rimesse complessive ... 155

9 Gli investimenti in Patria e nel Paese di destinazione... 157

Investimenti passati e presenti effettuati ... 157

Investimenti futuri in Patria ... 157

… Un terzo tentativo di sintesi: le variabili determinanti ad investire nel Paese di origine ... 161

Presentazione del modello econometrico utilizzato ... 161

Presentazione dei risultati ... 163

Conclusioni ... 166

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6

Introduzione

Questa ricerca prende spunto da alcuni avvenimenti accaduti in passato e da lavori svolti in precedenza. Infatti, la prima volta che pensai alla realizzazione di una ricerca sulla relazione tra sviluppo e migrazione fu durante l’indagine per la stesura della mia tesi di laurea nella quale trattai il tema delle carestie secondo l’approccio di A. K. Sen. In particolare l’analisi delle carestie del 1973-74 e del 1980-84 in Etiopia. L’emigrazione di parte della popolazione dall’altopiano verso le terre di mezzo fu una delle cause della maggior parte dei decessi durante la seconda carestia. Ciò mi portò a pensare che l’emigrazione sia un fattore molto importante anche se con effetti positivi, in alcuni casi, e negativi, in altri.

Il secondo momento fu la preparazione del mio esame di francese all’università di Ancona. All’epoca Prof. Abdelmajiid El Houssi, docente di francese tunisino ma residente da molti anni in Italia, mi consigliò di continuare ad approfondire i miei studi sull’Africa. Una volta conseguita la laurea il Prof. El Houssi mi consigliò di iscrivermi ad un corso di arabo a Tunisi presso il Bourghiba School. Sempre nello stesso periodo mio fratello Gabriele, nell’ambito del dottorato in sociologia dei fenomeni culturali ad Urbino, era impegnato a studiare il fenomeno migratorio in Italia e mi consigliò di leggermi un breve paper redatto dal Prof. Eros Moretti, demografo all’Università di Ancona. Il lavoro di Moretti trattava proprio la comunità tunisina nelle Marche, accennando, all’epoca, l’eventuale legame tra migrazione e sviluppo per mezzo delle rimesse dei migranti. Inoltre lo stesso paper enfatizzava la presenza del fenomeno della catena migratoria tra i tunisini residenti nella regione Marche. Infatti gran parte di essi provenivano dall’area di Madia.

In seguito lavorai per alcuni mesi in Albania nell’ambito della cooperazione internazionali e degli aiuti umanitari e così venni in contatto con un paese con una forte propensione all’emigrazione. Un secondo lavoro di cooperazione che mi colpì particolarmente fu la mia esperienza a Timor Est dove scoprì che gran parte della popolazione ormai da diverso tempo viveva in Australia e soprattutto in Portogallo. Al termine delle esperienze appena citate constatai come vi fosse quanto meno un fattore che accomunava queste tre realtà cioè Tunisia, Albania e Timor Est. In questi paesi una quota consistente della popolazione aveva un rapporto con i propri familiari all’estero di rispetto e invidia. Un aspetto curioso invece era il rapporto dei giovani parenti dei migranti con i migranti stessi. Infatti parlando con essi, diversi erano coloro che sostenevano di essere in attesa di partire non appena il parente all’estero fosse pronto ad accoglierlo. Inoltre era evidente come molte famiglie dovevano la loro sopravvivenza anche al contributo dei familiari residenti all’estero. Infine, aspetto non secondario, la mia famiglia, di origine italo-etiopica, nel 1977 fu costretta ad emigrare in Italia. In conclusione il mio incontro con il fenomeno migratorio e la relazione tra l’emigrazione e lo sviluppo sembrerebbe nascere molto indietro nel tempo.

In realtà anche il mio primo anno di dottorato mi spinse verso questa direzione. Infatti durante il primo anno di dottorato il Dott. Mario Biggeri, all’epoca tutor dei dottorandi in Politica ed Economia dei PVS, mi consigliò di presentare domanda per partecipare alla Summer School del Mediterranean Program del Robert Schumann Centre dell’Istituto Universitario Europeo sul tema delle migrazioni nell’area del Mediterraneo. Per presentare la mia candidatura avrei dovuto presentare una prima bozza di un progetto di tesi e fu così che iniziò questo lavoro. Durante la Summer School ebbi l’opportunità di conoscere ed essere supportato da esperti impegnati da diversi

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7 anni in questa materia e quindi di migliorare il mio progetto di tesi. Successivamente diverse sono state le conferenze alle quali ho assistito come semplice partecipante o come relatore, ciò mi ha permesso di comprendere ed approfondire ulteriormente il rapporto tra sviluppo ed emigrazione. Spesso la mia partecipazione da relatore alle conferenze è stato utile per i suggerimenti dei partecipanti e per indicarmi la strada da seguire.

Inoltre la collaborazione con il CeSPI, con una prima ricerca sul contributo delle diaspore etiopica e nigeriana delle Marche allo sviluppo del Paese di origine ed una seconda ricerca più complessa proprio sui tunisini, mi ha permesso di valorizzare al meglio i risultati degli stessi lavori e di migliorare la mia tesi. In particolare il lavoro per il CeSPI sulla comunità tunisina residente ad Ancona prevedeva una prima indagine ad Ancona ed una seconda in Tunisia. Questa seconda esperienza mi ha consentito di constatare di persona i risultati della migrazione sul luogo di origine. Durante la tesi sono venuto a conoscenza che i Professori Barsotti, dell’Università di Pisa, e Moretti stavano preparando un volume sulle rimesse con il quale gli autori intendevano indagare le determinanti delle rimesse sul Paese di origine per quanto riguarda la comunità albanese residente in Puglia, i marocchini stanziati in Toscana ed infine i tunisini di Ancona. Lo scambio di informazioni con i Professori Barsotti e Moretti, alcuni commenti ed infine la lettura del volume, una volta pubblicato, sono stati molto utili per migliorare ulteriormente la mia tesi e per meglio indirizzare la mia ricerca.

L’intera opera ha richiesto circa due anni e mezzo ed ha come obiettivo l’analisi del legame dei migranti tunisini residenti ad Ancona con la madre Patria. Molto si è detto e si è scritto sul fenomeno migratorio in Italia e nelle Marche, soprattutto sulla comunità tunisina. Inoltre poco valore si poteva aggiungere circa le informazioni sulla stessa comunità tunisina di Ancona, il comportamento e il rapporto con il Paese di origine, anche grazie alle numerose ricerche svolte da Moretti nell’arco degli ultimi quindici anni. Tuttavia credo che gli aspetti innovativi della presente ricerca siano la determinazione delle caratteristiche familiari, poco studiate in passato, l’importanza dello stato sociale ai fini della determinazione delle rimesse. La determinazione delle rimesse trasferite in denaro e in beni al rientro, cosa raramente presa in considerazione. Infine, le determinanti delle rimesse suddivise nelle diverse modalità di trasferimento. Infatti, in generale lo studio delle determinanti delle rimesse, da parte di gran parte dei ricercatori, prende in considerazione le rimesse stesse come un corpo unico; quando in realtà diverse sono le modalità e le finalità che spingono i migranti ad effettuare trasferimenti. Il presente elaborato prende in considerazione questo aspetto così come gli altri appena sottolineati e che considero il vero carattere innovativo della ricerca.

In prossimità della partecipazione alla Summer School organizzata dall’Istituto Universitario Europeo si sono poste le basi del progetto di tesi e durante la stessa Summer school si è implementato l’approccio teorico. Successivamente si è messo a punto il questionario da somministrare agli intervistati e allo stesso tempo la modalità di selezione degli intervistati stessi. Quest’ultimo aspetto è stato uno dei momenti determinanti dell’intera ricerca in quanto era necessario decidere quale modalità di campionamento intraprendere, consci del fatto che il fenomeno migratorio è di per sé molto difficile da catalogare. Esso è un fenomeno caratterizzato da una forte presenza di clandestini e di conseguenza una notevole difficoltà nell’individuazione della popolazione complessiva; inoltre è caratterizzato da una forte mobilità dei migranti. Ciò comporta

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8 che in alcuni casi si possono verificare situazioni nelle quali alcuni soggetti residenti in un territorio, nell’arco di poco tempo si trasferiscano in un’altra area del paese. Constatati tali problemi si è pensato fosse opportuno focalizzare la nostra indagine in un ambito più ristretto che permettesse però di individuare esattamente la popolazione complessiva. Di conseguenza, essendo a conoscenza, dai precedenti lavori di Moretti, che ad Ancona i tunisini sono prevalentemente impiegati nel settore della pesca ed inoltre che essi provengono, gran parte, da un’unica area della Tunisia; si è ritenuto fosse più appropriato intervistare solamente i tunisini residenti nell’area di Ancona ed impiegati nel settore della pesca al porto di Ancona. Essi sono impiegati come pescatori e come facchini e altri invece sono venditori ambulanti di pesce fresco. Si è deciso, di conseguenza, di intervistare tutti i coloro che nelle diverse modalità sono coinvolti nel settore della pesca.

Per la costruzione del questionario si è richiesto l’aiuto al Dott. Moreno Toigo il quale aveva in precedenza preparato il questionario sia per la ricerca dei Professori Barsotti e Moretti sia per altre ricerche sullo stesso tema. A ciò si sono aggiunte delle parti, spunto del lavoro svolto per il CeSPI nello stesso periodo.

Il questionario, si confronti con l’appendice ove si è inserita una copia del questionario utilizzato durante le interviste, prevedeva una prima parte dedicata alle informazioni anagrafiche dell’intervistato e della propria famiglia, consapevoli che maggiori informazioni sulle caratteristiche familiari avrebbero permesso di meglio indicare le diverse modalità di trasferimento e l’utilizzo delle rimesse secondo la teoria della New Economics of Labor Migration (NELM). Una seconda parte dedicata al progetto migratorio. Una terza parte dedicata alle caratteristiche economiche degli intervistati. Ed infine una parte molto consistente dove si sono richieste informazioni circa le rimesse: modalità di trasferimento, ammontare, utilizzo e beneficiari.

I questionari sono stati somministrati in tre periodi diversi, una prima volta, tra settembre e novembre del 2002. Una seconda al ritorno dalla Tunisia dei migranti tra gennaio e marzo 2003 ed infine una terza tra settembre ed ottobre del 2003.

Di seguito si è provveduto ad inserire i dati e successivamente alla elaborazione degli stessi dati. Infine, l’analisi econometria e la redazione della tesi stessa.

Il presente elaborato è suddiviso nel seguente modo, nel primo capitolo si presentano le teorie relative al tema dell’emigrazione così come dello sviluppo sia dal punto di vista macroeconomico sia microeconomico, con i relativi contributi empirici. Inoltre si presentano i dati sulle rimesse globali. Infine, la modalità di determinazione delle rimesse dichiarate dagli intervistati. Il secondo capitolo è dedicato al fenomeno migratorio in Italia, con particolare riferimento alle Marche, e in Tunisia, nel primo paragrafo. Nel secondo paragrafo invece si presentano le rimesse globali dall’Italia verso il resto del mondo e verso la Tunisia e le rimesse verso la Tunisia dal resto del mondo.

Nel terzo capitolo si presenta la popolazione intervistata e nei capitolo seguenti si presentano le caratteristiche demografiche, abitative, economiche (reddito, consumo e risparmio) degli intervistati. infine nei capitoli sette, otto e nove rispettivamente il percorso migratorio, le rimesse ed infine gli investimenti.

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Ringraziamenti

Per quanto la responsabilità del presente lavoro sia da attribuire all’autore tuttavia numerose sono le persone che in questi tre anni hanno contributo in diverse forme alla ricerca e qui di seguito intendo ringraziare la Prof. Silvana Salvini, relatrice della tesi, la quale molto ha fatto perché questa tesi giungesse al termine. Il Dott. Mario Buggeri che è sempre stato presente con consigli di carattere tecnico e non solo. Il Prof. Volpi, all’epoca coordinatore del dottorato, che ha sempre stimolato noi dottorandi a fare ciò in cui crediamo. Il dott. Marco Zupi, vicedirettore del CeSPI, per i numerosi suggerimenti ed il CeSPI per avermi dato l’opportunità di svolgere la ricerca in Tunisia. Il dott. Ibrahim Awad, direttore del Centro ILO del Cairo, che mi è stato di aiuto durante la Summer School del RSC dell’IUE.

Inoltre Stefano Palestrini, il responsabile della cooperativa pescatori di Ancona, il Maresciallo Gamberini della Capitania di Porto di Ancona, Ali un pescatore tunisino che molto ha fatto per introdurmi nella comunità tunisina ad Ancona e tra i familiari degli stessi intervistati in Tunisia. Il Centro Documentazione per una Cittadinanza Attiva (CDCA) di Ancona che mi ha ospitato durante gran parte della tesi e il Circolo Culturale Africa di Ancona. I miei colleghi di dottorato con i quali ho discusso parte della mia tesi ed altri argomenti da Giorgio Ricciuti a Leonardo Menchini.

Un forte ringraziamo alla mia famiglia; mia madre, mio fratello Gabriele e le mie sorelle Rosanna e Loredana che sono stati sempre al mio fianco, specie nei momenti di difficoltà.

Ringrazio Gabriella, la mia compagna, per aver affrontato con pazienza i momenti difficili ed avermi aiutato quotidianamente. Infine non posso non citare la persona più cara senza la quale tutto questo non sarebbe stato possibile, Pablo, nostro figlio, nato ormai due anni e mezzo fa, che mi ha accompagnato in questo percorso dall’Etiopia alla Tunisia e riempiendo la nostra vita di soddisfazioni, di serenità e di amore.

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Le rimesse dei lavoratori migranti tra migrazione e sviluppo

Premessa

La ricerca prende spunto da un precedente lavoro condotto ad Ancona (Barsotti & Moretti 2004) sulla comunità tunisina dal quale erano emersi alcuni aspetti interessanti circa il comportamento ed i rapporti degli intervistati con il Paese di origine e con i propri familiari residenti in Patria. Questo lavoro si prefigge come obiettivi l’analisi degli aspetti socio-demografici, l’individuazione del percorso migratorio con particolare attenzione alla cosiddetta catena migratoria. Le ragioni della formazione del reddito, del consumo e del risparmio. Inoltre, la determinazione dell’ammontare e le determinanti delle rimesse, la modalità di trasferimento, l’utilizzo e i beneficiari delle rimesse stesse. Infine, indagare circa la propensione ad investire nel Paese di origine e l’interesse ad alcuni prodotti finanziari per valorizzare al meglio le rimesse da parte degli intervistati.

I dati sono stati raccolti attraverso la somministrazione di un questionario (vedi appendice), intervistando l’intera popolazione tunisina impiegata nel settore della pesca ad Ancona. L’analisi delle risposte degli intervistati è stata svolta sia con l’utilizzo della semplice statistica descrittiva sia con dei modelli econometrici. Complessivamente si intendeva verificare se la Nuova Teoria economica delle migrazioni da lavoro (vedi par. 1.3) potesse rappresentare al meglio il comportamento degli individui intervistati.

Il documento è così suddiviso, nel primo capitolo vengono presentati gli aspetti teorici che mettono in relazione i fenomeni delle migrazioni, delle rimesse e dello sviluppo. Nel secondo si presenta il contesto migratorio cioè il fenomeno migratorio in Italia e in Tunisia. Nel terzo si presentano le modalità di raccolta dei dati e la popolazione intervistata. Nel quarto gli aspetti socio-demografici della popolazione intervistata. Alla condizione lavorativa e al reddito è dedicato il capitolo quinto mentre al consumo e al risparmio il capitolo sesto. Il percorso migratorio degli intervistati viene presentato nel capitolo settimo. Infine, alle rimesse inviate in Patria e agli investimenti nel paese di origine sono dedicati i capitoli ottavo e nono.

In questo capitolo, dopo una breve presentazione dei dati aggregati delle rimesse, si presentano gli approcci teorici maggiormente utilizzati per lo studio delle migrazioni, delle rimesse e dello sviluppo del Paese di origine.

Considerato che la ricerca approfondisce gli aspetti microeconomici si è ritenuto opportuno esporre brevemente le teorie macroeconomiche e i principali contributi empirici per presentare invece in modo approfondito le teorie e i contributi empirici microeconomici.

Quindi nel secondo paragrafo si presentano le principali teorie e alcune indicazioni di carattere generale circa il rapporto migrazione, rimesse e sviluppo con i relativi contributi empirici. Nel terzo paragrafo invece le principali teorie microeconomiche ed alcune tra le ricerche empiriche più importanti. Nel quarto, le diverse modalità di trasferimento delle rimesse. Infine, nel quinto paragrafo la metodologia utilizzata per l’individuazione delle rimesse complessive sulla base delle risposte da parte degli intervistati al questionario.

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12 Per analizzare le determinanti dei flussi di rimesse è necessario tenere a mente che esse sono il frutto di un processo importante quale quello migratorio da parte di alcuni individui che decidono di lasciare il proprio ambiente, in questo caso, il proprio Paese alla ricerca di un lavoro.

A differenza delle teorie sviluppate alcuni decenni fa, nelle quali l’emigrazione così come lo sviluppo non venivano posti in relazione tra di essi e in particolare con le rimesse, negli ultimi decenni gran parte degli sforzi dei ricercatori vanno proprio verso questa direzione.

Inoltre, le nuove teorie intendono fare luce anche sulla capacità dell’emigrazione e quindi delle rimesse di agire sulla disuguaglianza, sul mercato del lavoro e sulla stessa stratificazione sociale dell’area di origine.

La letteratura è ormai ampia e nella Tabella ‎1.2 si presentano i risultati più importanti raggiunti, suddivisi per i principali fattori che influenzano la decisione di trasferire denaro verso il paese di origine da parte dei migranti. Essi sono classificati per variabili endogene individuali e sociali ed esogene sociali.

La tabella Tabella ‎1.2 definisce le diverse tipologie di trasferimento maggiormente utilizzate. Lo schema 1.1 invece descrive i fattori che influenzano la scelta dei canali informali da parte dei migranti. Infine, lo schema 1.2 rappresenta il comportamento individuale degli intervistati.

Le rimesse aggregate, le determinanti e gli effetti macroeconomici delle rimesse

Le rimesse aggregate

Le rimesse sono il denaro inviato dagli emigrati residenti all’estero e se il lavoro fosse considerato un bene esportabile allora le rimesse sarebbero il naturale corrispettivo pagato dal paese di destinazione alla Nazione di provenienza dei migranti per aver importato beni e servizi. Il Fondo Monetario Internazionale (FMI) classifica le rimesse in tre categorie:

a. le rimesse inviate da lavoratori residenti all’estero per più di un anno;

b. qualsiasi forma di compensazione percepita ed inviata dai residenti all’estero per un periodo inferiore ad un anno;

c. I trasferimenti netti effettuati dai migranti.

Il FMI pubblica ogni anno il bollettino delle statistiche della Bilancia dei Pagamenti di gran parte dei paesi del mondo; nella Bilancia dei Pagamenti le rimesse sono classificate come trasferimenti correnti, inserite nelle partite correnti e fanno parte del PNL (Prodotto Nazionale Lordo), esse costituiscono il trasferimento di denaro unilaterale tra Nazioni. Le altre forme di trasferimento di tipo finanziario sono considerate come scambio di beni finanziari tra residenti e non residenti e sono inserite nella sezione del conto capitale o finanziario e quindi del PIL (Prodotto Interno Lordo). Le rimesse contabilizzate nella Bilancia dei Pagamenti sono le somme trasferite a mezzo banca. In Italia i dati sono raccolti dall’Ufficio Italiano Cambi (UIC). Alcuni ricercatori sostengono che esse siano circa il 7-8% delle rimesse complessive (C. M. Buch, A. Kuckulenz e M-H Le Manchec – 2002).

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13 In termini aggregati le rimesse, nell’ultimo decennio sono divenute sempre più consistenti (Grafico

‎1.1), esse sono tra le grandezze finanziarie tra le più stabili. Infatti, esse crescono lentamente ma in

modo continuo. Infine, in prevalenza, esse hanno una direzione univoca dai paesi sviluppati verso i meno sviluppati.

Questo è non il caso, per esempio, degli investimenti diretti esteri (IDE), i quali sono diretti anche verso i paesi più sviluppati ed inoltre tendono ad essere canalizzati verso poche realtà.

Le rimesse, per le ragioni sopra descritte, negli ultimi anni, sono divenute uno degli aspetti e dei temi più indagati dai ricercatori, dai policy makers e dalle organizzazioni internazionali in quanto potrebbero essere una delle possibili soluzioni per lo sviluppo dei paesi più arretrati.

Grafico 1.1 Principali variabili macroeconomiche a confronto

9,5 10 10,5 11 11,5 12 12,5 13 13,5 1975 1980 1985 1990 1995 2000 Anni Lo g PIL Esp IDE Rim. AUS

Fonte: Elaborazione dati World Development Indicators 2004

In passato i paesi beneficiari di rimesse erano soprattutto i paesi sviluppati o meglio le Nazioni attualmente definite come tali. Infatti, paesi come l’Italia, la Francia, il Portogallo, la Grecia e la Spagna erano tra i principali beneficiari di rimesse in entrata mentre Stati Uniti, Inghilterra, Canada, Germania e Arabia Saudita erano e sono tuttora i principali paesi di invio delle rimesse stesse (Mazzali, Stocchiero e Zupi, 2002).

Nel 2002 i principali paesi beneficiari, vedi Tabella ‎1.1, di rimesse erano il Messico, l’India, la Spagna. Tre crediamo siano gli aspetti da sottolineare o che dovrebbero fare riflettere, la presenza in questa speciale classifica anche di paesi relativamente piccoli o poco popolati come la Repubblica Domenicana o la Giordania.

Considerato che le rimesse indicate sono in valore assoluto e non pro capite o diversamente ciò vuol dire che la Giordania riceve quasi lo stesso ammontare di rimesse destinato al Bangladesh. In particolare, la Repubblica Domenica tende ad inviare i propri migranti verso gli Stati Uniti mentre i

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14 migranti giordani, almeno in passato, erano diretti verso i paesi arabi del golfo. Paesi che godevano e godono tuttora di una forte rendita petrolifera che li rende contemporaneamente un’area di forte immigrazione e di rimesse. Inoltre, la presenza, nelle prime posizioni, di alcuni paesi che fanno parte a pieno titolo dell’OECD cioè dei paesi cosiddetti industrializzati come il Portogallo e la Spagna. Infine, la posizione molto arretrata della Cina. La causa potrebbe essere il mancato utilizzo, da parte dei migranti cinesi, dei cosiddetti canali formali o l’attitudine di questi ultimi ad investire nel Paese di destinazione.

Se si sommano le rimesse in entrata degli ultimi venti anni invece si evidenzia la presenza dei paesi caratterizzati, in passato, da una forte emigrazione quali l’Italia, la Francia e appunto la Spagna ed il Portogallo.

Per quanto riguarda la Tunisia invece non si riscontrano differenze di posizione nelle due classifiche. Essa riceve un ammontare di rimesse non particolarmente elevato ma continuo nel tempo e ciò la pone nelle posizioni relativamente arretrare delle due classifiche. Tuttavia, come vedremo nel prossimo capitolo, vi è stato un notevole incremento dei trasferimenti di rimesse da parte degli emigrati tunisini verso il Paese di origine nell’ultimo decennio.

Tabella 1.1 Principali paesi beneficiari di rimesse nel 2002 e dal 1970 al 2002

2002 Somma periodo 1970 - 2002

Dollari Paese Dollari Paese

9.814.400.000 Messico 117.472.048.363 India 8.317.105.285 India 85.313.573.881 Egitto 3.958.213.677 Spagna 83.344.063.556 Portogallo 3.554.000.000 Pakistan 76.910.360.000 Messico 3.224.355.237 Portogallo 72.437.000.000 Turchia 2.893.100.000 Egitto 53.539.224.205 Spagna 2.877.152.601 Marocco 48.657.598.444 Pakistan 2.847.675.584 Bangladesh 42.904.753.548 Marocco 2.351.000.000 Colombia 40.607.306.530 Grecia

2.089.000.000 Serbia e Montenegro 29.517.535.508 Italia 1.939.300.000 Rep. Dominicana 29.031.223.411 Giordania

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15 1.935.200.000 El Salvador 18.887.503.641 Francia

1.921.439.046 Giordania 18.878.756.000 Brasile

1.710.976.000 Brasile 16.503.200.000 Rep. Dominicana

1.679.318.428 Cina 16.315.299.426 Colombia

1.579.391.877 Guatemala 16.241.459.437 El Salvador

1.432.000.000 Equador 15.298.412.500 Yemen

1.294.000.000 Yemen 14.009.427.891 Sri Lanka

1.287.070.000 Sri Lanka 13.621.580.572 Tunisia

1.258.920.000 Indonesia 13.348.529.428 Cina

1.180.806.530 Grecia 12.547.638.028 Libano

1.129.600.000 Giamaica 11.953.486.700 Belgio

1.109.000.000 Polonia 9.601.920.000 Indonesia

1.070.524.243 Tunisia 8.857.000.000 Serbia e Montenegro

970.190.000 Sudan 8.200.180.000 Equador

951.668.236 Libano 8.134.070.169 Nigeria

946.771.276 Giappone 7.941.800.000 Giamaica

761.498.341 Francia 7.773.579.976 Sudan

705.382.513 Perù 7.105.000.000 Filippine

Fonte: Elaborazione dati World Development Indicators 2004

Le determinanti delle rimesse e gli effetti delle rimesse sul paese di origine

Stabilito che l’ammontare delle rimesse è statisticamente significativo e che i principali beneficiari delle rimesse stesse sono in gran parte i paesi in via di sviluppo si tratta ora di sottolineare quali possano essere le determinanti e gli effetti dei trasferimenti per i paesi sopra indicati, nell’ambito della teoria economica.

Dal punto di vista macroeconomico non vi sono sino ad ora teorie strutturate e complete in grado di spiegare le determinanti delle rimesse piuttosto alcuni contributi che ne delineano gli effetti su

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16 alcune variabili macroeconomiche importanti. Come accennato, nella Tabella ‎1.2 , si evidenziano le determinanti che influiscono sull’ammontare e sulla volontà di trasferire rimesse da parte dei migranti, tra i quali si sottolineano il tasso di cambio, il tasso relativo di interesse e il tasso di inflazione. Mentre tra le variabili non economiche si possono ricordare il numero di migranti e la relativa quota di donne residenti all’estero. Nessuna delle variabili indicate è in grado di svolgere un ruolo determinante piuttosto i migranti nella decisione di inviare rimesse tengono in considerazione la convenienza complessiva. Quindi, in linea generale, un tasso di cambio particolarmente favorevole cioè positivo per il paese di destinazione così come un basso tasso di inflazione o un tasso di interesse più elevato in Patria possono essere fattori che incentivano i migranti a trasferire denaro.

Per quanto riguarda invece l’impatto delle rimesse sul Paese di origine, in questo caso si può fare riferimento alla teoria di Keynes, al modello Harrod-Domar, al modello Chenery cosiddetto anche Two gaps theory o al Three gaps theory di Bacha ed infine alle cosiddette Migrant sindrome e Dutch disease.

Keynes sostenne che gli investimenti e i risparmi aggregati fossero uguali. Infatti, il reddito nazionale venne rappresentato, da una parte, come la somma delle risorse dedicate al consumo ed al risparmio e, dall’altra, come la somma del consumo e dell’investimento. Quindi il risparmio e l’investimento siano il reddito detratto il consumo. In definitiva una relazione lineare (Blanchard 2002).

Tuttavia il modello Keynesiano si dimostrò carente sull’uguaglianza tra risparmio ed investimento. Infatti, un passo successivo fu promosso da Ohlin e Robertson i quali sottolinearono come l’equazione risparmio uguale investimento non fosse così automatica bensì potesse essere valida solo in un’analisi in due periodi differenti. Dove il risparmio si trasforma in investimento il periodo seguente. Quindi una relazione meno immediata (Mazzali, Stocchiero e Zupi 2002).

Il modello Harrod-Domar individuava una relazione tra il saggio di crescita del reddito e il rapporto tra la propensione marginale al risparmio e il rapporto marginale del capitale e del prodotto. Ciò era ritenuto, nel modello sopraindicato, la condizione di equilibrio di una crescita regolare cioè una certa percentuale di propensione al risparmio genera una propensione all’investimento e quest’ultima si trasferisce sul reddito nazionale. In sostanza il risparmio è necessario all’investimento e quest’ultimo è a sua volta indispensabile per un buon funzionamento di un sistema economico (Ray 1999).

Quindi il risparmio così come l’investimento possono svolgere il ruolo di volano per il reddito nazionale e quindi per l’intero sistema economico. Ma una scarsa capacità di risparmio si trasmette sugli investimenti e quindi sul reddito; a sua volta un reddito basso non è in grado di generare risparmio. Un circolo vizioso particolarmente difficile da scardinare. La scarsa capacità di risparmio di un sistema economico può essere ovviata in due modalità: attraverso una riduzione dei consumi o aprendo il paese ai capitali esteri. Questa è la condizione di gran parte dei paesi in via di sviluppo, con l’aggravante che difficilmente essi sono in grado di ridurre i consumi perché già molto bassi. Quindi il modello Harrod-Domar potremmo anche definirlo come One gap theory in quanto individuava nella scarsa capacità di risparmio un vincolo per una crescita sostenibile.

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17 Data la premessa della scarsa capacità di risparmio e le possibili soluzioni cioè ridurre il consumo oppure aprirsi ai capitali esteri. Data la difficoltà in paesi dove il reddito e quindi il consumo sono già a livello di sostentamento, la soluzione più indicata sembrerebbe essere appunto la seconda. Ancora un passo successivo venne compiuto con il contributo della Two gaps theory (Chenery & bruno, 1962) con la quale invece si sostenne che oltre al risparmio anche il trasferimento di capitali può divenire un vincolo in quanto un apertura del paese ai capitali stranieri mette il paese nella condizione di dipendere da fattori esogeni quali il tasso di cambio e la riduzione degli stessi trasferimenti. Infatti, un apprezzamento del cambio potrebbe ridurre le esportazioni mentre un deprezzamento dello stesso un aumento del debito. Con la logica conseguenza di una riduzione dei capitali necessari all’investimento e di una minore crescita della produzione e del reddito. E secondo gli autori della Two gaps theory quest’ultimo vincolo ha un impatto superiore al precedente.

La Three gaps theory (Bacha, 1990) confermò il risparmio e il tasso di cambio come due variabili in grado di frenare la crescita economica di un sistema ma aggiunse che esse non fossero le uniche. Un terzo vincolo può anch’esso ridurre la crescita del reddito: il vincolo fiscale. Infatti, considerato che gli investimenti possono essere pubblici e privati e che nei paesi in via di sviluppo il primo è sicuramente più importante perché esso ha anche la funzione di incentivare l’investimento privato. L’impossibilità dello stato di farsi carico degli investimenti, a causa delle scarse risorse o di un forte indebitamento genera un effetto negativo sugli investimenti pubblici e di riflesso anche sugli investimenti privati. Una delle soluzioni è una politica di deficit spending cioè il finanziamento della spesa pubblica attraverso l’emissione di moneta. Tuttavia una politica di deficit spending provoca, da una parte, un effetto di piazzamento e, dall’altra, un aumento dell’inflazione che a sua volta, con tassi di inflazione molto elevati disincentiva gli investimenti privati.

Le rimesse, nel quadro della Three gaps theory potrebbero giocare un ruolo importante perché potrebbero rilassare uno o più dei tre vincoli. Infatti, attraverso l’aumento del risparmio da parte dei migranti stessi o dei loro familiari residenti in Patria potrebbero rilassare il primo vincolo. Inoltre i trasferimenti di rimesse dall’estero da parte dei migranti potrebbero rilassare il secondo vincolo. Infine una politica di inclusione dei migranti in seno alla società d’origine con agevolazioni sull’apertura di conti correnti in valuta oppure la possibilità di acquistare titoli di stato permetterebbero di rilassare il vincolo fiscale.

Tuttavia le rimesse, che in linea generale, hanno un impatto positivo sul paese di origine dei migranti, tendono ad incentivare, grazie anche a fattori macro-microeconomici tra i quali la scarsa produttività e i bassi salari, l’emigrazione e le importazioni. Tali effetti conosciuti come Dutch Disease e Migrant sindrome possono risultare molto pericolosi per i paesi che ne vengono colpiti (Taylor 1999). Il primo fenomeno fa riferimento alla crisi economica che colpì l’Olanda dopo la scoperta del petrolio del Mar del Nord. All’epoca l’esplosione delle esportazioni di petrolio comportò un’ingente quantitativo di valuta in ingresso e di benessere del paese. Lo studio da parte di alcuni economisti del fenomeno portò all’elaborazione di un modello nel quale venivano rappresentati gli aspetti salienti.

Infatti, secondo gli autori (W.M. Corden & J. Peter Neary 1982) l’aumento delle esportazioni o del prezzo internazionale di una risorsa naturale per un paese può avere degli effetti negativi sia in caso

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18 di tasso di cambio fisso sia flessibile. Nel primo caso l’ingresso di ingenti risorse in valuta, sempre che essi vengano convertiti in valuta locale e non utilizzati per l’acquisto di beni importati, ha come conseguenza un aumento dell’offerta di moneta, dell’inflazione e un apprezzamento del tasso di cambio reale. Ciò provoca una riduzione della competitività dei prodotti tradizionali di esportazione nei mercati internazionali e tale fenomeno viene definito spending effect. In caso di tasso variabile si verifica lo stesso l’apprezzamento del tasso reale di cambio dato che viene modificato il tasso di cambio nominale. Quindi sia nel primo che nel secondo caso il risultato è identico cambia solamente la modalità con quale viene raggiunto il risultato stesso.

Allo stesso tempo nell’ambito dei fattori della produzione, lavoro e capitale, vi è un effetto spiazzamento della produzione cioè si verifica una riduzione della domanda di beni tradables a beneficio dei prodotti non tradables e della risorsa naturale ciò provoca lo spostamento del capitale e del lavoro dai primi ai secondi. Tale effetto è definito come resource movement effect.

Il secondo fenomeno, Migrant sindrome, ha origini per molti aspetti molto simili al Dutch Disease. Infatti, la scoperta del bene fortemente esportabile, in questo caso non è una risorsa naturale convenzionale bensì il lavoro, fa sì che lavoro e capitali si spostino in questo settore. Ciò sta a significare che le famiglie investono capitale per inviare familiari a lavorare all’estero e di conseguenza gli individui si spostano nel settore più proficuo appunto l’emigrazione. Questo aspetto verrà approfondito in modo adeguato nel paragrafo successivo.

Tabella 1.2 Principali fattori che influenzano i flussi di rimesse

Variabile Direzione attesa relazione Determina decisione di trasferire Determina modalità di trasferire Determina la quantità di rimesse Determina l’uso delle rimesse

Fattori endogeni individuali

Livello del reddito del lavoratore emigrato

+/- +

Anzianità di emigrazione +/- + + +

Livello di reddito del gruppo familiare

- + + +

Occupazione dei restanti membri del gruppo familiare

- + + +

Livello dei consumi di base (alimentazione, alloggio, ecc)

- +

Coniuge nel paese di origine + + +

Livello di scolarità - + + +

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19 Presenza di proprietà

immobiliari nel paese di origine

+ +

Numero di persone in patria dipendenti dalle rimesse

+ + + +

Paese di origine +/- + + + +

Fattori endogeni sociali

Numero di lavoratori emigrati + Quota di popolazione femminile - + +

Fattori esogeni sociali

Livello di attività economica nel paese di ospitante

+ +

Livello di attività economica nel paese destinatario

+ +

Tasso di cambio +/- + +

Tasso di interesse relativo fra i due paesi

+/- + +

Tasso di inflazione nel paese di origine

+ + +

Rischio politico nel paese di origine

- +

Sicurezza e liquidità degli investimenti nel paese di origine

+ + + + +

Efficienza dei sistemi di trasferimento dei fondi

+ + +

Fonte: (Mazzali, Stocchiero e Zupi 2002)

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20 I principali contributi empirici fanno spesso uso di modelli econometrici con l’utilizzo di panel o pooled data per individuare gli effetti delle rimesse sulle principali variabili macroeconomiche oppure, ultimamente, vengono utilizzati modelli CGE-SAM (Computational General Equilibrium - Social Accounting Matrix)1 allo scopo di rilevare come variano le principali variabili

macroeconomiche al variare delle rimesse. Infine, uno degli aspetti che più trova impegnati i ricercatori è la ricerca di una stima accurata delle rimesse aggregate mondiali e per singoli paesi. Infatti, attualmente le rimesse vengono rilevate a livello mondiale dal Fondo Monetario Internazionale sulla base delle rilevazioni delle Banche Centrali di ciascun paese per la redazione della Bilancia dei Pagamenti. Tuttavia, tali dati tengono conto solamente delle rimesse inviate tramite gli istituti bancari. Come vedremo più avanti solo una piccola percentuale delle rimesse viene inviata tramite le banche mentre gran parte dei migranti preferiscono utilizzare i canali informali, le agenzie specializzate oppure le poste ordinarie.

In termini aggregati, in passato alcuni ricercatori sostenevano che le rimesse nel tempo sarebbero diminuite con l’integrazione dei lavoratori-migranti nel paese di destinazione (Birks and Sinclair 1979) mentre, recentemente, altri sostengono che esse sono cresciute, negli ultimi decenni, più rapidamente rispetto ai flussi delle migrazioni internazionali stesse (Buch, Kuckulenz e Le Manchec 2002).

Mediamente le rimesse annuali, comprensive della compensazione dei lavoratori, nel 1995 erano di 81 miliardi di dollari (prezzi 1995) cioè l’equivalente di circa 1,5% delle esportazioni mondiali di merci. Esse erano nei primi anni settanta solamente 22 miliardi di dollari ciò sta a significare che raddoppiano ogni decennio.

In particolare le rimesse verso i paesi in via di sviluppo sono aumentate e divenute le principali a scapito di quelle in direzione dei paesi sviluppati. In venti anni dal 1970 al 1990 le rimesse verso i primi sono cresciute del 60% mentre si sono ridotte del 33% i flussi verso i paesi sviluppati (Buch, Kuckulenz e Le Manchec 2002).

Le rimesse, inoltre, sembrerebbero avere un ruolo molto importante, in percentuale al PIL, per i piccoli Stati ed in particolare per gli Stati insulari dell’Oceano Pacifico, dell’Atlantico o del Mar dei Caraibi. Come nel caso delle isole Samoa e Kiribati, Capo Verde, Giamaica, Repubblica Domenicana. Oppure per il Lesoto o lo Swaziland che confinano con il Sud Africa, paese che svolge in Africa, specie in quella australe, il ruolo di catalizzatore dell’emigrazione africana e di

1 I modelli CGE-SAM sono basati sulla costruzione di una matrice input-outpu basata sulle teorie di Leontieff delle tabelle inpu-outpu e dell’equilibri economico generale di Walras. Tre sono i passi per costruire una CGE-SAM. Il primo nel quale si costruisce una SAM cioè una matrice di righe e colonne con dati ufficiali provenienti da diverse fonti. Le fonti possono essere la Bilancia dei Pagamenti, i dati dell’Istiututo Nazionale di Statistica, World Bank, ecc.. La matrice rappresenta le transazioni intervenute tra le istituzioni e gli attori presenti nel paese e tra quest’ultimo ed il resto del mondo. Ogni cella rappresenta il pagamento di un ammontare da un soggetto o settore posto sulla colonne ad un altro posto sulle righe. Con il secondo passaggio si costruisce una matrice più ampia che permette di disaggregare le diverse voci presenti nella macro SAM, utilizzando le stesse fonti ma anche le ricerche disponibili e utili. La nuova matrice è una tabella che ha come matrice di controllo la Macro Sam costruita in precedenza per le somme delle righe e delle colonne. Tuttavia essa è una matrice impropria in quanto non ancora bilanciata. Infatti il totale delle colonne deve essere identico al totale delle righe. Tale matrice è definita proto Micro Sam. Si procede ad alcuni “aggiustamenti” manuali. Ora la Micro Sam è pronta per il passaggio finale. Con il terzo passaggio si realizza una Micro Sam bilanciata e significativa, attraverso un processo definito Cross

Entropy Approach con il quale si confrontano la proto Micro Sam, utilizzata per stimare i parametri, e la Macro Sam originaria, la quale svolge il

ruolo di vincolo per gli aggiustamenti da effettuare nella proto Micro Sam. Il risultato è una nuova Micro Sam che tiene conto della proto Micro Sam. Essa è basata sulla teoria dell’equilibrio generale e dei vincoli della Macro Ssam. I tre passaggi richiedono l’utilizzo di un software denominato GAMS (Sospiro P. 2002).

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21 conseguenza anche fonte di invio delle rimesse. In questi casi, la loro consistenza in rapporto al PIL è molto elevata (Buch, Kuckulenz e Le Manchec 2002).

Un terzo gruppo di paesi che ricevono rimesse superiori alla media sono gli Stati del Medio Oriente come l’Egitto, la Giordania e lo Yemen; metà dei paesi del Medio Oriente riceve una quota maggiore di rimesse rispetto agli stessi capitali provenienti dall’estero; ciò è determinato dalla prossimità dei paesi del golfo, produttori di petrolio, e la conseguente forte domanda di lavoro che necessitano questi ultimi (Buch, Kuckulenz e Le Manchec 2002).

Inoltre, vi sono paesi che ricevono flussi di rimesse particolarmente consistenti sia in rapporto al PIL sia alle esportazioni rispettivamente Albania, Georgia e Il Salvador, nel primo caso, e Lesoto, Albania e Capo Verde, nel secondo caso (Buch, Kuckulenz e Le Manchec 2002).

Le indagini pooled cross section evidenziano che le rimesse nel tempo, comparante ad altri flussi finanziari privati, sono più stabili, con la conseguenza che esse possono svolgere una funzione stabilizzatrice in periodi di turbolenza o di instabilità finanziaria del paese di ricevimento o a livello mondiale. Infatti, esse non sono correlate ai flussi migratori ed alla presenza di lavoratori-migranti di un paese verso un altro. Inoltre esse non correlate agli andamenti dei mercati finanziari. Ciò garantisce ai paesi che le ricevono di non temere un eventuale fuga di capitali. E’ necessario sottolineare che le rimesse sono correlate ai flussi migratori ma senza esserne completamente dipendenti, esse crescono e decrescono in modo relativamente autonomo rispetto al fenomeno migratorio (Buch, Kuckulenz e Le Manchec 2002).

Alcune ricerche svolte con l’utilizzo di dati di tipo Time Series, indagine svolte su un singolo paese ma nel tempo, evidenziano, come nel caso dei dati delle rimesse in entrata della Turchia, che le rimesse non risentono delle variazioni del tasso reale di ritorno degli investimenti (Strubhaar, 1986) o, in India, che i depositi dei migranti aumentano ad un tasso superiore rispetto ai differenziali dei tassi di interesse (Nayyar 1989). Infine, Swamy (1981) afferma che anche il livello e la ciclicità delle fluttuazioni delle attività economiche nel paese di destinazione, il numero di migranti residenti all’estero e il corrispettivo salario possono incidere sull’ammontare complessivo delle rimesse inviate.

Come già detto, negli ultimi anni sono sempre più frequenti le indagini con l’utilizzo di modelli CGE-SAM (Computational General Equilibrium - Social Accounting Matrix), in particolare Adelman e Taylor (1990), hanno sviluppato un modello utilizzando i dati del Messico, rilevando che per ogni dollaro inviato verso il paese di origine, il PNL cresce in media di 2,90 dollari mentre la produzione nazionale di 3,2 dollari. Tuttavia essi puntualizzano che l’effetto delle rimesse sullo sviluppo economico così come sulla propensione al risparmio varia da paese a paese.

Le determinanti microeconomiche delle rimesse

L’approccio teorico

Il livello microeconomico è spesso definito attraverso aspetti legati alla tipologia del progetto, del modello e del processo migratorio (Mazzali, Stocchiero e Zupi; 2002) e tre sono le teorie rilevanti: la più datata è la cosiddetta Economics of Labor Migration, la seconda del Transnationalism” mentre la terza è la teoria del New Economics of Labor Migration (NELM).

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22 Sintetizzando, la prima tende a dare dell’emigrazione una visione mista di Migrant sindrome e Dutch disease, un processo che, da una parte, si autoalimenta e, dall’altra, incentiva coloro che restano in Patria a modificare ed accrescere i propri consumi. Essa fa riferimento a importanti ma datati lavori di Lewis (Lewis 1957) e di Todaro (Todaro 1969 e Harris e Todaro 1970) secondo i quali la decisione a migrare da parte del migrante non è condivisa con la famiglia bensì individuale e in base ad un riconosciuto o atteso differenziale di reddito tra il salario che il migrante percepirebbe nel paese di destinazione e il salario realizzato nel Paese di origine. Quindi il migrante si sposterebbe semplicemente perché il reddito atteso, in caso di migrazione, è maggiore rispetto al salario attualmente percepito (Lewis 1957). Di conseguenza sempre più individui intendono migrare appunto Migrant sindrome.

L’effetto immediato dell’emigrazione è la riduzione della domanda di lavoro nell’area di partenza del migrante e ciò dovrebbe generare un aumento del salario ma se si è in presenza di un surplus di manodopera, fattore determinante nella teoria delle migrazioni da lavoro, la perdita di risorse umane ha un costo di opportunità nullo e di conseguenza non si verifica una variazione positiva del reddito; quindi l’economia dell’area di origine del migrante è in grado di sostenere la perdita di tale risorsa senza subire alcun effetto negativo sulla produzione. Mentre se la partenza del migrante è accompagnata da una perdita oltre che di capitale umano anche finanziario, come nel caso in cui i familiari anticipino le spese di invio del migrante, solo quest’ultimo graverà sulla produzione familiare e locale in quanto ha effetto diretto sulla capacità di investimento e quindi di crescita della produzione e soprattutto della produttività (Lewis, 1957 e Taylor 1999).

Le rimesse sono uno dei fattori che possono attenuare o invertire gli effetti negativi della perdita di capitale umano e soprattutto finanziario se e solo se l’ammontare inviato dal migrante stesso è superiore al costo d’emigrazione sia in termini finanziari che di una minore produttività familiare (Harris e Todaro 1970).

Tuttavia il denaro inviato dal migrante alla famiglia di origine, secondo la teoria delle migrazioni da lavoro, è in gran parte utilizzato per un aumento dei consumi, di conseguenza esso ha un effetto negativo in quanto le famiglie che le ricevono tendono ad utilizzarle essenzialmente per l’acquisto di beni normali, di maggiore valore o di importazione dall’area o dal paese. Tale comportamento è in contrasto con l’atteggiamento tenuto in assenza di rimesse nel quale, le famiglie dei migranti si limiterebbero ad una vita di sussistenza con consumo di beni necessari e locali. Quindi le rimesse non costituiscono investimenti per la famiglia di origine (Taylor 1999).

Il valore aggiunto che le rimesse apportano all’area di origine del migrante è indiretto in quanto esse incentivano investimenti da parte di altre famiglie o imprese, spinte dai maggiori consumi delle famiglie che hanno migranti all’estero. Ciò accade soprattutto se l’area di provenienza del migrante è soggetta ad un forte fenomeno migratorio in grado di generare un consistente ammontare di rimesse aggregato (Harris e Todaro 1970). In conclusione l’impatto delle rimesse è positivo a livello di economia locale del paese di origine solo indirettamente attraverso il meccanismo di trasmissione del mercato (Taylor 1999).

La seconda teoria inserisce il migrante in un contesto transnazionale, enfatizzando il ruolo fondamentale svolto dalla tecnologia e soprattutto l’accesso a basso costo di quest’ultima ad una

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23 parte della popolazione mondiale. In particolare, i bassi costi di utilizzo dei mezzi comunicazione e di trasporto hanno facilitato i contatti tra i migranti e tra questi e la propria famiglia o area di origine facendo sì che i migranti potessero avere un ruolo transnazionale. Capofila di questo approccio il sociologo economico Alejandro Portes (Portes, Guarnizo e Landolt 1999; Portes, 2001). La teoria è frutto del notevole sforzo posto in atto negli ultimi due decenni nella ricerca di nuovi paradigmi sul tema delle migrazioni (Stark, 1985) e quindi delle relazioni che intercorrono tra i fenomeni della migrazione e dello sviluppo anche attraverso le rimesse (Taylor 1999).

Essa, in contrasto con la teoria delle migrazione da lavoro caratterizzata da un approccio binario cioè positivo o negativo oppure indagini nel paese di destinazione o di origine allo studio delle migrazioni, suggerisce che le migrazioni debbano essere considerate e quindi comprese come un processo sociale che mette in relazione i paesi di origine e di destinazione. I migranti di fatto sono soggetti trasmigranti e presto essi sviluppano e mantengono relazioni multiple. E gli sforzi sostenuti nei paesi di destinazione per integrare i migranti nella società di accoglienza spesso si scontrano con un insieme di interessi ed obbligazioni che sono il risultato di impegni simultanei presi dagli stessi migranti sia nei paesi di origine che di destinazione (Portes, 2001).

Questo aspetto è enfatizzato ulteriormente anche dal comportamento utilitaristico posto in atto sia da parte dei familiari residenti in Patria, Transnasionalism from below, sia da parte degli stessi paesi di provenienza, Transnationalism from above. Infatti, sia gli uni che gli altri hanno interesse a mantenere rapporti e quindi un ruolo importante nel mondo dei migranti per gli effetti, macro-microeconomici, conseguenti della presenza dei propri migranti all’estero (Portes, 2001).

Nell’approccio transnazionale la decisione a migrare è generata da numerosi fattori tra i quali l’attrazione di alcune destinazioni, la rete sociale che viene a formarsi fra l’area del paese di origine e di destinazione, il cosiddetto network. Soprattutto questa teoria imputa l’aumento dell’emigrazione e il miglioramento della rete - della quale i migranti sono il centro che mette in relazione i paesi di destinazione e di origine - al miglioramento e all’abbassamento del costo dei mezzi di trasporto e di comunicazione avvenuti negli ultimi decenni (Nyber-Soresens, Van Hear e Engberg-Pedersen; 2002).

Sintetizzando, l’approccio transnazionale sembrerebbe essere più prossimo alla nuova teoria delle migrazioni da lavoro piuttosto che all’approccio della più datata teoria delle migrazioni da lavoro (Gammerlof 2002).

La terza teoria invece inserisce le rimesse in un ampio contesto nel quale si comprendono i fenomeni dell’emigrazione e dello sviluppo, in una prospettiva “sviluppista” cioè l’emigrazione come uno dei fattori che portano allo sviluppo di un’area depressa (Taylor 1999). La New Economics of Labor Migration nasce con un articolo di Stark e Bloom (Stark e Bloom 1985), nel quale essi sostenevano come fosse giunto il momento di chiudere con il passato ed iniziare, grazie ai nuovi lavori teorici ed empirici degli ultimi anni, una nuova fase sul tema dell’emigrazione da lavoro. Infatti, solo il fattore del differenziale salariale non era più sufficiente a spiegare le migrazioni ed in particolare le migrazioni dai paesi non sviluppati verso i più sviluppati. Essi aggiungevano che altre motivazioni, in alcuni casi, fossero ancora più importanti dello stesso differenziale salariale. E le ricerche nell’ambito delle migrazioni dai paesi in via di sviluppo avrebbero potuto dare contributi rilevanti in quanto il differenziale salariale poteva essere oscurato,

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24 per esempio, dall’opportunità di maggiori tutele, nei paesi sviluppati, quali i programmi di sostegno ai soggetti colpiti dalla disoccupazione, le politiche fiscali caratterizzate da una redistribuzione della ricchezza prodotta aggregata o le politiche di sostegno alla famiglia (Stark e Bloom 1985).

In effetti la decisione a migrare da parte del migrante è condivisa con la propria famiglia piuttosto che intrapresa da un singolo individuo atomizzato e indipendente dal mondo che lo circonda e le motivazioni che spingono quest’ultima a privarsi del capitale umano e finanziario non possono essere rappresentate solamente dal differenziale salariale (Taylor 1999).

Quindi l’emigrazione è piuttosto lo sforzo posto in essere dalla famiglia per evitare i fallimenti del mercato come l’impossibilità o la semplice difficoltà ad ottenere credito, assicurare la propria produzione dai rischi che ne potrebbero danneggiare o annullare il risultato o la propria incolumità fisica o la vecchiaia. Tali fallimenti del mercato costringono le famiglie ad autofinanziare gli investimenti e ad autoassicurare i rischi.

Il migrante provvede dunque con la propria liquidità sotto la forma di rimesse a sopperire a tali mancanze. Egli assicura i propri familiari contro un’eventuale perdita del raccolto o una malattia. Finanzia sempre attraverso le rimesse, investimenti in macchinari o semplicemente libera dalla mezzadria i propri familiari in Patria e renderli proprietari di un piccolo appezzamento di terreno da coltivare. Secondo la New Economics of Labor Migration il migrante si pone anche tali obiettivi nel proprio progetto migratorio.

Le rimesse svolgono anche il ruolo di diversificazione del rischio di impresa della famiglia in quanto il reddito da lavoro del migrante non è correlato con le entrare derivante dai redditi dei familiari residenti nel Paese di origine (Taylor 1999).

Un secondo aspetto dell’emigrazione, considerato dalla NELM, è il comportamento del migrante una volta giunto nel luogo di destinazione e la relazione che intercorre tra il migrante stesso e la propria famiglia di origine. La decisione di inviare denaro è condizionata dal reddito, dalla volontà e dalla motivazione a condividere parte del reddito con la famiglia di origine. La prima motivazione a trasferire ricchezza può essere l’altruismo, il migrante per affetto intende occuparsi di coloro che ha lasciato dietro. La seconda motivazione invece è l’interesse personale cioè l’aspirazione del migrante, per esempio, ad ereditare o il desiderio di investire nel proprio paese di origine e quindi far sì che tali investimenti vengano curati in modo soddisfacente dalla famiglia di origine (Taylor 1999).

Qualsiasi sia la motivazione e la decisione del migrante e della stessa famiglia di origine, il loro è un rapporto di beneficio mutuale, per mezzo di un contratto informale che include anche un accordo di reciproco aiuto in caso di caduta in disgrazia. Una ulteriore forma di assicurazione dai rischi di perdita da lavoro o qualsiasi altro fattore che possa rendere la condizione del migrante o della propria famiglia di origine in pericolo (Stark 1995).

L’effetto dell’emigrazione e delle rimesse a livello locale nell’area di origine del migrante non è determinato solamente dall’ammontare, dalla distribuzione e dall’incidenza delle stesse rimesse sul reddito della famiglia di origine. Esso è piuttosto l’effetto immediato mentre è l’impatto indiretto, sulla comunità locale, che potrà essere più o meno efficace. Ciò dipende dal comportamento della famiglia del migrante cioè se essa sia più o meno integrata nel contesto in cui vive. E l’integrazione

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25 di quest’ultima nella comunità locale differisce da contesto a contesto e da famiglia a famiglia (Taylor 1999).

Due sono gli estremi ipotizzabili. Il primo, nel quale la famiglia di origine agisce come un’enclave nel territorio della comunità in cui vive e l’impatto indiretto è relativamente scarso, specie se essa si comporta in modo atomizzato sia sul lato della domanda che sul versane dell’offerta (Taylor 1999). Diverso invece è l’effetto se la famiglia di origine è perfettamente integrata nel contesto in cui vive e quindi partecipa allo scambio sia dal punto dell’offerta, mettendo sul mercato la propria produzione, sia, sul lato della domanda, acquistando i prodotti delle altre famiglie o imprese. In questo secondo caso, l’impatto delle rimesse ha effetto sui prezzi, sulla produzione, sul reddito anche delle famiglie che non hanno migranti, dando vita ad un effetto moltiplicativo salutare per l’economia locale e quindi, nel lungo periodo, un circolo virtuoso che contribuisce allo sviluppo dell’area (Taylor 1999).

L’impatto dell’emigrazione sulla distribuzione del reddito all’interno della comunità del paese di origine ha un andamento analogo ad una curva ad U. Inizialmente saranno i soggetti provenienti dalle famiglie più abbienti ad emigrare, in quanto i costi ed i rischi che le famiglie debbono sostenere per inviare una persona al di fuori della comunità sono elevati. Inoltre le informazioni asimmetriche non fanno altro che rendere ancora più difficile l’emigrazione di individui provenienti dalle famiglie meno abbienti. Una volta giunto nel luogo di destinazione il migrante inizierà ad inviare rimesse generando un aumento della forbice della disuguaglianza (Taylor 1999).

L’aumento della disuguaglianza e la povertà relativa delle famiglie senza migranti svolgono un ruolo importante d’incentivazione ad emigrare (Stark 1985). L’effetto perverso che veniva seppur appena accennato dalla teoria delle migrazioni da lavoro, cioè l’aumento della forbice della disuguaglianza all’interno della comunità, può incentivare una maggiore emigrazione rendendo di fatto l’emigrazione stessa un processo che si autoalimenta (Migrant Sindrome) (Taylor 1999). Allo stesso tempo, le migrazioni iniziali e la riduzione dei costi, dei rischi e dell’asimmetria informativa facilitano l’emigrazione di soggetti dalle famiglie meno abbienti. E una volta giunto al luogo di destinazione il nuovo migrante inizierà ad inviare rimesse, con la conseguente riduzione della forbice della disuguaglianza (Taylor 1999). Resta tuttavia da sottolineare l’iniziale difficoltà degli individui appartenenti alle famiglie meno abbienti ad emigrare. Dunque l’effetto negativo congiunto dell’emigrazione e delle rimesse non è da sottovalutare in quanto può dare vita a sentimenti di disapprovazione e degenerare in conflitto sociale.

In conclusione, l’emigrazione così come le rimesse incidono sullo sviluppo del paese di origine in senso positivo. Essi hanno effetti positivi diretti ed indiretti, in primo luogo, sulla famiglia del migrante in termini di integrazione del reddito, maggiore facilità di accesso al credito e riduzione del rischio. In secondo luogo, si hanno effetti sulla comunità attraverso i meccanismi del mercato. L’aumento del benessere della comunità e il miglioramento delle infrastrutture sono favoriti dal crescere degli investimenti sia delle famiglie che hanno migranti sia delle famiglie o imprese che offrono prodotti o servizi alle prime (Taylor 1999).

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26 Contributi empirici

La letteratura empirica basata sull’approccio transnazionale in genere dimostra che se le attività transnazionali sono importanti per lo sviluppo nazionale di un paese in via di sviluppo, sono ancora più importanti e vitali a livello locale. Per esempio, le HomeTown Associations (HTA’s) cioè le associazioni di villaggio o di paese, sono da sempre importanti come piattaforme e veicolo per la creazione di fondi che utilizzano, da una parte, le rimesse e, dall’altra, finanziamenti governativi o internazionali. Inoltre, essi possono far fronte alla mancanza di competenze grazie alla consulenza di agenzie governative o internazionali e tali risultati vengono raggiunti proprio grazie all’attività transnazionale dei migranti che oltre ad inviare denaro, rimesse, sono anche in grado di svolgere una funzione di lobbying a livello locale, nazionale nel paese di origine e di destinazione. Ciò, spesso, permette, nel tempo, miglioramenti significativi nella sanità e nell’istruzione a livello locale (M.P. Smith, 2001). Infine, secondo Lanholt, città e villaggi rurali connessi con i propri connazionali all’estero versano in condizioni sicuramente migliori, in termini di infrastrutture ed accesso ai servizi rispetto alle altre comunità (Lanholt, 2001).

Gran parte delle ricerche empiriche che utilizzano l’approccio NELM sono indagini con dati a livello familiare o singoli lavoratori-migranti. Ai soggetti vengono somministrati dei questionari o in casi eccezionali gli individui vengono sottoposti ad interviste circa il comportamento tenuto sul consumo o sulle rimesse. Rare sono invece le indagini a tutto campo cioè a livello di comunità o villaggi.

Alcuni esempi si riferiscono a ricerche svolte utilizzando modelli CGE-SAM (Computable General Equilibrium-Social Accounting Matrix), effettuate per la gran parte in America Centrale ed in particolare nei villaggi messicani, dai quali provengono la maggior parte dei lavoratori-migranti residenti negli Stati Uniti (Taylor 1999).

Le principali ricerche empiriche in questo ambito hanno svolto indagini sulle comunità locali del paese di origine dei lavoratori-migranti comparando i consumi e gli investimenti effettuati dalle famiglie con presenza di migranti all’estero ed altre senza, per un arco di tempo più o meno breve (Taylor 1999).

Alcuni ricercatori sostengono che gran parte delle rimesse sono utilizzate per l’acquisto di beni di consumo (Durand e al. 1996a, Georges 1990, Massey e Parrado 1994, Oberai e Singh 1980). Altri invece che una percentuale delle rimesse è dedicata ad attività di generazione di reddito, di lavoro o investimenti produttivi. In particolare alcuni lavori evidenziano come le famiglie destinatarie di rimesse mostrano una più alta propensione ad investire (Adams 1991).

Adelman e Taylor, con l’utilizzo di un modello SAM-CGE, hanno riscontrato che un punto in percentuale di aumento delle rimesse, genera 0,3 punti in percentuale di aumento del reddito in un villaggio messicano. Inoltre, prendendo in considerazione gli effetti degli investimenti nel lungo periodo, l’elasticità del reddito cresce del 10% rispetto alle rimesse (Adelman e Taylor 1996). Mentre le rimesse così come gli investimenti, per la gran parte, sono destinati alla capitalizzazione del patrimonio personale del migrante nel Paese di origine (Cornelius 1990, Durand e Massey 1992). Quindi le rimesse possono condurre ad alcune forme di investimenti produttivi alla crescita dell’economia locale del paese di origine del lavoratore-migrante ma a totale appannaggio del migrante stesso (Taylor 1999).

Figura

Tabella  2.12 Comparazione di alcune delle voci della BdP della Tunisia con le Rimesse
Tabella  2.14 Trasferimenti monetari in entrata in Tunisia: banca, posta e cambio
Tabella  4.5 Numero di interviste effettuate ai capofamiglia per gruppi di età
Tabella  4.8 Anni di differenza tra coniugi per classi di età
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