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“Il Nefrologo forte”: la grande illusione?

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Academic year: 2021

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https://doi.org/10.1177/0394936218760830

Giornale di Tecniche Nefrologiche e Dialitiche 2018, Vol. 30(1) 68 –69

© The Author(s) 2018 Reprints and permissions:

sagepub.co.uk/journalsPermissions.nav DOI: 10.1177/0394936218760830 journals.sagepub.com/home/gtn

GTND

Giornale di Tecniche Nefrologiche e Dialitiche Carissimo Editor,

indirizzo a te queste poche parole in libertà che un po’ di tempo fa scrissi ad un amico comune, Franco Galli, che condivide con me e con te le tribolazioni di un nefrologo interventista, se le condividi e ritieni possano essere pub-blicate e costituire motivo di discussione.

Alcuni anni fa indirizzai una lettera al GDTN parlando con entusiasmo ed ottimismo della figura del “Nefrologo forte”, cioè di quel nefrologo esperto nel campo degli accessi vascolari credendo fortemente che questa avesse un peso rilevante nel nostro mondo nefrologico.

Adesso, a distanza di qualche anno dalla pubblicazione ho capito che questa era solo una disillusione: il tempo, gli anni che avanzano e le storture di questo sistema sanitario e culturale nefrologico italiano con il quale ogni giorno ci confrontiamo e che tu conosci benissimo, hanno influito sul mio ottimismo ed entusiasmo.

Mi sono improvvisamente accorto che l’investimento che ho fatto sugli accessi vascolari emodialitici è stato un investimento probabilmente sbagliato. È come quella per-sona che compra le azioni di una banca e dopo un po’ questa fallisce. Ma questo capita nella vita di noi umani. Mi sono accorto, al momento della presentazione dei titoli per l’incarico di sostituzione del Dirigente di II livello e dunque anche di un futuro concorso, che l’aver fatto oltre 2.000 procedure interventistiche hanno contato ZERO nella valutazione curriculare. Rispetto ad altra persona che non fa né più né meno che quello che l’attività istituzionale di un nefrologo deve saper fare, cioè, stilare i piani di trat-tamento emodialitici, ambulatorio, dialisi peritoneale, CRRT, ecc. e che di conseguenza tutti i nefrologi dovreb-bero conoscere, chi si occupa attivamente ed è il solo a farlo, della realizzazione e gestione a 360 gradi dell’accesso vascolare non ha nulla di più, anzi questo è penalizzante in quanto non considerato. Avere e mantenere percentuali di CVC a permanenza costantemente sotto al famigerato e forse anacronistico 10%, fare mobilità attiva per oltre il

40% delle procedure fatte, ha peso ZERO. Quando poi ti confronti con il resto del mondo nefrologico della tua Regione, quello stesso mondo che chiede a te di togliergli le castagne dal fuoco per non inviare il paziente fuori Regione e al quale risolvi il problema contingente, nella maggior parte dei casi provocato dalla loro stessa incuria e ignoranza culturale capisci allora tante cose. Il mondo nef-rologico abruzzese è lo specchio della maggior parte del mondo nefrologico italiano, o almeno di chi ne gestisce i destini (vedi SIN). Tocchi con mano l’ignoranza culturale relativa all’accesso vascolare.

Mentre negli altri Paesi la figura del cosiddetto “nef-rologo interventista” si istituzionalizza e ne si riconosce l’importanza, nel nostro Paese vieni considerato un paria: non sei né nefrologo né chirurgo, non hai dunque le com-petenze secondo loro, né dell’uno né dell’altro, sei un ibrido, una chimera, della quale poi servirsi però al momento del problema. Nella pratica ti assumi responsa-bilità anche legali in più, unicamente per soddisfare la tua “libido” di mancato chirurgo e radiologo interventista. Ma nel momento in cui fermi la tua attività che, ripeto, non viene considerata per ignoranza culturale, ecco che si fa leva sul becero ricatto morale dell’“interesse del paziente”.

Adesso ancor di più comprendo appieno il significato di alcune affermazioni che Luciano Carbonari, nella sua lungimiranza mi faceva tempo fa: in una società civile e organizzata che si rispetti e che venga definita tale, l’interesse del paziente lo si fa istituendo, organizzando e fornendo le risorse ad un servizio che si ritiene utile e che i risultati scientifici validano come tale, non affidandosi alla buona volontà del singolo coglione di turno (mi si passi questa definizione contenuta anche nel Devoto Oli, Vocabolario della Lingua Italiana). Evidentemente le Amministrazioni, ma ancor di più le Società Scientifiche

“Il Nefrologo forte”: la grande

illusione?

Massimo Lodi

Dirigente medico, Nefrologo di I livello, Unità Operativa Complessa di Nefrologia e Dialisi Ospedale Spirito Santo ASL 203, Pescara

Corrispondenza:

Dr. Massimo Lodi, U.O.C. Nefrologia e dialisi, Ospedale Spirito Santo, 65124 Pescara.

E-mail: massimo-lodi@libero.it

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(leggi SIN) che dovrebbero indirizzare e guidare le scelte delle prime, qui in Italia non sono in grado di stabilirne l’utilità, per ignoranza culturale o per colpa voluta. Mentre negli altri Paesi si hanno dei database attraverso i quali si è capita l’importanza cruciale dell’accesso vascolare e si sono messe in atto pratiche per invertire certe tendenze (vedi Fistula First ecc.), qui la SIN non sa cosa succede nel territorio italiano e quale è la situazione dell’accesso vasco-lare emodialitico. Personalmente ritengo, ma credo di averlo detto tante volte, che i dati del DOPPS sono con ogni probabilità ottimistici circa la reale situazione italiana. Di

conseguenza questo si ripercuote anche nell’insegnamento delle scuole di specializzazione e progressivamente questa “scomoda” competenza viene ad arte dimenticata o scarsa-mente considerata, direi a fatica tollerata.

Carissimo Editor, scrivo queste cose perché buttare a mare anni di fatica fisica e mentale, esperienza maturata, aver sottratto tempo ai figli, a mia moglie, a me stesso e speso denaro ti lascia molto amaro in bocca. Si badi bene, il mio sfogo non è mosso dal fatto di non aver conseguito qualcosa che sia un riconoscimento economico o una carica, ma quello di aver constatato in quale ignoranza viviamo.

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