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Emissioni di gas serra degli allevamenti italiani: quali scenari?

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EMISSIONI DI GAS SERRA

DEGLI ALLEVAMENTI ITALIANI.

QUALI SCENARI?

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Introduzione ...pag. 5 Le politiche per la mitigazione delle emissioni agricole ...pag. 7 Analisi impronta carbonica e opzioni di mitigazione ...pag. 11 Certificazione impronta carbonica ...pag. 19 La politica di sviluppo rurale ...pag. 23 Riferimenti bibliografici ...pag. 29 Sitografia ...pag. 31 Glossario ...pag. 31

Sommario

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Introduzione

Il progetto di ricerca Scenari di Cambiamenti Climatici per gli Allevamen-ti Italiani (SCCAI), si propone di offrire un quadro conosciAllevamen-tivo, uAllevamen-tile sia agli operatori del settore, che ai decisori politici sulle diverse opzioni di mitiga-zione delle emissioni di gas ad effetto serra (di seguito gas serra) del settore agricolo, in particolare di alcune produzioni zootecniche, data la crescente attenzione dell’opinione pubblica e delle istituzioni europee e nazionali, circa il ruolo delle produzioni agricole nella produzione di gas climalteranti.

Il progetto di ricerca, pertanto, analizza le diverse opzioni di mitigazione sia dal lato del consumo, che dal lato della produzione. Dal lato del consumo, attraverso la partnership di ricerca con l’Università di Bologna, l’obiettivo del progetto è di valutare lo stato dell’arte in materia di analisi di disponibilità a pagare dei consumatori nei confronti di prodotti che recano informazio-ni sull’impronta carboinformazio-nica associata alla loro produzione e di presentare le diverse opzioni che ha un’azienda, per segnalare l’impegno ambientale nel-la riduzione delle emissioni, attraverso nel-la certificazione sia dei prodotti, che aziendale. Dal lato della produzione, attraverso la partnership di ricerca con il CRPA-Centro Ricerche Produzioni Animali, sono state quantificate le emis-sioni di gas serra dalle filiere zootecniche analizzate e le relative opzioni di mitigazione delle emissioni.

Un altro obiettivo molto importante del progetto è anche quello di orga-nizzare degli incontri con gli agricoltori, per far conoscere la problematica della mitigazione delle emissioni nel settore agricolo, le politiche di riferimen-to e le possibilità offerte dalla programmazione per lo sviluppo rurale, per attuare gli interventi utili nelle aziende agricole e lungo la filiera.

Quest’opuscolo rappresenta parte del materiale distribuito durante questi incontri con gli agricoltori e vuole rappresentare un quadro conoscitivo delle fonti di emissioni di gas serra in agricoltura e del loro andamento del tempo, nonché delle politiche di mitigazione di queste emissioni. Esso contiene al-cuni dei risultati del progetto di ricerca, in termini di analisi e di riduzione dell’impronta carbonica di alcune produzioni e presenta i principali strumen-ti di cerstrumen-tificazione delle emissioni di una azienda o di un prodotto, nonché gli strumenti messi a disposizione dalla politica di sviluppo rurale per affrontare la mitigazione delle emissioni in agricoltura.

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EMISSIONI DI GAS SERRA DEGLI ALLEVAMENTI ITALIANI: QUALI SCENARI?

Le politiche per la mitigazione

delle emissioni agricole

Le responsabilità umane sul riscaldamento globale, attraverso le emissio-ni di gas serra, sono ormai chiare e se non si riducono le emissioemissio-ni, i cambia-menti climatici in atto avranno conseguenze irreparabili sugli agro-ecosistemi globali.

Il settore agricolo è una delle attività produttive più vulnerabili ai cambia-menti climatici, con le relative problematiche di quantità e qualità delle pro-duzioni ed effetti sui redditi agricoli, ma ha anche un ruolo nel determinare l’effetto serra attraverso l’emissione di gas serra (7% nel 2011 in Italia. Fonte: ISPRA).

Pertanto il settore deve agire sia con misure di adattamento, per salva-guardare le sue produzioni, che di mitigazione, per ridurre le le emissioni di gas serra o aumentare il carbonio (C) stoccato nei suoli e nelle biomasse.

Le politiche per la mitigazione delle emissioni nel settore agricolo si inse-riscono nel quado comunitario e internazionale di azione per li clima.

Sul fronte internazionale, all’interno del Protocollo di Kyoto, gli Stati membri dell’UE-15 si sono impegnati congiuntamente a ridurre le loro emis-sioni dell’8%. In Italia l’obiettivo comunitario è stato tradotto in una riduzione del 6,5% delle emissioni e il PK è stato ratificato con legge. n.120/2002.

Sul fronte comunitario, un elemento centrale della politica climatica dell’UE è l’approvazione nel 2009 del c.d. pacchetto Clima-Energia il cui per-no è la strategia Europa2020 che impegna gli Stati membri a ridurre entro il 2020 le emissioni di gas serra del 20%, a portare al 20% la quota di consumo energetico da fonti rinnovabili e a ottenere un incremento del 20% dell’effi-cienza energetica.

Per quanto riguarda l’agricoltura, le emissioni di gas serra stimate, sono quelle derivanti dalla fermentazione enterica, la gestione delle deiezioni, le fertilizzazioni dei suoli (con le loro emissioni dirette e indirette), la produzio-ne di riso e la bruciatura dei residui colturali.

Per questo tipo di emissioni, il pacchetto clima-energia introduce il prin-cipio della condivisione dello sforzo di mitigazione tra settori produttivi (de-cisione 406/2009/EC), secondo cui il settore agricolo e gli altri settori (tra-sporti, residenziale e rifiuti) non inclusi nel sistema di scambio delle quote di emissione comunitario (EU-ETS), devono ridurre le loro emissioni del 10% rispetto al 2005. Per l’Italia, l’obiettivo comunitario è stato declinato in una ri-duzione del 13% delle emissioni rispetto al 2005. Pertanto non c’è una percen-tuale di riduzione attribuita al solo settore agricolo. ’’Le emissioni relative all’ “uso del suolo, cambio d’uso del suolo e foreste” (cosiddetto LULUCF-Land

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Use, Land Use Change and Forestry, nella terminologia internazionale) solo di recente (dec.529/2013/UE) sono state introdotte norme comuni di con-tabilizzazione delle emissioni e sink derivanti dalla gestione di tutti i suoli, compresi i terreni agricoli, i prati pascoli e le foreste, rimandando al futuro la previsione di target di mitigazione. Il potenziale effetto della proposta sul set-tore agro-forestale sarà rilevante per la stima degli impatti di alcune pratiche di gestione del suolo (si pensi soprattutto agli effetti del greening e di alcune misure dello sviluppo rurale), offrendo così una valutazione quantitativa dei progressi fatti, allo scopo anche di migliorare la percezione dei contribuenti nei confronti della politica agricola.

Per quanto riguarda invece le emissioni derivanti dall’utilizzo di energia , la normativa prevede sia politiche per la promozione della produzione di energia da fonti rinnovabili, per le quali il settore agro-forestale è un forni-tore di materie prime, che iniziative comunitarie per l’aumento dell’efficienza nell’utilizzo delle macchine in agricoltura.

Guardando al futuro, nel 2011 la Commissione europea ha presentato il documento “Una tabella di marcia verso un’economia competitiva a basse emissioni di carbonio al 2050” (COM(2011) 112), nell’ambito dell’iniziativa: “Un’Europa efficiente nell’impiego delle risorse” (COM(2011) 21). La “tabella di marcia” è stata predisposta per il raggiungimento dell’obiettivo di ridurre le emissioni comunitarie dell’80-95% entro il 2050 (rispetto al 1990). Il settore agricolo dovrebbe contribuire con un ulteriore calo del 42-49% delle proprie emissioni attraverso le seguenti azioni: incrementi (sostenibili) dell’efficien-za, recupero di biogas, uso razionale dei fertilizzanti, impiego di foraggi di migliore qualità, diversificazione e commercializzazione della produzione a livello locale, maggiore produttività del bestiame e ottimizzazione dei bene-fici dell’agricoltura estensiva. Tra le pratiche di mitigazione è citato anche lo stoccaggio di carbonio nei suoli e nelle foreste, aumentabile perfezionando le pratiche di gestione.

Per proporre un quadro sintetico delle diverse opzioni di mitigazione dispo-nibili, nel presente contribuito, dopo aver fatto un quadro sulla situazione delle emissioni di gas serra agricole in Italia, si analizzeranno brevemente: il ruolo della certificazione delle emissioni e i relativi benefici e problematiche ad esso associati; i risultati di uno studio condotto dal CRPA sulle opzioni tecniche di mitigazione delle emissioni dal lato dell’offerta e il ruolo delle poli-tiche di sviluppo rurale, per favorire il passaggio ad un settore agricolo a bassa intensità di emissione.

Le statistiche sulle emissioni e gli assorbimenti di gas serra del settore agro-forestale

Secondo i dati diffusi dall’ISPRA1, il settore agricolo, nel 2011, ha con-tribuito alla produzione del 6,9% delle emissioni nazionali. In particolare, le emissioni contabilizzate sono quelle riguardanti la produzione di protossido di azoto (N2O), che rappresentano il 57% delle emissioni del settore e deri-vano dalla gestione delle deiezioni animali, dall’utilizzo di fertilizzanti azotati e da altre emissioni dei suoli agricole, mentre quelle di metano (CH4), che sono il 43% del totale, derivano dai processi digestivi degli animali allevati, dalla gestione delle deiezioni e dalla coltivazione del riso. Il contributo del settore agricolo alla mitigazione delle emissioni è positivo: dal 1990 al 2011, si è verificata una riduzione pari al 17,7%, senza differenze rilevanti tra i due gas serra. Tali riduzioni sono dovute al calo delle emissioni di CH4 da fermenta-zione enterica (-12%), che rappresentano il 32% delle emissioni del settore, e delle emissioni dei suoli agricoli (-21%), che rappresentano il 46% del totale. Queste riduzioni sono imputabili soprattutto al calo del numero di capi per alcune specie zootecniche, alla variazione delle superfici e produzioni agrico-le, alla razionalizzazione della fertilizzazione e al recupero di biogas da deie-zioni animali.

Le emissioni e gli assordimenti di CO2 (anidride carbonica) dovute a cam-biamenti d’uso del suolo e alle foreste, sono invece contabilizzati nel settore LULUCF, che offre un significativo contributo alla mitigazione delle emissioni nazionali. Anche nel 2011 gli assorbimenti superano notevolmente le emis-sioni, rappresentando il 18% dei sink totali di carbonio dell’Ue-15. Rispetto al 1 http://www.isprambiente.gov.it/it

Figura 1 - Evoluzione delle emissioni agricole per fonte emissiva (Mt CO2eq).

Fonte: elaborazioni

su dati

ISPRA 2013

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EMISSIONI DI GAS SERRA DEGLI ALLEVAMENTI ITALIANI: QUALI SCENARI? EMISSIONI DI GAS SERRA DEGLI ALLEVAMENTI ITALIANI: QUALI SCENARI?

1990, tale contributo è aumentato del 152%, soprattutto per l’incremento della superficie forestale, cresciuta anche su aree marginali e terre non più coltivate e per l’aumento del contributo delle superfici a prati e pascoli. Solo una parte di questi assorbimenti, sotto determinate condizioni, può essere conteggiata per il raggiungimento degli obiettivi di riduzione del Protocollo di Kyoto.

Figura 2 - Evoluzione emissioni e assorbimenti di gas serra del settore LULUCF per fonte emissiva (Mt CO2eq).

Fonte: elaborazioni

su dati

ISPRA 2013

Analisi impronta carbonica

e opzioni di mitigazione

2

I principali gas serra emessi dalle produzioni agricole sono:

1. metano (CH4), che deriva dai processi di fermentazione enterica e dai

processi di trasformazione (in particolare anaerobica) che avvengono nelle deiezioni,

2. protossido di azoto (N2O) che deriva da processi di

nitrificazione-de-nitrificazione che avvengono nel suolo e dai sistemi di gestione delle deiezioni;

3. anidride carbonica (CO2) che deriva dai processi di combustione.

Il protossido di azoto è un gas serra 298 volte più potente della CO2, il metano 25 volte, pertanto sono questi i fattori di moltiplicazione utilizzati per convertire le emissioni di N2O e di CH4 in corrispondenti unità di CO2 -equi-valente (CO2-eq), che è l’unità di misura per esprimere l’impronta del carbo-nio.

Con impronta del carbonio si intende la somma di tutte le emissioni di gas serra associate a un prodotto in tutto il suo ciclo di vita (“dalla culla alla tomba”). Devono quindi essere prese in considerazione le emissioni dovute alla produzione di tutti gli input alla azienda produttrice (ad esempio: man-gimi, fertilizzanti, fitofarmaci e pesticidi, sementi, lettiere, detergenti e sani-ficanti, ma anche animali in ingresso), quelle che avvengono in azienda (per i processi digestivi nel caso dei bovini, per la gestione degli effluenti, per la produzione delle colture, per i consumi energetici e idrici, etc.) e quelle che avvengono a valle dell’azienda nei processi di trasformazione e commercializ-zazione del prodotto.

Lo studio di cui si propongono i risultati principali, è stato finalizzato a quantificare l’impronta carbonica delle principali filiere zootecniche del no-stro paese, ossia:

• bovino da latte per la produzione di latte alimentare

• bovino da latte per la produzione di formaggio Parmigiano-Reggiano;

• bovino da carne (allevamenti da ingrasso);

• suino pesante;

• pollo da carne;

• gallina ovaiola.

Per ciascuna filiera sono state individuate delle “aziende tipo” definendo-ne le principali caratteristiche: localizzaziodefinendo-ne, dimensiodefinendo-ne aziendale, produt-tività, modalità di stabulazione e di gestione degli effluenti, superfici aziendali, rotazioni colturali, quota di autosufficienza nella produzione degli alimenti, etc. 2 I dati contenuti nel presente paragrafo, costituiscono parte dei risultati del progetto di ricerca Scenari

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L’impronta del carbonio si determina facendo riferimento ad una unità di prodotto che deve essere chiaramente specificata. Nel caso analizzato, l’unità di prodotto di riferimento è stata:

• 1 kg di latte per le aziende bovine da latte,

• 1 kg di carne (peso vivo) per le aziende bovine, suinicole e avicole,

• 1 kg di uova intere per le aziende avicole da uova.

Per gli studi sull’impronta carbonica, è necessario anche definire i confini del sistema, cioè bisogna stabilire quale segmento del ciclo produttivo viene incluso nell’analisi. Nello studio effettuato l’analisi si è fermata “al cancello dell’azienda” (cosiddetto approccio “from cradle to farm gate”), escludendo i processi che avvengono a valle dell’azienda agricola, in considerazione del fatto che l’allevatore non ha possibilità di incidere su di essi.

Inoltre, quando l’azienda produce più di un prodotto, occorre ripartire gli impatti tra i diversi prodotti commercializzabili (ad esempio, nel caso della stalla da latte, oltre al latte, esce dall’azienda anche la carne dei vitelli e delle vacche riformate). Questa ripartizione, che viene detta allocazione, può es-sere effettuata secondo diversi criteri. Quello più frequentemente utilizzato (e quello che viene mostrato nei risultati presentati) è il criterio economico, ossia la ripartizione è effettuata in base al valore di mercato dei prodotti in uscita. Possono, tuttavia, essere utilizzati altri criteri, che valorizzano partico-lari qualità del prodotto, ad esempio, in questo studio, oltre alla allocazione economica, sono state alternativamente impiegate la allocazione proteica (in base al contenuto proteico dei prodotti in uscita) e quella energetica (in base al contenuto calorico dei prodotti in uscita).

Lo studio ha permesso di quantificare il complesso delle emissioni di gas serra per ciascuna delle filiere zootecniche analizzate, identificando le fasi a maggiore impatto.

In Tabella 1 vengono sintetizzati i risultati ottenuti.

I risultati mostrano che l’elemento che maggiormente contribuisce a ridurre l’impronta carbonica è la elevata produttività aziendale, un esito fa-cilmente comprensibile dal momento che l’impronta carbonica è rapportata all’unità di prodotto.

Nel caso, ad esempio, delle aziende da latte, quella che produce latte ali-mentare mostra una minore impronta carbonica rispetto a quella per Parmi-giano-Reggiano. Questo risultato può essere imputabile soprattutto alla resa produttiva delle vacche per Parmigiano-Reggiano, tendenzialmente inferiore, anche a causa dei vincoli imposti dai disciplinari di produzione, che prescri-vono il divieto di uso degli insilati, l’utilizzo di una quota di fieni non inferiore al 50% della sostanza secca dei foraggi e un rapporto foraggi/mangimi non inferiore a 1.

Nel caso delle aziende da uova il risultato leggermente maggiore si è ri-scontrato per le ovaiole a terra come conseguenza essenzialmente della mino-re produttività attribuibile a questa modalità di stabulazione: minomino-re produ-zione di uova, maggiore scarto, maggiore mortalità.

Nel caso della filiera carne la maggiore impronta carbonica è associata alla carne bovina, seguita da quella suina e da quella avicola. Sulla produzione della carne bovina incide, in misura rilevante, il contributo delle emissioni enteriche di metano, proprie dei ruminanti.

Per bovini da ingrasso si sono considerate due tipologie aziendali: su let-tiera, con produzione di letame, e su fessurato, con produzione di liquame. Questo in considerazione del fatto che le emissioni di metano sono maggiori nel caso di uno stoccaggio di effluenti liquidi, mentre quelle di protossido di azoto sono maggiori nel caso di effluenti solidi. Anche se con uno scarto minimo, risulta una impronta di carbonio maggiore per la stalla con stabu-lazione su fessurato in quanto le maggiori emissioni di metano del liquame rispetto alla lettiera non sono compensate dalle minori emissioni di N2O.

Per la carne suina sono state analizzate due tipologie aziendali: ciclo chiu-so e ciclo aperto con un’impronta carbonica risultata chiu-sostanzialmente uguale. La carne avicola è quella che presenta la minore IC, grazie all’elevata effi-cienza produttiva di questo tipo di allevamenti.

I maggiori fattori che influenzano l’impronta carbonica differiscono a se-conda delle filiere produttive. Nel caso delle aziende bovine sono le emissioni di metano da fermentazione enterica quelle che pesano in misura prevalente.

Nella figura 3 vengono mostrati, a titolo esemplificativo, i contributi alle emissioni di gas serra per le aziende da latte. Si osserva che, oltre alle emissio-ni enteriche, anche la produzione degli alimenti acquistati dall’azienda incide in misura rilevante sull’impronta carbonica, in modo superiore a quella degli alimenti autoprodotti.

Tabella 1 - Impronta del carbonio (in kg CO2-eq) delle filiere zootecniche (criterio di allocazione economico).

Filiera produttiva Impronta carbonica

Latte alimentare 1,2 kg CO2-eq/kg latte

Latte per Parmigiano-Reggiano 1,3 kg CO2-eq/kg latte

Bovino da carne 18,1-18,7 kg CO2-eq/kg carne (*)

Suino pesante 3,6-3,7 kg CO2-eq/kg carne (*)

Pollo da carne 1,9 kg CO2-eq/kg carne (*)

Galline ovaiole 2,4-2,5 kg CO2-eq/kg uova

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EMISSIONI DI GAS SERRA DEGLI ALLEVAMENTI ITALIANI: QUALI SCENARI? EMISSIONI DI GAS SERRA DEGLI ALLEVAMENTI ITALIANI: QUALI SCENARI?

Nel caso delle aziende suinicole (figura 4) sono gli alimenti extra-azien-dali a dare il maggiore contributo agli impatti, ma per le aziende da ingrasso

un peso rilevante è anche attribuibile ai suinetti che entrano in azienda. ca-vitello, che forniscono animali da ristallo a quelle da ingrasso, è a sua volta molto influenzata dalle emissioni enteriche delle vacche nutrici.

Azioni di mitigazione dell’impronta di carbonio.

Di seguito si riportano alcune opzioni di mitigazione delle emissioni associate alle filiere analizzate, per evidenziare alcuni miglioramenti che si possono apportare alle diverse fasi dei processi produttivi interessati. In gene-rale, l’adozione di tecniche e pratiche più efficienti è la chiave per la riduzione dell’impronta del carbonio delle produzioni agrozootecniche. Una migliore gestione delle condizioni di salute e benessere degli animali, ad esempio, può ridurre le quote improduttive della mandria, il che si ripercuote direttamente sulla riduzione degli impatti, dal momento che questi sono riferiti al prodotto (latte, carne, uova).

Altre azioni di mitigazione riguardano

Aumento delle rese produttive unitarie

La produzione di gas serra aumenta in termini assoluti col crescere del li-vello produttivo, ma poiché l’unità di riferimento è rapportata alla quantità di prodotto, più alta è l’efficienza produttiva, più si riducono gli impatti, poiché i gas prodotti sono distribuiti in una maggior quantità di prodotto.

L’aumento dell’efficienza produttiva può riguardare la riduzione dell’in-dice di conversione degli alimenti, l’aumento degli incrementi ponderali, la riduzione della mortalità e delle patologie. Nel caso delle bovine da latte è an-che importante la diminuzione dell’età del primo concepimento, la riduzione

Figura 3 - Contributi all’impronta carbonica delle aziende da latte (kg CO2-eq/kg latte).

Figura 4 - Contributi all’impronta carbonica delle aziende suinicole (kg CO2-eq/kg carne)

In figura 5 vengono infine mostrati i contributi percentuali delle diverse fasi aziendali all’impronta carbonica delle filiere produttive analizzate.

Come è evidente analizzare, emergono il citato peso delle emissioni en-teriche per le aziende da latte e il contributo molto rilevante degli alimenti extra-aziendali nel caso delle aziende avicole. Il peso rilevante attribuito agli animali in ingresso nel caso delle aziende per bovini da ingrasso è dovuto al fatto che la produzione di vitelli di quasi 400 kg in aziende della linea

vac-Figura 5 - Contributi delle diverse fasi aziendali all’impronta carbonica delle filiere produttive (in % sul totale)

Vacche da latte - Impronta del carbonio

latte alimentare parmigiano reggiano

foraggi aziendali gestione deiezioni

alimenti extra-aziendali

altre emissioni stalla emissioni enteriche

Kg C O2 - e q/kg . l at te 1,41,2 1,0 0,8 0,6 0,4 0,2 0,0

Suini da ingrasso - Impronta del carbonio

ciclo aperto ciclo chiuso

foraggi aziendali gestione deiezioni

alimenti extra-aziendali altre emissioni stalla

emissioni enteriche animali in ingresso Kg C O2 - e q / kg c ar ne 4,0 3,0 2,0 1,0 0,0 foraggi aziendali

gestione deiezioni altre emissioni stallaalimenti extra-aziendali

emissioni enteriche animali in ingresso

vacche latte bovini ingrasso suini ovaiole polli carne 90% 80% 70% 60% 50% 40% 30% 20% 10% 0%

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dell’intervallo parto-concepimento, l’allungamento della carriera produttiva delle vacche.

Riduzione delle emissioni enteriche (ruminanti)

Per ridurre le emissioni enteriche di metano è possibile intervenire sia con strategie alimentari che attraverso la selezione genetica di animali fisio-logicamente predisposti a produrre meno metano . Per ridurre la produzione di metano a livello ruminale si interviene con la riduzione della fibra diete-tica e con l’aumento del rapporto concentrati/foraggi e/o utilizzando alcuni particolari alimenti quali: grassi, oli essenziali, acidi organici e probiotici. È da tenere presente che, nell’alimentazione dei ruminanti, l’utilizzo dei foraggi risulta essenziale; per questo è auspicabile un miglioramento della digeribili-tà della fibra con aumento dell’efficienza metabolica della proteina digerita. Bisogna anche considerare i vincoli all’uso di alcuni additivi, così come alle quantità minime di foraggi, nelle aree produttive regolate da specifici discipli-nari di produzione, come quella del formaggio Parmigiano-Reggiano.

Riduzione dell’apporto proteico della razione

Il livello proteico della dieta fornita agli animali da reddito è proporzio-nale alla escrezione di composti azotati con le deiezioni, soprattutto nelle urine. Per questo interventi di miglioramento dell’efficienza metabolica della proteina dietetica (riduzione della quantità di proteina ingerita, miglioramen-to del suo valore biologico, aumenmiglioramen-to delle sintesi proteiche endogene per i ruminanti) possono avere un effetto di riduzione importante dell’azoto escre-to. Questa tipologia di intervento ha una grande potenzialità di mitigazione della emissione perché si ottiene una riduzione di azoto all’inizio della catena emissiva. Si sottrae azoto in input e quindi non si rischia di trasferire l’inqui-namento da una fase a quella che segue, effetto che è invece possibile quando si interviene solo su una delle fasi successive.

Gestione delle deiezioni

Una riduzione delle emissioni ammoniacali, che sono fonte indiretta del-le emissioni di N2O, è ottenibile da diete a basso tenore proteico, dalla rimo-zione rapida degli effluenti nei ricoveri, dalla copertura degli stoccaggi dei liquami, dall’interramento rapido degli effluenti a uso agronomico, dall’au-mento dell’efficienza della concimazione organica.

Particolare attenzione va prestata al fatto che gli interventi di mitigazione delle emissioni possono avere a volte effetti opposti: per esempio la gestione degli effluenti sotto forma di liquame riduce le emissioni di N2O, ma aumenta quelle di CH4, il contrario avviene con il letame.

Ottimizzazione delle fertilizzazioni

La fertilizzazioni azotata utilizzando le deiezioni animali può essere otti-mizzata, o quantomeno migliorata, attraverso: la scelta delle epoche di som-ministrazione; l’uso delle dosi migliori per le colture; il ricorso a tecnologie di precisione nei dosaggi e nei posizionamenti (agricoltura di precisione). Con questi accorgimenti si ottiene un aumento dell’efficienza dell’azoto zootecnico ai fini della concimazione e una riduzione anche importante delle emissioni di NH3 e N2O e del rilascio dei nitrati nelle acque superficiali e di falda. Altro vantaggio indiretto è rappresentato dal risparmio dei fertilizzanti di sintesi, con azzeramento delle emissioni di CO2 dovute alla loro produzione e distri-buzione.

Produzione e risparmio di energia

La digestione anaerobica degli effluenti per la produzione di biogas è una tecnica ad elevata potenzialità di mitigazione delle emissioni di gas serra degli allevamenti, in quanto da un lato riduce le emissioni di metano dalla fase di stoccaggio degli effluenti (soprattutto se anche la vasca del digestato residuale è coperta) e dall’altro produce energia elettrica che sostituisce quella di fonte fossile, evitandone la produzione e le relative emissioni di CO2.

Anche tutti gli interventi di risparmio energetico e di aumento della effi-cienza energetica di macchine ed edifici, oltre alla installazione di impianti di produzione energetica da fonte rinnovabile (biomasse e solare), sono misure in grado di ridurre l’impronta carbonica delle produzioni agricole, anche se, in genere, i consumi energetici non sono la voce che ha maggiore peso sulle emissioni complessive di gas serra della azienda agricola.

Sequestro del Carbonio

La sostanza organica del suolo è una fondamentale riserva di carbonio che può essere incrementata o ridotta con conseguenti effetti di cattura o di rilascio di CO2. Tutte quelle pratiche agricole che tendono alla conservazione della fertilità del suolo, aumentandone il contenuto di sostanza organica, sono quindi in grado di sequestrare carbonio atmosferico e ridurre le emissioni di CO2.

Gli interventi possono riferirsi sia alle rotazioni colturali sia alle lavora-zioni. Ad esempio, evitare di lasciare il terreno nudo, inserendo colture in-tercalari fra due colture arative, introdurre una maggiore quota di colture da foraggio, inserire le leguminose nella rotazione, trinciare e interrare i residui colturali, sono tutte azioni che consentono di aumentare l’apporto di sostanza organica al suolo e ridurre i rischi di erosione. Le leguminose sono anche utili per ridurre la richiesta di fertilizzanti azotati e le relative emissioni.

La conservazione della struttura e della sostanza organica del suolo agri-colo può essere favorita dalla adozione di pratiche che sostituiscono l’aratura

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profonda con lavorazioni ridotte (aratura poco profonda, lavorazioni superfi-ciali, semina su sodo).

La conversione da colture arative a colture permanenti, infine, riduce la decomposizione della sostanza organica e l’erosione aumentando le riserve di carbonio nel suolo.

In conclusione le misure più efficaci e più immediatamente applicabili sono quelle che comportano una riduzione degli input, quali le diete a bas-so tenore proteico, la riduzione della quota di alimenti extra-aziendali, l’ot-timizzazione delle fertilizzazioni attraverso l’aumento dell’efficienza nell’uso dell’azoto degli effluenti (che consente la riduzione dell’uso dei fertilizzanti di sintesi), gli interventi di risparmio energetico e di combustibili.

Va ricordato che la maggior parte degli interventi di mitigazione si tradu-ce in un uso più efficiente delle risorse lungo tutta la filiera produttiva, il che non può che avere una ricaduta positiva per l’allevatore anche in termini di riduzione dei costi di produzione.

EMISSIONI DI GAS SERRA DEGLI ALLEVAMENTI ITALIANI: QUALI SCENARI? EMISSIONI DI GAS SERRA DEGLI ALLEVAMENTI ITALIANI: QUALI SCENARI?

Certificazione impronta carbonica

L’obiettivo dell’Unione Europea di diminuzione sostanziale delle emissio-ni al 2050, si può raggiungere se si crea un sistema di produzione e consumo a basse emissioni di CO2 e se aumenta la domanda di prodotti o servizi a basso impatto ambientale.

A tal riguardo l’Europa ha sviluppato una politica integrata di prodotto (COM (2003)302) che, partendo dall’analisi di ciclo di vita di prodotto in base alla metodologia LCA (Life Cycle Assessment), punta a migliorare le infor-mazioni sulle prestazioni ambientali di un prodotto e di un’organizzazione. Questo approccio risulta utile per indirizzare le aziende verso una produzione di beni e servizi ad alte prestazioni ambientali, incentivandole ad individuare le fasi più emissive del processo produttivo e ad intervenire su di esse.

Un’azienda in generale, può seguire due approcci diversi se vuole certifi-care le emissioni della propria attività:

• Certificare l’emissione di CO2 del prodotto (calcolare e ridurre le

emissioni di CO2 del prodotto)

• Certificare l’azienda agricola per tutte le sue emissioni di CO2 e i

metodi di gestione e riduzione delle stesse (calcolare e ridurre e gestire le emissioni di tutta l’azienda, prodotti compresi).

Certificazione delle emissioni di gas serra di un prodotto

Il metodo per valutare quanto un prodotto o un servizio contribuisca all’effetto serra è l’impronta carbonica (IC. In inglese Carbon Footprint) che è la somma di tutte le emissioni di gas serra associate a un prodotto in tutto il suo ciclo di vita. Per calcolare l’IC si ricorre quindi all’utilizzo della metodo-logia c.d. LCA che analizza l’intero ciclo di vita del prodotto (dalla culla alla tomba).

Come accennato l’agricoltura emette diversi tipi di gas serra (N2O e di CH4) che sono molto più “potenti” della CO2. Evidentemente ciò fa sì che, traducendo le emissioni in CO2eq, anche a piccole emissioni agricole di gas serra corrisponda un elevato contributo in termini di riscaldamento globale.

Il metodo di calcolo della Carbon Footprint di un prodotto o servizio si basa sulle specifiche e i contenuti di due norme: la norma PAS 2050:2008 e la ISO 14067.

La PAS 2050. permette di misurare l’impatto ambientale delle attività, dei prodotti e dei servizi delle aziende misurando le emissioni di gas serra per il loro ciclo vitale.

A maggio 2013, con la pubblicazione della ISO 14067, la PAS 2050 è dive-nuta un documento propedeutico alla nuova norma.

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Lo standard ISO 14067 definisce i principi, i requisiti e le linee guida per la quantificazione e la comunicazione dell’impronta carbonica di prodotto. Per quanto riguarda la quantificazione delle emissioni segue gli standard in-ternazionali di riferimento applicati negli studi LCA (ISO 14040 e ISO 14044) mentre per quanto riguarda la comunicazione si basa sugli standard ISO 14020-14024 e 14025 inerenti ad etichette e dichiarazioni ambientali

La ISO 14067 si occupa della sola categoria di impatto “cambiamento cli-matico”, e non tratta la compensazione delle emissioni. Certificazione dell’e-missione di CO2 dell’azienda agricola e la loro gestione

Se un’azienda agricola non volesse limitarsi al calcolo dell’impronta di carbonio del suo prodotto, ma sviluppare programmi volti alla riduzione delle emissioni di gas serra, dovrebbe affidarsi alle norme ISO 14064.

La norma permette di misurare la CO2eq associata ad un’azienda e pro-gettare e gestire la riduzione delle emissioni. Inoltre fornisce i requisiti e i principi per l’operato di quegli organismi che svolgono attività di verifica e validazione dei dati dichiarati.

La standardizzazione degli approcci per la contabilità e la verifica dei dati delle emissioni dovrebbe assicurare che, per esempio, una tonnellata di CO2 sia sempre la stessa, ovunque si trovi.

La norma è suddivisa in tre parti che possono essere utilizzate separata-mente o come un utile insieme di strumenti integrati per rispondere ai diffe-renti bisogni in materia di dichiarazioni e verifiche delle emissioni dei gas ad effetto serra:

• UNI ISO 14064 - 1. Dettaglia i principi ed i requisiti per progettare, sviluppare, gestire e rendicontare le numerose fonti di emissione di CO2 a li-vello di un’organizzazione. Quantifica le emissioni e le rimozioni dei gas serra prodotti dall’azienda agricola, identificando tutte le attività che sono volte a migliorare la gestione ambientale delle sue emissioni. Essendo una norma di sistema, ovvero che descrive come un’azienda agricola si struttura per la di-minuzione della sua produzione di CO2, la norma dà anche le specifiche per la rendicontazione ambientale delle emissioni, gli audit interni e le responsa-bilità dell’organizzazione nelle attività di verifica.

• UNI ISO 14064 - 2. Riguarda le specifiche azioni sviluppate apposita-mente per ridurre le emissioni di CO2 o aumentarne la rimozione, attraverso misure compensative quali gli interventi nelle fonti rinnovabili o il sequestro di carbonio, tipica attività che l’azienda agricola attua naturalmente coltivan-do. Essendo una norma di sistema stabilisce anche i principi e requisiti per il monitoraggio, la quantificazione e la rendicontazione delle prestazioni delle azioni.

• UNI ISO 14064 - 3. È una norma che stabilisce il processo di validazio-ne o verifica delle prime due parti della UNI ISO 14064 e può essere utilizzata

da organizzazioni o da terze parti indipendenti per validare o verificare la rendicontazione e le dichiarazioni sulle emissioni.

I benefici associati a questi schemi di certificazione sono molteplici, tut-tavia, essi hanno anche dei limiti, sia dal punto di vista del produttore, che del consumatore. La tabella seguente ne sintetizza alcuni.

Benefici certificazione/etichettatura Carbon Footprint

• Sensibilizzazione di industrie e consumatori

• Integrazione del calcolo delle emissioni nelle procedure aziendali

• Miglioramenti di efficienza energetica e nell’utilizzo delle risorse

• Rafforzamento delle relazioni di filiera

• Branding, differenziazione del prodotto e segmentazione del mercato

• Stimolo a cambiamenti nei comportamenti dei consumatori

Problematiche etichettatura CF

• Occorre un consumatore informato e interessato. “Per termini come la CO2 il consumatore non sempre è pronto, né esperto. In tutto il set-tore food si sta ragionando su come procedere e si fa particolarmente fatica a capire quali possono essere le indicazioni più corrette per es-sere sicuri che il consumatore capisca.” (Fonte: da interviste progetto SCCAI)

• Indicatore mono-criterio. Non coglie tutti gli impatti della produzione (ma solo le emissioni) e pertanto rischia di penalizzare alcuni prodotti che hanno molte emissioni per unità di prodotto, ma hanno minori impatti ambientali di altro tipo (ad esempio le produzioni meno in-tensive, come il biologico)

• Non (sempre) considera i sink di carbonio (stoccaggio di carbonio nei suoli e nelle biomasse) che rappresentano un importante elemento positivo delle produzioni agricole rispetto ad altri settori.

• Difficile confronto tra prodotti diversi. Si possono usare diversi ap-procci metodologici (diversi confini di analisi, data base, diversi mix energetici nazionali, ecc) che rendono impossibile confrontare pro-dotti simili, che sono certificati con metodologie diverse.

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EMISSIONI DI GAS SERRA DEGLI ALLEVAMENTI ITALIANI: QUALI SCENARI? EMISSIONI DI GAS SERRA DEGLI ALLEVAMENTI ITALIANI: QUALI SCENARI?

• Unità di riferimento per il calcolo della CF conta molto. Generalmente alle produzioni animali è associata un’elevata IC, ma se si calcola l’IC in riferimento a unità funzionali diverse si ottengono risultati molto diversi (cfr. parte precedente).

La politica di sviluppo rurale

Tra le modalità di finanziamento per favorire la transizione verso un’eco-nomia a bassa intensità di carbonio per l’agricoltura e la silvicoltura, la Politica Agricola Comune (PAC) ha un ruolo centrale. Stabilendo un opportuno siste-ma di incentivi, la PAC si confersiste-ma come lo strumento principale attraverso il quale convogliare, a livello nazionale, le politiche di mitigazione e di adatta-mento comunitarie per il settore agricolo.

Il tema “clima” non è certo una novità nella PAC, ciò che cambia, con la nuova programmazione 2014-2020, è la rilevanza sostanziale data alla temati-ca, sia in termini di obiettivi, che di strumenti messi a disposizione, nel futuro primo pilatro delle PAC, con il greening dei pagamenti diretti, e con la nuova proposta di politica di sviluppo rurale.

In particolare, essi istituiscono opportune misure per assistere gli agricol-tori ad affrontare i rischi derivanti dalle mutate condizioni in cui si trovano ad operare, aiutandoli da una parte ad intraprendere azioni mirate all’adattamen-to, dall’altra ad incentivare misure volte alla mitigazione.

La mitigazione delle emissioni di gas serra delle attività agroforestali può consistere sia nel limitare le emissioni, sia nel salvaguardare i depositi (sink) di carbonio e potenziare il sequestro del carbonio in relazione all’uso del suo-lo, nel cambiamento della destinazione d’uso del suolo e nella silvicoltura.

Il Fondo europeo agricolo per lo sviluppo rurale (FEASR) prevede uno stanziamento di 10,5 miliardi di euro per l’Italia ed inserisce diverse misure volte ad incentivare gli investimenti destinati al miglioramento delle presta-zioni e della sostenibilità delle aziende agricole, a prevenire o ripristinare i danni causati da avversità atmosferiche, a sviluppare aree forestali.

In particolare, nella programmazione 2014-2020, almeno il 30% del con-tributo totale a ciascun PSR deve essere speso per determinate misure di ge-stione delle terre e per la lotta contro i cambiamenti climatici.

La base per garantire il sostegno del FEASR alle zone rurali dell’UE, sarà data dalle priorità dei PSR. Nella tabella 2 si riportano le priorità tematiche più strettamente correlate all’azione per il clima, con le relative aree di inter-vento (c.d. focus area), gli articoli di particolare rilevanza per quelle priorità e quelli per così dire “trasversali” (Regolamento (UE) n. 1305/2013 del Parla-mento e del Consiglio).

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Tabella 2 . Le priorità “climatiche”, le focus area Tabella 3. Articoli di particolare rilevanza per le priorità 4 e 5

21 Investimenti nello sviluppo delle aree forestali e nel miglioramento della redditività delle foreste

22 Forestazione e imboschimento 23 Allestimento di sistemi agroforestali

25 Investimenti diretti ad accrescere la resilienza e il pregio ambientale degli ecosistemi forestali

28 Pagamenti agro-climatico-ambientali 29 Agricoltura biologica

30 Indennità Natura 2000 e indennità connesse alla direttiva quadro sulle acque 34 Servizi silvo-climatico-ambientali e salvaguardia delle foreste

ARTICOLI “TRASVERSALI”

15 Servizi di consulenza, di sostituzione e di assistenza alla gestione di aziende agricole

17 Investimenti in immobilizzazioni materiali 19 Sviluppo delle aziende agricole e delle imprese 35 Cooperazione

37 Assicurazione del raccolto, degli animali e delle piante

38 Fondi di mutualizzazione per le avversità atmosferiche, per le epizoozie e le fitopatie, per le infestazioni parassitarie e per le emergenze ambientali 41 Leader

Tutte le sei priorità dello sviluppo rurale, inoltre, devono concorrere alla realizzazione degli obiettivi trasversali, tra cui l’azione per il clima (insieme all’innovazione e all’ambiente).

In particolare, per quanto riguarda l’azione per il clima, sono previsti spe-cifici pagamenti agro-climatico-ambientali agli agricoltori che si impegnano volontariamente (per almeno 5 anni) a realizzare interventi consistenti in uno o più impegni agro-climatico-ambientali su terreni agricoli determinati dagli Stati membri.

Scopo principale dei pagamenti agro-climatico-ambientali è: “l’introdu-zione o il mantenimento di pratiche agricole che contribuiscano a mitigare i cambiamenti climatici o che favoriscano l’adattamento ad essi e che siano compatibili con la tutela e con il miglioramento dell’ambiente, del paesaggio e delle sue caratteristiche, delle risorse naturali, del suolo e della diversità ge-netica.”.

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EMISSIONI DI GAS SERRA DEGLI ALLEVAMENTI ITALIANI: QUALI SCENARI? EMISSIONI DI GAS SERRA DEGLI ALLEVAMENTI ITALIANI: QUALI SCENARI?

nella mitigazione dei cambiamenti climatici:

• agricoltura conservativa: l’apporto di carbonio organico sotto forma di residui colturali consente di ridurre il tasso di mineralizzazione della sostanza organica e quindi le perdite in ragione della riduzione dell’arieggiamento del terreno dovuto alla non effettuazione dell’aratura;

• conversione dei terreni da seminativi a prati pascoli o pascoli, insieme allo sviluppo dell’agro-forestazione, rappresentano due importanti opportu-nità in termini di incremento di sostanza organica attraverso l’apporto di bio-massa e la riduzione del tasso di mineralizzazione;

• attività rivolte alla conservazione di aree ad elevata biodiversità come siepi, boschetti, alberi in filari, fasce tampone, che favoriscono il sequestro della CO2 atmosferica nel suolo, oltre a mitigare gli effetti degli inquinanti e ridurre i fenomeni erosivi.

• Diminuzione delle emissioni di metano e protossido di azoto dagli alle-vamenti e coltivazioni

• Risparmio energetico e produzione di energie rinnovabili

Nell’ambito della mitigazione dei cambiamenti climatici e dell’adattamen-to ad essi, gli Stati membri possono inoltre inserire nei PSR dei sotdell’adattamen-toprogram- sottoprogram-mi tematici, che rispondano a specifiche esigenze, per i quali le aliquote di sostegno possono essere maggiorate del 10%.

Infine, anche nel caso dell’azione per il clima in agricoltura, sarà molto importante il ruolo dell’innovazione, perché alcune misure di mitigazione dovranno essere necessariamente innovative, ma anche e soprattutto della diffusione dell’innovazione e dell’assistenza tecnica alle imprese agricole, che consentiranno di tradurre sul territorio le innovazioni apportate, ma anche di aiutare nell’adozione di tecniche e nell’indirizzo delle attività, coerentemente col mutato contesto climatico.

Approcci collettivi alle misure dello sviluppo rurale

Il nuovo impianto della politica di sviluppo rurale (reg. UE n. 1305/2013), prevede alcune misure per favorire l’aggregazione tra sog-getti operanti nel settore agroalimentare e forestale, in virtù del fatto che le sinergie risultanti da impegni assunti in comune da un’associazione di agricoltori moltiplicano i benefici ambientali e climatici, nonché i benefici “informativi” in termini di diffusione di conoscenze e di creazione di reci-procità e fiducia necessarie per lo sviluppo di strategie locali.

Un’interessante opportunità è rappresentata ad esempio dall’approc-cio collettivo alle misure agro-climatico-ambientali, per cui gli agricoltori possono accedere sia singolarmente, che associati, ai fondi messi per le misure agro-climatico ambientali (nonché per il biologico, le indennità Natura 2000, ecc), per realizzare azioni congiunte per la mitigazione dei cambiamenti climatici e l’adattamento ad essi.

Oltre all’aggregazione tra attori, è importante poter prevedere il ricor-so all’aggregazione tra misure (strutturando dei pacchetti di misure, per raggiungere un obiettivo produttivo e/o ambientale) che traducano i pro-getti in azioni coordinate, molto importanti quando si parla di azione per il clima, in cui il ruolo delle sinergie è fondamentale e occorre evitare che le azioni di mitigazione e di adattamento si contrastino a vicenda.

La cooperazione è inoltre favorita dall’articolo 35 del regolamento, che ha un campo di applicazione più esteso della passata programmazione e mira a incentivare i rapporti di cooperazione tra due o più soggetti, tra cui: operatori della filiera agroalimentare e del settore forestale; soggetti che contribuiscono alla realizzazione degli obiettivi e delle priorità dello sviluppo rurale; nuove reti e strutture a grappolo (cluster) e dei gruppi operativi PEI (partenariato europeo per l’innovazione) in materia di pro-duttività e sostenibilità dell’agricoltura. Tra gli elementi di costo finan-ziabili figurano: studi territoriali, studi di fattibilità, piani aziendali, piani di gestione forestale, elaborazione di strategie di sviluppo locale, azioni congiunte per la mitigazione dei cambiamenti climatici e l’adattamento ad essi e gli approcci collettivi ai progetti e alle pratiche ambientali.

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Riferimenti bibliografici

Consiglio Europeo, 2013, Regolamento (UE) n. 1305/2013 del Parlamen-to europeo e del Consiglio del 17 dicembre 2013 sul sostegno allo sviluppo rurale da parte del Fondo europeo agricolo per lo sviluppo rurale (FEASR) e che abroga il regolamento (CE) n. 1698/2005 del Consiglio - Pubblicato in Gazzetta Ufficiale n. L 347 del 20 dicembre 2013.

ISPRA (2013) Italian Greenhouse Gas Inventory 1990-2011. National In-ventory Report 2013. Institute for Environmental Protection and Research - ISPRA, Report 113/2010, Rome.

Coderoni S. (2013), Agricoltura e cambiamenti climatici: dalle politiche comunitarie ai Psr, AGRIREGIONIEUROPA, n.35, Dicembre 2013, Associa-zione Alessandro Bartola, Ancona, ISSN: 1828-5880.

Coderoni S. (2013), “Emissioni e sink di anidride carbonica del settore agro-forestale”, in Pesce A. (a cura di) Rapporto sullo Stato dell’Agricoltura 2013, Collana: Pubblicazioni congiunturali e ricerche macroeconomiche, INEA, Rome.

Marandola D., Coderoni S., (2013), Uso sostenibile del suolo. Priorità nelle nuove politiche UE, l’Informatore Agrario, n.4/2013.

Coderoni S. (2011) cap. 3.1 “Cambiamenti climatici e agricoltura”, in “Agricoltura, ambiente e società”, Quaderno dell’Annuario dell’Agricoltura Italiana, INEA, Supplemento al n. 28 di Agrisole del 15 luglio 2011, Stampa Tipolito, S.r.l., Bologna.

Mipaaf (2012), “Libro bianco. Sfide ed opportunità dello sviluppo rurale per la mitigazione e l’adattamento ai cambiamenti climatici”. Rete Rurale Na-zionale, ISBN 978-88-96095-11-9; Imago Editrice S.r.l. (http://www.reterura-le.it/flex/cm/pages/ServeBLOB.php/L/IT/IDPagina/5799 )

Pignedoli S., Valli L., Menghi A., 2012, “Innova latte 2030” svela l’impron-ta di carbonio. Agricoltura. Mensile della Regione Emilia-Romagna. Periodi-co dell’assessorato agriPeriodi-coltura, ePeriodi-conomia ittica, attività faunistiPeriodi-co-venatoria. n° 6/2012. Editoriale Idea Srl, Roma. http://www.crpa.it/media/documents/ crpa_www/Settori/Ambiente/Download/Archivio-2012/AgRER_6_2012_ p65.pdf

Valli L., Pignedoli S., Pacchioli M.T., 2013, Emissioni in atmosfera. L’im-pronta che non si vede. Conoscere per Competere. N. 10, marzo 2013. Agen-zia territoriale per la sostenibilità alimentare, agro-ambientale ed energetica. Progetto realizzato da Centro Ricerche Produzioni Animali - CRPA SpA con il finanziamento del Programma di Sviluppo Rurale dell’Emilia-Romagna 2007-2013, Misura 111 Azione 2 “Azioni trasversali di supporto al sistema della conoscenza”. http://www.crpa.it/media/documents/crpa_www/Pubbli-cazi/conoscer&competere/_conoscerexcompeter_n10.pdf

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EMISSIONI DI GAS SERRA DEGLI ALLEVAMENTI ITALIANI: QUALI SCENARI?

Glossario

Adattamento: è l’adeguamento dei sistemi naturali o umani in risposta agli stimoli climatici attuali o attesi o ai loro effetti, che permette di ridurre i danni o sfruttare le vantaggiose opportunità.

Cambiamenti climatici: sono un cambiamento del clima che sia attri-buibile direttamente o indirettamente ad attività umane, che alterino la com-posizione dell’atmosfera planetaria e che si sommino alla naturale variabilità climatica osservata su intervalli di tempo analoghi.

Carbon footprint (impronta carbonica, IC): una misura che esprime in

CO2 equivalente il totale delle emissioni di gas ad effetto serra associate di-rettamente o indidi-rettamente ad un prodotto, un’organizzazione o un servizio.

DG Clima (The Directorate-General for Climate Action): è la Direzione

Generale per le azioni per il clima istituita nel febbraio 2010, essendo inclusa precedentemente nel mandato del DG Ambiente della Commissione europea. Essa conduce i negoziati internazionali sul clima, aiuta l’UE ad affrontare le conseguenze del cambiamento climatico e a raggiungere gli obiettivi prefis-sati per il 2020, oltre a sviluppare e implementare il sistema di scambio di emissioni dell’UE.

ETS (Emission Tradyng System): è un sistema istituito in base alla

Diret-tiva 2003/87/CE, come misura di mitigazione, che comporta la definizione di un limite massimo alle emissioni di gas serra dagli impianti industriali che ricadono nel campo di applicazione della direttiva. I permessi di emissione ammissibili vengono assegnati a ciascun impianto attraverso il Piano Nazio-nale di Allocazione. Ogni permesso attribuisce il diritto a emettere una ton-nellata di CO2 in atmosfera nel corso dell’anno di riferimento. I permessi di emissione di CO2 allocati, ma non utilizzati, possono essere scambiati tra i diversi operatori del mercato europeo.

FEASR (Fondo Europeo Agricolo per lo Sviluppo Regionale), istituito dal

regolamento (CE) n. 1290/2005, mira a rafforzare la politica di sviluppo rurale

Vi pa vlen ko ff / S hu tter sto ck.co m

Sitografia

http://www.crpa.it www.inea.it http://www.isprambiente.gov.it/it http://www.pianetapsr.it http://www.ipcc.ch/index.htm http://unfccc.int/2860.php

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dell’Unione e a semplificarne l’attuazione. Migliora in particolare la gestione e il controllo della politica di sviluppo rurale, definendone gli obbiettivi e il quadro in cui essa si inserisce.

Gas serra: sono i componenti gassosi dell’atmosfera, di origine naturale o antropica, che assorbono e rimettono raggi infrarossi. I principali gas serra sono: il vapore acqueo (H2O) il biossido di azoto o anidride carbonica (CO2), il metano (CH4), l’ossido nitroso (N2O) e l’azoto (O2). I gas CO2, CH4 e N2O possono aumentare nella percentuale di concentrazione in atmosfera a causa delle attività umane (gas serra naturali di origine antropica). Ad essi di ag-giungono i gas serra esclusivamente di origine antropica gli idrofluorocarburi (HFC), l’esafluoro di zolfo (SF6) e i perfluorocarburi (PFC). Sia i gas serra na-turali di origine antropica che quelli esclusivamente di origine antropica sono annoverati e regolamentati all’interno del protocollo di Kyoto.

IPCC (Intergovernmental Panel on Climate Change): è un organismo

in-ternazionale che compie delle valutazioni sui cambiamenti climatici. Esso è stato istituito nel 1988 dalla World Meteorological Organization (WMO) e dallo United Nations Environment Programme (UNEP) con lo scopo di for-nire al mondo una chiara visione sullo stato della conoscenza scientifica in materia di cambiamenti climatici e sui relativi e potenziali impatti ambientali e socioeconomici. Esamina e valuta le più recenti informazioni scientifiche, tecniche e socio-economiche prodotte in tutto il mondo rilevanti per la com-prensione dei cambiamenti climatici. Esso non conduce alcuna ricerca né mo-nitora dati o parametri inerenti al clima.

ISO (International Organization for Standardization): è una federazione non governativa composta dai membri degli organismi nazionali di standar-dizzazione . Fondata nel 1947 si è impegnata nel corso degli anni ad elaborare i criteri standard (norme internazionali) che riguardano la sicurezza alimen-tare, i computer, l’agricoltura e la sanità.

LCA (Life Cycle Analisys): è un metodo oggettivo di valutazione e

quan-tificazione dei carichi energetici ed ambientali e degli impatti potenziali asso-ciati ad un prodotto/processo/attività lungo l’intero ciclo di vita, dall’acquisi-zione delle materie prime al fine vita (“dalla Culla alla Tomba”).

LULUCF (Land use, land use change and forestry): è il settore per la stima degli assorbimenti e delle emissioni di gas serra derivanti da uso delle terre, cambiamento di uso delle terre e selvicoltura previsto dall’Inventario nazio-nale delle emissioni di gas serra.

Mitigazione: è qualsiasi intervento umano che riduca le fonti di rilascio o rafforzi e potenzi le fonti di assorbimento dei gas serra.

PAC (Politica Agricola Comune): è una delle principali politiche dell’UE.

Rappresenta l’insieme delle regole che l’Unione europea, fin dalla sua nasci-ta, ha inteso darsi riconoscendo la centralità del comparto agricolo per uno sviluppo equo e stabile dei Paesi membri. Essa persegue i seguenti obiettivi:

incrementare la produttività dell’agricoltura; assicurare un tenore di vita equo alla popolazione agricola; stabilizzare i mercati; garantire la sicurezza degli approvvigionamenti; assicurare prezzi ragionevoli ai consumatori.

Protocollo di Kyoto: è uno dei più importanti strumenti giuridici inter-nazionali volti a combattere i cambiamenti climatici, che fa seguito alla Con-venzione quadro delle Nazioni Unite sui cambiamenti climatici. Esso contie-ne gli impegni dei Paesi industrializzati a ridurre le emissioni di alcuni gas a effetto serra, responsabili del riscaldamento del Pianeta.

PSR (Programma di Sviluppo Rurale): è il principale strumento di pro-grammazione e di finanziamento utilizzato dagli Stati membri per attuare gli interventi nel settore agricolo e forestale e la politica di sviluppo rurale nell’UE all’interno dei territori regionali. Le priorità strategiche inglobate nei PSR vengono individuate nel Piano Strategico nazionale (Psn) e negli orienta-menti Strategici Comunitari (Osc).

Sink di carbonio (carbon sink): sono i serbatoi di carbonio e le condizioni

che assorbono e sequestrano più carbonio rispetto a quanto ne rilasciano. I serbatoi di carbonio possono essere utili nel compensare parzialmente le emissioni di gas serra. Le foreste e gli oceani sono considerati dei grandi ser-batoi di carbonio.

UNFCCC (United Nations Framework Convention on Climate Change): è

la Convenzione Quadro delle Nazione Unite sui cambiamenti climatici. Essa è stata adottata al Summit di Rio de Janeiro del 1992 ed è entrata in vigore il 21 marzo 1994 a seguito della ratifica di quasi tutti gli Paesi delle Nazioni Unite, compresi gli Stati Uniti. L’obiettivo principale della Convenzione consiste nel raggiungimento della stabilizzazione delle concentrazioni di gas serra ad un livello tale da prevenire pericolose interferenze antropiche con il sistema cli-matico tramite l’attuazione di misure di mitigazione e di adattamento.

UNI (Ente Nazionale Italiano di Unificazione): è un’associazione privata

senza scopo di lucro fondata nel 1921 e riconosciuta dallo Stato e dall’Unione Europea che studia, elabora, approva e pubblica le norme tecniche volontarie, le cosiddette “norme UNI”, in tutti i settori industriali, commerciali e del ter-ziario. UNI rappresenta l’Italia presso le organizzazioni di normazione euro-pea (CEN) dal marzo 1961 e mondiale (ISO) dal febbraio 1947.

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A cura di Silvia Coderoni e Luca Sonaglia

Autori Silvia Coderoni, Laura Valli, Stefano Pignedoli, Luigi Tozzi, Alessandro Pantano, Adele Vinci.

Progetto Scenari di cambiamenti climatici per gli allevamenti italiani.

Finanziato dal Ministero delle Politiche Agricole Alimentari e Forestali con decreto n° 21068 del 24 Settembre 2010

Figura

Figura 1 - Evoluzione delle emissioni agricole per fonte emissiva (Mt CO 2 eq).
Figura 2 - Evoluzione emissioni e assorbimenti di gas serra del settore LULUCF per fonte emissiva (Mt CO 2 eq).
Tabella 1 - Impronta del carbonio (in kg CO 2 -eq) delle filiere zootecniche (criterio di allocazione economico).
Figura 5 - Contributi delle diverse fasi aziendali all’impronta carbonica delle filiere produttive (in % sul totale)
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