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Questa sono io!: sviluppo del concetto di sé alla scuola dell'infanzia attraverso un percorso sull'autoritratto

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Academic year: 2021

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CLARISSA LANZETTI

BACHELOR OF ARTS IN PRIMARY EDUCATION

ANNO ACCADEMICO 2019/2020

“QUESTA SONO IO!”

SVILUPPO DEL CONCETTO DI SÉ ALLA SCUOLA DELL’INFANZIA

ATTRAVERSO UN PERCORSO SULL’AUTORITRATTO

RELATORE

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Ringraziamenti – Ringrazio di cuore tutta la mia famiglia per aver sempre creduto in me. In parti-colare ringrazio mio papà per avermi trasmesso la passione per il mondo della Scuola, mia mam-ma per avermi sostenuta nell’affrontare qualunque difficoltà e mio fratello per avermi spronata a dare il massimo.

Un grande grazie va anche a tutti i bambini della sezione nella quale ho svolto la pratica, alle loro famiglie e a tutti gli operatori della sede scolastica per avermi permesso di crescere come persona e come docente.

Ringrazio il mio relatore Simone Balestra per avermi accompagnata e sostenuta con suggerimenti utili per la realizzazione di questo importante lavoro.

Un ringraziamento speciale a Ricky, per avermi sempre supportata e sopportata anche nei mo-menti difficili, trovando sempre il modo per farmi sorridere.

Ed infine un grazie alle mie compagne di classe per aver condiviso questa avventura ricca di emozioni.

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Abstract

Clarissa Lanzetti

Bachelor per l’insegnamento prescolastico “Questa sono io!”

Simone Balestra

Lo sviluppo del sé è un processo complesso, che inizia alla nascita e ci accompagna per tutta la vita, con importanti riscontri psicologici, in particolare riguardo al raggiungimento di una sana autostima. In questo lavoro, si studia l’introduzione di attività grafico-pittoriche per agevolare lo sviluppo del sé, sia a livello corporeo che a livello introspettivo, in seno alla scuola dell’infanzia. Ispirandosi alla teoria del sé e della sua raffigurazione, si propone uno spettro di attività sull’auto-ritratto per stimolare la consapevolezza delle proprie caratteristiche fisiognomiche del volto e per avviare un processo di introspezione mirato al riconoscimento dei propri interessi e delle proprie abilità e fragilità. Si verifica l’impatto della metodologia su un gruppo di sei bambini. Mediante l’analisi di disegni e interviste personali, si valuta qualitativamente e quantitativamente l’effetto delle attività proposte. I risultati evidenziano un sensibile progresso nei bambini e suggeriscono pertanto un beneficio del percorso didattico. Questo lavoro di ricerca potrebbe fungere pertanto da studio preliminare per l’investigazione sistematica e rigorosa di queste attività in seno alla scuola dell’infanzia.

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Indice

Abstract v

1 Introduzione 1

2 Quadro teorico 2

Disegno infantile . . . 2

Lo sviluppo della figura umana . . . 3

Immagine corporea . . . 4 Autostima . . . 5 Il concetto di sé . . . 5 L’autoritratto . . . 6 3 Domanda di ricerca 8 Ipotesi . . . 8 4 Quadro metodologico 9 Tipologia di ricerca . . . 9

Analisi del contesto . . . 9

Campione di riferimento . . . 10

Interventi pedagogico-didattici . . . 10

Strumenti di raccolta dati . . . 12

5 Risultati 14 6 Discussione 16 Interpretazione degli autoritratti dei singoli bambini . . . 17

Analisi delle interviste . . . 23

7 Conclusioni 25 Risposta all’interrogativo di ricerca . . . 25

Limiti, potenzialità, possibili sviluppi e ricadute professionali . . . 26

Conclusioni personali . . . 27

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Allegati

Allegato 1 – Mappa sezione

Allegato 2 – Descrizione del campione di riferimento (dicembre-gennaio 2020) Allegato 3 – Descrizione delle attività didattiche

“Gi Raffa cerca se stessa” Autoritratto allo specchio Ritratto del compagno Autoritratto simmetrico Autoritratto ricalcato

Gli animali che ti rappresentano

Autoritratto con le caratteristiche degli animali scelti Autoritratto collage

Autoritratto che parla di me Allegato 4 – “Gi Raffa cerca se stessa”

Allegato 5 – Illustrazioni del racconto “Gi Raffa cerca se stessa”

Allegato 6 – Domande poste durante l’intervista di gennaio 2020 e di aprile 2020 Allegato 7 – Assegnazione punteggi autoritratti

Assegnazione punteggi per le singole categorie del volto, gennaio 2020 Assegnazione punteggi per le singole categorie del volto, aprile 2020 Allegato 8 – Autoritratti dei singoli bambini a confronto

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Elenco delle figure

2.1 Omino testone eseguito da una bambina di 3 anni e 5 mesi (Cannoni, 2017, p. 23). . 3

4.1 Schema degli interventi pedagogico-didattici. . . 11

5.1 Evoluzione del numero di bambini che ha raffigurato i diversi elementi nel loro autoritratto. . . 14

6.1 Evoluzione dell’autoritratto di Martina. . . 17

6.2 Evoluzione dell’autoritratto di Gioele. . . 18

6.3 Evoluzione dell’autoritratto di Luca. . . 19

6.4 Evoluzione dell’autoritratto di Eleonora. . . 20

6.5 Evoluzione dell’autoritratto di Sara. . . 21

6.6 Evoluzione dell’autoritratto di Laura. . . 22

Elenco delle tabelle

5.1 Assegnazione dei punti degli autoritratti di gennaio 2020. . . 14

5.2 Assegnazione dei punti degli autoritratti di aprile 2020. . . 15

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Introduzione

La mia ricerca è basata su un interesse personale, che mi caratterizza fin da quando sono piccola e che si è consolidato grazie alla mia formazione artistica svolta presso il liceo artistico del Centro scolastico per le Industrie Artistiche, dove ho affrontato il tema dell’autoritratto attraverso la spe-rimentazione di diverse tecniche (collage, copia dal vero, acquarello, pittura ad olio, scultura ecc.). Queste esperienze mi hanno portata a riflettere sul concetto dell’autoritratto in senso più ampio. Mi è venuto quindi spontaneo sviluppare e realizzare un autoritratto che mettesse in luce quelle che ritenevo le mie caratteristiche caratteriali e psicologiche e non soltanto fisiche. Mi sono quindi ripromessa che, se si fosse realizzato il mio desiderio di diventare docente, avrei proposto questo tema alla scuola dell’infanzia.

Lo sviluppo del sé è un processo che inizia precocemente e che non si conclude mai: infatti, grazie alle relazioni e ai contesti in cui si trova, il soggetto subisce delle fluttuazioni e delle modifiche in-teriori e esin-teriori lungo tutto l’arco della vita. Come evidenziato dalla professoressa Iametti durante il corso Scienze dell’educazione VI (2019) per permettere la costruzione del sé è fondamentale che il soggetto percepisca la sua unicità e che sperimenti un grado di visibilità psicologica nel rapporto con le figure di riferimento che lo attorniano. Il docente assume quindi il fondamentale compito di garantire una visibilità psicologica, anche e soprattutto ai bambini che vivono in un contesto famigliare meno favorevole; inoltre può contribuire allo sviluppo del proprio sé e alla costruzione di una sana autostima.

Lo sviluppo dell’immagine corporea è strettamente legato al processo della costruzione del sé: in particolare il volto è il “punto di partenza” per la sua formazione (Gjoni, 2015). Grazie al riconoscimento allo specchio e al processo chiamato angoscia dell’ottavo mese, il bambino inizia a riconoscersi come un’entità separata dalla figura materna (Molina, 1995).

La mia ricerca vuole favorire, attraverso la realizzazione di un prodotto accresciuto per qualità e quantità di elementi caratterizzanti, una maggiore conoscenza e consapevolezza di sé. Grazie a un percorso finalizzato alla percezione e alla conoscenza del proprio volto, le produzioni grafiche del bambino dovrebbero portarlo a una maggiore consapevolezza e infine a contemplare un numero maggiore di elementi (pupilla, sopracciglia, ciglia, colore degli occhi ecc.). Non vi è la pretesa di ottenere un’immagine di sé forzatamente positiva, ma piuttosto quella di offrire la possibilità a tutti i bambini di essere visti e riconosciuti per quello che sono. Permettendo ad ognuno di sperimentare e fruire di occasioni dove fare emergere le proprie caratteristiche personali e fisiche, sarà possibile raggiungere l’obiettivo di riconoscersi come individuo “unico e prezioso” (ASPI: Fondazione della Svizzera Italiana per l’Aiuto, il Sostegno e la Protezione dell’Infanzia, 2006). Il sé e l’immagine corporea sono strettamente legati al concetto di autostima: per questo motivo lavorare su questi due grandi temi può giovare allo sviluppo di una sana autostima (Iametti, 2019).

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Quadro teorico

Disegno infantile

È importante fare una breve sintesi sullo sviluppo del disegno infantile per poter contestualiz-zare meglio le produzioni dei bambini, che fungono da base per evidenziare l’evoluzione della consapevolezza delle caratteristiche del (proprio) volto.

“Nel corso della prima infanzia, di solito tra i 18 e i 24 mesi, molti bambini fanno una scoperta estremamente importante: alcuni oggetti, utilizzati fino a quel momento per succhiare, mordicchia-re, buttare per terra, se vengono impugnati e strofinati contro una superficie lasciano delle tracce dietro di sé” (Cannoni, 2017, p. 10). Grazie a questa scoperta il bambino cercherà di riprodurre e sperimentare il gesto con diversi materiali e su diversi supporti (Cannoni, 2017).

Verso i due anni e mezzo il bambino conquista un maggiore controllo dei suoi movimenti, grazie al migliore coordinamento visuo-motorio, seguendo una direzione (orizzontale, verticale o circolare) senza dovere staccare la penna dal foglio (scarabocchio controllato). Questo importante passo accresce nel bambino l’interesse verso l’attività pittorica e un progressivo sviluppo della motricità fine (Cannoni, 2017). Dai 24 ai 30 mesi gli scarabocchi assomigliano sempre più a figure geo-metriche, che si svilupperanno ulteriormente attorno ai 3 anni nello stadio delle forme diventando diagrammi (croci) e figure chiuse (cerchi). Kellog (1969, citato da Cannoni, 2017) specifica che queste forme preparano il bambino alla rappresentazione pittorica e quindi ai radiali (croci sovrap-poste oppure linee che partono tutte dallo stesso punto), ai mandala (cerchi/quadrati concentrici o che contengono una croce) e ai “soli” (cerchi/quadrati con linee).

Attorno ai 3 anni il bambino si accorge che tra i segni tracciati sul foglio e gli oggetti reali c’è una relazione. Questa importante fase dello sviluppo (realismo fortuito) permette al bambino di interpretare i suoi disegni in base alla loro somiglianza con gli elementi reali (Luquet, 1927, citato da Cannoni, 2017).

Il bambino sposta la sua attenzione dall’esecuzione del movimento alla volontà di rappresentare, cercando sempre più uno stretto rapporto tra i segni che vengono tracciati e ciò che vuole rappre-sentare. Spesso il soggetto non riesce a realizzare in modo soddisfacente le proprie produzioni (realismo mancato), suscitando così un conflitto tra l’intenzione che ha spinto il bambino alla rappresentazione e la sua interpretazione (Cannoni, 2017).

“In questo periodo ricco di conquiste appare la rappresentazione della figura umana, che assume sembianze di un «omino testone»” (Cannoni, 2017, p. 12).

Con il passaggio alla scuola elementare il bambino affina le sue abilità oculomotorie e cognitive realizzando così rappresentazioni più accurate e ricche di particolari. Il bambino raggiungerà poi il realismo intellettuale disegnando grazie a un suo modello concettuale interno, che trae spunto dalle caratteristiche dell’oggetto in sé e non da come appare visivamente (Luquet, 1927, citato da Cannoni, 2017). Dopo questa fase il bambino conquisterà una maggiore organizzazione spa-ziale e successivamente introdurrà la terza dimensione, la profondità e l’organizzazione del piano

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(Cannoni, 2017).

“In conclusione, le teorie stadiali hanno permesso di rintracciare una corrispondenza tra lo sviluppo mentale e quello pittorico. Ciò ha consentito di individuare il regolare processo evolutivo grafico-pittorico dall’infanzia all’età adulta utile a riconoscere, nel disegno, eventuali deviazioni dalla norma” (Roberti, 2013, pp. 17–18).

Lo sviluppo della figura umana

Siccome il mio lavoro di ricerca è focalizzato sul volto umano, ritengo importante esporre gli aspetti principali dello sviluppo della rappresentazione grafica della figura umana con maggiore attenzione alla fascia d’età corrispondente alla scuola dell’infanzia (3–6 anni).

Cannoni (2017) afferma che tra i 3 e i 4 anni il bambino scopre di potere rappresentare la figura umana. Il primo schema pittorico è generalmente quello dell’“omino testone”, che è composto da una forma più o meno circolare che contiene di regola solo alcuni elementi del volto (come occhi, bocca e naso); al suo esterno vengono attaccati degli arti: prima le gambe e successivamente le braccia. La durata di questa fase è molto personale, infatti vi sono bambini che la superano nel volgere di pochi giorni e altri nel giro di diversi mesi.

Figura 2.1 – Omino testone eseguito da una bambina di 3 anni e 5 mesi (Cannoni, 2017, p. 23).

Alcuni autori vedono il disegno come lo specchio che rivela le conoscenze del bambino (Luquet e Piaget), altri autori invece (Cox) sostengono che il disegno è troppo complesso per il bambi-no di questa età, che bambi-non è in grado di tradurre graficamente le sue cobambi-noscenze. Vi sobambi-no degli esperimenti che dimostrano come il bambino che rappresenta l’omino testone esprima delle idee corrette rispetto al proprio schema corporeo, mentre la sua capacità di progettazione non è ancora sufficientemente sviluppata (Cox, 1993, citato da Cannoni, 2017). In questa fase dello sviluppo, comunque, il bambino è generalmente in grado di nominare le parti del corpo presenti nella sua rappresentazione. “Le figure umane composte da meno di sei pezzi (testa, tronco, due braccia e due gambe) sono dette convenzionali e appaiono in genere nei bambini tra i 4 e i 5 anni. Gli arti sono raffigurati per lo più con linee singole” (Cannoni, 2017, p. 24). A questa modalità di rappresentazione i bambini aggiungono progressivamente ulteriori elementi del volto e del corpo. Il bambino compone la figura assemblando forme geometriche, che rappresentano le varie parti del corpo (figura a blocchi). Sarà poi nella fascia d’età della scuola elementare, che il bambino

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produrrà figure sempre più complesse con l’aggiunta di nuovi dettagli; le proporzioni del corpo saranno sempre più aderenti alla realtà (Cannoni, 2017).

Immagine corporea

In una ricerca incentrata sullo sviluppo del sé, è opportuno trattare brevemente il concetto di immagine corporea.

Mercurio, C., Nerini A., Stefanile, C. (2009) affermano che l’immagine corporea è l’immagine del nostro corpo che sviluppiamo nella nostra mente e più precisamente come il nostro corpo appare a noi stessi. L’immagine corporea è il risultato di diverse componenti: percettiva, come il soggetto percepisce forme e taglie del proprio corpo; attitudinale, ciò che il soggetto pensa cognitivamente del suo corpo; affettiva, cioè i sentimenti che l’individuo prova verso il proprio corpo e compor-tamentale, che riguarda l’attività fisica, l’alimentazione ecc. L’immagine che abbiamo del nostro corpo comprende e riassume tutti gli aspetti dell’essere dell’individuo.

Per Schilder (1950/1973) l’immagine corporea è intesa come il modo in cui il corpo appare a noi stessi. Ognuno di noi riceve delle sensazioni, vede parti della superficie del proprio corpo, vive impressioni tattili, termiche, dolorose e sensazioni che provengono dalla muscolatura; inoltre per-cepisce le innervazioni muscolari e le sensazioni di origine viscerale. L’autore afferma poi che parti della nostra immagine corporea derivano dagli altri e noi stessi trasferiamo parti della nostra immagine corporea agli altri, inoltre sottolinea il ruolo centrale dell’esperienza visiva per la crea-zione della nostra immagine corporea. “Anche l’esperienza visiva è tuttavia mediata dall’acrea-zione; mediante le azioni e le determinazioni diamo al nostro Io corporeo la sua forma definitiva. Si tratta di un processo in continuo sviluppo attivo” (p. 139). Per questo motivo è possibile ipotizzare che lo sviluppo dello schema corporeo si svolga parallelamente a quello senso-motorio.

È importante fare una distinzione tra immagine corporea e schema corporeo. Secondo Di Sarno et al. (2019) lo schema corporeo è un modello senso-motorio dinamico che permette all’individuo di operare e monitorare dei movimenti, è legato alla propriocezione e cioè al meccanismo che con-sente gli aggiustamenti posturali. L’immagine corporea è invece una rappresentazione del proprio corpo così come è percepito dall’individuo stesso. Mercurio et al. (2009) individuano due punti chiave legati alla nostra immagine corporea: il primo è la soddisfazione o l’insoddisfazione per il proprio aspetto, che deriva dalla propria percezione e dagli ideali estetici che si sono interiorizzati nel corso della vita; il secondo punto è riferito all’importanza psicologica che il soggetto dà al proprio aspetto fisico. La persona può cercare di migliorare il proprio aspetto, oppure giudicarlo come parte integrante del sé (disfunzionale). L’insoddisfazione verso la propria immagine corpo-rea può comportare l’insorgenza di disturbi alimentari o di altre implicazioni negative per la salute (alcolismo, depressione ecc.). Al contrario “chi ha un’immagine corporea positiva ha una maggio-re autostima, un maggior grado di accettazione di sé e un approccio più sano a cibo, alimentazione e attività fisica.” (Promozione Salute Svizzera, 2016, p. 2)

L’immagine corporea di ogni individuo è influenzata dai pari, dai genitori e dai mass media. Il confronto sociale è un processo valutativo nel quale il soggetto ricerca informazioni e sviluppa

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giudizi su di sé, confrontandosi con gli altri. Per questo motivo l’autostima gioca un ruolo centrale nello sviluppo di un’immagine positiva del sé corporeo (Mercurio et al., 2009).

Autostima

Siccome l’autostima gioca un ruolo importante nello sviluppo del sé e dell’immagine corporea di seguito accenno, sinteticamente, questo significativo tema. Plummer (2007/2009) afferma che i bambini hanno maggiori probabilità di sviluppare una sana autostima quando le figure di riferimen-to della loro vita si pongono nei loro confronti con un atteggiamenriferimen-to accogliente, non giudicante e instaurano una comunicazione chiara, non ambigua. Questo permette ai bambini di sentirsi ap-prezzati e rispettati come soggetti unici e, di conseguenza, svilupperanno maggiori possibilità di apprezzare, rispettare e accettare sé stessi. Le persone con un buon livello di autostima sono più consapevoli della loro personalità e delle loro azioni e hanno più facilità ad allacciare rapporti di amicizia (Smolak, L. & Thompson, J.K. 2009, citato da Promozione Salute Svizzera, 2016). Iametti (2019) definisce l’autostima come la conoscenza di noi stessi legata al valore che ci diamo. È una qualità interna acquisita, che fa parte delle fondamenta dell’esistenza psicologica e determi-na in modo significativo la nostra vita. Vi è L’autostima globale, e cioè un giudizio complessivo sul nostro valore, e l’autostima specifica, che riguarda uno specifico settore in cui mi valuto (con-trollo dell’ambiente, dimensione famigliare, sociale, emotiva e corporea) (Bracken, 1992, citato da Iametti, 2019). Ognuno di noi sviluppa un sé ideale, ciò a cui il soggetto aspira, ma non potrà mai raggiungere e un sé percepito, come l’individuo si valuta. L’autostima deriva dallo scarto tra questi due sé. Se lo scarto è ampio vi sarà presumibilmente una scarsa autostima, al contrario uno scarto equilibrato genera una sana autostima che permette al soggetto di riconoscersi nei propri valori. Iametti (2019) afferma che, per garantire una sana autostima, è fondamentale che vi sia la visibilità psicologica. Il soggetto infatti deve essere visto dalle figure di riferimento nei suoi bisogni, desideri ed esigenze; riconosciuto per i suoi pensieri, idee e sentimenti.

Il concetto di sé

Il concetto di sé si riferisce al modo in cui la persona si percepisce, a un insieme di caratteristiche (gusti, qualità, difetti) di tratti personali, tra cui anche le caratteristiche somatiche, di ruoli e di valori che la persona si attribuisce e valuta in alcuni casi positivamente e in altri negativamente (Ecuyer 1990, citato da Figus, 2019).

Molina (1995) afferma che il volto è un aspetto centrale nella costruzione da parte del bambino del sé e dell’identità. Il bambino inizialmente identifica il suo viso con quello della madre; poi, con il fenomeno dell’angoscia dell’ottavo mese, inizia a percepire una differenza fra il suo volto e quello della mamma. Il ruolo della mamma assume una valenza significativa nella costruzione del sé del bambino: funge infatti da specchio per il figlio e sviluppa un desiderio inconscio che proietta nel bambino. Un’altra tappa importante per lo sviluppo del sé è il riconoscimento allo specchio, che permette al bimbo di identificarsi.

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“È a partire dal primo anno di vita che emergono i primi elementi del sé, esattamente dal momento in cui il bambino diventa in grado di considerare se stesso come oggetto del proprio pensiero, oltre che come oggetto dell’attenzione da parte di un altro significativo.” (Gjoni, 2015, p. 195). Inoltre Gjoni (2015) afferma che il nucleo del sé inizia a formarsi dal momento in cui il bambino è in grado di riconoscere il suo volto in una fotografia, da qui in poi si svilupperà una rete complessa di percezioni e di sentimenti inerenti a sé stessi.

Fino ai sette anni il bambino ha la tendenza a descrivere sé stesso principalmente attraverso le parti del corpo (es. colore dei capelli) o le attività che gli piacciono di più ecc. Successivamente il bam-bino verbalizza le sue esperienze e quelle di chi lo circonda e inizia a formulare delle concezioni di sé stesso e dell’altro più complete, tenendo conto dei riscontri che ottiene dall’ambiente. L’i-dentificazione è un fattore fondamentale per la formazione del concetto di sé: permette al bambino di interiorizzare valori, credenze, norme e modelli che portano a sviluppare delle concezioni, delle convinzioni e dei giudizi di valore su sé stesso. Assumono un ruolo importante anche le esperienze vissute dal soggetto e in particolare i successi e gli insuccessi (Gjoni, 2015).

L’identità fa parte del concetto di sé ed è una caratteristica formale dell’Io, che avverte la propria uguaglianza e continuità del tempo. Più precisamente si fonda sul sentirsi sé stessi nonostante i cambiamenti che viviamo nella vita. Vi sono quattro processi psichici fondamentali per la costru-zione dell’identità: l’imitacostru-zione, che permette al soggetto di fare come fanno gli altri e di sentirsi simile a loro; l’identificazione, che nasce dal bisogno di sentirsi uguale agli altri; l’individuazio-ne, che nasce dal bisogno di sentirsi unico e di distinguersi dagli altri e l’interiorizzaziol’individuazio-ne, che permette all’individuo di praticare una sintesi delle immagini di sé (Iametti, 2019).

L’autoritratto

Considerato il tema del mio lavoro ritengo importante dedicare uno spazio alla tematica autoritratto in modo da avere una tela di fondo, che permetta di meglio comprendere l’attività pianificata con i bambini.

L’autoritratto è un mezzo utilizzato dagli artisti per rappresentarsi e dichiararsi. In passato l’artista utilizzava l’autoritratto per ottenere un riconoscimento sociale e la visibilità del proprio ruolo. Oggi la priorità è quella di tracciare il segno del proprio sé (Trasforini, 2015).

Ferrari (2002) afferma che vi sono ritratti che mirano a una discreta somiglianza fisiognomica, altri invece vogliono dare espressione a un’emozione, a un sentimento o a un affetto. Il pittore vuole rappresentare il suo stato d’animo, dare voce al suo mondo interiore e dare un volto alla sua anima; è per questo che tale genere di autoritratto non sarà fisicamente molto simile all’autore. L’autoritratto nasce dalla pulsione autobiografica e cioè dall’esigenza di lasciare una testimonianza di sé, della propria esistenza.

“Il volto, in quanto centro della persona, viene inteso quale rappresentante simbolico-espressivo dei sentimenti” (Schneider 1995, p. 113, citato da Ferrari, 2002, p. 28). Per questo motivo ho focalizzato il mio lavoro con i bambini sull’autoritratto del viso, nondimeno nel percorso didattico gli alunni potranno accostare al volto elementi che permettano di arricchire la lettura di sé. Ferrari

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(2002) sostiene che nell’autoritratto non c’è memoria; quest’ultima nasce dal momento in cui vi è un racconto da parte del soggetto. Per permettere all’autoritratto di parlare maggiormente di sé stesso, l’autore può affiancare al volto altri elementi quali paesaggi o oggetti.

L’autoritratto, secondo Ferrari (2002), è costituito da una sintesi tra l’immagine reale (come sono), l’immagine sociale (come voglio apparire) e l’immagine ideale (ciò a cui aspiro). Oltre a questa sintesi di immagini, a influenzare l’autoritratto vi è lo stato d’animo, la condizione esistenziale e la personale visione del mondo. Per questo motivo l’autoritratto è strettamente collegato alla genesi dell’Io e all’identità; è un mezzo di autoanalisi attraverso il quale il soggetto ricerca il suo sé. Non solo, ma anche nel realizzare un ritratto l’artista tende a proiettare il proprio aspetto fisiognomico e il proprio mondo interiore nel dipinto tanto da poterlo considerare come una sorta di autoritratto. Per chiarire come avviene l’elaborazione dell’autoritratto ci viene in aiuto Panciroli (2012):

L’elaborazione dell’autoritratto ha inizio con la fase detta “costruzione dell’io”, in cui si scopre e si identifica la propria immagine. Ad un primo livello questa fase riguarda l’autocontemplazione del soggetto, ossia l’osservazione che egli fa di sé allo specchio. Ad un secondo livello, il soggetto elabora la propria immagine esterna, in relazione al rapporto che egli instaura con il mondo che lo circonda. (p. 97)

Le rappresentazioni personali sono comunque condizionate dagli sguardi degli altri e quindi del gruppo sociale a cui apparteniamo. Quindi, anche nel contesto scolastico, quando ci riferiamo a un percorso inerente all’autoritratto, dobbiamo tenere in debita considerazione due ambiti specifici e strettamente correlati tra di loro: la costruzione dell’identità personale e l’adesione ai simboli e ai valori culturali di riferimento (Panciroli, 2012).

Sempre Panciroli (2012) sostiene che le attività didattiche permettono al bambino di elaborare la propria identità attraverso la costruzione e l’osservazione della propria immagine. È importante che il bambino sperimenti l’autorappresentazione, ma anche l’osservazione e l’interpretazione del-l’altro (ritratto); questo perché la nostra immagine si forma sia attraverso l’autocontemplazione, sia mediante la relazione con l’altro, in un atteggiamento di continuo confronto, che favorisce la scoperta delle diversità. “L’osservazione e la percezione degli elementi caratterizzanti il proprio viso è elemento fondamentale per lo sviluppo di un processo di autoidentificazione che si rafforza e si arricchisce ulteriormente tramite la percezione delle diversità presenti negli altri individui.” (p. 104). Nel percorso didattico proposto, gli alunni avranno a disposizione uno specchio per rimirar-si. A proposito di questo strumento Ferrari (2002) sostiene che esso giochi un importante ruolo nella formazione dell’identità, in quanto favorisce la costruzione del nostro Io, consentendoci di percepire e osservare aspetti nuovi del nostro volto. Lo specchio, come l’autoritratto, permette inoltre di mantenere un controllo sulla propria immagine nel tempo.

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Domanda di ricerca

Un percorso grafico pittorico sul volto che si focalizza sulle caratteristiche del singolo, favorisce lo sviluppo del concetto di sé?

Ipotesi

Considerato quanto esposto nella parte teorica, si spiega bene il mio interesse per il tema dell’au-toritratto e in particolare la mia convinzione che questa proposta didattica risulti formativa e arric-chente per gli alunni della scuola dell’infanzia. Ipotizzo infatti che un percorso grafico-pittorico su questo argomento stimoli un graduale avvicinamento alla consapevolezza di sé, intesa in due modi.

In primo luogo ipotizzo che un percorso grafico-pittorico sull’autoritratto, accompagnato da espe-rienze nell’ambito percettivo, affettivo ed emotivo, incrementi la consapevolezza di sé per quanto riguarda l’immagine corporea, nello specifico incentrata sul volto; mi aspetto pertanto un sensibile arricchimento delle rappresentazioni del volto eseguite dai bambini. L’evoluzione si attuerà gra-zie all’osservazione, alla messa in luce di differenze e similitudini, ai confronti e alla narrazione: ognuno di questi aspetti verrà stimolato attraverso le attività proposte.

In secondo luogo ipotizzo uno sviluppo della consapevolezza di sé intesa come capacità di ri-conoscere i propri interessi, i punti di forza e propri i limiti. Attività quali la transizione da un “autoritratto classico” a un “autoritratto a tutto tondo”, che includa per esempio la raffigurazione delle proprie passioni, stimolano riflessioni e argomentazioni con e fra i bambini.

Grazie a questo percorso mi aspetto pertanto che ognuno tenda a sviluppare una migliore perce-zione di sé, non solo a livello corporeo, ma anche sul piano personale ed emotivo. Per esempio, mi attendo che le attività pianificate forgino nel bambino la consapevolezza di avere un valore, di essere unico e di riconoscere le proprie abilità, e favoriscano inoltre un progressivo avvicinamento all’accettazione del proprio corpo.

Cosciente che alla SI il processo di acquisizione della consapevolezza di sé sia solo allo stato iniziale, ritengo che le attività proposte contribuiscano allo sviluppo del processo stesso.

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Quadro metodologico

Tipologia di ricerca

Mortari & Mazzoni (2010) riprendono il concetto di children’s prospective, che vede i bambini come attori protagonisti della ricerca, e indaga sulla loro prospettiva, riconoscendoli come soggetti esperti da coinvolgere. “I bambini sono soggetti che costruiscono il pensiero nello scambio con altri ed è dunque assumendo tecniche di ricerca che valorizzano la loro posizione di produttori di pensiero che si accede al loro punto di vista” (Mortari, 2009, p. 6).

La ricerca con i bambinisi concretizza nell’ascoltare e fare partecipare i bambini, così da potere accedere al punto di vista e conoscere il loro mondo (Mortari, 2009). Per la mia ricerca mi sono basata sul metodo empirico, cioè sull’esperienza diretta di raccolta dati. Lo scopo di questa ricerca educativa è quello di indagare alcuni aspetti all’interno del “mondo” della scuola dell’infanzia, al fine di individuare delle pratiche didattiche adatte al contesto. Questo tipo di ricerca è defini-to ricerca-azione. “Lo scopo principale della ricerca azione non è quello di produrre conoscen-za scientifica da utilizconoscen-zare in un secondo momento in contesti concreti, ma produrre conoscenconoscen-za contestualizzata volta a migliorare una determinata pratica educativa” (Trinchero, 2004).

L’obiettivo della mia ricerca è finalizzato a favorire lo sviluppo del sé attraverso un percorso sul-l’autoritratto che si basa principalmente sulla ricerca qualitativa. “Dare voce all’altro in modo che possa esprimersi secondo i suoi modi propri su questioni sensibili significa raccogliere dati che richiedono un’analisi qualitativa” (Mortari, 2009, p. 15). Mortari (2009) sostiene che la ricerca qualitativa è una pratica relazionale e per costruire delle buone relazioni di fiducia è necessario dedicarvi tempo.

In questa mia ricerca è stato riservato un periodo all’osservazione partecipante, per creare una relazione più forte e articolata con tutti i componenti del gruppo, individuando così i loro bisogni, gli interessi, i punti di forza, le fragilità, le competenze ecc. Grazie a un’accurata osservazione ho progettato un percorso didattico volto allo sviluppo del sé corporeo per quanto riguarda il volto e personaleper quanto riguarda il valore che ogni individuo si attribuisce.

Analisi del contesto

Per permettere di avere un quadro di riferimento circa il contesto nel quale ho operato, fornisco alcuni dati significativi (la mappa sezione completa si trova nell’allegato 1). La classe è composta da 19 allievi (6 maschi e 13 femmine), di cui 8 dell’obbligatorio 2, 7 dell’obbligatorio 1 e 4 del facoltativo. La sede, nonostante sia ubicata in centro città, è una piccola realtà di due sezioni, dove il concetto di “comunità scolastica” assume una valenza piuttosto forte.

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Campione di riferimento

Visto che la fascia d’età peculiare della scuola dell’infanzia è caratterizzata da una grande poten-zialità di sviluppo del singolo, ogni bambino può trarre beneficio da percorsi educativi adeguati, arricchenti e mirati per le diverse fasce di età. È per questo motivo che il percorso è stato svolto con tutti i bambini della sezione, anche se, nell’analisi dei prodotti, mi sono limitata al campione di riferimento.

Il campione scelto è di 2 bambini dell’obbligatorio 2 (Ob2), 2 dell’obbligatorio 1 (Ob1) e 2 del-l’anno facoltativo (allegato 2). Il tema del sé, come approfondito nel quadro teorico, è molto complesso e si sviluppa fin dai primi anni di vita ed è in perenne evoluzione.

All’interno dei gruppi di età ho individuato i bisogni e le caratteristiche dei singoli allievi, per selezionare i 6 bambini di riferimento.

Ho ritenuto opportuno inserire nel mio lavoro di ricerca anche 2 rappresentanti dell’anno facolta-tivo, perché questa fascia d’età è caratterizzata da un’importante fase di sviluppo, sia per quanto riguarda l’evoluzione grafica, sia per il processo di costruzione del sé. La scelta dei due soggetti non è stata dettata da motivi particolari, in quanto nessuno dei quattro alunni di questa fascia mani-festa caratteristiche straordinarie e, nella scontata unicità della persona, questi appaiono piuttosto omogenei.

Nella fascia d’età dell’Ob1 le caratteristiche dei bambini risultano meno omogenee: alcuni alunni denotano in modo più evidente punti forti e punti con margine di sviluppo. La mia scelta ha privilegiato 2 alunni per i quali questo percorso poteva essere utile nell’evoluzione di competenze grafiche e di sviluppo personale.

Nell’Ob2 ho constatato una certa eterogeneità nell’ambito delle competenze e dello sviluppo per-sonale. Ho scelto una bambina che necessita di rafforzare la propria autostima per acquisire si-curezza così da favorire in lei una presa di coscienza di sé che le permetta di affrontare meglio le situazioni-problema, visto che la bambina denota un potenziale incontestabile. La seconda scelta è dettata dalla consapevolezza che, a volte, gli alunni particolarmente performanti ricevono meno attenzioni da parte del docente. Mi premeva quindi inserire l’alunna in un percorso che, nono-stante un punto di partenza già solido, potesse portarla a beneficiare di ulteriori stimoli per la sua progressione individuale.

Interventi pedagogico-didattici

Il percorso didattico è stato suddiviso in 9 interventi (allegato 3) e 2 momenti di raccolta dati, uno svolto all’inizio e uno al termine del percorso. Nello schema seguente in blu sono visibili le attività svolte come progettato, in arancione si evidenziano le proposte didattiche che hanno subito variazioni a causa della nota chiusura delle scuole.

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Figura 4.1 – Schema degli interventi pedagogico-didattici.

Nei due momenti di raccolta dati di metà gennaio e di metà aprile ai bambini viene chiesto di realizzare un autoritratto mettendo loro a disposizione dei fogli formato A4, delle matite colorate, una gomma e uno specchio. La raccolta dati prevede inoltre due interviste individuali con le medesime domande.

Per introdurre il tema ho proposto il racconto “Gi Raffa cerca se stessa”, tratto da “Storie della preistoria” di Moravia (1982). Il racconto è stato in parte modificato per adattarlo al contesto e alle esigenze del percorso didattico (allegato 4). La lettura, arricchita da 5 mie illustrazioni (allegato 5), ha permesso ai bambini di fare una riflessione sul personaggio “Gi Raffa”, sul ruolo dello specchio, sulle uguaglianze e le differenze che possono esserci tra due animali della stessa specie. Successivamente i bambini hanno avuto modo di sperimentare differenti attività grafico-pittoriche mirate sull’autoritratto, ognuna di essa volta alla scoperta del proprio viso. Abbiamo riflettuto sull’autoritratto e sulle sue potenzialità: i bambini hanno evidenziato che la modalità pittorica, permette di sottolineare le caratteristiche fisiche del volto ma non svela gli interessi, le informazioni personali (come età, nome ecc.), le competenze e le abilità. Di conseguenza i bambini hanno proposto le seguenti modalità per far sì che il loro autoritratto potesse davvero parlare di loro stessi a tutto tondo:

• rappresentare graficamente queste peculiarità;

• descriverle verbalmente e, con l’aiuto dell’adulto che “presta” la sua mano, fissare sulla carta i loro pensieri e i loro suggerimenti.

Per riflettere sulle caratteristiche personali di ognuno, e in particolare sulle loro capacità e interessi, ho proposto ai bimbi di scegliere e illustrare degli animali che li rappresentassero. Questa attività può essere la scintilla che stimola il bambino a riflettere sulle proprie caratteristiche che vanno oltre l’aspetto fisico. Il percorso è stato interrotto il 13 marzo 2020 dall’emergenza sanitaria dovuta al COVID-19 (cfr. Figura 3., p 13). Dopo una riflessione con il mio relatore ho deciso di concludere il lavoro con la didattica a distanza. Ho quindi adattato gli ultimi interventi a questo particolare contesto, proponendo così ai 6 bambini monitorati tre interventi attraverso videochiamate uno-uno.

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Ho contattato le famiglie per spiegare loro la mia idea e tutti hanno accettato subito con entusia-smo, così ho fornito un “kit” con il materiale sopraccitato. Ho quindi proposto ai bambini l’attività di autoritratto conclusiva dove i nostri ruoli si sono capovolti e il bambino ha interpretato il ruo-lo di docente-esperto per spiegarmi come realizzare un autoritratto. La seconda videochiamata ha permesso ai bambini di creare il loro autoritratto a “tutto tondo” in modo da potere integrare le caratteristiche personali (abilità, passioni ecc.) e quelle fisiche del volto. Nell’ultimo contatto ho proposto ai bambini l’intervista finale. Evidentemente le modalità di lavoro introdotte a se-guito della chiusura delle scuole differiscono da quelle pianificate ma l’alternativa, che non mi soddisfaceva, era di sospendere il percorso didattico e limitarsi a ipotesi essenzialmente teoriche.

Strumenti di raccolta dati

La principale tecnica di raccolta dati che ho utilizzato nel corso della mia ricerca è l’osservazione partecipante. Essa permette al ricercatore-docente di interagire direttamente con i soggetti della ricerca e quindi di venire a conoscenza dei modi verbali e fisici con i quali i bambini costruiscono le interazioni, le conversazioni, i comportamenti e le routine. Spesso questa tecnica d’indagine è accompagnata da altri strumenti, per permettere al bambino di esprimere a parole i suoi vissuti (Mortari, 2009). Per questo motivo ho pure utilizzato l’intervista one-to-one, che è stata proposta all’inizio e al termine del mio percorso, allo scopo di osservare gli eventuali sviluppi, le resistenze, le competenze acquisite. Le domande poste sono volte all’analisi della consapevolezza dei bam-bini rispetto alle loro capacità, ai loro interessi, alle loro difficoltà e alla loro immagine corporea (allegato 6). Per elaborare l’intervista mi sono ispirata al lavoro di tesi svolto da Canetta (Bachelor, DFA, Locarno, anno accademico 2016/2017), per poi adattare le domande al mio contesto-classe grazie all’aiuto dalla formatrice Paola Iametti (docente al DFA di Locarno).

Per svolgere in modo efficace questo tipo di intervista è fondamentale che si garantisca un ascolto autentico e si stabilisca una relazione accogliente, che permetta al bambino di sentirsi valorizzato nel suo pensiero, e non senta la pressione di dovere assecondare le aspettative dell’adulto (Mortari, 2009).

Le interviste vengono analizzate con un approccio qualitativo introducendo singole tematiche (consapevolezza del proprio corpo, carattere ecc.).

In questa ricerca il principale strumento di comunicazione utilizzato dal bambino è il disegno: questo permette agli alunni di esprimersi in autonomia, senza sentire la pressione e il giudizio del ricercatore. Come avviene per tutti i canali comunicativi, è importante tenere conto del rapporto che il singolo ha con il canale proposto; i mezzi grafici sono, per alcuni bambini, dei facilitatori; per altri possono essere un disagio o una fonte di frustrazione (Mortari, 2009). Per realizzare le produzioni grafiche ho proposto le matite colorate, in quanto permettono di realizzare con preci-sione i dettagli. Proporre altri materiali poteva essere stimolante, ma anche diventare elemento di disturbo, poiché credo che i bambini si sarebbero dedicati maggiormente alla sperimentazione del materiale stesso piuttosto che alla realizzazione del prodotto. Per analizzare l’evoluzione grafica legata allo sviluppo della consapevolezza di sé (presenza di elementi e dettagli coerenti) ho

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chie-sto ai bambini di realizzare un autoritratto a inizio e uno al termine percorso didattico avendo a disposizione il materiale del kit. I prodotti sono analizzati secondo degli indicatori che permettono di osservare un’evoluzione a livello quantitativo degli elementi disegnati grazie a un istogramma rappresentativo. Inoltre con delle tabelle – modello estrapolato e adattato da quello utilizzato per il Test della figura umana (TFU) da Florence Goodenought costruito nel 1926 (Cannoni, 2017) – ho monitorato la crescita dei dettagli personali. Nelle tabelle (allegato 7) si assegna un punto per ogni dettaglio, presente nel disegno, dei singoli elementi del volto, della loro proporzione, della loro posizione e della bidimensionalità o tridimensionalità. A complemento di questi strumenti viene fatta un’analisi qualitativa confrontando i due ritratti prodotti da ogni bambino.

Nella ricerca l’ascolto è un atteggiamento complesso; è “un attivo processo di comunicazione che implica l’ascoltare, l’interpretare e il costruire significati; un’azione che non si limita al lin-guaggio delle parole e che implica una fase necessaria di partecipazione” (Clark 2005, p. 491, citato da Mortari, 2009, p. 8). Per questo motivo ho scelto di affiancare all’attività grafica una verbalizzazione del bambino-autore.

Esercitare l’ascolto attivo si conferma molto importante anche per cogliere le espressioni spontanee dei bambini e per permettere loro di essere realmente degli attori nell’evoluzione della ricerca stessa. Nel mio lavoro ho costantemente dato spazio ai bambini, affinché potessero riflettere sul significato e sul valore di un autoritratto, così da realizzare un prodotto che potesse davvero essere l’espressione del proprio sé. Ritengo che questo aspetto, cioè il “dare spazio”, sia indispensabile quando l’obiettivo è quello di realizzare un autoritratto che attesti un’evoluzione rispettosa del ritmo personale di sviluppo della propria consapevolezza corporea del volto.

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Risultati

La figura 5.1 mostra il confronto, riferito alle singole parti del volto, degli autoritratti svolti in entrata (gennaio 2020) e di quelli realizzati in uscita (aprile 2020).

Occhi Ciglia Sopracciglia Naso Bocca Capelli Orecchie 0 1 2 3 4 5 6 Numero bambini Gennaio Aprile

Figura 5.1 – Evoluzione del numero di bambini che ha raffigurato i diversi elementi nel loro autoritratto.

Tabelle15.1 e 6.1 (le tabelle di dettaglio: allegato 7) mostrano i punteggi assegnati alle sottocate-gorie dei diversi elementi del volto; (es. per l’occhio le sottocatesottocate-gorie sono: pupilla, iride, sclera, ciglia, sopracciglia, la loro posizione e la loro proporzione).

Si riscontra un aumento di punteggio sia per ogni singolo alunno (da +5 per Laura a +10 per Eleonora) sia per i singoli elementi anatomici (da +1 del collo a +14 degli occhi).

Tabella 5.1 – Assegnazione dei punti degli autoritratti di gennaio 2020.

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Discussione

Dai dati delle tabelle emergono tre aspetti importanti. In primo luogo si constata un aumento degli elementi caratteristici del volto: in particolare, ad aprile, compaiono le orecchie (totalmente assenti a gennaio) e viene rinforzata la presenza delle sopracciglia. Secondo aspetto è l’aumento del numero dei dettagli, la precisione nel loro posizionamento e la migliore proporzionalità rispetto all’intero. In terzo luogo emerge che le caratteristiche delle parti disegnate sono discretamente aderenti all’aspetto fisico dell’autore stesso (es. capelli biondi, occhi marroni, ecc.), anche grazie ad una scelta cromatica pertinente.

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Interpretazione degli autoritratti dei singoli bambini

Le produzioni grafiche ingrandite sono presenti nell’allegato 8.

Martina (facoltativo, 4 anni)

(a) Autoritratto gennaio 2020. (b) Autoritratto aprile 2020.

Figura 6.1 – Evoluzione dell’autoritratto di Martina.

L’evoluzione del disegno di Martina è evidente: nella produzione grafica in uscita vi sono numerosi dettagli in più rispetto al disegno in entrata e si osserva pure un maggiore controllo del gesto grafico. I capelli riproducono la realtà per forma e colore, al punto che la bambina ha usato due tonalità di marrone per rappresentare le sfumature di alcune ciocche dei suoi capelli.

In aprile gli occhi hanno una dimensione proporzionata al volto e si sono arricchiti con la presenza della sclera. Le ciglia restano posizionate in modo radiale su tutta la circonferenza dell’occhio, ma con una migliorata proporzionalità situandosi probabilmente ancora nello stadio delle forme descritto nel quadro teorico (cfr. p. 2). Nel disegno di aprile compaiono poi le sopracciglia nere, realizzate con una sovrapposizione di linee.

La bocca acquista la “bidimensionalità”: la bambina specifica infatti verbalmente di avere dise-gnato il labbro inferiore e quello superiore. Un altro aspetto interessante è l’aggiunta del collo, assente nel primo disegno, a proposito del quale affermava che sotto la testa “c’è la mia pancia”.

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Gioele (facoltativo, 3 anni e mezzo)

(a) Autoritratto gennaio 2020. (b) Autoritratto aprile 2020.

Figura 6.2 – Evoluzione dell’autoritratto di Gioele.

Anche in questo caso si nota un’evoluzione tra i due disegni. Grazie all’attività dell’autoritratto allo specchio il bambino ha osservato il suo naso, individuando la forma a triangolo (piramidale) e la presenza delle narici.

Anche gli occhi hanno acquisito una maggiore struttura; il bambino ha “scoperto” il colore e la loro forma e afferma: “Adesso devo disegnare i miei occhi che hanno la forma di mandorla e dentro c’è un po’ di marrone e un po’ di bianco e in mezzo c’è la pallina nera”. In verità il bambino ha realizzato l’occhio sinistro così come l’ha descritto, mentre la rappresentazione dell’occhio destro è stata condizionata dal poco di spazio. Pur citando la forma a mandorla la realizzazione si avvicina più a un quadrilatero.

Nel primo disegno, le ciglia sono raffigurate con una sovrapposizione di linee orizzontali, men-tre nel secondo sono rappresentate da piccoli segmenti verticali; appaiono inolmen-tre le sopracciglia, assenti a gennaio. La bocca inizialmente è rappresentata con linee concave poco visibili, mentre nell’autoritratto di aprile la bocca assume una forma precisa, con una parvenza di tridimensionalità data dalla presenza del labbro superiore, del labbro inferiore e dei denti.

Presenti in entrambi i disegni i capelli, biondi come nella realtà, mentre la forma del viso appare sovradimensionata, senza orecchie e senza collo.

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Luca (obbligatorio 1, 4 anni)

(a) Autoritratto gennaio 2020. (b) Autoritratto aprile 2020.

Figura 6.3 – Evoluzione dell’autoritratto di Luca.

Nell’autoritratto di aprile notiamo uno spiccato arricchimento degli occhi e dei capelli. Inizial-mente gli occhi sono rappresentati con un pallino nero da cui partono delle linee radiali (ciglia). Successivamente appare l’iride marrone, la pupilla e la sclera bianca. Le ciglia sono ancora rap-presentate con linee radiali su tutta la circonferenza dell’occhio, ma si osserva una maggiore cura del tratto.

Nel disegno iniziale, i capelli sono raffigurati da una zona colorata nera, che ricopre solo una parte della calotta cranica. Al termine del percorso i capelli ricoprono tutto il cranio con tante piccole linee che rappresentano il singolo capello; da notare come il bambino abbia curato anche la frangia, riproducendo dunque la realtà. A impreziosire il disegno vi è anche l’aggiunta delle sopracciglia, delle orecchie e del collo.

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Eleonora (obbligatorio 1, 4 anni)

(a) Autoritratto gennaio 2020. (b) Autoritratto aprile 2020.

Figura 6.4 – Evoluzione dell’autoritratto di Eleonora.

L’evoluzione in questo caso risulta ancora più evidente con l’arricchimento molto pronunciato dei singoli elementi del volto. Nel secondo disegno la bambina rispetta con cura la simmetria su un asse verticale e le proporzioni tra gli elementi caratteristici del volto.

Gli occhi sono rappresentati da due forme ovali al cui intero appaiono la sclera, l’iride marrone e la pupilla nera. La bambina sembra andare oltre la rappresentazione radiale, infatti nel disegno in uscita è presente la simmetria orizzontale delle ciglia.

La bocca, inizialmente rappresentata con una zona rossa dai limiti poco definiti, ora ha un confine chiaro e delimitato e si nota il tentativo di riprodurre la forma delle labbra, che la bambina ha definito “a mandorla”.

Il naso, raffigurato a gennaio da una zona colorata di rosa non delimitata, ora è presente con una linea a “L” correttamente posizionata.

Nel primo disegno i capelli sono poco evidenti, mentre ad aprile la bambina li rappresenta con delle linee che, dalla parte superiore del cranio scendono lungo i lati del volto, con l’aggiunta di una zona colorata, posizionata correttamente, che rappresenta “la mia frangia".

Nel secondo disegno la bambina raffigura anche le orecchie con due semicerchi rosa ai lati del volto comprensivi dei suoi “orecchini di brillantini”.

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Sara (obbligatorio 2, 5 anni)

(a) Autoritratto gennaio 2020. (b) Autoritratto aprile 2020.

Figura 6.5 – Evoluzione dell’autoritratto di Sara.

Inizialmente gli occhi sono rappresentati da un ovale con all’interno un cerchio nero (la pupilla). Nel secondo disegno gli occhi assumono la forma di “mandorla sdraiata”, all’interno della quale ci sono: la sclera bianca, l’iride con diverse gradazioni di marrone e, al centro, la pupilla nera. L’occhio è arricchito con le ciglia superiori, realizzate con tantissimi segmenti verticali “che non so contare”. Sono state aggiunte anche le sopracciglia, composte da una sovrapposizione di linee che alludono ai peli. Il naso, assente nel primo disegno, è rappresentato da una forma piramidale con la presenza delle narici.

A gennaio la bocca, molto grande, è realizzata con una sovrapposizione di linee concave, mentre ad aprile la bambina disegna in modo proporzionato la bocca “come una mandorla con dentro la lingua”.

La bambina, nella rappresentazione in uscita, ha pure disegnato le guance, perché in quel momento erano un po’ arrossate e ben visibili.

Nell’autoritratto di aprile la bambina cerca di rappresentare i singoli capelli con maggiore aderenza al suo taglio; da notare la presenza delle mollette colorate. Sara ha pure disegnato le orecchie, malgrado siano coperte dai capelli “perché se no non posso ascoltare”. In entrambe le produzioni la bambina ha disegnato il collo, una parte del vestito e la collana.

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Laura (obbligatorio 2, 5 anni e mezzo)

(a) Autoritratto gennaio 2020. (b) Autoritratto aprile 2020.

Figura 6.6 – Evoluzione dell’autoritratto di Laura.

Gli occhi, inizialmente ben presenti ma poco aderenti alla realtà, ad aprile assumono una maggiore struttura. Infatti sono rappresentati dalla forma a "mandorla", all’interno della quale sono detta-gliate la sclera, l’iride con diverse gradazioni di marrone e la pupilla nera. Le ciglia sono presenti sia sopra che sotto l’occhio e in numero maggiore: “sono tantissime e non riesco a contarle”. A gennaio le sopracciglia sono raffigurate da una sola linea convessa, mentre ad aprile la bambina sovrappone più linee per alludere alla presenza dei peli.

I capelli a caschetto sono simili nelle due rappresentazioni, ma nel secondo disegno la bambina aggiunge la frangia e cerca di rappresentare i singoli capelli.

Nei due disegni la forma della bocca è simile, ma ad aprile ha una dimensione più realistica e “i denti non li disegno, perché ho la bocca chiusa e non si vedono”. Il naso, inizialmente evidenziato da una linea convessa, nel secondo autoritratto è rappresentato con una forma piramidale con due narici e allude alla tridimensionalità.

Nel secondo disegno la bambina ha specificato “non disegno le mie orecchie, perché sono nascoste dai capelli".

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Analisi delle interviste

Tabella 6.1 – Alcuni elementi che sintetizzano l’evoluzione narrativa dei bambini

A gennaio, alla domanda inerente alle parti del corpo preferite, i bambini hanno generalmente risposto senza dare particolari motivazioni (es. “Mi piacciono le mie mani rosa pelle”); mentre ad aprile i bambini motivavano le proprie risposte con maggiore sicurezza e consapevolezza. In alcuni casi ho notato che vi era anche una relazione tra la parte del corpo preferita e le attività

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che piacciono al bambino (es. “Mi piace andare in bici” e “Mi piacciono le mie gambe così posso pedalare”).

Per quanto riguarda la percezione corporea mi ha colpito la risposta di Sara alla domanda: “Ci sono delle parti del tuo corpo che cambieresti?”, perché ha elencato ben undici elementi che vorrebbe fossero diversi: “Gli occhi, sono marroni, ma li vorrei azzurri come la fatina. Poi vorrei la pelle più chiara e vorrei poche lentiggini come la mamma. . . ”. Al termine del percorso la bambina ha elencato solamente tre elementi che vorrebbe cambiare: “Vorrei gli occhi azzurri, i capelli più lunghi e la pelle più chiara”. Non posso affermare che la bambina abbia sviluppato una percezione corporea di sé completamente positiva, posso tuttavia sottolineare che ad aprile la bambina cita due elementi positivi del suo copro (mani e labbra), mentre a gennaio non ne ha evocato nemmeno uno.

In gennaio, alla domanda “Che cosa ti piace di te (caratterialmente)”, i 5 bambini che hanno ri-sposto si sono limitati a elencare le loro attività preferite (es. “Mi piace giocare in giardino”) o i beni materiali (es. “Mi piacciono i miei vestiti”). Inoltre alla domanda “Cosa non ti piace di te (caratterialmente)”, i bambini hanno fatto riferimento ad azioni poco gradevoli fatte dai compagni o dai fratelli, come picchiare e distruggere le costruzioni. Ad aprile sembra per contro apparire una certa capacità di introspezione e alle medesime domande il riferimento si sposta su emozioni vissute: “Mi piace ridere”, “Essere felice” e “Non mi piace arrabbiarmi”, “Non mi piace quando sono brontolona”, “Non mi piace essere triste e piangere”. Significativa anche la differenza delle risposte alla domanda: “Cosa non ti piace fare?”, alla quale i bambini a gennaio hanno risposto fa-cendo riferimento ad azioni sgradevoli compiute da altri, mentre al termine del percorso i bambini hanno risposto citando attività che a loro non piacciono: “Riordinare la stanza”, “Stare da solo”, “Pettinarmi” e “Annoiarmi”.

Per quanto riguarda le capacità e le attività preferite ho osservato in più risposte una somiglianza tra l’intervista in entrata e quella in uscita: questo sembra dimostrare che ai bambini piace dav-vero svolgere quell’attività e che si ritengono veramente bravi in quel campo. Le risposte però, malgrado fossero simili, sono state meglio dettagliate.

A dimostrare la consapevolezza di sé è anche la capacità di 2 bambini di riconoscere che alcuni limiti individuati a gennaio (es. “Non sono tanto brava a fischiare”), diventano abilità acquisite ad aprile (“Ho imparato a fischiare, ora sono bravissima! Senti!”).

Interessante anche l’evoluzione delle risposte alla domanda “Che cosa ti rende unico e speciale?” Inizialmente i bambini hanno risposto con affermazioni legate alle proprie attività preferite (es. “Perché gioco”, “Perché mi piace giocare con le mie compagne”). Nell’intervista di aprile i bam-bini hanno espresso dei valori molto più ampi, come la famiglia: “Sono speciale perché la mia mamma mi vuole bene”, “... perché ho una sorellina”, “... perché la mia mamma e il mio papà mi ascoltano e giocano con me”.

C’è stato un sensibile sviluppo nella ricchezza delle riposte fornite dai bambini, che si traduce in una maggiore coerenza, nella capacità di riflettere su sé stessi anche senza fare riferimento a beni materiali, nella capacità di arricchire e motivare le proprie risposte e nella capacità di rispondere alle domande, senza avere il timore di essere giudicati.

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Conclusioni

In questo lavoro, studio l’introduzione di attività grafico-pittoriche relative allo autoritratto in seno alla scuola dell’infanzia. Nello specifico, questa ricerca intende determinare se un percorso grafico-pittorico sul volto che si focalizza sulle caratteristiche del singolo favorisce lo sviluppo del concetto di sé. Per rispondere a questa domanda, sviluppo un quadro teorico e una serie di attività, poi svolte in classe con i bambini. Il campione empirico suggerisce un sensibile beneficio, sia a livello puramente grafico sia a livello di consapevolezza di sé. Ritengo che questo lavoro possa porre le basi per uno studio dettagliato sull’opportunità di inserire nella programmazione della SI delle attività sistematiche incentrate sull’autoritratto.

Risposta all’interrogativo di ricerca

In riferimento ai risultati ottenuti ed esplicitati nel capitolo “Discussione”, tutti i bambini del cam-pione evidenziano un sensibile sviluppo del concetto di sé attraverso l’autoritratto. Infatti l’aumen-to degli elementi del viso, della loro maggiore aderenza in termini di proporzionalità, di posizio-namento e alla fisionomia del bambino stesso dimostrano una sensibile evoluzione nella capacità di ritrarsi.

Un aspetto significativo è l’utilizzo dello specchio durante l’attività di autoritratto. Se a gennaio era usato sporadicamente, ad aprile il suo utilizzo è stato decisamente più frequente. E come sostiene Ferrari (2002) lo specchio gioca un ruolo centrale nella formazione dell’identità e ci permette di osservare nuovi aspetti del nostro volto.

Grazie a questo percorso i bambini hanno avuto la possibilità di osservare il proprio volto, sco-prendone le caratteristiche e le proprie unicità. Inoltre l’accurata riflessione fatta dal gruppo sul significato dell’autoritratto, ha permesso ad ognuno di confrontarsi con sé stesso per individuare anche le caratteristiche non visibili come le abilità, le attività preferite ecc.

Secondo quanto affermano Piaget e Luquet il disegno è lo specchio delle conoscenze del bambino, al contrario Cox sostiene che il bambino non è in grado di tradurre graficamente tutte le sue cono-scenze (Cannoni, 2017). Indipendentemente dal grado di veridicità di queste teorie contrapposte, il confronto tra i prodotti di gennaio e quelli di aprile denota un’evidente evoluzione.

Si conferma il pensiero espresso da Panciroli (2012), laddove sostiene che per lo sviluppo del processo di autoidentificazione è fondamentale che vi siano l’osservazione e la percezione degli elementi caratterizzanti il proprio volto; questo processo viene arricchito ulteriormente con la per-cezione delle diversità rispetto agli altri individui. I contenuti delle interviste evidenziano infatti come i bambini siano riusciti ad avviare un processo di introspezione cercando di identificare e isolare le proprie emozioni: se in gennaio i bambini citavano le azioni subite (es.“Non mi piace quando mi distruggono le costruzioni”, “Non mi piace quando mi spingono” ecc.) ad aprile espri-mono stati d’animo propri, legati all’emotività percepita ed esplicitata (es. “Non mi pace essere triste”, “Vorrei non arrabbiarmi mai” ecc.).

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Le interviste non si limitano a confermare uno sviluppo nella capacità grafica del bambino, bensì mettono in luce un’aumentata capacità di autoanalisi, sia corporea sia emozionale.

Limiti, potenzialità, possibili sviluppi e ricadute professionali

Il principale limite di questa ricerca è che, a fronte di un’evidente progressione dei prodotti, non è possibile evidenziare con precisione gli effetti benefici delle attività svolte rispetto alla naturale maturazione ed evoluzione del bambino. Sarebbe quindi interessante svolgere un percorso analogo con un campione allargato di bambini, appartenenti a più sezioni di SI e introducendo un campione di controllo, sottoposto ai test di entrata e di uscita senza che svolga le attività intermedie.

Un ulteriore limite riguarda l’impossibilità di generalizzare i dati, in quanto il percorso è stato proposto in un preciso contesto, con un campione di 6 bambini con caratteristiche e esperienze individuali uniche. Sarebbe dunque importante estendere il raggio d’azione dello studio, inclu-dendo un campione di bambini più numeroso e rappresentativo. Sarebbe pure interessante attuare uno sviluppo longitudinale, seguendo il campione dalla scuola dell’infanzia sino alla fine della scuola elementare, con una serie di test cadenzati che consentano di cogliere tempi e modi di un’evoluzione della conoscenza di sé sempre più articolata.

Pur ritenendo assai soddisfacente la modalità di esecuzione dell’autoritratto di metà aprile, av-venuta in videochiamata, è evidente che quest’ultima sia diversa da quella che il mio percorso prevedeva a scuola aperta.

Questa esperienza conferma l’importanza del ruolo del docente nella formazione del sé di ogni bambino, docente che può aiutare ognuno a conoscersi meglio, ad accettarsi e riconoscersi come soggetto unico e speciale, sviluppando fiducia e una sana autostima. La costruzione del sé, come descritto nel quadro teorico, si forma durante tutto l’arco della vita ed è influenzata da numerosi aspetti quali il contesto famigliare, quello sociale, le esperienze, il controllo dell’ambiente ecc. Per permettere ad ognuno di sviluppare un’immagine positiva di sé e una sana autostima è fonda-mentale fornire al bambino gli strumenti affinché si senta riconosciuto, percepisca la sua unicità, possa sviluppare delle relazioni positive, sia consapevole delle sue abilità, ma anche dei suoi limiti e riconosca le sue emozioni.

Il ruolo del docente è importante nella relazione che instaura con il bambino, anche perché ha la possibilità di offrire percorsi didattici o attività mirate, che possano aiutare l’alunno in questo complesso processo di costruzione del sé.

Benché qui non abbia indagato l’argomento, si conferma che ci sono degli aspetti legati alla cor-poralità e all’Io, che toccano la sfera dell’intimo, che non tutti i bambini vogliono o sono pronti a condividere in un gruppo allargato, ma che riescono a manifestare più facilmente alla loro docente, esprimendo emozioni ed espressioni in un contesto riservato.

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Conclusioni personali

Sono soddisfatta del percorso didattico ideato e realizzato: esso mi ha arricchita e rafforzata su di-versi aspetti del ruolo di docente, confermandomi la bontà della scelta fatta. Sul piano emozionale ho vissuto una ricca esperienza di condivisione di emozioni, di sentimenti e di riflessioni.

Con questo percorso non avevo la pretesa che i bambini potessero raggiungere la propria identità, il proprio sé e una sana autostima in quanto tale, ma piuttosto che ognuno potesse sperimentare un grado di visibilità psicologica per consentirgli di essere riconosciuto e apprezzato dagli altri e soprattutto da sé stesso. Durante il percorso è stato importante lasciare che fossero i bambini a sco-prire nuovi elementi di sé stessi attraverso il confronto con i compagni e la riflessione individuale, favorendo l’autoconoscenza e l’autovalutazione.

Il dispositivo pianificato per dare seguito al mio progetto nonostante la chiusura delle scuole, ha implicato un’accurata preparazione sia del materiale sia dell’aspetto relazionale. Infatti proporre gli interventi a distanza non è stato semplice, tuttavia si è rivelata un’esperienza positiva e arric-chente sia per gli allievi (e per i loro genitori), sia per me in veste di docente. Il contesto delle videochiamate è ben diverso da quello della scuola in presenza; malgrado ciò, grazie agli accor-gimenti messi in atto e all’entusiasmo dei bambini, si è rivelata una modalità efficace. Ho colto l’importanza e il valore della relazione docente-allievo “in remoto” (anche se non qualitativamente paragonabile alla relazione diretta) che ha dimostrato una potenzialità importante per mantenere vivo il contatto affettivo ed emozionale. Sarà sicuramente uno strumento da tenere presente nei casi di prolungate assenze dovute a infortuni o malattie, a beneficio non solo del bambino, ma anche dei genitori e dei compagni di classe.

Si certifica che il testo principale della presente Tesi “Questa sono io!”contiene 59’362 caratteri (spazi inclusi).

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Bibliografia

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Canetta, C. (2017). Autostima fare o essere? Come favorire l’evoluzione di una sana autostima attraverso un percorso centrato sulle identità competenti che permetta al bambino di avere maggiore consapevolezza di sé. Tesi di Bachelor, DFA, Locarno, anno scolastico 2016/2017. Locarno, Svizzera: Supsi, DFA.

Cannoni, E. (2017). Il disegno dei bambini (16th ed.). Roma, Italia: Carocci editori.

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Allegati

Allegato 1 – Mappa sezione

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Allegato 2 – Descrizione del campione di riferimento (dicembre-gennaio 2020)

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Allegato 3 – Descrizione delle attività didattiche

“Gi Raffa cerca se stessa”

Il percorso viene introdotto con la lettura di un adattamento del racconto “Gi Raffa cerca se stessa” di Alberto Moravia. Nel racconto Gi Raffa è alla ricerca della sua identità e per scoprirla si sposta nella radura identificandosi in ogni animale che incontra cercando di assumere il suo stesso com-portamento. Per scoprire la sua identità però Gi raffa dovrà specchiarsi in uno stagno in modo da poter osservare le sue caratteristiche fisiche. Il racconto permette di riflettere sulle caratteristiche, le differenze e le unicità di ognuno.

Al termine del racconto i bambini trovano uno specchio così da potersi rimirare per la “prima volta” ed esprimere ad alta voce le proprie impressioni.

Autoritratto allo specchio

I bambini si ritraggono con l’aiuto di uno specchio posto davanti a loro.

Lo specchio, come approfondito nel quadro teorico, è uno strumento indispensabile per l’autori-tratto. Per i bambini osservarsi allo specchio è sempre un’attività molto intrigante, infatti spesso osservano dettagli del loro volto che non avevano “mai visto” prima. Questo strumento permette ai bambini di “giocare” con la propria immagine.

Dopo un primo momento libero dove bambini possono osservarsi nello specchio provano a raffi-gurarsi.

Figura 8.5 – Autoritratto allo specchio.

Ritratto del compagno

I bambini, a coppie omogenee per competenze e età, osservano e descrivono il volto del compagno e successivamente realizzano un ritratto. Questa attività consente ai bambini di assumere maggiore consapevolezza dell’importanza dell’osservazione per cogliere i dettagli del volto del compagno.

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Questa attività è molto formativa perché la rappresentazione non deve soddisfare solo le aspettative dell’autore, ma anche quelle della persona ritratta. Interessante ascoltare i feedback dei bambini durante l’esecuzione dei lavori.

Figura 8.6 – Ritratto del compagno.

Autoritratto simmetrico

I bambini ricevono la loro fotografia tagliata a metà su l’asse verticale con l’indicazione di com-pletare il loro volto. Questa attività permette agli alunni di “giocare” con la propria fotografia aggiungendo la parte mancante del volto. È un’attività che consente anche di osservare se il bam-bino è in grado di “separare” la sua immagine disegnandone solamente la metà mancante o al contrario necessita ancora di rappresentarsi interamente.

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Autoritratto ricalcato

I bambini ricevono la loro fotografia con sopra un foglio di carta acetata fissato con del nastro adesivo. Con l’utilizzo di un pennarello indelebile gli alunni ripassano “le linee” del proprio volto. Questa attività permette di cogliere alcuni elementi del viso che spesso non vengono notati durante l’osservazione allo specchio. Inoltre, fornisce degli stimoli per la rappresentazione di alcuni parti del volto, come il naso, che spesso i bambini faticano a rappresentare.

Figura 8.8 – Autoritratto ricalcato.

Gli animali che ti rappresentano

Figura 8.9 – Gli animali che mi rappresentano.

Individuare degli animali che rappresentano ogni individuo è uno stimolo per riflettere sulle proprie caratteristiche fisiche e personali, sulle proprie abilità e le proprie preferenze.

Grazie alla riflessione individuale e alla condivisione con i compagni, ogni bambino potrà se-lezionare qualche animale che lo rappresenta per poi realizzare un “autoritratto” che integri le caratteristiche individuate.

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