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Democrazia diretta e Unione europea: il ruolo dell'iniziativa dei cittadini europei (ICE)

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Academic year: 2021

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Democrazia diretta e Unione europea: il ruolo dell’Iniziativa dei cittadini europei (ICE)

Giuseppe Porro

DEFICIT DEMOCRATICO E CITTADINANZA

Fatta l’Italia, facciamo gli italiani, diceva più di cento anni fa Cavour (anche se alcuni attribuiscono la frase a Massimo D’Azeglio) Oggi non possiamo dire: fatta l’Europa facciamo i cittadini europei, per il semplice motivo che l’Europa, come entità politica federale è ben lungi dall’essere realizzata. I cittadini europei però esistono, anche se tale ruolo è legato al possesso della cittadinanza di uno Stato membro, come affermato nell’art.9 TUE e nell’art.20 TFUE paragrafo 1:” è cittadino dell’UE chiunque abbia la cittadinanza di uno Stato membro. La cittadinanza dell’Unione si aggiunge alla cittadinanza nazionale e non la sostituisce”. Non solo i cittadini europei esistono ma hanno ben consapevolezza che le politiche adottate in sede UE hanno forte ripercussione sulla loro vita. Se una volta il cittadino europeo si sentiva avulso da ciò che avveniva a Bruxelles, ritenendo che le decisioni che direttamente lo riguardavano erano prese dal suo governo nazionale, oggi, specie nei paesi che hanno adottato l’euro, il cittadino ha preso netta posizione a favore o contro il processo di integrazione europea, accusandolo di arrecare danni al suo tenore di vita, o viceversa, vedendo in esso nuovi traguardi di prosperità nonché di tutela della vita democratica. Il problema di fondo è che però tale cittadino ha poche possibilità di incidere sul processo europeo, giacché è vero che elegge il Parlamento europeo, ma è anche vero che il Parlamento europeo ha competenza limitata se lo si compara ai Parlamenti nazionali. Il sistema UE come è noto, è ,senza addentrarsi nel tema, un sistema complesso ove coesistono aspetti di tipo funzionalista, intergovernativo, federalista, ma ove il Parlamento condivide al 50% con i governi i poteri legislativi :da qui il cosiddetto deficit democratico, con la richiesta, da parte di coloro che vogliono più integrazione a livello europeo, di maggiori poteri al Parlamento europeo nonché più in generale più partecipazione democratica nell’elaborazione ed attuazione delle decisioni assunte a livello UE. Il concetto di deficit democratico non è certo cosa recente. Come è stato notato1 tale termine risale al 1997 e fu per la prima volta utilizzato dall’allora presidente dei giovani federalisti europei nonché storico collaboratore di Altiero Spinelli, Richard Corbet. Via via però si è accresciuto di significato e di rilevanza nella misura in cui il cittadino ha preso coscienza del “potere “di Bruxelles e dell’incidenza sulla sua vita delle decisioni assunte dalle istituzioni europee. Si pensi ad esempio, aldilà della questione preminente dell’euro, all’incidenza sulle legislazioni nazionali delle normative UE (regolamenti, direttive, decisioni). Le stesse direttive, anche se necessitanti di recepimento da parte degli Stati membri, possono avere effetti diretti se sufficientemente dettagliate, anche in assenza di tale recepimento. Un’istituzione, l’UE, dunque atipica, non confederazione, non federazione, non semplice accordo intergovernativo, ma in ogni caso dotata di competenze e poteri che il cittadino ha ben compreso essere rilevanti per la sua esistenza. Da qui l’attenzione al tema dell’azione a favore di una maggiore democraticizzazione del processo integrativo nell’UE di cui è prova l’art.11 del TUE che istituisce la c.d. ICE- Iniziativa dei cittadini europei: “Le istituzioni danno ai cittadini e alle associazioni rappresentative, attraverso gli opportuni canali, la possibilità di far conoscere e di scambiare pubblicamente le loro opinioni in tutti i

1 J. Zigler, Diritto delle politiche e delle istituzioni dell’Unione Europea, il Mulino, Bologna, 2013,

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settori dell’Unione. Le istituzioni mantengono un dialogo aperto, trasparente e regolare con le associazioni rappresentative e la società civile. Al fine di assicurare la coerenza e la trasparenza delle azioni dell’Unione, la Commissione europea procede ad ampie consultazioni delle parti interessate. Cittadini dell’Unione, in numero di almeno un milione, che abbiano la cittadinanza di un numero significativo di Stati membri, possono prendere l’iniziativa di invitare la Commissione europea, nell’ambito delle sue attribuzioni, a presentare una proposta appropriata, su materie in merito alle quali tali cittadini ritengano necessario un atto giuridico dell’Unione ai fini dell’attuazione dei trattati”. Il successivo art.24 del TFUE stabilisce le procedure e le condizioni necessarie per la presentazione di un’Iniziativa dei cittadini: “il Parlamento europeo ed il Consiglio, deliberando mediante regolamenti secondo la procedura legislativa ordinaria, adottano le disposizioni relative alla procedura e alla condizioni necessarie per la presentazione di un’Iniziativa europea.”2. Cosa poi avvenuta con il regolamento UE n .211/11 del Parlamento europeo e del Consiglio del 16/02/2011. Si tratta di una nuova e rilevante forma partecipativa attuata a livello UE che, è bene ricordare, si affianca ad altri diritti spettanti ai cittadini, quali quello di petizione al Parlamento europeo, istituzionalizzato ai sensi dell’art.227 del TFUE, che consente ad ogni persona fisica o giuridica che risieda o abbia la propria sede in uno degli Stati membri dell’UE, di inviare appunto una petizione al Parlamento europeo, nonché il diritto del cittadino di ricorrere al Mediatore europeo per denunciare casi di cattiva amministrazione nell’azione delle istituzioni, organi o organismi dell’Unione (salvo la Corte di giustizia nell’esercizio delle sue funzioni giurisdizionali). Da ricordare inoltre il rilevante art.225 del TFUE, che consente al Parlamento europeo, espressione del popolo europeo, (oltre alla già ricordata sua principale funzione di esercitare congiuntamente al Consiglio la funzione legislativa e di bilancio) anche una funzione “propositiva” a livello legislativo, potendo “ il Parlamento europeo, a maggioranza dei membri che lo compongono, chiedere alla Commissione di presentare adeguate proposte sulle questioni per le quali reputa necessaria l’elaborazione di un atto dell’UE ai fini dell’attuazione dei Trattati”. E’ vero che la Commissione non è poi obbligata a presentare una proposta legislativa in linea con le richieste del Parlamento ( se la Commissione non presenta una proposta ne comunica le motivazione al Parlamento europeo); ma è anche vero che il Parlamento nei confronti della Commissione ha un potere di controllo non indifferente potendo, come è noto, approvare a maggioranza dei due terzi dei voti espressi ed a maggioranza dei membri che lo compongono , una mozione di censura nei confronti della Commissione con conseguenti dimissioni collettive dei membri della Commissione stessa, nonché dell’Alto rappresentante dell’UE per gli affari esteri e la politica di sicurezza. Da rilevare che l’art.241 TFUE prevede che la Commissione sia l’unico organo dell’UE che dispone del diritto di presentare proposte legislative, con la sola eccezione del settore della politica estera e di sicurezza, settori nel quale gli Stati e l’Alto rappresentante hanno un diritto di iniziativa, ma che riguarda di fatto solo atti di tipo esecutivo più che legislativo.

LE CARATTERISTICHE DELL’INIZIATIVA DEI CITTADINI

Tale nuovo strumento partecipativo consente di fatto ai cittadini di prendere direttamente parte all’iter legislativo. Ai sensi del già richiamato regolamento 211/2011, il diritto di Iniziativa prevede che un milione di cittadini UE (su un totale di

2 Per un’ampia disamina dell’ICE vedi: Un nuovo diritto per la democrazia e lo sviluppo in Europa, a

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oltre cinquecento milioni) appartenenti almeno a 7 dei 28 paesi UE, possano inviare alla Commissione una proposta di testo legislativo su questioni attinenti la competenza dell’UE. L’obiettivo che tale nuovo strumento partecipativo si propone è chiaro: mettere in moto stabili meccanismi di conoscenza e di comune organizzazione tra i cittadini europei (associazioni, comitati etc.) al fine di trasferire in sede europea quei meccanismi, già esistenti a livello nazionale, per promuovere dal basso politiche che sono sentite essenziali per molti: una sorta di democrazia diretta. Inoltre l’Iniziativa obbliga l’opinione pubblica a conoscere a fondo i settori nei quali l’UE ha competenza: gli inviti alla Commissione a legiferare possono infatti solo riguardare settori nei quali la Commissione stessa ha competenza. Settori per altro ormai vastissimi, quali l’agricoltura, l’ambiente, i trasporti, la sanità pubblica etc. Un modo dunque anche per obbligare di fatto i cittadini europei a conoscere competenze e meccanismi operativi del sistema UE, giacché ove l’Invito presentato alla Commissione risultasse fuori dalle sue competenze, sarà la Commissione stessa a comunicare tale situazione prima ancora che si metta in moto il complesso meccanismo della raccolta di firme per la presentazione dell’Iniziativa stessa. Se l’obiettivo dell’Iniziativa è chiaro, alquanto difficile però è determinare le modalità operative, giacché senza linee guida precise è alquanto complesso per i cittadini mettere in moto un meccanismo che preveda il coinvolgimento di almeno un milione di persone di 7 diversi stati. Il regolamento 211/2011 stabilisce precise regole in proposito. Tutto deve originare dalla costituzione di un Comitato, composto da almeno sette cittadini residente in altrettanti stati membri, che abbiano almeno 18 anni di età, età che consente di votare in tutti i paesi UE per il Parlamento europeo, con l’eccezione dell’Austria che fissa l’età minima a 16 anni. Ma come possono dei singoli cittadini trovare il modo di costituire un Comitato di tal genere e trovare i collegamenti necessari per portare avanti una comune istanza? Il regolamento è chiaro sul punto: l’Iniziativa deve essere davvero dei cittadini, sono loro che devono coordinarsi a livello europeo, ma possono essere Iniziative promosse o sostenute da organizzazioni, purché queste lo facciano in assoluta trasparenza. Sarà poi il Comitato ad essere capofila e responsabile dell’intera procedura. E’ un aspetto questo rilevante perché sottolinea la volontà europea di favorire collegamenti diretti tra i cittadini europei che in prima persona divengono protagonisti dell’iter legislativo europeo: non delegando ma impegnandosi di persona per sottoporre alla Commissione un progetto legislativo ritenuto essenziale per il buon governo europeo, Nello stesso tempo però, organizzazioni già esistenti, con sedi ed apparati idonei, possono essere punto di riferimento da cui possono scaturire le Iniziative e fornire valido supporto iniziale di promozione e sostegno nonché collegamenti a livello UE. Una volta individuato il tema di interesse comune e costituito il Comitato, la proposta legislativa è presentata alla Commissione che avrà due mesi di tempo per valutare la correttezza della procedura e in particolare, come si è gia detto, controllare se la proposta rientra nelle materie di competenza UE. Competenze come si è già notato molto ampie, ma che non consentono certo ai cittadini di proporre richieste di modifica dei Trattati esistenti, materia riservata come noto alla sovranità statuale dei 28 Stati membri. Ricevuta una risposta affermativa dalla Commissione, la proposta viene pubblicata in un apposito registro on line, e da quel momento può iniziare la raccolta delle firme necessarie (un milione in almeno 7 paesi membri) che potrà avvenire sia in forma cartacea che elettronica (su un software open-source fornito gratuitamente dalla Commissione stessa). Detto così sembra tutto semplice, in realtà vi sono non pochi aspetti operativi essenziali per il buon andamento dell’iniziativa. In primo luogo la questione linguistica. In che lingua va presentata alla Commissione la proposta di

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iniziativa? Come noto il problema di una lingua ufficiale nell’UE è un problema morto prima ancora di essere posto. Le lingue ufficiali sono quelle parlate nei paesi UE. Cosa che non toglie che a livello di funzionamento delle istituzioni UE, di fatto alcune lingue (l’inglese in particolare) siano utilizzate come comune linguaggio di lavoro e comunicazione. La proposta di Iniziativa può dunque essere presentata in una delle lingue ufficiali dell’UE. Un secondo aspetto rilevante è la ripartizione del numero di firme da raccogliere in ogni paese. E’infatti evidente che occorre fissare un numero minimo di firme necessarie per ogni paese, tenendo conto della popolazione complessiva del paese stesso. Tra le diverse ipotesi possibili per fissare tale numero minimo, ha prevalso quella, per altro molto ragionevole ed equilibrata, di moltiplicare per 750 il numero dei deputati al Parlamento europeo eletti in ogni stato membro. Risultano così i seguenti dati che vanno da un minimo di 4.500 per Malta, Lussemburgo, Cipro ed Estonia ai 74.250 per la Germania (per l’Italia 54750)). Da notare che le firme raccolte in uno Stato membro, senza che per altro si sia raggiunta la soglia minima di firme per quel paese, saranno ugualmente conteggiate al fine di raggiungere la quota minima di un milione. Una volta raccolte le dichiarazioni necessarie per il sostegno dell’Iniziativa nei singoli paesi, il Comitato dovrà richiedere all’autorità nazionale competente, paese per paese interessato, la certificazione delle firme raccolte, presentando separatamente quelle raccolte su carta e quelle raccolte per via elettronica. Il cittadino interessato a dare, con la sua firma, sostegno all’Iniziativa, dovrà compilare uno specifico modulo, conforme ad un modello previsto dal regolamento 211/2011 (modulo cartaceo o on line) compilando tutte le informazioni obbligatorie richieste e specificatamente il titolo, l’oggetto, gli obiettivi dell’Iniziativa. Come esplicitato nella guida all’Iniziativa dei cittadini europei redatta dalla Commissione3, i dati personali da indicare nel modulo sono stabiliti dallo Stato membro di appartenenza, che può essere il paese di cui si è cittadini o quello di residenza. I dati richiesti sono quelli che i singoli paesi dell’UE ritengono necessari per verificare una dichiarazione di sostegno. Chi risiede in uno Stato membro diverso da quello di cui si è cittadini o chi è cittadino di più Stati membri, può scegliere il paese al quale far capo, secondo i dati richiesti da ciascuno di essi. In ogni caso ciascun cittadino può firmare un’Iniziativa una volta sola. Quanto alla tempistica è da ricordare che c’è un anno di tempo per raccogliere le firme, a partire dalla data di registrazione dell’iniziativa presso la Commissione. Una volta raccolte le necessarie dichiarazioni di sostegno all’iniziativa da parte di cittadini europei, il Comitato promotore le invierà alle autorità nazionali competenti (quelle cioè dei paesi membri dove le firme sono state raccolte). Tali Stati procederanno alle verifiche per accertare la validità delle firme presentate entro un periodo di tempo massimo di tre mesi (da ricordare che, a tutela della privacy, autorità nazionali ed organizzatori, hanno l’obbligo di proteggere i dati personali ed è quindi vietato rendere pubblico l’elenco delle firme). A questo punto l’Iniziativa, che ha raccolto le firme necessarie in almeno 7 paesi membri, può essere presentata alla Commissione per il successivo esame. L’INIZIATIVA DEI CITTADINI ED IL RUOLO DELLA COMMISSIONE.

Il cittadino europeo, o meglio un elevato numero di cittadini europei di vari paesi membri, a seguito dell’iter ora descritto è in grado di presentare alla Commissione l’Iniziativa per la quale si è riusciti a raccogliere le firme necessarie in un numero congruo di paesi UE. Ora passa tutto nelle mani della Commissione, dell’istituzione cui il Trattato assegna la funzione di proposta di un atto legislativo al Consiglio ed al

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Parlamento europeo, senza la quale questi ultimi non possono procedere all’emanazione di atti vincolanti. Come è noto, infatti, alla Commissione non è attribuito un autonomo potere decisionale, non può cioè emanare atti vincolanti, tranne in pochi casi previsti dal Trattato, come ad esempio l’art.45 TFUE lettera D in materia di libera circolazione dei lavoratori relativamente al diritto di questi di rimanere sul territorio di uno stato membro dopo aver occupato un impiego. Suo compito principale, come si è già detto, è quello di proporre al Consiglio ed al Parlamento europeo un atto legislativo. Ed è proprio nella scelta degli atti da proporre che la Commissione esercita un interesse collettivo federale: proporre cioè atti legislativi che la Commissione ritenga rilevanti per il rafforzamento del processo integrativo europeo. Con l’Iniziativa dei cittadini europei anche da questi possono ora giungere proposte legislative alla Commissione che, obbligatoriamente dovrà considerarle ,ma non altrettanto obbligatoriamente dovrà dare inizio alla procedura legislativa. L’iter previsto a seguito della presentazione di un’Iniziativa alla Commissione prevede che nei tre mesi successivi alla presentazione della Iniziativa i rappresentanti della Commissione incontrino il Comitato organizzatore dell’Iniziativa stessa, al fine di ottenere ogni chiarimento e dettaglio sul contenuto, fini, obiettivi dell’Iniziativa. Momenti importanti questi per far comprendere alla Commissione se la proposta legislativa dei cittadini sia in linea o meno con lo sviluppo di politiche europee conformi al programma politico della Commissione e se in grado di apportare nuovi e positivi impulsi al processo integrativo europeo. Da considerare anche il fatto che gli organizzatori dell’Iniziativa possono presentare la stessa al Parlamento europeo nel corso di un’audizione pubblica; cosa che non va vista solo come atto informativo ma anche come momento in cui il Parlamento, prendendo conoscenza della richiesta legislativa di una parte numericamente rilevante della popolazione europea, è in grado quando la maggioranza del Parlamento europeo sia favorevole ad una tale Iniziativa, di far sentire alla Commissione l’interesse a che la procedura legislativa vada avanti. Non si dimentichi infatti che il Parlamento europeo ha i già ricordati poteri di censura nei confronti della Commissione sull’operato della Commissione stessa. Un potere quello della censura sicuramente eccezionale ma che, come stato osservato giustamente “rappresenta un’arma di dissuasione più per la sua semplice previsione che per la sua possibilità di utilizzazione”4, che potrebbe essere minacciata dal Parlamento di fronte ad un’inerzia della Commissione a procedere, senza che ve ne sia giustificato motivo, alla presentazione della proposta per l’iter legislativo. In sostanza la Commissione, di fronte ad un’Iniziativa dei cittadini che ha ottenuto, come si è detto, il numero necessario di firme di sostegno, ha certamente diritto di svolgere ogni tipo di approfondimento per valutare la portata dell’Iniziativa stessa, ma le motivazioni di un suo eventuale rifiuto a mandare avanti , non sostenute da motivazioni che escludano, ai sensi dei Trattati, il proseguimento dell’iter legislativo dell’Iniziativa, assumerebbe una valenza politica che il Parlamento europeo potrebbe attentamente valutare .

***

La possibilità offerta ai cittadini di divenire parte attiva nel processo legislativo europeo nei termini ora indicati, non è passata certo inosservata nell’opinione pubblica europea come dimostrano le numerose iniziative già presentate che riguardano temi differenti: l’eliminazione della sperimentazione animale nell’UE, il

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piano straordinario europeo per lo sviluppo sostenibile e l’occupazione, una tariffa forfettaria mensile per il telefono, l’acqua come bene comune e non come merce etc. L’Iniziativa quindi è un importante ed innovativo strumento offerto ai cittadini per un loro maggiore coinvolgimento nel processo integrativo europeo, con ottime probabilità di essere accolta dalla Commissione ed avviata all’iter legislativo,5 in linea con analoghe possibilità di partecipazione diretta dei cittadini di presentare nei loro paesi proposte legislative ai Parlamenti nazionali o abrogative di leggi esistenti (come previsto nella nostra Costituzione).

Resta tuttavia che il vero nocciolo del problema rimane quello legato al ruolo del Parlamento europeo. Fino a quando il potere legislativo non gli spetterà totalmente e non dovrà invece dividerlo con quello degli stati membri, il popolo europeo non potrà davvero essere parte di un reale processo integrativo europeo, rimanendo l’UE un modello più vicino a quello di un’organizzazione internazionale che ad un modello federale. Una scelta ardua quella di spingersi verso una maggiore unificazione o limitarsi ad un’unione più mercantilistica che politica, che può comportare un’Europa a più velocità: chi è disposto ad una svolta verso una reale federazione, chi vuole invece un minor livello di integrazione che non escluda in seguito l’adesione al sistema federale.

5 Come è stato giustamente osservato, vedi P. Ponzano, Verso una nuova cittadinanza europea, in Un

nuovo diritto… op. cit. pag 75, “Se si prende in esame la prassi seguita dalla Commissione europea nel valutare le richieste legislative provenienti da stati membri, Parlamento europeo o dal Consiglio…., risulta che la Commissione dà una risposta positiva al 95% delle richieste ricevute, poiché i suoi rifiuti di presentare proposte di legge non hanno superato i dieci casi nella storia dell’integrazione europea”.

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