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Il cammino delle donne, la Ursprung del femminismo

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Academic year: 2021

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UNIVERSITÀ

DI PISA

Dipartimento di Civiltà e Forme del sapere

CORSO DI LAUREA MAGISTRALE IN FILOSOFIA E FORME DEL SAPERE

TESI DI LAUREA

L’Ursprung del femminismo.

Candidato Relatore

Vincenzo Lo Russo Maria Antonella Galanti

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L’URSPRUNG DEL FEMMINISMO.

Indice

Premessa Generale……….4 Introduzione………10 1. Il dimorfismo sessuale………....18 1.1 Il Binarismo sessuale……….18

1.2 Uomini e Donne. Chi troppo chi niente……….………25

1.3 La strategia del Potere………33

2. Le donne in epoca vittoriana e la supremazia maschile.……….42

2.1 .L’ideologia delle sfere separate……….42

2.2. Donne, il lavoro e l’accademia…...……….………..51

3. L’evoluzione delle considerazioni sul maschile……….…...61

3.1. I Men’s Studies……….61

3.2. Virilità. Tradizione e modernità………..…….68

3.3. Legittimazione del potere maschile………..…77

4. I Genders Studies e La teoria Queer ………..83

4.1.Studi sul genere………..………..83

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4.3. .Transmodernismo. La performance del genere……….……...96

5. Jessica Benjamin. Relazione intersoggettiva………102

5.1. La guarigione dal silenzio……….102

5.2. Attivo e Passivo……….……107

5.3. Freud e il femminismo……….….111

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Premessa Generale

E già che vogliamo essere sterili, siamo anche casti, perché, se si rinnega della Natura ciò che in essa vi è di fecondo, nulla può esistere di più ignobile e basso che custodire villanamente ciò che ci aggrada in ciò che rinneghiamo. Non esiste nobiltà a pezzetti.1

Affronteremo in questa tesi le complesse vicende riguardanti il genere e la sessualità partendo dalla teoria performativa degli atti costitutivi, teorizzata da Judith Butler, con particolare interesse alla sessualità maschile e alla storia di liberazione delle donne. Una liberazione che ha riguardato ogni aspetto della loro vita quotidiana, e non solo. Perché le loro battaglie significarono una liberazione quasi globale, estesa ad ogni aspetto della società: dalla sessualità

                                                                                                               

1  F. Pessoa (1913), Il Libro dell’Inquietudine, Mondadori,Milano, 2014, p. 17

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alla razza, fino a mettere in discussione anche il valore della posizione sociale e di classe.

Virginia Woolf, durante la passeggiata temporale tra gli scaffali del British Museum2, racconta la complicata vicenda femminile, in Una stanza tutta per sé. Qualche anno più tardi, l’infermiera e attivista femminista per il controllo

delle nascite in America (ABCL), Margaret Sanger3, precisamente nel 1921, comprese che il controllo delle nascite avrebbe rappresentato, per le donne, la possibilità di resistere alle imposizioni biologiche che le legavano per sempre dal ruolo materno.

Le teorie nate in seno al femminismo hanno rappresentato una vera e propria critica del patriarcato, autore di molte pratiche discriminatorie, mostrando come una particolare materializzazione del corpo maschile, trasformato in un corpo politico, sia sempre stata messa in pratica, e allo stesso tempo, smontando in tal senso le teorie che permettevano all’uomo ogni sorta di vantaggio a scapito dei non-uomini, ovvero di coloro che non rientravano nei canoni della normalità4 e quindi non erano degni di essere chiamati uomini. A cavallo tra il XIX e il XX secolo, la borghesia maschile subisce un grave affronto da parte delle sommosse femminili e dei gruppi di liberazione sessuale. Le donne stanno camminando con le loro gambe e cominciano a prendere decisioni importanti sulle loro vite, anche gli omosessuali e le                                                                                                                

2 V. Woolf, Una stanza tutta per sé (1929), Newton Campton, 2013, p.34.

3 Documentario Storia del sesso. Il ventesimo secolo, di M.J Peltier e M. Mc Pherson (MPH Entarteiment 1999).

4 E.Arfini e C. Lo Iacono, Canone Inverso, antologia di teoria Queer, ETS, Pisa, 2012, pp. 15-17.

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minoranze razziali però stanno facendo passi da gigante, riuscendo finalmente, o almeno provando, ad entrare nelle realtà politiche ed amministrative del tessuto sociale5. Secondo il principio teorizzato da Foucault il potere, infatti, agisce in base alla resistenza del più debole6. Più si resiste e più si creano le

prerogative per una contro-risposta repressiva da parte del potere.

Con la nascita del socialismo e del nazismo, con l’incremento del razzismo, e lo scoppio dei conflitti mondiali, la società si preparava ad accogliere nuovi uomini soldato, al servizio della guerra, pronti a difendere la loro patria in ogni istante. La buona fisicità divenne una necessità di guerra, con il trascorrere del tempo però è divenuta un’esigenza identitaria del maschio, mostrare muscoli forti e invidiabili. È così in grandi linee che si viene a formare il mito della virilità. Un termine che sembra costruito a pennello per l’uomo, vista la base etimologica del sostantivo stesso. L’uomo ha costruito su di sè un mito ideologico che ha fissato nel tempo una struttura sedimentata di uomo, stereotipato e obbligato a norme comportamentali costantemente controllate. Si tratta di atteggiamenti obbligati da quello che Michael Kimmel chiama polizia

di genere, riferendosi alle “occhiate negli spogliatoi maschili”7. Luogo apparentemente pacifico, in cui tutti sono fraterni l’uno con l’altro e solidali ma ognuno pronto ad esibire e a schernire ogni mancanza di virilità dell’altro8.

                                                                                                               

5 Ibid. p. 35

6 M.Foucault, La volontà di sapere, Storia della sessualità (1976), Vol. 1, Feltrinelli, Milano, 2013, p-86.

7 S.Bellassai, L’invenzione della virilità, Carocci, Roma, 2011, p.43.

8 M.Kimmel, Manhood in America, a cultural history (1996), Oxford University, NewYork, 2006, p.187.

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Soffermandoci sul termine che accomuna ogni tipo di discriminazione, ovvero: la mancanza, ci si accorge che è proprio quello che ogni tipo di logica discriminante individua per formulare un’offesa che sia razzista o fobica. Indicando come dispregiativo ciò che non ci si trova ad essere; quello di cui si ha più paura ad somigliare, per confermare allo stesso tempo la sicurezza interiore di essere distante da ciò che si sta deridendo, arrivando ad ostentare alcuni atteggiamenti per confermarlo costantemente. Avere comportamenti femminili, ad esempio, per un uomo è qualcosa che potrebbe compromettere il suo status di uomo completo e quindi mancante di maschilità. La donna che, secondo questa logica si ritrova immersa in una condizione di mancanza perenne a quel punto diventa capro espiatorio e oggetto di confronto tra le due categorie di genere. Questi atteggiamenti, che danno origine nel migliore dei casi a misoginia e omofobia, si radicalizzano in determinati periodi storici, per esigenze del potere, che rimangono, spesso, inconosciute, costringendo spesso a nevrosi generali a causa di una qualche forte repressione sessuale.

Considerare il sesso genitale come segno di un’appartenenza sociale è per i

gender studies il motivo che ha contribuito a postulare la teoria che vede il genere come un puro costrutto culturale, destinato a mutare nel tempo e nello

spazio che si trova ad occupare in quel preciso momento. Da questo punto di vista il patriarcato, considerato come club esclusivo della maschilità, in quanto genere biologico, altro non è che una forma di potere consolidatosi sulla base di convinzioni sociali del tutto arbitrarie, ovvero: sulla superiorità maschile e sulla presunta normalità dell’uomo eterosessuale bianco. Termini, bianco ed

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eterosessuale, che permettono di definire una linea di demarcazione non solo su questioni legate al rapporto tra i generi maschio-femmina, ma agiscono anche nei confronti degli eventuali paradigmi di identità sessuali ‘’bislacche’’ o controverse, rispetto alla norma, e sull’appartenenza etnica di ogni soggetto. Con odio maschile è da intendere un odio che non sia solo riferibile agli uomini, ma anche alle donne, un odio che possa appartenere alla categoria maschile solo nel senso in cui si possono descrivere i generi: comparti stagni entro i quali e necessario rimanere, atteggiamenti e mentalità che caratterizzano la società, soggiogando gli istinti di soggettivazione individuale9. Essere

inserito all’interno di una categoria sessuale sociale, i cui appartenenti reali sono, in numero, tanti quanto i non–idonei, solo per un’adesione genetico-biologica è il destino sociale di tutti. Ma questo rappresenta anche un paradosso perché una separazione così netta tra due categorie fa si che maschile e femminile diventino etichette accessorie, definizioni di un itinerario intero di qualità, vizi e difetti comuni al genere di appartenenza. Questo significa che il dualismo ha vinto sulla moltitudine e che la rappresentazione sociale dei generi provoca una perdita di valore degli outsider, ovvero di coloro che non appartenendo né ad una né all’atra categoria (sia per orientamento sessuale, o caratteristiche fisiche) si trovano ad attraversare uno spazio vuoto, perché nessuno contribuisce all’edificazione di uno spazio genere e inter-etnico, dove le differenze nell’essere valorizzate su un piano del tutto etico e

                                                                                                               

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morale, vengono allo stesso tempo azzerate e nullificate sul piano politico e sociale10.

In conformità a quelle strutture mentali che hanno lo scopo di discernere il buono dal cattivo si crea la contrapposizione binaria per eccellenza: quella tra attivo e passivo. A loro volta prendono forma una serie di terminazioni linguistiche o aggettivi che conferiscono positività o negatività al sostantivo che indosserà uno dei due estremi. Non è certo una novità scoprire a quali dei generi sia rivolta l’una o l’altra qualità universale. Questa contrapposizione genera un paradigma sociale nel momento in cui si avverte uno sconfinamento o un mescolamento tra generi. Da qui l’esigenza di un soggetto sui-generis, o in-generato, della teoria Queer, un soggetto che sia libero dai pesi linguistici ed ideologici e che riesca a entrare ed uscire dalla categoria senza pagare enormi dazi o pene violente11 (come la derisione o l’esclusione).

Dalle vicende della psicoanalisi, ai movimenti di liberazione del soggetto, alla squisita rielaborazione delle vicende di Bertha Peppenheim (Anna O), Jessica Benjamin esplora il terreno dell’intersoggetività12, come spazio nuovo in cui ridefinire in termini psicoanalitici il rapporto tra uomo, donna e in generale con le moltitudini identitarie che da essi deriva, applicando un equilibrato metodo di scambio basato sul riconoscimento di se stessi, che non prevede la negazione

                                                                                                               

10 Butler, La disfatta del genere, cit. ivi.

11 R.Braidotti, Nuovi soggetti nomadi. Transizioni e identità postnazionaliste (2002), Luca Sossella Editore, Roma, 2012, pp.57-65.

12 J. Benjamin, L’ombra dell’altro. Intersoggettività e genere in psicoanalisi, Bollati Boringhieri, Torino, 2006. p. 109.

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dell’altro come punto di partenza per la costruzione del Sé13, bensì, una ritrovata complicità tra soggetti allo stesso livello.

Introduzione

Larga parte della teoria femminista si basa sul presupposto che esiste un’identità, concepita tramite la categoria delle donne, che cura gli interessi politici della donne, e non solo, si occupa anche di dare una giusta rappresentazione a livello culturale a tutti i quei soggetti che rispetto alla norma sono considerati nomadi14. Alla teoria femminista è, infatti, sembrato

opportuno elaborare un linguaggio che rappresentasse pienamente, o adeguatamente, le donne per favorirne la visibilità e la considerazione politica, perché sono proprio gli ambiti della politica e del linguaggio a stabilire, anticipatamente, i criteri secondo i quali i soggetti devono essere formati. Foucault ha mostrato come i sistemi giuridici producano i soggetti che poi arrivano a rappresentare15. Ogni tipo di rappresentazione prevede un processo di qualifica come soggetto, ma i soggetti regolati da tali strutture tendono a riprodursi e ad essere definiti in base alle esigenze di tali strutture. Se l’analisi                                                                                                                

13 Ibid.

14 Braidotti, Nuovi soggetti nomadi. Transizioni e identità postnazionaliste, p.75.

15 M.Foucault (1976), Diritto di morte e potere sulla vita, in La volontà di sapere, Feltrinelli, Milano, 1997, pp. 119-142.

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di Foucault è corretta allora la formazione giuridica del linguaggio e della politica che rappresenta le donne come soggetto del femminismo è essa stessa una formazione discorsiva che da origine ad una determinata versione della politica rappresentativa. Tutto ciò, a livello politico, diventa problematico, soprattutto se si può dimostrare che il sistema politico produce soggetti connotati dal punto di vista del genere, lungo un asse differenziale di dominio politico dei soggetti che si presume siano maschi16. Per questo motivo Judith Butler è dell’idea che appellarsi acriticamente a tale sistema per l’emancipazione delle donne non può avere altro esito che quello di autoinfliggersi una sconfitta 17 , senza contare che il problema dell’emancipazione è costituito anche dall’eventualità che potrebbe non esistere un soggetto che sta davanti alla legge. Si tratterebbe,, secondo Butler di una legittimazione contemporanea dell’ipotesi di uno stato di natura, appartenente al liberalismo classico18.

Al di là delle funzioni fondative di cui parla la teoria femminista che sostengono la nozione di soggetto, bisogna far fronte ad un altro tipo di problema linguistico: nel momento in cui si assume che con il termine donne si possa, in qualche senso, denotare un’identità comune, esso, infatti, diventa un termine problematico invece che rappresentativo. Denise Riley, in Sono quel

nome? Esplora la possibilità che dietro a quel nome ci sia una molteplicità di

                                                                                                               

16 J.Butler, Questione di genere, il femminismo e la sovversione del genere (1999), Laterza, Roma-Bari, 2013, p.5.

17 Ibidem. 18 Ivi. p.6.

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significati diversi19. Effettivamente, il termine non è per niente esaustivo, perché se si è una donna, di certo questo non è tutto ciò che si è20! Il discorso è, oltretutto, estendibile ad ogni categoria sociale: una persona che non ha ancora una connotazione di genere non è detto che trascenda, del tutto, agli accessori specifici del proprio genere, o della propria categoria. Rimane il presupposto che il genere non è sempre costituito in maniera coerente e costante, soprattutto se si fa un’analisi storico-sociologica degli usi e costumi di epoche precedenti alla nostra. In più, il genere interseca modalità razziali, di classe, etniche, sessuali e regionali delle identità che sono costituite discorsivamente e che affidano ad ogni componente una serie di caratteristiche indebitamente accomunate da aspetti prettamente biologici. La stessa Simone de Beauvoir ha sentito l’esigenza di spaziare con ecclettica determinazione dalla prospettiva storica a quella biologica indagando i ruoli che il pensiero maschile aveva attribuito alla donna, per tracciare quella che chiamerà liberazione verso una

femme indépendante :

“Donna non si nasce, lo si diventa. Nessun destino biologico, psicologico,

economico definisce l’aspetto che riveste in seno alla società la femmina dell’uomo; è l’insieme della storia e della civiltà a elaborare quel prodotto intermedio tra il maschio e il castrato che chiamiamo donna”. 21

                                                                                                               

19 D.Riley, Am I that name? Femminism and the category of Women, in History, MAcmillan, New York, 1988.

20 Ivi.p.34.  

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L’unità delle donne viene spesso invocata per costruire una solidarietà identitaria, la distinzione tra sesso e genere introduce una scissione nel soggetto femminista: originariamente inteso come ciò che avrebbe messo in discussione l’idea che la biologia fosse un destino, la distinzione tra sesso e genere serve a sostenere la tesi che, mentre il sesso, dal punto di vista biologico, è variatamente resistente, il genere è costruito culturalmente dagli agenti sociali che incarnano la legge. Conseguenzialmente è logicamente sostenibile l’ipotesi che il genere non è il risultato casuale del sesso, né ha la stessa fissità, ma al contrario e fluido e può attraversare indifferentemente entrambi gli emisferi, senza che questo debba per forza pregiudicare una qualche posizione sociale. Allo stesso tempo se questa ipotesi venisse portata all’estremo logicamente ne conseguirebbe una radicale discontinuità, evidente nei corpi sessuati, e crollerebbero le basi, ormai stabili del binarismo sessuale. Anche se i sessi appaiono a-problematicamente binari nella loro morfologia e costituzione, non c’è ragione di assumere che, forzatamente, allora anche i generi debbano essere solo due. Infatti, se si assumesse questa distinzione come costitutiva della struttura binaria del genere si riproporrebbe il concetto secondo il quale il genere è in relazione alla mimetica sessuale, mentre supporre che la costruzione del genere sia indipendente dal sesso ne farebbe derivare, oltre alla natura artificiale e fluttuante del genere, che termini come

mascolinità o femminilità potrebbero significare, allo stesso tempo, sia corpi

maschili che femminili. Questo vuol dire che: dal momento che ogni identità è costituita da caratteristiche proprie e personali, la logica binaria non fa altro

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che dare un’interpretazione arbitraria della realtà e soprattutto dei posizionamenti psichici che ogni soggetto attraversa nel corso della sua vita22. Per sostenere la tesi che il genere è solo una costruzione sociale mi sono allacciato ai vari studi che su questi argomenti sono stati portati avanti nei più svariati ambiti di studio (dalle analisi sociologiche del primo 800’ fino alle più recenti acquisizioni filosofiche) ed ho cercato di analizzare il rapporto tra uomo e donna nella storia esplorando anche la letteratura e la psicoanalisi. Mi sono chiesto se non fosse proprio questa distanza strutturale, sia linguistica che concettuale, a causare tutti gli altri tipi di esclusioni e fobie sociali e quindi, partendo dal presupposto che ogni condizione politica si riversa obbligatoriamente sulla qualità della vita di ogni agente sociale, se si potesse, in una prospettiva psicoanalitica, chiarire quale fosse il percorso che conduce tutti ad assumere, nel corso della propria vita, una stabilità identitaria in base al genere d’appartenenza.

Nel primo capitolo, concentrandomi su una visione antropologica, ho descritto, in un paragrafo inziale, il processo di separazione binaria seguendo come linee guida le concezioni sul potere gerarchico proprie delle prime fasi della teoria femminista e della teoria Queer. Per poi spingermi verso considerazioni antropologiche appartenenti alla filosofia di Levi-Straus e della sua allieva Héritier, secondo i quali l’organizzazione della famiglia e i divieti biologici di riproduzione maschile sono le prerogative per la gerarchizzazione della società in base al genere. Effettivamente, dando uno sguardo storico e sociale, è                                                                                                                

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possibile notare, nel secondo paragrafo, come il binarismo sessuale abbia sempre agito da modello, non solo, relazionale ma anche cognitivo fino ad estendersi ad ogni livello: dalla giurisdizione alla composizione di regole comportamentali appartenenti alla quotidianità. Infatti, è proprio l’esperienza cognitiva che fa del sesso e della sessualità un’esperienza dossica ovvero stabilità in base alla regole dell’eterosessualità. Per completare il capitolo, infatti, mi è sembrato opportuno occuparmi della concezione di bio-potere teorizzata da Foucault in relazione alla scientia sexualis come dispositivo per il controllo del desiderio e quindi della costituzione identitaria in base alle prerogative sociali e culturali della sessualità.

Nel secondo capitolo, quella a carattere storico e letterario, ho affrontato quelli che per molti studiosi rappresentano i capisaldi dell’opposizione binaria tra uomo e donna nella società occidentale. Si tratta dei romanzi, delle sociologia, della medicina e della divisione del lavoro in epoca Vittoriana, su cui la società ha agito in senso maschilista estromettendo la donna da ogni scenario pubblico e dando vita alla cosiddetta: ideologia delle sfere separate.

Nel terzo capitolo ho esplorato il giovane mondo degli studi sul maschile, una tradizione disciplinare che appartiene agli anni 60’ del mondo anglosassone e che è giunta in Italia solo recentemente. Ad una certo punto i maschi si resero conto, forse, che qualcosa sta cambiando. La guerra in Vietnam, i conflitti tra le grandi potenze economiche avevano posto nuovi interrogativi e aperto la strada a nuovi punti di vista. La società faceva spazio a nuovi individui e alle donne, gli uomini se fossero rimasti legati, anche intellettualmente, alle logiche

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del patriarcato non avrebbero fatto altro che racchiudersi in una minoranza. La critica al patriarcato e alla logiche maschiliste contribuirono, infatti, all’edificazione della storia del genere maschile, e non solo anche a gettare le basi per una nuova forma di coesione sociale. Il potere maschile, alla luce delle nuove acquisizioni si trasformò in solitudine maschile, descritto come un semplice costrutto sociale facilmente superabile sia livello logico che storico. Nel penultimo capitolo, quello a carattere più filosofico, sono entrato nel merito delle teorie Queer a partire da Judith Butler che a sua volta si appellò alla metafisica dei costumi del Novecento, per sostenere l’idea che il genere è un atto costitutivo, ipotesi utilizzata a sostegno dell’idea che il genere è un atto

performativo proprio come avviene in un teatro. Mi sono servito del transmodernismo, corrente di pensiero derivata da una lunga tradizione Queer

per evidenziare come anche nell’atto di cambiare il sesso di appartenenza siano nascosti elementi convenzionali, come direbbe il dottor Stefano Bellassai, forse i transgender sono la prova di quanto il dimorfismo sessuale abbia agito sugli usi e costumi della società.

Il capitolo conclusivo, invece, cerca, , di esplorare l’universo psichico delle donne, da Freud alla critica femminista. Grazie alla narrazione della vicenda clinica di Bertha Peppenheim, Jessica Benjamin, riesce a connettere l’Ursprung femminile a quello femminista. Freud ha presentato una ‘interessante questione rispetto alla psicologia femminile, identificando l’uscita dall’asintomaticità dell’isteria come una strategia maschile per superare l’isteria, Jessica allo stesso modo riesce ad invertire i significati,

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rispettivamente di attivo e passivo, slegando la passività non solo dalla femminilità, ma affidando a questo termine una valenza positiva.

In conclusione di tutto troviamo, quindi, una via d’uscita dal binarismo, di ogni genere, fermo restando che sono proprio i concetti di maschile e femminile a dare vita ad una concezione dicotomica della realtà. Da essi derivano tutta una serie di norme relazionali e comportamentali basate su attribuzioni indebite dei vari significati terminologici e cognitivi che spesso causano paura ed esclusione. Secondo la prospettiva intersoggettiva però è possibile ristabilire, a partire dalla relazione primaria, uno spazio neutro entro il quale i soggetti sono liberi di agire, in cui è possibile stabilire un rapporto paritario basato sul riconoscimento dell’altro in prospettiva platonica: conosci te stesso e

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I

Il dimorfismo sessuale.

I.I

Il binarismo sessuale.

Una prospettiva antropologica

Ero avvezzo a sentirmi gratificato della convinzione di meritare ogni successo di cui godevo. Ho valutato me stesso sulla base di onorevoli sforzi e giuste ricompense. Come altri grandi uomini in disgrazia", aggiunse con un sorriso, " devo sforzarmi di sottomettere la mia mente a quella che è la mia sorte. Devo imparare

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a sopportare l'idea d'essere più felice di quanto io non meriti.23

.

Affrontare la complessa questione del binarismo sessuale, nella nostra epoca non è una cosa semplice. Questo tipo di necessità sta alla base del pensiero e della teoria Queer24. nata in seno agli studi gay e lesbici, agli studi di genere e

alla teoria femminista, sulla scia delle tesi di Michel Foucault, Jacques Derrida e Julia Kristeva.

La tendenza alla contrapposizione binaria dei sessi costituisce dei limiti che per la realtà sono facilmente strumentalizzabili in modo repressivo, soprattutto dalla ‘’maggioranza’’25. D’altra parte però, non è pensabile prescindere da ogni

tipo di binarismo. Esso è incontrovertibile, perché determina la posizione epistemologica che il genere, in questo caso, assume nella società. Secondo Nancy Fraser l’impostazione teorica e politica del Queer tenta di sfuggire alle conseguenze negative del “modello del riconoscimento identitario”26. Nella fase di articolazione cognitiva dell’esperienza, dove è lecito pensare sia lo stesso significato dei concetti ad essere basato su distinzioni binarie o di opposizione, un elemento imprescindibile come la ‘’naturalità del sesso biologico’’ o l’orientamento sessuale può e deve servire a dar vita a                                                                                                                

23  Austen  J.,  Persuasion, Mondadori, Milano, 2002, p.234.e  

24 J.Butler, La disfatta del Genere, Meltemi, Roma, 2006, p. 44.

25 N. Fraser ,Il danno e la beffa. Un dibattito su redistribuzione, riconoscimento,

partecipazione (2007), Pensa Multimedia, Lecce-Rovato, 2012, pp. 135-143.

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ragionamenti utili a comprendere i limiti del binarismo di genere e quindi l’opportunità di un suo superamento pratico27. Siamo, però, di fronte ad una questione molto complessa nella sua struttura. Sul palcoscenico delle identità

sessuali sono presenti una moltitudine d’identità sessuali e non. Al centro di

quella che Foucault chiamava la fabbrica delle identità sessuali c’è una

matrice eterosessuale che prescrive l’obbligo di una scansione binaria della

realtà sessuata28. Questo determina che il binarismo, in generale, agisce in un primo momento come fondatore di ordine sociale, ma in una seconda fase diventa prerogativa della costruzione sociale in funzione alle modalità di acquisizione delle stesse esperienze cognitive29. Ovvero un certo tipo di immagine viene ad assumere concettualmente un significato utile a livello conoscitivo. Ad esempio, Lorella Zanardo ha abilmente dimostrato come certe immagini rappresentative del gentil sesso in TV siano in un certo senso corrosive per la realtà30, e che restituiscano, nella maggior parte dei casi,

un’immagine del femminile vuota e solo desiderabile dalla maggioranza maschile.

La difficoltà di fronte cui ci si trova nel parlare del binarismo sessuale e di genere consiste nel fatto che tali concezioni sono riscontrabili sia sul piano cognitivo, dove non sono facilmente superabili, perché potenzialmente neutre, consistono, infatti, nell’evidenza tangibile della differenza; ma vengono poi estese a forme culturali, etiche e giuridiche, nel momento in cui la conoscenza                                                                                                                

27 L. Bernini, Apocalissi Queer. Elementi di teoria antisociale, ETS, Pisa, 2013, p.17. 28  Ivi.  p.  49.  

29  J. Bruner La mente a più dimensioni (1986), Laterza, Roma-Bari, 1996, p. 118.   30  L.Zanardo,  Il  corpo  delle  donne,  Feltrinelli,  Milano,  2011,  p.27.  

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e i concetti vengono applicati in modo pratico31 nella civiltà. Le informazioni che raccogliamo attraverso l’esperienza vengono codificate e immagazzinate dal nostro sistema di memoria. A sua volta la mente umana non si limita ad accumulare informazioni ma è anche capace di formare relazioni tra di esse, questa è una capacità collegata allo svolgersi di operazioni cognitive che portano alla costruzione di rappresentazioni mentali32. Le immagini che si sono formate, a loro volta, costituiscono i contenuti del nostro pensiero. Questi contenuti non devono essere immaginati come entità puramente astratte, ma come strettamente collegati alle azioni o alle operazioni che da loro conseguono33. Il dispositivo della sessualità34, ad esempio, presuppone che l’origine del desiderio sessuale sia basato sull’attrazione chimica tra uomo e donna legittimandola essenzialmente con due elementi strumentali: la loro complementarietà e la loro utilità riproduttiva35 . Butler sostiene sia l’imposizione di un’eterosessualità obbligata a regolare il genere, in base ad una relazione binaria, in cui si presuppone che il maschile si distingua dal femminile, utilizzando come strumento, o dispositivo, il desiderio sessuale36. L’aspetto su cui ci si sofferma maggiormente è il passaggio del binarismo dal piano della pura opposizione cognitiva al piano in cui il binarismo si pone come criterio ordinativo della conoscenza. Un criterio che non sempre l’esperienza ci mostra come neutrale. Le contrapposizioni binarie sembrano,                                                                                                                

31  Bruner,  La mente a più dimensioni, ibid.   32  Ivi.p  129.  

33Ivi. p. 132.

34 M.Foucault ,La volontà di sapere (1976), Feltrinelli, Milano, 2013, p.45. 35  Ivi.  pp.  59-­‐69  

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infatti, tendenzialmente finalizzate alla costruzione di una struttura ordinata della realtà in cui l'opposizione orizzontale (di polarità o complementarità) tende poi a trasformarsi in un’opposizione verticale, cioè gerarchica e normativa37. Il dualismo tra maschile e femminile è particolarmente

illuminante in questo senso, perché è grazie alla contrapposizione tra le differenze biologiche oggettive dei due sessi che si realizza nelle culture umane il processo di gerarchizzazione38.

Questa tesi potrebbe essere argomentata meglio con Françoise Héritier esperta di teoria dei sistemi di parentela. Nel suo denso saggio L’esercizio della

parentela, del 1984, la studiosa introduce il concetto di valenza differenziale dei sessi, da lei considerato un universale antropologico. Un concetto che

rafforza i tre universali antropologici postulati da Levi Strauss, suo maestro, che sono: la proibizione dell’incesto, la divisione dei compiti secondo il sesso e l’esistenza di un’unione sessuale socialmente sancita 39 . La studiosa

approfondisce il concetto di “valenza differenziale” dei sessi come reclamo irriducibile del dominio maschile sul potere femminile. Scrive l’antropologa:

Questa valenza differenziale esprime un rapporto concettuale orientato fra maschile e femminile, traducibile in termini di peso di temporalità anteriore, posteriore o di valore40.

                                                                                                               

37  Bruner,  La  mente  a  più  dimensioni,  pp.120-­‐123.  

38  P.  Bourdieu  ,Il  dominio  maschile  (1998),  Feltrinelli,  Milano,  2009,  p.48.  

39  C.Lévi-­‐Strauss,  Le  strutture  elementari  della  parentela  (1949),  Feltrinelli,  Milano,  2006   pp.  613-­‐17.  

40 F.Héritier, Maschile e femminile. Il pensiero della differenza., trad. it., Laterza, Roma-Bari, 1997, cit.p.19.

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Questo fenomeno secondo Héritier si ritrova in tutte le culture del mondo, anche in quelle a base matriarcale dove, ad esempio, delle combinazioni sociali o politiche potrebbero essere sviluppate in maniera simmetrica a quelle patriarcali41. Lei riscontra, invece, che in tutte le culture note, del pianeta,

nessun sistema matriarcale sviluppa tutte le possibilità teoriche di dominio categoriale, le uni sugli altri. Afferma, però, che questo non è prova di un’intrinseca inferiorità fisiologica femminile, rispetto alla potenza maschile, ma testimonia la volontà di controllare la riproduzione da parte di chi non né ha il potere42. Si può ridurre tutto alla consapevolezza di cui parla Nadia

Fusini, alla commozione delle viscere che allude al nome ebraico riferito a

donna, ovvero isha43 , da dove il maschio nasce e ritorna inevitabilmente44 che è il presupposto che spinge l’uomo a volersi appropriare e allo stesso tempo di far perdere valore alla potenza creatrice femminile45.

Sarebbe dunque l'opposizione controllabile / incontrollabile inscritta nel funzionamento biologico la conseguenza di una fragilità fisica e morale? La differenza è una necessità del sesso maschile. L’uomo si sente incapace di controllare la riproduzione, sostanzialmente l’aspirazione al dominio di un sesso sull’altro è legata al desiderio di appropriazione delle prerogative riproduttrici. Gli studi sui sistemi di parentela, oltre a stabilire l'errore dell'ipotesi binaria obbligatoria, spiegano il modo in cui la differenza si è                                                                                                                

41 Ibidem. 42 Ivi. p. 74.

43http://www.ebrei.net/index.php?mact=CGBlog,cntnt01,detail,0&cntnt01articleid=23&

cntnt01returnid=38  ,  ultima  consultazione  dicembre  2014.  

44 N.Fusini, Uomini e Donne. Una fratellanza inquieta, Donzelli, Roma,1996, pag.28. 45  Ibidem.    

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tradotta in diseguaglianza nel momento in cui il desiderio di controllo sulle nascite è divenuto appropriazione indebita della vita delle donne. Come dice Nadia Fusini, è la cosa materna che continuano a desiderare sia uomini sia donne46. La cultura occidentale s’impone come una società patriarcale e

fallocentrica, proprio perché da’ battaglia alla vertiginosa generatività materna. In altre parole il corpo femminile fecondo e pieno viene trasformato in un corpo vuoto, cavo, da rifiutare perché protetto dal tabù dell’incesto per mezzo di codici e apparati che costringono a vietare il corpo materno e a prestare fede solo al corpo del padre47.

                                                                                                               

46 Ivi.p.31. 47  Ivi.p  45.    

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I.2

Uomini e Donne. Chi troppo chi niente.

Uno sguardo storico-sociale

Nella nostra società sull’identità sessuale agisce un operatore logico che impone alla maggioranza (ma anche alle minoranze) una scelta obbligata tra due scelte identitarie per: sesso, genere e orientamento sessuale48.

Il binarismo logico è una complementarietà neutra a livello cognitivo ma nel caso della sua applicazione pratica, come quella tra maschile femminile, quindi sessuale e di genere, viene arbitrariamente trasformata, dall’organizzazione simbolica della cultura, in una opposizione orientatamente gerarchica, in cui esiste un meglio e un peggio, un prima e dopo, un buono e un cattivo49. Questo tipo di organizzazione è valido per ogni campo della cultura; ma sembra trovi un’applicazione considerevole nella storia, nel diritto e in generale negli ambiti dove l’articolazione gerarchica delle opposizioni di genere è conforme alla

                                                                                                               

48 J. Buttler, Questioni di Genere (1990), Laterza, Roma-Bari, 2013, p.16. 49 P.Bordieu, Il dominio maschile (1998), Feltrinelli, Milano, 2009, p.11.

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necessità di discernimento delle prevalenze. In particolare, la gerarchizzazione delle polarità maschile/femminile può assumere la forma di ordine sociale e quindi può essere tale da legittimare un criterio di distinzione e di preferenza50. Il diritto si rivela essere ampiamente ancorato alla necessità di distinguere ordinando per categorie51. Vale a dire: di stabilire quali soggetti o quali proprietà siano da ‘’favorire’’ nell’applicazione della norma vigente. La differenza, in altre parole, non ha senso se non ha una funzione pratica, appunto quella di preservare il sistema eterosessuale, presentandolo come naturale e quindi inattaccabile dal punto di vista etico52. Il valore attribuito a

questa pratica rende indicativa la differenza tra i sessi che si esprime nello stabilire criteri di priorità, di accettabilità e intellegibilità considerando ‘’buoni’’ solo i generi in cui c’è coerenza dei tre elementi: sesso, genere, desiderio e pratiche sessuali53.

Per Judith Butler il binarismo sessuale, basato sul dimorfismo di genere, è

eterosessualità obbligata, in altre parole, conformemente alle teorie di

Foucault: il sesso è prodotto discorsivamente come categoria di genere; il genere, a sua volta, è prodotto discorsivamente come categoria del desiderio54. La funzione culturale del binarismo sessuale, dunque, passa dalla valutazione dell’evidenza empirica ad una costruzione ideologica, fondata sulla valutazione di aspetti politicamente stabiliti. È un dato di fatto che il sistema ordinativo                                                                                                                

50 R.W. Connel, Gender&Power, Cambridge, Oxford, 1987, p.134. 51 Ivi. p. 142.

52 F. Monceri, Oltre l’identità sessuale. Teorie queer e corpi transgender, ETS, Pisa, 2010, p. 37.

53 L. Bernini, Maschio e Femmina Dio li creò!?, Il Dito e la Luna, Milano, 2010, pag.12 54 Foucault, La volontà di sapere, p. 52.

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eterosessuale imponga una forte coerenza ai modelli di femminilità e maschilità sanciti dalla maggioranza. Come? Articolando un discorso sul desiderio dalla prospettiva maschile e stabilendo una gerarchia che garantisca agli uomini eterosessuali lo status d’identità sessuale normale.55 Confondendo

quest’ultima con la naturalità del genere maschile si fa convergere la scelta oggettuale del desiderio con la sistemazione polare dei generi. Infatti la scelta di accettare una differenza radicale tra i due poli maschio e femmina non fa altro che riproporne la normatività a scapito di tutti coloro che si trovano a cavallo tra di essi, includendo quindi soltanto coloro i quali siano disposti a riconoscersi nella categoria e, spesso, ad abiurare alle proprie differenze interiori pur di rientrare nel novero dei membri accettabili56.

Dal diciassettesimo secolo in poi si assiste al rafforzamento di ogni tipo di stereotipo riguardante il genere57. Il fondamento dell’identità sessuale è in stretta dipendenza con la sostenibilità di un particolare concetto di natura applicabile ai corpi umani, il cui assioma fondamentale è costituito dal dimorfismo sessuale. Esso si basa sull’assunzione secondo la quale esistono solo due forme sessuali chiaramente distinguibili: l’uomo e la donna58.

L’evoluzione dello stereotipo maschile, intorno al XVIII secolo, vide imporsi la virilità come regola normativa di accettabilità sociale in tutta la cultura

                                                                                                               

55 Monceri, Oltre l’identità sessuale. Teorie queer e corpi transgender, p.23. 56 Ivi.p25

57 G.L Mosse, L’immagine dell’uomo. Lo stereotipo maschile nell’epoca moderna(1996), Einaudi, Torino, 1997, p. 3.

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occidentale59. La formazione di uno stereotipo, secondo Mosse, ha inizio dalla comparazione dell’oggetto con l’elemento di paragone con il quale è in relazione d’immediata contrapposizione.

Analizzando le contrapposizioni binarie che costituiscono le basi logiche sulle quali il pensiero umano è ancorato, Eve Kosofsky Sedwick, studiosa Queer, sostiene che la cultura occidentale contemporanea abbia costruito attorno al binarismo maschio/ femmina, anche l’opposizione omo/eterosessuale. Le basi causali dell’omofobia si poggerebbero sulla distanza semantica che vi è tra maschile e femminile60. Alla luce di tali acquisizioni si potrebbe affermare che

la misoginia agisce in maniera determinante anche nelle relazioni tra gradazioni diverse di maschilità.

La struttura delle relazioni tra le persone è un luogo di regolazione intensiva e s’interseca con la maggior parte delle questioni legate al genere e al potere61. In accordo con le dimostrazioni di Foucault62 è assiomatico ritenere che la cultura

occidentale abbia collocato la sessualità in una relazione sempre più privilegiata rispetto alla concezione d’identità individuale. Le opposizioni binarie, che organizzano tutto il cosmo, gli attributi e gli atti, sessuati, sono investiti da una serie di determinazioni antropologiche e cosmologiche che organizzano le strutture oggettive e le forme cognitive della conoscenza, dando legittimità al binarismo sessuale. Pierre Bourdieu propone né Il dominio                                                                                                                

59 Ivi.p-5.

60 E.Kosofsky Sedwick, Stanze Private. Epistemologia della politica e della sessualità, a cura di Federico Zappino Carocci, Roma, 2011, p-35.

61 Connel, Gender&Power, p. 111. 62 Foucault, La Volontà di sapere, p.85.

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maschile uno schema di opposizioni pertinenti per descrivere l’atteggiamento

mentale con il quale l’ordine sociale costruisce il corpo come realtà sessuata, quindi depositario di principi di divisione sessuati63. Secondo Bourdieu la divisione delle cose e delle attività (sessuali o di altro genere), a partire della categoria maschile o femminile, raggiunge la sua necessità oggettiva inscrivendosi in quelle che chiama opposizioni omologhe, le quali comprendono: alto/basso, sopra/sotto, davanti/dietro, secco/umido e via dicendo64. Queste opposizioni sono tutte simili nella differenza ma abbastanza concordanti da sostenersi a vicenda attraverso un gioco di metafore e significati che consente loro di acquisire uno spessore semantico derivato dalla sopravvalutazione di una corrispondente rispetto all’altra, che invece è svalutata.

È proprio la concordanza tra le strutture oggettive e quelle cognitive, tra la conformazione dell’essere e le strutture del conoscere, tra il corso effettivo del mondo e le attese ad esso relative, a rendere la relazione con il mondo, con il genere e il sesso un’esperienza dossica65. Un’esperienza grazie alla quale è possibile cogliere le divisioni socialmente costruite tra i sessi a cominciare dal valore delle opposizioni binarie. Sotto questo punto di vista la divisione tra i sessi sembra rientrare nell’ordine normale delle cose, ma essa permea lo status e l’habitus degli “agenti”, dove diventa sistema di schemi di percezione, di pensiero e di azione, determinando una naturalità strutturale del binarismo                                                                                                                

63 P. Bourdieu, Il dominio Maschile, Feltrinelli, Milano, 2009, p-18. 64 Ivi. p. 13.

65 E. Husserl (1913), Idee per una fenomenologia pura e per una filosofia fenomenologica vol.

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sessuale. Questo programma sociale di percezione, infatti, si applica conseguentemente a tutte le cose ma in primo luogo al corpo nella sua realtà biologica66. L’idea di base poggia sulla considerazione aristotelica della femminilità come versione inferiore dell’uomo. Conformemente ai principi di una visione mitica del mondo, essa si è radicata nella pretesa di dominio degli uomini sulle donne e si è fissata attraverso le narrative popolari e le ideologie di tipo religioso e politico67.

La separazione tra i sessi s’inscrive, nell’ordine sociale anche come prerogativa per “l’unità sociale”68. Separando il pubblico dal privato si legittima

l’applicazione del principio separatorio del genere alle regole della famiglia69. Sia uomini che donne sono stati soggetti ad un inquadramento di genere: nell’essere donna come nell’essere uomo sono state concentrate una serie di caratteristiche e rifermenti semantici che hanno organizzato l’intera struttura relazionale umana sia nel pubblico che nel privato, in base ad un ordine culturale e arbitrariamente naturalizzato70, l’eteronormatività71.

Chi nasce maschio è chiamato a recitare la parte che il suo corpo incarna. Non per sua volontà ma per un privilegio che non dipende direttamente da lui. Ogni uomo si trova a dover seguire degli standard ai quali non può deliberatamente scegliere di sottostare, in questo si ritrova ad essere una minoranza che subisce                                                                                                                

66 J.Sedwick (1999), Questioni di genere. Il femminismo e la sovversione dell’identità, Laterza, Roma-Bari, 2013, p.21.

67 S. De Beauvoir (1949), Il secondo sesso, Il Saggiatore, Milano, 2012, pp.111-129. 68 Mosse (1996), L’immagine dell’uomo. Lo stereotipo maschile nell’epoca moderna, p.128. 69 S.Rowbotham (1973), Esclusa dalla storia, la questione femminile, Editori Riuniti, 1977, pp.30-38.

70 De Beauvoir, Il secondo sesso, p. 407.

71 L’espressione è apparsa per la prima volta in M. Warner (1991), Introduction: Fear of a

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uno stereotipo72. Chi recita la parte dell’uomo non è mai veramente uomo nel pieno significato attribuitogli73. È, infatti, sempre insita un’incongruenza tra la riuscita della performance e il modello originario da seguire. Questo significa che la maschilità nel sistema eterosessuale subisce le stesse costrizioni di ogni altra minoranza, per quanto riguarda rappresentazioni e attese sociali74. Tuttavia nel sistema binario della sessualità ci si ritrova davanti all’asimmetria tra la condizione dell’uomo eterosessuale bianco e quella delle donne e delle minoranze sessuali75. Nella matrice eterosessuale76, ad esempio, la donna è prodotta come scarto dell’uomo e mai il contrario, un omosessuale o un trans sessuale, invece, rappresentano il diversamente normale. I privilegi di cui gode l’uomo alimentano l’esercizio del potere proprio dell’imposizione di un’eterosessualità obbligata77.

Foucault ribadisce a più riprese ,nei sui libri, il concetto che il potere non è mai repressivo, o coercitivo; al contrario elargisce un’ampia sfera di libertà. L’organizzazione della società è, infatti, dipendente da questi presupposti libertari del potere. L’ordine eterosessuale, considerato il naturale orientamento sessuale, prevede il riconoscimento e la legalità delle identità sessuali

standard78 ma per mantenere il controllo ha bisogno di instaurare con le altre                                                                                                                

72 S.Ciccone, L’interiorità Maschile, Raffaello Cortina, Milano, 2010, p.56. 73 Ivi. p. 109.

74 D.Demetrio, L’interiorità maschile. Le solitudini degli uomini, Raffaello Cortina, Milano, 2010, pp. 23-26.

75 Connel, Gender&Power, p. 259.

76 L’espressione è ripresa da Butler (1993), Corpi che contano. Limiti discorsivi del sesso, Feltrinelli, Milano, 1996; Id. Scambi di genere, Sansoni Milano 2004.

77 Id. Corpi che contano, pp.37-45. 78 Monceri, Oltre l’identità sessuale, p. 71.

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identità, sessualmente devianti, relazioni di potere che prevedono una molteplicità di punti di resistenza79.

                                                                                                               

(33)

1.3

La strategia del potere.

La relazione sessuata dei corpi maschili e femminili, sancita come unica unione possibile, quindi privilegiata, da’ modo al potere, o meglio al “bio-potere”80 di organizzare la società, componendola in maniera gerarchica, operando distribuzioni intorno alla norma, ovvero creando una società normalizzatrice81.

Dagli scritti femministi dei primi anni 80’ emerge che il limite dato dal concetto di differenza sessuale, del femminismo radicale di quegli anni, è di ricondurre il potenziale epistemologico radicale entro le pareti della casa del

padrone82. Questo potenziale di cui si parla, in ambito femminista, è un concetto che permette di definire il soggetto costitutivo nel genere ma non nella sola differenza sessuale83. Mediante linguaggi e rappresentazioni culturali il soggetto può considerarsi ingenerato, ovvero, senza genere84. Un soggetto

                                                                                                               

80 Foucault, La volontà di sapere, p.127.

81 M.Foucault, Sorvegliare e punire. Nascita della prigione(1975), Einaudi, Torino 1976, pp.27-38; Id. Nascita della biopolitica. Corso al collège de France 1978-1979. Lezione del 17

gennaio 1979, Feltrinelli, Milano, 2005, p.35-54.

82 T.De Lauretis, Differenza e indifferenza sessuale, Estro, Firenze, 1989, p.67. 83 Ibidem.

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non unificato ma multiplo85. La casa del padrone, invece rappresenta i termini del patriarcato occidentale. Secondo la studiosa Teresa De Luretis le femministe, e soprattutto quelle appartenenti alle correnti più radicali, avevano posto l’accento, per le loro rivendicazioni, proprio sulla differenza tra uomo e donna, affidando quindi al binarismo sessuale una valenza epistemologica ancora più forte86.

Foucault né La volontà di sapere sosteneva che il sesso fosse la tecnologia del

genere, ovvero un modo di agire in base a dispositivi discorsivi grazie ai quali

è possibile costituire il soggetto di sapere. Secondo Foucault il potere è regolato da una serie di rapporti di forza codificati nella forma della politica87. Il potere non si acquista ma si esercita da innumerevoli punti in conformità a relazioni diseguali, come nel caso della relazione uomo/donna. All’interno della famiglia, e di conseguenza negli altri apparati sociali le relazioni di potere non sono mai esercitate dall’esterno le une sulle altre, ma immanenti ad ogni livello, sono gli effetti immediati di questa differenziazione interna88. Il potere, infatti, viene dal basso. I molteplici rapporti di forza che si formano operano negli apparati di produzione, nelle famiglie e nei gruppi ristretti che servono per sezionare il corpo sociale, e stabilire un ordinamento normativo89 fatto di libertà e desideri. Non esiste, secondo Foucault, un potere che si eserciti senza una serie di intenti e obiettivi e fortunatamente, dice: là dove c’è potere c’è                                                                                                                

85 Id., La tecnologia del genere, Feltrinelli, Roma, 2007, pp. 51-59. 86 Ibidem.

87 Foucault, La volontà di sapere, Feltrinelli, p-83 88 Ivi. p.89

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resistenza90. Foucault, riguardo alle teorie femministe, di liberazione sessuale, crede che nella pratica politica non si sia, ancora, stati capaci di fare ciò che invece si è fatto nella storia, cioè tagliare la testa del re91. In riferimento al fatto che il potere è ancora pensato secondo vecchi modelli: il modello del sovrano e il modello della proprietà. Il modello del sovrano implica che il potere sia visto come un comando imposto dall’alto, un ordine applicato attraverso la legge. Il principio della proprietà comporta, invece, che il potere sia ritenuto come qualcosa che si possiede, che alcuni hanno e altri non hanno, che si può cedere o acquisire. Per Foucault tagliare la testa del re significa pensare il potere facendo a meno di questi due presupposti. A questo punto viene da chiedersi però: come va pensato allora il potere? Innanzitutto, secondo un modello reticolare, il potere è una rete. Sostanzialmente è un insieme di azioni su azioni. Si esercita un potere, però, non quando si trasmette un’energia da un polo attivo su un polo passivo, ma quando un’azione influenza il campo di altre azioni possibili di altri soggetti, rilegandoli ad azioni indotte e non libere92. Questo vuol dire esercitare realmente un potere. Tutto il resto è forza, violenza, coercizione, ma non potere. Da qui deriva un’altra conseguenza, ovvero, che il potere per esercitarsi (o essere esercitato) deve lasciare dei margini di libertà, in alcuni casi deve crearli93. Una delle azioni del potere,

infatti, (questione molto interessante della teoria di Foucault) consiste nel                                                                                                                

90 Ivi.cit. p. 84. 91 Ivi. cit.p.129.

92L. Bernini, Le pecore e il pastore. Critica, politica, etica nel pensiero di Michel Foucault,

Liguori, Napoli, 2008, pp.10-12.

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creare libertà94! Per potersi esercitare il potere deve essere costretto a creare alcune libertà per coloro sui quali si esercita95. Il potere è storico, esistono modelli e tipologie differenti perché ogni tecnica di potere risponde essenzialmente ad un urgenza storica contestualizzabile nella società e nella cultura. Ogni potere è chiamato a rispondere a delle impellenze, nell’età moderna le urgenze per le quali è stato chiamato a rispondere furono essenzialmente due : come gestire un numero ristretto di individui in uno spazio chiuso e come guidare una grande popolazione su un territorio molto vasto. Al primo di questi problemi risponde il potere disciplinare che è la tecnica che permette di amministrare un piccolo numero d’individui in uno spazio ristretto96. È la stessa tecnica di potere che permette la disciplina nella fabbrica, nella società, nelle scuole e nella famiglia e via dicendo. La seconda tecnica di potere, invece, è quella che risponde alla necessità di gestione di grandi masse, quindi di un’intera popolazione97. Il potere deve occuparsi della

vita degli individui, di tutto ciò che riguarda il loro bios, pertanto degli aspetti immediatamente vitali della loro vita: la salute, l’igiene, la fertilità, la mortalità. Apparentemente sembrerebbe dover avere un effetto positivo. Ma Foucault parlando del biopotere dice:

                                                                                                               

94 Id. La volontà di sapere, p.81.

95 Id. Nascita della biopolitica. Corso al collège de France 1978-1979, p.43. 96 Id. La volontà di sapere, p. 77.

97 Id. Perché studiare il potere? La questione del soggetto, in Id., Potere e strategie, Mimesis, Milano, 1994, p. 105.  

(37)

[…]proteggere una popolazione assicurandone la salute è il compito essenziale dei bio-poteri moderni, può richiedere in alcuni casi di eliminare un pericolo o una minaccia, entrambi presenti in una parte della popolazione stessa o da un’altra popolazione98.

In questi casi il biopotere si trasforma nel suo contrario, ovvero, nel

tanato-potere, cioè un potere che in nome della vita è costretto a dare la morte

attraverso massacri e genocidi.

Da qui si passa, al rapporto tra potere e sapere che in sostanza, per Foucault, sta proprio nel cercare di tenere insieme le due dimensioni chiave della filosofia europea. Da un lato abbiamo, infatti, la teoria della conoscenza di Kant; dall’altro la volontà di potenza di Nietzsche99. Quindi se per Kant la ricerca di un elemento soggettivo nella costituzione di un’oggettività scientifica non giunge mai alla verità ultima della cosa in sé, ma solo al fenomeno (affermando che non può esistere un oggetto di conoscenza senza un soggetto conoscente); per Nietzsche, certamente vi è un intervento soggettivo nell’oggetto di conoscenza ma non è l’intervento di un soggetto che vuole contemplare ciò che conosce, bensì è l’intervento di un soggetto che vuole esercitare un potere su quella determinata conoscenza. In Foucault, infatti, la conoscenza si da sempre, ma a partire da una concezione agonistica della verità100. Da un lato essa si dà oggettivamente, ma come risultato di una lotta                                                                                                                

98 Ivi.cit. p.88.

99Bernini, Le pecore e il pastore. Critica, politica, etica nel pensiero di Michel Foucault, p.56. 100 Ivi. p.190.  

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basata su un rapporto di forza e di potere, il risultato di questo scontro da vita a quello che in un dato momento, e in date situazioni, chiamiamo verità. Dall’altro lato si hanno, invece, gli effetti soggettivi che il rapporto potere/sapere produce101.

Ad un dato momento storico corrispondono, effettivamente, determinati tipi di rapporti tra sapere e potere, oltre che una figura della soggettività imposta al corpo sociale che, a sua volta, può essere assunta o rigettata, dando così vita all’ambivalenza tra assoggettamento e soggettivazione102. Quest’ultima premessa serve a chiarire anche quale sia il rapporto tra potere e sesso. Un discorso che non può essere affrontato se non all’interno di questo processo che, lungi da essere un procedimento dialettico, condivide il materialismo storico di Marx, fungendo da discorso contingente all’analisi delle formazioni discorsive che stanno alla base del binarismo sessuale103. Orwell in 1984 scriveva:

Lo scopo del Partito non era tanto quello di impedire la nascita, fra uomini e donne , di sodalizi che poi non sarebbe stato agevole controllare. Lo scopo vero, anche se non dichiarato, era quello di togliere ogni piacere all’atto sessuale. Il nemico numero uno, sia all’interno che all’esterno del matrimonio, era tanto l’amore quanto l’erotismo. Tutti i matrimoni dei membri del Partito dovevano ricevere l’approvazione di un’apposita commissione e, anche questo principio non era fissato da nessuna norma esplicita, il permesso veniva sempre negato se i richiedenti davano l’impressione di                                                                                                                

101 Ivi. p. 130. 102 Ivi. p.192. 103 Ivi. p. 35.  

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provare attrazione fisica. Al matrimonio si riconosceva il solo scopo di procreare figli da mettere al servizio del partito. Il rapporto sessuale doveva essere considerato un atto di scarsa importanza e vagamente disgustoso, come n clistere. Anche questo fatto non veniva mai espresso a chiare note, ma lo si inculcava in ogni membro del Partito fin dall’infanzia. Vi erano perfino associazioni, come la Lega Giovanile Antisesso, che propugnavano la totale castità per i menbri di entrambi i sessi104.

Questo passo può fare da modello alla critica che negli anni 60’ Foucault aveva mosso nei confronti della scienza sexualis e sui dispositivi con cui essa era controllata. In altre parole questo passo descrive le modalità con le quali un certo tipo di potere si appropria della verità sul sesso. Abbiamo, infatti, da un lato un sesso naturale, libero in se stesso, non catturabile e incomprensibile; dall’altro un potere che invece cerca costantemente di appropriarsene producendo verità incontestabili, che investe il sesso di una serie di significati ad esso estranei. Una scienza sessuale, in altre parole, non è possibile perché di per sé la sessualità ha linee guida stabilite e non si ripete come un sistema ordinato di cause ed effetti, piuttosto, agisce in maniera casuale in base a prerogative psichiche, a loro volta influenzate dalle realtà culturali e sociali. Negli ultimi tre secoli si è assistito al rafforzarsi di questo discorso sul sesso. Dal XVI secolo in poi si sono venuti a fissare procedimenti di analisi e di trasposizione sul discorso della concupiscenza105, destinati a rimanere stabili fino alla fine XVIII secolo, momento in cui si assiste alla nascita di una nuova                                                                                                                

104 G.Orwel(1949), 1984, Mondadori, Milano, 2000, cit.p. 37. 105 Ibidem, p 103.

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