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Attivo e Passivo

5. Jessica Benjamin Relazione intersoggettiva

5.2. Attivo e Passivo

Attivo e passivo

È proprio sul rovesciamento della passività, in passività attiva, e il superamento della posizione femminile che secondo la studiosa si posano le cause fatali del crollo della psicoanalisi. La stessa Bertha propose un femminismo che si fondava sulla posizione attiva delle donne nella virtù materna. Come dicevamo nei capitoli precedenti il controllo maschile prende le proprie istanze dall’esclusione, imposta per natura, dall’atto creativo, rilegando la donna a semplice proprietà maschile e quindi soggiogandola entro i limiti della dipendenza economica.

Questa inesplicabile discontinuità, di cui Forrester e Appignasesi parlano, a proposito della vicenda metamorfica di Bertha231 che dalla malattia di Anna O. vide nascere l’attività sfrenata di Bertha contro l’assoggettamento maschile del suo tempo, può essere letta, secondo Benjamin come una reazione difensiva. Lo sforzo di dimenticare il passato e di ripudiare l’identità di paziente potrebbe riflettere un involontario desiderio di assumere l’identità dell’altro, in questo caso dell’opposto sano della coppia psicoanalitica, che guarisce e aiuta. Freud e

                                                                                                               

Bertha vivono nello stesso lasso temporale caratterizzato dalla tradizione illuministica e umanistica fatta propria dall’ebraismo secolarizzato. La Pappenheim ritrova, infatti, proprio in uno dei dogmi fondamentali dell’ebraismo, ama il prossimo tuo come te stesso, il primo tentativo di porre le basi per un’uguaglianza tra i generi. Lo stesso principio che Freud utilizzerà per poi denunciare l’ingenuità della religione e quindi la formazione del suo carattere reattivo232. È qui che insinua il divario tra psicoanalisi e femminismo, proprio a proposito dell’amore e della femminilità. Per Freud l’amore va decostruito fino all’osso per riuscire ad estrarre da esso termini quali sessualità e libido, ma la complessità di questo sforzo porta inevitabilmente a considerare il desiderio femminile relegato al desiderio di passività, principio che Freud escluse nella sola fase di maternità, momento in cui la donna assume una condizione attiva, non solo rispetto alla creazione stessa ma anche nei confronti del nascituro. Per Bertha però la sola associazione del desiderio femminile alla passività risulta deleterio, quasi come una giustificazione allo sfruttamento sessuale, mentre per lei l’amore altruistico dovrebbe essere liberato dalla concezione di un desiderio associato alla passività ma piuttosto come una volontaria identificazione protettiva con l’altro vulnerabile233.

Osservando queste due forze contrapposte: quello che la tradizione ha ereditato dalle considerazione sul femminile di Freud e il pensiero femminista che ,                                                                                                                

232 S.Freud (1921), Psicologia delle masse ed analisi dell’Io, in Opere vol. IX, Bollati Borighieri, Torino, 1978, pp. 257-330.

233 S. Bordi, recensione del libro “La storia di Anna O” di Lucy Freeman -Rivista di Psicoanalisi, 1979-3

invece, da queste considerazioni veterofemministe, appartenenti alla concezione di passività di Bertha, ci chiede come si possibile fondare il femminismo sulla scelta volontaria dell’oggetto di identificarsi con il soggetto nel processo di transfert, che lo stesso Freud considerava essenziale per la guarigione. Benjamin si sofferma sull’ambivalente eredità che Freud ci ha lasciato, concentrandosi sui concetti di libertà, dalla religione, dai tabù, dai grandi ideali illuministici, e allo stesso tempo quello di distanza, dal femminile, l’inerme e passivo che riflettono in se stessi gli elementi chiave della psicoanalisi e che contrassegnano il passaggio dalla passività all’attività, fondamentale per il transfert soprattutto tra persone disuguali quali: paziente e medico, o, autorità maschile e ribellione femminile.

A partire dagli Studi sull’Isteria, attività e passività, insieme alle altre complementarità binarie, possono essere considerati marcatori di genere. Lo sforzo di chiarire queste tematiche ha fatto si che il femminismo si interrogasse sul gesto fondante di questa liberazione dalla cosiddetta verità sulla dipendenza e sul desiderio femminile, mentre alla psicoanalisi ha chiesto dove e come avesse collocato storicamente la figura dell’altro, ovvero di colui che non sa ancora parlare da sé. La Benjamin a questo proposito ricorda l’immagine contrastante delle isteriche di Charcot, fatte esibire di fronte alla Salpetriere, una statua di Pinel che rappresenta la liberazione dei folli dalle loro catene. Cercare di cogliere quali e quanti siano i veri motivi di questo cambiamento di prospettiva psicoanalitico è un’ardua impresa, basterà al momento concentrarsi sul reale processo di avvicinamento tra oggetto e soggetto che ha portato

all’elaborazione di una psicanalisi intersoggettiva con il tentativo dissolvere la complementarità binaria che distingue i due termini e si insinua nella gerarchia di genere. Nonostante tutto, il progetto di liberazione della donna e di qualsiasi altra categoria non riconosciuta e ripudiata, non è identica alla procedura psicoanalitica, ma quest’ultima agisce in parallelo a questo progetto perché richiede una forma di considerazione autocosciente di come sviluppare le proprie forme di identificazione, senza le quali non sarebbe possibile attuare un riconoscimento adeguato di se stessi.

Il viaggio di Freud attraverso il transfert è allegorico perché, in un certo senso, ogni tipo di rivendicazione di un diritto è connesso sempre al potere cui si oppone e in tutti casi trascina l’altro in una relazione complementare, l’unica differenza è che per la psicoanalisi di tipo intersoggettivo, questa complementarità, è sempre reversibile. Si viene così a costituire uno spazio nuovo in cui le identità sono liberi di attraversare e riattraversare i propri posizionamenti, in cui la posizione da oggetto non è detto non possa trasformarsi in altro, in cui due parsone a confronto si comportano come fonte di conoscenza l’uno per l’altro, in cui l’appartenenza di genere non sia identificativa, né il desiderio sessuale o l’appartenenza di classe o razza. Si tratta di un livellamento in cui le identità interagiscono tra di loro come tra soggetti tutti degni in ugual misura..

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