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La guarigione dal silenzio

5. Jessica Benjamin Relazione intersoggettiva

5.1. La guarigione dal silenzio

La guarigine dal silenzio

Se bene le teorie di cui ci siamo occupati fino ad ora stabiliscano una sorta di connessione tra quello che la concezione storica ha tramandato, riguardo al rapporto tra maschile e femminile, e il comportamento umano, le relazioni

                                                                                                               

umane, com’è risaputo che sia, sono spesso spinte da implicazioni teoriche e pratiche molto eterogenee.

In questo capitolo ci occuperemo del principio dell’ intersoggettività, teorizzato da Jessica Benjiamin. La studiosa ha saputo ricostruire, partendo dalla propria esperienza personale, ma stabilendo un punto di incontro più che utile ai fini del suo saggio221, con la storia che vede protagonista Bertha Peppemim o meglio conosciuta come Anna O., e il cammino delle donne verso l’indipendenza. La vicenda clinica della guarigione di Bertha, i passaggi storici e psichici che hanno portato la donna al così detto murder222, ovvero la presa di

parola che nella tradizione ebraica è riferita all’atto di prendere possesso delle proprie capacità locutive di fronte agli altri, instaurare una relazione primaria attraverso la voce e le parole che sono dette autonomamente e spontaneamente. Interessante da sapere è che al Museo Ebraico di Berlino è possibile soffermarsi e approfondire la storia di Bertha Peppenheim, figura misteriosa, quanto rivoluzionaria, della storia tedesca del XX secolo, periodo contrassegnato da enormi cambiamenti sociali, dovuti alle rivendicazioni dei gruppi minoritari e dall’integrazione ebraica.

Non è facile ricostruire la storia di quella che potremmo chiamare la paziente 0 della psicanalisi, nonostante la sua storia può essere considerata il primo caso clinico d’isteria, documentato, trattato dalla psicoanalisi. Bertha nacque a Vienna nel 1859, ricevette un’educazione aristocratica, sapeva parlare tre

                                                                                                               

221 J. Benjamin, L’ombra dell’altro, p.56 222 Ivi. p. 35

lingue tra cui il tedesco, il francese e l’italiano; suonava il pianoforte ed era una grande intenditrice d’arte. Il suo caso fu seguito dal 1880 al 1882 da Breuer, celebre collega e amico di Sigmund Freud il quale, dopo una serie di vicende, si occupò personalmente del caso e diede avvio ai primi Studi sull’isteria, per i quali sia lui che Breuer furono coautori. Anna O, pseudonimo di Bertha, aveva sviluppato diversi sintomi nervosi nell’estate del 1880, mentre si occupava del padre malato. Breuer chiamò questa prima fase della malattia fase di

incubazione latente223. Dal Dicembre 1880 all’Aprile 1881 vi fu la fase di

psicosi manifesta: la paziente soffriva di paralisi, contratture, disturbi della

vista, disorganizzazione del linguaggio, parlava in una specie di gergo agrammaticale; la sua personalità era scissa in una persona normale, cosciente e triste e in una persona morbosa, volgare, agitata, che aveva a volte allucinazioni224. Durante tale periodo Breuer la visitò frequentemente e la curò con l’ipnosi. Anna O. raccontava i suoi più recenti sogni ad occhi aperti, dopo di che stava meglio. La paziente stessa chiamò questa terapia la talking cure225 o metodo catartico. È a questo punto che iniziò un nuovo tipo di trattamento: Anna raccontava a Breuer, in ordine cronologicamente inverso, ogni comparsa di un dato sintomo, dopo di che il sintomo scompariva. Non appena recuperato il ricordo cronologicamente più distante, legato all’ultimo sintomo, la paralisi

                                                                                                               

223 L. Freeman, La storia di Anna O. (1979), L’asino d’oro, 2013, p.15. 224 Ibidem.

di Anna al braccio sinistro scomparve ed Anna fu in grado di parlare il tedesco, mentre prima riusciva ad esprimersi solo in inglese226.

Freud non conobbe mai la paziente, all’epoca era ancora uno studente, ma si avvicino al caso e per quindici anni consecutivi continuò a indagare sulle specifiche tecniche che erano state utilizzate da Bruer: ne parlò in occasione delle Cinque conferenze sulla Psicoanalisi , tenute alla Clarke University; e, come abbiamo accennato prima si occupò di isteria nei sui scritti insieme allo stesso Breuer, che inseguito alla particolare relazione che aveva instaurato con la paziente, nei confronti della quale nutriva una vera e propria stima, ne perse i contatti, mentre Bertha, dopo qualche tempo, necessario ad assicurarle una stabilità psichica si rese molto attiva dedicandosi ai temi generali dell’emancipazione femminile, entrando a far parte dapprima dell’Associazione nazionale delle donne tedesche227, e poi all’Associazione delle donne ebraiche, fondata nello stesso anno a Berlino.

Fino alla sua morte, avvenuta a settantanni, a Francoforte, dopo una vita tormentata e interamente dedicata, da femminista e benefattrice, all’assistenza di bambini orfani e ragazze madri, Bertha può essere considerata la prima donna della psicoanalisi, il suo caso fu d’interesse per molti studiosi e rappresenta il crinale di separazione tra psicoanalisi e femminismo:

                                                                                                               

226S. Freud, Lettere 1873-1939, Boringhieri, Torino, 1960, p. 378-79. 227 L. Freeman (1979), La storia di Anna O., L’asino d’oro, 2013, p.15.

radicalizzata dalla contrapposizione dialettica tra il riconoscimento dell’oppressione sociale e la consapevolezza di una rimozione interiore228. L’isteria, infatti, fu uno tra i primi temi affrontati dalla critica femminista: rappresentata come una sorta di ribellione femminile ai vincoli della famiglia patriarcale che tendeva a contrapporre la malattia alla contestazione sociale. Una protesta che però non aveva parole, era asintomatica in se stessa, e si manifestava spesso nel rifiuto di cure e soprattutto nella paralisi inespressa di un corpo che era racchiuso in ruolo femminile assoggettato alle regole maschili229.

Nella storia di Anna O. gli elementi di contrasto sono molti, dal rifiuto di una libera sessualità, al coraggio di reagire alla paralisi femminile, voluta dalle regole della religione con la quale era stata educata, fino alla sua esplosione vera e propria. Fu lei a liberarsi da questi vincoli e a superare l’incapacità fisica di parlare al mondo e giungere quindi ad una posizione attiva nei confronti della società. Quest’atteggiamento per Freud fu un elemento indicativo nel processo di guarigione della paziente e lo espresse considerandolo una

strategia maschile per superare l’isteria230 .

                                                                                                               

228 Benjamin, L’ombra dell’altro, p.50. 229 Ibidem.

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