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Legge quadro sull’EDA: ancora in attesa

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2007, VOL 3, N. 9 ISSN 2279-9001

CONTRIBUTO TEORICO

Legge quadro sull’EDA: ancora in attesa

Noemi Ranieri,

Segretario Nazionale UILScuola

Era il 1981 quando, da aspirante insegnante elementare, decisi di caratterizzare uno dei temi della prova orale del concorso ordinario sulle questioni dell’istruzione permanente quale nuova fron-tiera di sviluppo del sistema dell’istruzione. Già da allora emergeva l’esigenza di una legge qua-dro che complessivamente regolamentasse l’articolazione di un sistema specifico capace di intrec-ciare le diverse tendenze socio-culturali, dando risposte in ordine alla lotta all’analfabetismo, pri-mario e di ritorno, all’ aggiornamento/manutenzione di competenze culturali e professionali, all’acquisizione di quelle tecnologiche a quelle per l’ integrazione degli stranieri. La fase di rego-lamentazione più innovativa da allora è rappresentata dalla istituzione dei Centri Territoriali Per-manenti che dal 1998 in poi hanno compiuto sforzi coesi affinché l’esperienza assumesse un senso compiuto e concreto.

La legge di modifica costituzionale, attraverso il sistema della responsabilità concorrente ha deter-minato un nuovo rischio di frammentazione delle esperienze, a cui si prospettò la possibilità di porre mano anche attraverso l’emanazione di una legge che definisca competenze, responsabilità e ruoli dei numerosi attori in campo ed a cui si è lavorato nel corso degli ultimi anni, facendo pressioni sui diversi governi. Encomiabile lo sforzo effettuato dal gruppo dell’Università di Firen-ze e dalla rivista Edaforum, per una ipotesi di DDL che ha rappresentato una esperienza di coin-volgimento e consultazione partecipata di un progetto legislativo.

Ora, a fronte di indirizzi europei sempre più pressanti e puntuali fissati nelle Raccomandazioni in ordine all’esigenza di riconoscere e valorizzare l’apprendimento non formale e informale ed a quella di definire le competenze chiave per l’apprendimento permanente, nelle segrete stanze di ben tre ministeri, Economia e Finanze, Istruzione e Università, senza alcun confronto con le parti sociali, con il mondo del lavoro e le sue rappresentanze, è stato elaborato un disegno di legge con-cernente l’apprendimento permanente pieno di contraddizioni, nodi irrisolti, imprecisioni, in-sufficiente in quanto occorrono altri interventi legislativi per renderlo operativo e senza alcuna previsione di copertura finanziaria così che anche l’ ottima prospettiva di ampliare il diritto dei lavoratori a congedi e permessi per la formazione risulta pregiudicato dalle disponibilità di risor-se contrattuali, che notoriamente risultano addirittura inadeguate rispetto al risor-semplice recupero del potere di acquisto delle retribuzioni. C’è da chiedersi se un’ attesa più lunga avrebbe favorito lo scioglimento di alcuni nodi e finalmente la pubblicazione di un testo che desse una risposta chiara alla tante questioni aperte.

Il testo del DDL che, a nostro avviso, propone una prima sommaria ricognizione dei problemi senza fornire risposte, ha l’unico pregio di fornire finalmente una definizione, secondo l’esperien-za del nostro Paese, dei tre segmenti di cui si compone il puzzle dell’apprendimento permanente, quello cioè maturato nei contesti formali, informali e non formali, forse anche lì con un eccesso di superficialità.

Certamente molto potrà essere migliorato rispetto alla concreta possibilità di mettere a punto una strategia condivisa di lifelong learning di cui principalmente abbiamo bisogno; ciò va letto anche con la difficoltà di messa in linea con le previsioni della finanziaria per il 2007; il comma 632 in-fatti affida ai nuovi CPIA compiti ristretti rispetto a quelli sin qui svolti dai CTP e troppo vago appare il riferimento al ruolo che i nuovi CPIA potrebbero svolgere. Molte altre partite si muovo-no di pari passo con questa, e che da una legge si aspettamuovo-no molto, quello della certificazione delle

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competenze, quello dell’accreditamento delle strutture di formazione, il raccordo con l’innalza-mento dell’obbligo di istruzione In una situazione tanto incerta poco più che non modificare il testo dell’articolo 38 del precedente contratto, ora collocato all’art. 22, avrebbe potuto fare la re-cente trattativa chiusa all’Aran per il rinnovo del contratto quadriennale 2006/2009, il quale sag-giamente fissa all’ultimo comma una clausola di salvaguardia di rinvio ad una apposita sequenza contrattuale la disciplina della materia relativamente al personale docente ed ATA impegnato nell’istruzione degli adulti una volta che siano attuate nuove disposizioni normative.

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