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Esiste uno specifico fenotipo femminile dell'autismo in età prescolare?

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Academic year: 2021

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Dipartimento di Medicina Clinica e Sperimentale

Dipartimento di Patologia Chirurgica, Medica, Molecolare e dell’Area Critica Dipartimento di Ricerca Traslazionale e delle Nuove Tecnologie in Medicina e

Chirurgia

Corso di Laurea Magistrale in Medicina e Chirurgia

Tesi di Laurea Magistrale

Esiste uno specifico fenotipo femminile

dell’autismo in età prescolare?

RELATORE: Prof. Filippo Muratori CORRELATORE: Dott.ssa Sara Calderoni CANDIDATO:

Michela Galatolo

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Indice

1. RIASSUNTO ANALITICO………...4 2. INTRODUZIONE………...6

2.1 I DISTURBI DELLO SPETTRO AUTISTICO………..6

2.1.1 Definizione 2.1.2 Eziopatogenesi

2.1.3 Criteri Diagnostici del DSM 5 per l’autismo 2.1.4 Epidemiologia

3. LA MAGGIORE PREVALENZA MASCHILE DELLA PATOLOGIA E POSSIBILI SPIEGAZIONI DI QUESTA

DISTRIBUZIONE……….11 3.1 AUTISMO FEMMINILE: RITARDO DIAGNOSTICO E

COMORBIDITA’………...14 3.2 IPOTESI DELL’ “EFFETTO PROTETTIVO NELLE

FEMMINE”……….16

3.3 L’AUTISMO E’ REALEMTE PIU’ FREQUENTE NEI

MASCHI O E’ SOTTODIAGNOSTICATO NELLE FEMMINE?...18 3.4 TEORIA DEL “CAMOUFLAGE”………..20 4. AUTISMO FEMMINILE: BASI BIOLOGICHE DIVERSE…...22 4.1 DIVERSE TRAIETTORIE DI CRESCITA………24 5. DIFFERENZE CLINICHE NELLA PRESENTAZIONE

DELL’AUTISMO TRA MASCHI E FEMMINE………..25 5.1 DIFFERENZE DI SESSO NELLO SVILUPPO TIPICO……...25 5.2 DIFFERENZE DI SESSO NELLO SVILUPPO ATIPICO……26

5.2.1 Età prescolare 5.2.2 Età scolare 5.2.3 Adolescenza 5.2.4 Età Adulta

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3 6. PARTE SPERIMENTALE………...32 6.1OBIETTIVI………32 6.2 MATERIALI E METODI……….32 6.2.1 Partecipanti 6.2.2 Strumenti e Metodi 6.2.2.1 Autism Diagnostic Observation Schedule-2 e in particolare Modulo Toddler 6.2.2.2 Valutazione Cognitiva 6.2.2.3 Repetitive Behavior Scale-Revised 6.2.2.4 Child Behavior Checklist 1,5-5 6.2.2.5 Vineland Adaptive Behavior Scale I 6.2.2.6 Sensory Profile 6.2.2.7 Social Communication Questionnaire 6.2.2.8 Ibridazione Genomica Comparativa su Microarray (A-CGH) 6.3 PROCEDURA………...49

6.4 RACCOLTA E ANALISI DATI………..51

6.5 DISCUSSIONE……….98

6.6 CONCLUSIONI………..101

7. BIBLIOGRAFIA……….102

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1. RIASSUNTO ANALITICO

L’autismo è una patologia del neurosviluppo in cui è descritto un rapporto maschi: femmine di 4:1. Questa eccessiva predominanza maschile potrebbe essere frutto di un bias che porta a una misdiagnosi e quindi una sottodiagnosi nell’ambito femminile e sarebbe da imputare ad un fenotipo comportamentale diverso nei due sessi. Questo studio prende in considerazione un campione di 71 femmine e 132 maschi autistici prescolari, con età media di 43 mesi, e si propone tramite l’analisi di CBCL, VABS, SCQ, SP, RBS-R, Valutazione Cognitiva e A-CGH i seguenti obiettivi:

- Descrivere il fenotipo comportamentale delle femmine autistiche - Valutare eventuali differenze statisticamente significative tra il

fenotipo comportamentale maschile e femminile dell’autismo - Valutare se queste differenze si mantengono in soggetti non

valutabili dal punto di vista cognitivo

- Analizzare eventuali differenze fenotipiche all’interno del sottogruppo femminile tra femmine positive e negative all’A-CGH - Caratterizzare le mutazioni presenti nelle femmine positive

all’A-CGH

Materiali e metodi: Sono stati utilizzati questi strumenti per indagare il fenotipo comportamentale dei soggetti e il loro assetto genetico:

 Autism Diagnostic Observation Schedule-2 e in particolare Modulo Toddler (ADOS-2)

 Valutazione Cognitiva ( Leiter-R, Griffiths, Wppsi III)  Repetitive Behavior Scale-Revised (RBS-R)

 Child Behavior Checklist 1,5-5 (CBCL)  Vineland Adaptive Behavior Scale I (VABS)  Sensory Profile (SP)

 Social Communication Questionnaire (SCQ)

 Ibridazione Genomica Comparativa su Microarray (A-CGH)

Risultati: All’interno dell’RBS-R i maschi mostrano in misura maggiore delle femmine comportamenti stereotipati (p=0,01801), comportamenti ritualistici (p=0,02210) e interessi ristretti (p=0,00282). Così come presentano un punteggio più elevato alla voce High (p=0,02306) indicante i Comportamenti Compulsivi, i Comportamenti Ritualistici e gli Interessi Ristretti. Allo stesso tempo la CBCL evidenzia che le femmine invece hanno un punteggio più elevato dei maschi all’interno delle Lamentele Somatiche (p=0,00437) e più basso nella Componente Ansioso/Depressiva (p=0,00823). La differenza tra i sessi nelle Lamentele Somatiche si mantiene anche nei

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soggetti con cognitivo non valutabile mentre nella componente ansioso-depressiva e nell’RBS-R le differenze tra i due generi si annullano completamente. Sempre per quanto riguarda il confronto maschi/femmine i primi sembrano avere maggiori capacità comunicative (p=0,04388) e recettive (p=0,00930) oltre che maggiori abilità quotidiane personali (p=0,01811) e complessive (p=0,03099) rispetto alle femmine.

Per quanto riguarda invece il confronto tra le femmine positive e quelle negative all’A-CGH le prime sembrano presentare, secondo l’RBS-R, maggiori Comportamenti Ritualistici (p=0,04986) e un punteggio più elevato alla voce High (p=0,03824). Mentre secondo l’ADOS sono le femmine negative all’A-CGH a presentare più comportamenti ristretti e ripetitivi (p=0,01357). Inoltre le femmine positive all’A-CGH mostrano di comprendere le Regole Sociali (p=0,04266) maggiormente di quelle negative secondo la Vineland. Conclusioni: Dal nostro studio emerge che alcune caratteristiche differiscono nel fenotipo comportamentale tra maschi e femmine, soprattutto i comportamenti ristretti e ripetitivi che sono maggiormente presenti nei maschi. Anche la quantità di Lamentele Somatiche e la presenza della componente ansioso-depressiva differiscono: la prima maggiormente presente nelle femmine mentre la seconda nei maschi. Nonostante emergano tali differenze, alcune fortemente supportate dalla letteratura, risulta difficile delineare perfettamente un profilo del fenotipo comportamentale femminile nei soggetti autistici prescolari. Questo a causa di due fattori: il ridotto numero di soggetti femminili che è possibile reclutare e il fatto che molte femmine autistiche, non essendo mai state ufficialmente diagnosticate a causa della loro capacità di ”camouflage”, non sono entrate a fare parte degli studi facendoci avere solo un profilo parziale del fenotipo comportamentale del loro genere.

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2. INTRODUZIONE

2.1 I DISTURBI DELLO SPETTRO AUTISTICO

2.1.1 Definizione

Il termine “autismo” è stato coniato nel 1911 dallo psichiatra svizzero Eugene Bleuler per indicare la perdita di contatto con la realtà presente nei malati mentali adulti. L’autore sosteneva che il disturbo non fosse una malattia specifica, bensì un sintomo secondario alle schizofrenie1.

I due autori che si possono considerare i pionieri dell’autismo infantile sono Leo Kanner e Hans Asperger che, rispettivamente nel 1943 e nel 1944, pubblicarono per primi alcuni studi sul disturbo. Entrambi gli autori infatti si sono ritrovati d’accordo nel ritenere alcune specifiche caratteristiche come le più importanti e tipiche dell’autismo classico. L’autismo è un disturbo del comportamento biologicamente determinato, con esordio nei primi tre anni di vita.

Il DSM IV catalogava l’autismo tra i disordini pervasivi dello sviluppo.

Il disturbo è caratterizzato da compromissioni qualitative in diverse aree del comportamento, quali l’interazione sociale, la comunicazione verbale e non verbale, gli interessi che sono particolarmente ristretti. Inoltre sono presenti difficoltà ad adattarsi al cambiamento e comportamenti stereotipati.

I Disturbi dello Spettro Autistico (ASD) sono uno dei disturbi del neurosviluppo più comuni, interessando lo 0,6-1,57% della popolazione generale2,3.

2.1.2 Eziopatogenesi

Numerose osservazioni (2-8% di casi di autismo nei fratelli di bambini affetti, ricorrenza del 60% nei fratelli monozigoti affetti, quadri clinici analoghi anche se attenuati in componenti della stessa famiglia di individui autistici) hanno indotto la ricerca a valutare il ruolo dell’assetto genetico nell’eziologia dell’autismo4-6 soprattutto dagli anni 80 sostenendo la teoria genetica-biologica dell’eziopatogenesi dell’autismo.

L’indagine genetica ha messo in evidenza numerosi geni candidati locati in diversi cromosomi (in particolare il 27,8, 59, 710,11, 1512

nonché nel cromosoma X13). Inoltre non vi sono tuttora conclusioni chiare riguardo alle modalità con cui i loci genetici vengono coinvolti in questi disordini.

Sembra dunque che l’autismo sia da considerare un disturbo geneticamente eterogeneo e poligenico, dovuto agli effetti di molti

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geni differenti localizzati in specifiche regioni cromosomiche. Tali geni sono implicati in diverse funzioni ed hanno modalità di interazione ancora non ben definite.

Inoltre, molteplici fattori anche di natura ambientale (sostanze tossiche, inquinamento, ecc) svolgono un ruolo importante nell’espressione fenotipica. Tuttavia sia i fattori che rendono un soggetto predisposto geneticamente, sia i fattori ambientali che contribuiscono a determinare la patologia e le modalità della loro interazione non sono ancora del tutto noti.

Si era ritenuto per molto tempo, secondo la prospettiva sociale-relazionale-culturale, che le cause del disturbo autistico fossero da ricercare nell’ambito delle condizioni ambientali ed educative14 15e

che esso fosse la conseguenza di una distorsione nel rapporto madre-bambino, un disturbo cioè derivato da comportamenti dei genitori ritenuti ostili, con conseguente chiusura affettiva e relazionale del bambino “in un mondo tutto suo”. Il disturbo autistico si innesterebbe su una base biologica “sana” ed emergerebbe a seguito di un’esposizione ad un ambiente psicologico “povero”, oltre che ad un ambiente educativo inadeguato e sfavorevole che non permetterebbe uno sviluppo integro e completo del soggetto.

Negli anni successivi sono state formulate, nell’ambito della eziopatogenesi dell’autismo, diverse teorie che fanno riferimento a modelli interpretativi fondati sulla clinica dei soggetti affetti, tra cui la letteratura segnala: la Teoria Socio-Affettiva16-18, la Teoria della

Mente19 20, la Debolezza della Coerenza Centrale21,22, il Deficit delle Funzioni Esecutive23,24.

Il deficit nella Teoria della Mente (Baron-Cohen et al, 1985), sottolinea la “cecità sociale” delle persone con autismo che avrebbero significative difficoltà ad attribuire, a riconoscere e a comprendere gli stati mentali (intenzioni, desideri, sentimenti, credenze, immaginazione) propri e altrui, con conseguente difficoltà a modulare il proprio comportamento in base a tali informazioni. La teoria della mente è quindi intesa come capacità di capire che gli altri individui possiedono un punto di vista personale sul mondo, talvolta diverso dal proprio. In relazione a questa teoria si possono individuare delle carenze nelle capacità metarappresentative presenti nei soggetti autistici.

Il Deficit di Coerenza Centrale (Frith, Happè, 1994) afferma che nei soggetti autistici è carente la capacità di integrare le informazioni provenienti da differenti canali sensoriali, con il risultato di una percezione frammentata del mondo che rende molto complessa la comprensione del significato di un’esperienza.

Il Deficit nelle Funzioni Esecutive (Ozonoff, 1995), controllate a livello del lobo frontale, comporta difficoltà nel controllo degli

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impulsi e nell’inibizione delle risposte, nella pianificazione degli obiettivi, nel monitoraggio dell’azione e nella flessibilità di pensiero e di azione. Tale teoria permette di comprendere perché persone con autismo abbiano un comportamento spesso rigido, perseverante, con difficoltà a pianificare un’azione e soprattutto a mettere in gioco la necessaria flessibilità in caso d’imprevisti.

2.1.3 Criteri Diagnostici del DSM 5 per l’autismo

All’interno del DSM-5 il capitolo dei disturbi del neurosviluppo racchiude le seguenti macrocategorie diagnostiche:

 Disabilità intellettive

 Disturbi della comunicazione  Disturbi dello spettro dell’autismo

 Disturbo da deficit di attenzione/iperattività  Disturbo specifico dell’apprendimento  Disturbi del movimento

 Altri Disturbi del neurosviluppo

Il Disturbo dello Spettro Autistico (DSA) deve soddisfare i criteri A, B, C e D25:

A. Deficit persistente nella comunicazione sociale e nell´interazione sociale in diversi contesti, non spiegabile attraverso un ritardo generalizzato dello sviluppo e manifestato da tutti e tre i seguenti punti:

1. Deficit nella reciprocità socio-emotiva che va da un approccio sociale anormale e insuccesso nella normale conversazione (botta e risposta) attraverso una ridotta condivisione di interessi, emozioni, percezione mentale e reazione fino alla totale mancanza di iniziativa nell´interazione sociale.

2. Deficit nei comportamenti comunicativi non verbali usati per l´interazione sociale, da una scarsa integrazione della comunicazione verbale e non verbale, attraverso anormalità nel contatto oculare e nel linguaggio del corpo, o deficit nella comprensione e nell´uso della comunicazione non verbale, fino alla totale mancanza di espressività facciale e gestualità.

3. Deficit nella creazione e mantenimento di relazioni appropriate al livello di sviluppo (non comprese quelle con i genitori e caregiver); che vanno da difficoltà nell’adattare il comportamento ai diversi contesti sociali attraverso difficoltà nella condivisione del gioco immaginativo e nel fare amicizie fino all’apparente assenza di interesse per le persone.

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B. Pattern di comportamenti, interessi o attività ristretti e ripetitivi come manifestato da almeno due dei seguenti punti:

1. Linguaggio, movimenti o uso di oggetti stereotipati o ripetitivi, come semplici stereotipie motorie, ecolalia, uso ripetitivo di oggetti, o frasi idiosincratiche.

2. Eccessiva fedeltà alla routine, comportamenti verbali o non verbali riutilizzati o eccessiva riluttanza ai cambiamenti: rituali motori, insistenza nel fare la stessa strada o mangiare lo stesso cibo, domande incessanti o estremo stress a seguito di piccoli cambiamenti.

3. Interessi altamente ristretti e fissati, anormali in intensità o argomenti: forte attaccamento o interesse per oggetti insoliti, interessi eccessivamente persistenti o circostanziati.

4. Iper o Ipo-reattività agli stimoli sensoriali o interessi insoliti verso aspetti sensoriali dell´ambiente: apparente indifferenza al caldo/freddo/dolore, risposta avversa a suoni o consistenze specifiche, eccessivo annusare o toccare gli oggetti, attrazione per luci o oggetti roteanti.

C. I sintomi devono essere presenti nella prima infanzia (ma possono non diventare completamente manifesti finché le esigenze sociali non oltrepassano il limite delle capacità).

D. L´insieme dei sintomi deve limitare e compromettere il funzionamento quotidiano.

I tre livelli di gravità:

Livello 3: Richiede supporto molto sostanziale

- Comunicazione sociale: i gravi deficit nella comunicazione sociale, verbale e non verbale, causano una grave difficoltà nel funzionamento; iniziativa molto limitata nell´interazione sociale e minima risposta all´iniziativa altrui.

- Interessi ristretti e comportamenti ripetitivi: preoccupazioni, rituali fissi e/o comportamenti ripetitivi che interferiscono marcatamente con il funzionamento in tutte le sfere. Stress marcato quando i rituali o le routine sono interrotti; è molto difficile distogliere il soggetto dal suo focus di interesse, e se ciò avviene egli ritorna rapidamente ad esso. Livello 2: Richiede supporto sostanziale

- Comunicazione sociale: Deficit marcati nella comunicazione sociale, verbale e non verbale, l´impedimento sociale appare evidente anche quando è presente supporto; iniziativa limitata nell´interazione sociale e ridotta o anormale risposta all´iniziativa degli altri.

- Interessi ristretti e comportamenti ripetitivi: preoccupazioni, rituali fissi e/o comportamenti ripetitivi appaiono abbastanza di frequente da

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essere evidenti per l´osservatore casuale e interferiscono con il funzionamento in diversi contesti. Stress o frustrazione appaiono quando sono interrotti ed è difficile ridirigere l´attenzione.

Livello 1: Richiede supporto

- Comunicazione sociale: senza supporto i deficit nella comunicazione sociale causano impedimenti che possono essere notati. Il soggetto ha difficoltà a iniziare le interazioni sociali e mostra chiari esempi di atipicità o insuccesso nella risposta alle iniziative altrui. Può sembrare che abbia un ridotto interesse nell´interazione sociale.

- Interessi ristretti e comportamenti ripetitivi: rituali e comportamenti ripetitivi causano un´interferenza significativa in uno o più contesti. Resiste ai tentativi da parte degli altri di interromperli.

2.1.4 Epidemiologia

Dopo la sua identificazione, l’autismo è stato a lungo considerato un disturbo raro (2 – 4 su 10000 bambini). Molti studi internazionali hanno messo in evidenza un aumento della prevalenza dei DSA 26 che, negli Stati Uniti, da 6,7/ 1000 casi nel 2000 ha raggiunto i 14,7 casi su 1000 nel 2010 in età scolare con un rapporto maschi/femmine di 4:1 27-30. Quindi si tratta di un disturbo in cui i maschi sono

significativamente più colpiti delle femmine 31.

Anche le recenti statistiche sull’incidenza dell’autismo pubblicate dal Centers for Disease Control and Prevention (CDC) confermano la gravità del problema, riportando che negli Stati Uniti 1 bambino su 68 (1 maschio su 42 e 1 bambina su 189) è affetto da un disturbo dello spettro autistico, valore aumentato di circa il 30% rispetto al 2012 in cui si parlava di 1 bambino su 88.

In Italia, secondo quanto rilevato dai dati estratti dai sistemi informativi delle regioni Piemonte e Emilia Romagna, la presa in carico da parte dei Servizi di neuropsichiatria infantile di bambini con diagnosi di autismo, è di 2,5 casi per mille bambini 32. Non ci sono

però dati epidemiologici certi, è attualmente in corso uno studio Europeo sulla prevalenza dell’autismo (ASDEU), che prevede l’area della provincia di Pisa come area target per l’Italia.

L’evidenza di diversi studi suggerisce che questa crescita di incidenza e prevalenza, che ha portato a parlare di epidemia, è dovuta a maggiori potenzialità diagnostiche, allo sviluppo del concetto di spettro, a una maggior sensibilizzazione e conoscenza del disturbo tra i genitori e tra gli operatori, all’allargamento della definizione del disturbo dello spettro autistico, e conseguentemente ad un arruolamento più ampio 33-37. Se ci sia anche un reale aumento del numero dei casi è tuttora

discusso. Tuttavia non è da escludere che questo aumento sia dovuto a fattori non noti 38.

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3.

LA MAGGIORE PREVALENZA MASCHILE

DELLA PATOLOGIA E POSSIBILI SPIEGAZIONI DI

QUESTA DISTRIBUZIONE

L’autismo è stato largamente descritto come un disturbo che interessa soprattutto il sesso maschile con un rapporto di 4-5:138.

Lo studio condotto da Leo Kanner, che descrisse per primo bambini con “disturbi autistici del contatto affettivo”, prese in considerazione 8 maschi e 3 femmine39. Allo stesso modo lo studio di Hans Asperger sulla “psicopatia autistica” comprendeva 4 ragazzi e nessuna femmina40. Sebbene questi siano piccoli studi clinici possiamo capire come questo bias sia presente fin dai primi studi epidemiologici dell’autismo classico con disabilità intellettiva, dove il rapporto Maschi:Femmine è riportato essere 3-4:141-43. Il rapporto sale a 10:1 se prendiamo persone di intelligenza superiore alla media mentre se prendiamo autistici con un QI basso il rapporto scende a 2:1 ma è pur sempre presente una predominanza maschile44. Questo fatto è stato letto come un indizio importante sulle sue origini. Ad esempio, Simon Baron-Cohen, ispirato dal commento di Hans Asperger, del 1944, che l´autismo puó essere visto come “una forma estrema di mascolinitá”, ha costruito una teoria basata sull´esposizione del feto al testosterone e un “cervello maschile estremo” nell´autismo, che processerebbe bene i sistemi, ma male le informazioni sociali.

In effetti varie sono le teorie che cercano di spiegare il perché l’autismo sia più frequente nei maschi:

1. Sono coinvolti geni X o Y linked. L’eccesso di maschi indicherebbe il coinvolgimento del cromosoma X: una mutazione genetica dell´unico cromosoma X nel DNA di un ragazzo sviluppa l´autismo, mentre la medesima mutazione ereditata da una ragazza non produrrá alcun effetto visto che compensa con il secondo cromosoma X.

Ci sono state delle evidenze, tuttavia questa ipotesi non risulta molto convincente45. Un eccesso di maschi con un ritardo mentale correlato al cromosoma X non fornisce una spiegazione del fenomeno perché il rapporto M:F diminuisce invece di aumentare. Inoltre non c’è evidenza che sia un disturbo legato al cromosoma Y46. La presenza di numerosi casi di trasmissione maschio-maschio della patologia fa escludere che la principale causa risieda nel cromosoma X47.

2. L’imprinting materno del cromosoma X porterebbe alla specifica espressione nelle femmine di geni X linked del cromosoma X del padre e questo influenza la soglia per l’espressione dei tratti autistici48. La preponderanza di geni X-linked che, se mutati, portano al ritardo mentale nei maschi è un altro fattore che contribuisce a determinare questo bias.

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3. Meccanismi ormonali forse entrano in gioco ed è stato dimostrato che l’androgenizzazione del feto maschio aumenta la vulnerabilità49. Bassi livelli di testosterone fetale potrebbero determinare un effetto protettivo nella manifestazione dei tratti autistici nelle ragazze.

Hu et al50 hanno ipotizzato che l’autismo potesse essere associato al deficit di espressione del gene del recettore orfano alfa correlato all’acido retinoico (RORA), e alla conseguente disregolazione estrogenica e androgenica dovuta anche al fatto che RORA regola la trascrizione di circa 2500 geni

51-53(A2BP1, CYP19A1, HSD17B10, ITPR1, NLGN1 e

NTRK2…) che quindi viene alterata. Hu et al hanno dimostrato che ci sono differenze di sesso nell’espressione di RORA in specifiche aree cerebrali sia negli uomini che nei gatti e nella correlazione tra RORA e i suoi target trascrizionali. Quindi, almeno in un sottogruppo di autistici, maschi e femmine potrebbero differenziarsi per questa diversa espressione. In modo specifico, nel loro modello di gatti, l’alterazione di RORA ha più effetti nei maschi che nelle femmine. Quindi molto probabilmente tutto questo va letto in una chiave più ampia di continua interazione geni-ambiente. Studi endocrinologici mostrano come anche l’attività steroidogenica prenatale sia un precoce rischio ambientale per una successiva diagnosi di autismo nei maschi54.

Un altro ormone che potrebbe essere implicato è l’ossitocina, un neuromodulatore importante per i legami sociali, che determina un effetto protettivo sulla manifestazione dei tratti autistici nelle femmine55.

4. Infine ci potrebbero essere dei loci interessati diversi nei maschi e nelle femmine56. Ultimamente numerosi studi si sono concentrati sull’espressione legata al sesso di alcune regioni geniche come 7q57 e 7q11.258. Probabilmente le femmine autistiche sono più informative geneticamente rispetto ai maschi e presentano meno eterogeneità genetica visto che tendono meno spesso a presentare ritardo mentale: quindi hanno un fenotipo confuso rispetto a quello classico.

5. Anche l’attivazione immunitaria materna potrebbe svolgere un ruolo importante nella genesi di alcune forme di autismo e viene testimoniata dalla presenza di autoanticorpi madre-feto59. Come questo si differenzi nei due sessi non è ancora conosciuto, ma studi su animali mostrano che l’attivazione della microglia nel cervello che si sta sviluppando, che probabilmente segue l’attivazione immunitaria materna, potrebbe essere attivata in modo sesso specifico da ormoni

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prenatali legati al sesso60. Questo implica potenziali effetti congiunti di fattori ormonali e immunologici materni nel modulare il peso della differenza sesso-correlata nell’autismo61.

Nelle ultime due decadi stiamo osservando un trend in riduzione nell’incidenza maschile della patologia62. Gli ultimi studi dimostrano un rapporto M:F di 2-3:163. Le implicazioni che questo comporta sono importanti.

Le femmine potrebbero essere state sottodiagnosticate e quindi sottorappresentate facendo sì che la letteratura clinica e scientifica creasse un immagine dell’autismo rappresentativa quasi solo dell’ambito maschile. Per questo in numerosi studi il numero delle femmine autistiche è stato sottostimato soprattutto se non avevano una “presentazione tipica maschile” o se si sforzavano di camuffare le loro difficoltà.

Nonostante tutto una relativa predominanza maschile è sempre presente, ed è un dato che tende a rimanere stabile, per cui partendo da questo presupposto sono partiti numerosi filoni di ricerca per indagare le teorie eziologiche ed evolutive dell’autismo61,64-66. Per riuscire ad avere una comprensione globale e integrata dello spettro autistico è importante non trascurare l’ambito femminile con tutte le sue particolari caratteristiche67.

Il sesso e il genere forniscono una prospettiva unica per capire i meccanismi causali dello sviluppo atipico e dovrebbero essere il tema centrale da cui partire per comprendere l’autismo e la sua vasta eterogeneità68.

Ricordiamo che la parola “sesso” si riferisce alle “caratteristiche biologiche e fisiologiche che definiscono l’uomo e la donna” mentre la parola “genere” si riferisce a “ruoli, comportamenti, attività, attributi che una data società considera appropriati per l’uomo e la donna”.

Molti studi sull’autismo si concentrano su bambini, adolescenti e adulti ed è difficile separare empiricamente l’effetto del sesso e del genere poiché la socializzazione “di genere” inizia alla nascita. Per questo useremo spesso l’espressione “sex/gender” per indicare l’inevitabile overlap che si crea tra di loro69.

A partire da queste considerazioni sono partiti numerosi studi per valutare le differenze tra maschi e femmine autistici e le caratteristiche specifiche delle femmine70-72; la sottodiagnosi nel sesso femminile e le comorbidità73-75; i tratti differenti tra i due sessi/generi nella popolazione generale che possono correlare con lo sviluppo dell’autismo76 e le mutazioni che correlano con differenze di sesso51.

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Negli ultimi due o tre anni, c´é stato un incremento di attenzione sulle questioni che riguardano le donne con autismo. Per gli scienziati ci sono piú risorse disponibili per indagare se e come l´autismo si differenzia in ragazzi e ragazze.

Lo scorso anno, la rivista Molecular Autism ha dedicato due numeri speciali a quelle ricerche volte a esplorare l´influenza del sesso e del genere sull´autismo.

"Da un giorno all´altro, siamo passati da un paio di persone che parlano di differenze di sesso a tutti che studiavano come tali differenze fossero un fattore importante in questo campo di studi", dice Kevin Pelphrey, professore presso lo Yale Child Study Center .

Risultati degli studi di Pelphrey confermano ció che il senso comune suggerisce: le donne autistiche sono fondamentalmente diverse dagli uomini autistici. I deficit chiave dell´autismo possono essere gli stessi per entrambi ma, quando i sintomi si intersecano con il sesso, l´esperienza di una donna autistica puó essere straordinariamente diversa da quella di un uomo nella stessa condizione77.

3.1

AUTISMO FEMMINILE: RITARDO DIAGNOSTICO

E COMORBIDITA’

Le femmine autistiche tendono ad essere indentificate dopo rispetto ai maschi78-80: in media, le ragazze che hanno sintomi lievi di autismo, sono diagnosticate due anni piú tardi rispetto ai ragazzi e le diagnosi vengono fatte quando ormai le caratteristiche autistiche o le difficoltà cognitive o i comportamenti concorrenti sono più severi81,82. I pregiudizi nella percezione, la valutazione e la diagnosi d´autismo potrebbero giocare un ruolo nell´amplificare la distorta proporzione tra maschi e femmine. È inoltre importante notare che la proporzione tra i sessi nei (pochi) studi basati sulla popolazione é decisamente minore rispetto a quella che risulta considerando studi basati su dati clinici. Questo suggerirebbe possibili preconcetti nelle diagnosi. Non è raro per le giovani donne ricevere una diagnosi errata77: dal disturbo borderline di personalitá, alla depressione, all’ansia sociale, all’anoressia, all´agorafobia, sino al disturbo ossessivo-compulsivo. Indizi di quanto poco capiamo dell´autismo nelle donne.

Quando diventano adolescenti, le ragazze lottano per tenere il passo con le complesse norme che regolano le relazioni sociali. Imitando gli altri su cosa dire e come dirlo, molte cercano di integrarsi, ma a caro prezzo per la propria interioritá. Giá dall´adolescenza esibiscono alti tassi di depressione e ansia, rispettivamente 34 e 36 per cento. Alcune ricerche hanno anche trovato una interessante sovrapposizione tra autismo e disturbi alimentari come l´anoressia, anche se gli studi sono

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condotti su campioni troppo piccoli per stimare quante donne presentino entrambi le condizioni.

Per quanto riguarda le comorbidità dei soggetti autistici e soprattutto la diagnosi di autismo in individui con disturbi della condotta alimentare83 gli studi di Mandy e Tchanturia84 su 10 donne con disturbo della condotta alimentare e difficoltà sociali e di flessibilità, 7 presentano un disturbo dello spettro autistico (ASD) studiato con l’ADOS. Sebbene tutte e 7 presentassero caratteristiche correlate all’autismo fin dall’infanzia, ancora prima di sviluppare il disturbo alimentare, soltanto una di loro ha ricevuto la diagnosi di ASD nel corso dell’infanzia. Questo fa comprendere e getta l’allarme sulla possibilità che l’autismo nelle femmine sia misdiagnosticato, che passi in secondo piano rispetto al disturbo della condotta alimentare che ne maschera ulteriormente le caratteristiche rendendone ancora più difficile la diagnosi. Lo stesso quadro viene descritto in una serie di casi da altri psicopatologi85.

Quindi le donne autistiche possono essere anoressiche, depresse, con ansia sociale ma molto spesso sono situazioni secondarie all’autismo, presentano queste comorbidità perchè l’autismo rende loro la “vita difficile” e non il contrario.

Sebbene le donne con diagnosi di autismo, così come gli uomini, abbiano in alta percentuale anche una diagnosi di altre patologie psichiatriche86,87, non si sa con precisione se nelle donne la tendenza è quella di diagnosticare prima dell’autismo l’altro disturbo psichiatrico e se questo rappresenti una vera comorbidità o una misdiagnosi. Capire come questi disturbi influenzino il fatto che la diagnosi di autismo venga fatta o meno o che venga posticipata potrebbe determinare dei grandi passi avanti.

Secondo un recente studio di Jaminson et all88le comorbidità mediche o psichiatriche nelle femmine con ASD mostrano un picco nell’adolescenza rispetto alla prima infanzia o all’età scolare.

L´isolamento sociale, il bullismo e la depressione non sono esclusiva delle ragazze autistiche, anche i ragazzi li sperimentano. Ma nelle ragazze autistiche la laboriositá del loro mondo sociale aggiunge altri livelli di complessitá. Gli adolescenti tendono a socializzare in gruppi liberamente organizzati incentrati su sport o videogiochi e ció consente a un ragazzo con competenze sociali minime di inserirsi; per le ragazze, la socializzazione é tutta centrata sulla comunicazione, sulle relazioni socio-emotive - discussioni sull´amicizia, su chi ama chi e chi non ama chi, sui chi é in combutta con chi.

L´adolescenza puó essere un momento di confusione per ogni giovane ragazza, ma per una ragazza autistica, che cerca di fare amicizia e non capisce perché le amicizie non durano, o perché non è stata inclusa in qualche evento puó essere incredibilmente isolante. Si tratta di ragazze

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abbastanza consapevoli da sapere che, fondamentalmente, stanno sbagliando qualcosa, ed è tutta colpa loro.

Ostracizzate e consapevoli, le adolescenti autistiche diventano molto ansiose e depresse, e molte sviluppano disturbi alimentari. Questa tendenza rimane costante fino all´ etá adulta, quando i medici sospettano che, come accade nella popolazione generale, le differenze nei disturbi dell´umore tra uomini e donne autistici possano bilanciarsi.

3.2 IPOTESI DELL’ ”EFFETTO PROTETTIVO NELLE

FEMMINE”

Attualmente è molto accreditata la teoria che le femmine siano meno vulnerabili a sviluppare un Disturbo dello Spettro Autistico a causa dei loro meccanismi protettivi innati89-91.

Questo è in accordo col fatto che numerosi disordini del neurosviluppo colpiscono di più i maschi rispetto alle femmine92: disturbo dell´attenzione con iperattivitá, difficoltá nel linguaggio, disturbo di sviluppo della coordinazione motoria, dislessia, tic e disturbi della condotta. Tutti, sono piú comuni nei ragazzi che nelle ragazze.

Inoltre gli studi a favore di questa ipotesi mostrano che, a parità di severità di sintomi, le femmine presentano molte più alterazioni neurobiologiche dei maschi rispetto al neurosviluppo tipico93.

Questi dati sono stati interpretati come prova del fatto che, perché l´autismo dia segni visibili nelle donne, c’è bisogno di una maggiore spinta eziologica: la cosiddetta ipotesi dell´“effetto protettivo nelle femmine” (FPE). Quest´idea ha ricevuto supporto da varie fonti; per esempio, alcuni studi hanno riportato un maggior peso genetico (piú CNV, varianti nel numero di copie, cioé larghe eliminazioni o duplicazioni di tratti di DNA) nelle donne rispetto agli uomini con autismo.

Per valutare la possibilità che l’ipotesi dell’effetto protettivo nelle femmine sia esatta Werling e Geschwind94 hanno studiato una coorte numerosa di persone per verificare che: 1) l’autismo sia più frequente nei maschi rispetto alle femmine 2) il rischio di sviluppare autismo sia più grande nei fratelli o gemelli di soggetti femmine autistiche rispetto a quelli di maschi autistici.

La prima affermazione senza dubbio è vera ed è confermata da tutti gli studi sulla prevalenza/incidenza di genere dell’autismo condotti fino ad adesso.

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La seconda supposizione invece non aveva trovato conferma in alcuni studi su larga scala nella popolazione generale95,96. Tuttavia Werling e Geschwind sono riusciti a dimostrare che in molte famiglie entrambe le supposizioni venivano confermate suggerendo che esiste un peso maggiore a livello genetico nelle famiglie delle ragazze. Il loro approccio consisteva nell’usare due probandi invece che uno per definire famiglie con “solo maschi” (MO) contro “contenenti femmine” (FC), prevenendo il bias creato dall’aumento della ricorrenza della patologia nelle famiglie FC e la deflazione in quelle MO. La differenza di questo risultato probabilmente è da attribuire a una maggiore sensibilità nell’accertamento diagnostico soprattutto nelle femmine.

Una cosa interessante è che la prima supposizione è più forte della seconda: il rischio relativo di un maschio di sviluppare l’autismo è 2,25 volte maggiore che nelle femmine, mentre il rischio relativo di sviluppare autismo nei fratelli di famiglie FC è 1,46 volte maggiore rispetto al rischio dei fratelli appartenenti a famiglie MO. Quindi sebbene entrambe le supposizioni riflettono la teoria dell’ “effetto protettivo nelle femmine”, i meccanismi che portano alla seconda supposizione potrebbero essere più complessi. Ad esempio il fatto che l’autismo sia più frequente nei maschi potrebbe essere dovuto a

meccanismi protettivi genetici e ambientali nei confronti delle

femmine e non tanto dei maschi. Tuttavia la seconda supposizione potrebbe essere determinata da meccanismi di rischio come l’aumento del numero di mutazioni ereditate da femmine asintomatiche97. Quindi, affinchè la seconda supposizione si verifichi, i meccanismi di rischio devono superare l’”effetto protettivo femminile”.

Gockley et al.98avevano ipotizzato che l’ FPE potesse essere mediato da un singolo gene comune sul cromosoma X che proteggesse le femmine (cosa che rifletterebbe la prima supposizione). Tuttavia conducendo studi di associazione genome-wide (GWAS) hanno dovuto scartare questa ipotesi. Tuttavia non è da escludere la possibilità che loci multipli contribuiscano alla FPE oltre a certi fattori ambientali. È stato allora condotto un confronto GWAS tra femmine con sviluppo tipico, quindi protette con successo, e femmine autistiche, quindi affette nonostante fossero egualmente protette. Si vuole porre l’accento sulla seconda supposizione che era stata fatta cioè meccanismi di rischio versus meccanismi protettivi.

Secondo uno studio condotto da Messinger99 tra i fratelli ad alto

rischio (con e senza ASD) di pazienti con ASD, così come nei controlli a basso rischio, le ragazze hanno una miglior performance nella MSEL (Mullen Scales of Early Learning) e meno comportamenti ristretti e ripetitivi rispetto ai maschi secondo l’ADOS (Autism Diagnostic Observation Schedule). Constantino100 suggerisce che questa differenza di sesso/genere possa essere letta secondo la teoria dell’ “effetto protettivo nelle femmine”. Nello studio sono stati

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reclutati 1241 fratelli ad alto rischio e 583 bambini a basso rischio ad un età media di 7,25 mesi. L’ADOS e il MSEL sono stati valutati a 24 e 36 mesi. Quello che verrebbe da supporre è che i fratelli dei probandi femmine con ASD dovrebbero avere una maggiore severità dei tratti autistici rispetto ai fratelli di probandi maschi101,102. Questa teoria è sostenuta dal fatto che le femmine con ASD presentano un peso genetico maggiore. Tuttavia secondo lo studio di Messinger et all i fratelli ad alto rischio di probandi femmine con ASD non differiscono molto sia nella MSEL che nell’ADOS rispetto ai fratelli di probandi maschi con ASD. Quindi il sesso del probando non sembra avere un peso così importante nel determinare la gravità dell’outcome del fratello. Secondo Messinger et all i fratelli delle femmine con ASD non appaiono più gravi rispetto ai fratelli di probandi maschi a causa della diversa distribuzione quantitativa dei comportamenti considerati rilevanti per la diagnosi di ASD nei due sessi. Le femmine sia tra i fratelli ad alto rischio con ASD, sia nei fratelli ad alto rischio non ASD, sia nei soggetti a basso rischio presentano performance cognitive migliori e meno comportamenti ristretti e ripetitivi dei maschi e questo potrebbe sostenere l’ipotesi dell’ ”effetto protettivo nelle femmine”.

Una ulteriore ipotesi afferma che la predisposizione genetica a sviluppare l’autismo sia la stessa nei maschi e nelle femmine ma che entrino in gioco altri fattori che permettono a queste ultime di compensare meglio rispetto ai maschi103.

3.3 L’AUTISMO E’ REALEMTE PIU’ FREQUENTE NEI

MASCHI O E’ SOTTODIAGNOSTICATO NELLE

FEMMINE?

I primi studi hanno stimato che nella fascia alta del QI il rapporto maschio-femmina sia di 10 a 1. Il quadro che emerge dagli studi più recenti che esaminano le ragazze autistiche suggerisce che questo rapporto è artificialmente gonfiato, o perché le ragazze in questa estremità dello spettro nascondono i loro sintomi meglio, o perché i test diagnostici - tarati sui maschi - non formulano le domande corrette per diagnosticare l´autismo nelle ragazze - o entrambi.

Studi suggeriscono il fatto che le ragazze tendenzialmente vengono diagnosticate più in là con gli anni rispetto ai ragazzi, e che perfino con livelli simili di gravità nei sintomi, hanno meno possibilità di essere diagnosticate. Questo supporterebbe l´idea che esista un pregiudizio nella fase di diagnosi.

Potrebbero esserci barriere diagnostiche ulteriori per le ragazze. Ad esempio, i resoconti dei genitori potrebbero essere condizionati da preconcetti culturali e aspettative sociali, in una maniera tale che ne ridurrebbero il peso rispetto ad una diagnosi d´autismo. I genitori

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potrebbero aspettarsi un comportamento più sociale da parte delle figlie che dai figli, e potrebbero quindi sollecitarlo e aiutare a dargli più corpo. O potrebbero interpretare il comportamento delle loro figlie come più sociale di quanto in effetti non sia.

Nella prima infanzia, ragazzi e ragazze autistici sono simili. Se non altro, le ragazze sembrano più sociali - vuoi perché in realtà lo siano o perché sono percepite come tali. Quanto più si avvicinano all´adolescenza, però, le ragazze autistiche tanto più perdono questo precoce vantaggio sociale, sviluppano sempre meno probabilità di avere amici, e più probabilità di essere isolate77.

Molte donne con autismo descrivono come usano strategie di camuffamento, come il copiare il comportamento, i vestiti e i tagli di capelli di una compagna di scuola o di lavoro.

I sintomi dell´autismo potrebbero anche presentarsi in maniera in qualche modo diversa nelle donne: un comportamento un po´ appiccicoso nelle ragazze potrebbe essere meno facilmente riconoscibile dai clinici rispetto al classico atteggiamento distaccato dei ragazzi autistici.

Non è chiaro se le ragazze abbiano minori comportamenti rigidi e ripetitivi, o se semplicemente, mostrino modelli che non corrispondono alla tipica figura (maschile) dell´autismo. Una ragazza che dice ad uno specialista che è interessata ai cavalli o ad una certa boy band, piuttosto che al sistema di trasporti, difficilmente farà sorgere sospetti di autismo, a meno che il clinico non sondi il terreno per un´insolita ristrettezza d´interesse o per la strana intensità dell´interesse stesso.

Oltre alla spiegazione biologica per la preponderanza dell´autismo nei maschi, come il citato “effetto protettivo femminile”, sembra probabile che pesi la scarsa identificazione delle manifestazioni al femminile dell´autismo: forse un “effetto di mascheramento femminile”. I clinici dovranno forse indagare più a fondo per trovare le caratteristiche sociali, di comunicazione e di rigidità nelle donne e ragazze con autismo chiedendo cosa preferiscono fare quando sono da sole, o quanto gli costi (in termini di stress e ansia) l´integrarsi socialmente.

Per esplorare in maniera appropriata la possibilità di questo mascheramento al femminile e del pregiudizio a livello di diagnosi, sarà essenziale per la ricerca uscire dalla clinica, per trovare ragazze e donne con tratti autistici forti che non hanno ricevuto una diagnosi. Katharina Dworzynski82 ha comparato ragazze con forti tratti autistici sul CAST ( Childhooh Autism Spectrum Test) all´età di 8 anni, che in seguito erano oppure non erano state inserite, secondo i criteri diagnostici, nello spettro autistico all´età di 10 fino ai 12 anni. Ha seguito poi lo stesso procedimento per i ragazzi. Tramite questa analisi, ha scoperto che una bassa intelligenza e ulteriori problemi nel

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comportamento notati dagli insegnanti, distinguevano le ragazze diagnosticate da quelle non diagnosticate, ma che non valeva lo stesso per i ragazzi.

Questo risultato lascia intendere che le ragazze debbano provare difficoltà addizionali per passare la soglia della diagnosi, portando alla luce il fatto che i criteri e gli strumenti diagnostici correnti non sono ben accordati per individuare l´autismo in donne e ragazze soprattutto ad alto funzionamento. D´altronde, in alternativa, è possibile che le ragazze con tratti forti d´autismo, ma non diagnosticate, gestiscano meglio i problemi rispetto ai ragazzi con sintomi di gravità equivalente, suggerendo forse che ci sia una migliore compensazione per l´autismo da parte delle ragazze, laddove comunque non ci siano difficoltà ulteriori, come deficit intellettivi104.

C´è comunque un effettivo rischio che le pratiche di ricerca correnti, che spesso escludono ragazze e donne dagli studi a causa della piccola quantità di persone, stiano creando un circolo vizioso dove la nostra conoscenza dell´autismo è per la maggior parte una conoscenza dell´autismo maschile.

È vitale quindi la ricerca basata sulla popolazione, perché gli studi basati sui casi clinici corrono il rischio di portare solo conferme laddove esistano già stereotipi e pregiudizi nel processo di diagnosi. Senza questi studi di popolazione sulle differenze tra i generi nell´autismo e nei tratti autistici, rimarrà poco chiaro fino a che punto le donne non ricevono una diagnosi d´autismo, e se in questi casi le donne “soffrano in silenzio” o raggiungano una vera compensazione, che rende la diagnosi non necessaria.

3.4 TEORIA DEL “CAMOUFLAGE”

Alcuni individui autistici vengono diagnosticati tardivamente perché imparano alcune strategie per nascondere le difficoltà sociali. Questi individui diagnosticati tardivamente tendono a soffrire di concomitanti disturbi mentali potenzialmente correlati allo stress accumulato per adattarsi alla vita quotidiana all’interno della società105.

Individui autistici possono quindi sviluppare tecniche di coping per “camuffare” le difficoltà che insorgono in ambito sociale106 evitando comportamenti che potrebbero essere visti come socialmente inaccettabili.

Esempi di tecniche di camuffamento includono mantenere il contatto oculare durante la conversazione, usare frasi imparate o utilizzare scherzi preparati precedentemente durante le conversazioni, mimare comportamenti di altre persone, imitare espressioni faciali o gesti, imparare e seguire le regole sociali105. Un’altra strategia è quella di imparare a parlare con più calma , non stare troppo vicino alle altre persone, non fare osservazioni personali modellando il

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comportamento sulla base delle coetanee per ottenere una migliore accettazione sociale.

Tuttavia la maggior parte della letteratura è concorde nell’affermare che il “camouflage” ha un costo: richiede costantemente uno sforzo mentale, può determinare stress, ansia, depressione, e perfino un impatto negativo sullo sviluppo di un’identità personale93,107.

Il “Camouflage” potrebbe avere un ruolo nella preponderanza maschile dei soggetti autistici, infatti le femmine sono più portate e motivate ad adottare questa tecnica che determina una loro sottodiagnosi.

Head et all hanno visto che le ragazze adolescenti con autismo hanno uno score più alto nel questionario sull’Amicizia rispetto agli adolescenti maschi con autismo e a un livello comparabile con quello di adolescenti maschi con sviluppo tipico. Quindi la capacità femminile di camuffare le proprie insicurezze sociali è sicuramente maggiore70.

Anche Lai et all93 confermano questa affermazione osservando che, dati livelli simili di sintomi correlati all’autismo misurati con l’ADI-R (Autism Diagnostic Interview-Revised), le donne autistiche tendono a mostrare caratteristiche autistiche meno pronunciate nel contesto interpersonale-sociale secondo l’ADOS (Autism Diagnostic Observation Schedule).

Sicuramente fattori socio-culturali giocano un ruolo fondamentale nel determinare questa diversità, anche se non è ancora ben chiaro come. Tuttavia non bisogna cadere nell’errore di credere che il “Camouflage” sia un fenomeno solo femminile: esistono donne con poco camouflage e uomini in cui invece è molto marcato, quindi sicuramente esiste un overlap. In media è maggiormente presente nelle femmine ma è un fenomeno che riflette anche una predisposizione individuale indipendente dal sesso.

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4. AUTISMO FEMMINILE: BASI BIOLOGICHE

DIVERSE

In generale nei soggetti autistici sono state riscontrate anomalie strutturali cerebrali nelle zone del cervelletto, dell’amigdala, dell’ippocampo, del setto e dei corpi mammillari e anomalie a livello di molecole, come la serotonina e le beta-endorfine, aventi un ruolo nella trasmissione degli impulsi nervosi nel cervello.

Secondo gli studi più recenti le femmine autistiche hanno della basi biologiche diverse rispetto ai maschi e questo potrebbe spiegare le differenze nella presentazione clinica108.

In uno studio su soggetti autistici prescolari hanno notato delle differenze di sesso/genere nella neuroanatomia del corpo calloso109. Vari studi sulla crescita cerebrale e fisica54,110,111 suggeriscono che la differenza di genere nel fenotipo autistico si instauri fin dai primi anni di vita rispecchiando forse l’influenza di alcuni fattori biologici presenti fin prima della nascita come gli stereoidi prenatali e altri meccanismi regolatori o precoci meccanismi neuroinfiammatori. Ampi sono gli sforzi per cercare di capire come le ragazze autistiche siano diverse: sia attraverso il loro comportamento, sia attraverso la risonanza magnetica. Ad esempio, una delle asserzioni sull´autismo è che le persone nello spettro non sembrano interessarsi o impegnarsi nelle interazioni sociali. Le evidenze delle immagini cerebrali dei laboratori di Pelphrey suggeriscono che questo è vero, in media, solo per i ragazzi autistici77.

Secondo questi studi osserviamo una forte attivazione o funzione del “cervello sociale” nelle ragazze autistiche che è, in senso stretto, in contrasto con tutto ciò che altri gruppi di ricerca hanno segnalato sinora: i cervelli sociali delle femmine con ASD sembrano essere intatti.

Il cervello sociale è un insieme interconnesso di regioni del cervello, tra cui la circonvoluzione fusiforme che si occupa del riconoscimento del volto; l´amigdala, un centro emozionale; e il solco temporale superiore, coinvolto nella percezione dell´attenzione e dei movimenti di altre persone. Studi sulle immagini cerebrali hanno evidenziato che il cervello sociale è poco attivo nelle persone autistiche, ma il laboratorio di Pelphrey ha scoperto che, se le ragazze tipiche hanno i cervelli sociali più attivi e i ragazzi autistici i meno attivi, i ragazzi tipici e le ragazze autistiche si incontrano a metà strada.

Particolarmente interessante è l´osservazione che, nelle ragazze autistiche, il cervello sociale sembra comunicare con la corteccia prefrontale, una regione del cervello normalmente impegnata nel ragionamento e nella pianificazione, nota per bruciare energia. Può darsi che le donne autistiche mantengano il loro cervello sociale

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impegnato, ma lo medino attraverso la corteccia prefrontale, in un certo senso intellettualizzando quelle interazioni sociali che sono intuitive per altre donne.

Questo è coerente con l´esperienza di alcune donne che sostengono di aver imparato le regole delle interazioni sociali, ma che trovano estenuante doverle applicare tutto il giorno.

Questo risultato non è del tutto nuovo per i clinici: alcuni scienziati che vedono regolarmente le donne con autismo sono consapevoli della loro notevole capacità di imparare un numero di regole sufficienti per camuffare i propri sintomi.

Questo significa che i clinici devono essere più creativi per diagnosticare le donne sullo spettro, invece che cercare semplicemente, ad esempio, il comportamento ripetitivo, come potrebbero fare con gli uomini. Le donne hanno una buona capacità di coping, una buona intonazione, un buon linguaggio del corpo: il comportamento di superficie non è molto utile per una diagnosi. Nel complesso, il concetto di compensazione nelle donne autistiche non è stato ben studiato. La compensazione potrebbe essere di tipo cognitivo, l´apprendimento delle regole attraverso il ragionamento invece che istintivamente, oppure sociale come, ad esempio, l´imitazione degli altri.

Pochi gruppi, tra cui quelli guidati da Happé e Baron-Cohen, stanno cercando di carpire cosa c´è dietro la maschera.

Il gruppo di Baron-Cohen ha sviluppato il cosiddetto "test delle gaffe". Se una donna impara le regole sociali una per volta sarà destinata a fare un sacco di errori perché è probabile che incontri una situazione per la quale non ha ancora imparato le regole.

Happé è impegnata nella creazione di test basati su scenari di vita reale in cui la sua squadra chiede alle donne non solo perché qualcuno ha detto qualcosa, ma anche ciò che esse stesse avrebbero detto dopo. Baron-Cohen, Happé e altri invitano tuttavia alla cautela: in alcuni casi le donne possono aver imparato il coping così bene da non aver bisogno di una diagnosi.

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4.1 DIVERSE TRAIETTORIE DI CRESCITA

Una crescita precoce e in eccesso della circonferenza cranica è riportata nei bambini autistici tra 6 e 24 mesi112. Questo sembra essere correlato al sesso. Infatti molti studi mostrano diverse traiettorie di crescita e diverse regioni interessate nei maschi rispetto alle femmine: ad esempio il cervelletto risulta più piccolo nelle femmine ma più grande nei maschi autistici rispetto ai controlli113,114. Inoltre risulta un

diverso volume dell’amigdala e differenza nei sintomi correlati. Per di più questo eccesso di crescita si riscontra di più nei maschi con regressione dello sviluppo rispetto a quelli senza regressione e nelle femmine non è riportata.

Anche la crescita fisica nei bambini autistici diverge in maniera sesso specifica rispetto ai controlli con normale sviluppo. In studi caso-controllo, una crescita fisica generalizzata in eccesso è stata riscontrata nei maschi ma non nelle femmine autistiche54.

I bambini con autismo hanno una crescita della circonferenza cranica simile ai controlli, mentre le femmine autistiche mostrano una crescita ridotta rispetto ai controlli.

Per quanto riguarda il peso corporeo, i maschi autistici sono in sovrappeso, mentre le femmine sono sottopeso rispetto ai controlli110.

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5. DIFFERENZE CLINICHE NELLA

PRESENTAZIONE DELL’AUTISMO TRA MASCHI

E FEMMINE

La questione delle differenze di sesso/genere nella presentazione dell’autismo rimane un argomento di grande interesse63,64,115-118 , nonostante numerosi studi sostengano che ci siano più similitudini che differenze89,119-121.

Secondo una recente metanalisi 122le differenze di sesso nel fenotipo comportamentale sono limitate ai comportamenti ripetitivi soprattutto durante l’età scolastica e l’adolescenza. Forse tutto questo interesse nello studiare le differenze di sesso deriva dal fatto che le femmine sembrano diverse123. Questo ha portato a confrontare ampiamente

maschi e femmine116. Tuttavia questo confronto è limitato dal fatto che gli attuali strumenti diagnostici non sono adatti a rilevare differenze sfumate nei soggetti con ASD. Inoltre sono strumenti tarati sulla classica presentazione maschile dell’autismo124 portando a una sottodiagnosi78,79,125 nelle femmine, soprattutto quelle con alto cognitivo e buone capacità linguistiche.

Inoltre gli attuali criteri diagnostici per gli ASD sono basati sul comportamento. Se i maschi e le femmine autistiche mostrano fenotipi comportamentali diversi, forse servirebbero criteri comportamentali sesso-specifici.

5.1 DIFFERENZE DI SESSO NELLO SVILUPPO

TIPICO

Sebbene siano stati fatti dei tentativi di confronto di genere tra il fenotipo di soggetti con ASD e soggetti con sviluppo tipico126, la maggior parte delle ricerche si è concentrata sul confronto tra maschi e femmine con ASD. Il problema è che anche nello sviluppo tipico il funzionamento sociale varia in funzione del sesso: le femmine sviluppano le loro abilità e competenze in ambiti diversi e più precocemente rispetto ai maschi127.Quindi mentre i ricercatori hanno ipotizzato che le femmine abbiano menomazioni più lievi123 e particolari abilità compensatorie128, queste differenze di sesso nel

fenotipo comportamentale potrebbero rappresentare semplicemente una ricapitolazione delle differenze di sesso nello sviluppo tipico. Esiste molta letteratura che ha identificato differenze di sesso in diversi ambiti: linguaggio/comunicazione, comportamenti sociali, relazioni129-132. Nei primi anni le femmine dimostrano un maggior sviluppo sociale. A sei mesi le bambine mostrano una migliore regolazione emozionale rispetto ai maschi133, e nei fratelli di bambini con ASD, le femmine dimostrano una maggiore attenzione e responsività agli stimoli sociali134. Nel primo anno di vita sono anche

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presenti differenze nelle preferenza di certi giochi: in uno studio su bambini di 3-8 mesi, le femmine dimostrano una preferenza visiva per le bambole rispetto ai camioncini , mentre i maschi hanno un pattern di fissazione opposto135. Durante l’infanzia le femmine raggiungono abilità associative e cooperative nel gioco più precocemente rispetto ai maschi129, mentre questi dimostrano più comportamenti ripetitivi nei

giochi e interesse insolito per gli oggetti136. Il riconoscimento delle emozioni e le abilità verbali sono migliori nelle femmine, mentre i maschi dimostrano un maggior interesse nei confronti di stimoli non sociali. L’insieme di tutte queste osservazioni ha posto le basi per lo sviluppo della teoria di Baron-Cohen del “cervello maschile estremo” sull’ASD137.

Oltre alle differenze nei comportamenti legati al sesso nella prima infanzia, nello sviluppo tipico femminile devono essere tenuti standard di comportamento diversi rispetto ai maschi. Per esempio nell’infanzia, la timidezza è socialmente accettata e perfino incoraggiata nelle femmine , ma è meno tollerata nei maschi. Queste aspettative si ripercuotono sullo sviluppo futuro. Quando la femmina passa dall’infanzia all’adolescenza, le interazioni sociali e le amicizie passano dal giocare verso una maggiore enfasi nel costruire relazioni138. Durante questo periodo di sviluppo, le relazioni

femminile con le coetanee sono caratterizzate da complesse abilità relazionali, con l’interazione incentrata più sulla conversazione, sulla condivisione di emozioni, e sul supporto emozionale.

5.2 DIFFERENZE DI SESSO NELLO SVILUPPO

ATIPICO

Pochi studi hanno esplorato questa domanda. Sembra che ci sia un consenso generale tra gli scienziati che quando ci si riferisce a una condizione più grave nello spettro - ossia a soggetti caratterizzati da un basso quoziente di intelligenza (QI) e che esibiscono comportamenti ripetitivi - ci sia poca differenza manifesta tra ragazze e ragazzi autistici. È invece all´altra estremità dello spettro che la scienza è ancora sfocata. Dato il piccolo numero di donne autistiche negli studi, ci sono poche risposte definitive77.

Conoscere le differenze di sesso nello sviluppo tipico può rappresentare il punto di partenza per capire quelle nello sviluppo atipico. Per esempio, le più alte aspettative per lo sviluppo delle abilità sociali nel corso dell’adolescenza nelle femmine con e senza ASD risulta in un deficit più vistoso mano a mano che le femmine con ASD crescono139 125. Sia i maschi che le femmine con ASD in età scolare hanno minori capacità relazionali e tendono ad essere esclusi rispetto ai coetanei con sviluppo tipico, queste differenze tendono ad essere

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più pronunciate nelle femmine con ASD quando vengono comparate a ragazze con sviluppo tipico140. Queste importanti differenze nello sviluppo delle abilità sociali non vengono colte se le ragazza con ASD non sono confrontate con appropriati controlli come soggetti dello stesso sesso e della stessa età. In un piccolo gruppo di maschi e femmine di età tra i 10 e i 16 anni, con e senza autismo, i ricercatori hanno riscontrato, su un test relativo all’amicizia, punteggi medi molto più alti nelle femmine sia con che senza ASD rispetto ai maschi70. Quindi una femmina con ASD, che ha problemi lievi di

comunicazione sociale, confrontata con altre ragazze col disordine, può non dimostrare chiaramente un deficit finchè non viene comparata a femmine della stessa età senza ASD.

L’incremento del deficit nelle competenze sociali rispetto alle coetanee con sviluppo tipico, la maggiore complessità delle aspettative e delle norme sociali, gli elevati fattori di rischio per sintomi internalizzanti (come il minimo supporto da parte delle coetanee e un basso concetto di sé) possono rendere le adolescenti e le giovani adulte con ASD particolarmente vulnerabili. Per esempio, le donne adulte con ASD trovano un buon impiego alla stessa età dei maschi con ASD, ma non riescono a mantenere bene l’impiego come fanno i maschi141. È stato ipotizzato che i datori di lavoro siano meno tolleranti nei confronti delle gaffe e che le femmine vengano indirizzate verso professioni che richiedono più abilità sociali. L’aumentata vulnerabilità delle femmine con ASD durante la loro crescita potrebbe essere dovuta alle comorbidità o problemi mentali secondari. È stato ampiamente dimostrato che le femmine con sviluppo tipico sono a maggior rischio di sviluppare depressione o ansia durante l’adolescenza rispetto ai maschi116,142-147, e studi recenti suggeriscono che la stessa cosa potrebbe essere vera per femmine con ASD quando confrontate con maschi con e senza ASD144,148 o con femmine a sviluppo tipico148,149. Alti livelli di sintomi internalizzanti possono essere problematici soprattutto nelle femmine con ASD diagnosticate tardivamente che non hanno beneficiato dell’adeguato supporto per superare le difficoltà legate alla patologia.

Hiller et al.150 utilizzando i report delle insegnanti e dei clinici, hanno evidenziato che il profilo femminile dell’ASD è caratterizzato da un lieve deficit sociale e da comportamenti ristretti e ripetitivi sottosoglia (RRBs). Nel loro esempio di bambini ad alto funzionamento con ASD, le bambine incontravano meno frequentemente i criteri dell’RRB per un interesse fisso, e per quelle che lo facevano, questi interessi rientravano nella categoria che i ricercatori definiscono “apparentemente casuale” piuttosto che specifica per “cose” o “personaggi”.

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Jaminson et all in uno studio sulla percezione dei clinici relativa alle differenze di sesso nell’ASD hanno evidenziato come la severità dei sintomi core secondo il DSM 5 dei maschi rispetto alle femmine vari con l’età88 come è evidenziato dalla seguente tabella.

Figura 1: presa sall’articolo “The clinician perspecitive on sex differences in autism spectrum disorders” di Jaminson et all del 2017. Ciscuna colonna rappresenta in percentuale quanto i sintomi delle femmine autistiche siano “più severi”, “né più né meno severi” o “meno severi” rispetto a quelli dei maschi.

5.2.1.Età Prescolare

Secondo questo studio nel periodo infantile che va da 0 a 5 anni, nel dominio della Comunicazione Sociale, secondo i clinici, le femmine sono simili ai maschi in tutti e tre i sottodomini inclusi i Deficit nella reciprocità Sociale (62%), i Comportamenti comunicativi non verbali usati per l’interazione sociale (60%) e sviluppare e mantenere relazioni (71%).

Nel dominio RRB i clinici dicono la stessa cosa: che la severità tra maschi e femmine è simile sia nei movimenti motori ripetitivi o stereotipati (65%), sia nell’insistenza sulla monotonia (72%), sia negli interessi fissi, altamente ristretti (65%), sia nell’iperattività a input sensoriali (68%) sia nell’iporeattività a input sensoriali (86%).

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Per quanto riguarda le comorbidità, la maggioranza dei clinici indica che le femmine mostrano simili livelli di comorbidità mediche (67%) e psichiatriche (83%) rispetto ai maschi durante l’età prescolare.

5.2.2 Età Scolare

Nell’età scolare, che va dai 6 agli 11 anni, la maggior parte dei clinici afferma che le femmine mostrano una minore severità nell’ambito dei Deficit nella reciprocità Sociale e nei Comportamenti comunicativi non verbali usati per l’interazione sociale rispetto all’età prescolare. I clinici concordano sul fatto che in generale i deficit sono simili o meno severi rispetto ai maschi. Sono simili soprattutto per quanto riguarda lo Sviluppo, Il Mantenimento e la Comprensione delle Relazioni (70%).

Per quanto riguarda il pattern RRB rimane abbastanza simile all’età prescolare e tra maschi e femmine (59%-85%), ad eccezione dei Movimenti Motori Ripetitivi e Stereotipati. Per questo criterio il 55% dei clinici riporta che le femmine hanno una severità minore durante questa età.

Nell’età scolare le comorbidità mediche e psichiatriche sono ritenute frequenti allo stesso modo (73% e 75%) o meno frequenti (19% e 13%).

5.2.3 Adolescenza

Una grossa percentuale di clinici afferma che a questa età le femmine hanno maggiori deficit rispetto all’infanzia e all’età scolare. Soprattutto per quanto riguarda i campi del Deficit nella Reciprocità Sociale e quello dello Sviluppo, Mantenimento e Comprensione delle Relazioni.

Per quanto riguarda il dominio RRB le femmine appaiono meno severe.

5.2.4 Età Adulta

I Deficit nella Reciprocità Sociale, i Comportamenti Comunicativi Non Verbali e lo Sviluppo, il Mantenimento e la Comprensione delle relazioni è ritenuta simile come gravità o meno severa rispetto ai maschi adulti.

Anche i comportamenti ripetitivi sono ritenuti della stessa gravità o meno severi rispetti ai maschi di uguale età.

Sono riportati simili livelli di iporeattività agli stimoli sensoriali.

In conclusione il 70% dei clinici sostiene che ci sono differenze nei sintomi core tra maschi e femmine con ASD e il 54% riporta differenze nei sintomi associati ( come sintomi sensoriali, comorbidità

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