I Sepolcri
un carme scritto da Ugo Foscolo tra il 1806 e il 1807.
Lo spunto per la composizione del carme fu dato al Foscolo dall'estensione all'Italia, avvenuta il 5 settembre
del 1806, dell'editto napoleonico di Saint-Cloud (1804), che stabiliva le regole per gli usi cimiteriali:
* proibiva la sepoltura dei morti all'interno del perimetro della città
* stabiliva per ragioni democratiche che le lapidi dovessero essere tutte della stessa grandezza e le iscrizioni controllate da una commissione apposita.
Il terzo blocco del
Il terzo blocco del
carme vv. 151-212
carme vv. 151-212
Il messaggio della tomba travalica la successione
del tempo.
Il ricordo delle tombe dei grandi perdura nei secoli.
Domina in questa parte il motivo dei sepolcri di
S.Croce, ricordiamo che già l’Ortis, nella lettera del
27 agosto 1798, si era soffermato a venerare quel
tempio delle itale glorie ma le riflessioni che gli
suscitavano erano negative; qui, invece, il tema è
riproposto in positivo poiché le tombe dei grandi
stimolano gli uomini generosi a compiere grandi
azioni.
Ippolito Pindemonte
Ippolito Pindemonte
Amico del poeta.
Compone, agli inizi del luglio 1806, un carme
in ottave, il primo dei quattro di cui avrebbe
dovuto constare un poema su I Cimiteri.
Egli stesso nella premessa all’edizione del
1807 dei suoi versi dichiarò: «Compiuto quasi
io avea il primo canto dei Cimiteri, quando
seppi che uno scrittore non ordinario, Ugo
Foscolo, stava per pubblicare alcuni dei suoi
versi a me indirizzati sopra i Sepolcri.
L’argomento mio, che nuovo più non pareami,
cominciò allora a spiacermi, ed io abbandonai il
mio lavoro».
Ode a Pindemonte
A egregie cose il forte animo accendono l'urne de' forti, o Pindemonte; e bella e santa fanno al peregrin la terra
che le ricetta.
soggetto rendono accoglie
Io quando il monumento
vidi ove posa il corpo di quel grande che temprando lo scettro a' regnatori gli allòr ne sfronda, ed alle genti svela di che lagrime grondi e di che sangue;
e l'arca di colui che nuovo Olimpo alzò in Roma a' Celesti; e di chi vide
sotto l'etereo padiglion rotarsi
piú mondi, e il Sole irradïarli immoto, onde all'Anglo che tanta ala vi stese sgombrò primo le vie del firmamento: Machiavelli
Michelangelo Galileo
- Te beata, gridai, per le felici aure pregne di vita, e pe' lavacri
che da' suoi gioghi a te versa Apennino! Lieta dell'aer tuo veste la Luna
di luce limpidissima i tuoi colli per vendemmia festanti, e le convalli
popolate di case e d'oliveti
e tu prima, Firenze, udivi il carme che allegrò l'ira al Ghibellin fuggiasco,
e tu i cari parenti e l'idïoma
désti a quel dolce di Calliope labbro
che Amore in Grecia nudo e nudo in Roma d'un velo candidissimo adornando,
rendea nel grembo a Venere Celeste; ma piú beata che in un tempio accolte
serbi l'itale glorie, uniche forse da che le mal vietate Alpi e l'alterna
onnipotenza delle umane sorti armi e sostanze t' invadeano ed are e patria e, tranne la memoria, tutto.
Dante
Io quando….. vidi
Il monumento ove posa il corpo di quel grande (Machiavelli) che con Il principe insegnò ai regnanti l’arte di temperando lo
scettro;
Il sepolcro di Michielangelo che ha affrescato la cupola di San Pietro, paragonata per grandezza e bellezza al monte Olimpo. La tomba di Galilei, che con il telescopio, vide più pianeti ruotare nel etereo padiglion.
Felice Firenze, tu per prima hai udito il poema che alleviò lo sdegno di Dante esule, e hai dato i genitori e la lingua a Petrarca. Firenze è beata perché conserva in Santa Croce le glorie
Firenze
Te beata, gridai, per le felici aure pregne di vita, e pe' lavacri