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La Geofisica nei Beni Culturali: dai metodi di indagine del sottosuolo all'attivita diagnostica applicata agli apparati architettonici

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Academic year: 2021

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CAPITOLO 1

In questa parte sono descritte varie metodologie geofisiche di indagine non invasiva nell’ambito della ricerca archeologica mirata al sottosuolo e per lo studio del degrado degli elementi architettonici in alzato.

I vari approcci sono stati presi in esame partendo dagli studi preliminari del territorio, come le analisi topografiche e le ricognizioni, attraverso la pratica del Telerilevamento satellitare che negli anni ha migliorato la propria capacità di fornire informazioni sempre più adatte agli obiettivi di studio della nostra disciplina.

Successivamente si passa alle tecniche che permettono un esame profondo del terreno, descrivendo diversi tipi di applicazioni che l’operatore dovrà selezionare in base alla loro adattabilità allo scopo della ricerca.

Sarà necessario valutare le caratteristiche del sottosuolo e la presenza o meno di disturbi, quali disomogeneità particolari o interventi antropici moderni, che possano interferire con l’attendibilità dei risultati; infine risulterà adatto considerare con attenzione ciò che il sottosuolo, più probabilmente, possa contenere.

Ponderate tutte queste discriminanti, l’operatore sceglierà, fra i vari metodi utilizzabili, quello ( o quelli ) che meglio si presti alle particolarità riscontrate, per giungere ad un’esplorazione di alta qualità.

Ho cercato di esporre le metodologie, sia pur brevemente, nel modo più esaustivo e chiaro possibile, cercando di renderle di facile comprensione, in quanto questo lavoro è mirato al settore archeologico e non a quello ingegneristico, che magari avrebbe richiesto sì uno studio analitico, senza dubbio, più preciso e capillare, ma anche maggiormente complicato, per chi come me, non ha intrapreso quel tipo di studi.

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Telerilevamento

Nell’ambito della ricerca archeologica, in prima istanza bisogna discernere tra esplorazione regionale e prospezione di dettaglio.

Nel primo caso si ha un’indagine indiretta volta ad identificare condizioni fisiografiche, morfologiche e geologiche favorevoli all’installazione di insediamenti umani ormai sepolti.

La seconda implica, invece, la scoperta diretta di strutture artificiali di vario tipo. In questo caso, essendo gli obiettivi di piccole dimensioni e a minime profondità, provocano piccole variazioni sui campi misurati in superficie e sono mascherati dai disturbi provocati dalla variabilità dei materiali geologici in cui si trovano.

Perciò ci troviamo di fronte ad una situazione di questo tipo:

- piccole sorgenti, piccoli effetti - basso rapporto segnale/disturbo

- ambiguità nell’identificazione della sorgente

Per questo motivo le prospezioni archeologiche implicano un’integrazione tra metodi diversi e l’effettuazione di indagini in scale differenti.

La prospezione geofisica di dettaglio, essendo costosa, quindi, presuppone un‘ attività esplorativa di dettaglio a terra, prima di ricorrere ad a ricerche aerofotografiche e di telerilevamento, in modo da costruire carte tematiche aggiornate e valutare le caratteristiche ambientali dell’area tramite un’analisi sinottica della superficie.

Per Telerilevamento si intende quell’insieme di tecniche che osservano a distanza la superficie e ne indicano le caratteristiche analizzando le radiazioni da essa emesse o riemesse in una banda dello spettro elettromagnetico compresa tra le lunghezze d’onda più corte della luce ( 0,4 micron ) e le onde centimetriche.

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Le sorgenti di radiazioni sono naturali ( sole ) o artificiali ( radar ), con l’uso, di conseguenza, di sensori attivi o passivi.

Questi sensori sono montati su satelliti, su aerei, palloni o a pochi centimetri dal suolo.

I parametri osservati sono, per lo più, la riflettività1, la trasmissività2 e l’

emissività3 nelle varie bande dello spettro.

Altri fattori che rivestono grande importanza sono la temperatura superficiale e l’ inerzia termica4 apparente che dipende dalla litologia e dalla umidità.

Ne risulta che questo tipo di analisi rappresenta un elemento del sistema esplorativo che fornisce informazioni su:

a) La definizione di effetti indotti in superficie da sorgenti di interesse archeologico tramite l’osservazione multispettrale e multitemporale, in quanto le anomalie sono meglio riconoscibili in superficie se analizzate in varie bande spettrali, oltre alla scelta di compiere osservazioni con differenti condizioni stagionali e di luce radente, che rappresentano elementi che aggiungono efficacia al telerilevamento.

b) La Geometria delle anomalie e la loro visione sinottica5, in quanto gli effetti sugli strati superiori sono condizionati dallo stato di copertura, sia vegetale che materiale, dal contenuto di umidità e dalla capacità di drenaggio, dalla composizione mineralogica e litologica del terreno ed infine dalla morfologia della superficie.

Il tutto deve essere integrato da uno studio regionale che fornisca elementi sull’ambiente in modo da favorire una completa ricerca.

1

Rappresenta la proporzione di luce incidente che una data superficie è in grado di riflettere.

2

Valore - parametro che definisce le condizioni della permeabilità verticale.

3

È la misura della capacità di un materiale di irraggiare energia.

4

La resistenza che oppone la superficie a riscaldarsi e raffreddarsi

5

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Ponendo in analisi alcuni apparati di ripresa presenti sulle stazioni satellitari possiamo affermare che il sensore MSS del Landsat ha la facoltà di esplorare la porzione di spettro visibile e dell’infrarosso prossimo a 4 bande, con pixel6 di circa 80 metri per lato.

Il sensore T.M.7, della medesima stazione orbitante, ha una risoluzione geometrica migliore, 30 metri, eccezion fatta per l’infrarosso termico in cui si passa a 60 metri.

Comunque il tutto corredato da una migliore risoluzione spettrale e una più estesa porzione di spettro esplorata.

Il satellite SPOT, invece, è dotato di un sensore usato sia per il multispettrale8, sia in banda larga pancromatica9. Ad una bassa si contrappone una risoluzione geometrica molto spinta, 20 metri in multispettrale e 10 metri in pancromatica. L’ultima versione, lo SPOT 4, possiede in più una banda che lavora nel medio infrarosso, utilizza uno strumento dedicato al monitoraggio della vegetazione e la banda “Pan” é stata sostituita da una banda che lavora nel rosso.

Ne consegue che il sensore MSS è di scarso utilizzo in ambito archeologico,mentre le immagini T.M. e dello SPOT hanno ambedue un vasto campo di applicazione, il primo grazie alla notevole risoluzione spettrale, il secondo per quella geometrica.

Da non dimenticare la possibilità di acquistare foto dalla Sovietica “Sojuzkarta”, che hanno una risoluzione geometrica molto alta ( 5-10 metri ) e rappresentano un’ottima base cartografica aggiornabile.

6

Elemento che costituisce la risoluzione di un’immagine.

7

La versione TM7 é in orbita dal 1999.

8

Tre bande unicamente nella porzione del visibile.

9

Si dice pancromatico un materiale sensibile a tutte le lunghezze d'onda dello spettro visibile, sintetizzate per comodità nelle tre bande di blu, verde e rosso.

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In passato i sensori satellitari non avevano la facoltà di raccogliere dati nella banda dell’infrarosso termico e nelle microonde attive (radar), perciò si rendevano necessarie le riprese aeree.

Ad oggi il problema è stato risolto con la messa in orbita, fra altri, di due satelliti in grado di compiere questo tipo attività:

a) Satellite Terra-Aster10 che possiede un sensore capace di ottenere immagini ad alta risoluzione (da 15 a 90 metri) su 14 differenti canali, sensibili allo spettro luminoso tra il visibile e l’infrarosso termico. La dimensione delle immagini copre una superficie di 60Km x 60Km.

b) Satellite Radarsat11 che utilizza una tecnologia radar chiamata SAR12, grazie al quale si può lavorare in qualsiasi condizione meteorologica, penetrando nuvole, nebbia, polvere e pioggia, potendo acquisire di giorno come di notte, sostituendo l’acquisizione di immagini dove i satelliti ottici ne sono impediti.

Ad esso si affiancano i satelliti dell’agenzia spaziale europea ERS-1 e ERS-2 che impiegano la stessa tecnologia impiegata dal RADARSAT.

Dopo questa breve analisi, occorre mettere in evidenza i fattori che influenzano la risposta nelle varie regioni spettrali, che possono essere di interesse per la ricerca archeologica:

1) Regione visibile e dell’infrarosso prossimo

10

Lanciato nel dicembre del 1999

11

In orbita dal novembre del 1995

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- Vegetazione: la clorofilla assorbe le radiazioni tra 0,45 e 0,65 micron, perciò la massima riflettività la si incontra tra 0,7 e 1,3 micron. Oltre questo valore, invece, essa risulta inversamente proporzionale al contenuto d’acqua.

- Corsi d’acqua: la loro superficie assorbe completamente l’infrarosso, trasmettendo però luce blu - verde, quindi in molti casi e possibile un’analisi dei fondali.

- Suolo nudo: i fattori che determinano la sua riflettività sono, invece, il grado di umidità, la morfologia, le proporzioni di sabbia - argilla - limo, il contenuto di ossidi di ferro13 ed infine il contenuto di materia organica.

In questo tipo di analisi di superficie è in grande sviluppo la “Spettroscopia”, che implica l’analisi contemporanea della risposta su numerose bande strette confrontate con gli spettri di campioni analizzati in laboratorio.

In questo modo si ottiene un’individuazione diretta della litologia e della composizione mineralogica dei materiali attraverso la cosiddetta “Firma Spettrale”.

2) Regione dell’infrarosso termico

Le caratteristiche termiche del suolo14 possono essere studiate per mettere in evidenza il risentimento indotto in superficie da strutture interrate o da fattori areali quali paleoalvei o linee di drenaggio, in quanto l’inerzia termica può essere influenzata dalla presenza di cavità o murature sepolte.

3) Microonde attive ( Radar )

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Risulta importante per l’utilizzo di lunghezze d’onda superiori ai 2 micron

14

Differenze di temperatura dovute a diversa emissività, oppure differenze nel tempo dovute a escursione diurna

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Tipo di indagine possibile sia da satellite che a terra attraverso l’uso del Georadar.

L’osservazione satellitare è caratterizzata da una risoluzione geometrica di circa 10 metri, da rapidità di acquisizione e un’ampia visione sinottica di grandi aree. Prospezione molto valida per zone aride, in quanto i disturbi maggiori sono dati dalla vegetazione e dall’umidità.

Paragonandolo alle immagini Landsat, per esempio, questo tipo di sensore ha la capacità di mettere in evidenza morfologie sepolte fino a 10 metri, penetrando la superficie e indicando gli andamenti sotto di essa.

In conclusione, quindi, si può affermare che il telerilevamento è uno strumento essenziale per le analisi ambientali e la difesa territoriale e, di conseguenza, anche per l’ individuazione e la tutela del patrimonio archeologico.

Costituisce il passo preliminare alle ricerche di dettaglio, per il basso costo di acquisizione ed elaborazione, giocando un ruolo principe nell’aggiornamento costante delle carte tematiche.

Per l’indagine di strutture archeologiche sepolte, occorre essere di fronte a situazioni favorevoli, quali zone aride e non densamente coperte da vegetazione, ma l’avanzamento tecnologico sta trovando soluzioni anche per questo tipo di “disturbo”.

Per questo motivo occorre che vengano integrate con le riprese aeree15, in modo da creare esaustive banche dati sia da alta che da bassa quota.

15

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Metodo Gravimetrico

Il campo gravimetrico terrestre è una delle espressioni più evidenti delle proprietà che posseggono tutti i corpi di interagire, per effetto della ben nota forza di attrazione newtoniana.

Il peso dei corpi, la caduta degli oggetti, la fatica fisica in percorsi in salita, sono la conseguenza di tale forza.

Bisogna non dimenticare, in aggiunta a ciò, l’effetto della forza centrifuga prodotta dal moto di rotazione terrestre.

La risultante, quindi, tra la forza di attrazione newtoniana e la forza centrifuga è definita come Forza di Gravità.

Lo scopo di questo metodo di indagine consiste nell’osservare e interpretare, attraverso misure effettuate sulla superficie libera della Terra, anomalie di gravità prodotte da contrasti non noti di densità tra masse sepolte, che portano il campo gravimetrico reale a discostarsi dal campo gravimetrico teorico16.

La densità è quel parametro fisico che sintetizza numericamente la quantità più o meno grande di materia presente in un dato volume.

Sarà positiva per valori che vanno da 0 a numeri molto elevati, nel caso opposto sarà negativa.

Nel Sistema C.G.S.17, la densità è espressa in grammi-massa per unità di volume pari ad un centimetro cubo ( g/cmc)18.

16

Identificabile con un campo gravimetrico ipotizzabile per una situazione di terra “normale”, cioè il valore che dovrebbe avere secondo le sue caratteristiche, estrapolato tramite un calcolo matematico rigoroso a priori.

17

Sistema centimetro-grammo-secondo.

18

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Il potenziale conoscitivo di questo tipo di prospezione è quindi intuibile, poiché un qualsiasi manufatto sepolto, presentando un sensibile contrasto di densità di massa rispetto al litotipo che lo ospita, risulterà essere un corpo estraneo al concetto di “terra normale”, di conseguenza identificabile come sorgente di un’anomalia di gravità, perciò osservabile.

La grandezza geofisica usata per interpretare i dati gravimetrici è nota come Anomalia di Bouger, la quale va misurata partendo innanzitutto dal calcolo della gravità reale attraverso l’uso di un gravimetro.

Per giungere alla localizzazione di eventuali masse anomale, occorre eseguire altre operazioni affinché dal valore di gravità reale vengano sottratti gli effetti dovuti alle masse esistenti che sono già note al geofisico.

In prima istanza occorre traslare il nostro punto di misurazione come se fosse situato al livello del mare e calcolarne la gravità teorica19.

Nel caso in cui siano presenti masse interposte fra i due punti, si attua la cosiddetta correzione di piastra, calcolando le densità di massa in base a considerazioni geologiche, geofisiche e topografiche della porzione di rilievo oggetto di ricerca.

Infine si giunge alla definizione dell’ anomalia di Bouger , che rappresenta l’effetto gravimetrico dovuto al corpo sepolto, a cui viene dato un valore di densità fittizio, pari alla differenza tra quella sua reale ( non nota ) e quella della massa inglobante appena calcolata.

Questa operazione è detta Contrasto di densità.

Un’anomalia nulla indicherebbe, quindi, l’assenza di reperti; una positiva potrebbe essere attribuita alla presenza di murature o manufatti litoidi; infine, un risultato negativo starebbe ad indicare la presenza di un deficit di massa del corpo sepolto, cioè delle cavità.

19

Tale correzione è detta “in aria libera”, poiché si suppone che fra il punto di osservazione originario e la sua proiezione a quota 0, non vi siano masse interposte.

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Come abbiamo visto nella magnetometria, i risultati possono essere rappresentati, anche in questo caso, sia secondo profili che attraverso mappe, le quali risultano le più appropriate per fornire un quadro il più esaustivo possibile sulla situazione reale.

La mappa si ottiene tracciando le linee che uniscono i punti aventi uguali valori di anomalia, dette isoanomalie, eseguendo un processo di interpolazione areale detto “contouring” (fig. a).

Mettendo in evidenza gli effetti gravimetrici dovuti a più sorgenti, è necessario, in queste mappe, separare le anomalie, cioè distinguere gli effetti dovuti a masse molto profonde rispetto a quelli di reperti superficiali.

In ambito archeologico occorre certamente porre l’accento sulle discontinuità più prossime, adottando adeguate tecniche di filtraggio spaziale(fig. b).

Questo tipo di lavoro fornisce gli elementi più idonei per una prima accurata interpolazione qualitativa, in modo da giungere ad una valida quantificazione dei parametri fisici delle sorgenti sepolte.

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In conclusione si può affermare che questo metodo è adatto a risolvere diversi problemi in campo archeologico, specie là dove molti altri metodi geofisici20, non essendo necessaria nessun tipo di energizzazione del terreno, non possono essere utilizzati per motivi di disturbo ambientale o logistici, i quali possono presentarsi nei centri urbani.

Uno degli aspetti principali di tale progetto, sia per intercettare con precisione le anomalie, sia per ridurne i tempi di esecuzione, è la scelta della maglia delle misure gravimetriche, in quanto la densità dei punti di misura va stabilita in funzione delle dimensioni delle discontinuità da rilevare, dimensioni che dipendono dalla geometria del corpo perturbante e dalla profondità a cui questo giace.

I risultati migliori si hanno su una superficie orizzontale o poco accidentata in cui possono essere facilmente calcolati gli effetti della topografia e nell’individuazione di aree in cui è probabile la presenza di cavità sepolte come le tombe, mostrando come sia possibile una valutazione preventiva della geometria e della profondità di tali vuoti.

Esempio Pratico-teorico

Allo scopo di quantificare l’entità di un segnale gravimetrico prodotto da una cavità di interesse archeologico è stato elaborato un modello che prende in considerazione un obiettivo costituito da una tomba a cassone, articolata in un corridoio di accesso che conduce ad un pianerottolo di fondo21 su cui si aprono due camere laterali.

Questo esempio può chiarire gli aspetti pratici di impiego di questo tipo di prospezione geofisica.

20

Prospezioni elettriche, magnetiche ed elettromagnetiche.

21

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E’ stato calcolato l’effetto gravimetrico prodotto da questo modello con un contrasto di densità di -1,75 g/cm³ supponendo che la cavità sia vuota; per il dromos è stato usato invece un contrasto di densità di -0,50 g/cm³ considerandolo colmo di terra di riporto. Questi elementi sono stati scelti in base a dati sperimentali e bibliografici, ritenendo che i tipi litologici siano, per esempio nell’area Laziale, formazioni di “ Tufo rosso a scorie nere” o Macco22.

Nella figura c è stato rappresentato tramite isolinee l’effetto gravimetrico di questo modello, la cui volta è a due metri di profondità dal piano di campagna.

E’ stata scelta una maglia di stazioni con un lato di due metri che permette una precisa localizzazione dell’obiettivo, come si nota dall’andamento delle isolinee, la cui maggiore ha un’entità di 45 µGal23, che individuano sia le dimensioni sia la forma di tale cavità.

24

22

Calcarenite vacuolare poco cementata

23

Galileo, unità di misura dell'accelerazione nel sistema c.g.s.. È definita come un centimetro per secondo quadrato.

24

Pianta del modello di una tomba calcolato con un contrasto di densità di -1,75 g/cm³; la tomba ha la volta a 2 metri dal piano di calpestio ed il pavimento a 4 metri; sono rappresentate le isoanomalie con un intervallo di 5 µGal e i punti dove è stato calcolato il modello.

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Nella figura d invece è stato proposto l’effetto gravimetrico di una tomba che ha la parte sommitale a sette metri dalla superficie. In questo caso l’entità dell’anomalia risulta appena individuabile, solo 15 µGal, ma tale da permetterne l’ubicazione del baricentro. In questo esempio è stata scelta una maglia di misurazioni di quattro metri di lato.

25

Nel caso in cui la sepoltura fosse piena di acqua o fango, i valori di anomalia risulterebbero inferiori del 50 % di quelli osservati nelle due figure, perciò risulterebbe ancora rilevabile il modello a 2 metri di profondità, ma il valore dell’anomalia della cavità più profonda sarebbe troppo basso per essere messo in evidenza da questo tipo di prospezione.

25

In questo caso la volta della tomba è a 7 metri dal piano di campagna, la maglia di misurazioni è ogni 4 metri, le isoanomalie sono ugualmente rappresentate con un intervallo di 5 µGal.

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Metodo Magnetometrico

La Terra è sede di un campo magnetico, la cui sede principale ha origine nel nucleo.26

Sovrapposti al C.M.T., troviamo campi statici prodotti da sorgenti locali, coloro i quali, cioè, ci interessano nell’ambito della prospezione archeologica.

Come analisi preliminare occorre analizzare la genesi dei campi magnetici locali prodotti da reperti sepolti e come essi possono essere individuati.

Alla base di questa metodologia troviamo tre vettori:

- Induzione Magnetica - Campo magnetico - Magnetizzazione

L’induzione magnetica rappresenta l’interazione fra la materia e il campo magnetico. In base alla predisposizione di un dato materiale ad accettare al suo interno il campo magnetico, si parla di Permeabilità magnetica.

La magnetizzazione, invece, esprime la capacità della materia di riorganizzare la sua micro dinamicità interna sotto l’influenza di un campo inducente, cioè, in parole povere assume il comportamento di una calamità.

In sintesi, perciò, quando si compiono misure di campo magnetico nello spazio fisico, si calcola, effettivamente, l’induzione magnetica.

Come unità di misura, si utilizza il Sistema Internazionale e l’induzione magnetica è espressa in “tesla”; nell’ambito delle indagini geofisiche in archeologia si parla di “nanotesla”.

26

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Passando in rassegna le proprietà magnetiche della materia e cioè il processo di magnetizzazione, possiamo dividere i materiali in tre categorie:

1) Diamagnetici, i quali possiedono una suscettività magnetica27negativa e una permeabilità magnetica inferiore all’unità. Questo tipo di anomalie sono rappresentate, per lo più, da duomi salini.

2) Paramagnetici, caratteristica che dipende dall’orientamento degli atomi, con momento magnetico proprio28, nella direzione di un campo magnetico esterno, mettendosi in posizione di equilibrio. Risulta dipendente dalla Temperatura, cresce al diminuire di quest’ultima.

Ne consegue una suscettività magnetica positiva e la permeabilità relativa maggiore dell’unità. I materiali che posseggono queste peculiarità sono l’alluminio, il platino, il bario, ioni metallici e alcune leghe metalliche.

3) Ferromagnetici, sostanze che presentano caratteristiche paramagnetiche eccezionali, con magnetizzazione molto alta, quali il ferro, il nichel e il cobalto e un numero considerevole di leghe. La Temperatura gioca, anche in questo caso, un ruolo importante, poiché se tale materiale è riscaldato fino ad una certa gradazione29 si ha la completa smagnetizzazione. Durante il processo inverso il corpo si rimagnetizza per effetto del Campo magnetico terrestre.

In sintesi, per le indagini archeologiche, sono importanti due proprietà fisiche nel metodo magnetometrico:

- Il contrasto di suscettività magnetica fra l’oggetto sepolto e l’ambiente geologico circostante.

- L’intensità della magnetizzazione termo rimanente, generata dai processi di riscaldamento/raffreddamento.

27

Misura del grado di magnetizzazione di un materiale in corrispondenza di un campo magnetico.

28

Somma dei momenti magnetici orbitali e di Spin di tutti gli elettroni che lo compongono. Per spin si intende la rotazione su stesso dell’elettrone.

29

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In strutture e manufatti sepolti ( murature, terrecotte, etc..) si riscontra una suscettività magnetica differente rispetto a ciò che li circonda, oppure in zone di focolai o di fornaci di lavorazione della ceramica o dei metalli, troveremo processi termodinamici.

Nelle prospezioni archeologiche, le ricerche di superficie tramite indagine del campo magnetico sono state effettuate tramite l’ausilio o di un magnetometro a protoni o tramite un altro strumento di rilevazione detto fluxgate.

Naturalmente preme evidenziare, in questa breve disamina, i risultati che si ottengono con questo tipo di indagine.

Abbiamo la possibilità di redigere grafici del profilo delle anomalie, i quali richiedono una corretta interpretazione. ( fig. a ).

30

Esiste la possibilità, altresì, di costruire mappe che meglio si prestano ad un’analisi qualitativa ( fig. b ); queste mappe possono essere filtrate in base ad un livello di significatività31, grazie al quale si giunge ad una migliore definizione delle anomalie ( fig. c ).

32

30

Rappresentazione dei risultati di una prospezione magnetica secondo un profilo orizzontale

31

Processo paragonabile all’azione di un filtro, in cui si scarta il rumore magnetico di fondo.

32

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Nell’ambito dell’edilizia, tale metodologia, altresì, trova ampia applicazione per la rilevazione di materiali ferro-magnetici mediante il supporto del magnetometro, il cui uso preponderante sta nella localizzazione di ferri di armatura in una struttura in cemento armato.

La strumentazione utilizzata consiste in una sonda munita di una bobina trasmittente e di una ricevente e di una centralina di misurazione.

In presenza di materiali metallici si crea una variazione del campo elettromagnetico che viene registrata dall’elemento ricevente e visualizzata dalla centralina di misurazione.

Tramite tale misurazione è possibile risalire alle dimensioni dell’oggetto metallico.

L’impiego di questa tecnica è funzionale alle precise identificazioni e calcoli dimensionali di rinforzi di natura metallica, quali catene, regge, putrelle e ferri di armatura.

Questo è un metodo rapido e poco costoso, ma che presenta alcuni limiti, quali la notevole sensibilità ai forti salti di temperatura e ai forti campi elettromagnetici ed è inutilizzabile oltre i 10 cm di profondità.

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Metodo Geoelettrico in correnti continue

Le caratteristiche tecniche di questo tipo di indagine geofisica sono indipendenti dai possibili campi di applicazione, che possono riguardare studi geologici, minerari, idrogeologici e archeologici.

A seconda dello scopo della ricerca, le variazioni saranno, eventualmente, nelle modalità di esecuzione delle misurazioni ed in alcune caratteristiche peculiari delle strumentazioni.

Il fine di questo tipo di prospezione è di determinare i valori di resistività del sottosuolo e la loro distribuzione. Questa prima fase è comune a tutti i campi di applicazione di questo metodo, la differenziazione avviene nella seconda fase interpretativa, che serve a dare un significato concreto ai dati sulla resistività raccolti.

Le operazioni di rilevamento vengono eseguite sulla superficie terrestre, attraverso un dispositivo elettrodico composto, nella versione più semplice, da elettrodi energizzanti33 ( A e B, positivo e negativo ) e di elettrodi potenziometrici34( M e N ).

Per estrapolare la grandezza della resistività del sottosuolo occorre stimare con un amperometro la corrente immessa nel suolo, con un millivoltmetro la differenza di potenziale tra M e N, misurare tutte le distanze fra gli elettrodi ed infine introdurre tutti questi dati in un’apposita formula, che ci darà il valore della resistività reale solo se la stratigrafia è omogenea.

33

Coloro i quali sono destinati alla immissione di corrente elettrica nel terreno

34

Questi, invece, sono atti alla misura delle differenze di potenziale elettrico esistente fra due punti nel terreno, che sono provocate dalle correnti immesse.

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Nelle esplorazioni archeologiche, di conseguenza, avendo importanza un deposito non omogeneo, avremo come risultato non un valore reale, ma una risultante dipendente dalle strutture sepolte, perciò una “ resistività apparente”.

Un numero cospicuo di misurazioni dello stesso tipo saranno indispensabili per ottenere dati significativi, variando o le distanze reciproche far gli elettrodi, o la loro posizione, acquisendo così diversi segnali distribuiti su tutta l’area che è stata presa in esame, in modo da determinare la dimensione e la forma dei corpi elettricamente distinguibili35.

Analizzando la differenza di potenziale fra M e N, il geofisico determina una quantità che è proporzionale alla densità di corrente che scorre in superficie, lungo la retta che unisce i due suddetti elettrodi.

Questo percorso può essere influenzato dalle eventuali disomogeneità presenti negli strati, in cui i corpi più conduttivi tendono ad attrarre le correnti, invece quelli più resistivi creeranno un’azione di allontanamento con conseguente aumento di densità:

a) Di fronte ad un sottosuolo omogeneo avremo uno schema di andamento “normale” noto, se nel tratto giacciono elementi di disturbo si creano delle “anomalie di percorso”, quindi differenze nella resistività apparente.

b) La presenza negli strati sottostanti di elementi estranei può essere messa in evidenza in base al suo grado di influenza sui valori di

35

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densità di corrente misurati in superficie; si avranno i risultati migliori se il corpo non èn troppo distante dai dipoli e se le sue dimensioni non sono troppo piccole rispetto ala profondità.

36

Dopo aver effettuato le misurazioni esistono due possibilità di eseguire il rilievo:

- Esplorazione orizzontale, in cui rimane costante la disposizione degli elettrodi e quindi la porzione di terreno esplorato. Si utilizza il dispositivo Wenner, con cui si spostano in blocco i quattro elettrodi (A, B, M e N) lungo un profilo. Varia unicamente l’ampiezza della zona di superficie che si è deciso di indagare in quanto ogni elettrodo avanza della stessa quantità e essendo la profondità d'investigazione in funzione di AB, con questa tecnica si ricava la variazione della resistività apparente lungo uno spessore costante. Risulta molto adatta alla ricerca di cavità, cumuli di sassi e murature.

- Esplorazione Verticale, il cui scopo è quello di calcolare le variazioni di resistività in funzione della profondità. Quindi vengono variate le distanze fra gli elettrodi energizzanti da misura a misura, mentre gli elettrodi potenziometrici rimangono fermi, in modo da indagare i livelli più profondi. Questa disposizione elettrodica è definita tipo Schlumberger ed è applicata

36

Nelle figure a e b si possono notare le perturbazioni sulle linee di corrente dovute a assenza di depositi ( 1), a presenza di materiali più conduttivi rispetto all’ambiente circostante (2) e l’andamento nel caso di reperti maggiormente resistivi (3). A destra si può notare il relativo andamento del profilo di resistività.

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per appurare lo spessore della copertura di terra su un dato elemento o per individuare strutture orizzontali come le pavimentazioni.

Risulta opportuno, comunque, attuare in quasi tutti i casi entrambe le metodologie che integrandosi danno una maggiore precisione nei risultati.

Dopo aver concluso il nostro lavoro di rilevamento, il passo successivo è la tecnica di rappresentazione delle anomalie, la quale rende molto più comprensibile il significato della rilevazione.

In caso di esplorazione orizzontale, gli esiti migliori si hanno tramite la redazione di una mappa di resistività apparente, in cui figurano le posizioni planimetriche e i valori calcolati, in aggiunta tracciando le curve equivalenti che suggeriscono un’idea immediata della situazione ( fig. c ).

37

Per l’esplorazione verticale, invece, occorre redigere un diagramma che riporta in scala bilogaritmica i valori di resistività apparente in funzione della distanza interelettrodica38.

E’ essenziale ricordare che per acquisire tali valori in funzione della profondità, il geofisico dovrà confrontare i diagrammi ottenuti con analoghi diagrammi teorici, i cosiddetti “ modelli strutturali teorici” ( fig. d).

37

Nella figura c si può osservare un esempio di carta di resistività, rappresentata secondo un equidistanza delle isolinee 5 Ohm x m.

38

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Il passo finale sarà quello di dare un significato concreto alle anomalie che via via si registrano durante le indagini, cercando almeno di fare delle ipotesi su ciò che è stato evidenziato nella ricerca.

Imprescindibile risulterà la valutazione e l’eventuale scarto delle interferenze naturali che intrinseche al sottosuolo, il cosiddetto “rumore”, causato da in omogeneità litologiche e dalla non uniformità dell’umidità.

Andranno distinti, quindi, i segnali prodotti dalle strutture o dai materiali antropici rispetto alle fonti di rumore. Il caso più favorevole è fornito da variazioni di resistività molto regolari, che escludono cause naturali.

Nell’evenienza di risultati ambigui il geofisico deve ben interpretare la forma delle anomalie che sono state rilevate, mentre l’archeologo darà un parere sul territorio oggetto dello studio.

39

Diagramma in scala bilogaritmica relativo all'andamento delle linee di corrente secondo un modello teorico di terreno a tre strati con densità U1, U2, U3. In ascissa sono riportati i rapporti fra la semidistanza fra gli elettrodi (AB/2) e la profondità h1; in ordinata i corrispondenti valori della resistività apparente U.

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In questa situazione uno scavo preliminare eseguito in base ai dati geofisici può indirizzare verso una corretta interpretazione dei dati raccolti.

In chiusura si può sostenere che l’insieme dei metodi basati sulle correnti elettriche rimane la procedura più rapida ed economica nell’ambito della prospezione archeologica, a maggior ragione se l’attività si staglia lungo grandi aree, in cui non è pensabile uno scavo in estensione senza aver un qualche criterio guida.

Esempio pratico

I due metodi appena trattati, la magnetometria e la prospezione geoelettrica, sono stati utilizzati entrambi nello studio dell’area medievale della città di Luni denominato “cittadella”, luogo in cui sorge la Basilica paleocristiana40.

Lo scopo di questa indagine era stato quello di chiarire i rapporti esistenti tra la suddetta Basilica e l’area circostante ritenuta pertinente alla parte medievale di cui si hanno scarse notizie storiche.

Per le misure di resistività si è operato con un dispositivo di tipo Wenner con distanze interelettrodiche da 1 metro fino a 5 metri, a seconda della profondità di investigazione richiesta, realizzando profili elettrici orizzontali, SEO, secondo una schema di maglie quadrate da 1 a 2,5 metri.

Sono stati eseguiti anche sondaggi verticali SEV per evidenziare la potenza e lo spessore dello strato archeologico adottando un assetto tipo Schlumberger.

40

(24)

I risultati di resistività apparente ottenuti sono stati plottati su sezioni e mappe di isoresistività senza filtraggio.

I dati magnetici, invece, erano costituiti da valori differenziali dell’intensità del campo geomagnetico locale acquisiti con due magnetometri a precessione nucleare, di cui uno fisso come base di riferimento e l’altro spostato nei vari punti di misura, che ricalcano lo stesso tipo di maglie usate per le indagini geoelettriche.

La tecnica differenziale è stata necessaria per eliminare il disturbo magnetico artificiale presente in quest’area densamente abitata.

Il presente lavoro ha seguito il seguente schema di intervento:

a. Sondaggi elettrici verticali per la determinazione di una stratigrafia geoelettrica di riferimento, che hanno indicato uno spessore medio della copertura di circa 0.5 metri, seguita dal livello archeologicamente rilevante, di potenza variabile fra 1 e 2 metri.

b. Profili elettrici orizzontali per il controllo delle eterogeneità laterali, realizzati secondo allineamenti ortogonali all’asse maggiore della basilica, con configurazioni Wenner con a41 = 2,5 metri ed a = 1 metro, che hanno permesso di valutare le disomogeneità a due livelli di profondità. E’ stata messa in evidenza, mediante carte di isoresistività, una zona A a comportamento elettrico anomalo.

c. Misurazioni magnetiche con magnetometri in assetto differenziale per individuare livelli antropizzati, secondo la stessa griglia dei rilevamenti precedenti ( a = 2,5 metri), i dati hanno indicato una notevole dispersione delle anomalie magnetiche ascrivibili ad una complessa distribuzione dei materiali archeologici e/o litologici magnetizzati.

41

(25)

Nella già menzionata zona A anche le anomalie magnetiche sono risultate più intense e per una migliore risoluzione è stata aumentata la densità delle misure, a = 1,0 metri ( fig. e ).

42

Risultati

Nella zona A sia gli alti valori di resistività apparente ( ρ a › 400 ohm43.m ) con i SEO e con i SEV, sia le elevate risultanze magnetiche a piccola lunghezza d’onda, indicano la presenza di strutture importanti vicine alla superficie che possono estendersi sino ad una profondità di 3 metri.

42

Misure geoelettriche e magnetiche nell’area della cittadella medievale. A sinistra, pianta della Basilica paleocristiana; 1-7 tracce dei SEV. A destra isoresistive con a = 2,5 metri. A: zona di dettaglio

43

(26)

Data la completezza e la precisione delle analisi fu deciso di eseguire un piccolo saggio di scavo che ha portato alla luce, in corrispondenza della anomalia principale appena menzionata, i resti di una grossa opera muraria, identificabile con la cinta medioevale.

La struttura è composta da due pareti in grossi blocchi di arenaria o calcare, recuperati da strutture più antiche. Tra le due cortine è presente un riempimento eterogeneo di ciottoli di arenaria, frammenti di marmo, terracotta e mattoni.

Alla luce dello scavo, la discontinuità elettrica era prodotta in parte dalle pareti integre e in parte dalle macerie, invece quella magnetica era in relazione ai mattoni e alle terrecotte presenti nel riempimento.

Nella figura f si possono mettere a confronto le mappe delle misure magnetiche e geoelettriche in relazione al saggio di scavo.

44

44

Area “A” ( particolare di fig. e ): misure magnetiche (1) e geoelettriche (2) in relazione al saggio di scavo (3).

(27)

Metodo per impulsi elettromagnetici – Georadar

Il radar è un’apparecchiatura che permette di rilevare la posizione di un oggetto dal confronto tra un segnale di rifermento emesso da un trasmettitore e quello riflesso dall’oggetto, di cui si deve determinare la posizione.

A tale scopo si utilizzano le onde elettromagnetiche con frequenze comprese tra qualche centinaio di MHz e decine di GHz.

Il tipico radar a impulsi, georadar, è in grado di localizzare un corpo tramite la determinazione della sua distanza dal punto di osservazione e della direzione di propagazione.

Il primo di questi parametri si ricava misurando il tempo t impiegato da un impulso emesso dal trasmettitore per arrivare all’oggetto e tornare al ricevitore. Ne consegue che la distanza è il prodotto della velocità di propagazione dell’impulso, v, per la metà del tempo suddetto:

d = v · t/2

Il georadar ( fig. a ) è costituito da :

- Unità di controllo, la cui parte principale è il trasmettitore

- Il trasduttore, complesso delle antenne di trasmissione e ricezione

Il trasmettitore genera un segnale impulsivo che si ripete ad una cadenza stabilita.

L’impulso si irradia nel sottosuolo tramite un’antenna a banda larga45 nel campo VHF; l’antenna di trasmissione lavora in modo da evitare le eventuali interferenze prodotte dagli echi di ritorno di oggetti prossimi alla superficie.

45

(28)

46

Vi sono macchine con una sola antenna ( trasmittente/ricevente ) ed altre con due di esse distinte, grazie alle quali si ha la possibilità di ottenere un maggior numero di informazioni.

Avendo la facoltà di decidere il numero delle ripetizioni al secondo dell’impulso, inoltre, la risoluzione47 orizzontale ottenibile risulta funzione del rapporto tra velocità di spostamento delle antenne ed il ritmo di scansione:

risoluzione orizzontale = velocità di spostamento/ripetizioni al secondo

e da ciò si evince che per aumentare la risoluzione occorre o procedere più lentamente o aumentare il ritmo delle ripetizioni.

Nell’identificazione delle anomalie si dimostrerà fondamentale tener presenti dei disturbi che producono risultati ambigui causati dalla dissipazione dell’onda trasmessa:

a) La conduttività di un mezzo dielettrico48 provoca una perdita di energia in

forma di calore. Essa è, in primo luogo, funzione del contenuto e salinità dell’acqua presente in una roccia. Inoltre tale dissipazione dipende dalla

46

Schema a blocchi semplificato di una strumentazione georadar

47

La capacità di distinguere fra loro superfici poco distanti.

48

(29)

densità, dalla temperatura e dalla frequenza dell’onda trasmessa. La relazione che regola la dissipazione, tan δ49, con la conduttività è la seguente:

σ = conduttività mhos/m f = frequenza Hz

tan δ = σ/2 ·π· f ·ε0 ·εr ε0 = costante dielettrica nello spazio libero

εr = costante dielettrica del corpo in cui si propaga

Questo parametro condizionerà la capacità di penetrazione, in quanto più alta sarà la conduttività, avremo maggiore perdita calorica e minore penetrazione.

b) L’Attenuazione geometrica dovuta alla propagazione delle onde sferiche che tendono a distribuirsi in regioni di spazio più vaste, così che maggiore sarà la distanza dalla sorgente, minore risulterà l’energia per unità di superficie. La tabella 1 seguente illustra i parametri di conduttività e i valori di attenuazione di diversi materiali.

50

49

Tangente dell’angolo di perdita

50 σ = conduttività mhos/m, ε = Costante dielettrica relativa, µ = Permeabilità magnetica relativa, A =

(30)

c) La quantità di umidità che provoca variazioni nella costante dielettrica nella conduttività e nella velocità di propagazione51.

d) La frequenza dell’onda utilizzata per investigare i vari materiali ha un ruolo importante sul livello di attenuazione che si produce ( tabella 2 ).

TABELLA 2

52

e) Il Coefficiente di Riflessione è proporzionale al quadrato del volume del riflettore, quindi se le dimensioni sono inferiori alla lunghezza d’onda dell’impulso, il georadar non è in grado di cogliere piccoli oggetti anche se molto riflettenti ( ad esempio le monete ).

Da tutto ciò ne consegue che la profondità di penetrazione dipende dall’effettiva conduttività del mezzo, dalla sua densità e dalla frequenza dell’onda che lo attraversa.

51

Con un minor grado di umidità si avrà una maggiore velocità di propagazione

52

La tabella indica i valori di attenuazione ( in dB/m ) nei vari materiali in base alla frequenza d’onda che si sceglie di utilizzare.

(31)

La risoluzione varia in funzione della lunghezza d’onda del segnale, la quale, a sua volta, dipende dalla velocità53 e dalla frequenza dell’impulso elettromagnetico ( tabella 3 ) secondo la relazione:

λ = 2 π v / f

54

La risoluzione si riduce in presenza di corpi molto riflettenti che generano delle oscillazioni che comportano una riproduzione grafica di un forte eco composto da una serie di linee scure che mascherano le eventuali altre presenze negli spazi limitrofi.

Raccolti tutti i dati, essi vengono registrati graficamente tramite uno strumento a modulazione d’ampiezza e vengono annerite le curve del segnale che superano un certo valore di soglia, selezionato a priori dall’operatore ( fig. b1 ).

Dalla grafica del profilo dell’impulso si crea una carta verticale delle anomalie ( fig. b2 ), in cui le bande scure sono l’effetto della presenza di picchi55, mentre le

sottili fasce chiare rappresentano i passaggi vicini allo zero.

53

Questo parametro dipende dalle caratteristiche del terreno

54

La tabella indica la relazione tra frequenza di emissione a 120 e 500 MHz, velocità di propagazione e risoluzione minima.

(32)

Il rilievo è calibrato in nanosecondi ( ns ) e una volta stabilita la relazione tra tempi di propagazione e profondità da raggiungere dal segnale è possibile tradurla in termini di profondità reale.

56

Prospezioni

Il passo preliminare è quello di determinare la velocità di propagazione dell’onda elettromagnetica ed il fattore di perdita57 del mezza in cui l’indagine avviene.

55

Tali picchi possono essere sia positivi che negativi

56

Forma d’onda relativa ad un impulso ed un eco (1) e registrazione grafica equivalente (2).

57

(33)

La stima della velocità è necessaria per una buona interpretazione delle sezioni grafiche. Vi sono due procedure per questo tipo di operazione:

- Quantificare il tempo di arrivo di un eco proveniente da una anomalia nel sottosuolo, chiaramente rilevabile in registrazione. Si effettua una trivellazione che stabilisca la profondità del livello in cui è avvenuta la riflessione. Sarà possibile, in questo modo, calcolare l’effettiva velocità di propagazione nel terreno grazie alla relazione v = 2d/t in cui d è la profondità appena misurata e t il tempo trascorso tra l’emissione e la ricezione dell’impulso.

- Metodo derivato dalla sismica detto common depth point, che non necessita di trivellazioni. Necessita della presenza di due antenne separate58 poste a breve distanza, in corrispondenza di una porzione del profilo lungo la quale si sia localizzata una discontinuità. Si procede allontanando passo passo le due antenne, in modo che l’impulso compia distanze diverse attraverso il sottosuolo che contiene l’agente di riflessione. Noto il tempo di riflessione verticale dell’eco ad antenne ferme ed i tempi di tragitto osservati alle varie distanze ( fig. c ), è possibile determinare la velocità di propagazione secondo detta formula:

59

58

Una trasmittente e l’altra ricevente

59

Ove x è la distanza orizzontale tra le antenne, tx è il tempo di arrivo di una riflessione per una distanza x tra le antenne e tv è il tempo di propagazione dell’eco verticale riflesso

(34)

Solo adesso è possibile calcolare la costante dielettrica della stratigrafia indagata, tramite l’uguaglianza

ε

r = ( C/v )² in cui C è la velocità della luce nello spazio libero60. Questo attributo consente si stimare natura e grado di saturazione degli strati. L’acqua ha una forte influenza sia sulla costante dielettrica che sulla conduttività61, perciò ne consegue che la velocità di propagazione potrà variare tra la velocità della luce nell’aria e 1/9 di tale valore nell’acqua.

Il lavoro sul campo è di norma organizzato con un reticolo topografico, base per l’esecuzione di una serie di linee parallele orientate in relazione della forma dell’area e di una seconda serie perpendicolare alla prima.

In caso di stratigrafia complessa possono dimostrarsi utili test preventivi in punti dove siano note la presenza e la profondità dei bersagli, che consentono anche la calibrazione della scala verticale in profondità.

Il georadar è soggetto ad una prima dispersione di energia nell’istante dell’emissione dell’impulso a causa dell’interfaccia aria/suolo manifestata da una prima larga banda scura sulle sezioni grafiche.

Inoltre la quantità di energia trasmessa agli strati più profondi andrà scemando, sia per l’attenuazione intrinseca nel meccanismo di propagazione, sia per le continue riflessioni che il segnale subisce ad opera delle discontinuità incontrate sul suo tragitto. Questo inconveniente è compensato da un sistema di amplificazione “intelligente” che attenua gli echi più superficiali ed esalta i più profondi.

Occorre aggiungere, inoltre, che per ottenere una ottimizzazione delle registrazioni è fondamentale una certa dose di esperienza, in quanto molti settaggi sono scelti dall’operatore come , ad esempio il Fondo Scala che determina il campo di profondità riproducibile, una sua diminuzione si traduce in una “zoomata” sulle parti superficiali, con aumento di risoluzione ma anche una diminuzione di penetrazione.

60

61

(35)

Interpretazione delle Sezioni

Nel caso di interfacce orizzontali, il trasduttore riceverà echi verticali di ritorno, invece nel caso di discontinuità di dimensioni limitate, una parte degli echi saranno generate dai che non rendono tragitti verticali e non vengono ricevuti dall’antenna, questo fenomeno è detto effetto di diffrazione che causa perdita di energia e restituisce un risultato grafico di un iperbole.

In figura d si ha l’esempio di registrazioni georadar sopra una tomba a camera, con differenze in base ai settaggi dello strumento, cioè l’amplificazione in dB, i tempi di propagazione in ns e i filtri che stabiliscono il valore più alto di frequenza che deve essere registrato Hpf ( high pass filter ) e il grado minimo Lpf ( low

(36)

I risultati che si possono notare nell’illustrazione sovrastante, riguardano la riflessione della struttura della volta, mentre il fondo ha prodotto un eco di ampiezza molto inferiore e in posizione rialzata, in quanto l’onda prima di raggiungere il pavimento si propaga in aria, aumentando di circa quattro volte la sua velocità.

Nel caso, invece, di strutture molto inclinate o verticali ( murature ) si otterrà una risposta costituita da due iperboli distinte costituenti

l’inizio e la fine del piano e può accadere che il margine inferiore risulti sfasato di 180 gradi

rispetto al superiore ( fig. e ).

Fig. e62

Infine gli oggetti di piccole dimensioni provocano una frammentazione dei rami di iperbole in una serie di forme “ad occhio”, che possono verificarsi anche nel caso di strutture strette e allungate, quali piccole canalizzazioni e fondazioni di mura spoliate.

In conclusione l’interpretazione risulterà semplificata per strutture facilmente distinguibili nei casi mono e bi dimensionali. La complessità sta nella costruzione delle piante in cui vanno stabilite le correlazione tra le risposte ottenute nei vari profili.

Lo strumento, comunque, si dimostra di grande utilità nella ricerca di anomalie sepolte e nelle determinazione della loro estensione verticale e profondità rispetto al piano di campagna.

La discriminazione ,invece, tra discontinuità geologiche e antropiche sarà solo il risultato dell’esperienza sul campo e della collaborazione con l’archeologo.

62

(37)

Nel campo architettonico, invece, è possibile dividere il range applicativo del georadar in due tipi di prospezione:

1. Indagine orizzontale, condotta su pavimenti o terreni di fondazione, che permette di risalire alla tipologia del suolo, alla localizzazione delle fondazioni ed all’individuazione di cavità interne alla struttura, nascondigli, insenature o camminamenti.

2. Indagine verticale, rivolta ad elementi in elevazione, quindi murature e pilastri. Esse consentono di determinare la classificazione degli elementi edilizi e delle loro tecniche costruttive, il rilievo di discontinuità e disomogeneità delle strutture, quali fessurazioni, fratture e cavità, mappatura di cavi e tubazioni, individuazione di aree di costruzione precedenti o zone restaurate ed, infine, la verifica e il controllo delle iniezioni di malta applicata durante le attività di consolidamento.

Come abbiamo già visto, la strumentazione necessaria è composta da una famiglia di sensori che operano a diverse frequenze e che variano a seconda del tipo di oggetto o di struttura che deve essere indagata.

Il georadar rientra nella famiglia di tecniche il cui uso consente di giungere a risultati soddisfacenti senza minimamente intaccare l’oggetto indagato, rendendo possibile l’analisi di una struttura senza alterarla ne sollecitarla meccanicamente e , per di più, permettendo la visualizzazione dei dati raccolti in tempo reale63, al fine di poterne fornire in loco una preliminare descrizione.

Occorre, concludendo, non dimenticare che questo tipo di indagine deve essere integrata con altre tecniche ed altre fonti, come ad esempio la ricerca storica, da cui è possibile trarre giustificazione da quanto rilevato dalla strumentazione. Per spiegare ciò, prendiamo come caso tipo un’ipotetica indagine georadar in una chiesa, in cui vengono rilevate presenze anomale lungo il perimetro.

63

(38)

Attraverso la ricerca storica possiamo scoprire l’evoluzione costruttiva dell’edificio, magari costruita su precedenti resti. Perciò le anomalie rilevate potrebbero testimoniare la presenza di vecchi cordoli di fondazione o parti di vecchie strutture sommerse.

Naturalmente il condizionale è d’obbligo in quanto la certezza si avrà solamente dopo un’esauriente attività di scavo archeologico.

Esempio pratico

Per esemplificare la fase pratica dell’utilizzo del georadar, ho preso in esame un’indagine condotta in Piazza del Duomo a Siena, la cui finalità principale era l’individuazione di strutture sepolte, per lo più in connessione lo Spedale di Santa Maria della Scala.

Questo intervento è stato uno dei primi esperimenti condotti in Italia su un’ampia superficie urbana.

Il primo passo è stata la creazione di una maglia di misurazione, di lunghezza di 50 metri, con profili equidistanti 1 metro l’uno dall’altro. Nelle zone risultate di particolare interesse è stata aggiunta una maglia perpendicolare alla prima.

Le cause di disturbo incontrate erano la circolazione dei veicoli, i parcheggi, le aree transennate e la presenza di opere di urbanizzazione moderna, quali le condutture e i cavi interrati.

La quasi totalità delle misurazioni, trovandosi nella piazza centrale oggetto di ripetuti interventi in un arco di tempo assai lungo, hanno restituito indicazioni di anomalie, perciò è stato scelto un criterio di classificazione che consentisse una immediata leggibilità, raggruppandole in tre categorie:

(39)

1. Anomalie superficiali che interessano gli strati più prossimi al piano di calpestio fino a una decina di centimetri di profondità. Imputabili, per lo più, a interventi antropici recenti, anche se non deve essere escluso a priori la loro identificazione come trincee di fondazione o lacerti di mura distrutte da interventi successivi.

2. Anomalie a media profondità, la cui influenza si spinge fino a 1-1,20 metri dalla superficie. Si possono avere diverse restituzioni grafiche, di cui una prima classe è formata da echi contraddistinti da scarsa compattezza entro i quali, di rado, è possibile riconoscere corpi omogenei; una seconda classe è associabile strutture compatte, ma con forma o mal definita in verticale o a iperbole prodotta da condutture o canalizzazioni non moderne; una terza classe è rappresentata da corpi di piccole dimensioni ma dalle caratteristiche molto riflettive.

3. Anomalie profonde che rappresentano il gruppo più raro e nelle maggior parte dei casi indicano strutture murarie o il loro livello di fondazione. Possono spingersi fin verso i 2-2,5 metri.

In base a tale classificazione si possono notare le zone più interessanti in base alla planimetria in figura f.

(40)

- Parte settentrionale antistante il duomo, che presenta notevoli anomalie nel settore ovest, in cui si è registrata sia un’area di discontinuità di circa 15 metri a partire dalla facciata del Palazzo Arcivescovile verso est, sia una seconda in direzione sud, iniziando dalla scalinata del Duomo. Sono percepibili massicce strutture verticali con profilo netto, probabilmente ascrivibili ad un precedente edificio rimaneggiato in conseguenza dell’erezione della platea del complesso religioso.

- Parte meridionale antistante lo Spedale, in cui elementi degni di attenzione sono stati rilevati verso il centro della facciata, anche se la porzione più interessante sembra essere sita nell’angolo sud-orientale in cui sono emersi echi dovuti a strutture di notevole consistenza e si è addirittura avuta l’impressione che sussistano ambienti a volta sotterranei, in buono stato di conservazione.

Sintetizzando i risultati ottenuti, è stato messa in evidenza l’efficacia dei rilevamenti tramite Georadar, in un contesto assai difficile qual è uno spazio pavimentato in un centro storico.

Anche se Piazza del duomo a Siena costituisce un caso particolare, in quanto presenta una modesta stratigrafia antropica, con depositi archeologici che non superano il metro e mezzo di profondità64, almeno nelle aree oggetto di saggi di scavo, i cui la tecnica elettromagnetica si è dimostrata un metodo di prospezione molto efficace, rapida e a basso costo, capace di mostrare risultati molto validi in ottica della pianificazione dei successivi interventi archeologici.

64

Nel caso di stratificazioni più complesse, con depositi dell’ordine di 4-5 metri, la capacità di penetrazione dello strumento potrebbe non consentire un’indagine completa, ma permarrebbe la capacità di fornire un primo indirizzo su cui concentrare la ricerca in maniera più approfondita.

(41)

Metodo Sismico

Questa tecnica si basa sullo studio della trasmissione di perturbazioni elastiche attraverso un dato materiale.

Le sorgenti per generare queste perturbazioni sono le più svariate, fra cui si può annoverare una piccola carica esplosiva oppure un semplice martello.

In questo modo si avrà la creazione di un’onda elastica che si propagherà all’interno del materiale indagato ( terreno, struttura muraria, ecc..).

Questi impulsi si dividono in onde di compressione P e onde di taglio S ( fig. a ). Le prime si comportano come masse unite da una molla, la quale allungandosi trasmetterà lo sforzo agli elementi contigui, provocando la propagazione della perturbazione.

Le seconde, invece, sono capaci di scambiarsi sforzi di moto anche ortogonali.

In entrambi i casi la perturbazione si propaga con una velocità che è proporzionale alle caratteristiche elastiche del materiale esaminato e dipende, innanzitutto, dalla natura della sua formazione, dal grado di fatturazione, dalla porosità, dalla saturazione e dalla presenza di fluidi.

In questo tipo di indagine, logicamente, si ricercano non mezzi omogenei, ma tratti di discontinuità tra superfici caratterizzate da differenti parametri elastici, perciò diverse velocità.

Quando un’onda incontra sul suo tragitto un corpo si verificano due tipi di fenomeni:

(42)

1. Riflessione, in cui l’onda ritorna nel mezzo da cui proviene, formando un angolo di riflessione pari a quello di incidenza. In questo caso si utilizzano le prospezioni sismiche a riflessione ( fig. b ).

2. Rifrazione, in cui l’onda continua la sua propagazione sulla superficie indagata, ma ne risulta deviata nell’attraversarla. Se la velocità del bersaglio è maggiore di quella della fonte si avrà un allontanamento, nel caso contrario un avvicinamento ( fig. b ). Esiste un angolo limite di rifrazione, 90 gradi, per cui si parla di riflessione totale, che genera onde bifratte che permettono l’applicazione del metodo sismico a rifrazione( fig. c ).

(43)

Per la completezza di questo tipo di indagine, occorre porre l’accento su altri due parametri fondamentali, l’Attenuazione e la Definizione.

La prima si verifica quando la parte esaminata non è perfettamente elastica provocando un assorbimento di parte dell’energia generata. Avrà un valore maggiore con onde di più alta frequenza, quindi a lunghezza d’onda minori che si propagheranno ad una distanza più breve.

La seconda rappresenta la capacità dell’impulso di riconoscere corpi o strutture di una data dimensione. E’ possibile affermare che i corpi risultano riconoscibili quando le loro dimensioni siano almeno pari alla metà della lunghezza d’onda.

Essendo quest’ultima legata alla frequenza f tramite la velocità v secondo la relazione λ = v / f, appare chiaro che per individuare piccoli corpi sarà necessaria una frequenza sempre più alta, che si dimostra, però, la più rapidamente attenuata65.

Per comprendere le potenzialità di questo schema di prospezione occorre evidenziare alcuni schemi teorici per cui è opportuno impiegare tale tecnica in ambito archeologico.

In caso di presenza di un pavimento o un elemento orizzontale sepolto nel sottosuolo, avendo una velocità di propagazione maggiore rispetto al terreno che lo ospita, sarebbe messo in evidenza da un’indagine sismica a rifrazione.

Trovandosi invece di fronte ad una struttura verticale, la si può identificare mediante lo stesso tipo di metodo se si suppone che il materiale di cui è composto presenti velocità maggiori rispetto a quello inglobante.

Infine una cavità sepolta può essere individuata solo in via indiretta se la copertura risulta fratturata o alterata a causa del vuoto sottostante.

Non sarà possibile riconoscerla in maniera diretta poiché la velocità dell’aria e del materiale di riempimento, non compatto, è sempre inferiore rispetto a quella dei mezzi circostanti.

65

Una maggiore Definizione implica anche una maggiore Attenuazione, quindi una minore capacità di penetrazione

(44)

Le tecniche di rilievo più comunemente utilizzate in una campagna di prospezione sismica sono le seguenti:

a) Rilievi a Rifrazione, in cui si dispongono un certo numero di geofoni in un‘area e si generano perturbazioni elastiche in diversi punti Tramite tecniche di interpretazione si possono determinare la velocità e gli spessori dei corpi presenti nel sottosuolo.

b) Onde Dirette, le quali non subiscono fenomeni né di rifrazione, né di riflessione, ma si propagano in linea retta nella superficie. Si può utilizzare la modalità con scoppi a ventaglio che consente di individuare anomalie presente nel settore interessato dai raggi sismici( fig. d).

Altrimenti si costruisce una maglia di percorsi sismici all’interno dell’area studiata ( fig. e ). Essa permette in fase di interpretazione, mediante tecniche tomografiche66, di suddividere la superficie in celle caratterizzate ognuna da un diverso valore di velocità, in modo da evidenziare eventuali discontinuità.

La scelta di metodologie di rilievo che supportino una più sofisticata elaborazione dei dati è uno degli aggiornamenti che debbono essere apportati a tale metodo per una migliore rispondenza alle applicazioni relative all’archeologia.

66

Per Tomografia si intende l’insieme delle tecniche analitiche non distruttive di acquisizione di immagini bi- e tridimensionali per la mappatura spaziale delle proprietà chimico-fisiche di strutture complesse.

(45)

La possibilità di adottare modalità di interpretazione all’avanguardia consente quel salto di qualità necessario per questo tipo di procedimento.

Parallelo a ciò l’operatore deve far sì che l’impulso generato sia idoneo ad individuare le strutture sommerse, adoperando le frequenze necessarie ad una sufficiente definizione, ma tale che le onde non vengano troppo attenuate nel corso del loro tragitto prima di giungere ai geofoni.

Esempio pratico

E’ stata presa in esame un’indagine condotta nella zona archeologica in località Acqua Acetosa, ubicata nei pressi del Km 8,5 della via Laurentina.

Area caratterizzata da testimonianze di un centro abitato del VIII sec. a.C. e della relativa necropoli con tombe a fossa.

Dal punto di vista geologico, la zona è costituita da formazioni eruttive del Pleistocene medio e superiore, dovute all’antica attività vulcanica dei Colli Albani, in cui gli strati presentano successioni di pozzolane e tufi.

La prospezione sismica è stata impostata in modo da determinare le variazioni di velocità delle onde dirette anche con l’intento di applicare in fase di elaborazione la tecnica delle geotomografie.

(46)

E’ stata scelta una configurazione scoppi – geofoni che consentisse la suddivisione dell’area in otto settori e gli stendimenti geofonici sono stati ubicati lungo tre direzioni, una longitudinale in posizione centrale e due trasversali.

Per una completa raccolta dei dati, sono stati posti 38 punti – scoppio lungo il bordo esterno dell’area distanziati 2 metri tra loro, e 7 punti – scoppio all’interno della zona ( fig. f).

67

La sorgente delle onde elastiche è stata una massa battente su piastra metallica inserita nel terreno.

Le informazioni così raccolte hanno permesso un’elaborazione di tipo tomografico, suddividendo l’area in 32 celle per settore, interpretazione adatta nel caso di utilizzo di onde dirette e non bifratte.

Un’ultima divisione della parte investigata è stata decisa in base ai diversi valori di propagazione delle onde elastiche:

• Zona Nord con velocità media di 0,6 Km/s

• Zona Sud con valori medi di velocità di 0,4 Km/s

67

Configurazione scoppi-geofoni e suddivisione dell’area in 8 settori. I triangoli rappresentano le posizioni degli scoppi, i pallini quelle dei geofoni.

(47)

Le strutture da individuare sono schematizzabili con un modello in cui l’anomalia risulta dovuta ad una diminuzione di velocità rispetto allo strato inglobante.

Ne consegue che per l’interpretazione della mappa così ottenuta, sono stati evidenziati solo i minimi relativi più significativi.

Questa indagine, in conclusione, ha permesso di individuare sei anomalie, di cui le prime cinque sono associabili a zone di scavo nel banco di tufo, riempite di materiale eterogeneo68, mentre la sesta, una fascia con direzione est-ovest, è identificabile con una variazione litologica superficiale, forse dovuta alla trincea della strada ( fig. g ).

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Identificabili con tombe a fossa.

69

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