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Il TRATTAMENTO DELL’ANGINA REFRATTARIA TRAMITE IMPIANTO DI DISPOSITIVO REDUCER NEL SENO CORONARICO

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Academic year: 2021

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CORSO DI ALTA FORMAZIONE

Master Universitario di II livello

TRATTAMENTO PERCUTANEO DELLA

MALATTIA CORONARICA

Direttore: Prof. Claudio Passino

Il TRATTAMENTO DELL’ANGINA REFRATTARIA

TRAMITE IMPIANTO DI DISPOSITIVO REDUCER

NEL SENO CORONARICO

Relatore:

Candidato:

Dr. Francesco De Felice

Dr. Massimiliano Scappaticci

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2 INDICE

1. Introduzione 3

2. Discussione 4

2.1 Angina refrattaria 4

2.2 La teoria del restringimento del seno coronarico e 5 il presunto effetto antianginoso

2.3 Descrizione del device 7 2.4 Tecniche di impianto e considerazioni 9 2.5 Studi preclinici 10 2.6 Studi clinici 12 2.7 Selezione e screening del paziente 13

2.8 Non responders 14

3. Caso clinico 15

3.1 Anamnesi 15

3.2 Test di Imaging 16

3.3 Procedura di impianto di reducer 19

3.4 Follow-up 20

4. Conclusioni 23

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1. INTRODUZIONE

L’angina pectoris refrattaria alla terapia medica e interventistica è una condizione clinica comune e fortemente invalidante nonchè un rilevante problema di salute pubblica che colpisce milioni di pazienti in tutto il mondo.1-3

L'angina refrattaria è comune non solo nei pazienti non candidabili per la rivascolarizzazione ma anche nei pazienti sottoposti a una rivascolarizzazione efficace. In questi casi, nei quali persiste angina nonostante rivascolarizzazione, il termine usato per definire questa condizione è 'angina persistente'.

La prevalenza dell'angina persistente raggiunge il 25% ad 1 anno e può arrivare fino al 45% dopo 3 anni dalla rivascolarizzazione.4

L'angina refrattaria può rappresentare il sintomo di presentazione di un’ampia gamma di entità cliniche come la coronaropatia ostruttiva, la malattia microvascolare con pervietà dei vasi epicardici, la cardiomiopatia ipertrofica e la disfunzione diastolica ventricolare sinistra.

Nei pazienti con coronaropatia ostruttiva, l'angina refrattaria può essere dovuta a qualsiasi grado di severità che può andare dalla lesione focale di un singolo vaso ad un interessamento diffuso dei tre vasi.

La mortalità a lungo termine dei pazienti con angina refrattaria non è inferiore a quella degli altri pazienti con cardiopatia ischemica cronica.5

Pertanto, l'obiettivo della terapia per questi pazienti dovrebbe essere diretto principalmente a migliorare la qualità della vita e il sollievo dalla sintomatologia anginosa piuttosto che a migliorarne la prognosi.4

Nell’ambito della pratica clinica nel laboratorio di cateterizzazione così come negli studi clinici sull’interventistica coronarica, il successo procedurale viene comunemente misurato dal tasso di morte, infarto del miocardio, rivascolarizzazione del vaso target oltre che dal successo o dal fallimento dei nuovi dispositivi.

Non viene quasi mai valutato invece ciò che riflette un successo procedurale in funzione della riduzione di sintomi invalidanti e del miglioramento della qualità della vita.

L'angina cronica è associata sia ad un aumentato rischio di ospedalizzazioni che a costi sanitari significativi. Un approccio sullo stato di salute centrato sul

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paziente, che misura i sintomi, la funzione e la qualità della vita dell’individuo può identificare i pazienti che hanno maggiori probabilità di beneficiare di un trattamento più intensivo o dell’utilizzo di nuove tecnologie terapeutiche.6

In questo contesto, il Reducer rappresenta una tecnologia innovativa progettato per migliorare la qualità della vita e la capacità funzionale riducendo la sintomatologia angiosa.7-12

2. DISCUSSIONE

2.1 Angina refrattaria

L'angina cronica refrattaria è un'entità clinica comune.

Secondo le linee guida della Società Europea di Cardiologia del 2013 sulla gestione della cardiopatia ischemica cronica (2), a causa del costante invecchiamento della popolazione, è previsto nei prossimi anni un progressivo incremento della prevalenza di questa condizione.

Pazienti nei quali, nonostante il trattamento interventistico e una terapia medica ottimale, permangano sintomi disabilitanti di angina [Canadian Cardiovascular Society classification (CCS class) II–IV]] per più di 3 mesi e con evidenza oggettiva di ischemia miocardica, sono classificati come refrattari.13

Spesso hanno scarsa qualità di vita e forti limitazioni nelle loro normali attività fisiche quotidiane.14,15

La presenza di angina cronica di per sé non è necessariamente associata con esito clinico infausto; la prognosi è determinata dalla natura e dalla gravità della malattia di base.

La rivascolarizzazione elimina i sintomi di angina solamente in circa i due terzi dei pazienti con coronaropatia stabile, indipendentemente dalla scelta della procedura di rivascolarizzazione (PCI o CABG) e dell'uso di stent a rilascio di farmaco.

Trials clinici randomizzati16-19, dati di registro20 e meta-analisi 21 hanno

coerentemente dimostrato che circa il 30% dei pazienti sottoposti a rivascolarizzazione per SCAD continuano a manifestare sintomi anginosi.

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Esiste una forte correlazione tra la prevalenza dell'angina e utilizzo delle risorse sanitarie.

Questa associazione è dovuta ad un aumento delle ospedalizzazioni, delle procedure di rivascolarizzazione e ad un alto numero di assenze per malattia nei soggetti che sono ancora in età lavorativa.6,22,23

Inoltre, l'angina refrattaria è associata anche con una considerevole morbilità psicologica e depressione.24

È stato studiato un numero considerevole di strategie terapeutiche nel corso degli anni per trattare l'angina cronica refrattaria. Attualmente, secondo le linee guida ESC 2013 per il trattamento dei pazienti con SCAD devono essere considerati Ivabradina, Nicorandil e Ranolazina per il trattamento farmacologico dell'angina refrattaria (raccomandazione IIa).

Le terapie non farmacologiche includono invece la contropulsazione esterna (EECP) (IIa raccomandazione), la neurostimolazione transcutanea (TENS) e la stimolazione del midollo spinale (SCS) (raccomandazione IIb).

Tecniche di rivascolarizzazione miocardica con laser, sia chirurgiche che percutanee, non sono invece più raccomandati dalle linee guida ESC.

Chiaramente, vi è la necessità di ulteriori opzioni di trattamento per i pazienti refrattari ai trattamenti farmacologici e interventistici disponibili.

2.2 La teoria del restringimento del seno coronarico e il presunto effetto antianginoso

L’aumento della pressione all’interno del seno coronarico (CS) per il trattamento dell'angina cronica è un concetto di vecchia data.

Negli anni '50 e '60 Claude Beck eseguì con successo una riduzione chirurgica del SC per ottenere una ridistribuzione del flusso cardiaco nei territori di miocardio ischemico.25,26

Con un intervento chirurgico, creò nei pazienti che soffrivano di angina fortemente invalidante un restringimento del lume del SC del 60-70% ottenendo un diametro luminale residuo di 3 mm.

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Questa procedura si associava ad una riduzione dei sintomi anginosi, ad un miglioramento della tolleranza allo sforzo e ad una ridotta mortalità a 5 anni.27

I risultati ottenuti con la procedura di Beck sano stati successivamente confermati in studi successivi e replicati da altri chirurghi con risultati positivi.26,27

Nel corso degli anni inoltre sono stati indagati anche metodi non chirurgici per aumentare la pressione del SC.

Mohl e colleghi28,29 hanno descritto una metodica che prevedeva l’utilizzo di un

pallone a chiusura e riapertura automatica all’interno del SC con monitoraggio continuo della pressione all’interno.

Più recentemente, il sistema PICSO (Pressure controlled Intermittent Coronary Sinus Occlusion) è stato approvato per il trattamento dei pazienti con sindrome coronarica acuta, insufficienza cardiaca, e nei pazienti cardiochirurgici.

Infatti, l'occlusione del SC intermittente ha dimostrato di preservare vitalità miocardica durante l’ischemia miocardica, riducendo la gravità e l’estensione dell'infarto.30-33

Nel cuore sano, il flusso miocardio subendocardico è normalmente più alto che negli strati subepicardici.

Inoltre, durante l'esercizio e in situazioni di aumentata domanda di ossigeno, il meccanismo di compensazione fisiologica provoca una vasocostrizione selettiva simpaticomediata con aumento delle resistenze a livello subepicardico e riduzione del flusso verso questo distretto a favore della perfusione diretta verso gli strati subendocardici e consentendo conseguentemente un adeguato aumento della contrattilità.

Tuttavia, in presenza di una significativa stenosi dei vasi epicardici, questo meccanismo di compensazione diventa disfunzionante e la perfusione transmurale del miocardio viene ridistribuita verso gli strati subepicardici.

Il normale rapporto tra flusso subendocardico e subepicardico è significativamente ridotto come conseguenza dello spostamento del sangue dai vasi subendocardici a maggior resistenza verso i vasi subepicardici a minor resistenza.

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Quindi, la riduzione di perfusione del subendocardio durante lo stress conduce ad ischemia, compromissione della contrattilità, aumento della pressione telediastolica e, da un punto di vista sintomatologico, ad angina e dispnea.34

Elevate pressioni telediastoliche esercitano una pressione ab extrinseco su capillari e arteriole subendocardici, portando ad una ulteriore riduzione di flusso in queste aree e contribuendo al ciclo vizioso dell’ischemia subendocardica. L’aumento pressorio nel sistema venoso coronarico, provoca in via retrograda una lieve dilatazione arteriolare che porta a una significativa riduzione della resistenze vascolari nel subendocardio.

Di conseguenza, aumenta il flusso sanguigno negli strati subendocardici ischemici, la contrattilità migliora e diminuiscono le pressioni telediastoliche. Quindi, il risultato della diminuzione delle resistenze vascolari subendocardiche è la ridistribuzione del sangue dal subepicardio più perfuso al subendocardio più ischemico con conseguente sollievo sintomatologico.35,36

2.3 Descrizione del device

Il Reducer e un dispositivo endoluminale a forma di clessidra con marchio CE, costituito da uno scaffold in acciaio inossidabile montato su un palloncino espandibile, che viene impiantato per via percutanea nel SC (Figura 1).

Tale dispositivo crea un restringimento del SC che porta ad un aumento della pressione nel sistema venoso del cuore cosi da riprodurre, mediante approccio percutaneo, la procedura introdotta da Beck negli anni ’50.

Il sistema è costituito da una piattaforma pre-montata su un catetere a palloncino a forma di clessidra.

Quando gonfiato, il palloncino conferisce alla rete metallica la sua configurazione finale a clessidra.

Il restringimento all'interno del SC e il gradiente pressorio sul dispositivo si stabilisce dopo 4-6 settimane dall’impianto, una volta avvenuta l’endotelizzazione della piattaforma metallica.

In presenza di ischemia miocardica, il dispositivo porta ad un miglioramento della perfusione nei territori ischemici del miocardio redistribuendo il flusso dal

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subepicardio meno ischemico al subendocardio più ischemico alleviando così i sintomi anginosi.

Il Reducer viene impiantato nel SC per via percutanea attraverso la vena giugulare destra ed è disponibile in un unico modello che si adatta ad una vasta gamma di anatomie del SC (da un diametro minimo di 9 mm ad uno massimo di 14 mm in funzione della pressione di gonfiaggio del pallone).

I segmenti prossimale e distale del dispositivo hanno una configurazione finale con diversi diametri, consentendo al dispositivo di conformarsi alla configurazione conica del SC, con il corpo centrale che si restringe ad un diametro di 3 mm.

L'impianto viene eseguito con un sovradimensionamento intenzionale del 10-20% di entrambe le estremità del dispositivo.

Il sovradimensionamento è fondamentale per due motivi:

(1) ancorare il dispositivo alla parete elastica del vaso per prevenirne la migrazione

(2) innescare un processo di proliferazione tissutale indotto dalla lesione parietale con conseguente completa endotelizzazione delle maglie entro 4-6 settimane dall’impianto.

E’ importante notare come dal momento che la parte centrale ristretta del device non è in contatto diretto con la parete del vaso, non è causa di lesione parietale; non essendovi quindi alcuno stimolo proliferativo in questo tratto, il lume del vaso nel tratto centrale del device rimane pervio.

Poiché il Reducer è una rete di acciaio inossidabile, il restringimento centrale se necessario può essere facilmente dilatato se necessario in qualsiasi momento nel post-impianto usando un pallone di 5-8 mm.

2.4 Tecniche di impianto e considerazioni

Dopo aver pre-trattato il paziente con aspirina e clopidogrel, viene effettuata anestesia locale e effettuata puntura ecoguidata della vena giugulare interna destra.

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Quindi, viene incannulato il seno coronarico sotto guida fluoroscopica in proiezione obliqua sinistra 30°, avanzando il catetere Multipurpose o Amplatz AL1 sinistro al quale viene collegata una siringa Luer Lock di 10 ml con contrasto puro. Una volta incannulato il SC, il catetere viene avanzato nella parte distale del vaso e viene eseguita un’angiografia allo scopo di valutare le dimensioni del vaso, la presenza di anomalie anatomiche e l’origine dei vasi collaterali.

Se le dimensioni del vaso sono compatibili con l’impianto del dispositivo, viene identificata la “landing zone” solitamente di circa 2-4 cm distalmente all'ostio, dove il diametro è compreso tra 7-13 mm, evitando i rami laterali.

Il sito selezionato per l'impianto è segnato da marcatori ossei (vertebre, spazio intervertebrale).

Il filo viene quindi avanzato all'interno del catetere multipurpose distalmente nel SC e il catetere diagnostico viene rimosso. Dopo somministrazione endovenosa di 70 u / kg di eparina non frazionata, viene fatto avanzare sopra il filo guida il sistema del device all'interno di un catetere guida 9 F.

Il catetere guida viene quindi ritirato esponendo il device, che si posiziona nella zona di atterraggio precedentemente identificata. Viene quindi gonfiato il pallone a 4-6 atm per ottenere un sovradimensionamento del Reducer del 10-20%. Mentre il palloncino è completamente gonfio, viene iniettata una piccola quantità di contrasto per verificare un sovradimensionamento sufficiente del dispositivo. Successivamente viene eseguito il recupero del pallone nel catetere guida con molta cautela per evitare il dislocamento del device.

Questo si ottiene facendo avanzare la punta del catetere guida verso la parte ristretta del Reducer (fornendo supporto e stabilità al device) mentre il pallone viene ritirato in sicurezza di nuovo nel catetere guida.

La venografia finale conferma il corretto posizionamento del device ed esclude eventuali complicanze.

Dopo l'impianto del Reducerè raccomandata una duplice terapia antipiastrinica con aspirina e clopidogrel per 6 mesi.

Le potenziali complicanze della procedura includono dissezione o perforazione del SC e migrazione del dispositivo, soprattutto se il diametro del SC nel sito di impianto è > 13mm o in caso di insufficiente sovradimensionamento.

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Anche l’occlusione trombotica del SC è teoricamente possibile; tuttavia finora non sono stati segnalati casi simili.

2.5 Studi preclinici

Esperienze pre-cliniche per valutare la fattibilità, la sicurezza e l'efficacia di impianto del Reducer in modelli suini con e senza miocardio ischemico ha dimostrato che il restringimento del SC con il Reducer è una procedura fattibile, sicura e riduce l'estensione e la gravità dell’ischaemia.8

Nel complesso, il tasso di successo procedurale è stato del 100% (n = 34), senza complicanze a breve e lungo termine.

Negli esemplari arruolati nel braccio di confronto di sicurezza/fattibilità, il SC risultava pervio in tutti i casi al momento del risconto.

Una valutazione microscopica dei SC raccolti tra 1 e 6 mesi successivi l'impianto ha rivelato una tolleranza tissutale locale ottimale (nessuna o a molto bassa reazione da corpo estraneo) e caratteristiche di guarigione favorevoli (endotelizzazione completa e stabile senza residui fibrinici).

Le caratteristiche di rilascio del Reducer hanno portato a una sovradistensione delle estremità prossimale e distale con completo incorporamento delle maglie metalliche all'interno della parete del SC.

E’ stata riscontrata inotre una proliferazione neointimale compensatoria che ha ripristinato l’integrità e la continuità vascolare e il mantenimento della pervietà del lume.

Al contrario, la parte centrale del dispositivo ha mostrato fenomeni di sottodimensionamento e malapposizione essendo libera nel lume vascolare. La malapposizione delle maglie non ha tuttavia prodotto alcuna reazione avversa microscopicamente apprezzabile (ad es. crescita progressiva di trombo, stenosi, occlusione o erosione dell'endotelio).

Per la valutazione dell'efficacia, l'ischemia miocardica è stata indotta sperimentalmente mediante l’impianto di un costrittore ameroide attorno al segmento prossimale dell'arteria coronaria circonflessa per ottenere

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un’occlusione graduale dell'arteria. L'estensione e la gravità dell'ischemia erano valutate utilizzando l'ecocontrastografia da sforzo con dobutamina, prima e dopo l’impianto di Reducer.

Negli animali con evidenza di ischemia miocardica successiva all’impianto del costrittore ameroide, l’impianto del Reducer è stato associato ad un netto miglioramento dei parametri ischemici (definiti come miglioramento della contrattilità di almeno due segmenti rispetto al basale e riduzione di oltre il 50% del territorio ischemico rispetto allo studio di riferimento a un follow-up di 6 settimane e 6 mesi).

Non è stata evidenziata mortalità prematura negli animali sottoposti ad impianto di Reducer.

Nel gruppo di controllo (evidenza di ischemia miocardica all’ecocontrastografia e nessun impianto di Reducer), non è stato osservato alcun miglioramento nei parametri di ischemia e 3 su 4 suini sono morti prematuramente.

2.6 Studi clinici

Un piccolo studio di fattibilità/sicurezza first-in-man ha dimostrato un miglioramento nella valutazione dell’angina a 6 mesi e 3 anni di follow-up, senza alcun evento avverso maggiore o questioni sulla sicurezza.38,39

Studi con Tomografia computerizzata (CT) e angiografici a 3 e 10 anni hanno rivelato che i dispositivi mantenevano la pervietà e restavano situati nel sito esatto del rilascio senza evidenza di migrazione o occlusione.

Uno studio clinico multicentrico randomizzato controllato in doppio cieco (COSIRA) 12 ha arruolato 104 pazienti con angina refrattaria severa (Classe CCS III-IV) e evidenza oggettiva di ischemia miocardica.

Il restringimento del SC era associato a un miglioramento della sintomatologia anginosa rispetto ai pazienti sottoposti a procedura fittizia (≥1 grado di

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miglioramento nella CCS nel 71% rispetto al 42%, (P = 0,003);≥ 2 gradi di miglioramento nella CCS nel 35% rispetto al 15% (P = 0,024).

La qualità della vita misurata mediante il Seattle Angina Questionnaire ed era significativamente migliorato nel gruppo di trattamento rispetto al gruppo di controllo (17,6 contro 7,6 punti di miglioramento, rispettivamente, P = 0,03). Non c'era differenza nel tasso di eventi avversi osservato tra il braccio di trattamento e il gruppo di controllo.

In un piccolo registro comprendente 23 pazienti sottoposti a impianto Reducer, è stato osservato un miglioramento significativo dei parametri oggettivi di ischemia quali la durata dell'esercizio e il wall motion score index all’ecocardiografia da stress.11

L'effetto del Reducer sulla perfusione miocardica è anche stato valutato misurando l'indice di riserva di perfusione miocardica (MPRI) utilizzando la risonanza magnetica cardiaca al dipiridamolo.

Su 15 pazienti sottoposti a impianto di Reducer con risonanza magnetica cardiaca basale per stress da riposo e follow-up di 4 mesi, il MPRI globale risultava aumentato da 1,46 ± 0,40 a 1,80 ± 0,78, (Dati non pubblicati).

Attualmente è in corso uno studio clinico osservazionale multicentrico europeo (REDUCER-I-NCT02710435). Verranno arruolati pazienti con angina cronica refrattaria classificata come grado CCS II-IV, evidenza oggettiva di ischemia miocardica nonostante terapia medica ottimale e limitate o assenti opzioni di rivascolarizzazione.

L'arruolamento comprenderà 400 pazienti in un massimo di 40 centri a livello internazionale con follow-up clinico a 5 anni. Fino ad oggi sono stai arruolati circa 100 pazienti.

I risultati preliminari indicano che tra i pazienti che completato il follow-up a 6 mesi, l’81% (39/48) ha registrato un miglioramento di almeno 1 classe CCS dopo l'impianto di Reducer mentre il 46% (22/48) ha riportato un miglioramento ≥2 classi CCS.

Inoltre, il test della camminata di 6 minuti è aumentato da una media di 296,9 ± 147,4 a 365,2 ± 121,3 dopo l'impianto di Reducer (dati non pubblicati).

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13 2.7 Selezione e screening del paziente

I pazienti con angina da sforzo CCS da II a IV trattati con il massimo della terapia medica tollerata, con evidenza oggettiva di ischemia miocardica nel territorio di distribuzione della coronaria sinistra e che sono considerati inadatti alla rivascolarizzazione, possono essere considerati buoni candidati per l'impianto di Reducer.

Coloro che continuano a presentare sintomi anginosi dopo una procedura di rivascolarizzazione, sia efficace che inefficace, potrebbero beneficiare di questa opzione terapeutica.

Pazienti in cui l'angina è correlata esclusivamente ad ischemia derivante dal territorio di distribuzione della coronaria destra hanno meno probabilità di migliorare in seguito all’impianto del Reducer poichè l'inserimento della vena che drena il territorio della RCA (vena cardiaca media) è vicino all'ostio del SC. Il sito preferito per l'impianto del Reducer è a circa 2 cm dall'ostio e quindi il gradiente di pressione creato dal restringimento probabilmente non influirà sul flusso della vena cardiaca media.

Nei pazienti in cui il diametro del SC è > 13 mm, l’impianto del Reducer è controindicato in quanto potrebbe causare l'emigrazione del dispositivo.

Sintomi di dispnea da sforzo in pazienti con grave disfunzione del ventricolo sinistro hanno scarsa probabilità di risoluzione o miglioramento dopo impianto di Reducer, a meno che la disfunzione miocardica sia secondaria a ischemia miocardica.

Inoltre, in pazienti con grave disfunzione sistolica (EF <30%) potrebbe essere necessaria la terapia di risincronizzazione e l'impianto di cateteri per CRT nel seno coronarico; in questi pazienti l'impianto di Reducer non è consigliabile. Nei pazienti che hanno un evento cardiaco acuto o in pazienti che hanno recentemente subito una procedura di intervento cardiaco (PCI, chirurgia cardiaca o impianto di pacemaker), si raccomanda di attendere almeno 3 mesi per valutare la situazione clinica e sintomatologica prima di prendere in considerazione l'impianto di Reducer.

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14 2.8 Non responders

Nel trial randomizzato controllato COSIRA, così come nei trial non randomizzati, sembra che il 70-80% dei pazienti con angina refrattaria presenti un netto sollievo dai sintomi dopo l’impianto di Reducer.

Diversi fattori, legati alla selezione del paziente, all’anatomia e alla fisiopatologia, potrebbero spiegare il tasso del 20-30% dei non responder.

Tali fattori sono: angina dovuta ad ischemia derivante dal territorio dell'arteria coronaria destra; dispnea da sforzo secondario a scompenso cardiaco e non ad ischemia; incompleta endotelizzazione delle maglie metalliche con gradiente di pressione inadeguato attraverso il dispositivo; drenaggio venoso alternativo ben sviluppato verso il ventricolo destro (il sistema venoso di Tebesio); dolore toracico non anginoso.

3. CASO CLINICO

3.1 ANAMNESI

Paziente di sesso maschile, 71 anni, iperteso e dislipidemico, con cardiopatia ischemica cronica trattata nel corso degli anni con multipli interventi di rivascolarizzazione percutenea (PCI).

1996: infarto miocardico laterale trattato con terapia medica.

2003: PCI con impianto di uno stent medicato (DES) su I ramo marginale ottuso PCI con impianto di un DES su I ramo diagonale (RD).

2004: restenosi significativa del DES impiantato in precedenza su I RD trattata con PCI e impianto di ulteriore DES.

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Riscontro di occlusione cronica (CTO) al tratto medio dell’arteria circonflessa con tentativo inefficace di disostruzione.

2016: angioplastica di arteria femorale destra.

Marzo 2018: PCI e impianto di DES al tratto prossimale e distale di coronaria destra.

Luglio 2018: PCI e impianto di DES su arteria discendente posteriore (IVP). Riscontro di malattia diffusa e restenosi significativa di DES su I RD con tentativo inefficace di ricanalizzazione.

Tuttavia, nonostante i ripetuti interventi di rivascolarizzazione, il paziente continuava a riferire angina per sforzi lievi (classe CCS III), motivo per il quale era stata progressivamente incrementata la terapia medica con aggiunta di farmaci antischemici (carvedilolo 6.25 mg bid; nitroderivati sublinguali al bisogno) e antianginosi (Ranolazina 500 mg bid; Ivabradina 5 mg bid) fino al dosaggio massimo tollerato.

3.2 TEST DI IMAGING

Nell’ambito di controlli clinico-strumentali prescritti dal proprio cardiologo curante per la valutazione di eventuali ulteriori interventi terapeutici oltre che per il monitoraggio della capacità funzionale e della soglia anginosa, il paziente eseguiva nel settembre 2018 tomoscintigrafia miocardica da sfozo.

Il test ergometrico massimale (FC 123 pari all’85% della FCTM, DP 23.000) risultava fortemente positivo per segni e sintomi a basso carico di lavoro (50 watt) (Fig. 1-2).

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Fig 1. ECG basale.

Fig 2. ECG all’apice dello sforzo.

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La tomoscintigrafia miocardica per valutazione di riserva coronarica e ricerca di miocardio vitale mostrava dopo sforzo riduzione di attività di grado moderato severo nella regione postero-laterale e di grado lieve in due porzioni non estese della parete anteriore e inferiore (27% miocardio totale ischemico). (Fig 3). Nell’impossibilità di procedere con ulteriore rivascolarizzazione percutanea o chirurgica per via dell’anatomia del paziente, in considerazione della sintomatologia anginosa riferita dal paziente, si decideva di sottoporre il paziente ad impianto di Reducer in seno coronarico.

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19 3.3 Procedura di impianto di reducer

Tramite tecnica ecoguidata veniva posizionato un introduttore 9 Fr in vena giugulare interna destra. Con catetere diagnostico MP A, 6 Fr, si cannulava il seno coronarico e, dopo controllo angiografico (fig. 4A), vi si posizionava nel suo tratto medio un filo guida Supracore (fig 4B). Veiva quindi portato il sistema catetere guida-pallone con stent Reducer nella porzione del seno coronarico scelta (fig 5C), si arrterava quindi il catetere guida e si rilasciava lo stent Reducer a 4 atmosfere (fig 5D). Veniva infine arretrato contestualmente sia il catetere guida che il pallone (fig 5E) ed eseguito un controllo angiografico finale per valutare la corretta posizione del dispositivo (fig 5F) e l’assenza di eventuali complicanze.

Il paziente veniva dimesso il giorno seguente con indicazione a proseguire doppia terapia antiaggregante con aspirina e copidogrel per un mese (come raccomandato dopo l’impianto degli stent non medicati) e terapia con aspirina indefinitivamente.

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20 3.4 FOLLOW UP

Il paziente ha continuato nei mesi successivi la terapia medica in corso, riferendo tuttavia un significativo beneficio della sintomatologia anginosa con miglioramento di due classi della CCS (dalla classe III alla classe I) oltre che un miglioramento della qualità di vita valutata con il Seattle Angina Questionnaire (passaggio da un punteggio preprocedurale di 35 ad un punteggio di 55 al follow-up a 3 mesi).

Tale miglioramento del profilo sintomatologico e ischemico è stato dimostrato anche alla tomoscintgrafia miocardica da sforzo eseguita circa un mese dopo la procedura di impianto di Reducer.

Infatti, al test ergometrico si è evidenziato un miglioramento della tolleranza allo sforzo con incremento del carico di lavoro raggiunto dal paziente (75 watt) e, seppur persistendo un sottoslivellamento significativo del tratto ST al carico raggiunto, tale alterazione ECGgrafica non si associava in questo caso alla comparsa di sintomatologia anginosa.

Nelle acquisizoni tomoscintigrafiche (rispetto al pre-impianto) si vede come dopo sforzo vi sia una riduzione sia dell’area (11% del mocardio totale con interessamento della regione postero-laterale) che dell’entità (grado medio) di ischemica miocardica (Fig. 5).

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E’ stata eseguita anche una Angio-TC con mdc che ha motrato la pervietà, l’espensione e il corretto posizionamento del dispositivo (Fig. 6).

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4. CONCLUSIONI

Le attuali opzioni di trattamento per l'angina refrattaria sono limitate con risultati molto spesso subottimali. E’ chiaro quindi che vi sia la forte necessità di offrire nuove opzioni terapeutiche a questi pazienti.

Ed è di fondamentale importanza in questa condizione praticare un approccio centrato sul paziente mediante la valutazione globale del suo stato di salute valutando il successo di una nuova strategia terapeutica in termini di effetto sui sintomi, sullo stato funzionale e sulla qualità di vita dei pazienti piuttosto che sugli hard endpoint utilizzati solitamente negli studi clinici. Il Reducer del seno coronarico è una nuova tecnologia progettata per ridurre i sintomi invalidanti e migliorare la qualità di vita dei pazienti che soffrono di angina refrattaria.

Al momento, le evidenze derivate da trials e pratica clinica sono supportano il beneficio dell’impianto del Reducer per alleviare significativamente i sintomi di angina nel 70-80% di pazienti con CAD che non sono candidati per la rivascolarizzazione.

La selezione appropriata del paziente e l’invio a centri specialistici sono fondamentali per massimizzare l'efficacia di questo trattamento e migliorarne i tassi di successo.

L’identificazione di altre popolazioni di pazienti che potrebbero beneficiare dell'utilizzo di questa tecnologia terapeutica è il prossimo obiettivo.

È ancora da investigare infatti se pazienti con altre patologie cardiache croniche caratterizzate da angina e da ischemia subendocardica, quali l'angina microvascolare, la cardiomiopatia ipertrofica e le occlusioni croniche possano beneficiare di questa terapia innovativa.

Mentre l'efficacia clinica del Reducer sulla riduzione della sintomatologia anginosa è soggettiva, sono necessari studi che utilizzano metodiche oggettive di valutazione di ischemia miocardica (PET, perfusione CMR) in coorti più grandi di pazienti, a causa del grande effetto placebo riferito da questi pazienti in risposta a nuove opzioni terapeutiche.

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Figura

Fig 1. ECG basale.
Fig 3. Tomoscintigrafia miocardica da sforzo
Fig 4. Procedura di impianto di Reducer
Fig 5. Tomoscintigrafia miocardica al follow-up
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