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La valutazione delle partecipazioni nel bilancio

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Academic year: 2021

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DIPARTIMENTO DI ECONOMIA E MANAGEMENT

CORSO DI LAUREA MAGISTRALE IN CONSULENZA

PROFESSIONALE ALLA AZIENDE

Tesi di Laurea Magistrale

LA VALUTAZIONE DELLE PARTECIPAZIONI NEL BILANCIO

Candidata: Relatore:

Marina MILAZZO Chiar.mo Prof. Marco ALLEGRINI

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Introduzione ... 4

CAPITOLO 1: ... 6

LE PARTECIPAZIONI NELLA DISCIPLINA NAZIONALE. ... 6

1.1 Nozione di partecipazione. ... 6

1.2 Le partecipazioni secondo il codice civile. ... 7

1.3 La rappresentazione in bilancio. ... 12

1.3.1 La valutazione ... 13

1.3.2 La perdita durevole di valore. ... 15

1.4 Il metodo del patrimonio netto. ... 20

1.4.1 Adozione del metodo del patrimonio netto in un esercizio successivo a quello nel quale è stata acquisita la partecipazione. ... 31

CAPITOLO 2: ... 34

LE PARTECIPAZIONI NEL BILANCIO SEPARATO ... 34

2.1 Inquadramento generale ... 34

2.2 Le partecipazioni secondo gli IAS/IFRS. ... 36

2.3 Il bilancio separato ... 38

2.4 Valutazione al fair value. ... 40

2.4.1 La tecnica di valutazione al fair value. ... 42

2.5 I principi italiani di valutazione: PIV. ... 45

2.6 Passaggio dallo IAS 39 all’IFRS 9. ... 46

2.6.1 Confronto tra vecchio e nuovo principio. ... 49

CAPITOLO 3: ... 52

LA VALUTAZIONE DELLE PARTECIPAZIONI NEL BILANCIO CONSOLIDATO. ... 52

3.1 La valutazione delle partecipazioni in società controllate, collegate e a controllo congiunto. ... 52

3.2 Cenni storici sul bilancio consolidato ... 53

3.3. IFRS 10: “Bilancio consolidato” ... 54

3.3.1. Bilancio consolidato tra normativa nazionale e internazionale. .... 59

CAPITOLO 4: ... 82

ANALISI E CONCLUSIONI ... 82

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LA VALUTAZIONE DELLE PARTECIPAZIONI NEL BILANCIO Introduzione

Nel nostro paese, e più in generale in una visione internazionale, il contesto competitivo odierno è stato la ragione principale che ha spinto le imprese a rimarcare un carattere sempre più strategico e speculativo, rendendo sempre più importante il quadro degli investimenti al capitale di altre imprese.

La Partecipazione è definita dalla normativa civilistica come un qualsiasi pacchetto di titoli rappresentativi del capitale sociale di un’altra impresa. La partecipazione è riconducibile alla durevole detenzione di quote di capitale di rischio in altre imprese in maniera tale da permettere un’influenza dominante o significativa sulla gestione delle politiche societarie.

Il processo di globalizzazione così come la crisi finanziaria dell’ultimo decennio hanno cambiato e in parte modificato l’assetto normativo che ruota attorno alla posta di bilancio in oggetto.

Nel presente lavoro si è preso in esame, dapprima la parte meramente oggettiva, passando poi a concentrare l’attenzione sulla volontà degli stessi amministratori nel classificare la partecipazione. Poiché è compito di questi identificare se la voce dell’attivo patrimoniale debba essere classificata come immobilizzazione, assumendo carattere duraturo, oppure, come attivo circolante, assumendo così un carattere volto a una pronta negoziazione. Ci si sofferma sia alla dottrina civilistica sia ai principi contabili nazionali che non fanno altro che arricchire e armonizzare i principi già dettati dal legislatore. Principi contabili nazionali che sempre più hanno dovuto modificare l’impronta nazionalistica per somigliare quanto più possibile ai principi contabili internazionali IAS/IFRS.

Nel primo capitolo si è voluto incentrare l’attenzione sulla valutazione delle partecipazioni secondo la disciplina contabile nazionale, mettendo in luce l’alternatività dei due criteri valutativi: criterio del costo e metodo del patrimonio netto.

Successivamente si concentra l’analisi sulla disciplina internazionale e in particolare si analizza come i principi contabili internazionali lascino un maggiore margine di manovra in merito alla scelta del criterio di valutazione da utilizzare.

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Nel bilancio separato, infatti, al criterio del costo e al metodo del patrimonio netto si aggiunge la possibilità di valutare le partecipazioni al fair value. Metodo che trova scarsa applicazione in ragione delle difficoltà applicative. Seguirà l’analisi in merito alla classificazione e alla valutazione delle attività finanziarie e delle modifiche che sono seguite dal passaggio dello IAS 39 all’IFRS 9.

Sempre con riferimento ai principi contabili internazionali sarà posta l’attenzione alla valutazione delle partecipazioni nel bilancio consolidato. Si analizzerà l’importanza di tale bilancio e il valore del metodo di patrimonio netto come unico criterio di valutazione ammesso dagli IAS/IFRS.

Dopo una disamina sui diversi criteri di valutazione all’interno del bilancio, si è voluto dare effettivo rilievo alla realtà odierna considerando la valutazione delle partecipazioni nelle ultime due annualità (bilanci 2016 e 2017) e da un’analisi numerica si è potuto constatare come la realtà delle Partecipazioni sia sempre più diffusa. L’analisi ha dato spazio agli aspetti più critici sulla scelta che i redattori di bilancio hanno effettuato in merito alla valutazione delle Partecipazioni stesse.

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CAPITOLO 1:

LE PARTECIPAZIONI NELLA DISCIPLINA NAZIONALE. 1.1 Nozione di partecipazione.

La normativa civilistica e i Principi Contabili Nazionali definiscono la “Partecipazione” come un qualsiasi pacchetto di titoli rappresentativi del capitale sociale di un’altra società. Le partecipazioni costituiscono investimenti nel capitale di altre imprese.

Il legislatore comunitario ha dato la definizione di partecipazione nella Direttiva Cee n. 78/660 all’art.17.1 Tale direttiva definisce le partecipazioni come “i diritti al

capitale di altre imprese, rappresentati o no da titoli, i quali, ponendo in essere un legame durevole con esse, sono destinati ad incrementare l’attività della società. Si presume che il possesso di una parte del capitale di un’altra società sia una

partecipazione quando supera una percentuale che gli stati membri fissano ad un

livello che non può superare il 20%.”

La dottrina economico-aziendale prevalente, definisce la partecipazione come la detenzione di quote di capitale di altre imprese, di solito di notevole entità, allo scopo di incidere sul governo dell’impresa partecipata. La partecipazione, dunque, rappresenta sic et simpliciter un investimento durevole, destinato cioè a permanere nel patrimonio aziendale ben oltre la fine dell’esercizio successivo.2

Precisiamo la diversa nozione tra partecipazione, azione o quota. Con riferimento alle prime, queste rappresentano una cointeressenza nel capitale di un’altra impresa. Le azioni o quote invece rappresentano una parte della consistenza patrimoniale dell’impresa cui esse si riferiscono.3 Il termine partecipazione è riconducibile alla

durevole detenzione di quote di capitale di rischio di altre imprese in misura tale da consentire l’influenza dominante, o comunque significativa, sul governo della gestione della società partecipata. 4

1 La Direttiva Cee n. 78/660 è la quarta direttiva in materia di bilanci di esercizio.

2 G.RISALITI, “Partecipazioni e sviluppo aziendale- profili strategici e di bilancio”, Giuffrè editore, Milano, 2004.

3 OIC 21, “Il Metodo del patrimonio netto.”, 2005. Giuffè editore.

4 G.RISALITI: “Partecipazioni e sviluppo aziendale - profili strategici e di bilancio”, Giuffrè editore, Milano, pag. 234

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7 1.2 Le partecipazioni secondo il codice civile.

Il Codice Civile classifica le partecipazioni all’interno dell’Attivo dello Stato Patrimoniale.

L’art. 2424 c.c., rubricato “il contenuto dello stato patrimoniale”, stabilisce che lo stato patrimoniale deve essere redatto in conformità ad uno schema a sezioni divise e contrapposte: nell’attivo sono rappresentati gli investimenti (o attività), nel passivo sono rappresentate le fonti di finanziamento (mezzi di terzi e patrimonio netto). Il legislatore, quindi, individua diverse sezioni all’interno dell’attivo e del passivo5:

5 Il passivo è, come previso dal codice civile, così costituito:  A – PATRIMONIO NETTO;

 B – FONDI PER RISCHI E ONERI;

 C – TRATTAMENTO DI FINE RAPPORTO DI LAVORO SUBORDINATO:  D – DEBITI.

A) A) Crediti verso soci per versamenti ancora dovuti, con separata indicazione della

parte già richiamata. .

B) Immobilizzazioni, con separata indicazione di quelle concesse in locazione

finanziaria:

1) costi di impianto e di ampliamento; 2) costi di sviluppo;

3) diritti di brevetto industriale e diritti di utilizzazione delle opere dell'ingegno; 4) concessioni, licenze, marchi e diritti simili;

5) avviamento;

6) immobilizzazioni in corso e acconti; 7) altre.

Totale.

II - Immobilizzazioni materiali: 1) terreni e fabbricati; 2) impianti e macchinario;

3) attrezzature industriali e commerciali; 4) altri beni;

5) immobilizzazioni in corso e acconti. Totale

III - Immobilizzazioni finanziarie, con separata indicazione, per ciascuna voce dei crediti, degli importi esigibili entro l'esercizio successivo:

1) partecipazioni in: a) imprese controllate; b) imprese collegate; c) imprese controllanti;

d) imprese sottoposte al controllo delle controllanti; d-bis) altre imprese;

2) crediti:

a) verso imprese controllate; b) verso imprese collegate; c) verso controllanti; d) verso altri; 3) altri titoli;

4) strumenti finanziari derivati attivi. Totale.

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Con riferimento alla macro-classe B si distinguono le immobilizzazioni immateriali, immobilizzazioni materiali e immobilizzazioni finanziarie. Si nota

Totale immobilizzazioni; C) Attivo circolante: I - Rimanenze:

1) materie prime, sussidiarie e di consumo; 2) prodotti in corso di lavorazione e semilavorati; 3) lavori in corso su ordinazione;

4) prodotti finiti e merci; 5) acconti.

Totale.

C) Attivo circolante:

I - Rimanenze:

1) materie prime, sussidiarie e di consumo 2) prodotti in corso di lavorazione e semilavorati 3) lavori in corso su ordinazione

4) prodotti finiti e merci 5) acconti

Totale

II - Crediti, con separata indicazione, per ciascuna voce, degli importi esigibili oltre l'esercizio successivo:

1) verso clienti

2) verso imprese controllate 3) verso imprese collegate 4) verso controllanti 4-bis) crediti tributari 4-ter) imposte anticipate 5) verso altri

Totale

III - Attività finanziarie che non costituiscono immobilizzazioni: 1) partecipazioni in imprese controllate

2) partecipazioni in imprese collegate 3) partecipazioni in imprese controllanti 4) altre partecipazioni

5) azioni proprie, con indicazioni anche del valore nominale complessivo 6) altri titoli

Totale

IV - Disponibilità liquide: 1) depositi bancari e postali 2) assegni

3) danaro e valori in cassa Totale

Totale attivo circolante(C)

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come, per le prime due voci, non sussistano problemi di collocazione, in quanto per la loro stretta natura sono destinate a essere impiegate durevolmente nella gestione dell’attività; cosa ben diversa per le partecipazioni, le quali possono essere classificate sia tra le immobilizzate sia nell’ attivo circolante. Tale differenza dipende dalla destinazione della partecipazione: si iscrivono tra le immobilizzazione le partecipazioni destinate a permanere durevolmente nel portafoglio della società; al contrario, le altre vengono iscritte nell’Attivo circolante. Dunque, tra le immobilizzazioni finanziarie si comprendono quelle che per le peculiarità strategiche sono destinate a permanere a lungo nel patrimonio aziendale.

La destinazione è una scelta di competenza unicamente dell’organo amministrativo. In particolare l’OIC 21 fa rifermento “alla volontà della direzione aziendale e all’effettiva capacità della società di detenere la partecipazione per un periodo prolungato di tempo”. È possibile, sempre nel rispetto del criterio della destinazione economica, che un portafoglio di partecipazioni della stessa specie, possa per una parte essere destinato ad un investimento duraturo, e quindi possa essere iscritto nell’attivo immobilizzato, e per l’altra parte possa essere iscritto nell’attivo circolante e quindi possa essere destinato alla negoziazione.6

All’interno delle partecipazioni immobilizzate è possibile fare un’ulteriore classificazione. Infatti l’investimento duraturo a cui si faceva riferimento ut supra è finalizzato al controllo, oppure ad influenza dominante, e quindi alle partecipazioni in società controllate; oppure ad influenza notevole sulla gestione della partecipazione, e quindi alle partecipazioni in società collegate; oppure ancora la detenzione di partecipazioni con lo scopo di ottenere vantaggi economici

indiretti, e si tratta in questo caso di partecipazioni in società non qualificate.

Le nozioni di controllo e collegamento sono disciplinate dall’art 2359 c.c., secondo il quale: “sono considerate società controllate: 1) le società in cui un'altra società

dispone della maggioranza dei voti esercitabili nell'assemblea ordinaria; 2) le società in cui un'altra società dispone di voti sufficienti per esercitare un'influenza

6OIC 21- Testo del principio contabile, “Le partecipazioni”, punto 12, Dicembre 2016 aggiornato con gli emendamenti pubblicati nel 29 dicembre 2017

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dominante nell'assemblea ordinaria; 3) le società che sono sotto influenza dominante di un'altra società in virtù di particolari vincoli contrattuali con essa.7

Ai fini dell'applicazione dei numeri 1) e 2) del primo comma si computano anche i voti spettanti a società controllate, a società fiduciarie e a persona interposta: non si computano i voti spettanti per conto di terzi.

Sono considerate collegate le società sulle quali un'altra società esercita un'influenza notevole. L'influenza si presume quando nell'assemblea ordinaria può essere esercitato almeno un quinto dei voti ovvero un decimo se la società ha azioni quotate in mercati regolamentati8.”

Quindi le partecipazioni in società controllate e collegate consentono di influire sulla gestione dell’impresa in cui è detenuta la partecipazione seppur con peso differente, poiché nel caso di partecipazioni in società controllate l’influenza sarà maggiore, al contrario, nel caso di partecipazioni in società collegate l’influenza sarà minore.

Secondo la norma civilistica, si individuano diverse fattispecie di controllo per le partecipazioni in società controllate. In particolare si parla di controllo diretto o indiretto, ma entrambi sottintendono la fattispecie secondo la quale la società che controlla attraverso l’influenza dominante un’altra società, può guidare l’attività nella direzione che più desidera. Il controllo, e dunque l’influenza dominante, può manifestarsi in diverse forme:

1. “Controllo di diritto”: anche detto controllo “legale”, si verifica quando una società dispone della maggioranza dei voti esercitabili nell’assemblea ordinaria della società partecipata. L’influenza dominante si nota anche dalla possibilità resa alla società controllante di nominare gli amministratori della controllata.

2. “Controllo di fatto”: in questo caso la partecipazione pur non essendo maggioritaria, consente, grazie al frazionamento del capitale, di indirizzare le decisioni dell’assemblea ordinaria della società partecipata. La società

7 Si tratta un controllo esterno di una società su di un'altra e ciò in virtù di determinati vincoli contrattuali

8 Le parole «in mercati regolamentati» hanno sostituito le precedenti «in borsa» per effetto dell'art. 8, d.lg. 28 dicembre 2004, n. 310

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quindi dispone dei voti sufficienti per poter esercitare un’influenza dominante nell’assemblea ordinaria. L’art 2359 al secondo comma, ci precisa che ai fini del controllo partecipativo, di diritto e di fatto si

considerano anche i voti spettanti a società controllate, a società fiduciarie e a persona interposta, si escludono però i voti spettanti per conto di terzi e cioè i voti per delega.

3. “Controllo contrattuale”: anche detto indiretto, in tal caso l’influenza dominante non dipende dai voti esercitabili in assemblea ordinaria, ma dall’esistenza di vincoli contrattuali tali da rendere un’impresa nella posizione di dipendenza rispetto a un’altra. Tali vincoli contrattuali possono essere rappresentati da contratti di fornitura o di approvvigionamento o da scambi finanziari.

Nelle società collegate si parla invece di influenza notevole e non dominante. Si definiscono collegate, sempre secondo l’art. 2359 c.c., quelle società sulle quali un’altra società esercita un’influenza notevole. L’influenza notevole, e quindi lo status di società collegata, si presume quando la società partecipante può esercitare almeno un quinto dei voti nell’assemblea ordinaria della partecipata, oppure un decimo se la società partecipata ha azioni quotate in borsa. In questi casi si parla di società sottoposte ad influenza notevole, come stabilisce il terzo comma dell’art. 2359 c.c..

Quindi l’influenza dominante permette di nominare la maggioranza degli amministratori e questo assicura il controllo sulla gestione della partecipata; con l’influenza notevole c’è la facoltà di nominare uno o più amministratori, ma non ne consente il controllo.

Sono considerate partecipazioni immobilizzate non qualificate le partecipazioni in altre imprese o società, nelle quali l’ammontare delle azioni o quote possedute non consente di esercitare un’influenza né dominante, né notevole sulla gestione dell’impresa stessa, ma che tuttavia costituiscono un investimento duraturo per scelta del soggetto economico, in quanto da esse possono derivare, oltre che vantaggi economici diretti - quali il dividendo - anche vantaggi indiretti - quali rapporti contrattuali con condizioni favorevoli di fornitura, collaborazioni aziendali sotto forma di integrazioni negli approvvigionamenti o nella rete distributiva.

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Il suddetto articolo è da considerarsi in un’accezione positiva, la norma fa riferimento alle imprese e non si limita solo a citare le società. Questa scelta è da intendersi in senso ampio e non ristretto. La partecipazione così interpretata è connesso alla detenzione di quote di capitale non solo di società ma anche di ogni altri tipo di organizzazione imprenditoriale, purché sia finalizzata al conseguimento di risultati quanto strategici quanto speculativi.

1.3 La rappresentazione in bilancio.

La corretta classificazione in bilancio rappresenta un problema per alcune poste dello stato patrimoniale, ma non per tutte. Poste dell’attivo per i quali non sussiste tale problematica sono per esempio le Immobilizzazioni materiali e immateriali, che per loro natura sono destinati a far parte delle immobilizzazioni rispettivamente nella voce A I e A II dello stato patrimoniale. Stessa cosa non può dirsi per le partecipazioni.

In generale, la rappresentazione economica nello stato patrimoniale deriva dalla classificazione delle poste secondo la loro destinazione economica. È questo il criterio che porta ad individuare nello stato patrimoniale le due macro-classi: da una parte alla voce B III le immobilizzazioni finanziarie, dall’altra alla voce C III le attività finanziarie.

Per una corretta rappresentazione in bilancio, nel momento della collocazione, bisogna tener conto dei diversi intenti per i quali si detengono le partecipazioni. Il problema della corretta rappresentazione nell’attivo dello stato patrimoniale si presenta per le partecipazioni suscettibili di essere considerate immobilizzazioni o attività circolanti in ragione della loro destinazione economica. Altre voci che saranno soggette al problema della corretta allocazione saranno i crediti, gli altri titoli e le azioni proprie. Anche per queste voci si pone il problema dell’allocazione tra le immobilizzazioni o nell’attivo circolante.9 La regola generale è che le poste

dell’attivo destinate a permanere durevolmente nel patrimonio aziendale andranno classificate tra le immobilizzazioni; tutti quei beni destinati alla vendita o comunque che non sono destinate ad essere impiegate durevolmente all’interno della

9 Per i crediti la questione è semplice, dipende dalla natura stessa del credito: quelli di natura commerciale andranno nell’attivo circolante, quelli di natura finanziaria andranno tra le

immobilizzazioni finanziarie G.RISALITI, “Partecipazioni e sviluppo aziendale- profili strategici e di

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combinazione aziendale sono da classificare nell’attivo circolante. Fu la IV Direttiva CEE a stabilire la distinzione fondamentale tra attivo immobilizzato e attivo circolante.

L’ art 15 della IV Direttiva CEE10, che si occupa delle disposizioni relative a singole

voci dello stato patrimoniale, stabilisce che determinante per l’iscrizione degli

elementi nelle immobilizzazioni o nell’attivo circolante è la loro destinazione. Lo

stesso articolo, al punto 2, provvede a definire le immobilizzazioni come “elementi

patrimoniali destinati a servire durevolmente all’attività dell’impresa.” Dalla

definizione dettata da tale articolo, possiamo in negativo ricavare che l’attivo circolante si compone di tutti quegli elementi patrimoniali che non sono destinati a servire durevolmente l’attivo di un’impresa.

Come stabilito dall’OIC 21, le partecipazioni in società a controllo congiunto, cosiddette joint venture, sono da allocare nelle partecipazioni in imprese collegate. Le partecipazioni detenute nella società controllante sono classificate nell'attivo immobilizzato, alla voce BIII 1) c) “partecipazioni in imprese controllanti”, oppure nell’attivo circolante alla voce CIII 3) “partecipazioni in imprese controllanti”, avendo avuto riguardo alla destinazione attribuita (vedi par. 10). Al momento dell’iscrizione nell’attivo delle azioni della società controllante, secondo le modalità ed entro i limiti consentiti dall'articolo 2359-bis del codice civile, in contropartita va costituita una riserva di pari ammontare denominata “Riserva per azioni (quote) dell'impresa controllante in portafoglio”, da indicare distintamente alla voce AVI “Altre Riserve” del Patrimonio Netto.

1.3.1 La valutazione

La diversa classificazione delle partecipazioni assume importanza in quanto dalla diversa situazione che si intende rappresentare, deriva l’utilizzo dei diversi criteri di valutazione. Si individua una correlazione diretta tra classificazione e valutazione. Per le partecipazioni immobilizzate è possibile individuare due metodi di valutazione: da una parte il costo storico eventualmente rettificato per eventuali perdite di valore, dall’altra il metodo del patrimonio netto (per le partecipazioni in imprese controllate e collegate iscritte tra le immobilizzazioni finanziarie). Per le

10 Facciamo riferimento alla Direttiva 78/660/ CEE ormai abrogata nel 2013 e sostituita dalla Direttiva Europea 2013/34/UE, recepita dallo stato italiano con il D.lgs 139/2015.

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partecipazioni iscritte nell’attivo circolante il criterio da utilizzare per la

valutazione è quello di prendere il minore tra costo e valore di realizzazione desumibile dall’andamento del mercato.

Analizzando nel dettaglio il criterio del costo d’acquisto, si può affermare che per le partecipazioni immobilizzate questo è il metodo base. L’art 2426 che sancisce il criterio di valutazione in generale, prevede al primo comma che le immobilizzazioni

sono iscritte al costo di acquisto o di produzione. Nel costo di acquisto si computano anche i costi accessori […] e i costi direttamente imputabili al prodotto.

L’utilizzo di questo criterio trova forza in virtù della caratteristica dell’investimento che è finalizzato a perdurare nel tempo e non all’ottenimento di benefici rapidi destinati a una veloce negoziazione. Dunque la prima valutazione di una partecipazione va fatta al costo di acquisto.

L’OIC 21 rubricato “Partecipazioni” ribadisce quanto già previsto dallo stesso legislatore, ma con un ulteriore precisazione. I principi contabili infatti stabiliscono quali sono i costi accessori al quale si fa riferimento: a titolo di esempio si parla di spese di commissioni di intermediazione, costi di intermediazione finanziaria e bancaria, costi di consulenza e studi per la convenienza all’acquisto, e i tributi di ogni genere gravanti sulla sottoscrizione o sull’acquisto di partecipazioni.

Bisogna adesso precisare qual è il valore al quale iscrivere le immobilizzazioni e in particolare le partecipazioni che hanno un carattere di investimento durevole nel tempo. Il codice civile all’art 2426 ci precisa che se alla data di chiusura dell’esercizio, l’immobilizzazione risulta di valore inferiore a quello determinato precedentemente, tale valore non può essere mantenuto in bilancio. Se la partecipazione alla data di chiusura dell’esercizio risulta durevolmente inferiore al valore del costo allora la partecipazione va iscritta a tale minor valore. Se nel corso del tempo la causa che ha generato tale diminuzione del valore dovesse venire meno e, dunque, si ha un ulteriore modica del valore stesso, allora il minor valore non può essere mantenuto nei bilanci successivi. Tale disposizione non si applica alle modifiche di valore riguardanti l’avviamento.

Le partecipazioni immobilizzate, in quanto tali, che siano quotate o non quotate sono valutate una per una, e cioè conferendo a ciascuna partecipazione il costo specificatamente sostenuto. Nel caso in cui si dovesse verificare una cessione di

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una parte di un pacchetto di partecipazioni acquistato in momenti e a prezzi diversi, per determinare il costo delle partecipazioni cedute bisogna sempre far riferimento al costo specifico. L’art 2426, comma 1, n° 1011, prevede la possibilità di utilizzare

dei metodi alternativi che sono: FIFO, LIFO e costo medio ponderato.

Altro metodo di valutazione alternativo al costo storico è quello del patrimonio netto, disciplinato dall’OIC 17. L’applicazione di tale metodo è ristretta solamente alle partecipazioni di controllo e collegamento iscritte nelle immobilizzazioni. Si può desumere che per le partecipazioni classificate nelle immobilizzazioni finanziarie che non integrano fattispecie di controllo o di collegamento, è consentita l’applicazione del solo criterio del costo, eventualmente rettificato da perdite durevoli di valore. Per le partecipazioni in imprese controllate e collegate, classificate tra le immobilizzazioni finanziarie, il legislatore ha previsto una soluzione valutativa specifica e alternativa: il metodo del patrimonio netto.

1.3.2 La perdita durevole di valore.

Per evitare che la valutazione col criterio del costo possa compromettere la rappresentazione veritiera e corretta della situazione patrimoniale della società partecipante, è intervenuto il legislatore con l’art. 2426 n. 312 c.c. che, con valore

generale, e quindi per tutte le immobilizzazioni, ha disposto che si deve portare in diminuzione il valore di bilancio delle immobilizzazioni stesse qualora il valore effettivo alla data di chiusura dell’esercizio risulti durevolmente inferiore a quello determinato secondo i punti 1 e 2 dello stesso articolo, e quindi col criterio del costo. La valutazione al costo, infatti, presuppone la presenza di “condizioni normali” di svolgimento dell’attività della partecipata. Il manifestarsi di situazioni negative nella gestione e il venir meno di tale condizione di “normalità” spinge a ritenere non più attendibile tale criterio di valutazione: il costo non rappresenta più

11 In particolare l’art. 2426, co. 1, n° 10 cita che “il costo dei beni fungibili può essere calcolato col metodo della media ponderata o con quelli: primo entrato, primo uscito o ultimo entrato primo uscito; se il valore così ottenuto differisce in misura apprezzabile dai costi correnti alla chiusura dell’esercizio, la differenza deve essere indicata per categoria di beni, nella nota integrativa.” 12 Art. 2426 n. 3 “l’immobilizzazione che alla data di chiusura dell’esercizio, risulti durevolmente di valore inferiore a qu0ello determinato secondo i numeri 1) e 2) deve essere iscritta a tale minore valore; questo non può essere mantenuto nei successivi bilanci se sono venuti meno i motivi della rettifica effettuata.”

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l’espressione veritiera e corretta della posta in bilancio e dunque del valore della partecipazione alla data di chiusura dell’esercizio. 13

Dunque, ai sensi del codice civile, se alla data di chiusura dell’esercizio il valore della partecipazione risulti durevolmente inferiore al costo, questo dovrà essere iscritto a tale minor valore. Quindi il codice civile ci individua la fattispecie generale di svalutazione della partecipazione e cioè la perdita di valore non temporanea ma durevole; tuttavia la legge non individua gli elementi utili per poter definire tale perdita come durevole, né tantomeno la misura della rettifica. A tal proposito, a colmare il vuoto legislativo intervengono i principi contabili.

L’organismo italiano di contabilità vuole evitare che i criteri di valutazione possano diventare comodi strumenti per attuare politiche di bilancio, e così ha provveduto a fornire indicazioni utili circa l’accertamento delle perdite durevoli e determinarne l’ammontare.

Alla luce di quanto detto, è chiaro che isolate perdite di esercizio non determinano l’obbligo di svalutare. Così come le perdite subite dalla partecipata nel suo primo esercizio, seppur consistenti, non rendono necessaria la svalutazione. Quindi se la partecipazione immobilizzata viene acquistata in sede di costituzione della società, o in sede di inizio di attività, e tale società nella fase di avvio realizza delle perdite, anche consistenti, è possibile non svalutare se dall’andamento della gestione della società si può dedurre che ci possono essere dei risultati positivi futuri tali da rendere possibile la copertura delle perdite precedenti. Nel caso in cui si verifichi una perdita d’esercizio della partecipata ma si ritenga che non sia configurabile come perdita durevole di valore della partecipata, si continua a mantenere in bilancio il costo storico della partecipazione della partecipata. In questo caso, la valutazione degli organi amministrativi circa la presenza o meno di una perdita durevole di valore deve essere particolarmente prudente, accurata e motivata. Una perdita di valore si definisce durevole quando non si ritiene che le ragioni che l’hanno causata possono essere rimosse in un arco temporale breve.

Se siamo in presenza di perdite strutturali e capaci di intaccare la consistenza patrimoniale allora in quel caso si presenta l’obbligo alla svalutazione. In

13 G.RISALITI: “Partecipazioni e sviluppo aziendale – profili strategici e di bilancio”, Giuffrè editore, Milano. pag 251

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particolare tali perdite sono riconducibili a fattori interni o esterni alla società, oppure da una loro combinazione. Di seguito, a titolo meramente esemplificativo e non esaustivo, si riportano, alcuni esempi che possono dar luogo a perdite durevoli di valore:

 perdite operative divenute fisiologiche per effetto di una struttura dei costi-ricavi che cessa di essere remunerativa;

 eccesso di costi fissi, non riducibili nel breve periodo, rispetto al volume di affari;

 obsolescenza tecnologica degli impianti o dei processi produttivi dell’impresa;

 un perdurante stato di tensione finanziaria al quale non si possa porre rimedio e che divenga eccessivamente oneroso per la società, una distribuzione di dividendi che abbia comportato che la quota di patrimonio netto posseduta nella partecipata sia diventata inferiore al valore di iscrizione della stessa nell’attivo.14

Sempre a titolo esemplificativo e non esaustivo alcuni fattori esterni alla società possono essere:

 crisi del mercato in cui opera l’impresa con previsioni di assestamento dello stesso in direzione opposta a quella auspicata dall’impresa;

 sostanziale ribasso dei prezzi di vendita dei prodotti non affiancata da un corrispondente adeguamento e, dunque, riduzione dei costi di produzione e vendita;

 nuove leggi e regolamentazioni che incidono negativamente sulla redditività dell’impresa:

 perdita di quote di mercato a favore di prodotti concorrenti;

 abbandono da parte del mercato dei prodotti dell’impresa a favore di prodotti alternativi;

 evidenze che inducono a ritenere che si è prodotta una significativa perdita durevole di valore.

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Un ulteriore indicatore di perdita può essere rappresentato dal mancato esercizio di un diritto di opzione, previsto dall’art. 2441 c.c. che abbia comportato una riduzione del valore economico della partecipata al di sotto del valore di iscrizione della stessa nell’attivo.15 L’assegnazione del diritto di opzione gratuito non genera un ricavo

per il percipiente. L’eventuale ricavo è rilevato solo nel momento della vendita del diritto stesso. Se il diritto d’opzione non viene esercitato, nel momento della scadenza occorre valutare se questo abbia comportato una diminuzione del valore economico della partecipata al di sotto del valore di iscrizione della stessa nell’attivo. In caso di scadenza e non utilizzo occorre quindi valutare se l’effetto di diluizione che ne deriva possa generare la necessità di rilevare una perdita durevole di valore.

Il Documento 21 con riferimento all’ammontare stabilisce che per poter determinare la perdita durevole di valore bisogna confrontare il valore di iscrizione in bilancio della partecipazione con il valore recuperabile. Valore recuperabile che viene individuato facendo riferimento ai benefici futuri che si presume confluiranno nell’attività della partecipante. Dunque è la differenza tra il valore contabile in mancanza di diminuzione di valore e il valore attuale dei flussi finanziari futuri stimati. Inoltre il valore della rettifica deve essere interamente imputato nell’esercizio in cui viene rilevata la perdita, in particolare nella voce D 19 a) “svalutazioni di partecipazioni”. La sua determinazione si effettua tenendo conto di tutti gli elementi utili anche se conosciuti dopo la chiusura dell’esercizio. Per concludere si parla di perdita durevole di valore se a seguito della manifestazione di fattori negativi interni o esterni, si verificano ripercussioni sulla gestione della società partecipata e si verifica che tale effetto negativo non sia destinato a essere rimosso in tempi brevi. Non basta una generica intuizione di futuri risultati positivi per sfuggire all’obbligo di svalutazione, è indispensabile un’analisi prospettica e accurata tale da dimostrare che sarà possibile ripristinare il valore in un arco temporale breve. È necessario che i piani e i programmi operativi presentino le caratteristiche che seguono:

 risultino da deliberazioni degli organi societari;

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 siano analitici così da individuare con precisione gli elementi di intervento e i benefici (qualificati in termini economici) che da essi si attendono;  definiscono in modo esplicito il tempo entro cui il recupero dell’equilibrio

economico è atteso, che deve collocarsi comunque in un arco ridotto di esercizi futuri. 16

Nel caso in cui la partecipata subisca perdite d’esercizio, ma l’organo amministrativo non ritenga che tale perdita sia durevole di valore, è possibile mantenere nell’attivo dello stato patrimoniale, come valore in bilancio, quello del costo storico, ma si noti, che in questi casi la valutazione degli organi amministrativi relativamente alla perdita devono essere precise, prudenti e motivate. Una perdita può dirsi non durevole se la partecipata abbia predisposto programmi tesi al recupero dell’equilibrio della situazione economico-finanziaria, presumendosi, in tal caso, che la perdita abbia caratteristiche accidentali, e dunque può definirsi non durevole. Affinché questo sia possibile è necessario che i programmi da attuare abbiano certe caratteristiche definite dagli stessi principi contabili e cioè si richiede che siano dei piani concreti, con una ragionevole possibilità di realizzazione, e prontamente attuabili.

Vi può essere il caso in cui è la società partecipante a doversi far carico della copertura della perdita della partecipata, e in tal caso può essere utile un accantonamento per far fronte, per la quota di competenza, alla copertura della perdita della partecipata.

Qualora in successivi esercizi vengano meno le ragioni che avevano indotto l’organo amministrativo ad abbandonare il criterio del costo e di conseguenza a iscrivere la partecipazione a un valore inferiore, il minor valore della partecipazione non può essere mantenuto e si procede al ripristino del valore, incrementando il valore della partecipazione. Il minor valore può essere rettificato in aumento fino a un tetto massimo, stabilito dai principi contabili, che è pari al costo originario. Cioè la rettifica non può superare il valore al quale la partecipazione era stata iscritta originariamente. Il ripristino del valore può essere totale o parziale: se si opta per il ripristino parziale piuttosto che ripristinare in un unico momento, si procede al

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ripristino in maniera graduale in più esercizi. Il ripristino va rilevato nella voce D18a) “rivalutazioni di partecipazioni”.

Per una completezza di informazioni, interviene ancora l’OIC e raccomanda all’organo amministrativo di dare informazioni in nota integrativa, affinché i lettori del bilancio possano venire a conoscenza sia se si sia fatto ricorso alla svalutazione e sia in caso contrario. Con riferimento al primo caso si devono indicare le ragioni che hanno indotto gli amministratori stessi ad adottare un valore inferiore rispetto al costo, gli elementi su cui si è fatto riferimento per l’adozione del minor valore e, infine, l’ammontare della svalutazione. In caso di mancata svalutazione, invece, bisogna precisare le ragioni per cui non si è provveduto a svalutare.

Con riferimento ai titoli partecipativi quotati in mercati regolamentati un improvviso e generalizzato ribasso del valore di mercato delle quotazioni non rende necessaria la svalutazione. Questo può costituire un sintomo, un elemento indicativo, ma non impone la svalutazione. Se poi tale ribasso diviene persistenze e significativo, nel senso che si ripercuote sulla situazione economico-finanziaria rendendola ancora più negativa allora in quel caso è da considerarsi un fattore negativo tale per cui si deve considerare la perdita come durevole di valore. Sempre per il principio della prudenza, questi sono elementi da non sottovalutare e, dunque, un ulteriore diminuzione del valore, rispetto a quella risultante dall’applicazione del metodo del patrimonio netto, va imputata a conto economico.17

L’obbligo alla svalutazione assume rilevanza anche nei confronti dei soci o dei terzi. La svalutazione è correlata alla condizione che la mancata o la tardiva ottemperanza all’obbligo potrebbe avere sia effetti nell’accelerare o aggravare situazioni di dissesto, e sia nel pregiudizio dei creditori, dei soci e dei terzi. 1.4 Il metodo del patrimonio netto.

Le partecipazioni in imprese controllate, collegate e in joint venture destinate a permanere durevolmente nel patrimonio aziendale, e dunque identificate come immobilizzazioni finanziarie, possono essere valutate alternativamente con il criterio del costo o con il metodo del patrimonio netto. La partecipazione costituisce una parte di patrimonio dell’impresa a cui esse si riferiscono. Tale espressione diventa sempre più marcata non appena si passa dalle partecipazioni con influenza

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notevole alle partecipazioni di controllo. In particolare con riferimento al controllo si individua che la detenzione di una quota di capitale di un’impresa permette di influire in modo dominante sulle scelte e decisioni dell’impresa partecipata; mentre, con riferimento al collegamento si individua una fattispecie in cui la società detentrice della quota di partecipazioni può incidere in maniera significativa sulle scelte della partecipata. Come già sottolineato, l’influenza dominante può manifestarsi in varie forme, ovvero controllo di diritto, controllo di fatto e controllo contrattuale. Per società collegate, invece, si intendono le società sulle quali un’altra società esercita un’influenza notevole, e non un’influenza dominante. Per influenza notevole si intende che in assemblea ordinaria può essere esercitato almeno un quinto dei voti, ovvero un decimo se la società partecipata ha azioni quotate. Il codice civile in materia di controllo e collegamento interviene con gli articoli 2359 e 2426.

Nel caso in cui una società possieda più partecipazioni in imprese controllate o collegate si presenta il problema di come valutarle, e cioè se con un solo metodo o con la combinazione dei due, previsti dalla normativa in materia di partecipazioni in imprese controllate e collegate. Interviene in merito l’art 2426 c.c., n°4 che oltre a stabilire che vi è la possibilità di utilizzare in maniera alternativa il metodo del patrimonio netto rispetto al metodo del costo, dispone anche che tale metodo alternativo può essere utilizzato anche con riferimento “a una o più” partecipazioni possedute in imprese controllate e collegate. Il legislatore lascia comprendere che l’uso del criterio alternativo di valutazione può essere limitato anche solo ad alcune di tali partecipazioni, consentendo indirettamente di valutare le altre partecipazioni con il criterio del costo. La norma va interpretata in maniera non restrittiva e perciò va combinata con i principi per la redazione del bilancio. Dunque, la norma de qua concede una discrezionalità di tipo tecnico permettendo di determinare per quali partecipazioni è tecnicamente preferibile il metodo del patrimonio netto e per quali il metodo del costo. In alcuni casi, infatti, il metodo del patrimonio netto potrebbe risultare non idoneo e perfino non applicabile. Casi di limitazione sono ad esempio imprese controllate dove sono in corso procedure di liquidazione volontaria o procedure concorsuali, o impedimenti per l’ottenimento delle informazioni utile per

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l’applicazione del metodo, oppure ancora quando le partecipazioni sono detenute a scopo di pronta alienazione.18

In materia di valutazione secondo il metodo del patrimonio netto intervengono i principi contabili con l’OIC 17. Il metodo di valutazione in questione comporta che la quota di competenza degli utili o delle perdite della società partecipata debbano essere inclusi nel risultato d’esercizio della partecipante. Valutare la partecipazione con il metodo del patrimonio netto significa riconoscere i risultati della partecipata, utili o perdite, e includere la quota di competenza nel bilancio della partecipante. Poiché tutto dipende dal risultato d’esercizio, questo comporta una periodica rettifica del valore di iscrizione della partecipazione, che appunto varia in ragione degli utili o perdite conseguiti dalla partecipata. Nel rispetto dei postulati che intervengono in tema di formazione del bilancio, particolare attenzione va posta alla prudenza19; infatti nella periodica rettifica alla quale viene sottoposta la partecipazione con il metodo del patrimonio netto, bisogna prestare attenzione a non considerare gli utili non ancora realizzati. Il postulato della prudenza prevede che i profitti non realizzati20 non devono essere contabilizzati, mentre tutte le perdite, anche se non definitivamente realizzate, devono essere rappresentate e iscritte in bilancio. Il valore della partecipazione deve tener conto sia della quota di competenza della partecipante degli utili o delle perdite della partecipata, sia delle variazioni di patrimonio netto avvenute nei periodi successivi all’acquisto della

18 R. CARAMEL, COOPERS & LYBRAND, “il bilancio delle imprese”, il sole 24 ore libri, Milano, 1996 19 Articolo 2423 bis Codice civile, “Principi di redazione del bilancio”, “Nella redazione del bilancio devono essere osservati i seguenti principi:

1) la valutazione delle voci deve essere fatta secondo prudenza e nella prospettiva della continuazione dell'attività[, nonché tenendo conto della funzione economica dell'elemento dell'attivo o del passivo considerato];

1-bis) la rilevazione e la presentazione delle voci è effettuata tenendo conto della sostanza dell'operazione o del contratto;

2) si possono indicare esclusivamente gli utili realizzati alla data di chiusura dell'esercizio; 3) si deve tener conto dei proventi e degli oneri di competenza dell'esercizio, indipendentemente dalla data dell'incasso o del pagamento;

4) si deve tener conto dei rischi e delle perdite di competenza dell'esercizio, anche se conosciuti dopo la chiusura di questo;

5) gli elementi eterogenei ricompresi nelle singole voci devono essere valutati separatamente; 6) i criteri di valutazione non possono essere modificati da un esercizio all'altro.

Deroghe al principio enunciato nel numero 6) del comma precedente sono consentite in casi eccezionali. La nota integrativa deve motivare la deroga e indicarne l'influenza sulla

rappresentazione della situazione patrimoniale e finanziaria e del risultato economico.” 20 Un esempio di utili non realizzati è il caso di utili derivanti da operazioni avvenute tra partecipante e partecipata che non si siano realizzate mediante terzi.

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partecipazione stessa. Ecco che il valore della posta nell’attivo dello stato patrimoniale non è frutto di una semplice operazione aritmetica. In ragione di ciò il metodo del patrimonio netto deve produrre gli stessi risultati del consolidamento, e anzi il metodo del patrimonio netto viene delineato come un consolidamento sintetico.21 Dunque, l’effetto sul patrimonio netto è identico sia che si utilizzi il metodo del patrimonio netto sia se si faccia ricorso al bilancio consolidato ma i due metodi non sono uno l’alternativa dell’altro. La differenza tra il consolidamento integrale e il metodo di valutazione in analisi sta nel fatto che col il metodo del consolidamento integrale nel bilancio della partecipante si includono tutti i conti della partecipata, mentre con il metodo del patrimonio netto nel valore della partecipazione, e quindi nello stato patrimoniale, si riflette il patrimonio netto della società partecipata; nel conto economico, invece, si riflettono i risultati d’esercizio della partecipata in proporzione alla quota di partecipazione posseduta, tenendo sempre conto delle rettifiche effettuate per tenere conto degli effetti a conto economico derivanti dal trattamento contabile della differenza iniziale tra costo d’acquisto e patrimonio netto contabile della partecipazione.22

Si ribadisce ancora una volta che il costo originario della partecipazione viene rettificato per la caratteristica propria di tale metodo, con l’obiettivo di tener conto degli utili e delle perdite della partecipata realizzati nei periodi successivi all’acquisto della partecipazione. Non è rilevante il fatto che gli utili vengano distribuiti o portati a riserva o che le perdite vadano o meno in diminuzione del capitale della partecipata.

All’acquisto di una quota di partecipazione in una società, segue che l’acquirente, dopo esserne entrato in possesso, effettua una valutazione della stessa sulla base di una situazione patrimoniale a valori contabili ricevuta dall’alienante o dagli organi ammnistrativi della società oggetto della negoziazione. L’acquirente dovrà ripartire il costo della partecipazione tra le attività e le passività, i cui valori saranno oggetto

21 “Il metodo del patrimonio netto non è, però, sufficiente a ovviare alla questione delle

partecipazioni per numerose imprese che detengono rilevanti partecipazioni di maggioranza; per tali imprese la valutazione delle partecipazioni è inscindibile dalla loro rappresentazione in bilancio, ecco che lo strumento più idoneo a rappresentarlo è il bilancio consolidato. Il bilancio consolidato consente di ovviare a carenze informative e valutative, come spesso accade nelle holding” Oic. Organismo italiano di contabilità “principi contabili- il metodo del patrimonio netto, Giuffrè 2005

22 Il metodo del patrimonio netto non è pertanto sostitutivo del consolidamento integrale, né alternativo a quest’ultimo. OIC 17, “Bilancio consolidato e metodo del patrimonio netto”, 2016.

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di rettifica poiché si andranno a considerare i valori correnti alla data di acquisto della partecipazione. Infatti, indipendentemente che si tratti di attività o passività va comunque presa in considerazione la singola posta e il suo corrispettivo valore corrente: che a seconda della voce che si andrà a considerare sarà il valore di mercato, il costo di acquisto, il costo di sostituzione, il valore d’uso e così via. Se si è in presenza di beni destinati alla rivendita il valore corrente non può superare il valore netto di realizzo; se siamo in presenza di immobilizzazioni il valore corrente non può superare il valore recuperabile; se poi ci si trova di fronte a immobilizzazioni materiali, allora in quel caso sarà necessaria la perizia da parte di un esperto che ne determini il valore. 23

Conclusa l’attività di rettifica extracontabile, si dovrà verificare se la corrispondente parte di patrimonio netto della quota acquistata è superiore o inferiore al prezzo di acquisto. Se il costo sostenuto per l’acquisto della partecipazione è superiore alla corrispondente frazione di patrimonio netto contabile della partecipata, e definendo questa situazione come differenza iniziale positiva, allora è possibile individuare due spiegazioni:

 la prima è che la differenza iniziale positiva può essere attribuita ad avviamento della società partecipata e dunque si hanno previsioni di sovra redditi futuri, oppure tale differenza può essere riconducibile a maggiori valori (valutati a valori correnti) nell’attivo dello stato patrimoniale della società partecipata. In tal caso la partecipante iscrive la partecipazione al costo di acquisto includendovi tale differenza iniziale postitiva.

 la seconda ipotesi, invece è che siamo in presenza di una perdita e dunque siamo di fronte a un cattivo affare. Tale differenza va imputata nel conto economico della partecipante nella voce D19A, come svalutazione della partecipazione che riduce il valore di iscrizione che corrispondeva al prezzo di acquisto.

23 Un breve accenno sulle diverse linee generali per determinare i valori correnti da attribuire alle voci delle attività e passività.

I crediti e di debiti sono rilevati in bilancio secondo il criterio del costo ammortizzato, tenendo

conto del fattore temporale e, per quanto riguarda i crediti, del valore di presumibile realizzo. Se il bilancio in forma abbreviata o si è in presenza di microimprese, i crediti possono essere valutati al valore di presumibile realizzo senza applicare il criterio di valutazione del costo ammortizzato e l’attualizzazione.

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Al contrario, siamo di fronte a una differenza iniziale negativa quando il costo sostenuto per l’acquisto della partecipazione è inferiore alla corrispondente frazione di patrimonio netto contabile della partecipata. Anche qui è possibile individuare due spiegazioni:

 la prima ipotesi ha come spiegazione che la differenza iniziale negativa non sia riconducibile a una perdita ma al compimento di un buon affare, la partecipante iscrive la partecipazione al maggior valore del patrimonio netto rettificato della partecipata rispetto al prezzo di costo. La contropartita andrà classificata come riserva non distribuibile, in particolare andrà collocata alla voce A VI “Altre riserve” come riserva per plusvalori a seguito dell’acquisizione di partecipazioni.

 la seconda ipotesi ha come spiegazione che la differenza negativa sia dovuta a una previsione di risultati economici sfavorevoli (badwill) oppure può essere dovuta alla presenza di attività iscritte a valori superiori rispetto al loro valore recuperabile oppure passività iscritte a un valore inferiore rispetto al loro valore di estinzione. Tale differenza rappresenta, quindi, un

“Fondo per rischi e oneri futuri” da tenere in memoria extra-contabilmente.

Tale fondo potrà essere utilizzato negli esercizi successivi per far fronte alle perdite future.24 La partecipazione verrà iscritta per un valore pari al costo sostenuto.

Terminata l’operazione di rettifica, la partecipante sarà in possesso di una situazione patrimoniale extracontabile che le permetterà di costituire un bilancio relativo alle differenze tra prezzo di acquisto e patrimonio netto contabile della società partecipata e quindi di determinare la natura degli scostamenti per determinarne poi il trattamento contabile. I principi contabili stabiliscono che i maggiori o minori valori che emergono rispetto al prezzo di acquisto della

24 L’oic 21 prevede ancora un’altra ipotesi che però è considerata poco probabile, e cioè il caso di persistenza della differenza negativa tra prezzo di acquisto e valore netto della quota. Dunque, se al termine delle rettifiche permane una differenza negativa, questa deve essere considerata come uno sconto sul prezzo d’acquisto da parte della partecipante, e quindi si considera come un buon affare.

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partecipazione devono essere trattati allo stesso modo in cui vengono trattate le poste dell’attivo o del passivo cui si riferiscono.25

Nel primo bilancio successivo all’acquisto della partecipazione, la partecipante deve rettificare il patrimonio netto contabile e il risultato economico dell’esercizio ai fini di tener conto della differenza tra costo sostenuto per l’acquisto e il valore netto contabile alla data d’acquisto. Dunque l’utile o la perdita della società partecipata dovrà essere rettificato e dovrà essere indicata in maniera chiara ed evidente nell’apposita voce in bilancio: dunque nel conto economico, salvo una particolare casistica che a breve sarà trattata. Il metodo del patrimonio netto va applicato utilizzando il bilancio approvato della società partecipata, riferito alla medesima data del bilancio della partecipante. In tal senso è preferibile che l’esercizio amministrativo della società partecipante e della partecipata coincidano, ai fini di rendere confrontabili i valori. Il metodo in questione non può essere utilizzato se la data di chiusura della controllata diverge da quella della controllante. I principi contabili nazionali prevedono che nel caso in cui la data di chiusura del bilancio della partecipata non coincida con quella della partecipante, è possibile utilizzare un bilancio con data diversa a condizione che si verifichino alcune condizione:

 la differenza tra la data di fine esercizio26 delle due società non superi i tre

mesi;

 la differenza di data di apertura/chiusura sia mantenuta costante;

 la differenza di data venga specificata nella nota integrativa della società partecipante;

 vengano evidenziati gli effetti delle operazioni e degli eventi rilevanti tra la data del bilancio della società controllata e della controllante, anche per questi viene richiesta l’indicazione in nota integrativa della controllante.

25 Se per esempio il maggior valore è attribuito alle immobilizzazioni materiali della società partecipata si dovrà ammortizzare il maggior valore con la stessa aliquota tenendo sempre conto della vita utile delle immobilizzazioni stesse. Ancora, il maggior valore delle rimanenze dovrà essere diminuito in relazione alla riduzione delle rimanenze stesse sulle quali tale maggior valore era stato calcolato.

26 E quindi si fa riferimento alla data di chiusura e riapertura della società controllata e della sua controllante.

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Nel caso in cui si dovesse verificare la prima condizione descritta, si può aggirare il problema facendo richiesta alla controllata di redigere un bilancio straordinario che abbia come data di chiusura quella del bilancio della controllante, in tal caso si applicherà il metodo del patrimonio netto facendo riferimento a tale bilancio intermedio27.

L’utile o la perdita d’esercizio della partecipata, che risulta nel bilancio a seguito della negoziazione, sarà sottoposto a varie rettifiche, anche per rispettare quanto detto in precedenza, e cioè che il metodo del patrimonio netto deve produrre risultati analoghi al consolidamento. Tra queste rettifiche si ricordano:

 le rettifiche derivanti dalla mancata applicazione delle norme di legge, inserite sul piano della tecnica degli oic;

 le rettifiche che derivano dalla non applicazione dei principi contabili uniformi a quelli utilizzati dalla controllante (in base a quando dispone l’ OIC 17);

 le rettifiche derivanti da significativi eventi verificatisi tra la data di chiusura dell’esercizio della partecipata e quello della partecipante, nel caso descritto poco sopra e cioè se la data di chiusura/apertura dei bilanci delle due società non coincidono;

 le rettifiche che derivano da operazioni intersocietarie;

 rettifiche derivanti dalle differenze fra i valori contabili e i valori che prendono in considerazione del diverso presso di acquisto:

 infine, rettifiche che derivano dalla partecipazione al capitale della società controllata detenuta dalla controllante.

Dunque, tra i valori contabili della controllata e il maggior valore del costo, emergono differenze da cui scaturiscono plusvalenze o minusvalenze, quindi elementi positivi o negativi di reddito che saranno utilizzati per rettificare l’utile o la perdita della partecipata.

Quando si parla di rettifiche derivanti da operazioni inter-societarie si fa riferimento a operazioni intervenute tra società controllante e controllata, non rientrando in questa categoria quelle operazioni che intervengono con le altre

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società del gruppo. Le rettifiche da effettuare consistono nell’eliminare gli effetti economici positivi o negativi che emergono da operazioni avvenute tra partecipante e partecipata. Quando ci si accinge ad eliminare le componenti positive o negative dal conto economico della partecipata bisogna tenere presente alcuni componenti di reddito i quali non devono subire alcuna rettifica. Ci si riferisce, ad esempio, a:

 interessi attivi su finanziamenti connessi alla società partecipata;  interessi passivi su finanziamenti concessi alla partecipata;

 plusvalenze derivanti dalla vendita di beni strumentali della partecipata:  ricavi derivanti dalla vendita di beni alla partecipata.

I principi contabili nazionali descrivono anche le modalità di trattamento degli utili o delle perdite d’esercizio della partecipata. Si noti come l’utile o la perdita di esercizio della partecipata, opportunamente rettificato, è imputato nel conto economico della partecipante, per la quota di pertinenza, secondo il principio di competenza economica, dunque nello stesso esercizio al quale il risultato si riferisce. L’utile si contabilizza come “rivalutazione di partecipazione” nella voce D 18 a e come contropartita ci sarà l’incremento della voce “partecipazioni in

imprese controllate” o “partecipazioni in imprese collegate”, rispettivamente alla

voce B III a e B III b. Mentre, con riferimento alla perdita, questa dovrà essere rilevata alla voce “svalutazione di partecipazioni” quindi nella voce D 19 a e quindi avremo una riduzione delle voci dell’attivo dello stato patrimoniali B III a e B III b per lo stesso importo. Si può dedure che il risultato d’esercizio della società partecipata concorre a formare il risultato d’esercizio della partecipante. Può succedere che a seguito di ulteriori perdite, il valore della partecipazione diventi negativo, in questo caso il valore della partecipazione si azzera. Nel caso in cui la società partecipante sia impegnata al sostentamento della partecipata, succede che le perdite ulteriori rispetto a quelle che hanno determinato l’annullamento della partecipazione vengono contabilizzate in un fondo per rischi e oneri.

I principi contabili nazionali descrivono anche le modalità di trattamento dei dividendi e degli utili distribuiti; i dividendi e gli utili che la partecipante distribuisce rappresentano componenti positivi di reddito per la partecipante. Tuttavia, essendo già stati rilevati dalla società partecipante come utili prodotti, non possono essere imputati nel conto economico della partecipata, pena un’evidente

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duplicazione. Poiché il metodo di contabilizzazione consentito dal nuovo OIC 17 è solo quello integrale28 (e dunque il metodo che consente la contabilizzazione nel

conto economico), i dividendi percepiti vengono portati a diminuzione della corrispondente voce “partecipazione”. Conseguentemente, succede che una corrispondente quota della riserva non distribuibile diventi disponibile diventando attivo circolante.

Se la partecipata possiede una partecipazione nella partecipante29 e quest’ultima ha assegnato parte dei propri utili alla società partecipata, diminuendo così il proprio patrimonio netto, il risultato d’esercizio della partecipata (che comprende questi dividendi e che la partecipante assume nel proprio conto economico con il metodo del patrimonio netto) non deve essere depurato da tali dividendi. E anzi i suddetti dividendi vanno a ripristinare il patrimonio netto della società partecipante.

28 Il metodo del patrimonio netto integrale era previsto in alternativa al metodo del patrimonio netto patrimoniale per la contabilizzazione della differenza di prima iscrizione della

partecipazione. Quest’ultimo non è più previsto dai principi contabili. Il metodo del patrimonio netto integrale è l’unico trattamento previsto dal nuovo OIC 17. Secondo tale metodo le minusvalenze devono transitare dal conto economico diminuendo il valore della partecipazione, servendosi della voce D19a “rettifiche di valore di attività finanziarie: svalutazione di

partecipazioni”. Anche le plusvalenze devono transitare dal conto economico aumentando il valore della partecipazione e di converso la plusvalenza (quindi il ricavo) che viene imputato alla voce D18a “rettifiche di valore di attività finanziarie: rivalutazione di partecipazioni”, nel momento in cui si dovrà destinare l’utile di esercizio si dovrà destinare a riserva non distribuibile un importo pari alla plusvalenza realizzata. il metodo del patrimonio netto patrimoniale, non più previsto, consentiva nel far transitare le minusvalenze dal conto economico in modo da ridurre il valore della partecipazione utilizzando la voce D19a “rettifiche di valore di attività finanziarie: svalutazioni di partecipazioni”. Mentre, per quanto riguarda le plusvalenze, queste non dovevano transitare dal conto economico ma dovevano essere iscritte direttamente ad incremento del patrimonio netto della partecipante in una riserva non distribuibile fino a che la plusvalenza stessa non veniva realizzata.

29 Legittimamente assunta nei limiti indicati dall’art. 2359 bis, co. 1 del codice civile, che nel contemplare l’acquisto di azioni o quote da parte di società controllate, prevede che “La società

controllata non può acquistare azioni o quote della società controllante se non nei limiti degli utili distribuibili e delle riserve disponibili risultanti dall'ultimo bilancio regolarmente approvato. Possono essere acquistate soltanto azioni interamente liberate. L'acquisto deve essere autorizzato dall'assemblea. In nessun caso il valore nominale delle azioni acquistate può eccedere la quinta parte del capitale della società controllante qualora questa sia una società che faccia ricorso al mercato del capitale di rischio, tenendosi conto a tal fine delle azioni possedute dalla medesima società controllante o dalle società da essa controllate. Una riserva indisponibile, pari all'importo delle azioni o quote della società controllante iscritto all'attivo del bilancio deve essere costituita e mantenuta finché le azioni o quote non siano trasferite.

La società controllata da altra società non può esercitare il diritto di voto nelle assemblee di questa.

Le disposizioni di questo articolo si applicano anche agli acquisti fatti per il tramite di società fiduciaria o per interposta persona.”

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In altri termini, il metodo per patrimonio netto così disciplinato dall’OIC 17 prevede che il valore della partecipata sia reiteratamente adeguato al valore della corrispondente frazione del patrimonio netto della stessa, operando, tuttavia, le rettifiche che saranno di seguito esaminate. Può accadere che il valore di prima iscrizione, quindi il costo di acquisto della partecipazione sia superiore alla corrispondente frazione del patrimonio netto; il legislatore ha previsto che se la partecipazione è iscritta per la prima volta in base al metodo del patrimonio netto, il costo di acquisto superiore al valore corrispondente del patrimonio netto risultante dall'ultimo bilancio dell'impresa controllata o collegata può essere iscritto nell'attivo, purché ne siano indicate le ragioni nella nota integrativa. Inoltre, se il costo di acquisto della partecipazione è superiore alla corrispondente frazione di patrimonio netto, è necessario operare extra-contabilmente una distribuzione del maggior importo sulle attività e passività della partecipata. Quindi, è necessario verificare se il maggiore costo di acquisto sia relativo a differenze tra valori contabili e valori correnti. Se il maggior valore è attribuibile a beni dell’attivo della partecipata o ad avviamento, tale maggior valore deve essere ridotto nel corso degli anni in funzione della durata utile dei beni ai quali il maggior valore è stato attribuito. È chiaro che in caso di cessione dei beni ai quali il maggior valore è stato attribuito, la partecipazione deve essere svalutata per un importo pari al maggior valore iscritto.

Esempio: la società Alfa acquista del 100% delle partecipazioni nella società Beta ad un valore pari a 4000. Il patrimonio netto della società, al momento dell’acquisto, è pari a 1000. Il maggior valore è attribuibile per 1200 ad immobili e per 1800 ad avviamento. La durata utile di tali beni, per la partecipata, è pari, rispettivamente, a 20 e 10 anni. Supponiamo che la partecipata chiuda il bilancio chiude con un pareggio. La partecipata deve essere svalutata per un valore pari a 240 di cui: 60 attribuibili ad ammortamento degli immobili (1200*5%) e 180 relativi ad ammortamento dell’avviamento (1800*10%).

Al termine di ogni esercizio, fermo restando quanto appena detto in merito al trattamento del maggiore costo di acquisto, è necessario adeguare il valore della partecipazione alle intervenute modificazioni del patrimonio netto della società partecipata effettuando ulteriori rettifiche quali:

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