INTRODUZIONE
I mercati degli appalti pubblici ricoprono una fetta importante del mercato mondiale. La stessa Commissione delle Nazioni Unite per il Diritto del Commercio Internazionale (United Nations Commission on International Trade Law, cd. UNCITRAL), all’interno dei primi considerando del Modello di Legge sugli Appalti Pubblici del 2011 esprime chiaramente:
Noting that procurement constitutes a significant portion of public expenditure in most States . 1
La stessa significant portion è stata ricondotta al 18% del PIL dell’UE dalla Commissione - questa volta - dell’Unione Europea la quale, all’interno della proposta di revisione dell’impianto di direttive in materia presentata lo stesso anno, ha evidenziato come quello degli appalti sia un settore fondamentale . 2
È bene già premettere che il diritto del commercio internazionale, sin dai suoi primi passi mossi a Bretton Woods, ha avuto come fine principale quello dello sviluppo economico di tutti i paesi, cercando di favorire un commercio libero tra i diversi Stati che si rivolga e ad un’estensione dei mercati nazionali, e ad una compressione del potere degli Stati di ricorrere a misure protezionistiche. La ratio che muove questa politica è stata (discussa e) dimostrata nel corso dei decenni e, sostanzialmente, ha provato che una misura protezionistica, quale è un dazio all’importazione, ha principalmente due effetti distortivi:
-
Un effetto esterno, andando a restringere la concorrenza con gli operatori degli altri stati e incidendo, quindi, sul welfare globale;Risoluzione dell’Assemblea Generale UNCITRAL del 9 dicembre 2011,
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considerando 2.
Proposta di Direttiva del Parlamento Europeo e del Consiglio sugli appalti pubblici
2
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Un effetto interno: in questo preciso caso, all’interno dei confini nazionali in cui la misura è stata adottata, i produttori nazionali avranno la possibilità di vendere il proprio prodotto a un prezzo superiore rispetto a quello dettato dal libero mercato e i consumatori nazionali pagheranno un prezzo superiore per procurarsi quel bene.Ecco che la misura, oltre che minare la competitività globale, arriva a colpire anche la competitività delle imprese domestiche. Di fronte a questa necessità di arginare la possibilità che, in pratica, un Paese si autoinfligga una perdita, l’idea cardine che ha guidato gli autori e operatori del diritto del commercio internazionale è stata una: il commercio è preferibile al protezionismo. In linea di principio, un’apertura è preferibile a una chiusura.
Figli di questa impostazione liberalista nascono i due sistemi normativi, quello dell’Organizzazione Mondiale del Commercio e quello dell’Unione Europea. I due “fratelli”, invero, sono strettamente legati dalla comune origine e dalla stessa convinzione nell’ottica di una liberalizzazione dei mercati. Eppure, il fatto che siano stati fondati entrambi dai leaders protagonisti del secondo conflitto mondiale con l’intento di lanciare una cooperazione internazionale nel settore commerciale, non ha reso i due fratelli esattamente “gemelli”: non a caso, infatti, si è parlato in passato di “Caino e Abele del diritto internazionale dell’economia”, in quanto 3
la divergenza delle traiettorie dei due complessi normativi aveva condotto il GATT a un livello nettamente inferiore rispetto a quello del fratello originario. Le difficoltà nell’intravedere un andamento nella stessa direzione risiedono first and foremost nell’ambizione: la dirittura d’arrivo dell’Unione Europea, condotta da capi di governo verso un’unione politica sovranazionale che si presentava, più che come associazione regionale per la liberalizzazione commerciale, come governo centrale di un mercato singolo, unico e libero, non
Precisamente in J. H. H. WEILER, Cain and Abel—Convergence and Divergence in
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International Trade Law, in J. H. H. WEILER, The EU, the WTO, and the NAFTA:Towards a Common Law of International Trade?, Oxford University Press,
era certo la stessa del GATT, che veniva salutata come organizzazione commerciale “rinchiusa” in un sistema di controllo nazionale della politica economica in cui le politiche internazionali e le iniziative sociali erano perseguite solo in via indiretta . Questa 4
distanza di piani ha permesso all’allora Comunità Europea la possibilità di mantenere saldo il proprio impegno all’eliminazione radicale delle barriere commerciali, mentre l’OMC si dotava con cautela delle regole antidiscriminatorie in materia di commercio 5
internazionale. Ancora, ad aumentare la distanza ha dato forte contributo la circostanza che mentre la Corte di Giustizia Europea ha avuto un ruolo importante nello sviluppo del diritto dell’Unione Europea, garantendo la stabilità di un sistema giudiziario pronto ad assicurare l’effettività dei suoi rimedi, il dispute settlement non gode della stessa autorità né autonomia, costituendo piuttosto un sistema intergovernamentale . Infine, anche a livello di fonti i due 6
sistemi sono poco convergenti, basti accennare al diverso rilievo attribuito ai principi in quanto, mentre nell’OMC i principi vengono usti nel processo interpretativo per chiarire previsioni del diritto positivo e non possono essere convertiti, a loro volta, in ius positum, nel sistema dell’Unione Europea i principi sono parte integrante del sistema legale e chiave per l’interpretazione conforme . 7
In tal senso, S. E. GAINES - B. E. OLSEN - K. E. SORENSEN, Comparing two
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trade liberalisation regimes, 2012.
Soprattutto, per le deroghe concesse.
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In realtà, ciò non dovrebbe destare eccessivo stupore se si considerasse che non si
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tratta di un foro decisionale ma piuttosto di un foro negoziale: se da un lato è vero che all’interno di esso si formano le regole che dovranno poi essere applicate ai singoli membri, dall’altro lato è anche vero che queste regole non sono mai applicabili direttamente ma solo con il consenso degli Stati. Ciò rende, in particolare, il dispute
settlement delll’OMC un sistema consensuale e semi-volontaristico.
Tali divergenze hanno sollevato in dottrina dei dubbi circa la possibilità di una
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armonizzazione dei due sistemi: è possibile una modifica tale che guidi i fratelli gemelli nella stessa direzione? Sebbene auspicabile, pare altamente improbabile. É certamente difficile immaginare che uno dei due sistemi sacrifichi il proprio scopo per raggiungere l’altro, sia dal lato di un sistema fortemente interétatique come quello dell’OMC, formato da 150 nazioni eterogenee tra loro per cultura e struttura economica, sia dal lato dell’Unione, che non si presta facilmente a sacrificare i propri definiti e chiari obiettivi di realizzazione del mercato unico.
In sostanza, a lungo andare l’impianto normativo dell’Organizzazione non si era dimostrato appagante, e non aveva soddisfatto né gli Stati membri, né la popolazione. Considerando che in quegli anni la popolazione iniziò ben presto a interessarsi delle politiche economiche dei paesi, mentre all’indomani della chiusura dell’Uruguay Round l’impianto fu accolto positivamente, essendo interpretato come l’impianto di una futura crescita economica internazionale basato su una riduzione decisa delle barriere, tariffarie e non tariffarie, l’attenzione dell’opinione pubblica mondiale si diresse progressivamente verso la critica, contestando in particolare la scarsa trasparenza dell’organizzazione, il funzionamento del sistema di risoluzione delle controversie e, soprattutto, il peso eccessivo dei paesi sviluppati nelle decisioni prese . 8
Il maggiore livello di comprensività e ambizione del diritto europeo rispetto a quello del commercio internazionale globale si riflette anche sugli appalti pubblici. Il mercato europeo degli appalti è un mercato regolamentato specificamente sin dagli anni Settanta, ma è anche un mercato che ha ricercato e trovato la propria base giuridica già negli anni Cinquanta, quando i rappresentanti di sei Stati europei si ritrovarono a Roma per firmare un impegno all’instaurazione di uno spazio economico libero fondato su libertà di circolazione, libertà stabilimento, libertà di prestazione di servizi . E mentre a livello europeo si forgiava il primo impianto di 9
direttive in materia, l’Organizzazione Mondiale del Commercio si dotava di un accordo che, formalmente, veniva presentato come Codice ma che, sostanzialmente, si occupava di illustrare le linee guida (trasparenza e pubblicità nelle procedure di aggiudicazione, trattamento favorevole per i paesi in via di sviluppo) per un ambito soggettivamente e oggettivamente molto ristretto. Il limite soggettivo rimase, successivamente, anche l’Accordo del 1994: una convezione plurilaterale che vede oggi coinvolti 45 dei 162 membri dell’OMC con un evidente sbilanciamento di partecipazione: il
Analisi svolta impeccabilmente in A. PARENTI, Il WTO, 2002, p. 103 e ss.
8
Segnatamente, artt. 28, 43, 49 del Trattato CEE del 1957.
Government Procurement Agreement (di seguito, GPA) coinvolge prevalentemente paesi sviluppati, andando a rimarcare una delle polemiche maggiori dell’opinione pubblica alimentata a Seattle negli anni Novanta.
Al di là dei limiti, tuttavia, il GPA rimane il regime di disciplina più completo adottato nell’ambito del commercio internazionale globale: una chiave per la liberalizzazione del commercio in cui siano aperti i mercati e abolite le misure protezionistiche, i cui mezzi essenziali siano i principi di non discriminazione , di efficienza ed efficacia delle risorse 10
pubbliche . È bene avere già chiaro, dunque, che la non-11
discriminazione non è il fine ultimo della gestione del commercio internazionale, ma uno degli strumenti cardine per la materializzazione dei benefici di un mercato competitivo , anche (e 12
soprattutto) nel settore degli appalti in cui la relazione tra competizione e attività del governo è molto stretta: a un’attività degli enti governativi esercitata sul mercato con risorse ingenti, ha corrisposto un progressivo controllo di concorrenzialità, giustificato ampiamente dalla capacità di influenza sul mercato di cui godono le
In tal senso, il considerando 2 del preambolo dell’Accordo recita RICONOSCIUTO
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che le misure in materia di appalti pubblici non dovrebbero essere elaborate, adottate o applicate in modo da accordare una protezione ai fornitori, ai beni o ai servizi nazionali e che non dovrebbero creare discriminazioni tra i fornitori, i beni o i servizi esteri.
In questo caso, ancora, nel considerando 3 del preambolo dell’Accordo si legge
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RICONOSCIUTO che l’integrità e la prevedibilità dei sistemi degli appalti pubblici sono essenziali per una gestione efficiente ed efficace delle risorse pubbliche, la performance economica delle Parti e il funzionamento del sistema del commercio multilaterale.
Impostazione che trova solidi riscontri in A. DAVIES, The evolvine GPA: Lessons of
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Experience and Prospets for the Future, in A. C. GEORGOPULOS - B. HOEKMAN -
P. MAVROIDIS, The Iternationalization of Government Procurement Regulation, p. 6. In particolare, l’idea dell’autore è quella per cui la liberalizzazione sia strettamente legata anche al miglioramento di un rapporto di qualità-prezzo, anche se tale risultato e gli sforzi per raggiungerlo sono concepiti diversamente dai singoli Stati: a tal proposito, viene riportato anche un passaggio della Guide To Enactment al Modello di Legge dell’UNCITRAL, per cui “The ability and willingness of supplirei and
contractors to sell to foreigngovernments is ampere by the inadeguate or divergente state of national procurement legislation in many countries”, in Guide to Enactment, History and Purpose of UNCITRAL Model Law of Goods, COnstruction and Services,
attività dei governi quando operano sul mercato come i maggiori operatori del commercio di prodotti o servizi. In quest’ottica, nell’ambito della disciplina del commercio internazionale applicabile agli appalti pubblici (tra cui, un’espressa deroga 13
all’obbligo di trattamento nazionale operata dal GATT ), il GPA 14
rappresenta un corpus normativo maggiormente completo e integrato in quanto, nonostante i limiti di copertura oggettiva e soggettiva, è garanzia dei principi di non-discriminazione, trasparenza e pubblicità.
Dal canto suo, il consanguineo sistema europeo, seppur maggiormente evoluto e dettagliato, ha avuto le proprie sfide da affrontare. Questo anticipa già come mai la regolamentazione del mercato europeo è una regolamentazione ritoccata più volte e non ancora esaurita nelle sue implicazioni: basti pensare alle conseguenze della Brexit sui mercati degli appalti, alla proposta di regolamento relativo all'accesso di beni e servizi di paesi terzi al mercato interno degli appalti pubblici dell'Unione europea (2016). Tale continua evoluzione va a dimostrare come, tra gli obiettivi principali della modernizzazione del sistema, l’attenzione al 15
government procurement sia un’attenzione ancora oggi molto mirata, considerando il ruolo decisivo che questo svolge 16
nell’andamento economico complessivo dell’Unione e il volume alto degli acquisti che ha spinto i Membri ad avvertire l’esigenza di riforme ripetute sul sistema. L’ultima riforma (operata delle direttive 23, 24 e 25 del 2014) è stata inserita all’interno delle dodici azioni chiave prioritarie volte a stimolare la crescita del mercato unico nell’ampio progetto della Strategia Europa 2020 per
Analisi dettagliata in K. DAWAR, Government Procurement in the WTO: A Case for
13
Greater Integration, in World Trade Review, 2016, pp. 245-270.
Art III, paragrafo ottavo del GATT.
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La Commissione Europea, all’interno della proposta di direttiva in materia di appalti
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pubblici del 2011, presenta una proposta di modifica dell’impianto normativo per
rivedere e ammodernare la disciplina vigente.
Sempre nel 2011, gli acquisti da parte delle autorità pubbliche in lavori, beni e
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una crescita intelligente, sostenibile e inclusiva , ed è stata ideata 17
come strumento per accrescere l’efficenza della spesa e per una migliore gestione degli appalti in ottica del sostegno agli obiettivi sociali comuni, quali ad esempio la tutela ambientale.
Muovendo da queste premesse, la trattazione che segue è essenzialmente volta ad inserire nel contesto della disciplina antidiscriminatoria internazionale il sistema degli appalti pubblici. Si partirà, dunque, da un inquadramento generale dei tratti essenziali diritto della discriminazione commerciale, andando ad esaminarne i tre principi guida, segnatamente la clausola della nazione più favorita, l’obbligo di trattamento nazionale e il trattamento speciale e differenziato a favore dei paesi in via di sviluppo.
Successivamente, si proverà ad inserire tali principi all’interno del GPA, andando a inquadrare il rapporto tra accordo sugli appalti pubblici e non-discriminazione, e all’interno del diritto dell’Unione, volendo presentare la disciplina (prima comunitaria ed oggi europea) dettata per il mercato europeo degli appalti.
Il risultato cui mira l’intero elaborato è una comparazione tra i due sistemi, due regimi figli dello stesso contesto ma cresciuti con ambizioni diverse. È opportuno anticipare già in questa sede che, al di là delle divergenti traiettorie intraprese, quello che hanno in comune entrambe le discipline è la loro inattitudine a elaborare nuove proposte significative in materia di liberalizzazione del commercio internazionale, inattitudine che, se vogliamo, è ben evidente quando si legge che le proposte di modifica sono volte a rivedere e ammodernare la disciplina vigente. Ecco che allora non sorprenderà, tenuto conto di quanto appena osservato, notare che gli organi di risoluzione delle controversie dei due regimi, l’Organo di Appello e i Panel e la Corte di Giustizia, hanno avuto ruolo centrale
Progetto della Commissione relativo a una riforma complessa e coerente da attuare
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nel corso del decennio corrente, essenzialmente volta a sviluppare un’economia basata sulla conoscenza e sull’innovazione, alla promozione di un’economia efficiente e competitiva sotto il profilo delle risorse, all’incoraggiamento di un’economia con alto tasso di occupazione che favorisca la coesione sociale e territoriale, COM (2010) 2020.
nell’articolare e nell’affinare il complesso dei principi preesistente e persistente.
Un’altra lente utile da prendere in considerazione prima di proseguire è la seguente: non tutte le misure restrittive che uno Stato può adottare hanno intento protezionistico, ci sono anzi delle misure restrittive che perseguono altri scopi (come la salute pubblica, l’ambiente) che concorrono con quello della liberalizzazione del mercato; questo emergerà quando si vedrà la struttura dell’art III del GATT ed emergerà quando si andranno ad analizzare le deroghe previste in materia di appalti. Come determinate misure restrittive del commercio possono essere giustificate da politiche altre, quali la non discriminazione tra sessi, la politica ambientale, la sicurezza, così allo stesso modo possono essere giustificate delle procedure di appalto che si presentino maggiormente onerose per gli operatori stranieri e, viceversa, minormente difficoltose per gli operatori nazionali, ma che non incidano sulla concorrenzialità . Si aggiunga a queste ultime 18
l’ipotesi di appalti pubblici che siano aggiudicati a un ente pubblico che svolga un’attività non commerciale . A tal proposito, prima di 19
iniziare, si tenga presente un passaggio di un rapporto dell’Organo di Appello del 6 maggio 2013 : 20
Not every procurement needs to be effectuated by way of a purchase, and not every purchase is part of a process of government procurement.
Prendiamo, ad esempio, delle condizioni imposte dal bando di gara di un appalto
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che richiedano che la presentazione delle offerte avvenga nella lingua della stazione appaltante: nonostante siano condizioni evidentemente più agevoli nei confronti degli operatori nazionali, non sono considerate discriminatorie in quanto non suscettibili di alterare le condizioni di concorrenza.
In tal caso, infatti, è espressamente esclusa dall’art 3 della direttiva 2014/23/UE
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l’applicazione delle direttive in materia di appalti quando l’ente cui venga aggiudicato l’appalto operi avendo quale obiettivo primario il perseguimento di un interesse generale, a prescindere dalla circostanza che la propria attività sia commerciale e ambisca a ricoprire i costi con i proventi.
Rapporti dell’Organo di Appello in Canada - Certain Measures Affecting the
20
Renewable Energy Generation Sector e Canada - Measures Relating to the Feed-in Tariff Program, par. 5.29, 6 maggio 2013, WT/DS412/AB/R e WT/DS426/AB/R.
CAPITOLO I: LA DISCRIMINAZIONE COMMERCIALE
1.1: Premessa
I sistemi WTO e UE possono considerarsi generalmente affini, se non altro, sicuramente per i fini perseguiti. In entrambi i due ambienti, infatti, si respira il desiderio di creazione di un mercato libero, fondato sulle regole della libera concorrenza e dell’uguaglianza tra parti. Questo desiderio e queste regole pongono come protagonista di scena il principio di non-discriminazione.
Di fronte a tale comunanza di obiettivi, l’allora Comunità Europea si è mossa tentando di creare un sistema unico attraverso la sottoscrizione dell’accordo istitutivo del WTO e degli allegati, in nome e per conto proprio e di tutti gli stati membri . Quello che 21
basta anticipare in questa sede, e che verrà specificamente ripreso più avanti, è che il sistema di oggi prevede la creazione di un impianto non-discriminatorio, ove la non-discriminazione non è solo regola imperativa ma anche principio fondante. A tal proposito, bisogna riconoscere che gli accordi non vietano solo le discriminazioni palesi, ma anche quelle indirette: tali ipotesi si integrano quando ci troviamo di fronte ad atti che, pur apparentemente non discriminatori, in quanto rivolti a tutti nella stessa misura, hanno effetto di creare un trattamento differenziale a favore di alcuni e a sfavore di altri.
Fatta una breve parentesi introduttiva circa il vasto tema della discriminazione commerciale (Par. 1.1.1 e ss.), si procederà andando ad analizzare quelle che sono le due principali regole di azione del principio di non-discriminazione, ossia il trattamento della nazione più favorita (Par. 2) e il trattamento nazionale (Par. 3), andando velocemente a concludere su come la portata pratica dei
Sulla questione dell’adesione dell’Unione Europea all’OMC, si ritornerà con
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due principi, in determinate situazioni, necessiti di essere attenuata (Par. 4).
1 . 1 . 1 : N o z i o n i g e n e r a l i : i l p r i n c i p i o d i n o n discriminazione nel commercio internazionale
Con la creazione dell’Organizzazione Mondiale del Commercio, avvenuta nel 1994 a Marrakesh, il sistema economico internazionale cambia forma, non si presenta più come intreccio di modi di produzione diversi, ma come un nuovo spazio, un nuovo contesto: il mercato globale. Al di là delle novità, la lacuna che rimane e che permane è quella del deficit di fonti consuetudinarie. Se infatti la maggiore fonte delle relazioni internazionali nel loro complesso è la fonte consuetudinaria, bisogna rimarcare come, nel contesto dell’ordinamento del commercio internazionale, una fonte di tal genere manchi e comporti un notevole problema di certezza di diritto. La dottrina ha attribuito questa mancanza a due fattori principali: da un lato, per la peculiare natura del diritto internazionale dell’economia, che creerebbe una presunzione di incapacità del diritto consuetudinario alla regolamentazione di questioni economiche ; dall’altro lato, la dottrina soprattutto 22
anglosassone ha rilevato che un contributo a questo fenomeno è 23
dato dal singolare legame che sussiste tra diritto internazionale dell’economia e il diritto internazionale generale, per cui l’interdipendenza delle attività economiche si porrebbe in antitesi con lo spirito dell’ordinamento internazionale generale, ordinamento in cui gli Stati sono i soggetti del diritto, in cui le relazioni sono diplomatiche e in cui le parole d’ordine sono essenzialmente sovranità, autonomia, indipendenza. Altri autori , 24
tuttavia, criticano questa seconda impostazione, ammettendo invece
Ad esempio, G. SACERDOTI, in Bilateral Treaties and Multilateral Instruments on
22
Investment Protection, in RC, 1997, vol. 269, p.261 ss., descrive l’assenza di norme
internazionali consuetudinarie nel settore economico degli investimenti.
Come D. M. MCRAE ha espresso in The Contribution of International Trade Law
23
to the Development of International Law, in RC, 1996, vol. 260, p. 138 ss.
Si prenda in questo senso C. DORDI, La discriminazione commerciale nel diritto
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la possibilità che relazione economica non sia sinonimo di compressione della sovranità economica, dal momento in cui anche in questo campo sono gli Stati i maggiori soggetti di diritto. Fatta questa dovuta premessa sul diritto del commercio internazionale, è il caso di rivolgersi all’altro termine chiave: la discriminazione.
Quando si allude ad atti discriminatori, situazioni discriminatorie, discriminazione, si fa riferimento ad atti, situazioni, contesti che si presentano come violazioni del principio di uguaglianza di fronte alla legge, violazioni che si possono vestire con due abiti diversi: un trattamento diverso di fronte a due fattispecie identiche; un trattamento identico di fronte a due fattispecie diverse. Tali trattamenti, infatti, sia nel primo che nel secondo caso, non sono a prescindere violazioni ma possono giustificarsi in base a una deroga consentita dall’ordinamento o in base a una situazione di particolare necessità, ragion per cui quel trattamento, pur visto male, in realtà è l’unico strumento a garanzia dell’altra faccia del principio dell’uguaglianza: quella sostanziale.
Descritto sin qui, si presenta così quel principio, appunto di non discriminazione, che è garantito da tutti gli ordinamenti a livello interno, costituzionale, nei confronti degli individui. La prospettiva cambia ragionevolmente quando ci si ritrova di fronte a un ordinamento non di livello nazionale ma di livello sovranazionale, in cui quello di non discriminazione non è obbligo che discende da principi di portata generale. Ancora, nel settore del commercio internazionale, si assiste ad un altro cambio di prospettiva, in quanto non solo ritroviamo il principio di non discriminazione, ma addirittura lo ritroviamo con due forme: la non discriminazione esterna, che si palesa con il divieto di trattamento normativo differenziato applicato al prodotto o al servizio straniero in funzione dello stato di origine (clausola della nazione più favorita), e la non discriminazione interna, che invece consiste nell’obbligo di trattare il prodotto o il servizio straniero in modo nn meno favorevole rispetto al prodotto o al servizio nazionale similare (obbligo di trattamento nazionale). Fatte queste dovute precisazioni, si può dunque procedere alla disciplina della non discriminazione all’interno degli accordi multilaterali dell’Organizzazione Mondiale del Commercio. Che l’accertamento di una situazione
discriminatoria si basi sulla verifica della comparabilità tra due situazioni, due soggetti o due prodotti è perfettamente sancito all’interno sia del GATT che del GATS, in particolare si può notare i riferimenti ai concetti di “prodotti simili” e di “prodotti 25
direttamente concorrenziali o sostituibili” . Evidentemente, 26
l’applicazione della clausola della nazione più favorita o l’obbligo di trattamento nazionale derivi dall’interpretazione dei concetti di “simile” o “sostituibile” o “direttamente concorrenziale”, rendendo cruciale la decisione delle caratteristiche da porre a confronto: vien da sé che questa valutazione, svolta prettamente dalla giurisprudenza GATT, non è priva di conseguenze pratiche, in quanto incide direttamente sul dominio riservato degli stati.
1.1.2: Il contributo della giurisprudenza
Si veda, tanto per cominciare, l’art I del GATT: any advantage, favour, privilege or
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immunity granted by any contracting party to any product originating in or destined for any other country shall be accorded immediately and unconditionally to the like product originating in or destined for the territories of all other contracting parties;
per quanto riguarda il GATS, l’art XVII, par. 1: In the sectors inscribed in its
Schedule, and subject to any conditions and qualifications set out therein, each Member shall accord to services and service suppliers of any other Member, in respect of all measures affecting the supply of services, treatment no less favourable than that it accords to its own like services and service suppliers.
Basti qui menzionare la nota addizionale all’art III del GATT, par. 2: A tax
26
conforming to the requirements of the first sentence of paragraph 2 would be considered to be inconsistent with the provisions of the second sentence only in cases where competition was involved between, on the one hand, the taxed product and, on the other hand, a directly competitive or substitutable product which was not similarly taxed. Bisogna notare che il GATS, invece, non contempla “servizi direttamente
concorrenziali o sostituibili” per una semplice ragione: spesso i servizi si compongono di attività che sono rilevanti per lo Stato proprio per la loro attitudine a soddisfare obiettivi di carattere generale; a titolo esemplificativo si può prendere in considerazione il caso di un medico che abbia ricevuto una formazione accademica e professionale in un paese con sistema universitario ottimo e rinomato, e la possibilità che questi venga trattato diversamente rispetto a un medico che ha avuto formazione accademica in uno stato straniero in cui l’università non raggiunga lo stesso livello (vv. C. DORDI, op. cit., p. 125). Va infine precisato che, stando alla lettera della disposizione e in particolare a quel “only in cases where”, la natura della verifica della diretta concorrenzialità o sostituibilità si presenta come sussidiaria, per cui serve che le condizioni di cui all’art III, prima parte del secondo paragrafo non siano soddisfatte. Questa caratteristica pregnante del concetto va a stemperare l’altra forza del concetto di concorrenzialità, ossia la discrezionalità: invero, la diretta concorrenzialità o sostituibilità è configurabile caso per caso, più di quanto non sia evidente quando si parla di similarità.
Per avere una maggiore idea del quadro che, piano piano, si sta delineando, si procederà a una breve analisi dell’elaborazione giurisprudenziale dei concetti, soffermandosi su quello di “simile”. A tal proposito, potrebbe aiutare una metafora utilizzata dall’organo di appello del sistema di soluzione delle controversie OMC in cui si cerca di identificare il concetto di prodotto simile, di like product, con una fisarmonica : come questa, la similarità è un concetto 27
mutevole, variabile, in cui la nota che ne determina l’estensione è la singola disposizione dell’Accordo, e a cui l’immobilità e la fissità sono estranee quanto estranea risulta la possibilità di dare una definizione a priori.
Partendo dall’art I del GATT, la giurisprudenza ha individuato tre diverse connotazioni del termine “simile”, da cui deriverebbero tre diverse tipologie di discriminazione:
1. Discriminazione operata da un dazio tra prodotti classificati in differenti impegni tariffari o in differenti linee tariffarie : 28
quello che ci si chiede qui è se uno Stato possa spingersi in sede negoziale a proporre dazi differenti per prodotti che, pur essendo inseriti in voci tariffarie diverse, risultino simili. L’Organo di Appello ha ammesso tale eventualità per gli Stati, in quanto liberi di muoversi in base alle proprie esigenze individuali nell’indicare quali prodotti debbano essere 29
sottoposti a impegni tariffari e nello stabilire le classificazioni tariffarie dettagliate tali per cui prodotti “simili” ricadano in voci tariffarie diverse; questa libertà, però, non è esente da limiti: innanzitutto gli Stati esportatori devono accertarsi che i
“The concept of "likeness" is a relative one that evokes the image of an accordion.
27
The accordion of "likeness" stretches and squeezes in different places as different provisions of the WTO Agreement are applied. The width of the accordion in any one of those places must be determined by the particular provision in which the term "like" is encountered as well as by the context and the circumstances that prevail in any given case to which that provision may apply”, in Japan - Alcoholic Beverages,
rapporto finale dell’Organo di Appello del 4/10/1996, p. 21.
La linea tariffaria è data dalla nomenclatura, lista strutturata di tutti i prodotti che
28
possono essere oggetto di scambi internazionali.
In tal senso, si prenda il rapporto finale dell’Organo di Appello nel caso Ec-Lan
29
loro interessi di esportazione siano comunque garantiti , 30
inoltre, non deve risultare sacrificata la portata degli obblighi del GATT , per cui una distinzione product-based è lecita, una 31
distinzione country-based integra sempre discriminazione diretta, per cui è vietata anche quando approvata unanimemente in sede negoziale. Infine, si è avuto modo di discutere anche della possibilità che uno stato preveda ulteriori sotto-classificazioni in via unilaterale e anche qui il responso da parte del panel è stato positivo , ma comunque con il divieto di 32
contrasto con l’art I . 33
2. Discriminazione daziaria operata tra prodotti della medesima linea tariffaria: questa circostanza è stata ben individuata dal panel nell’analisi del caso Indonesia - Certain Measures Affecting the Automobile Industry . Una norma indonesiana 34
prevedeva un dazio inferiore per le automobili che rispondessero a tre precisi requisiti: i) prodotte da cittadini indonesiani; ii) nell’ambito di un programma nazionale promosso dal governo indonesiano; iii) con percentuale minima di contenuto originario nazionale. Il panel, nel decretarne l’illegittimità, ha prima verificato che si tratta di prodotti simili e poi ne ha accertato la natura discriminatoria. Tale ragionamento, in realtà, non è stato notevolmente apprezzato
Ec-Lan Equipement, par 109.
30
A tal proposito, si è pronunciato l’Organo di Appello nel caso EC-Measures
31
Affecting the Importation of Certain Poultry Products, del 23 luglio 1998.
Il panel ha avuto modo di valutare questa circostanza sin dai suoi primi interventi
32
nel caso Germany - Tariff Treatment of Sardines del 31 ottobre 1952: di fronte a una normativa dello stato tedesco che prevedeva una classificazione tra tre diversi tipi di sardina e, di conseguenza, una differente imposizione tariffaria, la Norvegia aveva chiesto che il dazio, più basso, previsto per le sardelle, fosse esteso anche agli altri due tipi di pesce in quanto simili; il panel ha precisato che non si trattasse di prodotti simili, ma comunque si poteva legittimamente auspicare a una medesima tassazione.
In questo senso, il caso Spain - Tariff Treatment Of Unroasted Coffee dell’11 giugno
33
1981, in cui si è valutata contraria ad art I una misura della Spagna che operava una sotto-classificazione del caffè non tostato (avvenuta, tra l’altro, in sede non negoziale) in cinque categorie e che danneggiava prevalentemente gli esportatori brasiliani in quanto colpiti dai dazi più alti.
V. Indonesia - Certain Measures Affecting the Automobile Industry del 23 luglio
34
dalla dottrina che ha constatato come in un evidente contesto 35
di discriminazione de iure, quale quello che è rappresentato in questo caso, proprio in quanto discriminazione country-based e quindi violazione oggettiva, si possa prescindere dall’accertamento del nesso di similarità tra i prodotti e dall’ulteriore verifica dell’effetto della normativa sui flussi commerciali.
3. Altre forme di discriminazione: la discriminazione mediante barriere non tariffarie si può brevemente illustrare presentando il caso US - Deniial of Most-Favoured-Nation Treatment as to Non-Rubber-Footwear from Brazil del 1992, in cui il rapporto finale del panel ha rilevato la violazione dell’art I dell’Accordo Generale operata da due normative statunitensi che, di fatto, facevano una distinzione tra prodotti identici basandosi sull’origine.
In realtà, l’essenza mutevole del concetto di like product emerge soprattutto con l’interpretazione dell’art III del GATT dato che, nel disporre l’obbligo di trattamento nazionale, il concetto è utilizzato più volte nella sua composizione . Una prima 36
impostazione interpretativa risale al 1987 , quando il panel si è 37
servito di un ragionamento strutturato in due fasi: i) accertamento della similarità o della diretta concorrenzialità o sostituibilità tra i due prodotti; ii) analisi della normativa fiscale nazionale. La prima analisi da fare riguarda, infatti, la comparazione tra i due prodotti e dopodiché, se i prodotti risultano simili si procede alla verifica dell’esistenza di una differente pressione fiscale nei confronti dei prodotti importati rispetto ai prodotti nazionali (da cui ne deriverebbe discriminazione de iure), se invece i prodotti risultano direttamente concorrenziali o sostituibili, se ne verifica l’esistenza
Spirito critico è stato adottato ad esempio in C. DORDI, op. cit., p. 144 ss.
35
Anticipando brevemente l’analisi che sarà svolta di seguito, basti tenere a mente che
36
l’art III non solo menziona il concetto di “prodotto simile” nei suoi secondo e quarto paragrafo, ma nella nota addizionale alla disposizione si parla anche dei prodotti “direttamente concorrenziali o sostituibili”.
Ossia, al rapporto del panel relativo al caso Japan - Custom Duties, Taxes and
37
di effetti protezionistici sui flussi commerciali (da cui non deriverebbe discriminazione oggettiva, ma illegittimità solo nel caso in cui la normativa sia volta alla protezione della produzione nazionale). Da questa impostazione bifasica la giurisprudenza GATT si è discostata nel 1992, quando nel caso United States - Measures Affecting Alcoholic and Malt Beverages del 16 giugno 38
1992 il panel ha restrittivamente indicato come illegittima solo l’ipotesi di misura che abbia come obiettivo quello di proteggere la produzione nazionale: proseguendo anche qui per due steps, si valuta l’obiettivo che la misura nazionale si prefissa e successivamente si verifica se vi sia stata un’alterazione sui flussi commerciali a favore della produzione nazionale . Vien da sé che 39
nel caso in cui si dimostrino obiettivi di politica sociale che non abbiano alterato eccessivamente le condizioni competitive, si prescinde da verifica della somiglianza e si ammette la misura discriminatoria. Tale dottrina, detta dell’aim and effect, è stata criticata principalmente su due profili:
-
L’interpretazione letterale dell’art III, paragrafo 2 del GATT ha messo in risalto come solo nella sua ultima parte la disposizione si riferisca ai principi dell’art I, e non anche nella prima, altrimenti la specificazione del dettato risulterebbe priva di qualsivoglia senso esattamente come la distinzione tra prodotti simili e prodotti concorrenziali (invece, dal testo si deduce che solo per i prodotti concorrenziali serve la verifica di un intento protezionistico, mentre per i simili sia sufficiente una misura più sfavorevole) ; 40-
L’interpretazione logico-sistematica dell’intero Accordo dimostra, d’altro canto, come una simile impostazione rischi diNel caso di specie si trattava dell’esenzione fiscale nei confronti di un vino prodotto
38
con determinati tipi di uve, l’effetto della normativa sui flussi commerciali risultava protezionistico.
Nel caso di specie, gli States non erano stati in grado di giustificare l’esenzione con
39
obiettivi che fossero meritevoli di tutela, per cui il panel decretò la violazione con l’art III GATT.
A conferma di ciò, possono citarsi i lavori preparatori della Conferenza di Londra
40
del 1946, in cui si è discusso se l’art III dovesse contenere la dizione di prodotti simili o addirittura quella di identici, ne deriva che l’interpretazione del secondo paragrafo dell’art III non dovrebbe essere che restrittiva.
creare una ripetitività nel sistema, in quanto l’elenco delle ipotesi derogatorie di cui all’art XX sulle Eccezioni Generali è da considerarsi tassativo.
Ulteriore passo nell’evoluzione della giurisprudenza in materia è stato avanzato nel caso Japan - Taxes on Alcoholic Beverages dell’11 luglio 1996, in cui per la prima volta si applica il nuovo regime di soluzione delle controversie concordato nell’ambito delle negoziazioni dell’Uruguay Round. Di fronte a un ricorso collettivo (Comunità Europea, Stati Uniti e Canada) in cui era stata contestata una normativa giapponese che imponeva una tassazione maggiore sui prodotti alcolici stranieri, ed in cui erano state fatte valere ragioni che si accostavano sia all’impostazione del panel del 1987 (Comunità Europea), sia alla dottrina dell’aim and effect (Stati Uniti), il panel ha ammesso che l’intento protezionistico è sicuramente importante da valutare, ma nel caso di prodotti simili ci si ferma alla verifica di una pura e semplice diversa tassazione. In altre parole, abbracciando l’impostazione del primo différend del 1987, il panel conferma che non si può prescindere dall’analisi della somiglianza tra i prodotti e che, una volta che i prodotti risultino simili, se esiste una normativa che preveda una differente pressione fiscale, questa è da presumersi protezionista. Concludendo, si può notare che questa posizione, conforme alla art 31 della Convenzione di Vienna e con l’art 3,2 dell’intesa sulla soluzione delle controversie, segna in maniera evidente il passaggio da un atteggiamento improntato su soluzioni di natura diplomatica, che emergeva dall’interpretazione dei primi anni del GATT, a un atteggiamento maggiormente caratterizzato da soluzioni di natura giuridica.
Illustrata brevemente l’evoluzione della giurisprudenza sull’interpretazione del concetto di similarità del secondo paragrafo dell’art III, si può procedere con il quarto cominciando con il caso Asbestos . La controversia concerne qui l’analisi di una normativa 41
Trattasi del caso European Communities - Measures Affecting Asbestos and
41
Asbestos-Containing Products discusso dall’Organo di Appello nel rapporto finale del
francese che impediva la commercializzazione di prodotti contenenti fibre di amianto a garanzia di tutela del consumatore, per ciò ritenuta in contrasto con l’art III,4. Prendendo come riferimento il rapporto finale dell’Organo di Appello, spicca subito il riferimento al rapporto relativo al caso Japan - Alcoholic Beverages del 1996 e alla metafora, già vista, della fisarmonica. L’Appellate Body osserva come sia il secondo che il quarto paragrafo dell’art III costituiscano ciascuno una specificazione del principio generale ispiratore dato dal primo paragrafo, che permea dunque tutta la disposizione: è principio cardine per la comprensione e l’interpretazione delle specifiche obbligazioni contenute nel resto dei paragrafi . La specificazione dei singoli paragrafi si desume 42
anche dalla diversa struttura degli stessi, perché mentre il secondo si riferisce ai prodotti simili (prima parte) e ai prodotti direttamente concorrenziali o sostituibili (seconda parte), il quarto contempla solo l’ipotesi di prodotti simili: data tale diversa impostazione, la “fisarmonica della similarità” si interpreta diversamente. Dunque, premesso che l’ambito di estensione del concetto di likeness è il medesimo tra i due paragrafi , l’Organo di Appello deve scegliere 43
per il quarto una diversa chiave interpretativa, e la trova nell’uguaglianza delle condizioni concorrenziali di mercato: le norme e le misure devono semplicemente non mutare le condizioni concorrenziali di mercato. In altre parole, se i prodotti “simili” sono i prodotti che hanno tra loro una relazione competitiva, l’interpretazione del like del quarto paragrafo deve essere volta a prevenire che gli stati applichino tasse interne o altre misure che minino le relazioni competitive di mercato. Dopo aver chiarito l’ambito spaziale dell’art III,4, il rapporto procede con la verifica della liceità della normativa francese: partendo dal rapporto del Working Party sul Border Tax Adjustments e dai criteri ivi
“The "general principle" set forth in Article III:1 "informs" the rest of Article III
42
and acts "as a guide to understanding and interpreting the specific obligations contained" in the other paragraphs of Article III”, op. ult. cit. par. 93.
Non basta infatti che l’uno si riferisca a una regolamentazione fiscale e l’altro a una
43
regolamentazione non fiscale per farne derivare un differente ambito di estensione, anche perché entrambi i tipi di misura possono portare ai medesimi risultati (par. 99): lo scopo dell’art III,4 non ha portata inferiore rispetto a quello perseguito dall’art III,2.
individuati per l’analisi della similarità , se l’amianto è dichiarato 44
pericoloso per la salute dall’Organizzazione Mondiale della Sanità, è presumibile che il consumatore indirizzi su questa base la sua scelta di acquisto e che quindi ci sia un ridimensionamento delle condizioni concorrenziali di mercato, tale per cui la normativa francese, che va a tutelare la salute del consumatore, non è discriminatoria ai sensi dell’art III,4. Le conseguenze di quanto osservato non sono prive di portata pratica: se ammettiamo che una misura, fiscale o non fiscale, persegua politiche nazionali diverse da quella economica e che queste siano giustificabili non solo alla luce dell’art XX , ma anche alla luce dell’art III,4 quando questo è 45
interpretato non in senso derogatorio rispetto alle disposizioni del GATT, ma bensì in senso tale per cui le norme o misure siano legittime quando non mutino le condizioni concorrenziali di mercato, si assiste a una notevole estensione del dominio riservato agli stati proprio mediante l’interpretazione del concetto di similarità.
1.2: Il trattamento della nazione più favorita 1.2.1: Nozioni generali
La clausola della nazione più favorita fu inserita già nel GATT nel 1947 al fine di superare il protezionismo nazionale che caratterizzava l’epoca, e successivamente mantenuta nel TFUE all’art 18. L’esigenza che si pone alla base della clausola è quella del principio di non discriminazione: non sarà mai giustificabile una differenziazione basata esclusivamente sulla nazionalità degli operatori economici, dei prodotti, dei servizi o dei fattori produttivi. Proprio al fine di garantire una pari dignità a tutti gli operatori economici e a tutti i fattori produttivi, considerando irrilevante il
In maniera più specifica: le caratteristiche fisiche dei prodotti, gli utilizzi finali,
44
gusti e le abitudini dei consumatori e la classificazione tariffaria; bisogna però constatare che nonostante il rapporto richiami suddetti criteri, ne ammette anche la fragilità dal momento in cui li considera sì strumenti utili, ma privi valenza assoluta.
Prevede infatti un elenco tassativo dei casi in cui si ammette la sovranità degli Stati,
45
loro luogo di origine ovvero il luogo di destinazione, una tale formal equity è ben perseguita dal sistema della clausola della nazione più favorita, nella misura in cui questa stabilisce una neutralità delle scelte allocative dei vari fattori produttivi. Nel contesto del commercio internazionale la clausola assume altissimo rilievo, in quanto parte integrante del principio di non discriminazione e in quanto questo:
-
aspiri a un processo di adeguamento del mercato che divenga libero, integrato e unico;-
intervenga come regola di legislazione, dal momento in cui le normative interne degli Stati membri debbano disciplinare il libero scambio obbligando a uguali condizioni concorrenziali di partenza ed sanzionando eventuali violazioni;-
si ponga come valore costituzionale, autonomo, capace di ricoprire tutta la normativa comunitaria nel suo complesso e non solo i settori propriamente economici . 461.2.2: Il contenuto della clausola
Esistono molteplici definizioni della clausola della nazione più favorita, derivanti in realtà dalla natura del trattato che la contiene. In generale, la clausola si concreta in un obbligo internazionale assunto tra Stati, in quanto soggetti di diritto internazionale e beneficiari formali, di cui però risentono anche soggetti terzi in qualità di soggetti aventi un determinato rapporto con i primi due e che quindi sono i soggetti beneficiari sostanziali. A conferma di ciò basti anticipare che la clausola si estende anche al trattamento dei cittadini, e che per ciò può da questi stessi essere invocata direttamente in giudizio. L’ambito di applicazione della clausola, di fatti, si presta ad essere molto vasto: al di là delle relazioni economico-commerciali e i relativi mezzi di pagamento, che rimangono il tasto maggiormente toccato dalla clausola, si considerano coperti anche i settori dei trasporti, della proprietà
Cfr. M. CREMONA, Neutrality or Discrimination? The WTO, the EU and External
46
Trade, in G. DE BURCA - J. SCOTT, The EU and the WTO: Legal and Constitutional Issue, Oxford, 2001, p. 159.
industriale e letteraria, delle condizioni delle persone fisiche e giuridiche straniere. La clausola, in poche parole, si occupa sia di profili economico-commerciali, sia di profili puramente giuridici. Cercando di iniziare a delimitare la trattazione al profilo che ci interessa, ossia quello dei trattati di commercio, si aprirà una breve parentesi. Come si è appena accennato, la clausola interviene soprattutto in ambito economico-commerciale, essendo contenuta dunque in trattati commerciali quali quello di stabilimento, di navigazione e di commercio in senso stretto di prodotti. In quest’ultimo particolare caso il problema principale sarà quello di riuscire a capire su quali prodotti appartenenti allo Stato beneficiario si estende la clausola, e di solito si risolverà optando per il criterio dell’origine: il prodotto è coperto da clausola quando appartiene a un determinato Paese perché qui è stato raccolto o fabbricato. Rimane del tutto irrilevante la circostanza che il prodotto abbia girato più Stati prima di giungere a destinazione, ma non completamente priva di importanza l’ipotesi in cui sia stato lavorato in più Stati, secondo il meccanismo chiamato divisione internazionale del lavoro. Il Consiglio dell’allora Comunità Europea si è pronunciato in questo senso: il prodotto appartiene a un determinato Stato quando qui vi è avvenuta l’ultima trasformazione o lavorazione sostanziale, economicamente giustificata, che abbia come risultato la fabbricazione di un prodotto nuovo o che comunque presenti una fase importante della lavorazione . Fatto questo primo accertamento, si procederà con 47
l’analisi della comparabilità della merce, di cui si è parlato ampiamente nel primo paragrafo.
1.2.3: La natura della clausola
Il profilo interno del principio di non discriminazione si sostanzia, come si diceva, nella previsione del trattamento della nazione più favorita. La definizione della clausola della nazione più favorita è rinvenibile all’interno del Rapporto della Commissione di Diritto Internazionale sui lavori della sua
Trattasi del regolamento 802/68 del 27 giugno 1968.
trentesima sessione, risalente al 1978: trattamento accordato dallo stato che lo concede allo stato che ne beneficia, o a persone o a cose che si trovano in un rapporto determinato con tale stato , non meno 48
favorevole del trattamento conferito dallo stato concedente a uno stato terzo (o a persone o cose che si trovino nello stesso rapporto con questo) . Lo schema che si delinea è pressappoco il seguente: 49
abbiamo lo Stato A che, nell’ambito di un rapporto bilaterale, si impegna con lo Stato B a un trattamento dei suoi cittadini (o delle sue cose) che sia non meno favorevole rispetto a quello concesso dallo stesso Stato A nei confronti dello Stato C . Ne consegue che, 50
da un rapporto bilaterale, si instaura in realtà un rapporto trilaterale in cui:
-
Stato A diventa debitore nei confronti dello Stato B (e i suoi cittadini);-
Lo Stato B (e i suoi cittadini) diventa creditore dello Stato A dello stesso trattamento che quest’ultimo concede allo Stato C (e ai suoi cittadini);-
Lo Stato C (e i suoi cittadini) costituisce parametro per il trattamento oggetto del rapporto di debito-credito . 51Ne deriva dunque che non solo il rapporto con lo Stato terzo è necessario per delineare il contenuto del rapporto tra i due stati
cittadinanza delle persone, immatricolazione delle navi, Stato di origine dei
48
prodotti.
Così dettata in Rapport de la Commission du droit international sur les travaux de
49
sa trentième session (8 mai-27 juillet 1978).
Per andare a determinare quale trattamento debba essere egualmente riservato allo
50
stato beneficiario, si applica il principio dell’eiusdem generis, rispondendo a un’esigenza di identità o di una similitudine dell’oggetto dei vantaggi derivanti dall’applicazione della clausola.
L’inquadramento della clausola della nazione più favorita all’interno di un rapporto
51
di debito-credito è prospettato in A. CORDEWENER e E. REIMER nel dettaglio: “The
essential core of the concept is that a state (hereinafter: the debtor state) accepts an obligation not to discriminate subjects of another state (hereinafter: the creditor state) against subjects of a third state (hereinafter: the most-favored state)”, in A.
CORDEWENER - E. REIMER, The Future of Most-Favoured-Nation Treatment in EC
Law - Did the ECJ pull the Emergency Brake without Real Need?, Part I, in European Taxation, 2006, p. 241.
parte, ma anche indispensabile per il mantenimento dello stesso: qualora venisse a mancare il beneficio nei confronti della nazione più favorita, cadrebbe anche l’eguale trattamento dovuto dallo Stato A nei confronti dello Stato B. Se ciò è chiaro, diventa chiara anche la natura precaria e variabile dei diritti in gioco, diritti che non sono acquisiti in maniera permanente in capo al beneficiario ma che possono subire modificazioni sia in positivo, nel caso in cui siano accordati nuovi vantaggi e questi vengano automaticamente concessi anche al beneficiario, sia in negativo: si è in tal senso parlato di autorevisione automatica degli accordi che contengono 52
la clausola, concetto che esprime bene l’idea per cui la clausola modella il contenuto dei rapporti convenzionali sulla base dell’evoluzione delle relazioni commerciali in una determinata materia. Una celebre sentenza della Corte Internazionale di Giustizia del 27 agosto 1952 si ha ribadito il carattere contingente e variabile della clausola in un caso che vedeva come protagonisti della scena gli Stati Uniti e il Marocco: molto brevemente, basta accennare al fatto che gli Stati Uniti rivendicavano il carattere permanente dei diritti oggetto della clausola, sostenendo che i diritti all’immunità fiscale e alla giurisdizione consolare attribuiti dal Marocco ai cittadini inglesi, spagnoli e, per il tramite della clausola della nazione più favorita , statunitensi, dovessero essere 53
mantenuti anche a seguito della rinuncia agli stessi da parte della Gran Bretagna e della Spagna. La Corte negò questa rivendicazione facendo leva sul fine della clausola: l’uguaglianza fondamentale senza discriminazione tra tutti i paesi interessati . 54
1.2.4: La fonte del diritto del beneficiario
Quanto appena osservato anticipa già che non sia facile individuare la fonte dei diritti dello Stato beneficiario. L’idea di
Così espressa in E. TRIGGIANI, Il trattamento della nazione più favorita, 1984, p.
52
85.
Contenuta nell’accordo con il Marocco del settembre 1836 e nella Convenzione di
53
Madrid del 1880.
Sentenza 27 agosto 1952, in C.I.J., Recueil, 1952, p. 191 ss.
base è quella per cui la clausola della nazione più favorita sia una meccanismo che operi in una particolare materia oggetto di convenzione tra due stati e che, comunque, interviene a favore di un terzo beneficiario. Questo ultimo step si deve al trattato che prevede la clausola: il trattamento nella determinata materia si estende allo Stato terzo in virtù della clausola, in virtù al trattato che prevede la clausola. Fin qui tutto chiaro, se non fosse che bisogna considerare un eventuale passaggio: nel caso in cui venga meno la convenzione tra i due Stati coobbligati, viene meno anche, come già visto, l’effetto della clausola nei confronti del terzo. Il diritto riflesso del terzo quindi pare suscettibile di due fondamenti: il trattato istitutivo della clausola o il trattato istitutivo del trattamento. Ancora, nel 1952 , la Corte Internazionale di Giustizia si è espressa dopo 55
essere stata adita dal Regno Unito in merito alla nazionalizzazione iraniana dell’Anglo-Iranian Oil Company. Al di là dei dettagli della controversia, ciò che interessa particolarmente è che di fronte all’eccezione di incompetenza sollevata dall’Iran, con cui sosteneva che la Corte potesse giudicare solo delle controversie successive alla dichiarazione iraniana fatta in applicazione dell’art 36 par. 2 dello statuto della Corte, risalente al 1932, il Regno Unito aveva replicato sostenendo che è vero che il trattato che legava i due Paesi e che conteneva la clausola della nazione più favorita fosse antecedente a quella data (1859), ma il trattamento che si richiedeva era quello che era stato accordato per Danimarca, Turchia e Svizzera, con trattati successivi al 1932 . Secondo il 56
Regno Unito, infatti, dal momento in cui il contenuto del proprio diritto riflette quello accordato in convenzioni bilaterali successive al 1932, sono quelle da considerarsi fondamento della clausola. Al contrario, la Corte, nel decretare la propria incompetenza, ha messo in luce il ruolo centrale che il trattato contenente la clausola riveste in tal senso, in quanto è proprio tale il fondamento del contesto trilaterale che si crea tra Iran, Regno Unito e Stato Terzo.
In realtà, un mese prima della sentenza suddetta, in quanto trattasi della sentenza del
55
22 luglio 1952, C.I.J., Recueil, 1952.
In particolare, si tratta del trattamento accordato con il trattato con la Danimarca del
56
20 febbraio 1934, con la Svizzera del 25 Aprile 1934 e con la Turchia del 14 marzo 1937.
1.2.5: La clausola nei rapporti multilaterali
Il contesto assume altra dimensione se consideriamo l’ipotesi di una multilateralizzazione della clausola: nel caso in cui 57
l’obbligo del trattamento della nazione più favorita diventi obbligo generale per tutti gli stati firmatari di una convenzione, i vantaggi fondati su un accordo tra due stati membri o tra un membro e un terzo sono estesi automaticamente a tutti gli altri. In questo preciso quadro si inserisce il GATT, che non solo prevede tale principio all’art I, ma che permette anche agli Stati firmatari la possibilità di partecipare ai negoziati cosicché, da un lato, possano 58
sufficientemente stimare il valore delle concessioni che accordano e i vantaggi derivanti da queste. Facciamo adesso un passo indietro. La finalità della clausola della nazione più favorita è quella di livellare all’interno di un mercato nazionale le differenze tra operatori economici, prodotti, servizi e fattori produttivi esteri, garantendo uguali condizioni concorrenziali di partenza. Nel caso in cui ci siano diverse condizioni di partenza basate sulla provenienza, si ha una discriminazione. Chiaro è che una violazione di questo tipo sia concretamente apprezzabile soprattutto in un contesto multilaterale: diverse parti significa anche diverse possibilità di parametro, perché lo Stato terzo ora non è più solo la nazione favorita, il riferimento, ma anche il destinatario. Ecco che allora la clausola diventa elemento di coesione, imprescindibile in una politica economica concorrenziale in cui si punti a un mercato libero e unico. Facile da illustrare in astratto, un po’ meno da sostenere nella pratica, se si pensa che un’applicazione della
Termine utilizzato da E. TRIGGIANI, op. cit., p. 91.
57
Art XXVIII GATT.
clausola comporta comunque dei costi sia economici e sociali . Di 59
fatti, se uno Stato ha attribuito un vantaggio a un altro Stato lo ha fatto, spesso, dietro una contropartita, un costo tutto sommato minore rispetto a quello che deriverebbe da un’applicazione incondizionata della clausola: si è parlato a tal proposito di free riders, per indicare quei soffitti che approfittano dei vantaggi concessi dalla clausola della nazione più favorita senza, dal canto loro, sostenere alcun costo e alterando i bilanciamento degli interessi rappresentati all’interno degli accordi bilaterali. Nonostante l’essenza intrinseca della clausola della nazione più favorita sia la sua forma incondizionata, dove appunto il beneficiario gode automaticamente e gratuitamente dei vantaggi concessi al terzo, bisogna anche dare atto degli evidenti demeriti: da un lato, uno Stato che gode di determinati vantaggi grazie all’applicazione della clausola, non avrà alcun interesse a stipulare accordi che abbiano ad oggetto questi vantaggi, dall’altro lato, uno Stato non avrà alcun interesse a concludere accordi i cui vantaggi si estendano a terzi che non ne sostengano i costi.
1.3: L’obbligo di trattamento nazionale 1.3.1: Nozioni generali
Possiamo introdurre l’argomento del trattamento nazionale partendo da un termine preciso: assimilazione. Già l’etimologia , 60
se non il suono stesso della parola, ci fanno intendere che stiamo ancora percorrendo la strada intrapresa nel primo paragrafo, ed infatti l’obbligo di trattamento nazionale pone sempre alla base un giudizio di comparazione tra due variabili con la differenza che, in questo caso, una delle due è la normativa nazionale. Dal momento in cui l’obbligo di trattamento nazionale è un obbligo di assimilazione dello straniero al cittadino, dei prodotti provenienti
H. HORN - P.C. MAVROIDIS, voce “NONDISCRIMINATION”, in The Princeton
59
Encyclopedia of the World Economy, 2009, Vol. 2, p. 833 e ss.
Leggasi in Vocabolario Treccani Online “assimilare: v. tr. [dal lat. assimilare o
60
assimulare «rendere simile», der. di simĭlis «simile»]”, rinvenibile al link http://
dall’estero ai prodotti nazionali, dell’attività economica condotta e gestita da stranieri a quelle condotte e gestite da cittadini, il parametro di riferimento diventa non un altro accordo ma direttamente la legislazione interna dello stato, nella stessa misura in cui lo scopo diventa garantire un’inland parity, e non una foreign parity come con la clausola della nazione più favorita. Non a caso, se quest’ultima esprime il principio di non discriminazione esterna, in quanto garantisce la neutralità delle condizioni di accesso al mercato nazionale, il trattamento nazionale esprime il principio di non discriminazione interna. Gli operatori nazionali, i prodotti nazionali, le attività gestite da cittadini diventano parametro per il trattamento degli operatori stranieri e così via, quindi la base di eguaglianza interna è data dalla situazione di fatto o di diritto che il Paese, cui si richiede garanzia, pratica entro i propri confini.
Il trattamento nazionale si destreggia in un contesto che nasce e resta bilaterale, in cui due stati si accordano per garantire reciprocamente dritti e mantenere vicendevolmente obblighi; 61
storicamente infatti, l’impegno di uno Stato a trattare gli stranieri di un altro Stato direttamente e immediatamente come propri cittadini, oppure, detto in altri termini, la rinuncia di uno Stato a discriminare gli stranieri, dipendeva esclusivamente dalla garanzia di un trattamento egualitario che era garantito dall’altra parte. In realtà, sarebbe meglio parlare, anche qui, di trattamento non meno favorevole, piuttosto che di trattamento identico: nulla vieta infatti che lo straniero possa essere trattato meglio del cittadino, magari quando uno Stato preveda delle esenzioni fiscali o altri vantaggi superiori a favore di imprese straniere per incrementare la propria
Cfr. M. VIRALLY, Le Principe de réciprocité dans le droit international
61
produzione industriale , o magari quando uno Stato conceda agli 62
stranieri vantaggi superiori rispetto a quelli dei propri cittadini . 63
Come sfaccettatura del principio di non discriminazione, l’obbligo di trattamento nazionale è statuito dall’art III del GATT con una previsione che, come abbiamo esaminato , copre 64
potenzialmente ogni atto governativo: dalle tasse, alle leggi, alle altre regolamentazioni. Qualsiasi misura sia, ciò che interessa è che sia in grado di alterare le condizioni globali di vendita e distribuzione di prodotti, servizi e proprietà intellettuali. Il senso di una simile previsione è rinvenibile nel fatto che il GATT tratta diversamente le misure interne dalle misure di confine, rischiando che queste, essendo frutto di un’attività unilaterale dello Stato, vadano ad inficiare ogni restrizione concordata in sede di accordi sulle misure di confine. L’obbligo di trattamento si pone dunque come una prima linea di difesa rispetto a questa eventualità, affiancato senz’altro dalla clausola della nazione più favorita che infatti è anteposta solo di due disposizioni. Detto ciò, dunque, quando si ha una discriminazione? La dottrina ha illustrato efficacemente un modello standard , in cui abbiamo due i soliti due 65
Stati A e B: lo Stato A produce il prodotto x e importa i prodotto simile y dallo Stato B; il governo dello Stato A impone tasse interna prodotto x, ed una tariffa di importazione z; la tassa totale che
Ipotesi rinvenibile in RIEDL, La clause de la nation la plus favorisée, 1928, p. 5.
62
Si prenda ad esempio il trattato di amicizia, commercio e stabilimento stipulato tra
63
Regno Unito e Svizzera il 6 settembre 1855, il cui art VIII recita che “Les deus Parties
contractantes s’engagent à traiter les sujets et lei citoyens respectifs, dans tout ce qui touche l’importation, l’entrepôt, le transit et l’exportation de tout article de commerce légal, sur le même pied que les sujets et les citoyens du pays, ou que les sujets et citoyens de la nation la plus favorisée, dans tous les cas où ces derniers jouiraient d’un avantage exceptionnel non accordé aux nationaux”.
L’art III e i costitutivi paragrafi sono stati discussi in precedenza nel corso della
64
trattazione, all’interno del par. 1.
O meglio, H. HORN, National Treatment in the GATT, in The American Economic
65
Review, Vol. 96, No. 1 (Mar., 2006), pp. 394-404. Tale elaborato è stato definito la
prima formale analisi del ruolo dell’obbligo di trattamento nazionale negli accordi bilaterali.