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Academic year: 2021

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(1)

Appunti di Geometria - 5

Samuele Mongodi - s.mongodi@sns.it

1

Segnatura di un prodotto scalare

Richiami Sia V uno spazio vettoriale reale di dimensione n; sia

h·, ·i : V × V → R

un prodotto scalare. Data una base B = {v1, . . . , vn} di V , la matrice associata

a h·, ·i nella base B `e

A =      hv1, v1i hv1, v2i · · · hv1, vni hv2, v1i hv2, v2i · · · hv2, vni .. . ... ... hvn, v1i hvn, v2i · · · hvn, vni     

Il prodotto scalare si dice non degenere se

V⊥= {0}

e, visto che

V⊥= ker A

il prodotto scalare `e non degenere se e solo se det A 6= 0; il numero dim ker A si dice indice di nullit`a e si indica, a volte, con i0, mentre il rango di A viene

anche detto rango del prodotto scalare. Il prodotto scalare si dice:

• definito positivo se hv, vi > 0 per ogni v non nullo in V • definito negativo se hv, vi < 0 per ogni v non nullo in V • semidefinito positivo se hv, vi ≥ 0 per ogni v in V • semidefinito negativo se hv, vi ≤ 0 per ogni v in V • indefinito altrimenti.

Notiamo che se il prodotto scalare `e non degenere, allora non pu`o essere semidefinito (n´e negativo, n´e positivo); se, al contrario, il prodotto scalare `e de-genere, non pu`o essere definito (n´e positivo, n´e negativo). Un prodotto indefinito pu`o essere sia degenere, che non degenere.

La matrice A associata al prodotto scalare `e simmetrica, dunque `e diago-nalizzabile (teorema spettrale); la molteplicit`a di 0 come autovalore di A `e la

(2)

dimensione del nucleo, quindi il numero che abbiamo indicato con i0.

Conside-riamo ora il numero di autovalori positivi di A (contati con le rispettive mol-teplicit`a algebriche1) e chiamiamolo indice di positivit`a del prodotto scalare,

indicato con i+; similmente, contiamo il numero di autovalori negativi

(sem-pre con molteplicit`a) e chiamiamolo indice di negativit`a del prodotto scalare, indicato con i−.

Ovviamente, visto che i0`e la molteplicit`a dell’autovalore nullo, i+la somma

delle molteplicit`a degli autovalori positivi, i− la somma delle molteplicit`a degli

autovalori negativi, la somma i++ i−+ i0`e la somma di tutte le molteplicit`a,

quindi fa n (la dimensione dello spazio vettoriale).

La terna di numeri (i+, i−, i0) (attenzione, non `e un vettore!!) si dice

segnatura del prodotto scalare e permette di ricavare tutte le informazioni necessarie:

1. se la segnatura `e (n, 0, 0), il prodotto scalare `e non degenere e definito positivo;

2. se la segnatura `e (0, n, 0), il prodotto scalare `e non degenere e definito negativo;

3. se la segnatura `e (p, 0, n − p), il prodotto scalare `e degenere e semidefinito positivo;

4. se la segnatura `e (0, m, n−m), il prodotto scalare `e degenere e semidefinito negativo;

5. se la segnatura `e (p, n−p, 0), il prodotto scalare `e non degenere e indefinito;

6. se la segnatura `e (p, m, n−p−m), il prodotto scalare `e degenere e indefinito.

Nota: In questi primi esercizi, volendoci concentrare sul calcolo della segna-tura, daremo direttamente la matrice associata, ma non sar`a sempre cos`ı. Esempio Consideriamo il prodotto scalare dato dalla matrice

A =   1 0 0 0 −1 1 0 1 0  

Per determinarne la segnatura, dobbiamo trovare il segno degli autovalori, quin-di scriviamo il polinomio caratteristico:

det(A − λI) = det   1 − λ 0 0 0 −1 − λ 1 0 1 −λ  = −λ 3+ 2λ − 1

Ora, se un polinomio a coefficienti interi ha radici razionali, queste sono date da un divisore del termine noto fratto un divisore del coefficiente direttore; in questo caso possono solo essere +1 e −1. E’ facile verificare che +1 `e una radice del polinomio: −1 + 2 − 1 = 0.

1Se ad esempio la matrice A ha come autovalori 1 e 2 con molteplicit`a 2 e 3, conteremo 5

(3)

Quindi −λ3+ 2λ − 1 = −(λ − 1)(λ2+ λ − 1); il polinomio di secondo grado

λ2+ λ − 1 ha soluzioni (−1 +5)/2 e (−1 −5)/2.

Dunque i tre autovalori sono

−1 + √ 5 2 −1 +√5 2 1

il primo dei quali `e negativo, mentre gli altri due sono positivi. Dunque, i+= 2,

i− = 1, i0= 0. Quindi il prodotto scalare `e non degenere ed indefinito.

Radici razionali di un polinomio a coefficienti interi Supponiamo di avere un polinomio a coefficienti interi:

p(x) = axn+ . . . + b

Allora, se esiste un numero razionale (quindi della forma p/q con p e q interi) che sia una sia radice, si deve avere per forza che p divide b e q divide a. Ad esempio, prendiamo il polinomio

30x3− 7x2− 7x + 2

le sue soluzioni razionali, se esistono, devono essere formate da un divisore di 2 fratto un divisore di 30. I divisori di 2 sono ±1 e ±2, i divisori di 30 sono ±1, ±2, ±3, ±5, ±6, ±10, ±15, ±30, quindi i candidati sono

±2, ±1, ±2 3, ± 1 2, ± 1 3, ± 2 5, ± 1 5, ± 1 6, ± 1 10, ± 2 15, ± 1 15, ± 1 30

Si vede, con qualche tentativo, che i numeri −1/2, 1/3, 1/5 sono effettivamente soluzioni.

Ovviamente, pu`o anche capitare che si trovino solo alcune delle soluzioni, o anche nessuna.

Esempio Vogliamo trovare la segnatura del prodotto scalare associato alla matrice A =   0 1 1 1 0 1 1 1 0   Il polinomio caratteristico `e p(λ) = −λ3+ 3λ + 2

Proviamo a trovare delle radici razionali: esse saranno un divisore di 2 fratto un divisore di −1, quindi abbiamo le quattro possibilit`a ±1, ±2. Vediamo che 2 e −1 funzionano. Facendo la divisione tra polinomi, si trova

p(λ) = −(λ − 2)(λ + 1)2

Quindi gli autovalori sono 2 con molteplicit`a 1 e −1 con molteplicit`a 2. Ovvero, la segnatura `e i+= 1, i− = 2, i0= 0.

Regola dei Segni di Cartesio Poich´e a noi interessa solo quante radici negative e positive ha un polinomio, ci sar`a utile la seguente regola.

Sia dato un polinomio p(x) con tutte le radici reali di grado n. Il numero di radici nulle `e ovviamente il minimo grado con cui compare x. Scriviamo ora la

(4)

sequenza dei coefficienti, omettendo quelli nulli, in ordine di grado e contiamo quante volte, in questa sequenza, si cambia di segno; questo sar`a il numero delle radici positive, contate con molteplicit`a. Il numero delle radici negative sar`a allora n meno il numero di radici nulle, meno il numero di radici positive.

Questo metodo non assicura che il polinomio abbia radici reali, ma assicura che, se le ha, sono divise in un certo modo tra positive e negative.

Ad esempio, consideriamo il polinomio

p(x) = −x3+ 2x − 1

comparso nel primo esempio; esso non ha radici nulle e la successione dei coefficienti non nulli `e

−1, 2, −1

quindi ci sono 2 cambiamenti di segno (o variazioni), quindi il polinomio avr`a 2 radici positive. Per differenza, avr`a 3−2 = 1 radici negative, come gi`a sapevamo.

Nel caso invece del polinomio del secondo esempio,

p(x) = −x3+ +3x + 2

non abbiamo radici nulle e la successione dei coefficienti non nulli `e

−1, 3, 2

quindi una sola variazione, ovvero una sola radice positiva e, per differenza, 3 − 1 = 2 radici negative.

La potenza di questo metodo `e che permette di conoscere il segno delle radici senza effettivamente trovarle, ammesso di sapere gi`a che esistano reali. Ad esempio, nel caso del polinomio

p(x) = −x3+ 6x − 1

(che `e polinomio caratteristico della matrice simmetrica

A =   1 2 0 2 −1 1 0 1 0  

e quindi per il teorema spettrale ha tutte le radici reali) il metodo delle radici razionali non funziona e quindi non `e facile fattorizzarlo; per`o, sappiamo che non ha radici nulle e la sequenza

−1, 6, −1

ci dice che ha due radici positive (due variazioni di segno) e, di conseguenza, una radice negativa, pur senza sapere esattamente quanto valgano queste tre radici.

Esempio Vogliamo determinare la segnatura del prodotto scalare dato dalla matrice A =     1 2 0 3 2 0 1 1 0 1 2 3 3 1 3 0    

(5)

Il suo polinomio caratteristico `e p(λ) = det     1 − λ 2 0 3 2 −λ 1 1 0 1 2 − λ 3 3 1 3 −λ     = λ4− 3λ3− 4λ2− λ + 31

Quindi non ha autovalori nulli e, poich´e la sequenza dei coefficienti `e

1, −3, −4, −1, 31

con due variazioni, la matrice ha due autovalori positivi e due autovalori nega-tivi. Quindi i+= 2, i−= 2, i0= 0.

Esercizio 1 Si determini la segnatura del prodotto scalare dato dalla matrice

A =0 2 2 0 

Esercizio 2 Si determini la segnatura del prodotto scalare dato dalla matrice

A =   1 0 1 0 1 0 1 0 1  

Esercizio 3 Si determini la segnatura del prodotto scalare dato dalla matrice

A =   1 1/2 1/3 1/2 1/3 1/4 1/3 1/4 1/5  

Esercizio 4 Si determini la segnatura del prodotto scalare dato dalla matrice

A =     1 0 0 0 0 −2 0 0 0 0 3 0 0 0 0 2    

Esercizio 5 Si determini la segnatura del prodotto scalare dato dalla matrice

A =     0 1 0 0 1 0 1 0 0 1 0 1 0 0 1 0    

2

Diagonalizzazione di prodotti scalari

2.1

Autospazi ortogonali

Richiami Sia V uno spazio vettoriale reale di dimensione n e sia h·, ·i un prodotto scalare che, rispetto ad una qualche base, ha associata la matrice A.

(6)

Per il teorema spettrale, sappiamo che A ammette una base di autovetto-ri. Supponiamo che A abbia n autovalori distinti; allora ad ogni autovalore corrisponde un autovettore.

Ora, se v e w sono autovettori di autovalori λ e µ (distinti), si ha

hv, wi = vtAw = µvtw

e

hw, vi = wtAv = λwtv

quindi

vtw(λ − µ) = 0

e dunque vtw = 0, quindi v e w sono ortogonali (sia rispetto al prodotto scalare

canonico, sia rispetto a quello associato ad A).

In particolare, quindi, se A ha autovalori λ1, . . . , λn distinti con autovettori

associati v1, . . . , vn, il prodotto scalare rispetto alla base B = {v1, . . . , vn} ha

matrice associata      hv1, v1i hv1, v2i · · · hv1, vni hv2, v1i hv2, v2i · · · hv2, vni .. . ... ... hvn, v1i hvn, v2i · · · hvn, vni      ora, hvi, vii = vtiAvi= λivtivi

e, per quanto detto prima

hvi, vji = 0

Quindi la matrice associata ´e diagonale:

     λ1v1tv1 0 · · · 0 0 λ2v2tv2 · · · 0 .. . ... ... 0 0 · · · λnvntvn     

Ora, sia ai=p|λivtivi| (per i λi non nulli); allora rispetto alla base

 v1

a1

, . . . ,vn an



la matrice associata `e diagonale e composta solo di 1 e −1. In particolare, sulla diagonale si troveranno tanti 1 quanti autovalori positivi, tanti −1 quanti autovalori negativi ed eventualmente uno 0 se c’`e un autovalore nullo.

Esempio Consideriamo il prodotto scalare h·, ·i associato, rispetto alla base canonica, alla matrice

A =   4 2 0 2 7 0 0 0 1   Il polinomio caratteristico di A `e p(λ) = det(A − λI) = (1 − λ)(3 − λ)(8 − λ)

(7)

e quindi gli autovalori sono 1, 3, 8; inoltre ker(A − I) = ker   3 2 0 2 6 0 0 0 0  = Span      0 0 1     

ker(A − 3I) = ker   1 2 0 2 4 0 0 0 −2  = Span      2 −1 0     

ker(A − 8I) = ker   −4 2 0 2 −1 0 0 0 −7  = Span      1 2 0      Se ora chiamiamo v1=   0 0 1   v2=   2 −1 0   v3=   1 2 0   si ha che hv1, v1i = v1tAv1= 1 hv2, v2i = vt2Av2= 3 ∗ v2tv2= 3(4 + 1 + 0) = 15 hv3, v3i = vt3Av3= 8v3tv3= 8(1 + 4 + 0) = 40

mentre hvi, vji = vitAvj = 0 se i 6= j; quindi nella base {v1, v2, v3} il prodotto

scalare `e associato alla matrice   1 0 0 0 15 0 0 0 40  

Se poi consideriamo la base  v1, v2 √ 15, v3 2√10 

otterremo che in essa la matrice associata `e l’identit`a (quindi il prodotto scalare `

e definito positivo e l’ultima scritta `e una base ortonormale).

In generale, per`o, non si pu`o sempre sperare che vi siano tutti autovalori distinti; se un autovalore ha molteplicit`a algebrica maggiore di 1, si pu`o scegliere una base dell’autospazio associato (il nucleo di A − λI) che sar`a ortogonale agli altri autovettori, ma tra di loro gli elementi di questa base non saranno necessariamente ortogonali. In questo caso si pu`o utilizzare la tecnica descritta nelle prossime righe per ottenere, da una base generica dell’autospazio, una base di vettori ortonormali, oppure si pu`o utilizzare direttamente (senza calcolare autovalori e autovettori) il secondo metodo (detto procedimento di Lagrange).

Esercizio 6 Si trovi una base ortogonale con il metodo degli autovettori per il prodotto scalare su R3 associato rispetto alla base canonica alla matrice

A =   1 0 1 0 1 0 1 0 1  

(8)

Esercizio 7 Si trovi una base ortogonale con il metodo degli autovettori per il prodotto scalare su R3 associato rispetto alla base canonica alla matrice

A =   2 1 1 1 1 0 1 0 1  

2.2

Ortodiagonalizzazione di Gram-Schmidt

Richiami Sia V uno spazio vettoriale reale di dimensione n e sia h·, ·i un prodotto scalare definito positivo (o negativo) su V . Sia B = {v1, . . . , vn} una

base di V ; allora i vettori

w1 = v1 w2 = v2− hv2, w1i hw1, w1i w1 w3 = v3− hv3, w2i hw2, w2i w2− hv3, w1i hw1, w1i w1 · · · = · · · wn = vn− n−1 X i=1 hvn, wii hwi, wii wi

formano anch’essi una base di V . Inoltre, per costruzione

hwi, wji = 0 ∀ i 6= j Infine, se si pone ai=p|hwi, wii| la base  w1 a1 , . . . ,wn an 

(il modulo serve se il prodotto `e definito negativo) `e ortogonale e composta da vettori di norma 1 (o −1, se il prodotto `e definito negativo). Si chiama dunque base ortonormale (solo nel caso di un prodotto definito positivo).

Esempio Consideriamo il prodotto scalare h·, ·i dato, rispetto alla base cano-nica, dalla matrice

A =     1 −1 0 0 −1 2 −1 0 0 −1 2 −1 0 0 −1 2    

Innanzitutto, il polinomio caratteristico di A `e

p(λ) = λ4− 7λ3+ 15λ2− 10λ + 1

e dunque, poich´e la sequenza dei coefficienti `e 1, −7, 15, −10, 1, esso ha 4 radici positive. Perci`o il prodotto scalare `e definito positivo.

Ora, applichiamo il procedimento di Gram-Schmidt alla base canonica.

(9)

w2= e2− he2, w1i hw1, w1i w1= e2− et 2Ae1 et 1Ae1 e1= e2− −1 1 e1= e1+ e2 w3= e3− he3, w2i hw2, w2i w2− he3, w1i hw1, w1i w1= e3− −1 1 w2− 0 1e1= e1+ e2+ e3 w4= e4− he4, w3i hw3, w3i w3− he4, w2i hw2, w2i w2− he4, w1i hw1, w1i w1= e1+ e2+ e3+ e4

Ora, i quattro vettori trovati sono una base ortogonale; inoltre, ma solo in questo caso, non in generale, sono anche di norma 1, quindi sono in effetti una base ortonormale e dunque rispetto ad essa la matrice associata al prodotto scalare `

e l’identit`a di R4.

Esempio Consideriamo il prodotto scalare h·, ·i su R3 dato dalla formula hv, wi = 2v1w1+ v1w2+ w1v2+ w2v2+ w3v3

Innanzitutto, scriviamo la matrice associata

A =   2 1 0 1 1 0 0 0 1  

e notiamo che il polinomio caratteristico `e

p(λ) = λ3− 4λ2+ 4λ − 1

e dunque, comparendo 3 variazioni di segno, abbiamo tre radici positive e dunque il prodotto scalare `e definito positivo.

Ora cerchiamo una base ortogonale, utilizzando Gram-Schmidt sulla base canonica: w1= e1 w2= e2− hw1, e2i hw1, w1i w1= e2− 1 2e1 w3= e3− hw1, e3i hw1, w1i w1− hw2, e3i hw2, w2i w2= e3

La base {e1, e2− e1/2, e3} `e una base ortogonale per il prodotto scalare; rispetto

ad essa, la sua matrice `e

A0=   2 0 0 0 1/2 0 0 0 1  

Dunque una base ortonormale sar`a

 e1 √ 2, e2 √ 2 − √e1 2, e3 

Esercizio 8 Sia h·, ·i il prodotto scalare su R3 associato rispetto alla base

canonica alla matrice

A =   1 1/2 1/3 1/2 1/3 1/4 1/3 1/4 1/5  

(10)

Verificare che `e definito positivo e trovare una base ortonormale. Esercizio 9 Sia h·, ·i il prodotto scalare su R3 dato dalla formula

hv, wi = v1w1+ v1w2+ v2w1+ 2v2w2− v1w3− v3w1+ 3v3w3

dove v = (v1, v2, v3) e w = (w1, w2, w3) rispetto alla base canonica. Verificare

che il prodotto scalare `e definito positivo e trovare una base ortonormale. Esercizio 10 Sia h·, ·i il prodotto scalare su R2[x] dato da

hp(x), q(x)i = p(0)q(0) + p(1)q(1) + p(−1)q(−1) + 3p0(0)q0(0)

dove l’apice indica la derivata. Dimostrare che tale prodotto scalare `e definito positivo e calcolare una base ortonormale.

Esercizio 11 Sia h·, ·i il prodotto scalare su R4 associato rispetto alla base canonica alla matrice

A =     4 0 2 1 0 6 0 1 2 0 3 0 1 1 0 1    

Verificare che `e un prodotto scalare definito positivo e trovare una base orto-normale.

2.3

Metodo di Lagrange

Richiami Il metodo di Lagrange `e una generalizzazione del metodo di Gram-Schmidt nel caso di prodotti scalari non necessariamente definiti positivi; la base che si trover`a alla fine ovviamente non sar`a ortonormale a meno che il prodotto scalare non sia definito positivo. In generale, si otterr`a una base ortogonale, in cui il prodotto scalare `e associato ad una matrice diagonale; eventualmente si potr`a poi normalizzare tale base, di modo che i suoi vettori abbiano norma 1, −1 o 0.

Sia dunque h·, ·i un prodotto scalare su V e sia {v1, . . . , vn} una base di V .

Il metodo di Lagrange si compone di tre mosse:

1. se hv1, v1i 6= 0, sostituiamo i vettori v2, . . . , vn con i vettori

v2− hv2, v1i hv1, v1i v1, v3− hv3, v1i hv1, v1i v1, . . . , vn− hvn, v1i hv1, v1i v1

2. se hv1, v1i = 0 ma esiste vicon i ≥ 2 tale che hvi, vii 6= 0, consideriamo la

base {vi, v2, . . . , vi−1, v1, vi+1, . . . , vn} in cui abbiamo scambiato v1 e vi e

applichiamo il primo passo con vi invece che con v1

3. se hvi, vii = 0 per ogni elemento della base, ma esistono vi e vj tali che

hvi, vji 6= 0, allora si considera la base

{vi+ vj, v2, . . . , vi−1, v1, vi+1, . . . , vj, . . . , vn}

ovvero si mette vi+ vj al posto di v1, si mette v1 al posto di vi e si lascia

il resto uguale, poi si procede come nella prima mossa, con vi+ vj invece

(11)

Se non si `e riusciti ad applicare nessuna mossa, la matrice associata al prodotto scalare nella base data `e la matrice nulla, quindi il prodotto scalare `e quello nullo e ogni base `e ortogonale.

Dopo essere riusciti ad applicare la prima mossa, si prende la base che si `e ottenuta {w1, . . . , wn}, si leva il primo vettore (su cui non si lavora pi`u e lo si

salva da qualche parte) e si ripete il tutto sulla base {w2, . . . , wn}.

Nonostante l’apparenza complicata, dopo qualche esercizio questo metodo risulta parecchio meccanico.

Esempio Consideriamo il prodotto scalare associato, nella base canonica di R4, alla matrice A =     3 1 0 2 1 2 −1 0 0 −1 0 1 2 0 1 −1     Il polinomio caratteristico di A `e p(λ) = λ4− 4λ3− 6λ2+ 20λ + 6

e quindi la segnatura `e i+ = 2, i− = 2, i0 = 0. Ora applichiamo il metodo di

Lagrange, partendo dalla base canonica {e1, e2, e3, e4}.

Per prima cosa dobbiamo considerare he1, e1i = et1Ae1, ovvero l’elemento

di posizione (1, 1) nella matrice A, che `e 3; dunque possiamo procedere con la prima mossa: e1 −→ e1 e2 −→ e2−he1 ,e2i he1,e1ie1 e3 −→ e3−he1 ,e3i he1,e1ie1 e4 −→ e4− he1,e4i he1,e1ie1

Ora, osserviamo che he1, eii non `e altro che l’elemento di posizione (1, i) (o anche

(i, 1), visto che A `e simmetrica) nella matrice A; quindi gli elementi della nuova base sono e1, e2− e1 3, e3, e4− 2e1 3

Chiamiamo f1, f2, f3, f4 questi vettori; nella base {f1, f2, f3, f4} la matrice

as-sociata al prodotto scalare `e

A0=     3 0 0 0 0 5/3 −1 −2/3 0 −1 0 1 0 −2/3 1 −7/3    

Adesso ripartiamo considerando solo i vettori {f2, f3, f4}, base di un sottospazio

V1di dimensione 3 di V , ortogonale rispetto al prodotto scalare dato al vettore

f1; la restrizione ad esso del prodotto scalare ha matrice

A1=   5/3 −1 −2/3 −1 0 1 −2/3 1 −7/3  

(12)

Ora dobbiamo considerare il prodotto scalare hf2, f2i che `e l’elemento di

posi-zione (1, 1) nella matrice A1, ovvero 5/3; poich´e non `e nullo, possiamo applicare

la prima mossa del metodo di Lagrange

f2 −→ f2 f3 −→ f3−hf2 ,f3i hf2,f2if2 f4 −→ f4−hf2 ,f4i hf2,f2if2

Ancora, i prodotti scalari voluti sono semplicemente gli elementi della prima riga (o della prima colonna) di A1, quindi i nuovi vettori sono

f2, f3+

3f2

5 , f4+ 2f2

5

e li chiamiamo g2, g3, g4 (se si vuole essere pignoli, si pu`o porre g1 = f1, ma

tanto questo vettore non lo useremo pi`u); ora calcoliamo la matrice associata al prodotto scalare ristretto a V1nella nuova base {g2, g3, g4}:

A01=   5/3 0 0 0 −3/5 3/5 0 3/5 −13/5  

Ora consideriamo il sottospazio V2di dimensione 2 generato da {g3, g4},

ortogo-nale a g2(e anche a g1= f1); la restrizione del prodotto scalare a V2`e associata,

nella base {g3, g4}, alla matrice

A2=

−3/5 3/5 3/5 −13/5



Poich´e l’elemento di posto (1, 1) `e −3/5, possiamo ancora applicare la prima mossa del metodo di Lagrange:

g3 −→ g3

g4 −→ g4−hghg3,g4i

3,g3ig3

e dunque la nuova base `e

g3, g4+ g3

in cui il prodotto scalare `e associato alla matrice

A02=−3/5 0 0 −2



Dunque, nella base

{g1, g2, g3, g4+ g3}

il prodotto scalare su V `e associato alla matrice

B =     3 0 0 0 0 5/3 0 0 0 0 −3/5 0 0 0 0 −2    

(13)

(e a conferma del nostro conteggio della segnatura, troviamo due entrate positive e due entrate negative). Scriviamo la base trovata rispetto alla base canonica di partenza: g1= f1= e1 g2= f2= e2− e1 3 g3= f3+ 3f2 5 = e3+ 3 5  e2− e1 3  = e3+ 3e2 5 − e1 5 g4= f4+ 2f2 5 =  e4− 2e1 3  +2 5  e2− e1 3  = e4+ 2e2 5 − 4e1 5 g4+ g3= e4+ e3+ e2− e1

Quindi la base ortogonale trovata `e

 e1, e2− e1 3, e3+ 3e2 5 − e1 5, e4+ e3+ e2− e1 

E se la vogliamo normalizzare, basta dividere per le radici quadrate dei moduli dei numeri sulla diagonale:

( e1 √ 3, √ 3e2 √ 5 − e1 √ 15, √ 5e3 √ 3 + √ 3e2 √ 5 − e1 √ 15, e4+ e3+ e2− e1 √ 2 )

In quest’ultima base, la matrice associata al prodotto scalare `e

    1 0 0 0 0 1 0 0 0 0 −1 0 0 0 0 −1    

Come si vede, nel caso in cui si applichi sempre solo la prima mossa, il metodo di Lagrange `e solo una versione diversa di Gram-Schmidt. Vediamo ora un esempio in cui si debbano utilizzare anche le altre due mosse.

Esempio Consideriamo su R4 il prodotto scalare dato, rispetto alla base

canonica, dalla matrice

A =     1 1 1 0 1 1 0 0 1 0 1 0 0 0 0 1    

Il polinomio caratteristico `e p(λ) = λ4− 4λ3+ 4λ2− 1 e dunque la segnatura

`

e i+ = 3, i− = 1, i0= 0. Ora, poich´e e1 non `e isotropo, possiamo applicare la

prima mossa del metodo di Lagrange:

e1 −→ e1 e2 −→ e2−he1 ,e2i he1,e1ie1 e3 −→ e3− he1,e3i he1,e1ie1 e4 −→ e4−hehe1,e4i 1,e1ie1

(14)

e dunque la nuova base `e

e1, e2− e1, e3, e4

Chiamiamo questi vettori f1, f2, f3, f4 e consideriamo la matrice associata in

questa base: A0 =     1 0 0 0 0 0 −1 0 0 −1 1 0 0 0 0 1    

Ora, ci restringiamo a V1 = Span{f2, f3, f4}, su cui il prodotto scalare ha

matrice A1=   0 −1 0 −1 1 0 0 0 1  

Dunque non possiamo applicare la prima mossa del metodo, in quanto il primo vettore `e isotropo; allora consideriamo gli altri vettori: ad esempio f3 non `e

isotropo, quindi possiamo considerare la nuova base {f3, f2, f4}, in cui la matrice

` e e A1=   1 −1 0 −1 0 0 0 0 1  

e dunque possiamo applicare la prima mossa:

f3 −→ f3 f2 −→ f2−hf3 ,f2i hf3,f3if3 f4 −→ f4− hf3,f4i hf3,f3if3

(attenzione, f2e f3vanno scambiati, rispetto all’esempio precedente) ottenendo

come nuova base

f3, f2+ f3, f4

i cui vettori indichiamo con g2, g3, g4 e in cui la matrice associata `e

e A01=   1 0 0 0 −1 0 0 0 1  

Osserviamo che non serve procedere, in quanto la matrice `e gi`a in forma diago-nale; dunque la nostra base ortogonale `e {g1, g2, g3, g4} (con g1= f1), ovvero

g1= f1= e1

g2= f3= e3

g3= f2+ f3= (e2− e1) + e3= e3+ e2− e1

g4= f4= e4

In essa, la matrice associata al prodotto scalare `e     1 0 0 0 0 1 0 0 0 0 −1 0 0 0 0 1    

(15)

e, consistentemente con la segnatura trovata in precedenza, vi sono 3 positivi e un negativo; inoltre tale base `e gi`a normalizzata.

Esempio Consideriamo su R3 il prodotto scalare dato dalla matrice

A =   0 1 1 1 0 1 1 1 0  

Innanzitutto notiamo che

p(λ) = λ3− 3λ − 2 e dunque la segnatura `e i+= 1, i−= 2, i0= 0.

Ora, cerchiamo una base ortogonale; partendo dalla base canonica, notiamo che i tre vettori di base e1, e2, e3 sono isotropi, quindi non possiamo applicare

n´e la prima, n´e la seconda mossa del metodo di Lagrange; dobbiamo quindi applicare la terza.

Troviamo un prodotto scalare non nullo tra i vettori della base: ad esempio he1, e2i = 1. Ora consideriamo la nuova base

{e1+ e2, e2, e3}

e scriviamo la matrice associata al prodotto scalare rispetto a questa base:

e A =   2 1 1 1 0 1 1 1 0  

Adesso possiamo applicare la prima mossa del metodo di Lagrange:

e1+ e2 −→ e1+ e2 e2 −→ e2−hehe1+e2,e2i 1+e2,e1+e2i(e1+ e2) e3 −→ e3−hehe1+e2,e3i 1+e2,e1+e2i(e1+ e2) ottenendo i vettori e1+ e2, e2 2 − e1 2, e3− e1− e2)

che chiamiamo f1, f2, f3. Rispetto a questa nuova base la matrice diventa

e A0 =   2 0 0 0 −1/2 0 0 0 −2  

che `e gi`a diagonale. Dunque la base trovata `e ortogonale. Se vogliamo rinorma-lizzarla, otteniamo  e1+ e2 √ 2 , e2− e1 √ 2 , e3− e2− e1 √ 2 

Rispetto a quest’ultima base la matrice del prodotto scalare `e

  1 0 0 0 −1 0 0 0 −1  

(16)

Esercizio 12 Sia h·, ·i il prodotto scalare su R4 associato alla matrice A =     1 2 1 0 2 4 0 2 1 0 −2 1 0 2 1 −1    

rispetto alla base canonica. Calcolarne la segnatura e trovare una base ortogo-nale rinormalizzata (ovvero rispetto alla quale il prodotto scalare sia in forma canonica affine).

Esercizio 13 Sia h·, ·i il prodotto scalare su R2[x] dato da

hp(x), q(x)i = p(1)q(1) − p(0)q(0) Determinarne la segnatura e trovare una base ortogonale.

Esercizio 14 Sia h·, ·i il prodotto scalare su R4dato, rispetto alla base canonica,

da

hv, wi = v1w2+ w1v2− v1w3− w1v3+ 2v2w4+ 2w2v4− 2v3w4− 2w3v4

Determinarne la segnatura e trovare una base ortogonale rinormalizzata. Esercizio 15 Sia h·, ·i il prodotto scalare su R3dato, rispetto alla base canonica,

da hv, wi = v1w1+ 1 2v1w2+ 1 2w1v2+ 1 2v1w3+ 1 2w1v3+ v2w2+ 1 2v2w3+ 1 2w2v3 Determinarne la segnatura e trovare una base ortogonale.

3

Cambio di base per un prodotto scalare

Richiami Sia V uno spazio vettoriale reale di dimensione n e siano B = {v1, . . . , vn} e C = {w1, . . . , wn} due sue basi; sia poi h·, ·i un prodotto scalare

su V .

La matrice associata al prodotto scalare nella base B `e

B =      hv1, v1i hv1, v2i · · · hv1, vni hv2, v1i hv2, v2i · · · hv2, vni .. . ... ... hvn, v1i hvn, v2i · · · hvn, vni     

mentre quella associata nella base C `e

C =      hw1, w1i hw1, w2i · · · hw1, wni hw2, w1i hw2, w2i · · · hw2, wni .. . ... ... hwn, w1i hwn, w2i · · · hwn, wni      Ora, se wi= a1iv1+ . . . + anivn

(17)

per i = 1, . . . , n, allora poniamo A =    a11 · · · a1n .. . ... an1 · · · ann    e avremo che wi= Avi quindi hwi, wji = hAvi, Avji

E dunque, se ho le coordinate di due vettori rispetto alla base C

r = (r1, . . . , rn) s = (s1, . . . , sn)

il loro prodotto scalare `e dato da

rtCs ma anche da (Ar)tB(As) e quindi rtCs = rtAtBAs da cui C = AtBA

Attenzione! Per cambiare di base una applicazione lineare, bisognava molti-plicare per la matrice di cambio di base e la sua inversa, mentre per cambiare di base un prodotto scalare bisogna moltiplicare per la matrice di cambio di base e la sua trasposta. Quindi le due operazioni non sono uguali. Due matrici C e B per cui esiste A tale che AtBA = C si dicono congruenti.

Le matrici A tali che At= A−1 (e quindi per cui le due formule coincidono)

si dicono ortogonali. Una conseguenza del teorema spettrale `e che una matrice simmetrica `e simile ad una diagonale tramite una matrice ortogonale (ovvero, se S `e una matrice simmetrica, esiste una matrice A ortogonale tale che A−1SA = AtSA `e diagonale).

Dato un prodotto scalare, dunque, si pu`o sempre trovare una base in cui il prodotto scalare `e associato ad una matrice diagonale (e si pu`o trovare una tale base di modo che la matrice di cambio di base sia ortogonale rispetto al prodotto scalare euclideo).

Per farlo, bisogna trovare per prima cosa una base di autovettori della ma-trice associata al prodotto scalare, poi applicare Gram-Schmidt (con il prodotto scalare canonico!) alle basi dei singoli autospazi.

Esempio Si consideri su R3 il prodotto scalare h·, ·i dato, rispetto alla base canonica, dalla matrice

A =   1 0 0 0 1 0 0 0 −1  

(18)

(quindi hv, wi = vtAw) e sia data la seguente base:

v1= (1, 1, 1) v2= (1, 1, 0) v3= (1, 0, 0)

Vogliamo scrivere la matrice associata al prodotto scalare in questa nuova base. Possiamo calcolare le singole entrate della matrice sapendo che nella casella (i, j) dovremo mettere hvi, vji, oppure, sfruttando la teoria precedente, possiamo

scrivere la matrice di cambio di base

M =   1 1 1 1 1 0 1 0 0  

e dire che la matrice associata al prodotto scalare nella nuova base sar`a

MtAM =   1 1 1 1 1 0 1 0 0     1 0 0 0 1 0 0 0 −1     1 1 1 1 1 0 1 0 0  =   1 2 1 2 2 1 1 1 1   Ed in effetti hv1, v1i = 1 + 1 − 1 = 1 hv2, v2i = 1 + 1 = 2 hv3, v3i = 1 hv1, v2i = 1 + 1 = 2 hv1, v3i = 1 hv2, v3i = 1

Esempio Vediamo ora come diagonalizzare una matrice simmetrica (ovvero la matrice di un prodotto scalare) tramite una matrice ortogonale. Sia

A =   0 1 1 1 0 1 1 1 0  

Innanzitutto troviamo una base di autovettori per A (che esiste per il teorema spettrale).

Calcoliamo quindi p(λ) = det(A − λI) = λ3− 3λ − 2 = (λ + 1)2(λ − 2).

Avremo dunque un autovettore associato a 2 e due autovettori associati a −1:

ker   −2 1 1 1 −2 1 1 1 −2  = Span      1 1 1      ker   1 1 1 1 1 1 1 1 1  = Span      −1 1 0  ,   −1 0 1      Ora dobbiamo trasformare la base

     1 1 1  ,   −1 1 0  ,   −1 0 1     

(19)

in una base ortonormale rispetto al prodotto scalare standard; sappiamo gi`a che autovettori di autovalori diversi sono ortogonali, quindi non ci resta che applicare il metodo di Gram-Schmidt alle singole basi degli autospazi. In questo caso, l’autospazio relativo a 2 ha dimensione 1 e quindi non c’`e nulla da fare; invece, dobbiamo trovare una base ortogonale per l’autospazio relativo a −1. Applichiamo dunque Gram-Schmidt alla coppia di vettori

   v =   −1 1 0  , w =   −1 0 1     

utilizzando il prodotto scalare standard. Il primo vettore rimane uguale, mentre il secondo diventa

w −hv, wi hv, viv

e (ricordiamo che stiamo usando il prodotto scalare standard)

hv, wi = (−1)(−1) + (1)(0) + (0)(1) = 1 hv, vi = (−1)(−1) + (1)(1) + (0)(0) = 2 dunque il secondo vettore della nuova base `e

w −v 2 =   −1/2 −1/2 1  

Ora abbiamo ottenuto la base ortogonale

   u =   1 1 1  , v =   −1 1 0  , w0=   −1/2 −1/2 1     

per terminare basa dividere ogni vettore per la propria norma:

kuk =phu, ui =√3 kvk =phv, vi =√2 kw0k =phw0, w0i = r 3 2 Dunque    u =   1/√3 1/√3 1/√3  , v =   −1/√2 1/√2 0  , w0=   −1/√6 −1/√6 p2/3      `

e una base ortonormale in cui A `e diagonale. La matrice di cambio di base da questa base a quella canonica

M =   1/√3 −1/√2 −1/√6 1/√3 1/√2 −1/√6 1/√3 0 p2/3  

(20)

`

e dunque ortogonale e quindi

M−1= Mt=   1/√3 1/√3 1/√3 −1/√2 1/√2 0 −1/√6 −1/√6 p2/3   Da cui MtAM = M−1AM =   2 0 0 0 −1 0 0 0 −1  

Esempio Cerchiamo una base ortonormale (rispetto al prodotto scalare stan-dard) che diagonalizzi la matrice simmetrica

A =     −1 0 1 0 0 −1 0 1 1 0 1 0 0 1 0 1    

Il polinomio caratteristico `e p(λ) = λ4− 4λ2+ 4 che ha radici ±2, entrambe

con molteplicit`a 2. Calcoliamo dunque le basi dei relativi autospazi, trovando due basi di ker(A −√2I) e ker(A +√2I):

ker     −1 −√2 0 1 0 0 −1 −√2 0 1 1 0 1 −√2 0 0 1 0 1 −√2     = = Span        v1=     1 0 1 +√2 0     , v2=     −1 1 −1 −√2 1 +√2            ker     −1 +√2 0 1 0 0 −1 +√2 0 1 1 0 1 +√2 0 0 1 0 1 +√2     = = Span        v3=     1 0 1 −√2 0     , v4=     −1 1 −1 +√2 1 −√2           

Ora applichiamo Gram-Schmidt rispetto al prodotto scalare canonico alle due basi {v1, v2} e {v3, v4}.

Innanzitutto, rendiamole ortogonali; per la prima:

w1= v1 w2= v2− hv2, v1i v1 v1 v1= v2− −2(2 +√2) 2(2 +√2) v1= v2+ v1=     0 1 0 1 +√2    

(21)

e per la seconda w3= v3 w4= v4− hv3, v4i hv3, v3i v3= v4− −2(2 −√2) 2(2 −√2) v3= v4+ v3=     0 1 0 1 −√2    

Ora non ci resta che normalizzare i vettori secondo la loro norma: kv1k2= kv2k2= 2(2 + √ 2) kv3k2= kv4k2= 2(2 − √ 2) e dunque la base            (√2 − 1)/2√2 0 1/2√2 0     ,     0 (√2 − 1)/2√2 0 1/2√2     ,     (1 +√2)/2√2 0 −1/2√2 0     ,     0 (1 +√2)/2√2 0 −1/2√2            `

e ortonormale e diagonalizza A, ovvero sia, detta M la matrice che ha come colonne questi vettori, si ha

MtAM = M−1AM =     √ 2 0 0 0 0 √2 0 0 0 0 −√2 0 0 0 0 −√2    

Esercizio 16 Trovare una matrice ortogonale M che porti la matrice simme-trica A =   1 2 −1 2 0 0 −1 0 −1   in forma diagonale.

Esercizio 17 Trovare una matrice ortogonale M che porti la matrice simme-trica A =   2 0 −3 0 1 0 −3 0 10   in forma diagonale.

Esercizio 18 Trovare una matrice ortogonale M che porti la matrice simme-trica A =     0 1 −1 0 1 0 0 2 −1 0 0 −2 0 2 −2 0     in forma diagonale.

Esercizio 19 Trovare una matrice ortogonale M che porti la matrice simme-trica A =     0 1 1 1 1 0 1 1 1 1 0 1 1 1 1 0     in forma diagonale.

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