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Academic year: 2021

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(1)

Appunti di Geometria - 4

Samuele Mongodi - s.mongodi@sns.it

Le prime tre sezioni servono solo a rendere chiaro (spero) il legame tra al-gebra lineare e geometria analitica; per questo non contengono veri e propri esercizi. La loro lettura pu`o tuttavia essere utile per comprendere quanto segue.

1

Geometria del piano

Consideriamo il piano usuale della geometria euclidea e indichiamolo con E2(la

E sta per Euclideo, il 2 per il fatto che siamo sul piano). Scegliamo un punto in E2, che chiameremo origine e indicheremo con O; vogliamo mostrare che

in questo modo il piano `e uno spazio vettoriale. Dato un punto A, possiamo considerare il vettore ~OA che parte da O e arriva ad A; dati due vettori ~OA e

~

OB, diciamo che ~OC = ~OA+ ~OB se il quadrilatero OACB `e un parallelogramma (regola del parallelogramma).

B _ _ _C O // =={ { { { { { { { { { { { { { { { { 88r r r r r r r r r r r r r r r r r r r r r r r r A { { { { { { { { {

Dati poi un vettore ~OA e un numero reale λ, diciamo che ~OC = λ ~OA se O, A, C sono sulla stessa retta, in quest’ordine se λ `e positivo e nell’ordine C, O, A se λ `

e negativo, di modo che la distanza tra O e C sia |λ| volte la distanza tra O e A.

Non `e difficile vedere che in questo modo l’insieme E2 diventa uno spazio

vettoriale reale. Inoltre, abbiamo definito il concetto di lunghezza di un vettore: la lunghezza del vettore ~OA `e la distanza tra O e A e si indica di solito con k ~OAk (si chiama, spesso, norma del vettore ~OA).

Esempio: Consideriamo l’insieme

S = {P ∈ E2 | k ~OP k = 1}

Esso `e composto da tutti i punti che hanno distanza 1 dall’origine O, quindi `e la circonferenza di centro O e raggio 1.

Esempio: Fissiamo un punto A che non sia l’origine e definiamo r(A) = {λ ~OA | λ ∈ R}

ovvero l’insieme di tutti i multipli di ~OA; tale insieme `e la retta passante per O e per A.

(2)

Esempio: Fissiamo due punti A e B, distinti, e definiamo

r(A, B) = { ~OA + λ( ~OB − ~OA) | λ ∈ R}

ovvero i multipli di ~OB − ~OA, ognuno sommato a ~OA. Tale insieme `e la retta passante per A e B.

Osserviamo che r(A) `e un sottospazio vettoriale di E2, mentre S e r(A, B) (se A e B non sono l’origine) non lo sono, in quanto nessuno dei due contiene l’origine. Le descrizioni della retta date nel secondo e nel terzo esempio si dicono parametriche, in quanto sono realizzate al variare di un parametro reale (che nei nostri esempi si chiama λ).

Inoltre, supponiamo di avere tre vettori ~OA, ~OB, ~OC; consideriamo il vet-tore OD che corrisponde all’intersezione della retta r(C) con la retta r(A, B)~ (se non si intersecano, si provi con l’intersezione di r(A) e r(B, C) o con l’inter-sezione di r(B) con r(A, C), una di queste esiste per forza1). Allora

~

OD = λ ~OC

in quanto `e un elemento di r(C) e ~

OD = ~OA + µ( ~OB − ~OA)

in quanto `e un elemento di r(A, B), ma allora ~

OA + µ ~OB − µ ~OA = λ ~OC

ovvero

(1 − µ) ~OA + µ ~OB − λ ~OC = 0

Quindi tre vettori sono sempre linearmente dipendenti; questo vuol dire che (poich´e due vettori non dipendenti li possiamo trovare) E2 ha dimensione 2.

Esempio: Dati due punti A e B, il loro punto medio `e individuato dal vettore

( ~OA + ~OB)/2

In generale, i punti del segmento tra A e B sono descritti da

s(A, B) = {t ~OA + (1 − t) ~OB | t ∈ [0, 1]}

Attenzione! La limitazione t ∈ [0, 1] `e importante, infatti se lasciamo variare il parametro t in tutto R otteniamo la descrizione di tutta la retta per A e B e non solo del segmento.

Esempio: Dati tre punti A, B, C, il baricentro del triangolo da loro formato `e individuato dal vettore

( ~OA + ~OB + ~OC)/3

In generale, i punti interni del triangolo di vertici A, B, C sono descritti da

t(A, B, C) = {t ~OA + s ~OB + (1 − t − s) ~OC | t, s ∈ [0, 1], t + s ≤ 1}

(3)

Anche qui, le due limitazioni t, s ∈ [0, 1] e t + s ≤ 1 sono importanti, altrimenti si ottiene l’intero piano.

Dati n vettori v1, . . . , vn, definiamo combinazione lineare convessa degli n

vettori una somma

λ1v1+ . . . + λnvn

in cui gli n numeri reali λ1, . . . , λn sono positivi e tali che λ1+ . . . + λn =

1. L’insieme di tutte le combinazioni lineari convesse di {v1, . . . , vn} si dice

inviluppo convesso di v1, . . . , vn ed `e la pi`u piccola figura convessa che contiene

i punti individuati dai vettori v1, . . . , vn.

Esempio: Un sottospazio vettoriale proprio W di E2 `e l’origine oppure una retta per l’origine; infatti, dim W < 2 e, se dim W = 0, per forza deve essere W = {0}. Se invece dim W = 1, sia ~OA un vettore di W , allora tutti gli altri vettori di W devono essere linearmente dipendenti da ~OA e quindi suoi multipli; perci`o

W = {λ ~OA | λ ∈ R} ovvero W = r(A).

La retta r(A, B), con A, B diversi dall’origine, non `e un sottospazio vetto-riale; per`o pu`o essere descritta come la traslazione di un sottospazio vettoriale. Se infatti chiamiamo ~OC = ~OB − ~OA, possiamo dire che

r(A, B) = r(C) + ~OA

r(C) `e la retta parallela a r(A, B) che passa per O e si dice giacitura della retta r(A, B), che viene detta sottospazio affine di E2.

In generale un sottospazio affine E di uno spazio vettoriale V `e della forma E = v + W con W sottospazio vettoriale, v vettore non nullo. W viene allora detto giacitura di E (`e il sottospazio ‘parallelo’ passante per l’origine).

Consideriamo ora una applicazione lineare T : E2→ R e studiamone il

nu-cleo. Possono presentarsi due casi: dim ker T = 2 o dim ker T = 1; l’applicazione non pu`o essere iniettiva (dim ker T = 0) perch´e E2

ha dimensione 2, mentre R ha dimensione 1).

Nel primo caso, T `e l’applicazione nulla. Altrimenti, il nucleo di T `e un sottospazio di dimensione 1, ovvero una retta per l’origine. Dunque, una retta per l’origine pu`o anche essere descritta come

{ ~OA ∈ E2 | T ( ~OA) = 0}

Questa si dice descrizione cartesiana o implicita di una retta; per descrivere una retta generica r(A, B), dovremo considerare non il nucleo (ovvero le soluzioni di T (v) = 0), ma lo spazio delle soluzioni del sistema T (v) = c con c ∈ R. Quindi una retta generica ha la seguente forma cartesiana:

{ ~OA ∈ E2 | T ( ~OA) = c}

Fissando una base di E2, ogni vettore `e individuato da 2 coordinate, quindi

possiamo scrivere ~OA = (x, y) e T sar`a associata ad una matrice 1 × 2:

(4)

Dunque, il sistema T ( ~OA) = c si potr`a scrivere come a b  x y  = c ovvero ax + by = c

che `e l’equazione cartesiana della retta nella geometria analitica.

L’intersezione di due rette, descritte implicitamente dalle applicazioni lineari T ed S e dai numeri reali c e f , sar`a data dal sistema

 T ( ~OA) = c S( ~OA) = f Se poi T = a b S = d e otteniamo che il sistema si pu`o riscrivere come

a b d e   x y  =  c f 

Dunque, lo studio delle intersezioni di due rette si riconduce allo studio della risolubilit`a di sistemi lineari; in particolare, due rette si diranno parallele se

rka b d e  = 1 ma rka b c d e f  = 2

Ovvero se il sistema non ha soluzioni.

Passare dalla rappresentazione cartesiana a quella parametrica equivale a trovare lo spazio delle soluzioni di T ( ~OA) = c; per passare invece dalla forma parametrica a quella cartesiana, bisogna scegliere una base della giacitura, com-pletarla a una base dello spazio e definire tramite questa base una applicazione lineare che si annulli solo sulla giacitura.

2

Rette e piani nello spazio

La costruzione di uno spazio vettoriale a partire dal piano euclideo pu`o essere fatta anche nello spazio euclideo E3 in cui sia fissata l’origine O, esattamente

nello stesso modo, quindi non la ripeteremo.

Tutte le descrizioni parametriche date nella sezione precedente rimangono valide:

r(A) = {λ ~OA | λ ∈ R} descrive la retta passante per O e A,

r(A, B) = { ~OA + λ( ~OB − ~OA) | λ ∈ R}

descrive la retta per A e B, cos`ı come s(A, B) descrive il segmento di estremi A e B e t(A, B, C) descrive il triangolo di vertici A, B, C.

Esempio: L’insieme

(5)

non `e pi`u una circonferenza, ma una sfera, di centro l’origine e raggio 1. Esempio: L’insieme

p(A, B) = {λ ~OA + µ ~OB | λ, µ ∈ R}

descrive il piano di E3 che passa per O, A e B. Notiamo che `e anche un

sottospazio vettoriale di E3, in quanto se due punti P e Q si trovano su di esso,

anche il quarto vertice del parallelogramma OP XQ si trova su di esso e quindi `

e chiuso per somma. Inoltre `e ovviamente chiuso per moltiplicazione per un numero reale.

Esempio: L’insieme

p(A, B, C) = { ~OA + λ ~OB + µ ~OC | λ, µ ∈ R}

descrive il piano di E3 passante per A, B, C; esso `e un sottospazio affine di E3,

in quanto non passa per l’origine, ma `e ottenuto traslando il piano per l’origine p(D, E), con ~OD = ~OB − ~OA e ~OE = ~OC − ~OA, che ne `e la giacitura.

Come abbiamo fatto con E2, si pu`o mostrare che E3ha dimensione 3; infatti,

siano A, B, C, D quattro punti e supponiamo che la retta r(D) intersechi il piano p(A, B, C) nel punto rappresentato dal vettore ~OE, allora

~ OE = λ ~OD e ~ OE = ~OA + µ ~OB + ν ~OC quindi ~ OA + µ ~OB = λ ~OC − λ ~OD = 0

ovvero quattro vettori sono sempre linearmente dipendenti. Del resto, possiamo ben trovare tre vettori indipendenti.

Consideriamo, come prima, una applicazione T : E3 → R; il suo nucleo potr`a avere dimensione 3 o 2. Nel primo caso, T `e l’applicazione nulla. Nel secondo caso, il nucleo di T `e un piano per l’origine; dunque, fissando una base e scrivendo il vettore ~OA = (x, y, z) e la matrice 1 × 3 associata a T come

a b c

avremo che un piano per l’orgine si descrive come l’insieme delle soluzioni di

a b c   x y z  = 0

Quindi, pi`u in generale, avremo che un piano (anche non per l’origine) si descriver`a come a b c   x y z  = d con d ∈ R.

(6)

Dunque, l’intersezione di due piani sar`a descritta dalle soluzioni di un sistema del tipo a b c e f g    x y z  =  d h  Se rka b c e f g  = 1 ma rka b c d e f g h  = 2

i piani si dicono paralleli e il sistema non ha soluzioni; se entrambe le matrici hanno rango 1 i piani sono coincidenti e il sistema `e banale. Se entrambe le matrici hanno rango 2, le soluzioni formano una retta; infatti sono tutte della forma ~OA + λ ~OB con ~OA una soluzione particolare e OB una soluzione del~ sistema omogeneo associato.

Una retta in E3pu`o dunque essere descritta in forma implicita come

l’inter-sezione di due piani, ovvero come le soluzioni di

a b c e f g    x y z  =  d h 

con le condizioni sul rango dette sopra; l’intersezione di due rette sar`a allora data dalla risoluzione di un sistema del tipo

    a b c e f g p q r t u v       x y z  =     d h s w     Le due rette  ax + by + cz = d ex + f y + gz = h  px + qy + rz = s tx + uy + vz = w

si diranno incidenti se le due matrici

A =     a b c e f g p q r t u v     B =     a b c d e f g h p q r s t u v w    

hanno rango 3, si diranno sghembe se rkA = 3 e rkB = 4, si diranno parallele se rkA = 2 e rkB = 3 e si diranno coincidenti se rkA = rkB = 2. Il fatto che i due sistemi rappresentino delle rette (e quindi siano sistemi di piani incidenti) garantisce che il rango non `e mai meno di 2.

Una retta



ax + by + cz = d ex + f y + gz = h si dice incidente con il piano

(7)

se le matrici   a b c e f g p q r     a b c d e f g h p q r s  

hanno entrambe rango 3; si dice parallela a quel piano se la prima matrice ha rango 2 e la seconda ha rango 3; appartiene a quel piano se entrambe le matrici hanno rango 2.

Risolvendo esplicitamente il sistema che descrive una retta, la si pu`o mettere nella forma parametrica r(A, B); similmente si pu`o fare per trovare la forma parametrica di un piano.

Esercizio 1 Trovare 3 rette a due a due sghembe in E3.

Esercizio 2 Trovare una retta in E3che passi per il punto (1, 0, 0) e sia parallela

alla retta



x = 0 y + z = 0

Esercizio 3 Trovare una retta in E3che passi per il punto (1, 1, 1), sia parallela

al piano x − y − 2z = 0 e sia incidente con la retta 

−x + y = 0 x − y + z = 1

3

Prodotto scalare euclideo nel piano e nello

spazio

Sul piano E2`e definito il prodotto scalare di due vettori come segue: h ~OA, ~OBi = k ~OAk · k ~OBk · cos(\AOB)

Ovviamente, una simile definizione si pu`o estendere anche nello spazio euclideo E3.

Questo prodotto scalare gode di alcune propriet`a: 1. simmetria, ovvero h ~OA, ~OBi = h ~OB, ~OAi

2. linearit`a nel primo argomento, ovvero hλ ~OA + µ ~OC, ~OBi = λh ~OA, ~OBi + µh ~OC, ~OBi

3. linearit`a nel secondo argomento, mettendo assieme i due precedenti punti 4. positivit`a, ovvero h ~OA, ~OAi ≥ 0 per ogni A ∈ E2 e si annulla solo se

~

OA = ~OO, ovvero se l’argomento `e il vettore nullo. Inoltre, notiamo che

k ~OAk2= h ~OA, ~OAi

Ora, se fissiamo una base di E2 e associamo ad ogni vettore delle coordinate

(quindi lo vediamo come R2), abbiamo che, dati

~

(8)

si ha che k ~OAk = q a2 1+ a22 k ~OBk = q b2 1+ b22

e, dal teorema di Carnot per il coseno, si ha

k ~OAk ~OBk cos(\AOB) = 1 2(k ~OAk 2+ k ~OBk2 − k ~OA − ~OBk2) ovvero h ~OA, ~OBi = 1 2(a 2 1+ a 2 2+ b 2 1+ b 2 2− ((a1− b1)2+ (a2− b2)2)) = a1b1+ a2b2

Quindi, su R2, il prodotto scalare definito prima diventa

h  a1 a2  ,  b1 b2  i = a1b1+ a2b2

Poich´e il coseno di un angolo `e nullo se e solo se questo dista un multiplo di π da π/2, due vettori non nulli hanno prodotto scalare nullo se e solo se l’angolo convesso \AOB `e retto. Quindi, due vettori si dicono ortogonali se

h ~OA, ~OBi = 0

e si scrive ~OA ⊥ ~OB.

L’insieme dei vettori ortogonali a un vettore dato ~OA `e {B ∈ E2 | h ~OA, ~OBi = 0}

e dunque in coordinate, fissata una base in cui ~OA = (a1, a2), si scrive come

{(x, y) ∈ R2| a1x + a2y = 0}

e dunque `e una retta, indicata con ~OA⊥. Pi`u in generale, anche l’insieme

{B ∈ E2| h ~OA, ~OBi = c}

`

e una retta, per c ∈ R, in quanto corrisponde, in coordinate, alle soluzioni dell’equazione a1x + a2y = c.

Tutto questo si pu`o riportare senza alcun problema in E3, con le seguenti

differenze. L’espressione in coordinate del prodotto scalare sar`a

h   a1 a2 a3  ,   b1 b2 b3  i = a1b1+ a2b2+ a3b3 e gli insiemi {B ∈ E3| h ~OA, ~OBi = c}

per ~OA fissato e c ∈ R saranno piani e non pi`u rette. Due rette in E2

(9)

sono ortogonali se e solo se (a, b) ⊥ (d, e), ovvero se e solo se ad + be = 0; allo stesso modo in E3una retta



ax + by + cz = d ex + f y + gz = h e un piano

px + qy + rz = s

sono ortogonali se e solo se (a, b, c) ⊥ (p, q, r) e (e, f, g) ⊥ (p, q, r) ovvero se e solo se



ap + bq + cr = 0 ep + f q + gr = 0

Ovvero, il piano px + qy + rz = s `e ortogonale a una retta se e solo se il vettore (p, q, r) `e parallelo alla stessa retta.

Due rette in E3 sono ortogonali se e solo se sono complanari e ortogonali in quel piano.

Infine, esaminiamo brevemente l’insieme

{P ∈ E2| h ~OP − ~OA, ~OP − ~OBi = k} con A, B ∈ E2, k ∈ R. Ovviamente si ha h ~OP − ~OA, ~OP − ~OBi = = h ~OP − ( ~OA + ~OB)/2, ~OP − ( ~OA + ~OB)/2i − 1 4k ~OA + ~OBk 2+ h ~OA, ~OBi

e dunque, posto ~OA + ~OB = ~OC, possiamo riscrivere la condizione come

k ~OP − ~OCk = k +1 4k ~OCk 2− h ~OA, ~OBi Quindi, se k +1 4k ~OCk 2− h ~OA, ~OBi < 0 l’insieme `e vuoto, se k +1 4k ~OCk 2− h ~OA, ~OBi = 0 l’insieme `e il punto ~OC e se k +1 4k ~OCk 2 − h ~OA, ~OBi > 0

l’insieme `e una circonferenza di centro C e raggio r

k + 1 4k ~OCk

2− h ~OA, ~OBi

Esercizio 4 Trovare una retta di E3, passante per (1, 2, 3) e ortogonale al piano

x + y + z = 0.

Esercizio 5 Trovare una retta di E3 ortogonale alle due rette

 x + y = 0 z = 1  x − y = 0 x + z = 2

(10)

4

Forme bilineari

Richiami Una forma (o applicazione) bilineare su V , spazio vettoriale sul campo K, `e un’applicazione

f : V × V → K tale che

i. f (v + v0, w) = f (v, w) + f (v0, w) (additivit`a nella prima variabile) ii. f (v, w + w0) = f (v, w) + f (v, w0) (additivit`a nella seconda variabile)

iii. f (λv, w) = λf (v, w) (omogeneit`a nella prima variabile) iv. f (v, λw) = λf (v, w) (omogeneit`a nella seconda variabile)

Supponiamo ora di considerare Rn e quindi di avere una forma bilineare

f : Rn× Rn

→ R

Se v = (v1, v2, . . . , vn) e w = (w1, w2, . . . , wn), possiamo scrivere

v = v1e1+ . . . + vnen w = w1e1+ . . . + wnen

dove e1, . . . , en `e la base canonica. Allora, applicando la prima propriet`a delle

forme bilineari, abbiamo che

f (v, w) = f (v1e1, w) + . . . + f (vnen, w)

e applicando la terza propriet`a

f (v, w) = v1f (e1, w) + . . . + vnf (en, w)

Ora, applicando ad ogni addendo la seconda propriet`a, abbiamo

f (v, w) = v1(f (e1, w1e1) + f (e1, w2e2) + . . . + f (e1, wnen)) + . . . +

+vn(f (en, w1e1) + f (en, w2e2) + . . . + f (en, wnen))

ed applicando la quarta propriet`a otteniamo

f (v, w) = v1w1f (e1, e1) + . . . + v1wnf (e1, en) +

+ v2w1f (e2, e1) + . . . + v2wnf (e2, en) +

+ . . . +

+ vnw1f (en, e1) + . . . + vnwnf (en, en)

Quindi, se definiamo la matrice

A =     f (e1, e1) f (e1, e2) . . . f (e1, en) f (e2, e1) f (e2, e2) . . . f (e2, en) . . . . f (en, e1) f (en, e2) . . . f (en, en)    

(11)

avremo che v1 v2 . . . vn     f (e1, e1) f (e1, e2) . . . f (e1, en) f (e2, e1) f (e2, e2) . . . f (e2, en) . . . . f (en, e1) f (en, e2) . . . f (en, en)          w1 w2 .. . wn      = vtAw e dunque f (v, w) = vtAw

Quindi ogni forma bilineare d`a una matrice e, del resto, ogni matrice d`a una forma bilineare.

Pi`u in generale, data una forma bilineare f su uno spazio vettoriale V di dimensione finita sul campo K, possiamo scriverne la matrice associata rispetto ad una base; data la base {v1, . . . , vn}, la matrice associata ad f rispetto a

questa base sar`a

A =     f (v1, v1) f (v1, v2) . . . f (v1, vn) f (v2, v1) f (v2, v2) . . . f (v2, vn) . . . . f (vn, v1) f (vn, v2) . . . f (vn, vn)    

Esempio Consideriamo l’applicazione f : R3× R3

→ R

data da f (v, w) = v1w2+ v2w3+ v3w1− v1w3− v2w1− v3w2, dove v = (v1, v2, v3)

e w = (w1, w2, w3). Essa `e ovviamente bilineare, in quanto lo sono tutte le

applicazioni della forma

f (v, w) = viwj 1 ≤ i, j ≤ 3

e le combinazioni lineari di queste. Scriviamone la matrice associata rispetto alla base canonica: possiamo farlo calcolando f (ei, ej) con 1 ≤ ij ≤ 3; osserviamo

che f (e1, e1) = f (e2, e2) = f (e3, e3) = 0 f (e1, e2) = f (e2, e3) = f (e3, e1) = 1 f (e2, e1) = f (e3, e2) = f (e1, e3) = −1 e dunque la matrice `e A =   0 1 −1 −1 0 1 1 −1 0  

Altrimenti, sapendo che deve valere f (v, w) = vtAw, potevamo gi`a ricavare i

valori delle entrate della matrice dalla formula data per f : il coefficiente di viwj

`

e l’elemento di matrice sulla i−esima riga e sulla j−esima colonna. Vediamo che per ogni v ∈ R3, f (v, v) = 0, infatti

vtAv = v1 v2 v3   0 1 −1 −1 0 1 1 −1 0     v1 v2 v3  =

(12)

= v1v2+ v2v3+ v3v1− v1v3− v2v1− v3v2= 0

Questo `e una conseguenza del fatto che f (v, w) = −f (w, v) per ogni v, w ∈ R3; una forma bilineare con tali propriet`a si dice antisimmetrica.

Esempio Consideriamo l’applicazione

f : R4× R4

→ R

data da f (v, w) = v1w1+ v2w2+ v3w3− v4w4. Come prima, essa `e ovviamente

bilineare; inoltre la matrice a lei associata `e

A =     1 0 0 0 0 1 0 0 0 0 1 0 0 0 0 −1    

Si ha che f (v, w) = f (w, v) per ogni v, w ∈ R4, ovvero tale forma `e simmetrica.

Proviamo ora a cercare vettori per cui f (v, v) = 0; applicando la definizione di f , otteniamo che v deve soddisfare

v12+ v22+ v23− v2 4 = 0

ovvero

v12+ v22+ v23= v24 Quindi va bene qualunque vettore del tipo



x, y, z, ±px2+ y2+ z2

per x, y, z ∈ R; tali vettori non sono un sottospazio vettoriale di R4, ma quello

che si dice un cono. Infatti la somma di due vettori di questo tipo non `e ancora un vettore di questo tipo, ma un loro multiplo reale lo `e:



λx, λy, λz, ±λpx2+ y2+ z2

rientra nella descrizione, in quanto p

(λx)2+ (λy)2+ (λz)2= |λ|px2+ y2+ z2

e il ± ci permette di aggiustare il segno di λ.

Del resto, (1, 0, 0, 1) e (0, 1, 0, 1) sono vettori di questo tipo, mentre (1, 1, 0, 2) non lo `e.

Esempio Consideriamo lo spazio vettoriale R2[x] dei polinomi a coefficienti

reali di grado minore o uguale a 2. Definiamo l’applicazione

f : R2[x] × R2[x] → R

tramite la formula

f (p(x), q(x)) = p(1)q(2) Verifichiamo che f `e una forma bilineare:

(13)

= λp1(1)q(2) + µp2(1)q(2) = λf (p1(x), q(x)) + µf (p2(x), q(x))

f (p(x), λq1(x) + µq2(x)) = p(1)(λq1(2) + µq2(2)) =

λp1(1)q(2) + µp2(1)q(2) = λf (p(x), q1(x)) + µf (p(x), q2(x))

e scriviamo f rispetto alla base {1, x, x2} di R2[x]. Per farlo, dobbiamo calcolare

i valori di f sulle coppie di elementi della base.

f (1, 1) = 1 · 1 = 1 f (1, x) = 1 · 2 = 2 f (1, x2) = 1 · 4 = 4 f (x, 1) = 1 · 1 = 1 f (x, x) = 1 · 2 = 2 f (x, x2) = 1 · 4 = 4 f (x2, 1) = 1 · 1 = 1 f (x2, x) = 1 · 2 = 2 f (x2, x2= 1 · 4 = 4 Dunque A =   1 2 4 1 2 4 1 2 4  

Proviamo ora ad utilizzare la matrice A per calcolare f (1 + 3x, 2x + 4x2): il

polinomio 1+3x si rappresenta, nella base scelta, come (1, 3, 0), mentre 2x+4x2

corrisponde a (0, 2, 4), quindi 1 3 0 A   0 2 4  = 4 8 16    0 2 4  = 16 + 64 = 80

Esercizio 6 Si scriva la matrice associata alla forma bilineare su R3 definita

da

f (v, w) = v1w1+ v1w2− 2v3w1+ v3w3− v1w3+ v2w1

rispetto alla base canonica e si determini un vettore v tale che f (v, v) = 0. Esercizio 7 Si dimostri che l’applicazione

f : R2[x] × R2[x] → R definita da f (p(x)q(x)) = Z 1 0 p(x)q(x)dx `

e bilineare. Se ne calcoli la matrice rispetto alla base {1, x, x2} e rispetto alla

base {1 + x, x + x2, x2+ 1}. Si dimostri che f (p(x), p(x)) > 0 per ogni p(x) non

nullo.

Esercizio 8 Si dimostri che l’applicazione

f : R3[x] × R3[x] → R

definita da

f (p(x), q(x)) = p(1)q0(0) `

e bilineare. Se ne calcoli la matrice rispetto alle basi del precedente esercizio e si determinino quattro polinomi in R3[x] linearmente indipendenti p1, p2, p3, p4

(14)

5

Prodotti scalari

Richiami L’applicazione bilineare su Rn definita da

f (v, w) = v1w1+ v2w2+ . . . + vnwn

si dice prodotto scalare canonico e si indica con hv, wi; esso gode delle seguenti propriet`a

i. hv, wi = hw, vi (simmetria); ii. hv, vi ≥ 0 (positivit`a);

iii. se hv, wi = 0 per ogni w ∈ Rn, allora v = 0 (non degenerazione).

Se hv, wi = 0, diciamo che v e w sono ortogonali e scriviamo v ⊥ w; dato un sottospazio W ⊆ Rn, definiamo l’ortogonale di W come

W⊥= {v ∈ Rn | hv, wi = 0 per ogni w ∈ W } La propriet`a di non degenerazione equivale a dire che V⊥= {0}; se {w

1, . . . , wk}

`

e una base di W , i vettori ortogonali a W sono tutti e soli quelli che soddisfano il sistema    hv, w1i = 0 . . . hv, wki = 0

La matrice associata a tale sistema ha come righe i vettori wi e dunque ha

rango massimo; quindi le soluzioni del sistema sono un sottospazio vettoriale di dimensione n − k. Questo dimostra la relazione

dim W + dim W⊥= dim V

In generale, un prodotto scalare su Rn `e una applicazione bilineare simme-trica, di solito indicata con h·, ·i. Ad essa `e associata una matrice rispetto alla base canonica di Rn, come descritto nella sezione precedente; la simmetria della

forma bilineare implica che anche la matrice associata sia simmetrica.

Diciamo che un prodotto scalare `e degenere se det A = 0; se invece la matrice associata `e invertibile, diciamo che il prodotto scalare `e non degenere. Gli elementi di ker A sono tutti e soli i vettori v per cui

hv, wi = 0 per ogni w ∈ Rn

Diciamo che un vettore v `e isotropo per un certo prodotto scalare se hv, vi = 0

Ovviamente, tutti i vettori di ker A sono isotropi. Diciamo che un prodotto scalare `e definito positivo se

hv, vi > 0 per ogni v ∈ Rn\ {0}

diciamo che `e definito negativo se

(15)

diciamo che `e semidefinito positivo se

hv, vi ≥ 0 per ogni v ∈ Rn

e diciamo che `e semidefinito negativo se

hv, vi ≤ 0 per ogni v ∈ Rn

Se non rientra in nessuno dei casi precedenti, diciamo che `e indefinito.

I prodotti scalari definiti (positivi e negativi) sono per forza non degeneri, ma non `e detto il contrario; un prodotto scalare definito non ammette vettori isotropi, mentre per quelli semidefiniti (che non siano definiti) e quelli indefiniti c’`e sempre almeno un tale vettore.

Tutto quanto detto sopra pu`o essere generalizzato ad uno spazio vettoriale V di dimensione finita su R.

Esempio Consideriamo il prodotto scalare su R3 dato da

hv, wi = 2v1w1+ 2v2w2+ v3w3− v1w2− w1v2− w1v3− v1w3 La matrice associata `e A =   2 −1 −1 −1 2 0 −1 0 1  

e det A = 1, quindi il prodotto scalare non `e degenere. Inoltre, osserviamo che

hv, vi = 2v2 1+ 2v 2 2+ v 2 3− 2v1v2− 2v1v3

che si pu`o riscrivere come

(v1− v2)2+ v22+ (v1− v3)2

e dunque hv, vi > 0 per ogni v non nullo, quindi il prodotto scalare `e definito positivo.

Esempio Consideriamo il prodotto scalare su R4 dato da

hv, wi = v1w1+ v2w2+ v3w3− v4w4 La matrice associata `e A =     1 0 0 0 0 1 0 0 0 0 1 0 0 0 0 −1    

e det A = −1, quindi il prodotto scalare `e non degenere. Inoltre

hv, vi = v2 1+ v 2 2+ v 2 3− v 2 4 quindi, se v = (1, 0, 0, 0), hv, vi > 0, ma se v = (0, 0, 0, 1) hv, vi < 0, quindi il prodotto scalare `e indefinito. Possiamo dunque trovare un vettore isotropo non nullo, come ad esempio (1, 0, 0, 1).

(16)

Esempio Consideriamo il prodotto scalare su R2[x] definito da hp(x), q(x)i = Z 1 0 p(x)q(x)dx + p(0)q(0) La matrice associata `e A =   2 1/2 1/3 1/2 1/3 1/4 1/3 1/4 1/5  

e det A = 1/63, quindi non `e degenere.

Ovviamente,

hp(x), p(x)i = Z 1

0

p2(x)dx + p(0)2

e dunque `e sempre positivo, se p non `e nullo, quindi il prodotto scalare `e definito positivo.

Esempio (Esercizio 4 - Scritto del 25 settembre 2006 ) Sia V lo spazio vettoriale generato su R da {ex, e−x, x} e sia h·, ·i il prodotto scalare definiti da hf, gi =

(f g)0(0).

i. Determinare la matrice del prodotto scalare rispetto alla base {ex, e−x, x}.

ii. Dire se tale prodotto scalare `e degenere o meno. iii. Trovare, se esiste, un vettore isotropo.

Lo spazio vettoriale V corrisponde all’insieme delle funzioni

aex+ be−x+ cx con a, b, c ∈ R.

(i). Per scrivere la matrice associata a h·, ·i rispetto alla base data, bisogna calcolare i prodotti scalari tra gli elementi della base. Per non confonderci con l’ordine in cui farli, chiamiamo f1(x) = ex, f2(x) = e−x, f3(x) = x. Allora

hf1, f1i = de2x dx (0) = 2e 2x |x=0= 2 hf1, f2i = d1 dx(0) = 0 hf1, f3i = dxex dx (0) = xe x+ ex| x=0= 1 hf2, f3i = dxe−x dx (0) = −xe −x+ e−x| x=0= 1 hf2, f2i = de−2x dx (0) = −2e −2x| x=0= −2 hf3, f3i = dx2 dx (0) = 2x|x=0= 0

(17)

Gli altri prodotti scalari li conosciamo grazie alla propriet`a di simmetria. Quindi la matrice associata `e A =   2 0 1 0 −2 1 1 1 0  

(ii). Si ha det A = 0, quindi il prodotto scalare `e degenere; inoltre V⊥= ker A = Span(f1+ f2− 2f3)

(iii). Poich´e il prodotto `e degenere, trovare un vettore isotropo non nullo `e banale, in quanto ogni elemento di V⊥`e isotropo e la degenerazione del prodotto scalare implica che V⊥6= {0}; ad esempio, il vettore f1+f2−2f2= ex+e−x−2x

`

e isotropo, come tutti i suoi multipli reali.

(Non richiesto dall’esercizio del compito) Proviamo a vedere se ci sono vetto-ri isotropi non in V⊥. Dato un elemento f (x) di V , scritto come aex+be−x+cx,

abbiamo che hf (x), f (x)i = a b c A   a b c  = = 2a2− 2b2+ 2ac + 2bc

Ora, possiamo riscrivere questa espressione come 2(a − b + c)(a + b)

Quindi, tutti gli elementi di V per cui a = −b sono isotropi, ovvero le funzioni della forma k(ex− e−x) + hx, come anche gli elementi di V per cui a + c = b,

ovvero le funzioni della forma kex+ (k + h)e−x+ hx.

Esercizio 9 Si consideri il seguente prodotto scalare su R3:

hv, wi = 2v1w1− 2v2w2+ v3w3+ v1w3+ v2w3+ v3w1+ v3w2

Si scriva la matrice associata al prodotto scalare rispetto alla base canonica, si determini se `e degenere o meno e, se esiste, si esibisca un vettore isotropo non nullo.

Esercizio 10 Si consideri il seguente prodotto scalare su R3[x]:

hp(x), q(x)i = Z 1

0

(p(x)q(x))0dx

Se ne scriva la matrice rispetto alla base {1, x, x2, x3}, si dica se `e degenere, si

dica se `e definito, semidefinito o indefinito, si trovi, se esiste, un vettore isotropo non nullo.

Esercizio 11 Si consideri lo spazio vettoriale V generato su R dalle funzioni {ex− 1, ex+ 1, x} e si definisca su di esso il prodotto scalare

hf (x), g(x)i = Z 1

0

f0(x)g0(x)dx

Determinare la matrice associata a tale prodotto scalare rispetto alla base {ex

1, ex+ 1, x}, determinare V(e quindi dire se il prodotto scalare `e degenere o

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