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La Costituzione di Cadice ed i suoi influssi sul costituzionalismo europeo e latino-americano

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Academic year: 2021

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DIPARTIMENTO DI GIURISPRUDENZA

Corso di Laurea Magistrale in Giurisprudenza

TESI DI LAUREA

La Costituzione di Cadice ed i suoi influssi

sul costituzionalismo europeo e latino-americano

Candidato

Relatore

Gabriele Faleni

Prof. Paolo Passaglia

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Indice

Introduzione ... 3

CAPITOLO I... 5

LE CORTES DI CADICE E LA COSTITUZIONE DEL 1812 ... 5

1. Contesto storico in cui nasce: da Bayonne a Cadice ... 5

2. I contenuti principali della Costituzione gaditana ... 14

3. L'abolizione della Costituzione del 1812 e la sua reintroduzione nel 1820: il triennio liberale ... 25

COSTITUZIONE DI CADICE COME MODELLO IN EUROPA ... 39

1. Introduzione ... 39

2. La Costituzione gaditana nel Regno delle due Sicilie ... 41

3. L'influenza della Costituzione di Cadice sui primi progetti costituzionali in Russia 57 CAPITOLO III ... 74

L'INFLUENZA DI CADICE IN AMERICA LATINA ... 74

1. Introduzione ... 74

2. L'esperienza spagnola in Cile ... 77

3. La Costituzione argentina e i suoi tratti comuni con la Costituzione di Cadice ... 84

4. L'influenza della Costituzione gaditana in Messico ... 92

Conclusioni ... 102

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Introduzione

La presente tesi di laurea propone uno studio incentrato sulla Costituzione di Cadice del 1812. Dopo aver analizzato la storia dell’elaborazione della Costituzione ed i suoi contenuti più significativi, l’attenzione si focalizzerà sull'influenza e le ripercussioni che la Costituzione gaditana ha avuto nei confronti del costituzionalismo europeo e latino- americano. Gli argomenti trattati sono suddivisi in tre capitoli.

Il primo capitolo ha lo scopo di dare un quadro dei vari diritti e principi riconosciuti e sanciti nella carta costituzionale. Dopo aver delineato il contesto storico all'interno del quale fu promulgata la Costituzione, verranno messi in luce i suoi contenuti più innovativi.

Una volta analizzati i più rilevanti aspetti contenutistici, l'obiettivo degli altri due capitoli è quello di intraprendere uno studio comparativo di diversi sistemi giuridici costituzionali, cercando di evidenziare l'influenza esercitata dalla carta gaditana sui vari progetti costituzionali del tempo, europei e non. Il secondo capitolo tratterà delle ripercussioni che il testo spagnolo ha avuto su molte delle Costituzioni nascenti in Europa ad inizio XIX secolo. In

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particolare, in tale capitolo si analizzeranno le situazioni di Russia e Regno delle due Sicilie, dove la Costituzione di Cadice ebbe una grande risonanza. Dopo aver ricostruito il contesto storico di riferimento, si esamineranno le Costituzioni nascenti in questi territori, specificando i riflessi che la carta spagnola ebbe su tali testi costituzionali.

Proseguendo con l'analisi comparativa, il terzo capitolo è strutturato in maniera tale da evidenziare le conseguenze che il testo gaditano ha avuto nelle colonie spagnole nell’America Latina. Verranno specificamente trattate le esperienze di Cile, Argentina e Messico, cioè di tre dei paesi dove la carta andalusa ha avuto le maggiori ripercussioni. Si partirà con un'analisi dell'evoluzione storica di tali paesi, un'evoluzione che portò le colonie latino-americane a richiedere ed ottenere l'indipendenza dalla Spagna, per poi mettere in

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risalto i testi costituzionali dei tre paesi, nati dopo i vari processi rivoluzionari che emersero per ottenere l'indipendenza dalla Spagna. L’analisi comparativa riguarderà i tratti caratteristici delle Costituzioni ed i principi ed istituzioni che furono ripresi dalla Costituzione di Cadice, a volte copiandoli direttamente, a volte adattandoli alle esigenze locali.

Sono stati presi in considerazione, sia pure incidentalmente, altri testi giuridici di grande importanza per la storia contemporanea, riferiti ai diritti e alle libertà tra gli altri, come la Costituzione di Francia del 1791, la Costituzione degli Stati Uniti d’America, oltre al costituzionalismo anglosassone, dal momento che questi testi costituzionali hanno avuto una grande importanza nello sviluppo giuridico e nel costituzionalismo in tutto il mondo.

CAPITOLO I

LE CORTES DI CADICE E LA COSTITUZIONE DEL 1812

1. Contesto storico in cui nasce: da Bayonne a Cadice

La Costituzione di Cadice, nonostante la sua breve vita, può essere considerata come una delle pietre miliari del costituzionalismo europeo.

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Uno degli elementi che ha contribuito a rendere tale carta costituzionale un punto di riferimento per molte Costituzioni europee e non è sicuramente il contesto storico in cui nasce.

La Spagna di fine 700 inizi 800 era un paese in grande difficoltà: il popolo era considerato inerte, la situazione economica era instabile, l'esercito regolare si trovava in uno stato di grande difficoltà e la famiglia reale era in pieno discredito. In un simile contesto di difficoltà provò ad inserirsi Napoleone, che vedeva nell'eventuale conquista della penisola iberica un modo per assicurarsi un pieno controllo del Mediterraneo, e allo stesso tempo un modo per cercare di ridurre l'influenza britannica nella penisola.

Nel rispetto del trattato firmato segretamente nel 1807 tra Francia e Spagna, che prevedeva l'invasione congiunta del Portogallo e la divisione dei suoi territori, Napoleone cooperò con il re di Spagna nell'occupazione militare del Portogallo. A tal fine cominciò a far entrare le proprie truppe nella penisola, con il pretesto di rinforzare l'esercito franco-spagnolo. Inizialmente le truppe francesi furono salutate con grande entusiasmo, nonostante i primi screzi diplomatici.

A febbraio 1808 questa ”invasione furtiva” era già iniziata; Napoleone lasciò cadere ogni cautela politica ed ordinò alle truppe francesi di occupare le fortezze spagnole. Pamplona venne presa con un tranello e Barcellona la seguì il 29 febbraio, quando una colonna francese, camuffata da una scorta di feriti,

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convinse le autorità ad aprire le porte della città1.

A questo punto Napoleone, impadronitosi di buona parte della penisola, si mosse con intraprendenza per realizzare i suoi piani, da tempo studiati, realizzando una serie di intrighi contro la famiglia reale spagnola. Un colpo di stato, istigato dall'aristocrazia spagnola, spodestò Carlo IV dal trono e lo sostituì con il figlio Ferdinando VII. Napoleone a quel punto, convocò a fine aprile a Bayonne i due litiganti, convincendo Ferdinando VII a trasferire nuovamente il trono al padre e successivamente lo persuase ad abdicare in favore di suo fratello Giuseppe Bonaparte.

Insediato nuovamente e formalmente Carlo IV, Napoleone fece pubblicare l'atto di abdicazione estortogli a Bayonne e quindi fece proclamare da un consiglio spagnolo fantoccio il nuovo re.

Dopo le “abdicazioni di Bayonne”, Napoleone Bonaparte decise di convocare un consiglio di notabili a Bayonne al fine di legittimare il nuovo governo instaurato con l'invasione francese; in questo modo si ratificavano le "abdicazioni di Bayonne" e si dava una copertura politica al nuovo governo. Si attribuì inoltre a tale consiglio un carattere ed una veste collaborativa, soprattutto nella stesura della Costituzione destinata a governare gli spagnoli2.

La convocazione della Giunta di Bayonne fu effettuata con decreto pubblicato

1 Solvi, V. , “Sulla guerra d’indipendenza spagnola”, in www.centrostudiscienzeantichena.it 2 S. Scandellari, Da Bayonne a Cadice. Il processo di trasformazione costituzionale in Spagna

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sulla “Gaceta de Madrid”, il 24 maggio 1808. Dei 150 rappresentanti spagnoli convocati, solo 65 furono i partecipanti, per lo più espressione della nobiltà e della burocrazia borbonica. Di conseguenza, non avendo raggiunto neppure i cento membri, al Consiglio di Bayonne non si poté attribuire carattere di rappresentanza nazionale3.

I partecipanti a tale assemblea, definiti "afrancesados", proprio perché spagnoli che durante la guerra d'indipendenza collaborarono con il potere francese e giurarono fedeltà al nuovo monarca, approvarono in poco tempo la nuova Costituzione redatta dall'imperatore e promulgata dal nuovo sovrano Giuseppe. Una Costituzione il cui preambolo può ingannarci nella parte in cui fa riferimento ad un patto tra re e popolo, ma che in realtà può essere considerata una carta ottriata, cioè espressione della sola volontà di Napoleone Bonaparte. Infatti tale carta, così come la Costituzione francese del periodo napoleonico, fa propria la teoria costituzionale del Sieyés, in particolare al principio che “la fiducia viene dal basso e l’autorità dall’alto”. Il popolo non deve designare direttamente coloro che eserciteranno il potere politico, per la semplice ragione che il governo mancherebbe di autorità se la ricevesse da quelli sui quali deve esercitarla. La Costituzione spagnola racconta fondamentalmente questa impostazione di fondo, e cioè che le scelte e le decisioni politiche costituiscono

3 A. Grimaldi, La Costituzione di Baiona del 1808. Lo statuto costituzionale del Regno di Napoli e

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prerogativa esclusiva del capo dello Stato, mentre tutti gli altri organi (Parlamento, Senato, Consiglio di Stato e ministri) sono mere istituzioni di consiglio e di supporto del re.

Come nel costituzionalismo napoleonico, il re (in Francia il primo Console e, successivamente, l’Imperatore) si innalza e i poteri delle Istituzioni si abbassano. Dunque, il re è investito di ampi poteri contrapposti a quelli deboli dell’Assemblea4.

In una simile situazione la reazione spagnola non tardò e, negli anni immediatamente successivi alla promulgazione della carta di Bayonne, in tutta la Spagna si manifestò un forte fenomeno di resistenza, che portò alla guerra d'indipendenza.

Tale resistenza spagnola cercò di organizzarsi in Giunte Provinciali, cioè organi di governo nati con la volontà di organizzare la resistenza contro l'esercito francese e assumere l'amministrazione ed il controllo dei territori della penisola. All'interno di tali giunte vi erano però diverse opinioni riguardo al futuro del paese. Erano infatti rappresentate tre fazioni:

• i conservatori, favorevoli al mantenimento della monarchia assoluta; • i liberali, favorevoli a rispondere alla Costituzione di Bayonne con una

4 A. Grimaldi, La Costituzione di Baiona del 1808. Lo statuto costituzionale del Regno di Napoli e

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nuova carta legittimista ma liberale;

• i cosiddetti Jovellanos, favorevoli alle riforme ma ostili alle tendenze rivoluzionarie.

Tali giunte si autoproclamarono sovrane e con l'obiettivo di coordinare la direzione politica e la resistenza militare del paese decisero di creare una Giunta Centrale Suprema, composta da circa 35 membri, la quale fu convocata per la prima volta il 25 settembre 1808 ad Aranjuez5 sotto la presidenza del conte di Floridablanca.

La Giunta centrale si assunse il ruolo di coordinare le varie Giunte provinciali, con l'obiettivo di dirigere la guerra e governare il paese nelle zone non occupate dai francesi. Nel 1810 essa dovette trasferirsi da Siviglia a San Fernando (allora nota come Isola dei Leoni), appena fuori la grande città portuale di Cadice. Scelta obbligata, in quanto le due città, poste sotto la protezione della flotta inglese, erano in quel momento le uniche due non occupate dalle truppe napoleoniche. Ad ogni buon conto, la Giunta Centrale Suprema rappresentava l'unico governo nazionale che rivendicasse il potere legittimo di Spagna. E tutti, conservatori, liberali, Jovellanos, avevano interesse a rafforzarne la legittimità6. Questi presupposti consentirono alla Giunta Centrale suprema di segnare il suo

5 A. J. Calvo Maturana, “La revoluciòn de los espanoles en Aranjuez”: el mito del 19 de marzo hasta

la Constituciòn de Cadiz, in Cuadernos de Historia Moderna. Anejos,N°11, 2012, 145-164 6 A. Martin , Constituciòn de las Cortes de Cadiz de 1812, in http://spainillustrated.blogspot.com, 2012

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maggiore successo, quando fu capace di mettere d'accordo le diverse parti circa la convocazione di un'assemblea nazionale, da riunirsi presso di sé, in San Fernando.

Dopo alcuni contrasti, il 24 settembre 1810, si riunirono per la prima volta nella città di Cadice le Cortes generali e straordinarie tramite un complesso sistema elettorale che sicuramente non facilitò le cose.

Le Cortes erano state convocate con la vaga intenzione di riunire tutti gli Spagnoli (rappresentanti di tutte le province del regno, inclusi taluni dalle colonie americane e, sembra, perfino dalle Filippine). Tanto che molti intesero che lo scopo fosse unicamente di organizzare una sorta di reggenza allargata, in attesa del ritorno del re dalla cattività francese.

Nonostante tutto, la legittimità della Giunta Centrale Suprema veniva sostanzialmente rafforzata e rappresentava, ora e sicuramente, l'unico potere legittimo di Spagna, opposto a quello di Giuseppe I e dei suoi afrancesados7. Per quanto riguarda la composizione di questa assemblea, si cercò per lo più di rispettare l'antico principio di rappresentanza dei tre Stati (clero, nobiltà e terzo stato). Infatti almeno un terzo dei membri delle Cortes appartenevano al clero; più o meno un terzo erano giuristi e funzionari pubblici; e più o meno un terzo erano militari, commercianti, proprietari terrieri, scrittori e medici.

7 A. Fernandez Garcia, La Constitucion de Cadiz (1812) y discurso preliminar a la Constitucion, Castalia, Barcellona, 2002, 10-26

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Nonostante questo, nelle Cortes di Cadice non si può parlare di partiti politici, a causa della mancanza di una stabile struttura organizzativa, però è sicuramente possibile parlare di tendenze costituzionali. Al suo interno infatti si potevano rilevare la presenza di tre tendenze principali:

• i deputati realisti, i quali mostrarono le loro simpatie per il costituzionalismo inglese o, con più esattezza, la versione che di questo aveva dato Montesquieu;

• i deputati liberali, i quali per certi aspetti avevano una gran considerazione del costituzionalismo inglese, però c'erano alcuni tratti di tale modello che non condividevano, come l'estensione delle prerogative regie e il carattere aristocratico della Camera dei Lord. Da questo punto di vista per essi il modello più influente era sicuramente quello che si era creato in Francia a partire dalla Dichiarazione dei Diritti del 1789 e dalla Costituzione del 1791;

• infine vi erano i deputati americani, che avevano il compito di rappresentare le colonie sud americane, ai quali non piaceva né il modello costituzionale britannico né il modello costituzionale francese, ma che avevano idee molto più vicine alla monarchia quasi federale degli

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Asburgo8.

Va ricordato che tali Cortes, prima di intraprendere il dibattito costituzionale che poi portò alla nascita della Costituzione del 1812, approvarono molti e lungimiranti decreti i quali furono costituzionalizzati successivamente.

Tra questi, i più importanti, prima dell'approvazione della carta costituzionale, furono quello con cui venne abolita la tortura giudiziaria; quello con cui si dichiarò la libertà di stampa (senza questa riforma sarebbe stato impossibile discutere della creazione della Costituzione); quello con cui si proclamava l'uguaglianza tra spagnoli e americani; infine, non meno importante degli altri, quello con cui si dichiarò la legittimità costituzionale delle Cortes e al tempo stesso riconosceva Ferdinando VII come unico e legittimo re di Spagna. In questo importantissimo decreto si formulò inoltre il principio di divisione di poteri, costituzionalizzato successivamente, con il quale i tre poteri dello Stato (potere esecutivo, potere legislativo e potere giudiziario) furono assegnati ad organi differenti, in maniera tale da evitare una centralizzazione del potere che in nessun modo favoriva la nascita democrazia.

8 J. Varela Suanzes-Carpegna, Las Cortes de Cadiz y la Constitution de1812 (una vision de conjunto),

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2. I contenuti principali della Costituzione gaditana

Il frutto più prezioso e conosciuto delle Cortes fu sicuramente la Costituzione del 1812. Difatti il 9 dicembre 1810, il deputato liberale Antonio Oliveros propose alle Cortes la nomina di una Commissione incaricata di redigere un progetto con il quale si potesse arrivare alla promulgazione di una Costituzione politica. Le Cortes approvarono la proposta di Oliveros, e istituirono la commissione nel dicembre dello stesso anno.

La Commissione era composta da quindici membri: cinque erano realisti, cinque erano americani e cinque erano invece membri di spicco dell'ala liberale9. Tale organo si costituì definitivamente il 2 marzo 1811 e si arrivò, dopo una serie di dibattiti costituzionali, alla promulgazione della nuova Costituzione il 19 marzo 1812.

Il testo costituzionale era composto da ben 384 articoli, distribuito in 10 titoli e si fondava su principi illuministici e liberali, ma anche assolutisti.

Si tratta di una Costituzione molto lunga e in un certo senso rivoluzionaria, nonostante mantenga alcune caratteristiche tipiche della tradizione spagnola, come il riconoscimento della religione cattolica. L'antecedente immediato della Costituzione gaditana era la carta di Bayonne. Di conseguenza, sia la

9 J. Varela Suanzes-Carpegna, Las Cortes de Cadiz y la Constitution de1812 (una vision de conjunto),

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Costituzione di Bayonne che altri testi francesi, come la Costituzione francese del 1791 e la dichiarazione dei diritti dei cittadini del 1799, furono utilizzati come fonte per l'elaborazione della Costituzione del 1812. Tale influenza può essere spiegata dal fatto che uno degli autori del testo fu Antonio Ranz Romanillos, un "afrancesado”, tecnico che si era già occupato di altri testi costituzionali, tra cui la Costituzione di Bayonne.

Il testo costituzionale inizia invocando la Santissima Trinità e sottolineando il fatto che le Cortes generali e straordinarie della nazione spagnola hanno decretato tale Costituzione politica per garantire il buon governo e la retta amministrazione dello Stato. Il titolo primo è dedicato alla nazione spagnola e agli spagnoli, affermando già nel primo articolo che "La Nazione spagnola è l'insieme di tutti gli spagnoli di entrambi gli emisferi"10. Uno dei principi caratteristici, da un punto di vista di organizzazione politica dello Stato, è sicuramente il principio di sovranità nazionale, già riconosciuto in un decreto del 1810 e costituzionalizzato solo due anni più tardi. Riguardo a tale principio fondamentale della carta costituzionale, è possibile citare l'articolo 3 della Costituzione che definisce tale principio in questo modo: << La sovranità risiede essenzialmente nella Nazione, e perciò appartiene a quest'ultima il diritto esclusivo di stabilire le leggi fondamentali>>.

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Quindi la sovranità si definisce come una potestà originaria, perpetua ed illimitata, che spetta unicamente ed esclusivamente alla Nazione, una Nazione che da questo momento può essere intesa come l'unione di tutti gli spagnoli di entrambi gli emisferi (art.1).

Di fatto, la storia del principio di sovranità della nazione sembra estremamente legata all'evoluzione dell'istituzione monarchica, fino al momento che, riservando alla nazione la titolarità esclusiva della sovranità, al monarca rimane solo una partecipazione secondaria nell'esercizio della potestà legislativa: un’evoluzione che passa da una monarchia assoluta fino ad arrivare ad una monarchia costituzionale, passando per una monarchia limitata11.

Sicuramente la facoltà più importante della sovranità nazionale consisteva, a giudizio dei liberali, nell' esercizio del potere costituente, cioè la facoltà di poter creare una nuova Costituzione. Oltre a ciò, l'obiettivo era anche creare una Corte speciale che, senza l'intervento del monarca, avesse la possibilità di modificare e far rispettare la Costituzione, così come era stato fatto nella Costituzione francese del 1791.

Per questo motivo, proprio per garantire il rispetto della Costituzione, il codice gaditano concepì un articolo all'interno della Costituzione, il 372, dove si dava la possibilità alle Cortes nelle loro prime sessioni di prendere in esame le

11 A. Masferrer, La soberanìa nacional en las Cortes gaditanas, in “Cortes y Constituciòn de Cadiz, Vol. 2, 2011, 639-672

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violazioni della Costituzione che fossero state segnalate, per porre adeguato rimedio e rendere effettiva la responsabilità di chi avesse agito in violazione di essa.

In questo modo le Cortes divennero anche dei guardiani della Costituzione che dovevano garantire l'applicazione e il rispetto della carta costituzionale12. Nello stesso titolo dove è contenuto il principio di sovranità nazionale, si fa riferimento alla nazionalità o alla condizione dello spagnolo, nonché all'obbligo degli spagnoli di amare la patria, di essere fedeli alla Costituzione, di obbedire le leggi, di rispettare le autorità stabilite, di contribuire alle spese dello Stato in proporzione ai propri averi e difendere la patria con le armi quando si è chiamati dalla legge.

Il titolo secondo è dedicato al territorio della Spagna di entrambi gli emisferi, citando espressamente le province che la integrano. Secondo la Costituzione del 1812, lo Stato è confessionale, dichiarando come religione ufficiale la cattolica (art.12)13. In maniera implicita si riconosce il principio di separazione dei poteri, altra caratteristica che delinea una nuova forma di organizzazione politica dello Stato. Si riconosceva infatti l'esistenza di diverse funzioni da un punto di vista materiale: legislativa, esecutiva e giudiziale, e si era manifestata la volontà di

12 S. Roura, N. Garcìa Gestoso, El modelo de defensa constitucional de la Constituciòn de Cadiz en su

bicentenario, in Anuario de Facultade de Dereito da Universidade da Coruna, N°16, 2012, 409-418

13 A. De la Hera Perez-Cuesta, El articulo 12 de la Constitucion de Cadiz y la religion catolica, a cura

di J. A. Escudero Lopez, Cortes y Constitucion de Cadiz: 200 años, Volume 2, Espasa Calpe, Madrid,

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attribuire ciascuna di queste funzioni a distinti poteri. Tale principio difatti viene cristallizzato negli articoli 15, 16 e 17 del testo costituzionale, che rappresentavano il cuore della struttura organizzativa dell'intero testo.

L'articolo 15 definiva il potere legislativo ed attribuiva tale potestà alle Cortes e al Re; l'articolo 16 delineava invece il potere esecutivo, il quale veniva riservato al Re; infine l'articolo 17 prescriveva il potere giudiziale la cui applicazione era di competenza dei Tribunali civili e penali stabiliti per legge. Precetti, questi, che, come segnalava l'articolo 14, convertivano il governo della nazione spagnola in una Monarchia limitata ereditaria.

L'obiettivo con questi precetti era delineare un concetto di Monarchia limitata o costituzionale e non più intesa come assoluta e pura. Quindi è possibile affermare che il principio di separazione dei poteri, così come quello che sanciva la sovranità della nazione, trasformavano radicalmente la vecchia monarchia spagnola. Difatti il Re non esercitava più tutte le funzioni dello Stato.

Senza dubbio la Costituzione gli garantiva l'esercizio esclusivo del potere esecutivo, e la partecipazione nell'esercizio del potere legislativo, ma l'organo supremo dello Stato erano le Cortes14.

Le Cortes descritte nella Costituzione del 1812, il cui titolo di riferimento è il terzo, sono unicamerali. All'interno di tale titolo sono definite come la riunione

14 M. Friera Alvarez, El poder legislativo en la Constitucion de Cadiz, in Anuario de Historia del

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di tutti i deputati che rappresentano la Nazione. Non esisteva un Senato; in questo modo si evitava una seconda camera di aristocratici scelta dal re.

Si stabilì un sistema di rappresentanza proporzionale, che portò i ceti privilegiati a ridurre in maniera corposa la loro partecipazione, mentre il normale clero non poteva nemmeno essere eletto.

Il candidato eletto nelle Cortes doveva possedere, tra gli altri requisiti per poter essere eletto, un reddito annuale previsto e doveva ottenere dei proventi dalla propria proprietà; in questo modo gli strati più poveri della società furono esclusi. Proprio per questo la camera in questione fu denominata camera della borghesia15. La totalità dei deputati veniva rinnovata ogni due anni e la Costituzione stabiliva che tale camera aveva l'onere di riunirsi annualmente per tre mesi consecutivi. Le Cortes esercitavano la funzione legislativa con una certa libertà, il cui esercizio era limitato solo da un eventuale veto che il Monarca poteva utilizzare per sospendere l'approvazione di leggi approvate dalla Cortes; un veto che però aveva la possibilità solo di ritardare l'entrata in vigore di tali leggi discusse.

Oltre a ciò le Cortes avevano la possibilità di esercitare svariate funzioni, tutte indicate precisamente all'interno dell'articolo 131. Tra queste possiamo sicuramente citarne alcune, come per esempio la facoltà di ricevere il giuramento

15 L. Burguera Ameave, C. Vidal Prado, Sistema electoral en la Constitucion de Cadiz de 1812, in

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del Re, concedere o negare l'ammissione di truppe straniere nel regno, fissare le spese dell'amministrazione pubblica, fissare dazi e tributi oppure proteggere la libertà politica della stampa.

Il titolo quarto era invece dedicato alla figura del re, la cui persona viene dichiarata sacra, inviolabile e non soggetta a responsabilità. Risiedeva solo nel re, così come indicato dall'articolo 170, il potere di far eseguire le leggi, l'autorità per conservare l'ordine pubblico interno e la sicurezza dello Stato all'esterno. Così come per le Cortes, anche nel titolo dedicato al re abbiamo un articolo, il 171, che elencava tutte le varie funzioni che poteva esercitare il sovrano. Tra queste possiamo citare la possibilità di nominare i magistrati di tutti i tribunali civili e penali, su proposta del consiglio di stato; emanare decreti, regolamenti e istruzioni che ritenesse necessari per l'esecuzione delle leggi; dichiarare la guerra, concludere e ratificare la pace; oppure ancora avanzare alle Cortes le proposte di leggi o di riforme necessarie per il bene della Nazione affinché deliberassero nel modo prescritto. L'articolo però da prendere a riferimento quando si discute riguardo alla figura del Re, è sicuramente il 172, il quale prevedeva una serie di limiti all'autorità regia tra cui proprio l'impossibilità per il Monarca di impedire la convocazione delle Cortes nei periodi e nei casi previsti dalla Costituzione, così come non aveva la possibilità né di sospenderle né di scioglierle nelle loro sessioni e decisioni. Nonostante tutto il Re conservava alcune facoltà per quanto riguarda l'amministrazione della giustizia, anche se

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non di carattere giurisdizionale.

L'articolo 257 affermava che la giustizia doveva essere amministrata in nome del Re, così come gli atti esecutivi e i provvedimenti dei Tribunali superiori dovevano essere emessi ugualmente in suo nome16.

Le relazioni tra Cortes e Re erano regolate all'interno della Costituzione con disposizioni molto simili a quelle che avevano sostenuto i patrioti francesi nella famosa assemblea del 1789, nella quale si rifletteva la sfiducia che il liberismo rivoluzionario aveva nei confronti dell'esecutivo monarchico.

Difatti la Costituzione vietava al Re di sciogliere le Cortes, oltre al fatto che all'interno degli articoli che vanno dal 104 al 121 si disponeva che le Cortes si convocavano automaticamente senza che fosse necessario che il Re partecipasse alle sessioni di apertura e chiusura di tale organo, nonostante ne avesse la possibilità.

Continuando con un’analisi dettagliata della carta gaditana, il titolo quinto trattava del potere giudiziale, in cui si chiariva che né le Cortes né il Re potevano esercitare le funzioni giudiziarie, come nemmeno potevano essere in grado di avocare cause pendenti o di riaprire giudizi conclusi. Da parte loro i tribunali non potevano esercitare altre funzioni che quelle di giudicare e far eseguire il giudicato (art.245). Inoltre, essi non potevano nemmeno sospendere l'esecuzione

16 S. Sileoni, Costituzione di Cadice 1812, Liberilibri, Macerata, Il Monitore Costituzionale, 2009, 99-135

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delle leggi, né approvare regolamenti per l'amministrazione della giustizia (art.246).

Al tempo stesso i militari e gli ecclesiastici continuavano a godere di fori speciali nei termini che le leggi stabilivano o che avrebbero stabilito in futuro (artt.249/250). Inoltre, come disponeva l'articolo 259, nella corte aveva sede un Tribunale, detto supremo tribunale di giustizia, le cui facoltà erano elencate all'interno dell'articolo 261. Il titolo VI invece faceva riferimento al governo locale delle province e dei comuni. Del governo locale delle città erano incaricati i consigli comunali, composti dal sindaco o dai sindaci, dagli assessori e dal procuratore sindaco.

Le cariche si rinnovavano annualmente, anche attraverso un sistema elettorale indiretto: ogni anno, in dicembre, i cittadini di ogni città si incontravano per eleggere gli elettori in proporzione al loro numero. Questi elettori erano coloro che nominavano nello stesso mese il sindaco, gli assessori e il procuratore sindaco che poi entravano ad esercitare le loro funzioni il primo di gennaio. I sindaci si rinnovavano annualmente, mentre assessori e procuratori si rinnovavano a metà anno. Passando ad analizzare il titolo VII, possiamo notare come tale parte della carta costituzionale tratti dei tributi, i quali venivano stabiliti annualmente dalle Cortes, sia che fossero indiretti, diretti, provinciali o municipali. Questi venivano ripartiti tra tutti gli spagnoli in proporzione alle loro capacità, senza eccezione né privilegio alcuno (art.339). Inoltre, secondo quanto

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disposto dagli artt. 345 e 346, fu istituita una tesoreria generale per tutta la Nazione ed una in ogni provincia, nella quale entravano tutti i fondi riscossi per conto dell'erario pubblico. Per l'esame di tutti i conti di capitali pubblici fu invece istituita una ragioneria maggiore dei conti, da disciplinarsi con legge speciale (art.350).

Il titolo VIII invece porta come epigrafe "La forza militare nazionale" e disponeva che fosse presente una forza militare permanente, di terra e di mare, per la difesa esterna dello Stato e la conservazione dell'ordine interno (art.356). Si stabilì inoltre un servizio militare obbligatorio per tutti gli spagnoli.

L'istruzione pubblica invece era materia trattata nel titolo nono, nel quale si disponeva che in tutti i comuni della Monarchia ci fossero scuole di primo grado, oltre a creare un numero adeguato di università e altri istituti di istruzione, ritenuti opportuni per l'insegnamento di ogni scienza, letteratura e belle arti (art.367). Il fatto che l’istruzione pubblica abbia un titolo a parte, sottolinea l’importanza che a tale tema avevano dato i costituenti gaditani. Difatti i deputati spagnoli con la creazione di tale titolo resero obbligatorie la formazione di scuole primarie in tutti i popoli di Spagna, ed inoltre fissarono materie obbligatorie da insegnare nelle varie scuole, proprio per garantire un substrato comune tra tutti gli spagnoli, affinchè ogni cittadino iberico sapesse leggere, scrivere, contare e conoscere la religione cattolica. Non c’è dubbio quindi, che il tema educativo fosse cruciale per i liberali spagnoli per raggiungere la

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prosperità economica e per garantire coesione ad un territorio tanto ampio come era quello spagnolo del XIX secolo17.

L'art.371 invece concedeva a tutti gli spagnoli la libertà di scrivere, stampare e pubblicare le loro idee politiche senza necessità di licenza, revisione o approvazione alcuna prima della pubblicazione, fatte salve le restrizioni e la responsabilità stabilite dalla legge.

L'ultimo titolo della carta gaditana, il decimo, trattava dell'osservanza della Costituzione e del modo di revisionarla.

Per quanto riguarda il rispetto della Costituzione l'articolo 373 disponeva che tutti gli spagnoli avevano diritto a presentarsi di fronte al Re o alle Cortes per il rivendicare appunto il rispetto della carta gaditana. Tutti coloro che svolgevano un incarico pubblico dovevano prestare un giuramento, che obbligava a rispettare la Costituzione, ad essere fedeli al Re e ad assolvere debitamente al proprio incarico. Per quanto riguarda la sua revisione, la Costituzione in questione era sicuramente un testo rigido, e complesso era il procedimento attraverso cui era possibile modificarla.

A sottolineare ancora di più il fatto di trovarsi di fronte ad un testo difficile da revisionare è l'articolo 375, che disponeva "Nessun emendamento può essere proposto fino a quando non siano trascorsi otto anni dalla sua entrata in

/17 M. Rivas Arjona, Derechos, libertades y deberes en la Constitución de 1812, in Revista Aequitas:

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vigore"18.

Terminata l'analisi dei vari titoli della Costituzione, è possibile sottolineare come, nonostante i costituenti gaditani abbiano preso spunto da alcuni testi precedenti, per lo più di stampo francese, non ci sia all'interno del testo gaditano una vera e propria dichiarazione dei diritti, presente per esempio nella costituzione transalpina del 1791.

Tale fatto non va considerato come una dimenticanza involontaria, ma si rifiutò espressamente una dichiarazione di questa indole per non dar adito ad accuse di "francesismo". Nonostante questo, il codice gaditano riconosceva comunque alcuni specifici diritti individuali, oltre a riconoscere alcune garanzie processuali estremamente connesse alla sicurezza personale, come il diritto di risolvere contenziosi mediante l'assistenza di un giudice imparziale o il diritto di Habeas

Corpus.19

3. L'abolizione della Costituzione del 1812 e la sua reintroduzione

nel 1820: il triennio liberale

Il primo periodo di vigenza della Costituzione gaditana fu molto breve (1812-1814). Solo dopo due anni la sua entrata in vigore, tale testo fu abrogato dal re

18 A. Fernandez Garcia, La Constitucion de Cadiz (1812) y discurso preliminar a la Constitucion, Castalia, Barcellona, 2002, 166-170

19 J. Varela Suanzes-Carpegna, La Constitucion de Cadiz y el liberismo espanol del siglo XIX, in

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Ferdinando VII sotto spinte assolutistiche. Nell'autunno del 1813, infatti, Napoleone sconfitto nella battaglia di Lipsia, conosciuta anche come la battaglia delle nazioni, ristabilì sul trono di Spagna Ferdinando VII e firmò un trattato di pace a Valencay nel dicembre del 1813. Il ritorno del re nella penisola iberica fu in realtà accolto positivamente da parte della quasi totalità degli spagnoli: i realisti perché desideravano porre fine al regime costituzionale, mentre i liberali perché vedevano nel ritorno del re la possibilità di veder riconosciuto una volta per tutte il testo costituzionale e tutte le varie riforme realizzate dalle Cortes20. Nel frattempo, nelle Cortes si promulgò un decreto per tenere sotto controllo il re dalla sua entrata nel territorio nazionale fino al suo arrivo a Madrid, e in esso si sancì con estrema chiarezza che non si sarebbe riconosciuto il re fino a che egli non avesse giurato fedele osservanza alla carta costituzionale gaditana. Nel momento in cui il re rientrò definitivamente nel territorio spagnolo, la popolazione iberica lo accolse con grande entusiasmo, e la reggenza mandò il generale Francisco Copons affinché potesse consegnare al re una dichiarazione della reggenza stessa con cui si esortava Ferdinando VII a giurare la Costituzione del 1812.

Il re, che si rese perfettamente conto della grande influenza che aveva sul popolo, rispose vagamente alla reggenza facendo allusione agli innumerevoli attestati di

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fedeltà che gli avevano dimostrato i "suoi vassalli", sapendo che questa parola era stata proibita dalle Cortes perché considerata eccessivamente denigrante. Ferdinando quindi modificò l'itinerario tracciatogli dalla reggenza e si diresse a Saragoza, una modifica che fu considerata come una sorta di sfida agli ordini della reggenza. A quel punto da Saragoza si diresse verso Valencia, ma prima di arrivare sulla costa valenciana, s'incontrò a Llanos de Puzol (vicino Valencia), con il presidente della reggenza, il cardinale Borbon, il quale era andato ad incontrarlo con istruzioni ben precise, affinché non cedesse il potere esecutivo, che lui stesso rappresentava, fino a quando il re non avesse giurato la Costituzione.

Tutte le fonti coincidono nel raccontare l'incontro di entrambi i personaggi faccia a faccia, a pochi passi l'uno dall'altro, senza che nessuno dei due avesse l'intenzione di cedere. Alla fine cedette il Cardinale, lasciando strada spianata a Ferdinando21.

Una volta arrivato a Valencia, un gruppo di deputati non liberali delle Cortes ordinarie, 69 per la precisione, presentarono al re un manifesto, chiamato "manifiesto de los persas". Più del 90% del manifesto si dedicava esclusivamente a criticare con veemenza i lavori svolti negli anni precedenti dalle Cortes gaditane.

21 J. L. Comellas, Del antiguo al nuevo règimen: hasta la muerte de Fernando VII, in Volume 12 di

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L'autore principale di questo manifesto fu l'avvocato sivigliano Bernardo Mozo de Rosales, il quale chiedeva la convocazione delle Cortes alla vecchia maniera. Questo documento quindi deve essere inquadrato come un'azione ulteriore, questa volta scritta, all'interno della lotta politica contro i liberali. Un'azione, questa, che dimostrava come fosse presente nel territorio iberico un'opposizione vera e propria al governo liberale formatasi nei due anni precedenti.

In breve, il re s'incontrò a Valencia con un terzo dei deputati, tra cui anche il presidente delle Cortes, i quali chiedevano di porre fine al processo di riforma liberale. Sotto tali influenze, a questo punto il re, il 4 maggio 1814, firmò il decreto sancendo la soppressione delle Cortes e la fine della Costituzione gaditana, recuperando in questo modo la sua sovranità e dando vita al cosiddetto "sessennio assolutista".

Dal 4 maggio iniziò, quindi, la restaurazione di tutti gli organi politici dell'Antico Regime, smantellando una dopo l'altra le varie strutture politiche, sociali ed economiche delle Cortes di Cadice22.

Tutto questo in un contesto internazionale favorevole ad un ritorno all'assolutismo. Infatti dopo la sconfitta di Napoleone, le potenze assolutiste, riunite nel Congresso di Vienna, avevano restaurato l'Antico Regime, riaffermando il potere dei vari monarchi assolutisti in quasi tutta Europa. Proprio

22 A. Wilhelmsen, El “Manifiesto de los persas”, in Revista de estudios politicos, N°12, 1979, 141-162

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per facilitare tale processo di restaurazione dell'assolutismo, si creò la cosiddetta Santa Alleanza, un patto firmato a Parigi il 26 settembre 1815, in nome dei principi della giustizia, della pace e della religione cristiana, dall'imperatore Alessandro I di Russia, da Francesco I, imperatore d'Austria e da Federico Guglielmo III, re di Prussia. L'alleanza fu proclamata al congresso di Vienna (1814-1815) e venne sottoscritta da tutti i sovrani europei, con l'eccezione del principe reggente della Gran Bretagna, Giorgio IV, del papa e del sultano della Turchia. Un'alleanza che fu sostanzialmente inefficace, ma che divenne tuttavia un simbolo delle politiche assolutistiche dei sovrani, che la usarono come strumento per il mantenimento dello status quo in Europa e per reprimere i moti liberali e nazionalistici.

Ferdinando VII quindi, grazie anche al comune sentimento che aveva pervaso l'intera Europa di restaurazione dei vecchi regimi assolutistici, riuscì a riottenere il trono iberico. Un regno, il suo, che fu caratterizzato principalmente da due fattori determinanti: il primo fu sicuramente l'adozione di una politica fortemente repressiva e persecutoria nei confronti dei liberali, molti dei quali furono esiliati od uccisi; l'altro fattore che caratterizzò gli anni del suo impero fu la grave crisi economica che stava vivendo la Spagna. Una crisi che fu provocata principalmente da due elementi:

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combattuta contro i francesi, la quale lasciò la Spagna senza infrastrutture di comunicazione e con un'attività industriale e commerciale praticamente nulla;

• l'inizio della guerra di emancipazione delle colonie americane, che portò alla rottura dei flussi commerciali con la metropoli, lasciando la Spagna senza la principale fonte di reddito.

Questa situazione comportò che l'unica fonte di guadagno per lo Stato, fosse rimasta la tassazione nei confronti del popolo. Proprio per questo motivo, la pressione fiscale nei confronti di borghesia e popolo aumentò, ma non quella verso nobiltà e clero; il che comportò che buona parte della popolazione iberica versasse in condizioni economiche disagiate, un fatto che accentuò il malcontento degli spagnoli.

In un quadro storico di questo tipo, un fenomeno caratteristico sorto proprio in questo periodo, sono sicuramente le cospirazioni del liberismo, sorte appunto in un momento in cui la restaurazione dell'assolutismo aveva fatto sì che i vari liberali presenti nel paese fossero perseguitati, esiliati ed incarcerati. Questo è il motivo per cui questa è considerata la prima grande migrazione per cause politiche della Spagna contemporanea. Proprio per tutti questi fattori, ci furono innumerevoli tentativi di organizzare modi per rovesciare Ferdinando VII e l'assolutismo. Le varie cospirazioni formatesi avevano tratti comuni; tale

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fenomeno sottolineò la forza dell'ideologia liberale. I principi fondamentali, a cui si rifacevano questi movimenti insurrezionali sono quelli della libertà, della nazione, della proprietà e della Costituzione. Inoltre, da sottolineare il fatto che anche le società segrete, come i massoni, che spesso usavano arringhe, emesse da persone con un elevato significato politico e sociale, ebbero un ruolo importante, invitando i loro uomini e i loro cittadini a porre fine a una situazione considerata illegittima23.

Nonostante questa situazione di grave instabilità ed incertezza politica, la totalità dei movimenti e cospirazioni liberali attuate tra il 1814 e il 1820 non riuscirono nell'obiettivo di rovesciare il regime assolutista. La maggior parte dei militari liberali fallirono nelle loro dichiarazioni, e alcuni furono giustiziati, diventando i primi martiri della causa liberale e figure emblematiche dell'oppressione assolutista.

Finalmente poi, nel 1820, con il pronunciamento militare del colonello Rafael Riego si riuscì a raggiungere l'obiettivo che tutti gli altri pronunciamenti degli anni precedenti non erano riusciti a centrare: cioè il fatto che l'azione liberale arrivasse ad avere il potere di effettuare una serie di cambiamenti politici, sociali ed economici partendo da una base ideologica opposta a quella del vecchio regime24.

23 R. Carr, El trienio liberal (1820-1823), in “Espana 1808-1975, Ariel Historia, Barcellona, 2006 24 A. Moreno, Sexenio absolutista (1814-1820), in https://historiayviajes.wordpress.com, 2010

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Il sopracitato pronunciamento fu conseguenza del fatto che, nel 1820, a seguito di una rivolta nelle colonie spagnole del Sud- America, re Ferdinando VII decise di riunire una parte del proprio esercito a Cadice affinché partisse alla volta del Sud-America per reprimere tale rivolta. A Cadice però vi erano molti generali che si erano formati nella guerra d'indipendenza del 1808, una guerra che portò all'approvazione della Costituzione quattro anni più tardi.

Proprio per questi motivi, molti esponenti dell'esercito riuniti a Cadice, che mal avevano digerito la cancellazione di tale Costituzione, si rifiutarono di partire, ribellandosi e chiedendo il ripristino della Costituzione di Cadice. Il promotore di tale ribellione fu appunto il colonello Riego, anch'egli formatosi durante la guerra di liberazione del 1808. Il trionfo del pronunciamento di Riego fece sì che, per la seconda volta, ora in tempo di pace, in Spagna potesse formarsi un governo liberale, un governo che riuscì a instaurarsi nonostante la grande instabilità politica e la scarsa collaborazione del Re25.

Ferdinando VII, nei primi mesi di governo liberale, attraversò due momenti distinti: il primo periodo, fino al 22 marzo, fu caratterizzato da una totale resistenza alle misure che avevano portato all'effettiva attuazione della sovranità nazionale; tuttavia, con la formazione del nuovo governo e la chiamata delle

Cortes, e senza il sostegno interno o esterno, Ferdinando VII non ebbe altra

25 F. Ramos Oliver, La trayectoria militar de Rafael del Riego, in Revista de historia militar, N°112,

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scelta che rassegnarsi.

Si dette così origine al cosiddetto triennio liberale (1820-1823). Un triennio che inizia formalmente il 7 marzo 1820 con la promessa di Ferdinando VII di rispettare la legislazione e i principi base dell'assolutismo. Solo due giorni più tardi, il 9 marzo 1820, il re stesso giurò fedeltà alla Costituzione liberale, dando vita ad un interessante periodo di tre anni, in cui si cercò di nuovo, e senza successo, di impiantare il liberismo in Spagna. Un periodo, questo, che può essere scandito in più fasi distinte.

La prima fase fu quella definita di transizione politica, al cui termine si sarebbe dovuti arrivare alla riunione solenne delle Cortes. Tale arco di tempo, durato poco più di due mesi, fu caratterizzato dalla presenza della cosiddetta Giunta Provvisionale consultiva, un organo il cui compito era proprio quello di facilitare tale transizione e che fu sostanzialmente operativo fino alla convocazione delle

Cortes. Una giunta, che fu voluta fortemente da Ferdinando VII, con lo scopo

appunto di assicurare l'esito a cui si era giunti dopo il pronunciamento di Riego, cioè quello di formare un governo di stampo liberale. Quest'organo era presidiato dal cardinale Borbon, ed era formato da dieci riconosciuti liberali, non però i più rilevanti, per il semplice fatto che i più importanti membri delle Cortes furono esiliati, incarcerati od uccisi durante il sessennio assolutista.

In origine, come detto, nacque come organo consultivo, anche se con il passare del tempo esercitò amplissimi poteri e governò il paese nell'ombra. Le decisioni

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più importanti di quel periodo passarono tutte dalla necessaria approvazione della Giunta, la quale era anche depositaria della sovranità nazionale fino a quando non fossero state elette dal popolo le nuove Cortes.

Uno dei problemi più rilevanti che dovette affrontare tale organo ad interim fu quello riguardante l'Esercito dell'isola, quello cioè che dette il via all'insurrezione liberale con a capo Riego. Questi militari erano riusciti ad ottenere grandi risultati durante la rivoluzione, e proprio per questo gli fu riconosciuto grande prestigio all'interno della penisola.

Nonostante questo la Giunta non tenne in considerazione i suoi capi nel momento in cui dovette affrontare le maggiori problematiche che riguardavano il governo della nazione, e proprio per questo le due fazioni arrivarono allo scontro. In questo modo iniziò poi quella spirale di eventi, che qualche anno più tardi consentirono di prendere il potere all'ala più estremista dei liberali.

Inoltre, è da questo momento in poi che s'incomincia ad intravedere all'interno della famiglia liberale una netta spaccatura tra ala moderata ed ala più rivoluzionaria, una spaccatura che successivamente sarà una delle cause, se non la principale, del fallimento del governo liberale26.

La Giunta poi dovette affrontare altre delicate questioni come quella della chiesa, che con questo tipo di riforme perse l'enorme influenza che aveva durante

26 J. Varela Suanzes-Carpegna, La monarquia imposible: la Constitucion de Cadiz durante el Trienio,

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il sessennio assolutista, e che quindi si oppose fermamente alla diminuzione dei poteri concessi alla Corona; e quella che riguardava il timore di un'eventuale intromissione di altre potenze europee, le quali avevano l'interesse a instaurare un regime assolutistico in Spagna. Il 9 luglio dello stesso anno, finalmente si riunirono le Cortes, il che comportò il contestuale disfacimento della Giunta provvisionale.

Inizialmente le Cortes affrontarono la questione riguardante quella parte dell'esercito che aveva dato il via alla rivoluzione.

I capi di questo esercito esigevano una lauta ricompensa per i servizi resi durante la rivoluzione, da concedere nel momento in cui avessero fatto ritorno a Madrid dall'Andalusia. Per questo, alcuni moderati pensarono che, se non avessero accontentato le richieste dei vari ufficiali, si sarebbe potuto incorrere in un colpo di Stato, organizzato proprio da coloro che avevano guidato la rivoluzione. Come conseguenza si dissolse l'esercito e si convocò Riego a Madrid per separarlo dalle proprie truppe, con il pretesto di promuoverlo capitano generale della Galizia. Arrivato a Madrid, però, la sua incontinenza verbale e la sua poca discrezione lo portarono ad uno scontro con i moderati che lo avevano convocato, che lo rimossero subito dall'incarico. La reazione fu fulminante: le rivolte e i tumulti contribuirono all'offuscamento del sentimento liberale. E' qui che si cominciò a creare quell'abisso tra i due modi di comprendere la

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rivoluzione27.

Proprio la destituzione di Riego fu il momento decisivo per cui i liberali smisero di essere un blocco monolitico per dividersi in due fazioni contrapposte. Da una parte avevamo i cosiddetti "doceanistas", cioè politici liberali che erano stati a Cadice durante la guerra d'indipendenza e che difendevano il modello lì elaborato. Infatti per essi il pronunciamento di Riego era considerato un gran risultato.

Il secondo gruppo invece erano gli "exaltados", così chiamati perché avevano idee ancor più rivoluzionarie dei "doceanistas". Coloro che facevano parte di questo gruppo erano militari e uomini d'azione che difendevano l'idea che la formazione di un governo liberale fosse solo il primo passo per arrivare ad un completo rinnovamento della Spagna, in modo tale da rompere definitivamente con l'assolutismo.

In un primo momento ebbero la meglio i "doceanistas" che cercarono di imporre le loro posizioni moderate, con gli "exaltados" che rimasero ai margini del potere. Infatti i primi due anni del triennio liberale furono caratterizzati da governi liberali moderati, i quali cercarono di attuare importanti riforme, con l'obiettivo di smantellare i pilastri dell'antico regime. Tali governi, quindi, in maniera generale, ristabilirono molte delle riforme adottate a Cadice 8 anni

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prima: la soppressione dei domini giurisdizionali, delle corporazioni, la confisca delle terre dei monasteri, la libertà di creazione delle industrie, l'abolizione dell'Inquisizione, il ripristino delle libertà politiche e dei consigli costituzionali, la modernizzazione della politica e dell'amministrazione secondo i principi della razionalità e dell'uguaglianza, l'amnistia dei firmatari del "Manifiesto de los

persas". Si creò inoltre una Milizia Nazionale, un corpo di volontari della classe

media urbana formato per garantire l'ordine e difendere le riforme costituzionali. Oltre a ciò, il nuovo governo cambiò anche atteggiamento nei confronti delle colonie americane, che proprio in quel periodo erano pervase da un forte sentimento indipendentista. Infatti si cercò di arrivare ad una soluzione non più adottando un atteggiamento esclusivamente repressivo, ma si tentò attraverso la politica di arrivare ad un compromesso con questi popoli oltre oceano. L'idea infatti fu quella di invitare a sottomettersi all'autorità reale in cambio del riconoscimento da parte della Spagna.

Il governo annunciò un cessate il fuoco per negoziare con gli indipendentisti l'accettazione della Costituzione. Se accettata, la Spagna avrebbe terminato la ribellione e avrebbe pubblicato un'amnistia totale, altrimenti avrebbe continuato la guerra. Gli undici Commissari fallirono, poiché i patrioti rivendicarono il riconoscimento della loro indipendenza dalla Spagna.

Le misure più drastiche furono però prese nell'ultima fase del triennio liberale, una fase che fu guidata non a caso dagli "exaltados", appunto la parte più

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rivoluzionaria dei liberali. Difatti si applicò una politica chiaramente anticlericale con l'espulsione dei gesuiti, l'abolizione della cosiddetta decima, la soppressione dell'Inquisizione e la svalutazione dei beni degli ordini religiosi. Tutta questa grande instabilità politica e le rotture ormai insanabili tra le due fazioni dei liberali spianarono la strada ai fautori dell'assolutismo, che cercarono di sfruttare tale momento per reintrodurre la monarchia. Già nel 1822 iniziarono le prime rivolte contro la nuova forma di governo. A questo punto Ferdinando VII, approfittando che il governo liberale fosse ormai al tramonto, cercò segretamente un aiuto straniero per cercare di ristabilire l'assolutismo.

Nel dicembre del 1822, nel Congresso di Verona, la Santa Alleanza decise che una Spagna liberale era un pericolo per l'equilibrio europeo, e incaricò la Francia di ristabilire la monarchia assoluta in Spagna. Il 23 aprile 1823 un ampio esercito francese conosciuto come "Los cien mil hijos de San Luis" attraversò i Pirenei al comando del duca di Angulema. Appena varcarono il confine spagnolo trovarono subito resistenza armata. Alla fine della primavera dello stesso anno il governo e le forze liberali evacuarono Madrid e si diressero prima a Siviglia e poi a Cadice, prendendo come ostaggio Ferdinando VII. Proprio a Cadice si visse l'ultimo episodio del Triennio liberale. I liberali si rifugiarono nel forte di Trocadero e furono assediati per giorni dai francesi, fino a che questi il 31 agosto riuscirono ad impadronirsi del fortino. Nelle due settimane successive Cadice continuò ad essere un teatro di guerra, fin quando il 23 settembre 1823 le forze

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liberali si arresero. Ferdinando fu liberato dalle truppe francesi e fu ristabilita la Monarchia assoluta28.

CAPITOLO II

COSTITUZIONE DI CADICE COME MODELLO IN EUROPA

1. Introduzione

La Costituzione di Cadice fu una sorta di vessillo dei liberali europei del XIX secolo e venne concessa come testo fondamentale in diverse realtà nazionali. Simbolicamente rappresenta la caduta dell’Antico Regime e l’inizio del costituzionalismo spagnolo. La vera originalità della carta costituzionale del 1812 proviene dall’essere l’espressione più alta del liberismo spagnolo. Da questo punto di vista, il suo testo fu la prima espressione europea di un Romanticismo politico di cui la Spagna fu pioniera. In contrapposizione al carattere universalista ed imperialista della Costituzione francese del 1791, quella spagnola rappresenta la manifestazione più pura della fede nella propria nazione come soggetto della sovranità e come luogo in cui rappresentare questi supposti valori universali ed astratti

Nonostante ciò, la sua vigenza nei vari paesi in cui entrò in vigore fu scarsamente durevole e non diede inizio a concrete e durature esperienze costituzionali.

28 F. Salaberry Baro, El asalto al Trocadero y la invasiòn de los Cien Mil Hijos de San Luis en Càdiz,

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Le caratteristiche di tale carta costituzionale che, contribuirono ad influenzare il costituzionalismo europeo, furono principalmente due: le modalità di regolazione dei diritti ed il concetto di Costituzione come legge superiore. In Europa, inizialmente, il testo gaditano, proclamato il 19 marzo 1812, fu tacitamente accettato negli Stati che lottavano contro Napoleone, anche se non ci fu un riconoscimento esplicito.

Le Cortes e la Costituzione spagnola furono invece riconosciuti ufficialmente negli anni immediatamente successivi alla sua proclamazione in Russia e Prussia, nonostante si fossero sollevati alcuni dubbi sul suo carattere liberale e su alcune limitazione imposte al monarca.

Con il passare del tempo nel vecchio continente, la Costituzione gaditana ottenne sempre più consensi, e si diffuse più rapidamente grazie anche alla presenza e alla circolazione di numerose traduzioni del testo.

La definitiva consacrazione della carta costituzionale si ebbe con l’insurrezione militare del 1820 guidata dal colonello Rafael Riego, grazie al quale il testo andaluso fu ripristinato in Spagna.

Il pronunciamento di Riego in favore della Costituzione del 1812 permise un completo cambiamento politico, attraverso un processo rivoluzionario controllato dall’élite liberali con il sostegno dell'esercito. Incoraggiati dal successo della rivoluzione spagnola del 1820, che mostrava anche la debolezza del ristabilito assolutismo, i liberali europei trasformarono il modello gaditano

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nel loro modello politico e nella bandiera della rivoluzione liberale, e praticamente tutti i movimenti rivoluzionari avviati in Europa consideravano il testo spagnolo come esempio ed obiettivo da raggiungere.

Difatti in un simile contesto storico, la promulgazione di una Costituzione di stampo liberale, fu intesa come simbolo di una prima sfida intrapesa contro i poteri della Restaurazione.

Di fronte al potere assoluto, proclamare una Costituzione e sancire la sovranità della nazione permise alla nuova borghesia di accedere al controllo dello Stato e trasformare le antiche monarchie in monarchie costituzionali. Il modello rappresentato dalla Costituzione gaditana del 1812, in tal modo riuscì a soddisfare le aspirazioni della borghesia europea.

La Costituzione di Cadice, che rispondeva ai bisogni della società spagnola, fu, quindi, un esempio per l'Europa del tempo, proprio perché rappresentava la soluzione giuridico-costituzionale più appropriata per risolvere problemi comuni, come la proprietà terriera, l'abolizione del feudalesimo e l'adattamento allo sviluppo del capitalismo. Ecco perché, dal 1820 in poi, ebbe un' applicazione più diffusa in tutta Europa, a partire dal Portogallo fino ad arrivare al Regno delle due Sicilie e alla Russia.

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Il successo della rivoluzione in Spagna, che portò nel 1820 alla reintroduzione della Costituzione di Cadice del 1812, si riverberò in quasi tutta Europa, in particolar modo nel Regno delle due Sicilie.

Per capire i motivi che portarono ai moti rivoluzionari del sud Italia, è opportuno delineare un quadro preciso della situazione che in quel momento stava attraversando l'Europa. Infatti, dopo la sconfitta di Napoleone, le potenze europee si riunirono a Vienna per decidere i nuovi assetti del continente. L’obiettivo del congresso di Vienna (1814-1815), al quale presero parte Inghilterra, Russia, Prussia, Austria e Francia, era quello di ritornare ad una situazione nella quale le classi aristocratiche e il clero avessero la supremazia29. Ciò significava non lasciare traccia dei principi che si erano affermati durante la rivoluzione francese, ossia abolire libertà di parola, stampa e associazione, riducendo il carattere laico degli Stati, in modo che la Chiesa riaffermasse il proprio potere. Con il congresso di Vienna, quindi, si voleva intraprendere quel processo definito di restaurazione dell’Europa30.

Questa restaurazione incontrò parecchie difficoltà, in quanto in Europa si formarono dal 1820 al 1848 dei moti rivoluzionari che si batteranno contro questo tentativo del congresso.

29 A. Caruso, Il dibattito in occasione dei 200 anni dal Congresso di Vienna, in Società e storia,

N°155, 2017, 167-183

30 N. Silvestro, Compendio di storia contemporanea. Dal congresso di Vienna ai giorni nostri, Edizioni Giuridiche Simone, Napoli, 2018, 5-12

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Il regista del Congresso fu il ministro degli esteri austriaco Metternich, che regolava i rapporti fra gli Stati. La Francia venne accettata grazie al ministro degli esteri francese, Talleyrand, che si batterà per affermare uno dei due principi cardine del congresso: il principio di legittimità, che consisteva nel restituire i troni ai rispettivi sovrani, ai quali Napoleone li aveva tolti illegalmente.

L'Austria si vide riconfermare gli Asburgo e l'egemonia sull'Italia del nord. Gli Stati tedeschi si unirono nella confederazione germanica, che riconosceva come suo imperatore l'imperatore d'Austria, il quale rinunciò al titolo di imperatore del Sacro Romano Impero. La Russia si espanse verso occidente a scapito della Polonia. Il Regno di Sardegna andò ai Savoia, che controllavano Sardegna, Piemonte e Liguria. L'Italia meridionale fu data invece ai Borboni, i quali strinsero un accordo militare con gli austriaci. Belgio, Olanda e Lussemburgo formarono il regno dei Paesi Bassi.

L'Inghilterra si fece carico di garantire l'equilibrio in Europa con il secondo dei principi cardine del congresso: il Principio dell'equilibrio, che stabiliva che tutti i paesi dovessero restare dentro i confini stabiliti dal congresso, e se eventualmente fosse scoppiata in uno Stato una rivolta, gli altri Stati avrebbero avuto l'obbligo di intervenire contro i rivoltosi31.

Per favorire questo equilibrio, si formò poi nel 1815 la Santa Alleanza, proposta

31 D. Galluzzi, Vienna 1815: la reazione della classe aristocratica all’avanzata della borghesia, in www.instoria.it/home/vienna_1815.htm, N°82-2014

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dallo Zar Alessandro I, a cui presero parte Russia, Prussia e Austria, chiamata Santa perché si ispirava a principi cristiani, e proprio questo fu uno dei motivi per cui l'Inghilterra, essendo laica, non aderì a tale patto.

È proprio durante questo periodo che chi faceva parte degli eserciti napoleonici, ossia chi aveva assistito alla laicizzazione di Napoleone, si organizzò in società segrete per contrastare ciò che era emerso dal congresso di Vienna, ossia un ritorno all'antico regime. Queste società, che si basavano sulla segretezza dei programmi e dei partecipanti, e che non accoglievano né artigiani né commercianti, diedero inizio ai famosi moti del 1820. Le più importanti di tali organizzazioni furono: in Italia la carboneria; in Francia l'Adelfi e Filadelfi, in Spagna il Comuneros32.

I moti del 1820 non chiedevano altro che un parlamento e una Costituzione da contrappore al potere assoluto del Re. La prima rivolta fu appunto in Spagna, guidata dal colonello Riego, dalla quale si generarono una serie di moti nel resto dell'Europa. Tra questi, uno dei più rilevanti, fu quello che vide protagonista il Regno delle due Sicilie.

Il Regno delle due Sicilie è il termine con cui si conoscevano i territori dell'Italia meridionale (Napoli) e dell'isola di Sicilia, entrambi domini di un ramo dei Borboni spagnoli dall'anno 1816 al 1860, anno in cui il territorio fu incorporato

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nell'Italia unita. Difatti l'unificazione dei due territori ci fu nel momento in cui Carlo VII di Napoli (III di Spagna) cedette il trono di Napoli e Sicilia a suo figlio Ferdinando nel 1759 per poter far propria la corona spagnola. Ferdinando IV di Napoli a questo punto, dopo aver preso parte alla rivoluzione francese e alle guerre napoleoniche, ritornò al trono napoletano, e cambiò la denominazione Napoli-Sicilia in Regno delle due Sicilie nel 1816, e da quel momento in poi fu conosciuto come Ferdinando I delle due Sicilie33. Un'unificazione però di facciata, visto che la casa Borbone fece nei confronti del regno di Sicilia quello che qualche decennio dopo la casa Savoia avrebbe fatto nei confronti delle Due Sicilie. Cancellò con un regio decreto, l’antico regno di Sicilia, assimilandolo a provincia del regno di Napoli. Oltre a questo, già prima del decreto del 1816 vi erano stati notevoli contrasti tra napoletani e siciliani, a causa di una duplice motivazione, la prima dovuta alla diversa supremazia che dovettero subire: Napoli in mano alla Francia e la Sicilia sotto la “protezione” inglese; il secondo motivo di contrasto fu proprio la Costituzione siciliana del 1812, che separava definitivamente la Sicilia da Napoli34. Una Costituzione, questa, che fu fortemente voluta dagli inglesi e scritta per i baroni siciliani, con uno sguardo rivolto ad un generico modello inglese, rispondendo alle aspirazioni

33 C. M. Rodriguez Lòpez-Brea, La Constituciòn de Càdiz y el proceso revolucionario en las dos

Sicilias (1820-1821), in Historia contemporànea, N°47, 2013, 561-594

34 F. Misuraca ed A. Grasso, Il Regno Siculo-Partenopeo: dalla rivoluzione francese al Congresso di

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autonomistiche siciliane dal regno di Napoli (autonomia amministrativa), ma anche agli interessi economico-sociali degli aristocratici dell’isola e agli interessi commerciali degli inglesi. Aveva inoltre carattere pattizio e, come tutti i contratti, esprimeva gli interessi e le prerogative delle parti contrattuali (gli inglesi, i baroni siciliani, il re e sullo sfondo la Chiesa Cattolica)35.

Il re svolse un ruolo decisivo in quanto espresse su ogni articolo proposto dal parlamento il placet o il vetat. Dunque, non fu una Costituzione imposta al re e non fu una Costituzione ottriata36.

Da un punto di vista contenutistico è necessario rimarcare le differenze sostanziali tra la carta siciliana e quella spagnola di Cadice. Mentre quella spagnola pare rivendicare l’ideologia politica del 1789, battendo l’accento sul potere legislativo, quella siciliana, di modello inglese, pur inserita tra le “innovatrici”, costituisce una sorta di apertura verso i successivi esperimenti tra Direttorio e Restaurazione. E ciò non solo in virtù della sua palese moderatezza, ma anche per i suoi contenuti “compromissori”, tipici delle costituzioni restaurate37.

35 E. Sciacca, «Il modello costituzionale inglese nel pensiero politico in Sicilia tra Sette ed

Ottocento», a cura di A. Romano, Il modello costituzionale inglese e la sua recenzione nell’area mediterranea tra la fine del 700 e la prima metà dell’800. Atti del Seminario Internazionale di Studi in memoria di Francisco Tomás y Valiente (Messina, 14-16 novembre 1996), Giuffrè, Milano, 1998,

375-390

36 A. Grimaldi, La Costituzione siciliana del 1812, in Revista de derecho, Universidad del Norte, 2017, 208-233

37 E. Sciacca, Riflessi del Costituzionalismo Europeo in Sicilia (1812-1815), Catania, Bonanno, 1962, pp. 12-15.

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