R. Garaventa, Sofferenza e suicidio. Per una critica del tradizionale approccio cristiano al problema del dolore, Il melangolo, Genova 2008, pp. 239
Il pensiero cristiano vede, in genere, nel dolore fisico la conseguenza di una colpa commessa (poena peccati) e/o l’occasione per dar prova della fede professata (probatio fidei), attribuendogli quindi una funzione fondamentalmente pedagogico-provvidenziale. Questa concezione tradizionale della sofferenza, che segna pesantemente anche l’attuale dibattito sul testamento biologico e il suicidio assistito, appare tuttavia per più aspetti estremamente problematica (anche da un punto di vista cristiano) e quindi meritevole di un’attenta indagine critica.
In questa prospettiva va letto il presente volume, che affronta in particolare i seguenti problemi: l’assenza nella Bibbia di una condanna esplicita di suicidio ed eutanasia; l’influenza decisiva dell’Agostino antidonatista nella tabuizzazione (teologica, legislativa e cultuale) del fenomeno suicidale nella nostra cultura; la differente valutazione che del suicidio hanno dato le diverse epoche della storia dell’occidente (antichità, medioevo, rinascimento, illuminismo, contemporaneità); la presenza, nel dibattito filosofico sul tema, di due concezioni opposte ma complementari del suicidio: atto razionalmente ponderato e liberamente voluto da un lato, risultato conclusivo di uno sviluppo fondamentalmente patologico dall’altro; la svolta impressa dalla sociologia e dalla psicoanalisi (più attente ai fattori condizionanti la personalità del suicida) nell’approccio al gesto autodistruttivo per eccellenza; la decisività dell’orizzonte di senso che sostanzia l’esistenza del singolo individuo, nell’atto di decidere della legittimità o meno del suicidio; la disumanità di quel cristianesimo che, invece di offrire perdono e speranza, condanna e colpevolizza chi, in uno stato di sofferenza senza via d’uscita, è preso dalla tentazione di levar-la-mano-su-di-sé; l’incongruenza dei principali argomenti addotti dal magistero cattolico contro la legittimità dell’eutanasia; la segreta volontà di scagionare il Dio creatore dalla responsabilità di essere all’origine del dolore del mondo, che sottende il tentativo agostiniano e tradizionale di ricondurre la realtà della sofferenza al peccato d’origine, pensato come evento storicamente accaduto.