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LLI, Vol. 6, No. 2, 2020, ISSN 2421-2695 R.I

Il secondo tempo della vicenda riders in Italia e non solo

la Direzione di LLI https://doi.org/10.6092/issn.2421-2695/12018

Da tempo la Rivista si occupa delle vicende legislative, sindacali e giurisdizionali relative ai lavoratori tramite piattaforma digitale per contribuire al dibattito pubblico e accademico sui temi connessi all’economia del web.

Una parte rilevante, sebbene non esaustiva, di tali vicende riguarda i ciclofattorini del settore food delivery (in altri Paesi, dal Brasile agli Stati uniti, al Regno Unito, è stata invece più rilevante la controversia relativa a Uber e piattaforme simili, peraltro in parte analoga secondo quanto rilevato dal Tribunal Supremo spagnolo nella sentenza qui annotata).

Una sintetica cronistoria degli avvenimenti ci porta indietro di qualche anno, alle prime sentenze che in Italia hanno indagato la natura giuridica del rapporto di lavoro dei riders di Foodora (Tribunale di Torino, 7 maggio 2018, n. 778; Tribunale di Milano 10 settembre 2018, n. 1853; Corte di appello di Torino, 11 gennaio 2019, n. 26), suscitando una vastissima eco dottrinale, intrecciata con il contestuale impegno sindacale (prima l’accordo che ha applicato ai ciclofattorini il CCNL Logistica Trasporto merci e Spedizioni; poi l’Accordo Quadro – Riders Toscana, finalizzato all’assunzione di 20 lavoratori con contratto a tempo indeterminato). Successivamense, il legislatore è intervenuto con la legge n. 128/2019 e l’introduzione del Capo V-bis (“Tutela del lavoro tramite piattaforma digitale”) del d.lgs. n. 81/2015.

Con questi significativi traguardi s’è chiuso il primo tempo della vicenda: mentre le pronunce di merito escludevano la riconducibilità del

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LLI, Vol. 6, No. 2, 2020, ISSN 2421-2695 R.II rapporto di lavoro dei riders alla categoria della subordinazione, l’attenzione dottrinale e l’interesse sindacale sono state volte a fornire comunque una tutela ai fattorini digitali. L’impegno s’è concentrato, in un’ottica rimediale, sull’estensione delle garanzie, considerando lo status di profonda debolezza a proposito del compenso, dell’orario di lavoro, del recesso del rapporto, finanche della salute e sicurezza dei lavoratori delle piattaforme digitali.

Poi, nel gennaio scorso, la sentenza della Cassazione (n. 1663/2020), pur non esaminando la natura del rapporto di lavoro che non era oggetto della cognizione del giudice di legittimità, ha riconosciuto l’applicazione della disciplina del lavoro subordinato in virtù dell’art. 2, co. 1, d. lgs. n. 81/2015, anche argomentando dalla novella legislativa pur non direttamente invocabile nella fattispecie di causa. In primavera si sono susseguiti i decreti con cui i giudici hanno imposto alle piattaforme di food

delivery di assicurare gli strumenti e i dispositivi di protezione individuali per

l’esecuzione della prestazione contro i rischi da Covid-19 (Trib. Firenze, 5 maggio 2020; Trib. Bologna, 14 aprile 2020, n. 745, di cui il precedente numero della Rivista s’è occupato), ritenendo, a prescindere da profili qualificatori non esaminati in sede di provvedimenti cautelari, ormai acquisito il carattere etero-organizzato del rapporto di lavoro, sulla scia tracciata dalla Cassazione.

È poi intervenuta la stipula del contratto UGL-Assodelivery (CCNL “per la disciplina dell’attività di consegna di beni per contro altrui, svolta da lavoratori autonomi, c.d. rider”, sottoscritto il 15 settembre 2020), che ha espressamente considerato i riders come lavoratori autonomi al fine di derogare alle previsioni sul compenso contenute nell’art 47-quater, co. 2, d. lgs. n. 81/2015 secondo quanto consentito dal co. 1, della stessa norma. Ne è seguito, il 2 novembre 2020, da parte dei sindacati dei trasporti aderenti a Cgil, Cisl e Uil, un altro accordo – con ventidue organizzazioni datoriali rappresentative d’un settore più ampio del food delivery – sempre riferito all’applicazione del Capo V-bis, d. lgs. n. 81/2015, dunque a riders che siano qualificabili come autonomi, cui tuttavia sono state riconosciute tutele incisive.

A questi mesi densi di avvenimenti s’è aggiunta, di recente, la prima sentenza che in Italia ha qualificato come subordinato il rapporto di lavoro dei fattorini di Foodinho, società nel frattempo acquisita da Glovo (Trib.

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LLI, Vol. 6, No. 2, 2020, ISSN 2421-2695 R.III Palermo, 24 novembre 2020, n. 3570). E, poiché quest’ultima sentenza richiama la quasi contestuale decisione del Tribunal Supremo spagnolo sui

repartidores di Glovo (Tribunal Supremo, Sala de lo Social, 25 settembre

2020, n. 805), è sembrato opportuno introdurre un approccio comparativo fra le giurisprudenze dei Paesi europei.

Probabilmente si sta delineando un secondo tempo nel dibattito sul diritto al lavoro dei fattorini digitali al quale sono dedicati i commenti e i contributi dottrinali che seguono.

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