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Rilettura a scopi forensi di immagini radiologiche cliniche: utilità nella valutazione dei delitti contro la persona

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Academic year: 2021

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UNIVERSITÀ DEGLI STUDI DI PISA FACOLTÀ DI MEDICINA E CHIRURGIA

SCUOLA DI SPECIALIZZAZIONE IN MEDICINA LEGALE

Tesi di specializzazione

Rilettura a scopi forensi di immagini radiologiche

cliniche: utilità nella valutazione dei delitti contro la

persona

RELATORE

Chiar.ma Prof.ssa Turillazzi Emanuela

CORRELATORE

Dott.ssa Chiara Toni

CANDIDATO

Dott.ssa Filomena Costanza

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1. Introduzione ………...……… 3

1.1 I reati contro la persona: l’indagine medico-legale in caso

di lesioni personali e tentato

omicidio………3 1.2 Utilità dell’indagine radiologica a fini medico-legali e

peritali in ambito

penale………12

2. Materiali

e

metodi………..17

2.1 Presentazione di casi esemplificativi occorsi nell’Azienda Sanitaria di Aria Vasta Nord Ovest nell’arco temporale 2011-2019 ………... 18

2.2 Visita medico legale

2.3 Quesiti posti dall’Autorità Giudiziaria

3. Discussione………... 61

3.1 Contributo della revisione delle immagini radiologiche e della ricostruzione 3D nella risposta ai quesiti

4. Tabelle esplicative

4.1 Comparazione fra indagini radiodiagnostiche a finalità clinica, obiettività medico legale e revisione delle immagini radiologiche a scopo forense …... 89

4.2 Risposte ai quesiti dell’Autorità

Giudiziaria………...………. 94

5. Conclusioni……… 99

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1. Introduzione

1.1 I reati contro la persona, nell’ordinamento giuridico italiano, sono disciplinati dal Titolo XII del Libro II del Codice Penale in cui sono ricompresi tutti quei delitti che ledono o comunque mettono in pericolo i beni fondamentali dell’individuo quali vita ed incolumità individuale (o integrità) (Capo I), maternità (Capo II), onore (Capo III) e la libertà individuale (Capo IV).

Di questi, il I riveste interesse medico-legale in particolare per quanto attiene i delitti di percosse (art. 581) e lesioni personali (art. 582) la cui specifica previsione è rivolta alla tutela della persona e alla sua integrità psico-fisica ed un accertamento e valutazione esaustivi del danno inflitto alla vittima sono di grande importanza per poter correttamente inquadrare il dato biologico nelle esigenze giurisprudenziali.

La vita è un bene primario nell’ordinamento italiano e costituisce presupposto indispensabile per il godimento di qualsivoglia altro bene o diritto; l’incolumità della persona è invece intesa come “sfera di signoria” sulla propria dimensione corporea e come “diritto all’intangibilità” della stessa contro intromissioni di terzi.

Il delitto di percosse costituisce un’offesa all’incolumità della persona e si differenzia dalle lesioni personali poiché in questo caso la violenza subita dalla vittima non comporta una malattia, l’art. 581 infatti recita “Chiunque percuote taluno, se dal fatto non deriva una malattia nel corpo e nella mente, è punito, a querela della persona offesa, con la reclusione fino a sei mesi o con una multa fino a L. 6000.000 (309,87 euro) …”.

Si fa dunque riferimento ad una “sensazione fisica dolorosa, che non lasci residuo di tracce organiche”, anche sequesta non è essenziale per l’esistenza del reato. Nonostante il soggetto passivo, per ragioni particolari, può non provare suddetta sensazione, se il fatto di norma è idoneo a produrla l’elemento oggettivo del reato comunque sussiste; per tale motivo il delitto di percosse è reato di pura condotta, a differenza di quello di lesioni personali, che è un reato di evento in quanto è necessario che dall’azione violenta scaturisca uno stato di malattia; nell’art.582 si legge “Chiunque cagiona ad

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alcuno una lesione personale, dalla quale deriva una malattia nel corpo o nella mente, è punito con la reclusione da tre mesi a tre anni. Se la malattia ha una durata non superiore ai venti giorni e non occorre alcuna delle circostanze aggravanti previste negli art. 583 e 585, ad eccezione di quelle indicate nel n.1 e nell’ultima parte dell’art. 577, il delitto è punibile a querela della persona offesa”.

Nell’art. 583 vengono poi declinate circostanze aggravanti che possono ricorrere in caso di lesioni personali – “La lesione personale è grave e si applica la reclusione da tre a sette anni: 1°) se dal fatto deriva una malattia che metta in pericolo la vita della persona offesa, ovvero una malattia o un’incapacità di attendere alle ordinarie occupazioni per un tempo superiore ai quaranta giorni; 2°) se il fatto produce l’indebolimento permanente di un senso o di un organo; 3°) se la persona offesa è una donna incinta e dal fato deriva l’acceleramento del parto. La lesione personale è gravissima e si applica la reclusione da sei a dodici anni, se dal fatto deriva: - una malattia certamente o probabilmente insanabile; - la perdita di un senso; - la perdita di un arto o una mutilazione che renda l’arto inservibile, ovvero la perdita dell’uso di un organo o della capacità di procreare, ovvero una permanente e grave difficoltà della favella; - la deformazione ovvero lo sfregio permanente del viso; - l’aborto della persona offesa.

Correlando i due articoli citati (582 e 583) fra di loro si individuano con finalità pratiche 4 gradi di lesioni personali distinte in base alla durata della malattia e alla gravità delle conseguenze dell’azione lesiva: lievissima – malattia di durata non superiore ai 20 giorni, qualora non si verifichino le conseguenze indicate nell’art 583; lieve – malattia di durata compresa tra 21 e 40 giorni; grave – malattia di durata superiore ai 40 giorni, ovvero incapacità di attendere alle ordinarie occupazioni di durata superiore ai 40 giorni, malattia che metta in pericolo di vita la persona offesa, indebolimento a carattere permanente di un senso o di un organo; gravissima – malattia certamente o probabilmente insanabile, perdita di un senso, perdita di un arto o mutilazione che renda l’arto inservibile, perdita dell’uso di un organo, perdita della capacità di procreare, permanente e grave difficoltà nella favella, deformazione o sfregio permanente del viso.

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Per tutte le lesioni personali l’elemento psicologico rileva ai fini della perseguibilità e quindi all’obbligo o meno di fare referto; se dolose sono perseguibili a querela di parte solo se lievissime, se viceversa sono colpose sono sempre perseguibili a querela di parte tranne le lesioni personali gravi e gravissime nelle previsioni di inosservanza delle norme sull’igiene del lavoro e sulla prevenzione degli infortuni e delle malattie professionali, casi in cui si procede d’ufficio.

Per il disposto dell’art 585 invece il delitto di lesioni personali è aggravato se concorre una delle circostanze previste per l’omicidio negli artt. 576 e 577 oppure se il fatto è commesso con armi o con sostanze corrosive ovvero da persona travisata o da più persone riunite1.

Si evince dunque che elementi caratterizzanti le lesioni personali sono l’elemento soggettivo e l’evento (malattia, il cui verificarsi segna il momento consumativo del reato).

Per quanto riguarda l’elemento soggettivo, il dolo nel suo contenuto psicologico è considerato dalla Giurisprudenza identico a quello delle percosse e si identifica nel proposito da parte dell’agente di “manomettere violentemente l’altrui persona fisica” e conseguentemente “sono imputabili a titolo di dolo dell’agente tutti gli effetti lesivi che si collegano con rapporto di causalità diretta alla condotta violenta posta in essere volontariamente contro il soggetto passivo (Cass. Pen. 15/12/78)”.

Il secondo elemento, l’evento, implica che affinché sussista il delitto di lesioni personali si determini uno stato di malattia nel corpo o nella mente, variamente descritto e in buona sostanza definito come “qualsivoglia alterazione anatomo-funzionale, peggiorativa dello stato anteriore, ancorché localizzata e non necessariamente impegnativa delle condizioni dell’organismo nel suo insieme, dotata di una percepibile capacità di evolvere, tesa al ristabilimento di un successivo equilibrio, con eventuali postumi medico-legalmente apprezzabili”. Da quanto sopra esposto discende che in caso di lesioni personali, gli accertamenti medico-legali, al fine di essere esaustivi e portare ad un corretto inquadramento della fattispecie criminosa, dovranno valutare ognuno dei seguenti fattori:

• La natura della lesione, che andrà dedotta dai segni anatomici e funzionali della stessa

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• La durata della malattia conseguente alla lesione, computata dall’inizio della sintomatologia fino alla constatazione della guarigione

• La durata della capacità di attendere alle ordinarie occupazioni, la cui valutazione presume il giudizio circa la ripresa funzionale del soggetto leso ed il genere di attività abitualmente esercitata dallo stesso

• I postumi penalmente rilevanti • Il pericolo di vita.

Detto ciò, merita soffermarsi su cosa s’intenda per “durata di malattia” in quanto elemento centrale per la collocazione della lesione di volta in volta osservata in uno dei 4 gradi di gravità crescente sopra ricordati. Essa corrisponde al tempo durante il quale evolvono i fenomeni morbosi reattivi e riparativi fino all’avvenuta guarigione che segna il momento in cui cessano i disturbi funzionali della malattia e, o termina con la completa restitutio ad integrum, o guarisce lasciando postumi permanenti oppure cronicizza.

Per fissare il momento della guarigione occorre attenersi al criterio clinico-funzionale considerando cessata la malattia quando l’organismo nel suo complesso o l’organo singolo sia stabilizzato nella sua funzionalità.

Non rientrano pertanto nella malattia i processi intimi e lenti di riparazione anatomica che continuano anche dopo la ripresa funzionale in totale assenza di sintomi clinici (ad es. l’organizzazione della cicatrice di una ferita, il consolidamento del callo osseo già formato di una frattura, il riassorbimento del sangue stravasato di un ematoma, il rimaneggiamento strutturale dei tessuti dopo un intervento chirurgico). Il periodo della convalescenza non viene di regola computato nel calcolo della durata della malattia perché convalescente è colui che guarito dalla malattia sta riprendendo le forze. Nel computo della durata vanno invece sommati i periodi di malattia causati da ricadute o da recidive eventuali o da interventi chirurgici differiti con esclusione degli intervalli di normalità clinica.

Altro concetto rilevante al fine di definire una lesione personale è quello di “incapacità di attendere alle ordinarie occupazioni”: trattasi di uno stato transitorio di natura fisica o psichica temporaneamente impeditivo o limitativo dell’esplicazione di quelle attività personali consuete e lecite che prima del fatto erano consentite al leso; vi rientrano non solo le mansioni lavorative, ma anche le attività extra-lavorative aventi carattere ricreativo, culturale, sportivo,

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purché non saltuarie che contribuiscono all’espansione sociale dell’individuo e rappresentano un normale e consuetudinario tenore di vita.

Ne consegue il carattere di relatività dell’incapacità, in quanto deve essere sempre considerata in relazione all’abituale tenore di vita del soggetto leso e non in maniera astratta.

Tale incapacità rileva penalmente solo quando supera il 40° giorno e solitamente si associa alla malattia in atto (es il fratturato di gamba durante l’immobilizzazione in apparecchio gessato), ma può anche superarla ed eventualmente protrarsi durante il periodo della cosiddetta convalescenza (se il paziente non ha ripreso in tutto o in parte le sue occupazioni) e cessa quando il soggetto è completamente ristabilito.

Nella pratica medico-legale si riscontra di fatto che se non vi è malattia non può esserci incapacità, poiché essa è una conseguenza oltre che presupposto della lesione personale.

I due periodi, malattia ed incapacità, vanno comunque valutati in modo separato e la durata dell’incapacità può far travalicare una lesione personale da lievissima o lieve a grave (es. frattura di polso destro: malattia 30 gg, convalescenza 20 gg, totale 50 giorni di incapacità di attendere alle ordinarie occupazioni).

Come sopra accennato, la malattia può non giungere a completa risoluzione ed esitare in postumi penalmente rilevanti, valutabili una volta che la malattia si sia stabilizzata.

Per postumi penalmente rilevanti s’intende l’indebolimento permanente, quindi una condizione stabile e duratura, di un senso o di un organo (insieme delle parti anatomiche che servono ad espletare una determinata funzione) con riduzione dell’efficienza ed effettiva limitazione della funzione interessata. Il deficit deve essere concreto, reale e raggiungere un “grado minimo” per essere apprezzato, ma sull’entità non si è ancora raggiunto un accordo: taluni sostengono che perché si configuri l’indebolimento i limiti minimi di riduzione funzionale oscillino intorno al 10%, mentre un deficit che sopravanza il 90% configura piuttosto una perdita di funzione, altri sostengono che l’apprezzabilità del postumo risieda nella sua rilevabilità clinica e nemmeno dalla giurisprudenza di legittimità provengono valutazioni univoche.

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Nell’art. 583 si parla inoltre di pericolo per la vita, fattispecie che rende di per sé la lesione personale giuridicamente grave; perché ciò si verifichi occorre che in un momento del processo patologico innescato dall’atto violento la morte del soggetto si configuri come imminente, reale e contingente stante la compromissione delle condizioni cardiocircolatorie, respiratorie e neurologiche (Tripode di Bichat).

L’esplorazione delle funzioni vitali avviene solitamente attraverso rilievi di semeiologica clinica e una semplice verifica contestuale di natura strumentale; nell’ambito cardiocircolatorio si fa riferimento ai parametri di pressione arteriosa e alle caratteristiche del polso, affiancati dall’esecuzione di un tracciato elettrocardiografico per la ricerca di eventuali gravi alterazioni del ritmo cardiaco, la funzione respiratoria viene invece di norma indagata nel contesto dell’esame obiettivo toracico con rilievo della frequenza e della tipologia degli atti respiratori, coadiuvandosi con un’indagine emogasanalitica, mentre per la funzione neurologica ci si affida all’esplorazione clinica e alla lettura dell’EEG.

Il riconoscimento del pericolo per la vita può avvenire nell’immediatezza della ricorrenza, nel corso delle attività di pronto soccorso oppure della degenza in ambito ospedaliero (e in questo caso corre l’obbligo di segnalazione all’Autorità Giudiziaria) oppure retrospettivamente in corso di operazioni peritali alla rilettura di referti, cartelle cliniche, certificati e quant’altro con la dovuta precisazione che non sempre una riconosciuta prognosi riservata corrisponde all’effettiva ricorrenza di un pericolo per la vita1.

Il comma 2 dell’art. 583 elenca poi le figure biologiche che rendono la lesione personale gravissima: malattia certamente o probabilmente insanabile, intesa come un’alterazione disfunzionale in evoluzione con ripercussione menomativa e carattere di inguaribilità sulla base delle attuali conoscenze mediche; l’insanabilità viene prevista non solo in termini di certezza, ma anche di probabilità secondo il principio dell’id quod plerumque accidit; perdita di un senso, intesa come soppressione di una funzione sensoriale specifica; perdita di un arto, inteso come ognuno dei 4 segmenti corporei articolabili che si staccano dal tronco nella sua interezza, per cui la perdita esclude dalla qualificazione di arto gli altri segmenti non articolati (es. le falangi); mutilazione che renda l’arto inservibile, vien fatto riferimento alla funzione tipica dell’arto e

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cioè quella prensile per l’arto superiore e quella deambulatoria per l’arto inferiore, persa in seguito all’asportazione o comunque distruzione di una struttura anatomica dell’arto oppure di una sua componente deputata alla funzionalità (come il plesso brachiale); perdita dell’uso di un organo, il concetto di organo ha valenza funzionale e dunque ci si riferisce non solo ad un dato anatomico, ma all’inemendabile soppressione delle funzioni essenziali e non vicariabili dell’organo danneggiato; perdita della capacità di procreare, con diversa estrinsecazione nei due sessi, nell’uomo si può realizzare sia un’impotenza al coito (impotentia coeundi) che un’inidoneità all’inseminazione naturale (impotentia generandi), nella donna si aggiunge l’impossibilità a condurre una gravidanza e a partorire naturalmente (impotentia gestandi e

parturiendi); permanente e grave difficoltà nella favella, per cui s’intende il

linguaggio parlato, l’espressione vocale attraverso suoni articolati, essendo irrilevante la persistenza di altri sistemi di comunicazione come la mimica e la gestualità; deformazione o sfregio permanente del viso, in cui si distingue tra alterazione dell’originaria regolarità delle linee del viso con sovvertimento estetico-fisiognomico (deformazione) e più modesta alterazione dell’euritmia dei lineamenti, purché oggettivamente apprezzabile2.

Di rilevante importanza, in sede medico legale è la possibilità di distinguere i delitti in parola con la fattispecie di omicidio tentato.

L’omicidio può essere definito, citando la nota descrizione che ne fa il celebre docente di diritto criminale dell’Università di Pisa, Giovanni Carmignani, nella sua opera Elementa juris criminalis (1833), come “hominis caedes ab homine iniuste patrata”, ovvero l’uccisione di un uomo, con dolo o colpa, cagionata ingiustamente da un altro uomo.

Il codice penale tutela il bene della vita, insopprimibile presupposto per il riconoscimento e l’esercizio dei diritti individuali, attraverso le previsioni contenute negli art. 575-577, 584, 589 c.p. differenziando, sotto il profilo soggettivo, le figure dell’omicidio doloso, preterintenzionale e colposo. Nello specifico, l’omicidio volontario è disciplinato dall’art 575 c.p. “Chiunque cagiona la morte di un uomo è punito con la reclusione non inferiore ad anni 21” e negli articoli seguenti, 576 e 577 c.p., vengono elencate possibili circostanze aggravanti che condizionano la gravità della pena, fino all’ergastolo (perpetrato nei confronti dell’ascendente o del discendente;

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premeditazione; uso di veneficio o altro mezzo insidioso; per sottrarsi all’arresto o alla cattura et.)2.

Nell’ordinamento italiano, è prevista una responsabilità penale anche per colui che tenta, senza tuttavia riuscirvi, di realizzare un fatto delittuoso; tale circostanza, nel caso dell’omicidio, non costituisce un’attenuante del reato di base, ma rappresenta un’autonoma figura delittuosa ed è disciplinata dal combinato disposto dell'art. 56 c.p. che recita “Chi compie atti idonei, diretti in modo non equivoco a commettere un delitto, risponde di delitto tentato, se l'azione non si compie o l'evento non si verifica …” e dell’art 575 c.p3.

Il razionale dell’art. 56 c.p. è di rendere punibile già la sola esposizione ad un pericolo concreto nei confronti di un bene giuridicamente tutelato; tuttavia, a tal proposito la dottrina si è divisa e sono sorte tre teorie interpretative:

- la teoria oggettiva, secondo la quale il tentativo è punibile se sussiste il pericolo di realizzazione dell'evento, quindi se gli atti risultano qualitativamente idonei a ledere il bene giuridico;

- la teoria soggettiva, per la quale è bastevole la volontà del soggetto agente a porre in essere con chiaro scopo lesivo determinate azioni, anche di per sé non esplicitamente idonee a ledere il bene giuridico;

- la teoria intermedia, che meglio si adatta alle previsioni del codice penale, tiene in considerazione tanto gli elementi oggettivi che quelli soggettivi e quindi basa la punibilità sull'idoneità e sulla univocità.

La maggior parte delle pronunce in giurisprudenza tiene conto di entrambi i requisiti di idoneità lesiva e di univocità degli atti nell’intento delittuoso4.

Ai fini della configurabilità del tentativo dunque, i requisiti fondamentali dell’atto sono specificamente due: l'idoneità e la direzione non equivoca dello stesso, l’azione cioè deve essere tesa in modo non dubbio, ma certo e sicuro al raggiungimento dell’azione criminosa e deve essere effettivamente in grado di portare al compimento della stessa.

Numerose sono le sentenze che si sono espresse in proposito; di seguito si citano le più rilevanti:

- Cass 9411/2010 "gli atti diretti in modo non equivoco a commettere un

reato possono essere esclusivamente gli atti esecutivi, ossia gli atti tipici, corrispondenti, anche solo in minima parte, come inizio di

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esecuzione, alla descrizione legale di una fattispecie delittuosa a forma libera o vincolata, in quanto la univocità degli atti indica non un parametro probatorio, ma un criterio di essenza e una caratteristica oggettiva della condotta";

- Cass 4033/2015 "in tema di tentativo, per affermare l'univocità degli atti,

ancorché la prova del dolo sia stata desunta aliunde, è necessario effettuare una seconda verifica per accertare se gli atti posti in essere, valutati nella loro oggettività per il contesto nel quale si inseriscono, per la loro natura e la loro essenza, siano in grado di rivelare, secondo le norme di esperienza e secondo l'id quod plerumque accidit, il fine perseguito dall'agente";

- Cass 39749/2017 “per affermare la sussistenza del tentativo di reato ex

art. 56 c.p., il requisito dell’univocità degli atti va accertato ricostruendo, sulla base delle prove disponibili, la direzione teleologica della volontà dell’agente quale emerge dalle modalità di estrinsecazione concreta della sua azione, allo scopo di accertare quale sia stato il risultato da lui avuto di mira, sì da pervenire con il massimo grado di precisione possibile alla individuazione dello specifico bene giuridico aggredito e concretamente posto in pericolo”.

La valutazione dell’idoneità di cui all'art. 56 c.p., non è sempre agevole in quanto avviene a forza di cose attraverso un giudizio ex ante, avente ad oggetto le circostanze conosciute e conoscibili dall'agente al momento della commissione del fatto, prescindendo totalmente dalle circostanze impreviste o comunque non volute dall'agente, che hanno impedito la consumazione del delitto.

Si parla in tale frangente della cosiddetta prognosi postuma, così come espresso nella sentenza n. 31341/2011 emanata dalla Corte di Cassazione

"l'adeguatezza della condotta dell'agente deve essere apprezzata attraverso la cd prognosi postuma, che impone al giudice di collocarsi idealmente nel momento in cui è stata posta in essere la condotta, per accertare se questa si presentava in concreto adeguata rispetto al fine, nel senso di avere l'idoneità rispetto alla realizzazione dell'evento".

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Similmente si esprime la sentenza di Cassazione 52052/2014 "nell'ipotesi di

omicidio tentato, la prova del dolo - ove manchino esplicite ammissioni da parte dell'imputato - ha natura essenzialmente indiretta, dovendo essere desunta da elementi esterni e, in particolare, da quei dati della condotta che per la loro non equivoca potenzialità offensiva sono i più idonei ad esprimere il fine perseguito dall'agente”, la quale ribadisce che l'azione deve essere

apprezzata in concreto, indipendentemente da quali siano stati gli effetti realmente raggiunti, perché altrimenti l'azione, per non aver conseguito l'evento, sarebbe sempre inidonea nel delitto tentato.

Fatte queste premesse, da un punto di vista medico legale, per poter stabilire se la condotta posta in essere dall'agente sia stata potenzialmente idonea e diretta in modo non equivoco alla produzione di lesioni o stati patologici in grado di cagionare la morte (indipendentemente dal fatto che questi si verifichino o meno), gli elementi valutativi ritenuti di rilievo sono i seguenti: -il mezzo lesivo adottato;

-le modalità di utilizzo del mezzo lesivo; -la forza adottata nel colpire;

-la reiterazione dei colpi; -le regioni corporee colpite;

-l'esistenza o meno del pericolo di vita.

1.2 L’importanza del ruolo della radiologia nella valutazione dei profili di responsabilità nei casi di stampo criminoso è nota da tempo; le indagini radiologiche offrono la possibilità di “fossilizzare l’evidenza” nel processo di identificazione dei danni causati da terze parti, così che questa possa venir esaminata dal magistrato o altri esperti anche negli anni a venire con la stessa accuratezza diagnostica, a differenza dell’indagine autoptica che invece non è ripetibile.

Utilizzata su vasta scala su cadavere per l’identificazione e la localizzazione di corpi estranei, tanto che è stato creato il termine ‘Virtopsy’, neologismo che fonde le parole ‘virtuale’ ed ‘autopsia’, la radiologia forense trova largo impiego anche su vivente nei seguenti ambiti:

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 studio dell’età ossea (tema piuttosto rilevante al momento visto il numero di migranti dall’Africa e dai paesi dell’Est, che fanno ingresso in Europa spesso privi di documenti)

 abuso di droghe (attraverso accertamenti TC è possibile ad esempio vedere perforazioni del setto nasale tipiche del consumatore abituale di cocaina; individuare polmoniti da aspirazione; emorragie cerebrali; distinguere un edema cardiogeno da uno non-cardiogeno) e loro contrabbando (individuazione di corpi estranei)

 distinzione fra lesioni traumatiche o viceversa patologiche,

fondamentale sia in campo penale (reato di lesioni personali; maltrattamento di minori) sia civile (risarcimento del danno) sia assicurativo (incidenti sul lavoro) sia privato (diritto all’indennità). Entrando nello specifico del reato di lesioni personali, il Codice Penale punisce chiunque provochi ad altri una malattia nel corpo o nella mente, con gradualità della pena in funzione della gravità della lesione: la sanzione è accresciuta sulla base della durata di malattia e/o dell’esistenza di postumi invalidanti, così come dall’estrinsecarsi di un imminente, concreto e contingente pericolo per la vita del soggetto leso. Da ciò deriva l’importanza di un esatto inquadramento del danno e della corretta identificazione delle conseguenze lesive di ogni azione antigiuridica.

La medicina legale deve infatti rispondere a quesiti specifici da cui dipendono conseguenze penali di non poco conto e deve quindi potersi avvalere di dati clinici il più possibile obiettivi e sicuri; l’indagine radiologica che consente un migliore approfondimento diagnostico e fornisce immagini archiviabili e verificabili anche da altri può fornire un aiuto concreto.

In medicina legale hanno particolare rilievo questioni di ordine cronologico, causale, prognostico e il medico forense deve affrontare in ogni sua valutazione aspetti quali sede, epoca e modalità di produzione, idoneità lesiva qualitativa (modale) e quantitativa per cui si prospetta particolarmente utile il ricorso ad indagini ancillari di supporto quali quelle radiologiche principalmente, sia nei momenti iniziali sia a distanza per un’eventuale valutazione dei postumi (la norma difatti fa esplicito riferimento all’indebolimento o perdita d’organo – di funzione – e alla malattia probabilmente o certamente insanabile).

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L’obiettività clinica è la base su cui si fonda la stima del danno in ogni ambito medico legale, tuttavia molto spesso accade che l’indagine semeiologica a scopo medico-legale venga posticipata, anche di mesi o persino anni, in dipendenza dal momento in cui viene affidato l’incarico da parte del magistrato, che può essere sia nell’immediatezza dei fatti, ma anche, come molto più frequentemente accade, quando oramai è trascorso un discreto lasso di tempo.

In questi casi, la valutazione medico-legale deve basarsi sull’obiettivazione e descrizione dei reliquati lesionali eventualmente presenti, sui rapporti di Polizia e Autorità Giudiziaria e sulla documentazione clinica esistente (cartelle di ricovero; referti; etc.).

Tuttavia, la valutazione clinica ha lo scopo di individuare la lesione e adottare i necessari provvedimenti terapeutici, poco importa se il danno è di natura traumatica o degenerativa, distinzione invece di grandissima rilevanza in sede penale (reato di lesione personale) e non si focalizza su rilievi di precipuo interesse medico-legale come la descrizione di lacerazioni, ecchimosi, rigonfiamenti etc.; lesività magari di minor conto, ma che può risultare assai utile nel ricostruire la dinamica degli eventi e tuttavia inevitabilmente soggetta allo scorrere del tempo per cui non è più evidenziabile una volta iniziati i fenomeni riparativi.

Tecniche di imaging strumentale, quali TC e RM soprattutto, se condotti in un tempo relativamente prossimo all’evento possono fornire informazioni pratiche per la definizione cronologica di un’alterazione patologica, come ad esempio la presenza o meno di edema a carico dei tessuti molli periarticolari, i contorni netti o viceversa sfumati della lesione, lo stato delle strutture contigue, l’intensità di segnale regolare o meno alla RM5, la densità mantenuta oppure

no alla TC, rendendo così possibile distinguere tra conseguenza diretta del trauma o viceversa preesistenza6.

Mediante questo tipo di indagini si possono dunque risolvere problematiche di nesso causale, allo scopo di ricondurre una determinata alterazione al fatto giuridicamente rilevante; difatti il presupposto giuridico per cui chiunque possa essere chiamato a rispondere di un fatto previsto dalla legge come reato è che il comportamento dell’agente rappresenti fattore condizionante causale dell’effetto (evento). L’assunto si traduce nella previsione dell’art. 40 c.p.

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“Rapporto di causalità – Nessuno può essere punito per un fatto preveduto dalla legge come reato, se l’evento dannoso o pericoloso, da cui dipende la esistenza del reato, non è conseguenza della sua azione o omissione. Non impedire un evento, che si ha l’obbligo giuridico di impedire, equivale a cagionarlo”.

L’opera del radiologo dunque concorre nello stabilire congruità e proporzionalità tra evento e lesione ossea e/o viscerale osservata e le indagini di imaging ripetute nel tempo offrono la possibilità di monitorare l’evolversi delle lesioni fino alla loro stabilizzazione clinica, con o senza postumi, dal momento che forniscono un dato morfo-strutturale dalla cui interpretazione si può ricavare la presenza di un’eventuale alterazione clinico-umorale.

Riassumendo, le finalità medico-legali dell’accertamento radiologico sono:

 Diagnosi precisa del quadro lesivo

 Stabilire la patogenesi dell’alterazione (nesso causale) e l’eziologia (esogena oppure endogena)

 Risolvere i problemi di cronologia della lesione (nesso causale) e definire la compatibilità temporale fra la stessa e il trauma

 Esatto inquadramento dei postumi

 Prognosi di eventuale evoluzione peggiorativa7.

Lo specialista radiologo può esser chiamato a dare una seconda valutazione su immagini precedentemente acquisite, ma carenti di informazioni utili a fini medico-legali, o viceversa incaricato di eseguire una nuova indagine strumentale, descrivendo comunque sempre in modo chiaro e accurato ciò che vede, così da rendere l’indagine completa e non ambigua.

Merita comunque precisare che l’esame radiologico a scopo medico-legale su vivente, non essendo scevro da rischi derivanti dall’esposizione del soggetto a radiazioni ionizzanti, deve rispondere a “criteri di liceità”, dettati dal codice deontologico ed etico, ed è normato dal decreto legislativo 230 del 1995 che all’art.111 comma 6 recita “particolare attenzione deve essere posta nella

giustificazione delle indagini radiodiagnostiche espletate su singole persone o su particolari gruppi di persone con fini medico legali o di assicurazione. Per questi esami e per quelli di cui al comma 5 (esami radiologici individuali o collettivi effettuati a titolo preventivo) è escluso l’impiego della radioscopia

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diretta … gli esami di cui ai commi 5 e 6 vengono effettuati con il consenso della persona interessata”.

In ogni caso in cui venga proposto di sottoporre il soggetto ad una qualche indagine radiologica si deve quindi osservare grande prudenza, esplicitando i motivi che la rendono opportuna, vantaggi e svantaggi che possono derivare al paziente e le ragioni tecniche della richiesta.

Considerato inoltre che quando viene richiesto un esame radiodiagnostico nelle vittime di violenza per scopi esclusivamente forensi e non terapeutici è richiesto il consenso del paziente, uno studio del 20148 si è posto l’obiettivo di

stimare attraverso la somministrazione di un apposito questionario il grado di consenso in due gruppi, uno composto da vittime di violenza, l’altro preso come controllo, registrando un alto numero di consensi in entrambi, indipendentemente dal tipo di esame condotto e dall’esposizione a radiazioni, con una leggera prevalenza fra le vittime di violenza, dimostrando quindi che le tecniche radiologiche potrebbero avere larga applicazione anche nel campo della medicina legale clinica.

Dalla ricerca in letteratura è emerso che per quanto riguarda gli studi su vivente, sono presenti soprattutto lavori su vittime sopravvissute a tentativi di strangolamento in cui è stata condotta appositamente una risonanza magnetica a distanza variabile dall’evento, allo scopo di evidenziare segni indicativi di un effettivo pericolo di vita (quali edema ed emorragie dei muscoli del collo; sanguinamenti intra e sottocutanei; emorragie a carico dei linfonodi)9;10; articoli che mettono in luce l’utilità dell’indagine TC eseguita

all’accesso in ospedale di vittime di incidenti balistici allo scopo di localizzare e caratterizzare i danni causati dal proiettile11;12; altri in cui si valuta il tasso di

rilevamento e la possibilità di ottenere una corretta classificazione delle lesioni dei tessuti molli in persone sopravvissute ad un trauma cranico13;14 e lavori

ancora più specialistici mirati alla caratterizzazione mediante TC di fratture solitamente di difficile individuazione quali quelle orbitarie15 oppure tesi

all’individuazione della tecnica migliore (TC versus RM) per la caratterizzazione e classificazione dell’estensione del danno a carico di cute e tessuto adiposo in caso di lesività da corpo contundente16.

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2. Materiali e metodi

Il presente elaborato affronta una tematica che finora ha trovato poco riscontro in letteratura e cioè l’utilità della rilettura a scopo forense delle immagini radiologiche acquisite con finalità cliniche nell’immediatezza dei fatti, il cui referto è dunque improntato alla risoluzione di questioni diagnostico-terapeutiche e non certo di patogenesi o compatibilità cronologica fra lesione e trauma, ma che tuttavia racchiudono informazioni potenzialmente rilevanti dal punto di vista medico legale in quanto fotografano la situazione subito dopo l’evento prima che sia posto in essere qualsiasi intervento sanitario ad alterarla.

Sono state esaminate le vicende cliniche di 12 soggetti maschi viventi, raggruppati in 9 casi, che si sono rivolti alle strutture dell’Azienda Sanitaria di Area Vasta Nord Ovest nell’arco temporale dal 2011 al 2019 per diversa lesività traumatica (da arma bianca; mezzo contundente; colpi d’arma da fuoco) conseguente ad aggressioni, risse, colluttazioni, incidenti di caccia. In ogni caso sono stati condotti accertamenti radiodiagnostici all’ammissione in Pronto Soccorso (RX dei segmenti scheletrici interessati/torace; CT di testa-collo/torace/addome) eventualmente ripetuti a seconda delle necessità clinico-diagnostiche e, a distanza di tempo variabile dall’evento.

Tutti i pazienti sono stati sottoposti a visita medico-legale con la finalità di inquadrare esaustivamente la vicenda, valutando la lesività riportata, la compatibilità con la dinamica riferita, ed eventuali residuati, e fornire risposta ai quesiti posti dall’Autorità Giudiziaria.

A tale scopo, sono stati acquisiti i referti delle immagini radiologiche eseguite con finalità cliniche dallo specialista radiologo presente al momento del primo accesso dei soggetti alle cure e successivamente, le stesse immagini sono state riviste da un radiologo esperto in radiologia forense; in taluni casi sono state fatte ricostruzioni TC 3D del distretto anatomico interessato.

I dati sono stati poi analizzati per le finalità forensi di caratterizzazione del danno (acuto/cronico; accidentale/traumatico; idoneità a causare il decesso; residuati anatomici) e di descrizione della dinamica.

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2.1 Presentazione dei casi

CASO I. Colpi di arma da fuoco

2.1 L’uomo accedeva al PS il giorno stesso dell’aggressione con codice rosso per “ferite da arma da fuoco arti inferiori” e venivano condotti gli accertamenti

clinico-strumentali del caso: “Esame obiettivo - GCS 15. EUPNOICO.

Immobilizzato su tavola spinale. Ferite arma da fuoco arti inferiori (ginocchio sx con foro d'entrata e d'uscita, coscia dx con foro d'entrata e d'uscita adduttori, coscia sx con foro d'entrata su adduttori e uscita a livello anca sx, pallottola ritenuta faccia laterale gamba dx con foro d'entrata controlaterale, si incide e si consegna alla polizia). Polsi periferici presenti e simmetrici. Non deficit neurologici focali. Non segni di trauma cranico e toraco-addominale. Bacino stabile. Log-roll negativo. Parametri vitali: “P. max. 155; P. min. 100; F. card. 105; Sat 02 100”.

Ecodoppler arti inf – venoso: “non attualmente rilevabili lesioni vascolari con normale flussimetria artero-venosa; Ecodoppler arti inf – arterioso: non attualmente rilevabili lesioni vascolari con normale flussimetria artero-venosa”; Rx femore (2pr), localiz corpo estraneo (2pr), Rx gamba (2pr) s, Rx gamba (2pr) d: non rime di frattura. Non evidenza di corpi estranei Rx opachi rilevabili al radiogramma standard. Tumefazione dei tessuti molli in sede sovrarotulea esterna a sinistra”; Eco muscolo-tendinea: valutazione regione poplitea Sn in trauma da arma da fuoco. Attualmente non si rileva la presenza di lesioni vascolari maggiori né di significativi ematomi compressivi nella regione del cavo popliteo di Sn. Tumefazione con presenza di aria nei tessuti molli periarticolari del ginocchio da correlare alla dinamica del trauma. Eventuale approfondimento anche con altre metodiche in base all'evoluzione del quadro clinico”.

Venivano quindi medicate le ferite, prescritta terapia antibiotica e il paziente ricoverato con livello di urgenza “2 mediamente critico – giallo” presso il reparto di Ortopedia dove si eseguiva nuova valutazione clinica “apparato

muscolo-scheletrico: “ferita da arma da fuoco interessante la superficie laterale della coscia dx, con fuoriuscita in regione mediale e superficiale entrata nella coscia

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controlaterale con fuoriuscita in regione posteriore. Ulteriore ferita superficiale laterale ginocchio sin con fuoriuscita [ill.] e penetrata medialmente alla superficie mediale polpaccio dx. Si evidenzia deficit alla flessione posteriore del piede sin da apparente lesione del nervo tibiale posteriore. Riferite parestesie non meglio definite piede sin”.

Due giorni dopo il ricovero si eseguiva indagine RM gamba sinistra che documentava “ferita da arma da fuoco alla gamba sinistra in sede peroneale

prossimale con deficit del nervo tibiale … Il nervo tibiale viene valutato da un piano passante sopra la rotula fino ad un piano passante per il terzo medio della diafisi tibiale. Nella sua porzione più craniale si rileva una minima reazione liquida tra nervo e guaina nervosa e si rileva in sua stretta adiacenza una immagine di artefatto ferromagnetico come presenti in tutto il tragitto del proiettile. Il suddetto nervo non sembra interrotto”.

Veniva programmato trattamento riabilitativo e il paziente dimesso dopo 13 giorni.

2.2 La visita medico legale veniva condotta trascorsi 2 anni dall’evento e documentava:

“Arti Inferiori: normoatteggiati e normoconformati, in asse. Trofismo muscolare nella norma.

Alla misurazione comparativa degli arti, si rileva un minus, a sinistra, di circa 0,5 cm all'altezza della sura e di circa 2 cm a livello sovramalleolare.

Alla coscia sinistra, si apprezzano due esiti cicatriziali di aspetto normoevoluto e lievemente ipercromico, di forma vagamente rotondeggiante. Il primo è situato alla faccia laterale della radice dell’arto, l’altro alla superficie mediale della coscia, alla proiezione del decorso dei muscoli adduttori.

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Al ginocchio sinistro, si rilevano due esiti cicatriziali, uno alla faccia laterale e l'altro, più caudale, a quella postero-mediale, di aspetto normoevoluto ed ipercromico il primo, normocromico il secondo; entrambi hanno forma vagamente rotondeggiante, con un diametro di poco superiore al centimetro.

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Alla coscia destra, si rilevano due ulteriori esiti cicatriziali di aspetto lievemente ipercromico e normoevoluto, forma rotondeggiante e diametro centimetrico, situati alla faccia mediale e postero-laterale della coscia.

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Alla gamba destra, terzo medio-distale due esiti cicatriziali situati in sede posteriore e laterale; quello posteriore ha aspetto rotondeggiante e dimensioni analoghe ai precedenti, sulla faccia laterale è invece presente una cicatrice chirurgica longitudinale di circa 2 cm ipocromica e normoevoluta.

Alla mobilizzazione attiva e passiva degli arti inferiori si apprezza un lieve deficit nella flessione del ginocchio a sinistra, nonché un deficit alla flesso-estensione e di forza alle dita del piede omolaterale. La manovra di sollevamento sulle punte e sui talloni risulta inoltre non effettuabile per apprezzabile deficit a sinistra.

All’esame della sensibilità, il paziente riferisce deficit a livello del piede e della gamba sinistra.

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I riflessi osteo-tendinei appaiono regolarmente elicitabili anche se lievemente più torpidi a sinistra.

La deambulazione è condotta con l’arto inferiore sinistro extraruotato”.

2.3 Quesiti posti dall’Autorità Giudiziaria - “Visitata la persona offesa ed

esaminati gli atti del procedimento e, in particolare, la documentazione medica acquisita in atti o altra documentazione eventualmente acquisita presso strutture sanitarie accerti il perito la natura delle lesioni riportate, la loro compatibilità con le modalità descritte nella denunzia, la durata della malattia e della incapacità di attendere alle ordinarie occupazioni che ne è conseguita e la eventuale esistenza di postumi penalmente rilevanti”.

CASO II. Arma bianca (coltello a lama lunga) e corpo di bottiglia

2.1 La sera stessa dell’aggressione l’uomo veniva trasportato in PS per

“Politrauma con ferite multiple da taglio e trauma cranico commotivo durante rissa”; all’esame obiettivo si annotava “ferite da taglio arto inferiore dx (9), sinistro (5) e ferita in sede lombare dx. Negativo l’esame per ferite penetranti toraciche o regione del collo. Valutazione primaria: vie aeree pervie, respiro spontaneo, GCS 15 … Lesioni attualmente non sanguinanti agli arti inferiori … soporoso, pupille con anisocoria dx maggiore di sinistra, … Sangue da scolamento nell’orecchio sinistro, non emotimpano bilateralmente. … Stabile emodinamicamente”.

Venivano eseguiti i seguenti accertamenti radiodiagnostici: ecografia addome completo “Non evidenza di lesioni traumatiche ecopercepibili a carico degli

organi parenchimatosi addominali e di versamento endoperitoneale”; TC total

body “… Nel contesto delle strutture muscolari posteriori della coscia dx al

terzo sup si apprezza ematoma profondo con evidenti segni di rifornimento in fase arteriosa da rami dell’art femorale profonda. Sempre a carico della coscia dx dalla regione inguinale sino al terzo inferiore si apprezzano multiple bolle aeree nel contesto delle strutture muscolari anteriori e lungo le fasce e nel sottocute. Nel contesto del m adduttore lungo al terzo sup si apprezza raccolta ipodensa di circa 4 cm compatibile con ematoma non rifornito in fase arteriosa. Non segni di sanguinamento in fase arteriosa a carico della coscia sn.

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Presenza di enfisema sottocutaneo a carico delle parti molli della coscia sn. Presenza di infarcimento emorragico del tessuto sottocutaneo in sede sovraglutea destra in assenza di segni di sanguinamento in fase arteriosa”; TC

cranio-encefalo “Non si apprezzano lesioni emorragiche intracraniche a sede

sottotentoriale. Si documentano piccole e sfumate verosimili contusioni ematiche a sede fronto-apicale laterale al vertice a sinistra che necessitano di controllo e conferma. Concomita modesto edema dei tessuti molli epicranici fronto-laterale sinistra …”.

Nel corso dell’intervento di sutura delle ferite si osservava “Pz decubito laterale

sn … ferita regione iliaca posteriore dx interessante cute, sottocute e tessuto muscolare, quattro ferite regione posteriore di coscia trasversali, di cui la più prossimale che interessa i tessuti sottostanti fino al piano osseo, ferita regione laterale coscia dx prossimale interessante il tensore della fascia, due ferite regione laterale di coscia dx distali interessanti vasto mediale e laterale … Pz decubito laterale dx … ferita regione laterale coscia sx che si approfonda fino al vasto laterale interrompendolo per circa 6 cm ed al piano osseo … ferita regione trocanterica sx posterolaterale, interessante cute, sottocute e fascia fino al piano osseo, tre piccole ferite sulla coscia dx medialmente che interessano solo cute e sottocute”; nel medesimo contesto veniva condotto

esame angiografico che confermava la presenza di una lesione arteriosa rifornita da un esile ramo muscolare dell’arteria femorale profonda destra sottoposto dunque ad embolizzazione.

Le successive consulenze neurologiche e ortopediche documentavano un deficit del nervo sciatico popliteo esterno ed interno di sinistra e consigliavano esecuzione di esame elettromiografico che infatti confermava l’estrinsecarsi di una lesione completa a carico di suddetto nervo, per cui il paziente veniva sottoposto ad intervento di riparazione.

La RMN pre-intervento mostrava “lesione completa del nervo sciatico di sn …

la lunghezza della interruzione è di cm 4-5 ed il nervo appare deteso e edematoso a valle della lesione … formazione ovalare cistico emorragica intranervosa di circa 1,5 cm di diametro…”.

Quali altri reperti lesivi le indagini TAC craniche rilevavano piccole e sfumate contusioni ematiche a sede fronto-apicale laterale al vertice di sinistra e una frattura composta della squama frontale sempre a sinistra.

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2.2 Una prima visita medico legale veniva condotta dopo soli 2 giorni dall’aggressione e all’esame obiettivo si osserva: volto tumefatto interessato da numerose ferite lineari superficiali eall’attaccatura del capillizio, in regione frontale sinistra, ferita lacero-contusa; al tronco, posteriormente sul fianco destro, una ferita lineare lunga circa 4 cm suturata con punti a filo staccati; alla coscia destra nr 8 ferite, di cui una al 3° superiore della faccia laterale, lunga 6 cm, suturata a filo, un’altra più piccola al 3° medio della superficie laterale suturata con due punti, altre 3 al 3° medio della faccia antero-laterale, trasversali, delle dimensioni di 5, 3 e 4 cm dalla mediale alla laterale, suturate con punti e filo, posteriormente, al 3° superiore, era presente ancora un’altra ferita lunga 4 cm diretta obliquamente; alla coscia sinistra nr 5 ferite di cui al 3° inferiore della faccia mediale 2 più piccole suturate con un singolo punto, posteriormente a queste un’altra ferita longitudinale lunga 4 cm, sulla faccia laterale altre due ferite trasversali, di cui la superiore in regione trocanterica lunga 3 cm e l’inferiore al di sotto della linea sottoglutea, lunga 6 cm.

Si apprezzava altresì il deficit di motilità all’arto inferiore sinistro corredato da disturbi della sensibilità.

Una seconda visita medico legale veniva fissata ad una distanza di 48 giorni dal trauma e permetteva di apprezzare gli esiti cicatriziali delle ferite descritte in corso della prima visita. Tutta le cicatrici si presentavano ipertrofiche con tendenza cheloidea, ipercromiche, dure e dolenti al tatto ed adese ai piani sottostanti.

Ispezionando con maggior attenzione la faccia posteriore della coscia destra si misuravano le ferite presenti in tale sede che risultavano tutte lunghe 4 cm. Alla faccia posteriore della coscia sinistra si descriveva una cicatrice lineare longitudinale estesa dal gluteo fino a circa il 3° medio di coscia per una lunghezza complessiva di 22 cm da riferirsi all’intervento chirurgico eseguito presso la Chirurgia Plastica.

Il piede sinistro si presentava tumefatto, con superficie dorsale pastosa al tatto e temperatura al termotatto superiore rispetto al controlaterale.

Alla misurazione perimetrica comparativa si rilevava un minus di 1 cm al poplite di sinistra.

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Il movimento di dorsiflessione del piede sinistro era appena accennato come da paresi del nervo sciatico popliteo esterno.

La deambulazione avveniva con difficoltà e soltanto con l’aiuto di terzi.

2.3 Quesiti posti dall’Autorità Giudiziaria - “Dica il consulente, presa visione

degli atti e compiuti tutti gli accertamenti tecnici del caso: a) quale sia la natura e lo strumento di causazione delle lesioni patite dalla vittima a seguito dell’azione delittuosa di cui in atti; c) indichi il numero dei colpi subiti, la sede, il tramite intracorporeo, la posizione reciproca all’atto del ferimento tra feritore e vittima, d) se dal fatto sia derivata una malattia alla persona offesa e/o una incapacità di attendere alle ordinarie occupazioni, precisandone in caso positivo la durata; e) se dal fatto sia derivata la perdita dell’uso o l’indebolimento permanente di un senso o di un organo; se vi sia stato pericolo di vita per la persona offesa”.

CASO III. Ferita penetrante da cacciavite (con punta a taglio, delle dimensioni complessive di cm 15,3 con manico in gomma delle dimensioni di 8,5 cm)

2.1 Accedeva al PS con codice rosso, in anamnesi “… Giunge in PS su

medicalizzata in seguito a lite per cui è stato colpito da un’arma da taglio al collo e al torace sx”; esame obiettivo “agitato, vigile, tachipnoico. Mucose normoirrorate. FC 90 bpm. PA: 130/90 mmHg. Al collo sx presenza di 2 ferite LC con margini netti e tumefazione al collo sx. Al torace presenza di ferite 3 LC sulla superficie anteriore, di cui una sternale. Non asimmetrie all’auscultazione, crepitii fini alla palpazione del torace posteriore sx. EGA: lieve ipossiemia per età con ipercapnia”.

Si eseguivano approfondimenti radiodiagnostici tra cui: eco-torace “si

segnalano segni riferibili a sospetto pnx sin”; eco-fast “al momento non si evidenziano lesioni parenchimali né segni riferibili a versamento peritoneale”;

ecografia addome completo “… attualmente non lesioni traumatiche eco

percepibili a carico dei parenchimi addominali esplorabili né liquido libero in addome …”.

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Il ragazzo veniva quindi ricoverato per monitoraggio con prognosi riservata presso la terapia subintensiva, dove veniva condotta ulteriore RX torace a letto di approfondimento “non sicuri segni di pneumotorace Rx percepibili dell’unica

proiezione eseguita a pz supino in PS. Scarsamente valutabile la regione del seno costo frenico sn per sovrapposto enfisema sottocutaneo in sede. Pneumocollo sn. Cuore nei limiti.”, seguita da TC collo e torace, senza e con

contrasto “…falda di pneumotorace anteriore sx (spessore max 18-19 mm)

con modesto versamento pleurico consensuale omolaterale, - modesto pneumomediastino superiore (peritracheo-esofageo), - notevole pneumocollo infiltrante le parti molli cervicali esteso dalla regione nucale sn fino in sede toracica dove infiltra i piani muscolari pettorali e dorsali fino ad interessare il tessuto sottocutaneo della regione dell’ipocondrio/fianco sn. Regolari i profili arteriosi e venosi senza segni di lesione vascolare, in particolare non apprezzabili stravasi di MdC. Non addensamenti parenchimali polmonari a carattere contusivo”; in corso di consulenza ortopedica si osservava “traumi multipli da arma bianca penetranti a livello del collo a sin e del torace posteriore. Parestesie alle prime 3 dita della mano sin in fase di remissione rispetto a ieri. Tinel + gomito sin. Non deficit sensitivi né motori AASS e AAII. Non livelli addominali. Babinsky negativo. ROT ai 4 arti simmetrici ma vivaci. Consiglio: Decadron 8 mg la mattina …”.

La TC torace (senza contrasto) eseguita in 4^ giornata di ricovero mostrava

“… riduzione della componente enfisematosa sottocutanea in sede paracostale sin; riduzione dello pneumocollo. Persistenza della componente di pneumomediastino (peritracheo-esofageo), sostanzialmente invariata. Ridotta la falda di PNX sx che attualmente presenta solo una sottile falda in sede paramediastinica e una falda (spessore max 8 mm) in sede anteriore (ex 18 mm). Risulta oggi nettamente incrementato il versamento pleurico sn, con componente anche intrascissurale e conseguente minima atelettasia del parenchima lobare inferiore adiacente …”.

Il paziente veniva poi trasferito, 5 giorni dopo l’aggressione, presso la UO di Medicina II; nella lettera di accompagnamento si annotava “… Anamnesi

patologica prossima: trauma da ferite multiple da arma bianca con pneumotorace, pneumomediastino, vasto enfisema sottocutaneo con alterazioni visive e motorie all’arto superiore ed inferiore destro che sono

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regrediti rapidamente … Condizioni cliniche alla dimissione: paziente vigile cosciente collaborante in respiro spontaneo. RRn presente su tutto l’ambito polmonare non RRA. ACR emodinamica stabile no edema. Addome trattabile peristalsi presente. Diuresi conservata. Apiretico …”. Da suddetto reparto il

paziente veniva dimesso 3 giorni dopo con diagnosi “trauma da ferite multiple

da arma bianca con pneumotorace, pneumomediastino, vasto enfisema sottocutaneo con alterazioni sensitive e motorie dell’arto superiore e inferiore dx”. A distanza di 2 giorni dalla dimissione il paziente accedeva nuovamente

presso le strutture ospedaliere per eseguire TC torace senza contrasto di

controllo “… Polmone sn a parete senza falde di PNX. Minima componente

enfisematosa sottocutanea in sede paracostale sin; sostanzialmente risolto lo pneumocollo. Non segni di pneumomediastino. Non versamento pleurico bil.te …”.

2.2 La visita medico-legale è stata condotta un mese e mezzo dopo l’aggressione.

In corso di esame obiettivo è stato rilevato “Alla ispezione è possibile

osservare numerosi piccoli esiti cicatriziali rotondeggianti di pochi mm di diametro in regione laterocervicale sinistra, in regione toracica anteriore, sulla superficie laterale sinistra del tronco ed in regione lombare sinistra che si confondono facilmente con normali macchie cutanee o foruncoli per cui sono di difficile identificazione”.

A causa della difficoltà nella corretta interpretazione delle lesioni, le foto scattate in sede di visita sono state confrontate con una serie di foto scattate in precedenza dalla vittima stessa.

“In regione latero-cervicale sinistra si osservano due piccole aree cicatriziali, rossastre rotondeggianti e lievemente rilevate, di circa 0,5 cm di diametro.

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Al tronco, in corrispondenza della regione claveare sinistra è presente almeno un altro esito cicatriziale con caratteristiche analoghe ai precedenti. Altro è presente al fianco sinistro poco al di sopra dell’arcata costale.

Sulla superficie posteriore della spalla sinistra è presente un esito cicatriziale a forma di “L” con braccio lungo di 6 cm parallelo al cingolo scapolare e braccio corto di 3 cm diretto in basso, rossastro e lievemente diastasato.

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Un ulteriore esito cicatriziale rotondeggiante si osserva in prossimità dei muscoli paravertebrali di sinistra, al margine inferiore dell’arcata costale, ove è rilevabile anche una lieve tumefazione dolorabile alla palpazione.

Al torace, in regione epigastrica, 1,5 cm a destra della linea mediana, ulteriore esito cicatriziale rotondeggiante.

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Alla ispezione e palpazione il torace appare normoconformato e normoespansibile; l’uomo lamenta dolore diffuso alla massima espansione. Alla auscultazione si apprezza il normale rumore respiratorio in assenza di rumori aggiunti. Il fremito vocale tattile risulta normotrasmesso.

Il paziente lamenta dolore a carico dell’arto superiore sinistro, in corrispondenza della superficie ulnare dell’avambraccio ed alla tabacchiera anatomica con sensazione di ipotermia al I e III dito. Non si apprezzano dismetrie a carico degli arti superiori; la validità nella forza delle mani alle manovre contro resistenza e le pinze digitali risultano conservate bilateralmente. Manovra di Tinel debolmente positiva al III dito della mano sinistra; il paziente lamenta inoltre deficit di sensibilità a carico dell’arto inferiore destro, anche in questo caso non si apprezzano dismetrie o deficit di forza a carico degli arti inferiori. La sensibilità tattile è presente, ma viene riferita alterata a destra rispetto a sinistra (più “sensibile” e fastidiosa)”.

2.3 Quesiti posti dall’Autorità Giudiziaria - “Valuti il C.T.U. l’entità delle lesioni riportate”.

CASO IV. Colpi d’arma da fuoco

2.1 Nella mattinata dell’aggressione, l’uomo veniva trasportato a mezzo di elisoccorso presso il PS con priorità di accesso “rosso”; in anamnesi si annotava “paziente trasportato da pegaso per ferita penetrante collo, addome,

IOT. Il medico del 118 riferisce di aver trovato il paziente vigile, lucido, ferita regione collo dx con deviazione a dx della trachea … Non migliori dettagli riguardo la dinamica ...”; all’esame obiettivo “VALUTAZIONE PRIMARIA: A: vie aeree pervie, no turgore giugulare, ferita collo dx, ematoma non pulsante regione collo dx, deviazione a dx della trachea. B: RRN presente fisiologico, simmetrico, no rumori patologici aggiunti. C: ferita collo sn, ferita d'arma da fuoco fianco dx. D: manovra di bacino negativa, no dolore, addome trattabile. IOT. VALUTAZIONE SECONDARIA: … Volto: tumefazione guancia dx. Numerose ferite puntiformi da impallinamento volto inferiore, collo. Collo: ferita di struscio collo dx, ematoma non pulsante collo e regione sovraclavicolare dx,

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non enfisema sottocutaneo … Addome: foro di entrata fianco dx peristalsi fisiologica. Log-roll: foro di uscita regione glutea dx … EcoFAST negativa”.

Venivano condotte indagini radiodiagnostiche di approfondimento quali: RX bacino e articolazioni sacroiliache, RX del torace “stria di disventilazione in

sede basale sinistra … Presenza di “pallini Rx opachi” che si proiettano a livello di collo-emitorace superiore destro e esternamente all'emitorace sinistro ...”;

Ecografia addome completo “Non lesioni traumatiche ecopercepibili a carico

dei principali organi parenchimatosi addominali. Non versamento endoperitoneale”; TC cranio-encefalo “... non lesioni focali acute, in particolare di natura emorragica, in sede sotto e sopratentoriale. Lieve procidenza delle amigdale cerebellari nel forame occipitale ...”; TC del torace senza e con mdc,

TC collo senza e con mdc “... mancata opacizzazione del terzo distale della

vena succlavia sn con attivazione di circoli collaterali; - marcata imbibizione edematosa dei tessuti sottocutanei e dei fasci muscolari della regione pettorale e dell'arto superiore; - stravaso di mdc ev nei tessuti molli dell'arto superiore sn; - fenomeni di stasi alle regioni dorsali dei campi polmonari con fenomeni disventilatori; - invariati i restanti reperti”.

Il paziente veniva quindi ricoverato presso la Chirurgia Generale e d’Urgenza per essere sottoposto a laparoscopia esplorativa della cavità addominale e contestuale esplorazione chirurgica della regione cervicale destra, con legatura dell'arteria carotide esterna destra stante il reperto TC di stravaso ematico in fase arteriosa a livello della regione latero-mandibolare destra

“LAPAROSCOPIA ESPLORATIVA … All'esplorazione della cavità addominale non evidenza di versamento libero … Non evidenza di soluzione di continuo della fascia muscolare, non interessato l'addome dal tragitto del proiettile … ESPLORAZIONE CHIRURGICA REGIONE CERVICALE DESTRA. Incisione longitudinale in sede latero-cervicale destra. Apertura del platisma ed individuazione della vena giugulare esterna che non presenta fonti di sanguinamento. I tessuti circostanti presentano importante imbibizione emorragica che rende difficile la chiara individuazione delle strutture anatomiche. Apertura per via smussa dei fasci dello sternocleidomastoideo con repertazione del fascio vascolo-nervoso del collo, in assenza di fonti di sanguinamento a carico dell'arteria carotide comune o della vena giugulare

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interna. Asportazione di proiettile da caccia (sfera metallica di circa 2 mm di diametro massimo) tra giugulare interna e carotide comune ...”.

Due giorni dopo l’evento veniva ripetuta la TC cranio-encefalo che risultava negativa per alterazioni densitometriche focali acute.

Il decorso post operatorio si svolgeva senza complicanze e il paziente veniva dimesso dalla Chirurgia 6 giorni dopo l’evento in buone condizioni cliniche generali.

2.2 Una prima visita medico legale è avvenuta 8 giorni dopo l’evento e ha documentato:

“In sede laterocervicale destra presenza di ferita chirurgica suturata con clips metalliche, ad andamento lievemente arcuato con concavità rivolta anteriormente, della lunghezza di 11 cm.

La regione laterocervicale e toracica superiore risultano, anteriormente, interessate da numerose minute escoriazioni puntiformi ricoperte da crosta ematica scura di cui alcune contornate da alone ecchimotico che presentano la massima concentrazione in corrispondenza della regione laterocervicale destra, che è anche interessata da diffuso stravaso emorragico. In tale regione è possibile apprezzare alla palpazione la presenza nel sottocute di una granulazione verosimilmente riferibile alla presenza di pallini. La distanza tra tali ferite non è uniforme ma risulta comunque compresa tra 1 e 2 cm nella zona di maggior concentrazione (quella laterocervicale). Complessivamente, in senso longitudinale le ferite interessano un’area di circa 23 cm; la più alta si trova in corrispondenza della regione retro auricolare, ad una distanza di 5 cm dal lobo e di circa 11 cm dalla spalla, quella inferiore è localizzata al torace, in regione sovrapettorale sinistra, in prossimità della linea mammillare, ad una distanza di circa 8 cm rispetto dall’areola mammaria.

In regione deltoidea sinistra, in prossimità del pilastro ascellare anteriore, oltre a due ecchimosi puntiformi è presente una escoriazione lineare ricoperta da crosta ematica scura, lunga 3 cm, trasversale, verosimilmente da riferirsi a ferita transfossa.

L’altezza da terra della ferita più alta è di 162 cm, quella della parte centrale a maggior concentrazione di pallini è di 156 cm, quella del pallino sito più basso di 136 cm.

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In regione periombelicale presenza di piccola cicatrice chirurgica da riferirsi ad accesso del trocar laparoscopico; altre due analoghe ferite chirurgiche suturate si trovano in corrispondenza del quadrante addominale inferiore sinistro, una in regione inguinale e l’altra 10 cm più in alto.

Al fianco destro, 8 cm al di sopra della cresta iliaca dell’anca, in corrispondenza della linea ascellare anteriore, è presente una ferita suturata con un punto in filo la cui forma è alterata dalla sutura stessa ma che approssimativamente ha un diametro di circa 5 mm. Tale lesione nella sua parte inferiore e posteriore è contornata da uno stravaso emorragico di colore bluastro, di forma irregolare, della dimensione massima di 15 cm in senso trasversale e 20 cm in senso longitudinale.

In regione sacrale, 4 cm a destra della linea mediana, altra ferita suturata con punto in filo, anch’essa di forma alterata dalla sutura stessa, coperta da crosta ematica giallastra, della misura di circa 8 mm, contornata da stravaso emorragico prevalentemente sul lato destro e superiore, di circa 6 cm in senso trasversale e 6 cm in senso longitudinale.

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A misurazione effettuata in ortostatismo, le due ferite distano tra loro circa 28 cm. Quella al fianco risulta più alta di 13 cm rispetto all’altra secondo l’asse longitudinale del corpo e dista 26 cm a destra, in senso trasversale. L’altezza da terra della ferita al fianco destro è di 108 cm.

Trascorsi 53 giorni dall’evento, l’uomo è stato sottoposto a nuova visita medico legale.

In regione occipitale, presenza di area di alopecia nel cui centro insiste una lesione escoriata ricoperta da crosta ematica irregolare, a maggior asse trasversale, delle dimensioni di circa 2 x 1 cm. Alla palpazione si rileva un’area di iposensibilità che interessa globalmente la regione occipito-parietale destra per un diametro di circa 10 cm.

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In regione laterocervicale destra, esito cicatriziale lineare, normoevoluto normocromico, lievemente retratto soprattutto nella porzione inferiore dove forma un arco con concavità rivolta medialmente. Alla palpazione si apprezza sensazione di cordone fibroso sottostante; la cicatrice inoltre risulta iposensibile così come la cute posta medialmente e superiormente ad essa in regione geniena.

Alla mobilizzazione passiva del rachide cervicale limitazione di circa la metà nei movimenti di inclinazione e di circa 1/3 alla rotazione verso sinistra; libera la flesso-estensione.

Al torace si apprezza la persistenza di alcuni pallini sottocutanei che determinano una piccola area puntiforme di colore scuro, in regione sovraclaveare destra.

Al fianco destro, esito cicatriziale rotondeggiante, lievemente ipercromico, dolente alla palpazione.

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