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Cambiamento climatico e migrazioni forzate: le implicazioni per la sicurezza dei confini.

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Academic year: 2021

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Candidato: Sabina Kuraj (423039) Relatore: Prof.ssa Sonia Paone.

Corso di laurea: Laurea Magistrale in Scienze politiche e Studi internazionali, LM 52.

Titolo tesi: “Cambiamento climatico e migrazioni forzate: le implicazioni per la sicurezza dei confini”.

La scelta di affrontare il tema del cambiamento climatico e delle sue conseguenze scaturisce dalla forte consapevolezza che l’uomo nell’intento di dominare la natura, utilizzandola per i propri fini economici, la sta cambiando irreversibilmente con nefaste e gravi conseguenze per tutte le specie viventi, ivi compreso il genere umano stesso.

Il lavoro svolto analizza il fenomeno del cambiamento climatico antropico e le sue implicazioni sul sistema sociale, ponendo particolare enfasi sul nesso che intercorre tra cambiamento climatico antropico e migrazioni forzate.

Il primo elemento preso in considerazione dalla ricerca svolta è quello vertente sulla definizione e lo status del migrante climatico, dato che ad oggi non esiste un riconoscimento formale di tale figura a livello internazionale. La necessità di tale definizione è dovuta alle forti implicazioni che essa può avere sia per i diritti umani sia per la salvaguardia degli ecosistemi. Nella prima parte è presente una panoramica sul dibattito sviluppato in seno alle varie correnti sociologiche sul fatto se sia possibile o meno considerare il fattore ambientale come l’unico fattore di spinta e quindi la migrazione climatica come una forma distinta del fenomeno migratorio. Per dare una risposta a questo ci siamo avvalsi di documenti scientifici che evidenziano l’incremento in frequenza ed intensità di fenomeni climatico-ambientali e provano la sussistenza di un nesso inequivocabile tra cambiamento climatico e forme di spostamento. Si è ritenuto quindi idoneo utilizzare il termine ecoprofughi/ecorefugees per coloro che sono costretti a migrare in risposta a specifici stress ambientali.

Pur attingendo a documenti internazionali come la Convenzione di Ginevra e la Dichiarazione di Rio, questa tesi non si propone di esplorare il lato giuridico della questione; ma la constatazione di un vuoto normativo in materia di migrazione climatica nei suddetti documenti, viene qui usato per elucidare un altro importante fenomeno: la sicurezza dei confini che è conseguenza diretta del fenomeno migratorio in generale e quello della migrazione climatica in particolare.

Dagli anni ’90 in poi lo sviluppo della disciplina che studia il cambiamento climatico si lega indissolubilmente a quello della sicurezza climatica e il destino delle migrazioni climatiche a quello della sicurezza dei confini. Il risultato di un tale abbinamento è anche quello di includere il climate induced migration come un problema di sicurezza nazionale e internazionale che di conseguenza spoglia gli stati dalla responsabilità di approfondire e capire le cause che provocano spostamenti delle popolazioni. Erigere e fortificare i confini non risolve i problemi del cambiamento climatico e del riscaldamento globale.

Quindi, il leitmotiv che ripercorre questo elaborato è comprendere quali siano le tipologie di risposta per affrontare le problematiche inerenti alla migrazione forzata dovuta all’accelerarsi del cambiamento climatico. Nell’elaborato vengono quindi presentate una serie di misure che si potrebbero mettere in campo per affrontare il problema da molteplici punti di vista. È necessario uno sviluppo sostenibile per risolvere questioni ambientali e temi sociali. Occorre avviare lo sviluppo di un sistema globale di avvertimenti precoci (early warnings) sui cambiamenti e sui rischi derivanti dal cambiamento climatico sull’ambiente per agire in maniera preventiva, e non soltanto a posteriori, quando si è costretti ad intervenire da fatti estremi. Soprattutto questo elaborato si esprime in favore di un’inclusione delle dinamiche e conseguenze del fenomeno nei negoziati in materia di cambiamento climatico ed eventuali trattati o protocolli da essi scaturenti. Questo in virtù del fatto che gli Stati responsabili del degrado ambientale devono essere resi responsabili anche del conseguente fenomeno della migrazione climatica.

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