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Efficacia ablativa del radioiodio somministrato in ipotiroidismo o dopo stimolazione con TSH ricombinante umano in pazienti con Carcinoma differenziato della tiroide a distanza di dieci anni dal trattamento

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Academic year: 2021

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U

NIVERSITÀ DEGLI

S

TUDI DI

P

ISA FACOLTÀ DI MEDICINA E CHIRURGIA

Corso di Laurea Specialistica in Medicina e Chirurgia

Tesi di Laurea Specialistica:

Efficacia ablativa del radioiodio somministrato in

ipotiroidismo o dopo stimolazione con TSH umano

ricombinante in pazienti con Carcinoma differenziato

della tiroide a distanza di dieci anni dal trattamento

Candidato: Relatore:

(2)

1.

Riassunto

Introduzione: la strategia terapeutica del CDT prevede la tiroidectomia

totale associata, nei casi di coinvolgimento linfonodale, alla dissezione linfonodale, seguita dall’ablazione del tessuto tiroideo residuo con 131I e la somministrazione di terapia soppressiva con Levo-Tiroxina (LT4).

Da sempre l’ablazione del tessuto tiroideo residuo con 131I è stata eseguita dopo totale sospensione della terapia con LT4 per almeno 45 giorni, in modo da ottenere livelli elevati di ormone tireotropo (TSH) (>25 mU/L), necessari per l’ottimale captazione del radioisotopo, a sfavore tuttavia di una ridotta qualità di vita a causa dell’ipotiroidismo. Negli anni novanta studi di ingegneria genetica hanno portato alla produzione del TSH umano ricombinante (rhTSH) che rappresenta una valida alternativa alla sospensione della terapia ormonale con LT4 per l’ablazione del residuo tiroideo chirurgico utilizzando però alte attività di 131I (≥ 100 mCi). Molti studi sono in corso e molti sono già stati eseguiti per verificare la possibilità di utilizzare rhTSH in associazione a basse attività di 131I (i. e. 30 mCi) ma ad oggi non è stato ancora dimostrato se tale tipo di trattamento è equivalente all’ipotiroidismo, sia in termini di efficacia ablativa sia di successivo follow-up e outcome dei pazienti trattati.

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Scopo della tesi: scopo primario del presente lavoro è stato quello di

valutare la percentuale di remissione clinica di malattia in 162 pazienti sottoposti, 8-10 anni fa, alla radioablazione del tessuto tiroideo post-chirurgico con 30 mCi di 131I somministrato in alcuni dopo sospensione della terapia soppressiva con LT4 (ipotiroidismo) e in altri dopo stimolazione con rhTSH (eutiroidismo). Scopo secondario è stato quello di verificare eventuali recidive nei pazienti allora dichiarati in remissione e di valutare le terapie necessarie per portare a remissione coloro che all’epoca non erano ancora ablati.

Pazienti e metodi: abbiamo analizzato retrospettivamente i dati

epidemiologici, anatomo-patologici e clinici di 162 pazienti affetti da CDT sottoposti a radioablazione del residuo tiroideo post-chirurgico, presso il Dipartimento di Endocrinologia di Pisa tra il 1998 e il 2001. Questi pazienti formavano la casistica di uno studio già pubblicato, che aveva lo scopo di valutare il successo ablativo con 30 mCi di 131I previo stimolo con rhTSH. Pertanto i pazienti erano stati suddivisi in tre gruppi: gruppo HYPO (n = 50 pazienti, sottoposti a radioablazione con 131I in ipotiroidismo); gruppo HYPO+rhTSH, (n = 42 pazienti, sottoposti a radioablazione con 131I in ipotiroidismo e stimolo con rhTSH); gruppo EU+rhTSH (n = 70 pazienti sottoposti a radioablazione in eutiroidismo e stimolo con rhTSH). Il

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(rispettivamente del 84% e 78,5%) ma significativamente più basso nel gruppo EU+rhTSH (54%). Tuttavia rivalutando la suddetta casistica tenendo conto degli attuali criteri di ablazione, diversi dai precedenti, la percentuale di ablazione nei tre gruppo di pazienti oggetto di studio risulta oggi essere del 74% (37/50 pazienti) nel gruppo HYPO, del 78,5% (33/42 pazienti) nel gruppo HYPO+rhTSH e del 70% (49/70 pazienti) nel gruppo EU+rhTSH, senza alcuna differenza statisticamente significativa.

I 162 pazienti del 1° studio sono stati quindi oggetto del presente studio eseguito a distanza di 8-10 anni. Il protocollo diagnostico utilizzato per ridefinire lo stato attuale dei pazienti comprendeva: la visita medica, l’ecografia del collo negativa, e il dosaggio della Tg in condizioni basali, in tutti quei pazienti ablati per il riscontro del valore indosabile della Tg stimolata. Invece, in tutti i pazienti non ablati è stato eseguito il dosaggio della Tg dopo stimolazione con rhTSH.

Risultati: pazienti ablati: nel gruppo HYPO, dopo un follow-up medio di

9,3 ± 1,9 anni (range 6-9 anni, mediana 8 anni), 35/37 (94,6%) pazienti erano ancora in remissione clinica di malattia; 2/35 (5,7 %) pazienti hanno invece avuto una recidiva di malattia. Nel gruppo HYPO+rhTSH, dopo un follow-up medio di 8,6 ± 1,5 anni (range 5-10 anni, mediana 9 anni) 31/32 (97%) pazienti erano ancora in remissione clinica di malattia, mentre 1/32 (3%) pazienti mostrava una recidiva di malattia. Nel gruppo EU+rhTSH,

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dopo un follow-up medio di 8,3 ± 0,9 anni (range 6-10 anni, mediana 8 anni), 46/47 (98%) pazienti erano ancora in remissione clinica di malattia mentre 1/47 (2%) pazienti mostrava una recidiva di malattia. Come si può osservare dalle percentuali non vi era alcuna differenza significativa nell’andamento clinico dei pazienti ablati tra i tre gruppi.

Pazienti non ablati: nel gruppo HYPO, 1/13 pazienti è deceduto per altra malattia e nei restanti 12 pazienti, dopo un follow-up medio di 10 ± 2,6 anni (range 6-15 anni, mediana di 9,5 anni), è stata documentata la remissione clinica di malattia in 9/12 (75%) pazienti e di questi 9 pazienti soltanto 5 sono stati sottoposti ad ulteriori terapie radiometaboliche con

131

I: questi 5 pazienti sono coloro che al momento del 1° studio evidenziavano una Tg stimolata in ipotiroidismo più elevata, con una media di 12,7 ± 12,4 ng/ml (range 3-33, mediana 7 ng/ml) vs la Tg stimolata media di 3,6 ± 1,6 ng/ml (range 1,8-5,4 ng/ml, mediana 3,5 ng/ml) dei 4 pazienti, nei quali non è stata necessaria la somministrazione di ulteriori dosi terapeutiche. Tre/12 (25%) pazienti sono attualmente ancora in una fase di persistenza biochimica di malattia e sono stati trattati con 131I per presenza in due casi di residuo e in un caso di metastasi linfonodali. In questi 3 pazienti la Tg stimolata al momento del 1° studio era più elevata (media 11,5 ± 12 ng/ml, range 3-20 ng/ml)

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malattia (media 3,6 ± 1,6 ng/ml, range 1,8-5,4 ng/ml). Nel gruppo

HYPO+rhTSH 1/10 pazienti è deceduto per altra malattia, 1/10 pazienti è

stato perso al follow-up, e dei restanti 8 pazienti, dopo un follow-up medio di 8,3 ± 1,8 anni (range 5-10 anni, e una mediana di 9 anni), è stata documentata la remissione clinica di malattia in 3/8 (37,5%%) pazienti, tutti sottoposti ad ulteriori terapie radiometaboliche con 131I. Questi tre pazienti al momento del 1°studio avevano una Tg media stimolata di 2,5 ± 0,7 ng/ml (range 2-3 ng/ml). Cinque/8 (62,5 %) pazienti non sono ancora guariti: 2/5 (40%) pazienti sono attualmente ancora in fase di persistenza biochimica di malattia e sono stati trattati con 131I per presenza di residuo in un paziente, e presenza metastasi di linfonodali nell’altro paziente. Tre/5 (60%) pazienti hanno oggi una persistenza di malattia sia locale che periferica. Questi 5 pazienti non guariti, al momento del 1°studio avevano una Tg stimolata notevolmente più alta (Tg 66,8 ± 130 ng/ml) rispetto a coloro che sono andati in remissione clinica di malattia o spontaneamente o dopo altri trattamenti. Nel gruppo EU+rhTSH, dopo un follow-up medio di 8,6 ±0,6 anni (range 7-10 anni e una mediana di 9 anni), 17/23 (74 %) pazienti mostrano la remissione clinica di malattia e 5/17 (29,4 %) pazienti hanno avuto una remissione clinica spontanea senza la necessità di ulteriori terapie radiometaboliche con 131I. In questi 5 pazienti la Tg stimolata 6-10 mesi dopo la radioablazione del tessuto tiroideo residuo

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era risultata in media di 3 ± 1,4 ng/ml (range 2-5 ng/ml, mediana 2,5 ng/ml), notevolmente più bassa rispetto a quella di 12 pazienti che invece hanno ricevuto ulteriori dosi terapeutiche di 131I per raggiungere la remissione clinica di malattia (Tg media di 19,2 ± 24,2 ng/ml). Sei/23 (26,1 %) pazienti non sono guariti e di essi 3/6 (50%) pazienti hanno una persistenza biochimica di malattia dopo essere stati trattati con 131I per presenza di residuo e 3/6 (50%) pazienti hanno una persistenza di malattia. In questi 6 pazienti la Tg stimolata, 6-10 mesi dopo il trattamento con 131I, era risultata in media di 50,5 ± 66,4 ng/ml, notevolmente più elevata rispetto ai pazienti non ablati nei quali è stata documentata la remissione clinica di malattia.

Conclusioni: in base al nostro studio e rivisitando i risultati dello studio di

Pacini et al. del 2002 alla luce dei criteri attuali per la definizione dell’ablazione, possiamo concludere che, innanzitutto, non vi è differenza statisticamente significativa di percentuale ablativa tra i pazienti sottoposti alla radioablazione del residuo tiroideo post-chirurgico in eutiroidismo rispetto a quelli sottoposti in ipotiroidismo. Inoltre, dopo un follow-up di 8-10 anni abbiamo documentato un “outcome” sovrapponibile nei tre gruppi oggetto di studio, evidenziando una remissione clinica di malattia del 90 %, 85 %, e 90 % rispettivamente nei

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coloro che allora erano risultati ablati, del 3 % senza differenze statisticamente significative (p = 0,7 e 0,4) nei tre gruppi. Analogamente i pazienti non ablati hanno avuto un andamento clinico sovrapponibile nei tre gruppi con un outcome finale assolutamente analogo. Infine un dato molto importante che emerge dal presente studio è che il valore di Tg in ipotiroidismo dosato 6-10 mesi dopo l’ablazione è predittivo dell’andamento clinico del paziente.

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2. Introduzione

2.1 Il carcinoma differenziato della tiroide

2.1.1 Epidemiologia

Il carcinoma della tiroide rappresenta l'1-2% di tutte le neoplasie maligne dell'adulto, ed è la più comune neoplasia maligna del sistema endocrino. In particolare, nell’ultima decade la sua incidenza è andata aumentando dal 2-3 per 100.000 abitanti rilevata negli anni 40'-50', fino all’8-10 per 100.000 abitanti di oggi (1-4) e ciò è avvenuto prevalentemente nelle regioni più sviluppate rispetto a quelle meno sviluppate. Questo aumento di incidenza è verosimilmente più apparente che reale, probabilmente dovuto alle migliori tecniche diagnostiche e in particolare all'ecografia del collo che consente di identificare anche piccoli noduli tiroidei, che in passato, spesso, passavano inosservati. Nonostante tale aumento, la mortalità annua per carcinoma della tiroide è rimasta stabile: nel 1973 era dello 0,57%, nel 1980 dello 0,48% fino allo 0,47% nel 2002 (1). Incidenze

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Hawaii (dove l'incidenza del cancro della tiroide è la più elevata del mondo), il Giappone, le Filippine, la Nuova Zelanda e l'Islanda.

In letteratura sono descritti numerosi fattori di rischio per lo sviluppo del carcinoma tiroideo, tra i quali si sono dimostrati prevalenti l'esposizione a radiazioni ionizzanti e la carenza iodica. L'esposizione a radiazioni ionizzanti, utilizzate frequentemente in passato per trattare l'iperplasia del timo, delle tonsille, delle adenoidi nell’infanzia e per il trattamento dell'acne grave nell’adolescenza (5-8), rappresenta il maggior fattore di rischio ad oggi noto. La conferma della relazione tra carcinoma tiroideo e radiazioni ionizzanti è avvenuta dopo il drammatico e progressivo aumento dell'incidenza dei carcinomi tiroidei di tipo papillare riscontrato nelle regioni della Bielorussia, dell'Ucraina e del Sud della Russia colpite dal fall-out radioattivo in seguito al disastro nucleare di Chernobyl del 1986 (9-10). L'altro fattore di rischio, la carenza iodica, è responsabile di un deficit ormonale tiroideo che, stimolando l'asse ipotalamo-ipofisi-tiroide, aumenta la secrezione di TSH e dunque la proliferazione cellulare nel tentativo di compensare il deficit nutrizionale, predisponendo alla trasformazione tumorale(11-12).

L'85% di carcinomi tiroidei è rappresentato da carcinomi differenziati della tiroide (CDT) di tipo papillare (PTC) e follicolare (FTC). Gli altri tipi di cancro

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sono nettamente meno frequenti, e sono rappresentati dai carcinomi anaplastici (5%), dai carcinomi midollari (5-10%) e dai linfomi primitivi della tiroide (1-2%) originati quest’ultimi spesso su di una ghiandola tiroidea affetta da Tiroidite di Hashimoto da lungo tempo.

Il termine carcinomi differenziati della tiroide (CDT) indica le neoplasie maligne che derivano dall'epitelio follicolare della tiroide a morfologia papillare (PTC) e/o follicolare (FTC), che mantengono le caratteristiche di differenziazione tipiche del tessuto tiroideo normale: la TSH dipendenza, la sintesi di tireoglobulina e la capacità iodocaptante. Le forme differenziate colpiscono tutte le fasce di età con un picco di incidenza tra la terza e la sesta decade di vita, ed hanno una netta prevalenza per il sesso femminile nell'età adulta (F:M=3/4:1), ad eccezione dei bambini, dove il rapporto femmine/maschi è di poco superiore all'unità.

Il PTC rappresenta il 80% dei CDT, e le varianti istologiche sono:

• Variante classica: 70% dei casi clinicamente diagnosticati (13)

caratterizzata microscopicamente da papille, ciascuna di esse formata da un asse connettivo-vascolare rivestito di cellule, con un nucleo di aspetto tipico (Figura N°1).

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Figura N°1: carcinoma papillare variante classica

• Variante follicolare: 20% dei casi clinicamente diagnosticati, formata esclusivamente da follicoli ripieni di colloide. Colpisce prevalentemente soggetti giovani (Figura N°2).

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• Variante sclerosante: è una variante rare e si osserva essenzialmente nei bambini e nei giovani adulti (14). Si presenta come un ingrandimento globale della tiroide, dove i due lobi sono costituiti da un tessuto tumorale duro. Microscopicamente, questa neoplasia si caratterizza per la sua multifocalità.

• Variante a cellule alte o cilindriche: si tratta di neoplasie spesso voluminose che invadono i tessuti peri-tiroidei. E’ tipica dei soggetti anziani (15)(Figura N°3).

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L'FTC rappresenta il 20% circa dei CDT, e le sue varianti istologiche sono (Figura N°4):

Figura N°4: carcinoma follicolare della tiroide

• Variante classica: si presenta abitualmente come un nodulo tiroideo unico, più o meno capsulato. L'Organizzazione Mondiale della Sanità (OMS), in funzione del grado di invasione dei vasi e della capsula, distingue due forme: la forma minimamente invasiva e la forma ampiamente invasiva (16).

• Variante a cellule chiare: raro (17). Le cellule sono chiare a causa della presenza di vescicole citoplasmatiche o per l'accumulo intra-cellulare di grasso o di glicogeno.

• Variante a cellule ossifile o a cellule di Hürthle: le cellule sono di grandi dimensioni, con citoplasma abbondante, granulare (per l'abbondanza di mitocondri) ed eosinofilo, grandi nuclei con nucleolo prominente (18).

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• Carcinomi insulari: sono poco differenziati e altamente invasivi. Nell'insieme ricordano i carcinoidi. La prognosi è sfavorevole (19).

2.1.2 Comportamento biologico

Il PTC ha la tendenza a rimanere confinato all'interno della ghiandola tiroidea. Quando metastatizza, le prime stazioni di diffusione, sono i linfonodi cervicali, e i linfonodi più frequentemente interessati sono quelli giugulari superiori, medi e inferiori. Soprattutto nei giovani i carcinomi papillari si manifestano spesso clinicamente con una tumefazione di un linfonodo cervicale.

Da un punto di vista prognostico, il superamento della capsula tiroidea è ancora più grave della diffusione linfatica in quanto, seppur raramente, la neoplasia può diffondere lungo le fasce cervicali verso l'esofago e verso la trachea interessando, nelle fasi molto avanzate, anche le pareti dei grossi vasi del collo e le formazioni nervose quale il nervo laringeo.

(16)

Le localizzazioni a distanza interessano prevalentemente polmoni e ossa. Più rare sono le localizzazioni epatiche, renali, cerebrali e cutanee. Nel 40-50 % circa dei casi il PTC presenta focolai multipli in uno o entrambi i lobi (20-23).

Il PTC è un tumore a crescita lenta ed è uno dei tumori a prognosi più favorevole vista la sopravvivenza a 5, 10, 20 anni, rispettivamente del 95, 90, 83% (24). Non va comunque trascurata la possibilità che questo tumore si trasformi nel tempo in una neoplasia a grado di malignità più elevato (25-27) perdendo le sue caratteristiche di differenzazione.

Anche il FTC è un tumore a lenta crescita, e con prognosi relativamente favorevole, ma nonostante ciò risulta essere più aggressivo rispetto al PTC soprattutto per quanto riguarda la forma ampiamente invasiva e il carcinoma a cellule di Hürthle. A differenza dei PTC, l’FCT metastatizzano prevalentemente per via ematogena localizzandosi a livello polmonare e osseo. In quest'ultimo caso provocano prevalentemente lesioni osteolitiche, sopratutto a carico del cingolo scapolo-omerale, dello sterno e del cranio.

Benché il CDT abbia una lenta evoluzione ed una prognosi generalmente buona, non bisogna dimenticare che resta una neoplasia potenzialmente letale in una percentuale di casi non trascurabile. Pertanto il trattamento

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iniziale deve essere il più radicale possibile e deve tendere ad ottenere una guarigione definitiva, una bassa incidenza di recidive locali e di metastasi a distanza ed una ottima qualità di vita senza complicanze iatrogene (28-29).

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2.1.3 Terapia

Il trattamento iniziale del CDT, pur essendo ad oggi ben consolidato, ha ancora aspetti dibattuti che riguardano l'estensione del primo intervento chirurgico nei pazienti a “basso rischio”, l'uso routinario dell'ablazione post-chirurgica con 131I e l'impiego della scintigrafia totale corporea (STC) nel monitoraggio post-chirurgico dei pazienti con CDT.

In presenza di una diagnosi di CDT, la strategia terapeutica prevede:

a) terapia chirurgica

Il trattamento iniziale consiste in una tiroidectomia totale o “quasi totale”, associata, nei casi di ovvio coinvolgimento linfonodale, alla dissezione linfonodale, che deve preservare l'integrità dei nervi laringei e delle paratiroidi: infatti le due più importanti complicanze chirurgiche, ma fortunatamente rare se l'intervento è eseguito da un chirurgo esperto (30), sono la paralisi permanente del nervo laringeo e l'ipoparatiroidismo

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Una tiroidectomia radicale riduce significativamente il rischio di recidive su tessuto tiroideo residuo e di metastasi loco-regionali e/o a distanza, inoltre facilita l'ablazione post-chirurgica con radioiodio ed un adeguato follow-up (31-35). In uno studio condotto alla Mayo Clinic, a 20 anni dalla diagnosi, è stato visto che la frequenza di recidive locali e metastasi linfonodali era rispettivamente del 14 e del 19% dopo emi-tiroidectomia e del 2 e del 6% dopo tiroidectomia totale (34).

L'alta frequenza di multifocalità e bilateralità sopratutto nei pazienti con PTC rende ragione dell'importanza della tiroidectomia totale. Studi istologici hanno infatti dimostrato la presenza di foci microscopici di carcinoma tiroideo nel lobo contro laterale in circa il 30-80% dei pazienti con PTC (36).

Una chirurgia meno radicale può rappresentare un trattamento adeguato nei carcinomi tiroidei a “basso rischio” (carcinomi papillari di dimensioni inferiori a 1,5 cm, unifocali e intralobulari).

Il trattamento chirurgico “di principio” dei linfonodi loco-regionali rimane argomento ancora controverso, perché i linfonodi metastatici non sembrano avere un impatto sulla sopravvivenza e inoltre, soprattutto se piccoli, possono essere adeguatamente trattati con 131I (37). In presenza di

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coinvolte è universalmente condivisa. La micro dissezione dei linfonodi del comparto centrale viene effettuata in caso di sospetto pre-operatorio e/o evidenze intra-operatorie di metastasi linfonodali (38).

Sebbene non vi sia alcuna evidenza di miglioramento della frequenza di recidive o di mortalità, la rimozione dei linfonodi del compartimento centrale permette un’accurata stadiazione della malattia che guida il successivo trattamento ed i follow-up. La linfadenectomia laterocervicale è guidata dalla ecografia del collo che è in grado di identificare linfonodi sospetti anche di piccole dimensioni: un controllo citologico mediante agoaspirazione e dosaggio della Tg sul liquido di lavaggio dirime qualsiasi dubbio (39) fornendo al chirurgo le adeguate informazioni.

b) ablazione post-chirurgica del residuo tiroideo con iodio radioattivo

In molti centri, la tiroidectomia totale è seguita dall'ablazione del tessuto tiroideo residuo mediante 131I, che emette essenzialmente radiazioni β (90%) ma anche radiazioni γ (10%).

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1-Eliminare la presenza di possibili foci di tessuto tumorale residuo,e dunque di diminuire la frequenza di recidive, dato che il carcinoma papillare della tiroide è multifocale circa nel 50% dei casi.

2-Aumentare la sensibilità della STC post-dose per identificare precocemente un eventuale malattia locale o metastasi linfonodali laterocervicali dopo somministrazione di 131I.

3-Facilitare l'interpretazione clinica del dosaggio della tireoglobulina (Tg) circolante come marcatore tumorale, dato che la Tg è prodotta sia dal residuo tiroideo, sia dalle metastasi di carcinoma tiroideo; quindi eliminando la Tg derivante dal residuo tiroideo, la Tg diviene il marcatore sierico di malattia metastatica (40-41).

Pertanto, l'ablazione del tessuto tiroideo residuo post-chirurgico ha un triplice scopo: a) terapeutico perché elimina il rischio di presenza di un potenziale focolaio tumorale nel tessuto tiroideo residuo, rischio effettivo nel 45-50% dei casi; b) diagnostico perché consente di completare la stadiazione iniziale della malattia rivelando eventuali focolai tumorali extracervicali; c) adiuvante perché consente di migliorare il follow-up, in quanto l'eliminazione del residuo, anche normale, aumenta l'accuratezza diagnostica della Tg sierica, facilitando l'evidenza di recidiva di malattia

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qualora si evidenzi un incremento anche minimo della Tg circolante ad uno dei controlli annuali che normalmente devono essere eseguiti (42).

Molti autori hanno dimostrato che l'ablazione del residuo tiroideo post-chirurgico diminuisce la frequenza di recidive e, secondo alcuni, anche la mortalità (31). Tuttavia tale beneficio non sembra essere così evidente nel caso di PTC unifocali di diametro inferiore al centimetro (microPTC) e pertanto nelle recenti linee di consenso europee per il trattamento del carcinoma tiroideo (43), così come nelle linee guida americane (42), l'ablazione del residuo post-chirurgico è indicata nei casi a rischio alto e intermedio, mentre non è indicata nei casi a basso rischio (microPTC unifocali) che alla diagnosi non presentano metastasi linfonodali e infiltrazione oltre la capsula tiroidea (29, 31, 44) (T1aN0M0, secondo 7° classificazione TNM) (45).

Uno degli aspetti ancora controversi riguarda la dose di 131I da utilizzare per l'ablazione del residuo post-chirurgico. Una revisione dei casi trattati prima del 1990 ha consentito di osservare che la percentuale di pazienti che ottenevano una radioablazione efficace e definitiva del residuo tiroide, non era dissimile tra i pazienti che venivano trattati con 30 mCi o tra 30 e 80 mCi o maggiori di 80mCi, e la percentuale si attestava intorno al 60%. Tuttavia, dal 1990 in poi, quando non è stata più impiegata la STC

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diagnostica, eseguita dopo somministrazione di 4-5 mCi 48 ore prima della somministrazione della dose terapeutica, si otteneva una percentuale di casi ablati dell'85%, anche con dosi di 30 mCi di 131I. Questo incremento significativo del successo dell'ablazione è stato imputato alla assenza dell'effetto “stunning” dato dalla somministrazione di basse attività di 131I per eseguire la STC diagnostica. Si ritiene, infatti, che la dose tracciante utilizzata per la STC diagnostica, somministrata poco prima della dose terapeutica, possa stordire le cellule senza peraltro eliminarle, impedendo loro la captazione della dose ablativa (46).

Vi sono vari studi riportati in letteratura eseguiti per dimostrare l'efficacia ablativa di attività di radioiodio relativamente basse. In particolare Johansen et al., che hanno confrontato i risultati del trattamento ablativo in due gruppi di pazienti trattati con 30 o con 100 mCi di 131I (47) hanno dimostrato la sostanziale equivalenza dei due regimi di trattamento (81% vs 84%). Hackshaw et al. in una recente meta-analisi hanno confrontato l'efficacia ablativa di diverse dosi di radioiodio (48). E' stato osservato che il successo ablativo, utilizzando una dose di 100 mCi era significativamente superiore a quella ottenuta con 30 mCi. Tuttavia analizzando soltanto gli studi prospettici e randomizzati non era possibile dimostrare una inferiorità di efficacia ablativa per le dosi basse rispetto a quelle alte. Sono

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però necessari studi prospettici randomizzati su larga scala che saranno in grado di dare una risposta definitiva per stabilire quale sia la dose efficace da utilizzare in questi pazienti (49). La scelta di una dose bassa ma sufficientemente efficace risponde alla necessità di ridurre i rischi da radiazioni, soprattutto nello sviluppo di neoplasie secondarie (50). In considerazione del fatto che dosi alte e basse sembrerebbero avere una simile elevata capacità ablativa e che l’incidenza di recidive della malattia è sovrapponibile fra i due regimi terapeutici ma con effetti collaterali che sono superiori alle dosi più elevate, è ragionevole trattare i pazienti con patologia a basso e intermedio rischio con una attività di 30 mCi e riservare il trattamento con attività più elevate solo ai pazienti con patologia ad alto rischio (Tabella N°1).

Livello di rischio TNM Benefici identificati Indicazione alla radioablazione

Basso T1a,N0,M0 Nessuno No

Intermedio T1b,N0,M0 T2,N0,M0

Può ridurre la recidiva A discrezione del clinico

Alto T1-2 N1,M0-1 T1-2 N0,M1 T3-4,N0-1 e/o M0-1 Riduce la percentuale di recidiva e di morte Si

Tabella N°1: indicazioni al trattamento radiometabolico con 131I del residuo post-chirurgico.

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Da sempre, l'ablazione del tessuto tiroideo residuo con 131I è stata eseguita dopo sospensione della terapia con LT4 per 4 o più settimane in modo da ottenere livelli elevati di TSH (almeno >25 mU/L), necessari per l'ottimale captazione del radioisotopo, dato che la cellula follicolare dipende dall'ormone tireotropo (TSH) sia per la sua crescita che per la sua funzione e quindi anche per la captazione dello iodio. Tuttavia l'ipotiroidismo determina una ridotta qualità di vita specialmente nei pazienti giovani (51) e rappresenta un potenziale pericolo nei pazienti anziani con patologie associate. Inoltre, nei pazienti con malattia metastatica l'incremento prolungato dei valori di TSH può rappresentare un rischio per la progressione della malattia (52).

Negli anni novanta, studi di ingegneria genetica hanno portato alla produzione del TSH ricombinante umano (rhTSH). Dopo l'introduzione nella pratica clinica del rhTSH a scopo diagnostico (53) numerosi pazienti a rischio di sviluppare complicanze potenzialmente pericolose per la vita a causa della sospensione prolungata di LT4, sono stati trattati con 131I previa somministrazione di rhTSH (uso compassionevole) sia a scopo ablativo ma anche per il trattamento delle metastasi (54). Dati i vantaggi in termini di qualità di vita (55), i modesti effetti collaterali e la ridotta esposizione radiogena dei tessuti, per una più rapida clearance renale

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(56), con la relativa riduzione del potenziale rischio di neoplasie secondarie, l’impiego di rhTSH è considerato una valida alternativa alla sospensione della terapia ormonale con LT4 per l'ablazione del residuo tiroideo chirurgico.

Numerosi studi hanno cercato di stabilire se l'efficacia ablativa del tessuto tiroideo residuo dopo stimolo con rhTSH era sovrapponibile a quella che si otteneva in ipotiroidismo e quale attività sarebbe stato necessario somministrare per ottenerla. Uno dei primi studi ha dimostrato risultati comparabili in termini di efficacia fra le due strategie (57). Il limite principale di questo studio era dovuto all'analisi retrospettiva e la mancanza quindi di un adeguato gruppo di controllo. Il primo studio prospettico non randomizzato pubblicato nel 2001 dimostrava l'efficacia del trattamento ablativo dopo rhTSH ma la popolazione studiata era piccola e mancava un gruppo di controllo con ipotiroidismo (58). Nel 2006 uno studio randomizzato, controllato, multicentrico ha definitivamente dimostrato che l'ablazione del tessuto tiroideo residuo con rhTSH utilizzando un'attività di 100 mCi di 131I ha efficacia sovrapponibile all'ablazione eseguita in ipotiroidismo (59). Da questi risultati è derivata l'approvazione per uso clinico del rhTSH per l'ablazione del residuo tiroideo post-chirurgico nei pazienti definiti a basso rischio, dapprima in

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Europa, nell'Aprile 2005, successivamente negli USA, nel dicembre 2007 e infine in America Latina. Interessante notare che, mentre in Europa l'approvazione prevede l'uso di una attività di 100 mCi di 131I, l'approvazione negli USA e in America Latina non fornisce alcuna indicazione riguardo l'attività di 131I da somministrare.

I vantaggi del trattamento ablativo con rhTSH non si limitano a quelli legati al miglioramento della qualità di vita del paziente che esegue la terapia radiometabolica senza sospendere la terapia ormonale, ma si hanno vantaggi anche in termini di tempo di esposizione al 131I degli organi del corpo e in particolare del midollo osseo come dimostrato dal calcolo della dose media di 131I nel sangue, che è risultato significativamente minore nel gruppo dei trattati con rhTSH (56), verosimilmente per la più rapida clearance urinaria rispetto a quella molto rallentata degli ipotiroidei. Una riduzione di esposizione allo 131I del sangue riflette anche una riduzione della esposizione degli altri organi e quindi una minore probabilità di effetti collaterali. Simultaneamente il tempo di permanenza del 131I nel residuo è stato dimostrato essere significativamente più lungo a vantaggio di una azione distruttiva più duratura (60).

Nel CDT sono necessari almeno 10 anni di follow-up per stabilire che l'efficacia terapeutica sia accompagnata anche da una efficacia duratura e

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che il rischio di recidiva non sia diverso tra le due strategie. Tuttavia alcuni dati iniziali su periodi di follow-up relativamente breve sono già disponibili: recentemente è stato pubblicato un primo studio con un follow-up breve (mediana 2,5 anni), retrospettivo, non randomizzato e non controllato, che dimostra che la persistenza e la recidiva di malattia era sovrapponibile nei due gruppi (61).

Sebbene ad oggi l'indicazione alla preparazione con rhTSH per l'ablazione del residuo preveda l'uso di attività di 131I elevate (almeno 100 mCi), esistono studi che dimostrano una efficacia ablativa sovrapponibile anche con attività minori. Già nel 2002 Pacini et. al., in uno studio prospettico e randomizzato, ha confrontato pazienti trattati con 30 mCi sia in ipotiroidismo con o senza stimolazione con rhTSH e pazienti in eutiroidismo dopo stimolazione con rhTSH. Lo scopo dello studio di Pacini et al. era stato quello di valutare se la stimolazione con rhTSH poteva essere utilizzata nell’ablazione del residuo tiroideo post-chirurgico in pazienti con carcinoma differenziato della tiroide usando una dose standard di 30 mCi di 131I: il successo ablativo era stato confrontato nei tre gruppi di pazienti diversamente trattati (in ipotiroidismo con o senza stimolazione con rhTSH e in eutiroidismo con stimolazione con rhTSH). Si osservava però che la percentuale ablativa era significativamente

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maggiore nel gruppo di pazienti in ipotiroidismo (con o senza rhTSH) rispetto ai pazienti eutiroidei trattati con rhTSH (62) e pertanto l’impiego del rhTSH nell’ablazione con basse dosi subiva una battuta d’arresto. Un più recente studio di Pacini et al. ha dimostrato non solo una efficacia ablativa con attività di 131I di 50 mCi pari a quella attenuta con 100 mCi ma tale efficacia si otteneva anche nei pazienti con metastasi linfonodali a rischio intermedio (63). Infine un recente studio (64) prospettico randomizzato ha confrontato l'efficacia ablativa di una dose bassa fissa di

131

I (30 mCi) in pazienti a basso rischio, sia in ipotiroidismo che in eutiroidismo dopo stimolo con rhTSH, previa breve interruzione della terapia con LT4 (4 giorni). Il successo dell'ablazione nei pazienti eutiroidei era equivalente a quello ottenuto nel gruppo dei pazienti in ipotiroidismo (64).

I dati attualmente contraddittori sulle dosi da impiegare, e sulle strategia di trattamento (ipotiroidismo vs rhTSH) non consentono però di trarre conclusioni definitive (65). Gli studi prospettici dovrebbero poi essere integrati dagli studi di follow-up che consentono di verificare l’outcome nei vari sottogruppi trattati con regimi e strategie diverse.

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c) Terapia soppressiva e sostitutiva con Levo-tiroxina (L-T4)

La terapia medica con L-Tiroxina ha due finalità: a) Correggere l'ipotiroidismo iatrogeno post-chirurgico, somministrando un dosaggio appropriato, in modo da ottenere i fisiologici livelli ematici di ormone tiroideo (terapia sostitutiva); b) Sopprimere i livelli circolanti di TSH sierico al di sotto di 0,1 µU/l (66-67)(terapia soppressiva). La terapia soppressiva viene eseguita fino al momento dell’evidenza della remissione clinica della malattia dopodiché si può passare alla terapia sostitutiva (68). L'utilità di questa soppressione è supportata da studi sull'uomo e sugli animali, dove è stato visto che la soppressione del TSH è in grado di inibire la proliferazione della cellule follicolari neoplastiche (69).

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2.1.4 Follow-up

Il follow-up diagnostico del CDT ha lo scopo di mantenere un'adeguata terapia con ormoni tiroidei e di individuare precocemente la persistenza o la recidiva di malattia. Il follow-up deve essere protratto per l'intera vita del paziente, data la possibilità di recidiva anche a distanza di molti anni dal trattamento iniziale. Circa il 5-20 % dei pazienti sviluppa recidive locali o metastasi loco-regionali, mentre il 5-10% di essi sviluppa metastasi a distanza (70). Le recidive sono più frequenti durante i primi 5 anni di follow-up, tuttavia possono manifestarsi anche a distanza di alcune decadi dal trattamento iniziale.

Il follow-up del CDT si avvale essenzialmente di metodiche integrate comprendenti:

 La scintigrafia totale corporea (STC) con dose diagnostica 131I

 Il dosaggio della Tg circolante come marcatore tumorale (70-71)

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Scintigrafia totale corporea con 131I: se ne distinguono due tipi: la STC

diagnostica eseguita dopo somministrazione di una dose diagnostica di 131I (1-4mCi) che ha lo scopo di identificare le eventuali aree di captazione e fare calcoli dosimetrici e la STC post-dose terapeutica che viene eseguita dopo trattamenti con dosi ad alta attività di 131I (30-150 mCi) per confermare la captazione e per evidenziare aree di captazione non viste alla STC diagnostica (72-74). Data la scarsa sensibilità, la STC diagnostica è stata recentemente esclusa dalla lista delle tecniche da utilizzare nel follow-up del paziente con CDT non accompagnati da positività del titolo di Ab-Tg (43). La STC dopo dose terapeutica (30-100 mCi) viene effettuata 3-5 giorni dalla somministrazione della dose stessa. Nel caso del trattamento radio-ablativo, la somministrazione di 131I viene preceduta da una valutazione della captazione a livello della regione del collo dopo somministrazione di una dose traccia minima di 50 microCi. L'orientamento attuale è quello di utilizzare in maniera più selettiva la STC e di monitorare il paziente mediante il dosaggio della Tg circolante, infatti è stata ampiamente dimostrata una eccellente correlazione tra i livelli di Tg e lo stato della malattia in assenza di anticorpi anti-tireoglobulina (75-76).

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Dosaggio della tireoglobulina (Tg): la Tg è una glicoproteina ad alto peso

molecolare che rientra nella costituzione della colloide del follicolo tiroideo. Ha un peso molecolare di 330.000 dalton, viene sintetizzata nel reticolo endoplasmatico, viene poi trasferita nell'apparato del Golgi per la glicosilazione e successivamente viene immagazzinata in vescicole e liberata nella cavità del follicolo. La Tg è una proteina organo-specifica, dunque dopo tiroidectomia totale e radioablazione con 131I del tessuto tiroideo residuo, i livelli di Tg dovrebbero essere indosabili, mentre valori dosabili dovrebbero allertare il clinico (77-78). E’ quindi evidente che il dosaggio della Tg diventa un importante marcatore tumorale della malattia. Il dosaggio della Tg come indice di persistenza o recidiva di CDT è stato per la prima volta raccomandato da Van Herle e Uller (79) e confermato da successivi studi che hanno dimostrato la validità clinica del dosaggio della Tg (80-81). Due sono i limiti principali del dosaggio della Tg: 1) presenza di Ab-Tg: nei pazienti con positività dei titoli di anticorpi anti-Tireoglobulina (Ab-Tg), il dosaggio può essere gravato da falsi negativi, pertanto i livelli indosabili di Tg non possono essere interpretati come indicatore attendibile di remissione di malattia, data l'interferenza che questi hanno nel dosaggio della Tg (82-83). 2) la terapia soppressiva con LT4: livelli indosabili di Tg in terapia soppressiva non sono

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Durante il trattamento con L-T4, la Tg è indosabile in circa il 98% dei pazienti che sono considerati liberi da malattia, mentre è dosabile in tutti i pazienti che presentano metastasi a distanza. Esiste però un 20% di soggetti con metastasi linfonodali e circa un 5% con micro metastasi a distanza che presentano valori indosabili di Tg durante trattamento con ormoni tiroidei (84) che però aumenta dopo stimolazione con rhTSH. Occorre quindi avere sempre una misurazione della Tg sotto stimolo che in passato si otteneva sospendendo la terapia con LT4 mentre oggi si ottiene somministrando rhTSH.

Test di stimolo della tireoglobulina con TSH ricombinante umano

(rhTSH): il rhTSH è stato approvato negli Stati Uniti nel 1998 dalla FDA

(Food and Drug Adminitration) e in Europa nel 2001 dalla EMEA (European Medicines Agency) per uso diagnostico nel follow-up post-chirurgico dei pazienti affetti da CDT. Il TSH ricombinante umano (rhTSH) è in grado di riprodurre gli stessi effetti del TSH endogeno, senza che il paziente debba sospendere la terapia con L-T4 (85-87). Infatti l’rhTSH stimola la captazione del 131I da parte del tessuto tiroideo e la produzione della Tg, rilasciata nel sangue, esattamente come fa il TSH ipofisario, consentendo pertanto di effettuare sia la STC che il dosaggio della Tg senza dover

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sospendere la terapia con L-T4, evitando quindi i disturbi indotti dall’ipotiroidismo (53). Il protocollo di impiego del rhTSH prevede la somministrazione intramuscolo di due fiale di rhTSH (0,9 mg) a distanza di 24 ore l'una dall'altra. Il dosaggio della Tg viene eseguito basalmente e dopo 24, 48 e 72 ore dalla somministrazione della seconda fiala di rhTSH. Il dosaggio della Tg dopo stimolo con rhTSH è molto sensibile nei pazienti con titolo anticorpale Ab-Tg negativo, molto più sensibile della STC diagnostica nel documentare la persistenza di malattia (53). Nei pazienti con positività degli Ab-Tg, per i quali i valori di Tg potrebbero essere falsamente negativi, la STC diagnostica conserva ancora la sua utilità.

Altre procedure diagnostiche

Ecografia (US) della regione del collo (entrata nella pratica clinica dal

1986), associata all'esame citologico su agoaspirato (con dosaggio della Tg su liquido di lavaggio) di linfonodi sospetti (metastatici e/o recidiva/persistenza di malattia) rappresenta oggi la più accurata tecnica di imaging per l'identificazione di noduli tiroidei, e la sua esecuzione è obbligatoria quando un nodulo viene scoperto alla palpazione (88). E' in grado, inoltre, di identificare linfonodi cervicali sospetti di pochi millimetri di diametro, rappresentando anche una guida per l'agoaspirazione degli

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stessi con ago sottile. In pazienti con persistenza di malattia possono essere utilizzate altre metodiche radiologiche quali la radiografia dello scheletro, TC, RMN e scintigrafia ossea per evidenziare eventuali localizzazioni metastatiche.

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3. Scopo dello studio

In un precedente studio, condotto presso il Dipartimento di Endocrinologia di Pisa (Pacini et al. 2002)(62), era stato osservato che la percentuale ablativa a distanza di 6-10 mesi dalla somministrazione della dose terapeutica di 30 mCi di 131I era significativamente diversa a seconda della strategia di trattamento (ipotiroidismo vs rhTSH).

Lo scopo primario del presente lavoro è stato quello di valutare, su una casistica di pazienti del Dipartimento di Endocrinologia di Pisa, la percentuale di remissione clinica di malattia a distanza di 8-10 anni dalla radioablazione del tessuto tiroideo post-chirurgico con 30 mCi di 131I, somministrato in alcuni dopo sospensione della terapia soppressiva con L-T4 e in altri dopo stimolazione con rhTSH. Inoltre, scopo secondario, è stato quello di verificare le eventuali recidive dei pazienti allora dichiarati in remissione e le terapie necessarie per portare a remissione coloro che all’epoca non erano ancora ablati e che erano più frequenti nel gruppo nei trattati con rhTSH.

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4.Pazienti e Metodi

4.1 Gruppo di studio

In una analisi retrospettiva sono stati valutati 162 pazienti affetti da CDT, trattati con tiroidectomia totale o sub-totale e sottoposti a radioablazione del tessuto tiroideo residuo, presso il Dipartimento di Endocrinologia di Pisa, tra il 1998 e il 2001.

Questi pazienti formavano la casistica di uno studio già pubblicato, che aveva lo scopo di valutare il successo ablativo del tessuto tiroideo post-chirurgico con 30 mCi di 131I, previo stimolo con rhTSH (1° studio, Pacini et al., 2002)(62).

A tal fine i pazienti erano stati suddivisi in tre gruppi : il primo gruppo, nominato HYPO, includeva pazienti sottoposti a radioablazione con 131I in ipotiroidismo, previa adeguata sospensione della terapia con L-T4; il secondo gruppo, nominato HYPO + rhTSH, includeva pazienti sottoposti a radioablazione con 131I in ipotiroidismo e previo stimolo con rhTSH; il terzo gruppo, nominato EU + rhTSH, includeva pazienti sottoposti al trattamento con 131I in eutiroidismo, in terapia con L-T4, e stimolati con

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rhTSH. Erano stati esclusi dallo studio i pazienti con presenza alla diagnosi di metastasi a distanza, e coloro che erano stati sottoposti ad una tiroidectomia incompleta.

Il gruppo HYPO includeva 50 pazienti, 38 femmine (76%) e 12 maschi (24%), l'età media alla radioablazione 44,3 ± 11,5 anni (range 21-69 anni; mediana 44 anni; moda 49 anni). L'istotipo era papillare in 46 (92%) e follicolare in 4 (8%) pazienti di cui uno presentava la variante a cellule di Huerthle. Trentatre/50 (66%) pazienti erano di classe I (secondo la suddivisione in classi tumorali di DeGroot), 3/50 (6%) pazienti erano di classe II e 11/50 (22%) pazienti erano di classe III. In 2 pazienti non era stato possibile stabilire la classe tumorale secondo la suddivisione di DeGroot. Il TNM era T1-3N0 in 36 (72%) pazienti, T1-3N1 in 3 (6%) pazienti, T4N0 in 4 (8%) pazienti e T4N1 in 4 (14%) pazienti (i dati epidemiologici e clinici sono rappresentati in tabella N°2, figura N°5,

figura N°6)

L'ipotiroidismo era stato ottenuto con la sospensione della terapia con L-T4 45 giorni prima l'ablazione e di L-T3 15 giorni prima dell'ablazione. Al

primo giorno dello studio era stato dosato nel siero di tutti i pazienti TSH, FT4, FT3, Tg e AbTg. In seguito era stata somministrata la dose tracciante (50 μCi) di 131I, valutando, alla ventiquattresima ora, la captazione del

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(New Atomlab 950, Biodex Medical Systems, Urbino, Italia). Immediatamente dopo era stata somministrata la dose terapeutica (30mCi) di 131I, eseguendo, 3-7 giorni dopo la STC post-terapia.

Il gruppo IPO + rhTSH includeva 42 pazienti, 30 (71,4%) femmine e 12 (28,6%) maschi, l'età media alla radioablazione 40,8 ± 13,3 anni (range 22-75 anni; mediana 38 anni; moda 42 anni). L'istotipo era papillare in 38 (90,5%) pazienti (24 variante classica, 9 variante follicolare e 5 variante a cellule alte) e follicolare in 4 (9,5%) pazienti di cui uno presentava la variante a cellule di Huerthle ed uno variante a cellule ossifile. Trentadue/42 (76,2%) pazienti erano di classe I (secondo la suddivisione in classi tumorali di DeGroot), 2/42 (4,8%) pazienti erano di classe II, 4/42 (9,5%) pazienti erano di classe III e 1/42 (2,4%) pazienti erano di classe IV. In 3 pazienti non era stato possibile stabilire la classe tumorale secondo la suddivisione di DeGroot. Il TNM era T1-3N0 in 35 (83,3%) pazienti, T1-3N1 in 2 (4,8%) pazienti, T4N0 in 3 (7,1%) pazienti e T4N1 in 2 (4,8%) pazienti (i dati epidemiologici e clinici sono rappresentati in tabella N°2, figura N°5,

figura N°6). Questo gruppo aveva seguito lo stesso protocollo del gruppo HYPO, con la differenza che i pazienti avevano ricevuto una iniezione di 0,9 mg rhTSH (Thyrogen), per via IM, per due giorni consecutivi, a distanza di 24 ore l'una dall'altra ed era stata rilevata, per una seconda volta, la captazione del radioiodio nel letto della tiroide, dopo

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somministrazione di una dose traccia (50 μCi) di 131I. Il dosaggio del TSH e la Tg era stato eseguito anche dopo la stimolazione con TSH ricombinante umano. La dose terapeutica di 30 mCi di 131I era stata somministrata a distanza di 48 ore dall'ultima iniezione di rhTSH, seguita da una STC post-terapia.

Il gruppo EU + rhTSH includeva 70 pazienti, 53 (75,7%) femmine e 17 (24,3%) maschi, l'età media alla radioablazione 42,2 ± 11,8 anni (range 17-72 anni; mediana 41 anni; moda 41 anni). L'istotipo era papillare in 67 (95,7%) pazienti (46 variante classica, 16 variante follicolare, 1 variante a cellule alte, 2 variante sclerosante e 2 variante a cellule di Huerthle) e follicolare in 3 (4,3%) pazienti. Cinquanta/70 (71,4%) pazienti erano di classe I (secondo la suddivisione in classi tumorali di DeGroot), 5/70 (7,1%) pazienti erano di classe II e 12/70 (17.1%) pazienti erano di classe III. In 3 pazienti non era stato possibile stabilire la classe tumorale secondo la suddivisione di DeGroot. Il TNM era T1-3N0 in 52 (74,3%) pazienti, T1-3N1 in 6 (8,6%) pazienti, T4N0 in 9 (12,8%) pazienti e T4N1 in 3 (4,3%) pazienti (i dati epidemiologici e clinici sono rappresentati in tabella N°2, figura

N°5, Figura N°6). In questo gruppo i pazienti avevano continuato ad

assumere la terapia soppressiva con L-T4. Era stato somministrato 0,9 mg rhTSH per via IM, per due giorni consecutivi, a distanza di 24 ore l'una

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ventiquattresima ora, la captazione del 131I nel letto della tiroide. Anche in questo gruppo la dose terapeutica di 30 mCi di radioiodio era stata somministrata a distanza di 48 ore dall'ultima iniezione di rhTSH, e seguita dalla STC post-terapia (Figura N°7).

I tre gruppi di pazienti erano omogenei per le loro caratteristiche epidemiologiche, cliniche e anatomo-patologiche (Tabella N°2).

La percentuale di successo della radioablazione del residuo tiroideo, era stata valutata sottoponendo tutti i pazienti ad una STC diagnostica con 131I 6-10 mesi dopo la terapia radiometabolica. Questa STC è stata eseguita in condizioni di ipotiroidismo, 72 ore dopo la somministrazione di una dose traccia di 4 mCi di radioiodio, mediante gamma camera ad una testa e collimatore per alte energie (Aspex SPX 4000, Elscint, Milano, Italy) con una sensibilità di 160 colpi (cpm)/μCi. Inoltre era stato eseguito il dosaggio sierico di TSH e Tg, sempre in condizione di ipotiroidismo. Secondo i criteri stabiliti al momento del primo studio, i pazienti erano stati considerati ablati qualora questa STC diagnostica non avesse mostrato aree di iodofissazione.

Nel 1° studio (Pacini et al., 2002) il successo ablativo era risultato simile nel gruppo HYPO e HYPO+rhTSH (rispettivamente del 84 % e 78,5 %). Nel gruppo EU+rhTSH, la percentuale di ablazione ottenuta risultava invece significativamente più bassa (54%).

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Tutti e 162 pazienti del 1° studio sono stati oggetto del presente studio, eseguito a distanza di 8-10 anni. In tutti i pazienti è stato eseguito un controllo della Tg in condizioni basali, il dosaggio degli Ab-Tg circolanti, l’ecografia del collo e visita medica. Del totale dei pazienti appartenenti ai tre gruppi la maggior parte (83 %) avevano continuato ad effettuare controlli presso il Dipartimento di Endocrinologia di Pisa. Un gruppo limitato di pazienti (17 %) che non avevano più effettuato controlli, sono stati ricontattati ed invitati ad effettuare un controllo della Tg in condizioni basali, il dosaggio degli Ab-Tg circolanti, l’ecografia del collo, visita medica e 3/27 pazienti, che non erano ablati, sono stati sottoposti ad un test di stimolo della Tg con rhTSH.

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4.2 Metodi

Il protocollo diagnostico che abbiamo utilizzato per ridefinire lo stato attuale dei pazienti comprendeva:

- la visita medica e l’ecografia del collo negativa, ossia l’evidenza di logge prive di tessuto ghiandolare residuo e l’assenza di linfadenopatie clinicamente rilevanti; il dosaggio della Tg in condizioni basali, in tutti i pazienti che nel 1° studio erano stati considerati ablati per il riscontro del valore indosabile della Tg stimolata.

- dosaggio della Tg dopo stimolazione con rhTSH e successiva STC diagnostica in tutti i pazienti che nel 1° studio erano stati considerati non ablati e anche nei pazienti considerati ablati alla STC ma nei quali era stato riscontrato (e trascurato) un valore della Tg dosabile.

4.2.1 Revisione del percorso diagnostico-terapeutico

Dati clinici relativi al percorso diagnostico-terapeutico di questi pazienti eseguito tra il 2000-2001 ed oggi sono stati ricavati da un database computerizzato e dalla revisione delle cartelle cliniche.

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4.2.2 Dosaggio della Tireoglobulina e degli anticorpi anti-tireoglobulina(Ab-Tg)

Il dosaggio della Tg sierica in condizioni basali durante la terapia soppressiva con L-T4 è stato effettuato nel laboratorio del Dipartimento di Endocrinologia di Pisa. La Tg sierica è stata dosata con un metodo immunometrico altamente sensibile, introdotto a partire dal 1998 (ICMA: saggio ad immunochemioluminescenza), con una sensibilità pari a 0.9 ng/ml (Immulite 2000 Thyroglobulin, Diagnostic Product Corporation, Los Angeles, CA).

In tutti i pazienti è stato anche eseguito il dosaggio degli Ab-Tg circolanti, data l'interferenza che questi anticorpi hanno nel dosaggio della Tg e conseguentemente l'alto numero di falsi negativi. E' stato utilizzato un metodo immunofluorimetrico (Aia-Pack TgAb Tosoh Corporation, Tokyo, Japan) introdotto dal 2002 (range di normalità: 0-30 U/ml, CV variabile tra 10,5 % e 17,7 % a seconda del titolo). Abbiamo considerato negativo un titolo anticorpale di AbTg < 20 U/ml.

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4.2.3 Dosaggio della Tg dopo stimolazione con rhTSH (Test di stimolo della Tg con rhTSH) e STC diagnostica

Il test di stimolo della Tg prevede l'utilizzo del TSH ricombinante umano. Il protocollo di impiego del rhTSH prevedeva la somministrazione intramuscolo di due fiale di rhTSH (0,9 mg) a distanza di 24 ore l'una dall'altra. Il dosaggio della Tg veniva eseguito in condizioni basali e a distanza di 24, 48 e 72 ore dalla somministrazione della seconda fiala di rhTSH. A distanza di 24 ore dalla seconda somministrazione di rhTSH i pazienti ricevevano la dose tracciante di 131I (4 mCi) e la STC veniva eseguita a distanza di 48 ore dalla somministrazione del radioiodio mediante gamma camera (Aspex SPX 4000, Elscint Italia) ad una testa e collimatore per alte energie. Per eseguire la STC veniva impiegato un periodo minimo di 30 minuti o un tempo sufficiente a contenere almeno 160.000 colpi (cpm). Per l’acquisizione statica veniva impiegato un tempo minimo di 10-15 minuti. Venivano inoltre sottoposti alla STC tutti i pazienti con Ab-Tg positivi (>20 U/ml) data l'inattendibilità del dosaggio della Tg in presenza degli Ab-Tg.

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4.2.4 Ecografia del collo

L’ecografia (US) della regione del collo, utilizza un apparecchio a color Doppler (AU 590 Asynchronous, Esaote Biomedica, Firenze, Italy) con un trasduttore lineare a 7,5 MHz.

4.2.5 Analisi statistica

I dati sono stati espressi come medie ± deviazioni standard. Le variabili continue sono state analizzate con l’analisi della varianza e per i sottogruppi (test di Newmann-Keuls). Il test del χ2 è stato utilizzato per le variabili categoriche. Le curve di sopravvivenza di Kaplan- Meier sono state utilizzate per valutare la sopravvivenza. La differenza tra le curve di sopravvivenza sono state confrontate con il test del long-rank. Tutte le analisi sono state eseguite con StatView 4.5 software (Abacus Concept Inc., Berkley, CA). I risultati sono stati considerati statisticamente significativi se p<0,05.

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5. Risultati

5.1 Rivisitazione dei risultati del 1°studio secondo i criteri

di ablazione utilizzati nel 2010

Nel 1°studio l’ablazione del tessuto tiroideo residuo con 131I veniva confermata dall’assenza di aree di iodofissazione ad una STC diagnostica eseguita in condizioni di ipotiroidismo, 6-10 mesi dopo il trattamento. Pertanto nel 1° studio non veniva preso in considerazione il valore della Tg sierica in ipotiroidismo quale criterio di ablazione, quindi i pazienti ablati erano stati suddivisi in pazienti ablati con Tg dosabile e pazienti ablati con Tg indosabile. Nei tre gruppi oggetto di studio (HYPO, HYPO+rhTSH e EU+rhTSH) la percentuale di pazienti in cui era stata evidenziata l’avvenuta ablazione del tessuto tiroideo residuo con 30 mCi di 131I era rispettivamente dell’84 % (42/50 pazienti), 78,5 % (33/42 pazienti) e 54 % (38/70 pazienti) risultando statisticamente significativa (p <0,01 e p <0,0001) (Tabella N°3 e Figura N°8).

Secondo le più recenti linee guida proposte dalla comunità scientifica americana e europea (42, 43), il successo ablativo del residuo tiroideo post-chirurgico è oggi documentato dal riscontro di una Tg indosabile, in

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assenza di Ab-Tg interferenti, dopo stimolazione endogena, con la sospensione della terapia con LT4 e conseguente ipotiroidismo, o esogena, con rhTSH e senza prendere in considerazione la presenza di iodofissazione alla STC diagnostica. In base a questi criteri, e considerando normale un titolo anticorpale <50 U/ml, la percentuale di ablazione nei tre gruppi di pazienti oggetti di studio, sarebbe stata oggi del 74% (37/50 pazienti) nel gruppo HYPO, del 76,2% (32/42 pazienti) nel gruppo HYPO+rhTSH e del 67,1% (47/70 pazienti) nel gruppo EU+rhTSH, senza alcuna differenza non statisticamente significativa (p = 0,3 e p = 0,4) (Tabella N°4 e Figura N°9).

Questa rivisitazione conferma che l’efficacia ablativa di una bassa attività di 131I (i. e. 30 mCi) è simile in pazienti stimolati da TSH endogeno (ipotiroidei) o da TSH esogeno (eutiroidei con + rhTSH).

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5.2 Pazienti ablati

Nel gruppo dei 50 pazienti sottoposti alla radioablazione del tessuto tiroideo residuo con 30 mCi di 131I in ipotiroidismo, Gruppo HYPO, 37/50 (74 %) risultavano ablati a distanza di 6-10 mesi dal trattamento. Dopo un follow-up medio di 9,3 ± 1,9 anni (un range 6-15 anni e una mediana di 10 anni) in 35/37 (94,6 %) pazienti è stata confermata la remissione clinica di malattia. In due/37 (5,4 %) pazienti è stata evidenziata una recidiva di malattia: un paziente ha evidenziato un valore della Tg dosabile dopo stimolazione con rhTSH, veniva pertanto sottoposto a trattamento radiometabolico con 131I ad alta attività (100 mCi) ma la STC post-dose non evidenziava aree di abnorme iodiofissazione e l'ecografia del collo risultava negativa; in un paziente (ricontattato telefonicamente in quanto era stato perso al follow-up) è stata riscontrata una metastasi di CDT (Settembre 2010) nonostante la Tg sierica in condizioni basali sia risultata indosabile (le caratteristiche di questi pazienti sono schematizzate in

Tabella N°5 e N°6, Figura N°10).

Nel gruppo dei 42 pazienti sottoposti alla radioablazione del tessuto tiroideo residuo con 30 mCi di 131I in ipotiroidismo e stimolo con rhTSH,

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mesi dal trattamento. Dopo un follow-up medio di 8,6 ± 1,5 anni (range 5-10 anni, mediana 9 anni) in 31/32 (97%) pazienti è stata confermata la remissione clinica di malattia. In uno/32 (3%) pazienti, invece, è stata documentata una recidiva di malattia con riscontro ecografico di linfadenopatia laterocervicale, pertanto veniva somministrata una dose ad alta attività di 131I. La STC post-dose terapeutica evidenziava un area di iodofissazione in regione laterocervicale da riferire a metastasi linfonodale (le caratteristiche di questi pazienti sono schematizzate in Tabella N°5 e

N°6, Figura N°10).

Nel gruppo dei 70 pazienti sottoposti alla radioablazione del tessuto tiroideo residuo con 30 mCi di 131I in eutiroidismo previo stimolo con rhTSH, 47/70 (67,1%) pazienti risultavano ablati a distanza di 6-10 mesi dal trattamento. Dopo un follow-up medio di 8,3 ± 0,9 anni (range 6-9 anni; mediana 8 anni) è stata confermata la remissione clinica di malattia in 46/47 (98%) pazienti. In uno/47 (2%) pazienti è stata riscontrata una ripresa locale di malattia dapprima sospettata dal riscontro di un valore della Tg basale di 49,9 ng/ml, successivamente rilevata dall’esame ecografico con conferma citologica su agoaspirato, nel quale si evidenziava un nodulo ad architettura micro follicolare con atipie nucleari; veniva

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compartimento centrale dove, all’esame istologico, si evidenziava una metastasi completa di carcinoma tiroideo poco differenziato. Il valore della Tg, all’ultimo controllo (Novembre 2009), era risultato di 2405 ng/ml (le caratteristiche di questi pazienti sono schematizzate in Tabella N°5 e

N°6, Figura N°10).

5.3 Pazienti non ablati

Tredici/50 (26%) pazienti del gruppo HYPO mostravano una mancata ablazione del residuo a distanza di 6-10 mesi dal trattamento con 131I, con il riscontro di una valore medio della Tg in ipotiroidismo di 16,2 ± 17,2 ng/ml (range 2,8-60 ng/ml, mediana 7 ng/ml). Uno/13 pazienti è deceduto per altra malattia. Nei restanti 12 pazienti, dopo un follow-up medio di 10 ± 2,6 anni (range 6-15 anni; mediana 9,5 anni), è stata documenta una remissione clinica di malattia in 9 casi (75 %): in 4/9 (44,4 %) non è stata necessaria la somministrazione di ulteriori dosi terapeutiche di 131I; in questi pazienti il valore medio della Tg in ipotiroidismo a distanza di 6-10 mesi dal trattamento con 131I risultava di 3,6 ± 1,6 ng/ml (range 1,8-5,4 ng/ml, mediana 3,7 ng/ml); 5/9 (55,6 %) pazienti invece sono stati

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sottoposti ad ulteriori trattamenti radio metabolici con 131I con una media di 1,8 ± 0,8 dosi (range 1-3, mediana 2) per un totale di 227,6 ± 121 mCi (range 124-424 mCi, mediana 230 mCi). La STC post-dose terapeutica aveva evidenziato in 3/5 pazienti la presenza di iodofissazione nella regione anteriore del collo da riferire a persistenza di residuo tiroideo, in 1/5 pazienti iodofissazione laterocervicale, riferibile a metastasi linfonodali e in 1/5 pazienti iodofissazione mediastinica. In questi 5 pazienti il valore della Tg in ipotiroidismo 6-10 mesi dopo la radioablazione era risultata 12,7 ± 12,4 ng/ml (range 3-33 ng/ml, mediana 7 ng/ml).

Tre/12 (25 %) pazienti , dopo 9-10 anni di follow-up, hanno ancora l’evidenza di persistenza biochimica di malattia con valori dosabili della Tg dopo stimolazione con rhTSH: il picco della Tg dopo stimolazione con rhTSH è risultato in media 2,7 ± 1,3 ng/ml (range 1,6-4,15 ng/ml): 2/3 di questi pazienti sono stati sottoposti ad ulteriori trattamenti con 131I per un totale di 215 ± 21 mCi (range 200-230 mCi); la STC post-dose evidenziava in entrambi la persistenza di captazione in regione cervicale anteriore e in uno di essi anche la captazione in ambito mediastinico. In questi pazienti il valore medio della Tg in ipotiroidismo a distanza di 6-10 mesi dal trattamento con 131I era 11,5 ± 12 ng/ml, (range 3-20 ng/ml, mediana 11,5). (Le caratteristiche di questo gruppo sono riportate in

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In 10/42 (23,8 %) pazienti del gruppo HYPO+rhTSH veniva documentata la mancata ablazione del residuo a distanza di 6-10 mesi dal trattamento, con un valore medio della Tg in ipotiroidismo di 43,4 ± 96,7 ng/ml, (range 2-300 ng/ml, mediana 12 ng/ml). Un paziente, nonostante avesse un valore di Tg stimolata indosabile, era considerato non ablato per il riscontro di un titolo anticorpale anti-Tg elevato (Ab-Tg 1235 U/ml) potenzialmente interferenti con il dosaggio della Tg sierica. Uno/10 pazienti è stato perso al follow-up, e uno/10 paziente è deceduto per altra malattia. In 3 casi (37,5 %) dei restanti 8 pazienti, dopo un follow-up medio di 8,3 ± 1,8 anni (range 5-10 anni, mediana 9 anni), è stata documentata la remissione clinica di malattia dopo essere stati sottoposti ad due ulteriori dosi terapeutiche di 131I, per un totale di 200 mCi. La STC post-dose ha evidenziato in tutti e 3 la presenza di iodofissazione in regione cervicale anteriore da riferire a persistenza di residuo tiroideo. Il valore medio della Tg rilevato in ipotiroidismo 6-10 mesi dopo la radioablazione del tessuto tiroideo residuo era 2,5 ± 0,7 ng/ml (range 2-3 ng/ml).

Cinque/8 (62,5 %) pazienti ad oggi non sono guariti. Tutti sono stati sottoposti ad ulteriori trattamenti radio metabolici con 131I in media di 5,4 ± 1,8 dosi (range 3-8, mediana 5), per un totale di 657,8 ± 246,8 mCi

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(range 385-990 mCi, mediana di 550 mCi) di 131I: 2/5 (40 %) pazienti sono attualmente in una fase di persistenza biochimica di malattia con evidenza di valori dosabili della Tg dopo stimolazione con rhTSH: il picco della Tg dopo stimolazione con rhTSH è risultato in media 5 ± 4,5 ng/ml (range 1,8-8,3 ng/ml); 3/5 (60 %) pazienti hanno una persistenza di malattia di cui 2/3 pazienti hanno evidenziato iodofissazione mediastinica e toracica da riferire a metastasi linfonodali e polmonari, e 1/3 pazienti iodofissazione in regione anteriore del collo da riferire a residuo tiroideo. In questi 5 pazienti non guariti la Tg in ipotiroidismo 6-10 mesi dopo il trattamento con 131I era in media 66,8 ± 130 ng/ml (range 2,2-300 ng/ml, mediana 12 ng/ml) (le caratteristiche di questo gruppo sono riportate in Tabella N°7 e

N°8, Figura N°11).

In 23/70 (32,9%) pazienti del gruppo EU+rhTSH veniva documentata, a distanza di 6-10 mesi dal trattamento con 131I, la mancata ablazione del residuo tiroideo post-chirurgico con un valore medio della Tg in ipotiroidismo di 25 ± 41 ng/ml (range 2-177 ng/ml, mediana 9 ng/ml). Due pazienti, nonostante il rilievo di un valore della Tg stimolata indosabile, non erano considerati ablati per il riscontro di un titolo anticorpale anti-Tg > 50 U/ml. Dopo un follow-up medio di 8,6 ± 0,6 anni (range 7-10 anni,

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remissione clinica di malattia: in 5 (29,4 %) di essi non è stata necessaria la somministrazione di ulteriori dosi terapeutiche di 131I (remissione clinica spontanea); in questi pazienti il valore medio della Tg in condizioni di ipotiroidismo a distanza di 6-10 mesi dal trattamento con 131I risultava di 3 ± 1,4 ng/ml (range 2-5 ng/ml, mediana 2,5 ng/ml); 12/17 (70,6%) pazienti invece sono stati sottoposti ad ulteriori trattamenti radio metabolici con

131

I con una media di 2,2 ± 1,3 dosi (range 1-4, mediana 1,2) per un totale di 258 ± 165 mCi (range 100-530 mCi, mediana 200 mCi). La STC post-dose aveva evidenziato in 7 pazienti la presenza di iodofissazione nella regione anteriore del collo riferibile a residuo tiroideo, in 3 pazienti la presenza di iodofissazione laterocervicale verosimilmente riferibile a metastasi linfonodali, in 3 pazienti la presenza di iodofissazione mediastinica e in 1 paziente la presenza di iodofissazione sia ossea che toracica. In 11/12 pazienti il valore della Tg in ipotiroidismo dopo 6-10 mesi dalla radioablazione era risultata 19,2 ± 24,2 ng/ml (range 2-86 ng/ml, mediana 10 ng/ml). In un paziente, considerato non ablato data la presenza di un titolo anticorpale anti-Tg elevato (749 U/ml), abbiamo assistito ad una progressiva riduzione del titolo degli Ab-Tg dopo due dosi terapeutiche di

131

I.

Sei/23 (26,1 %) pazienti ad oggi non sono guariti. Tutti sono stati sottoposti ad ulteriori trattamenti radio metabolici con 131I con una media

Figura

Figura N°2: carcinoma papillare variante follicolare
Figura N°3: carcinoma papillare variante a cellule alte
Figura N°4: carcinoma follicolare della tiroide
Tabella  N°1:  indicazioni  al  trattamento  radiometabolico  con  131 I  del  residuo  post-chirurgico
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