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La Sapienza Universit` a di Roma AA 2016-2017

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Appunti delle lezioni del Corso di Archeometria Scuola di Specializzazione in Beni Archeologici

La Sapienza Universit` a di Roma AA 2016-2017

Mario Piacentini

Dipartimento di Scienze di Base ed Applicate per l’Ingegneria Laboratorio di Analisi non Distruttive ed Archeometria

Via A. Scarpa 14, 00161 Roma 8 gennaio 2017

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Capitolo 1

Introduzione

L’archeologia (dal greco `αρχαιoλoγια, composto dalle parole `αρχα˜ιoς, ”antico”, e λ´oγoς,

”discorso” o ”studio”) `e la scienza che studia le civilt`a e le culture umane del passato e le loro relazioni con l’ambiente circostante, mediante la raccolta, la documentazione e l’analisi delle tracce materiali che hanno lasciato (architetture, manufatti, resti biologici e umani).

In passato venne definita come scienza ausiliaria della storia, adatta a fornire docu- menti materiali per quei periodi non sufficientemente illuminati dalle fonti scritte. In alcuni paesi, e specialmente negli Stati Uniti d’America, `e stata sempre considerata come una delle quattro branche dell’antropologia (le altre tre essendo l’etnologia, la linguistica e l’antropologia fisica), avente come obiettivo l’acquisizione di conoscenza delle culture umane attraverso lo studio delle loro manifestazioni materiali.

L’archeologia `e tradizionalmente suddivisa in discipline a seconda del periodo o della cultura oggetto di studio (ad esempio archeologia classica o archeologia industriale o pa- letnologia), oppure a seconda di particolari tecniche di indagine (archeologia subacquea o archeologia sperimentale), o di specifiche problematiche (archeologia urbana, archeologia teorica), o ancora sulla base del tipo di materiale esaminato (numismatica o epigrafia).

La nozione di scoperta archeologica si `e evoluta con il progredire dei metodi di indagine:

inizialmente si andava alla ricerca dell’oggetto raro o del tesoro; col suo evolversi ma le scoperte sono divenute sempre meno dipendenti dal caso o dall’intuizione.

Lo studio del materiale archeologico `e, giustamente, svolto soprattutto dagli archeologi:

per materiale archeologico si intende una vasta gamma di manufatti, che vanno dalle grandi e sontuose costruzioni del passato alcune ancora visibili e molte altre rinvenute negli scavi, alle costruzioni pi`u modeste fino alle capanne o alle grotte; queste costruzioni e questi ricoveri sono ricchi di suppellettili di varia natura e di resti delle attivit`a umane:

ceramiche, pietre, metalli, oggetti lignei, ecc.; le decorazioni, le pitture, le sculture che costituiscono varie forme di arte antica, per non parlare delle vaste fonti di informazione che derivano dai luoghi di culto, siano essi templi che necropoli. Di fronte a tutto questo materiale, l’archeologo svolge un vasto lavoro di raccolta di informazioni, di catalogazione,

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4 CAPITOLO 1. INTRODUZIONE di ricostruzione e di confronto, da affiancare, quando possibile, agli studi storici provenienti da fonti scritte, per poter poi ricostruire un quadro storico-socio-economico del mondo del passato.

Quando il materiale `e di scavo, spesso `e possibile contestualizzarlo con le stratigrafie e fornire delle cronologie al materiale ritrovato; anche in questi casi, per giungere a datare o a determinare la provenienza dei manufatti, gli archeologi ricorrono ad analisi compa- rative sulla loro tecnica di fabbricazione, sulla loro forma, sul loro stile decorativo. Il discorso diviene molto pi`u difficile per il materiale museale, di provenienza incerta perch´e comprato sul mercato dell’antico o perch´e proveniente da collezioni private: in ambedue i casi raramente `e possibile avere una documentazione completa sul come `e stato ritrovato e sul posto del ritrovamento. Nei tempi pi`u remoti l’archeologo andava alla ricerca del

”pezzo” importante, del ”tesoro”, mettendo a soqquadro il sito archeologico, distruggendo e confondendo tutto il materiale ”minore”. Sempre nell’ambito museale, un’altra piaga deriva dalla possibilit`a che il materiale ricevuto possa non essere autentico, ma opera di moderni ”falsari”. Tutte queste osservazioni fanno capire le difficolt`a in cui si muovono gli archeologi, gli storici dell’arte antica, ed anche i restauratori. Domande del tipo: ”E’ vero o falso? Di che cosa `e fatto? Da dove proviene? Come `e stato realizzato?” sono comuni in ambito archeologico e, a onor del vero, gli archeologi riescono spesso a rispondere a tali quesiti sulla base di valutazioni artistiche e comparative, anche se a volte l’incertezza del metodo e, quindi, dell’attribuzione d`a luogo ad accese dispute accademiche.

Tuttavia, la scienza dei materiali, basata su indagini fisiche, chimiche, mineralogiche, geologiche ecc., viene sempre pi`u in aiuto allo studio del materiale antico per rispondere ad alcune delle domande poste sopra. Gli studi eseguiti dagli specialisti in questi settori danno origine ad una nuova scienza multidisciplinare: l’archeometria. Nel seguito ci occu- peremo delle indagini di tipo fisico che possono essere svolte sui beni culturali, cercando di spiegarne i principi fisici senza entrare nei dettagli delle teorie matematiche che ne co- stituiscono la base e la comprensione, e poi di valutare il tipo di informazioni che sono in grado di fornire. Le tecniche che si possono applicare allo studio dei beni archeologici sono molteplici ed `e importante avere un quadro di quelle che provocano il minimo danno sul bene stesso, al limite che siano totalmente non distruttive, di concentrarsi su quelle in grado di dare una risposta ai quesiti posti. Il bene archeologico `e come un paziente di fronte al medico: saputi i sintomi il medico deve suggerire le analisi necessarie per giungere ad una diagnosi: non tutte le analisi possibili (radiografie e TAC, risonanza magnetica, ecografie, analisi del sangue ecc.) sono necessarie; solo alcune servono per giungere al- la diagnosi, possibilmente col minimo intervento sul paziente. Analogamente dobbiamo imparare a fare sul bene archeologico. Si vuole cio`e mostrare come si possa sostituire all’accanimento terapeutico da laboratorio che affligge tante singole opere del nostro vasto patrimonio culturale un insieme di tecniche senza prelievo, standardizzate, trasportabili in museo o, addirittura, sul sito archeologico.

In questa maniera, l’archeometria si affianca indissolubilmente alle altre due discipline, la storia e l’archeologia, per uno studio multidisciplinare e multivalente del nostro passato e del nostro patrimonio culturale.

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Capitolo 2

Archeometria e Archeologia 1

2.1 Studio del passato

E inutile dire che lo studio del passato `` e molto importante. Conoscere il passato `e pi`u che ricerca accademica fine a se stessa. Non per niente migliaia di persone si interessano ogni anno ai beni culturali di tutta l’umanit`a: musei, pinacoteche, siti archeologici, esposizioni, eventi folcloristici in suggestive citt`a antiche sono meta in tutto il mondo di frotte di turisti interessati a conoscere le opere d’arte del passato. A ci`o si aggiungono meravigliosi libri, collane d’arte e moderni mezzi multimediali che tendono a mostrare i monumenti che appaiono oggi come dovevano essere nei tempi antichi. La ragione di questo interesse risiede nel fatto che nel passato troviamo le radici delle nostre tradizioni, dei nostri usi e costumi, del nostro attuale stile di vita, della nostra societ`a, in altre parole della nostra cultura presente. La cultura presente `e il frutto della sovrapposizione di molte culture diverse, che si sono mescolate ed amalgamate attraverso i secoli vuoi per occupazione militare, vuoi attraverso i contatti con altri paesi e popolazioni tramite interazioni commerciali e, pi`u in generale, culturali. Ma il presente `e soltanto un un breve, stretto ponte tra il passato ed il futuro. Pertanto, conoscere il passato `e necessario anche per pianificare e costruire il futuro. La nuove tecnologie possono cambiare, migliorare, modificare la nostra attuale societ`a e il nostro stile di vita, ma non devono rimuovere le nostre tradizioni, usi e costumi, cio`e le radici che noi troviamo nei nostri beni culturali.

Fino alla met`a dello scorso secolo, lo studio del passato `e stato nelle mani di illustri studiosi umanisti. Grazie al loro paziente ed esperto lavoro, oggigiorno abbiamo un quadro dettagliato della storia sociale, politica e militare di un paese o di una regione, delle sue interazioni con altri paesi e della sua evoluzione e dei suoi cambiamenti socio–culturali.

Da una parte, gli storici raccolgono il loro sapere tramite un duro lavoro di ricerca presso archivi e biblioteche di documenti scritti, dell’interpretazione dei testi ritrovati e

1Questo capitolo `e tratto da un seminario, da pubblicare, tenuto da Mario Piacentini a Karachi l’11 novembre 2016 presso il ”Dipartment of Antiquities and Tourism” del Governo del Sindh, Pakistan.

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6 CAPITOLO 2.

del collegare tra di loro gli eventi. Dall’altra parte, gli archeologi, con lo scavo di antichi siti, studiano ed interpretano il costruito, raccolgono, osservano, catalogano e studiano i reperti trovati. I due approcci sono fortemente connessi tra di loro. I ritrovamenti archeologici devono essere inquadrati nell’ambito degli eventi storici, mentre la storia trova conferma e supporto nei risultati degli scavi archeologici.

Le procedure utilizzate dagli archeologi per studiare i manufatti si basano soprattutto sull’osservazione autoptica, cio`e visiva, del manufatto, sull’analisi stilistica, il che significa il confronto con manufatti simili e ben caratterizzati trovati in altri scavi o rappresentati in documenti scritti antichi o in decorazioni di monumenti, ceramiche, monete, .... Tuttavia, questa metodologia, che il pi`u delle volte ha dato risultati eccellenti, pu`o lasciare irrisolte alcune questioni o addirittura arrivare a conclusioni fuorvianti, poich´e si basa sostanzial- mente su un giudizio qualitativo, derivato dalla competenza dello studioso, piuttosto che su informazioni oggettive. Inoltre, vi sono aspetti dello scavo archeologico la cui risposta pu`o avvenire solo tramite analisi tecniche: per esempio, datare un reperto, cercarne la provenienza, per non parlare della ricostruzione del paleo–ambiente (flora, fauna, clima) e dei suoi cambiamenti.

2.2 L’Archeometria

L’Archeometria `e la risposta a queste esigenze. Gli archeologi hanno cominciato a rivol- gersi alle scienze naturali, in particolare alla chimica, fin dal 19 secolo per conoscere la composizione dei vetri, delle leghe metalliche usate per coniare monete o costruire armi, dei pigmenti utilizzati nelle pitture, etc. Ogni volta che a nuove scoperte scientifiche si abbinavano nuove tecniche di indagine, queste venivano applicate anche allo studio dei beni culturali: per esempio, l’uso delle radiografie e dei raggi X in genere, l’uso della fo- tografia aerea. Per`o, soltanto verso la met`a del secolo scorso, presso alcune Universit`a o presso i grandi Musei Europei, sono sorti dei laboratori dedicati allo studio dei beni culturali, soprattutto con lo scopo principale del restauro e della conservazione. Uno dei primi Laboratori fu il Research Laboratory for Archaeology and the History of Art presso l’Universit`a di Oxford (UK), il cui Bollettino interno, nel 1958, `e stato trasformato nella prestigiosa rivista internazionale Archaeometry. ”Aercheometria” `e divenuto il nome di questo nuovo campo scientifico, nel quale molti metodi diagnostici usati per lo studio delle scienze naturali sono appplicati anche allo studio dei beni culturali e la strumentazione `e adattata e specializzata per questo scopo. Pertanto l’Archeometria `e una scienza multidi- sciplinare, alla quale contribuiscono fisici, chimici, studiosi dei materiali, geologi, botanici, climatologi, ingegneri, architetti,...

Sono state date varie definizioni dell’Archeometria. Una di queste `e: lo sviluppo e l’uso di tecniche scientifiche e di metodologie specialistiche applicate all’archeologia ed alla storia dell’arte col fine di estrarre informazioni storiche, culturali e ambientali del passato.

I problemi affrontati dall’archeometria possono dividersi nelle seguenti aree di studio:

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2.2. L’ARCHEOMETRIA 7

• Studio dei manufatti, che consiste principalmente nel ricavarne la composizione elementale, e/o dei composti e/o mineralogica. Mediante questi studi si ricavano anche le loro propriet`a fisiche, chimiche, metallurgiche. Questi studi hanno come scopo quello di rispondere a vari quesiti. Per esempio, `e ben noto che le monete d’oro o d’argento erano ottenute mescolando il metallo prezioso con piccole quantit`a di rame o di piombo. La quantit`a di rame o di piombo presente nella lega `e un buon indicatore della stato dell’economia del paese: la percentuale di oro o di argento di- minuiva durante periodi inflazionistici, durante i quali l’economia andava gi`u. Altri studi che possono essere affrontati sono legati alle tecniche di realizzazione dei ma- nufatti, del loro uso, della provenienza o del materiale usato per la loro realizzazione o del manufatto stesso.

• Metodi di datazione, per fornire all’archeologo cronologie assolute o relative. Que- sto `e un argomento molto importante, soprattutto nel caso di siti protostorici o pre- istorici, dove le stratigrafie possono corrispondere a centinaia di anni. Ancora pi`u importante `e il caso di ritrovamenti che non `e possibile contestualizzare. Come esem- pio, ricordo il caso di Otzi, l’Uomo di Similaun, trovato nel 1991 in un ghiacciaio vicino al confine tra l’Italia e l’Austria. Non tutti i manufatti possono essere datati;

per esempio il metodo del14C pu`o essere applicato solo a reperti di origina organica;

la termoluminescenza pu`o essere usata per datare materiali fittili.

• Studi ambientali, eseguiti dai geomorfologi, dai paleo–botanici, dai paleo–zoologi, ecc., forniscono informazioni sul paesaggio, la flora, la fauna, il clima dei tempi passati, nonch´e sulla dieta, sul modo di nutrirsi, sullo stato di salute e sulle patologie della popolazione antica.

• Metodi matematici, come strumento per il trattamento dei dati, che comprende anche il ruolo dei calcolatori nel trattare, analizzare e modellizzare le ampie sorgenti di dati. Quando numerose analisi differenti sono eseguite su gruppi di materiali, si ottengono ampie tabelle con migliaia di numeri. Per estrarre le informazioni utili da queste tabelle `e necessario usare sofisticate procedure di analisi statistica. In generale, i metodi statistici sono applicati su qualsiasi tipo di studio per ottenere dei risultati quantitativi e la loro indeterminazione.

• Telerilevamento e indagini geofisiche, le cui applicazioni impiegano una gran variet`a di tecniche non distruttive per la localizzazione e la caratterizzazione di strutture interrate a livello regionale, micro–regionale ed intra–sito archeologico.

• Scienze della conservazione: quando si tratta con i beni culturali, `e importante non solo trovarli e studiarli, ma diviene fondamentale conservarli per le generazioni future. Ci`o comporta lo studio dei materiali, i loro processi di deterioramento, lo sviluppo di nuove tecniche di restauro e conservazione. A ci`o si aggiunge lo studio delle migliori condizioni ambientali per proteggere i siti archeologici dopo gli scavi

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8 CAPITOLO 2.

dai danni che potrebbero essere causati dalle intemperie, dal ricostituirsi della flora, dai visitatori stessi, per non parlare degli ambienti museali.

• Scienze economiche, che trattano della fruizione dei beni culturali.

• Applicazioni forensi, che trattano, per esempio, con l’identificazione di reperti falsi.

Tutti i punti accennati sopra richiedono esperti scientifici nelle differenti branche, nonch´e laboratori ed apparecchiature per le analisi e, in alcuni casi, anche l’archeologia sperimen- tale.

Un gran numero di analisi possono essere proposte per lo stesso manufatto. Gli studiosi vanno educati ed istruiti al fatto che le analisi servono a scopo diagnostico: pertanto devono essere limitate in numero e devono essere finalizzate per rispondere a specifiche domande poste dall’archeologo. Molte volte mi `e capitato di vedere applicate numerose tecniche diagnostiche sullo stesso campione, solo perch´e gli scienziati volevano utilizzare i propri strumenti. `E pur vero che questo metodo pu`o essere utile per valutare se nuove tecnologie sono pi`u efficaci di tecnologie consolidate, ma spesso `e consistito in una inutile forma di accanimento terapeutico sul reperto da esaminare. Quindi, lo scienziato deve essere ben preparato a suggerire le metodologie diagnostiche necessarie per risolvere un quesito, eventualmente ricorrendo ai giusti colleghi. D’altra parte, anche l’archeologo deve essere preparato correttamente: egli deve essere al corrente dei vari tipi di analisi che si possono compiere, ma, soprattutto, deve essere cosciente dei quesiti che pone, cio`e deve fare delle domande ben poste e non delle domande generiche del tipo ”Ho questo manufatto, che analisi ci si possono fare?”

In generale, le prime analisi da eseguire sui materiali devono essere non invasive 2, cio`e devono essere eseguite senza danneggiare il manufatto e nello stesso posto dove il manufatto `e conservato, utilizzando strumentazione portatile. In effetti, molti manufatti non possono essere mossi o per la loro tipologia (grandi monumenti ed edifici, decorazioni murali,...) o perch´e essi hanno un valore talmente elevato che le spese per portarli in un laboratorio sarebbero proibitive. Solamente dopo una prima, semplice indagine con strumenti trasportabili, si possono fare dei campionamenti mirati. Campionare significa prelevare un piccolo campione dal manufatto per studiarlo in laboratorio: pertanto `e una tecnica distruttiva.

2Il termine analisi non distruttive `e stato usato a lungo per indicare analisi che lasciano l’oggetto di indagine del tutto inalterato; nel caso di indagini di laboratorio, per esempio di tipo mineralogico, lo stesso termine viene impiegato per indicare che l’analisi effettuata consente la preservazione del campione esaminato, per poterlo utilizzare per eventuali ulteriori analisi sul campione. Tuttavia, il campione `e stato ottenuto eseguendo un prelievo di materiale dall’oggetto indagato, che pertanto risulta danneggiato.

Quindi, si usa il termine non invasivo quando si vuole eseguire un’analisi su un oggetto d’arte o un reperto archeologico intendendo salvaguardare in maniera assoluta la sua integrit`a. Oggigiorno, anche per fare delle analisi in laboratorio che richiedono un prelievo, le tecniche sono tali che i prelievi stessi si riducono a quantit`a infinitesime: in questo caso si parla di analisi micro-distruttive

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2.3. LANDA 9 Prima di concludere questa discussione, torniamo al problema dell’educazione degli scienziati e degli archeologi. Dapprima in Inghilterra e poi in molti altri paesi Europei ed Americani, archeologi e studiosi delle scienze naturali hanno cominciato a collaborare per costituire dei gruppi di ricerca archeometrica. Inoltre, i corsi universitari di archeologia hanno aggiunto ai loro ”curricula” corsi di scienze naturali tenuti da fisici, chimici, ...

Infine, nuovi corsi di studio interdisciplinari sono stati creati, dedicati alle problematiche tecnico-scientifiche dei beni culturali. Per esempio, presso la Facolt`a di Scienze Matema- tiche, Fisiche e Naturali dell’Universit`a di Roma La Sapienza `e stato istituito il corso di

”Scienze applicate ai beni culturali”, che va dal primo anno di Universit`a fino al Dottorato di Ricerca.

Infine voglio citare il Prof. Tite: ” `E evidente che l’archeometria ha fornito dei con- tributi molto importanti e a largo spettro all’archeologia. Tuttavia, per assicurarci che l’archeometria rimanga fondamentale per l’archeologia, `e essenziale che soltanto domande realmente di natura archeologica vengano poste. Ci`o a sua volta richiede di mantenere un dialogo tra archeometristi ed archeologi, unitamente ad un approccio olistico che va oltre la ricostruzione fino alla piena interpretazione del contesto archeologico sotto investigazio- ne. Inoltre, `e importante che gli archeometristi rimangano aggiornati dei nuovi sviluppi della strumentazione cosicch´e nuove tecniche possano essere usate fin dall’inizio del loro sviluppo allo studio del materiale archeologico.”

2.3 LANDA

Il Laboratorio di Analisi Non Distruttive ed Archeometria (LANDA) dell’Universit`a di Roma La Sapienza ha svolto un’attivit`a multi-decennale nel progettare, realizzare ed utilizzare strumenti per svolgere in situ analisi non distruttive:

• imaging di manufatti, in particolare di dipinti, utilizzando vari tipi di sorgenti di illuminazione dai raggi X (radiografie) all’ultravioletto, al visibile e all’infrarosso (imaging multispettrale). Con queste analisi, si studiano i pigmenti impiegati, i restauri, le sotto-dipinture presenti in un dipinto, tutte informazioni aggiuntive da fornire agli storici dell’arte con lo scopo di ricostruire la storia del dipinto e di approfondire i metodi impiegati dall’artista.

• la spettroscopia di fluorescenza dei raggi X (XRF) e la spettroscopia Raman, usate per determinare la composizione (gli elementi e/o i composti) del manufatto.

• microscopi per trovare e studiare i segni lasciati dagli artigiani durante la lavorazione del manufatto, o altre propriet`a microscopiche dei materiali.

Gli strumenti del laboratorio sono stati aggiornati e implementati nei limiti consentiti dai finanziamenti che si ottengono. Essi sono stati impiegati in situ sia in Italia che all’estero. Come esempio, la figura 2.1 mostra la Dr.ssa A. C. Felici, responsabile del

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10 CAPITOLO 2.

Laboratorio LANDA, con lo spettrometro trasportabile XRF mentre analizza delle colonne a Lumbini, in Nepal, a scopo di conservazione.

Nella figura 2.2 i ricercatori del LANDA stanno studiando un dipinto murale romano quando era stato esposto all’Auditorium di Roma nel 2001. Il dipinto mostrato nella figura

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e uno dei bellissimi dipinti che decoravano almeno cinque stanze da pranzo, triclinia poste intorno ad un vasto peristilio in uno dei due edifici facenti parte di un ampio complesso architettonico trovato nel 1959 a Murecine, vicino a Pompei (Napoli) durante i lavori di costruzione dell’autostrada Napoli–Salerno. L’edificio `e stato identificato come una casa di ristoro preparata per la visita a Pompei dell’Imperatore Nerone. Gli archeologi hanno ampiamente documentato il loro lavoro e i dipinti sono stati rimossi prima che gli edifici venissero nuovamente sepolti sotto l’autostrada. I dipinti, attribuiti al IV stile maturo, sono meravigliosi e ricchi di significati allegorici. La studio dei pigmenti `e stato eseguito mediante la fluorescenza dei raggi X e mediante la microscopia ottica. In alcuni casi `e stato semplice individuare il pigmento come, per esempio, nell’ampio sfondo rosso esegui- to utilizzando ocra rossa, pigmento a base di ossido di ferro. Invece, altri colori, come la veste della musa che suona la lira, al microscopio sono risultati una miscela di diversi pig- menti, non identificati con la strumentazione portatile. Una domanda interessante per gli archeologi pu`o essere la seguente: perch´e per lo sfondo rosso `e stato utilizzato un pigmento economico, come l’ocra rossa, e non un pigmento pi`u ”nobile” come il cinabro, ampiamente usato in altri dipinti palazziali, per un dipinto dedicato all’Imperatore Nerone?

Un altro esempio riguarda una domanda ben posta dall’archeologo. Nel pannello di sinistra della figura 2.3 `e mostrato uno specchio etrusco di bronzo coperto da uno spesso strato di prodotti di corrosione, trovato in uno scavo vicino a Roma. Nei Musei sono conservati centinaia di specchi etruschi di bronzo, alcuni costituiti da un semplice disco, altri con delle raffinate figure incise sulla loro superficie esterna. L’archeologo chiese se lo strato di incrostazioni copriva delle figure incise oppure no. Nel secondo caso sarebbe stato inutile sottoporre lo specchio ad un costoso lavoro di pulitura e restauro. Nella radiografia ai raggi X, eseguita da O. Tarquini ed A. C. Felici, `e apparso un bellissimo disegno inciso, mostrato nel pannello di destra della figura 2.3.

L’ultimo esempio tratta dell’archeometria forense. Nelle forze dell’ordine (Polizia, Carabinieri, Guardia di Finanza) vi sono dei reparti dedicati ai beni culturali: si occupano del recupero di opere d’arte rubate o di quelle esportate illegalmente all’estero, e, non ultimo, dei falsari. Alcuni anni fa la Guardia di Finanza ha confiscato da un artigiano vicino a Roma numerosi pezzi di ceramica, tra cui un bellissimo, ampio cratere attico (kylix), attribuito alla fine del V secolo a.C. Come mostrato nel pannello di sinistra della figura 2.4, la kilix, pur essendo rotta in vari frammenti, era completa. Presentava segni di interramento ed aveva anche un certificato di autenticit`a rilasciato da un laboratorio privato che ne aveva eseguito la datazione mediante la termoluminescenza. Questo oggetto sarebbe costato una fortuna se venduto al mercato sommerso delle opere d’arte, poich´e aveva anche le firme di un famoso vasaio attico, Eufronio, e del suo altrettanto noto decoratore, Onesimo, che hanno operato appunto alla fine del V secolo a.C. In tutto il mondo `e noto soltanto un altro vaso attico con ambedue le firme. L’archeologa, incaricata

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2.4. ARCHAEOMETRIA SUL CAMPO 11 di valutare l’autenticit`a dei pezzi di questo sequestro, aveva dei dubbi sull’autenticit`a della kylix a causa di alcune discordanze stilistiche ed iconografiche. Pertanto, un secondo laboratorio `e stato incaricato di datare la kylix, ed ha ottenuto lo stesso risultato di quello precedente. Il gruppo investigativo si `e rivolto al laboratorio LANDA per ulteriori analisi.

Le analisi di fluorescenza dei raggi X, eseguite sia su questa kylix che su altri vasi attici presenti nei Musei di Roma che su vasi di provenienza romana, hanno mostrato che, tra gli elementi in traccia 3 due elementi in particolare, il nichel ed il cromo, sono risultati abbastanza abbondanti nelle ceramiche attiche, in accordo con i dati di letteratura, mentre sono praticamente assenti in quelle di origine romana: ci`o `e considerata l’impronta digitale delle ceramiche attiche. Nel caso della kylix sequestrata dalla Guardia di Finanza, si `e trovato che questi due elementi sono assenti, provando pertanto che si trattava di un (ottimo) falso!

2.4 Archaeometria sul campo

L’uso delle tecniche scientifiche durante le indagini e gli scavi archeologici sta diventando sempre pi`u frequente. Si `e visto sopra come l’archeometria includa il telerilevamento, le indagini geomorfologiche, le campagne topografiche, la restituzione fotografica 3D del sito e delle trincee, gli studi sull’ambiente ... , tutte tecniche ormai entrate nell’ambito delle campagne di scavo moderne. Tuttavia l’Archaeometria sul campo, cio`e la presenza, durante le stagioni di scavo di un piccolo laboratorio equipaggiato con strumentazione portatile per lo studio preliminare dei reperti trovati durante gli scavi, `e tuttora una vera e propria novit`a. Questa iniziativa ha dato un forte valore aggiunto al gruppo di ricerca storico – archeologico italiano, che, sotto la direzione scientifica dell’Universit`a Cattolica del Sacro Cuore di Milano, ha fatto parte della collaborazione italo – franco – pakistana, durata cinque anni, per lo studio del sito archeologico di Banbhore, posto 50 km a est di Karachi, Sindh, Pakistan. Nel pannello di sinistra della figura 2.5 `e mostrato il laboratorio ricavato recintando con dei pannelli di legno una piccola area all’interno dell’ampia working room a Banbhore. L’interno del laboratorio `e mostrato nel pannello di destra della figura 2.5, dove si possono vedere gli strumenti che si sono trasportati dal laboratorio LANDA: lo spettrometro XRF, lo spettrometro Raman, dei microscopi USB, una piccola bilancia di precisione,.... e molti reperti in corso di studio.

L’importanza di avere sul campo degli archeometristi con della strumentazione poggia su vari fatti:

• primo, essi possono rispondere rapidamente a semplici domande sulla composizione di preziosi manufatti. Per esempio, durante la stagione di scavi del 2012 `e stata rinvenuta una perlina rosa e bianca, mostrata in figura 2.6. Di che cosa `e fatta? Le

3Gli elementi presenti in un manufatto si distinguono in elementi principali, che caratterizzano il ma- nufatto; elementi minoritari che sono presenti con percentuali tra qualche percento e 0.1 %, che spesso accompagnano quelli principali come loro impurezze, ed infine in elementi in traccia presenti con una concentrazione inferiore allo 0.1%

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12 CAPITOLO 2.

analisi XRF forniscono la composizione elementale del materiale, non quella minera- logica, a differenza della spettroscopia Raman. Ed infatti mediante la spettroscopia Raman, i cui spettri sono mostrati nel pannello di destra della figura 2.6, si `e accer- tato che la perlina `e fatta di quarzo rosa e bianco, finemente lavorata, indicando un artigianato di grande livello. Rimane la domanda: da dove proviene? la cui risposta potrebbe fornirla un geologo.

• secondo, essi possono affrontare problemi pi`u generali. Per esempio, durante le varie campagne di scavo sono stati trovati numerosi manufatti di rame (o lega di rame), una cui selezione `e mostrata in figura 2.7. Qual’`e la composizione delle leghe di rame usate; le leghe cambiano con il tempo? le leghe sono specifiche per i tipi di manufatti? nel caso delle monete, come cambia? Simili o altri quesiti possono essere posti sui numerosi reperti di vetro trovati, sulle innumerevoli tipologie di ceramiche rinvenute, ...

• terzo, l’esperienza degli archeometristi, in collaborazione con gli studiosi umani- sti, rende possibile selezionare dei manufatti di particolare interesse da portare nei laboratori specialistici per delle analisi pi`u sofisticate, in modo da acquisire una mag- giore e pi`u profonda comprensione delle capacit`a degli artigiani nonch´e degli scambi commerciali delle materie prime o dei prodotti finiti.

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2.4. ARCHAEOMETRIA SUL CAMPO 13

Figura 2.1: Dr.ssa A. C. Felici mentre analizza una colonna a Lumbini, Nepal, lo spettrometro XRF del LANDA.

Figura 2.2: Il personale del LANDA staff mentre analizza uno dei dipinti murali di Murecine all’Auditorium di Roma.

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14 CAPITOLO 2.

photograph X-ray radiograph

@ A.C.Felici, O. Tarquini, Laboratory for Archaeometry and non Destructive Analysis - Sapienza University of Rome

Figura 2.3: Sinistra: specchio etrusco di bronzo ricoperto da una spessa patina di corro- sione. Destra: la radiografia della regione racchiusa dal quadrato, elaborata con opportuni software per evidenziare il disegno rispetto al rumore di fondo.

@ Guardia di Finanza and Laboratory for Archaeometry and non Destructive Analysis (Sapienza University of Rome)

Figura 2.4: Sinistra: la kylix confiscata dalla Guardia di Finanza; destra: la firma di Euphronios lungo il bordo del piede.

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2.4. ARCHAEOMETRIA SUL CAMPO 15

Figura 2.5: Il Laboratorio per l’Archeometria sul campo realizzato a Banbhore, Pakistan

Figura 2.6: Sinistra: una perlina di quarzo trovata durante gli scavi del 2012; destra lo spettro Raman misurato sul posto.

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16 CAPITOLO 2.

2012 field season 2015 field season

2014 field season

Figura 2.7: Selezione dei reperti in lega di rame trovati durante le varie campagne di scavo a Banbhore, Pakistan.

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Capitolo 3

Misure ed elementi di statistica

3.1 Considerazioni sulle misure

Archeometria significa: misure sui beni culturali. Quindi occorre imparare che cosa signi- fica eseguire delle misure e i problemi che sorgono quando si eseguono delle misure. In- nanzitutto, quando si deve eseguire una misura su qualcosa (la profondit`a di una trincea, l’et`a di un reperto, la composizione di un materiale, ecc), occorre utilizzare gli strumenti adeguati. Per esempio, se si vuole misurare la lunghezza di un tavolo, `e necessario un metro a nastro sul quale siano indicati i centimetri ed, eventualmente, i millimetri; usare un metro di legno da sarto o dei righelli renderebbero la misura assai pi`u complicata ed imprecisa. Invece, se si deve misurare lo spessore di un foglio di carta, il metro a nastro non serve, ma occorre uno strumento pi`u preciso, in grado di misurare spessori fino ad alcuni millimetri con l’accuratezza di centesimi di millimetro, cio`e un calibro. Per misurare lo spessore di un rivestimento presente sulla superficie di un frammento di ceramica, si deve ricorrere ad altri metodi: per esempio, si lucida una sezione del frammento e la si osserva col microscopio ottico o col microscopio elettronico. In ambedue i casi si ha la necessit`a di calibrare lo strumento, cio`e di misurare uno spessore noto e riportare questa informazione sull’immagine del frammento. Sono tutte cose sicuramente gi`a note (per esempio, nelle fotografie di un reperto archeologico c’`e sempre un’asta graduata con i centimetri) per indicarne le dimensioni, ma ho voluto attirare l’attenzione su alcuni aspetti del problema

”misurare” e sui concetti di strumento adeguato, accuratezza della misura, taratura dello strumento,...

Se si misura la lunghezza di un tavolo con un nastro centimetrato, sicuramente si ottiene sempre lo stesso numero, per esempio 253 cm. La misura sembra esatta; per`o, in realt`a, `e accurata al mezzo centimetro, cio`e non so che cosa dire dei millimetri. La misura della lunghezza del tavolo, per essere scritta correttamente, dovrebbe riportare anche l’incertezza di mezzo cm 1: 253, 0 ± 0, 5 cm. Se si usasse un metro con i millimetri,

1In questo caso, mezzo centimetro corrisponde a mezza divisione, dove, per divisione si intende la distanza tra due trattini segnati sul metro a nastro

17

(18)

18 CAPITOLO 3. MISURE ED ELEMENTI DI STATISTICA ci si accorgerebbe che il valore misurato della lunghezza del tavolo cambia a seconda di dove o come si esegue la misura: se si mette il nastro dritto o storto, se si tira la fettuccia di pi`u o di meno; siccome gli spigoli sono leggermente arrotondati, dove si pone l’inizio o la fine del nastro. Tutte queste possibilit`a causano degli errori di misura. Ogni misura `e affetta da errori; in alcuni casi questi errori sono sistematici, hanno sempre lo stesso verso (per esempio uso un nastro con i cm pi`u lunghi, o al quale mancano dei centimetri), ma di questi errori quasi sempre `e possibile accorgersi e, quindi, eliminarli o tenerne conto.

Altri errori sono invece di tipo casuale: tutti i modi di cui sopra nell’eseguire la misura della lunghezza del tavolo influenzano la misura in maniera casuale, nel senso che non `e possibile trovarne una causa ben precisa e quindi tenerne conto. In questo caso, ripetendo pi`u volte la misura della lunghezza del tavolo, non si ottiene pi`u un singolo numero, ma una tabella di valori, ciascuno corrispondente ad una singola misura: 253,3 cm; 253,8 cm;

253,0 cm ...

Ogni volta che si misura una grandezza fisica non `e mai possibile conoscere il valore

”vero” della grandezza misurata, nell’esempio in esame, la lunghezza ”vera” del tavolo.

Per`o, possiamo dire che il valor medio di tutti i numeri presi prima si avvicina al valore

”vero” ed `e tanto pi`u vicino quanto pi`u ampio `e l’insieme delle misure eseguite.

Valor medio: < m >= m1+ m2+ m3+ ...

N

avendo indicato con m1, m2, m3 .... il risultato delle single misure ed N `e il numero delle misure effettuate. Si definisce errore (o scarto) ∆misulle singole misure come la differenza tra il valor medio e il valore della singola misura mi:

Errore: ∆mi=< m > −mi

Va notato che i singoli errori possono essere positivi o negativi e che la loro somma totale

`

e nulla. Si introduce la semi-dispersione massima ∆m come la differenza tra il valore misurato pi`u grande e quello pi`u piccolo, diviso per due. La semi-dispersione massima

`

e sempre positiva e ci d`a un’idea di quanto tutti i valori misurati si discostino dal valor medio; l’errore percentuale (o relativo), definito come il rapporto tra la semi-dispersione massima e il valor medio:

errore relativo = ∆m

< m >

`

e un indice della qualit`a della misura: valori pi`u piccoli dell’errore relativo corrispondono a misure pi`u accurate, che maggiormente si avvicinano (o si addensano intorno) al valore

”vero”. Facciamo alcune ulteriori osservazioni:

• Nell’esempio di cui sopra della misura della lunghezza del tavolo, l’errore di misura

`e di alcuni millimetri; pertanto, per misurare la lunghezza del tavolo non occorre usare strumenti ancora pi`u precisi che, per esempio, siano in grado di apprezzare il decimo di millimetro . Essi darebbero solo una falsa impressione di ottenere una precisione maggiore nella misura.

(19)

3.2. I GRAFICI 19

• Quando si fanno i conti, `e bene riportare il valore con il giusto numero di cifre significative, anche se i calcolatorini danno 9-12 cifre numeriche! Per esempio, fa- cendo il valor medio dei valori misurati della lunghezza del tavolo, potrei ottenere 253,47291... cm; nel valore numerico da riportare basta fermarsi alla cifra corrispon- dente ai millimetri, approssimata per eccesso o per difetto; in questo esempio: 253,5 cm.

• Ogni volta che si misura una grandezza fisica, `e necessario indicare anche l’unit`a di misura usata accanto al valore numerico.

Per ribadire i concetti di cui sopra, faccio un altro esempio: voglio sapere qual’`e l’altezza dei ragazzi di 14 anni. Si prende una popolazione di ragazzi di 14 anni (in una scuola) e se ne misura l’altezza. Si ottiene un insieme di valori hi, da cui si ricavano l’altezza media e gli scarti rispetto all’altezza media. La campionatura dei ragazzi e, soprattutto, i fattori di crescita sono del tutto casuali, e quindi anche gli scarti sono casuali. Determinando la semi-dispersione massima, si trova che l’altezza media `e, per esempio, di 140 ± 10 cm. Occorre misurare l’altezza tenendo conto dei millimetri? Non aggiunge informazione! Se si ha un numero elevato di ragazzi (centinaia), si pu`o procedere in maniera diversa, utilizzando, per esempio, dei grafici e/o istogrammi e dei metodi statistici elaborati.

3.2 I grafici

Siccome in seguito si useranno spesso dei grafici per rappresentare i risultati di misure, `e opportuno imparare a conoscerli e a leggerli.

Prendiamo due grandezze che dipendano una dall’altra, per esempio la temperatura dell’aria durante le ore del giorno, oppure l’altezza di un bambino in funzione dell’et`a, oppure il numero di reperti trovati nelle varie stratigrafie, ecc. Facendo l’esempio della temperatura durante le ore del giorno, possiamo ottenere la tabella 3.1.

Tabella 3.1: Temperature previste per il 9 gennaio 2017 a Roma ora T(C) ora T(C) ora T(C) ora T(C)

1 0.4 7 -1.0 13 6.5 19 3.6

2 0 8 -1.1 14 7.2 20 2.9

3 -0.3 9 0.2 15 7.5 21 2.3

4 -0.5 10 2.6 16 7.0 22 1.8

5 -0.8 11 4.1 17 5.3 23 1.4

6 -0.9 12 5.4 18 4.3 24 0.9

Questa stessa tabella pu`o essere rappresentata graficamente per una sua pi`u facile ed intuitiva comprensione, vedi figura 3.1. Si tracciano due rette perpendicolari tra di loro,

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20 CAPITOLO 3. MISURE ED ELEMENTI DI STATISTICA

Figura 3.1: Grafico della temperatura dell’aria alle varie ore del giorno previste per il 9 gennaio 2017, riportate nella Tabella 3.1

una orizzontale (asse delle ascisse) e l’altra verticale (asse delle ordinate). Sulle rette si tracciano, con dei trattini, le unit`a relative alle grandezze da rappresentare. Sull’asse oriz- zontale si mettono le ore, su quello verticale le temperature. Nei punti di incrocio delle due rette, parallele ai due assi, tracciate a partire dai valori riportati nella tabella, si disegna un punto. L’insieme dei punti cos`ı ottenuti `e il grafico delle temperature misurate durante la giornata in funzione delle ore. Guardando il grafico, si pu`o vedere immediatamente come la temperatura vada calando durante la notte fino alle prime ore del mattino, per poi risalire durante il giorno per raggiungere un massimo intorno alle 3 del pomeriggio.

Possiamo anche immaginare di eseguire le misure della temperatura non ogni ora, ma pi`u spesso, ogni quarto d’ora, oppure ogni minuto. Questo comporta che i punti segnati sul grafico si infittiscono fino ad ottenere una linea continua, che rappresenta come varia la temperatura durante la giornata. Lo stesso grafico non solo d`a una visione immediata ed intuitiva di come una grandezza varia al variare di un’altra, ma pu`o essere usato in maniera diversa: conoscendo il valore di una delle due grandezze, permette di ricavare il valore dell’altra seguendo il procedimento inverso rispetto a quello usato per disegnarlo.

Nel grafico 3.1, se si volesse sapere a che ora la temperatura dell’aria era di 20C, si traccia una linea orizzontale in corrispondenza del valore di 20C e si legge l’ora in corrispondenza ai punti dove la linea orizzontale interseca la curva disegnata.

Un altro tipo di grafico, spesso usato anche in archeologia, `e l’istogramma: riprendiamo l’esempio dell’altezza dei ragazzi di 14 anni. Sull’asse orizzontale si riporta la scala delle altezze, che potrebbe andare da 100 cm a 170 cm. Sull’asse verticale si riporta il numero di ragazzi la cui altezza `e compresa tra due valori che differiscono, per esempio, di 10 cm.

Si ottiene, quindi, una tabella di valori come quella riportata sotto (tabella 3.2):

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3.3. ELEMENTI DI PROBABILIT `A 21

Figura 3.2: Sinistra: Tabella 3.2 - Numero di ragazzi la cui altezza `e compresa tra i due valori indicati nella prima colonna. Destra: istogramma dei dati riportati nella Tabella 3.2.

Nella tabella, la somma dei numeri della seconda colonna d`a 84, cio`e il numero totale di ragazzi misurati, la cui altezza media `e circa 138 cm. In questo caso, invece dei punti, traccio dei rettangoli, come mostrato nella figura 3.2; il grafico cos`ı ottenuto prende il nome di istogramma. La particolarit`a di questo istogramma `e quella di avere dei rettangoli molto alti in prossimit`a del valor medio e dei rettangoli sempre pi`u bassi man mano che ci si allontana dal valor medio. Se il numero di ragazzi fosse molto elevato, potrei ridurre l’ampiezza degli intervalli (per esempio ad 1 cm): la sommit`a dei rettangoli descrive quasi una curva continua che ha una forma molto caratteristica, che chiamiamo ”a campana”, cio`e `e molto alta al centro e diminuisce rapidamente ai lati.

3.3 Elementi di probabilit` a

Nella nostra vita vi sono moltissimi eventi causati da un numero elevato di situazioni, di cui non `e possibile tenere conto e che spesso non si conoscono neppure. Questo tipo di eventi sono chiamiati eventi casuali. L’esempio tipico `e quello del lancio di una moneta.

Il fatto che la moneta caschi con la faccia ”testa” rivolta verso l’alto dipende da come si lancia la moneta, quanta strada deve fare, quanti giri fa, come interagisce con l’aria, ecc.

Non `e possibile tenere conto di tutte queste cose, per cui si dice che il risultato del lancio

`

e un evento casuale. A questo punto introduciamo il concetto di probabilit`a: qual’`e la probabilit`a che esca ”testa”? Daremo di seguito due definizioni di questo concetto, una teorica e l’altra empirica.

Dal punto di vista teorico, la probabilit`a che si verifichi un evento `e il rapporto tra il numero dei casi favorevoli all’evento e il numero totale di tutti i casi possibili, purch´e questi ultimi siano tutti equiprobabili. Nel lancio di una moneta, si ha un solo caso favorevole (testa), mentre i casi possibili sono due, testa o croce. La probabilit`a che esca testa `e,

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22 CAPITOLO 3. MISURE ED ELEMENTI DI STATISTICA quindi, P = 1/2 = 0, 5 = 50%. Lanciando due monete insieme, quant’`e la probabilit`a che tutte e due cadano con testa? Questa volta si ha un solo caso favorevole (2 testa) su quattro possibili esiti: testa-testa; testa-croce; croce-testa; croce-croce. La probabilit`a vale quindi. P = 1/4 = 0, 25 = 25%. Un altro esempio `e il lancio di un dado con sei facce numerate: la probabilit`a che la faccia in alto sia un ben determinato numero `e P = 1/6;

la probabilit`a di avere un numero dispari `e P = 1/2.

Dalla definizione data e dagli esempi riportati, si vede immediatamente che la proba- bilit`a `e un numero compreso tra zero ed uno. Probabilit`a zero significa che l’evento non si pu`o mai verificare; probabilit`a uno significa che il risultato `e certo. Un’altra particolarit`a degli eventi casuali `e che non hanno memoria: se si lancia due volte una moneta, il secondo lancio non `e influenzato dal risultato del primo lancio!

Passiamo adesso alla definizione empirica. Se si lancia una moneta, si potrebbe otte- nere testa; ripetendo 100 volte il lancio (per risparmiare tempo, si prendono 100 monete uguali e si lanciano tutte insieme), si potrebbe ottenere, per esempio, 45 volte testa e 55 volte croce. Definisco la frequenza dell’evento come il rapporto tra il numero di volte che l’evento si verifica ed il numero di tentativi effettuati. Nell’esempio appena fatto, la frequenza di avere testa `e F = 45/100 = 45% Come si vede, la frequenza `e diversa dalla probabilit`a teorica! Tuttavia, si ritiene che, con un numero elevatissimo di lanci, il valore della frequenza F tende a quello della probabilit`a P definita sopra. In un certo senso, la frequenza corrisponde con la definizione empirica di probabilit`a.

Ripetendo i lanci di 100 monete uguali tante volte, si ottiene una tabella di valori per

”testa”: T1 = 45, T2 = 53, T3 = 48, T4 = 48, T5 = 51, ... Facendo il valor medio di tutti questi risultati, ottengo, per esempio, < T >= 49 testa e 51croce. Aumentando il numero di prove, la media tende ad avvicinarsi a 50, cio`e al valore teorico della probabilit`a.

Se si esegue un numero elevato (qualche centinaio) di lanci di 100 monete, si pu`o tracciare l’istogramma che rappresenta il numero di volte Niche l’esito ”testa” ha assunto un certo valore Ti. L’area racchiusa da tutti i rettangoli `e il numero totale N delle prove eseguite. Si pu`o fare anche l’istogramma delle frequenze Fi = Ni/N . La somma delle aree di tutti i rettangoli adesso vale 1; al limite, l’area di ciascun rettangolo tende alla probabilit`a Pi che, facendo un lancio di 100 monete uguali, si ottenga il numero Ti di teste.

Come si vede, l’area racchiusa da uno o pi`u rettangoli corrisponde alla probabilit`a che si verifichi un certo evento.

L’istogramma delle frequenze con cui si ottiene ”testa” (evento del tutto casuale) su un lancio di 100 monete uguali, presenta una figura simile a quella vista sopra per l’altezza dei ragazzi di 14 anni: un istogramma con rettangoli molto alti vicino al valor medio e che vanno decrescendo rapidamente per valori lontani dal valor medio. Questa forma dell’istogramma `e caratteristica per eventi casuali. Approssimando l’istogramma con una curva continua, come mostrato in figura 3.3, si ritrova la forma a campana di cui sopra, tipica per tutti gli eventi casuali: essa `e chiamata curva di Gauss o Gaussiana ed ha un’espressione matematica ben nota:

f (x) = ae

(x−µ)2 c2

(23)

3.3. ELEMENTI DI PROBABILIT `A 23

Figura 3.3: Istogramma approssimato con una Gaussiana continua. L’unit`a di misura dell’asse orizzontale `e mezza deviazione standard σ

x `e una variabile continua, che pu`o assumere tutti i valori possibili di un certo evento casuale; f (x) `e la frequenza dei risultati dell’evento; µ `e il valore di x dove la curva di Gauss raggiunge il valore massimo e coincide con il valor medio dei dati; a `e una costante positiva corrispondente al valore massimo raggiunto dalla curva di Gauss, c `e un’altra costante positiva, ed infine e, chiamato anche numero di Nepero, `e una costante e vale e = 2, 718.

Un parametro importante della Gaussiana `e la sua larghezza ∆ determinata a met`a altezza della curva: valori di ∆ maggiori corrispondono a Gaussiane pi`u larghe: questo significa che vi sono molti valori che si discostano di parecchio dal valor medio; invece, una curva Gaussiana stretta corrisponde a valori che si discostano poco dal valor medio.

Un altro modo per rappresentare quanto le singole osservazioni mi si discostino dal loro valor medio µ `e quello di considerare gli scarti ∆mi = µ − mi, che possono essere positivi o negativi e la cui somma `e nulla. Per avere un’idea della dispersione delle misure, gli scarti di per s´e danno poca informazione; si ricorre invece allo scarto quadratico medio,

(24)

24 CAPITOLO 3. MISURE ED ELEMENTI DI STATISTICA detto anche varianza, definito come2:

varianza = Σi

(∆mi)2 N

Questa quantit`a `e sempre positiva; la sua radice quadrata introduce e permette di calcolare la deviazione standard σ della Gaussiana:

σ =

varianza = s

Σi

(∆mi)2

N .

La deviazione standard `e un indice statistico che consente di misurare la dispersione delle singole osservazioni intorno alla media aritmetica. Essa diviene un parametro importan- tissimo in statistica per rappresentare la curva di Gauss, la cui espressione matematica viene rinormalizzata:

f (x) = 1 σ√

2πe

(x−µ)2 2σ2 ,

dove π = 3.1416, chiamato proprio pi greco, `e il rapporto tra la circonferenza di un cerchio ed il suo diametro. La nuova espressione `e tale che tutta l’area racchiusa dalla curva di Gauss vale 1 e curve Gaussiane con σ diverso hanno altezze e larghezze diverse, come mostrato in figura 3.4.

Figura 3.4: Esempi di Gaussiane con valori diversi di µ e di σ

Il punto fondamentale `e che la deviazione standard ha a sua volta un significato pro- babilistico: il valor medio delle osservazioni, corrispondente al massimo della curva Gaus- siana, non `e il valore teorico della probabilit`a; la curva Gaussiana d`a la probabilit`a che il

2per abbreviare le formule matematiche, si usano alcuni simboli, come quelli indicati nelle espressioni successive. Σi significa: somma dei termini indicati dopo il simbolo, che dipendono dall’indice i.

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3.4. PROBABILIT `A E MISURE 25 valore teorico si trovi entro un certo intervallo dal valor medio: tale probabilit`a `e del 68%

entro ±σ; del 98% entro ±3σ!! Ma possiamo dare anche un’altra interpretazione a quanto appena visto. Nel fare una nuova misura (cio`e un nuovo lancio di 100 monete uguali) ho la probabilit`a del 68% di trovare un numero di ”testa” compreso tra il valor medio e ±σ;

del 98% tra il valor medio e ±3σ!

3.4 Probabilit` a e misure

Si `e visto nel primo paragrafo che, facendo una misura, non ottengo il valore ”vero” della grandezza fisica misurata; ripetendo pi`u volte la misura, ciascuna misura `e affetta da un errore casuale di misura. Il valor medio delle misure si avvicina al valore vero della grandezza. Tuttavia, poich´e gli errori di misura sono del tutto casuali, essi si distribuiscono secondo una curva Gaussiana, cos`ı come le misure stesse si distribuiscono secondo una curva Gaussiana, di cui possiamo calcolare la deviazione standard σ. Valori piccoli di σ indicano che la misura `e pi`u precisa. Rispetto al valor medio, il valore vero della grandezza fisica che si vuole misurare ha la probabilit`a del 68% di essere compreso tra il valor medio e ±σ; del 98% tra il valor medio e ±3σ.

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26 CAPITOLO 3. MISURE ED ELEMENTI DI STATISTICA

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Capitolo 4

Le datazioni

4.1 Introduzione

Nell’archeologia datare dei reperti o le stratigrafie di uno scavo `e importantissimo, perch´e significa inserire l’oggetto da datare nel contesto storico. `E superfluo discutere in questa sede i metodi usati dagli archeologi per datare qualcosa, perch´e sicuramente questo argo- mento `e stato sviscerato durante i loro corsi di studio. Tuttavia, occorre richiamare alcune considerazioni.

Quando parliamo di date parliamo di due forme diverse di datazione. Le datazioni assolute sono quelle espresse da date del calendario siderale, cio`e da un numero di anni accompagnato dalla specificazione del calendario usato. Nel mondo occidentale il calen- dario usato `e quello gregoriano, che ha inizio con la nascita di Cristo (anno zero). Gli eventi storici sono rappresentati da un numero di anni dopo Cristo o prima di Cristo. Vi sono numerosi altri calendari assoluti (quello musulmano, quello ebraico ecc.) ed una delle difficolt`a `e quella di trascrivere una data da un calendario all’altro. Per quanto riguarda le date assolute, spesso sono fornite da fonti storiche o letterarie o da iscrizioni su monu- menti. Gli annali antichi costituiscono una fonte di datazioni assolute se la loro cronologia pu`o essere messa in relazione con il calendario siderale. Per esempio, le liste dei re egiziani del Medio Regno hanno un punto di riferimento astronomico nella levata eliaca di Sirio durante il XIX secolo a.C. Le iscrizioni databili all’interno di tali schemi cronologici di natura storica divengono, di conseguenza, anch’esse assolute.

Le datazioni relative danno invece l’intervallo di tempo trascorso tra due eventi, senza riuscire a stabilire quando questi hanno avuto luogo. Ci`o significa stabilire se un oggetto sia pi`u antico o pi`u recente di un altro. Tale relazione pu`o essere quantitativa, se la differenza di et`a `e espressa in anni, o qualitativa se di quella relazione non si d`a un’ulteriore specificazione.

Durante uno scavo, le unit`a stratigrafiche costituiscono sicuramente una forma di da- tazione relativa: in genere, man mano che si scende nello scavo si raggiungono unit`a stratigrafiche pi`u antiche. Riuscire a rendere assolute le stratigrafie `e estremamente diffi-

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28 CAPITOLO 4. LE DATAZIONI cile. Solo nel caso in cui nello strato si trovino reperti sicuramente databili (per esempio, monete il cui corso `e stato breve nel tempo, oppure un’iscrizione che si riferisce ad un fatto storico certo). La tipologia, cio`e il confronto dei reperti trovati con altri noti e datati con certezza, pu`o essere considerata un metodo di datazione assoluta nel caso in cui si possa datare in termini assoluti almeno un oggetto facente parte di uno specifico tipo.

La stratigrafia pu`o dirsi metodo assoluto se all’interno di uno strato si rinviene almeno un oggetto databile in maniera assoluta. Quest’ultimo determina, quindi, l’et`a degli altri oggetti compresi nel medesimo strato, sempre che la loro associazione sia attendibile. An- che in circostanze favorevoli come queste permangono comunque per entrambi i metodi, tipologia e stratigrafia, incertezze considerevoli. Ci vuole del tempo perch´e uno strato si formi e anche i tipi rimangono in uso per lunghi periodi; quanto tempo questi processi comportino, inoltre, non `e sempre noto. Inoltre, in genere `e impossibile stabilire dove un dato oggetto si collochi all’interno di quel lasso di tempo.

Per farci un’idea di come si possa migliorare questo stato di cose torniamo all’esempio della lista dei re egiziani. Questa `e collegata a eventi di natura astronomica che possono essere ricalcolati scientificamente da un qualsiasi astronomo e che, quindi, hanno la capa- cit`a di rendere assoluta la lista. In questo caso `e la disciplina scientifica dell’astronomia a fornirci un metodo preciso di datazione, ma anche altre scienze, in particolare la botanica, la geologia, la fisica e la chimica fisica, hanno sviluppato un analogo bagaglio di tecniche per determinare in maniera assoluta le et`a degli oggetti. Il contributo fornito dalle disci- pline scientifiche, quali, tra le altre, la chimica e la botanica, risulta inoltre proficuo anche nell’ambito della cronologia relativa. La caratteristica pi`u importante delle metodologie scientifiche che ci accingiamo ad esporre `e forse la loro indipendenza da ogni opinione e idea preconcetta; ci`o consente agli storici di formulare le proprie tesi con una sicurezza maggiore.

Nel seguito discuteremo tre metodi di datazione scientifica tra i tanti noti: il metodo della dendrocronologia, quello del 14C e la termoluminescenza. La dendrocronologia `e in grado di dare datazioni assolute e/o relative fino a sette–ottomila anni fa; per questo motivo `e di importanza fondamentale come sistema di taratura di altri metodi di datazione, in particolare quello del14C.

4.2 La dendrocronologia

La dendrocronologia `e un metodo di datazione del legno che si basa sugli anelli di accresci- mento delle piante, il cui spessore `e influenzato dalle condizioni ambientali, come mostrato in figura 4.1.

Gli alberi, nelle regioni in cui vi `e una netta distinzione tra la stagione estiva e quella invernale, formano ogni anno tessuti nuovi, che si appongono all’esterno del tronco. Il fusto nel tempo aumenta di diametro e ingrossa progressivamente. Le successive aggiunte di tessuti (accrescimento in senso centrifugo) nella sezione trasversale del tronco si confi- gurano come tanti anelli concentrici. Ogni anello `e costituito da un settore generalmente

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4.2. LA DENDROCRONOLOGIA 29

Figura 4.1: California: sezione di una sequoia , caduta nel 1933, vecchia di 1204 anni. Vari cartelli posti nella sezione indicano eventi storici o eventi naturali avvenuti nel passato.

@Foto di M. Piacentini, 1974

pi`u chiaro, meno denso, che corrisponde alla quota di tessuti formatisi nel tardo inverno e nella primavera – zona primaticcia dell’anello – e da un settore pi`u scuro, pi`u denso, che corrisponde alla quota di tessuti formatisi nella stagione estivo autunnale – zona tardiva dell’anello. Durante i mesi invernali la pianta va a riposo e non c’`e pi`u accrescimen- to. Guardando radialmente una sezione del tronco, gli anelli pi`u interni corrispondono a quando la pianta era pi`u giovane e quindi sono i pi`u antichi rispetto a quelli pi`u esterni.

L’alternarsi dei periodi di crescita e di stasi disegna sul tronco anelli concentrici, cia- scuno dei quali corrisponde ad un anno di vita della pianta. L’ampiezza degli anelli, ed anche altre loro propriet`a, `e variabile: l’albero `e un essere vivente e, come tale, reagisce ai molteplici fattori dell’ambiente in cui vive. Tra i vari fattori ambientali che regolano la crescita di un albero, il clima ha indubbiamente un’importanza fondamentale. In si- tuazioni favorevoli di clima la crescita `e maggiore (gli anelli sono pi`u larghi), in situazioni sfavorevoli `e minore se non addirittura nulla. L’esempio `e riportato in figura 4.2.

Le condizioni climatiche sono uguali nella medesima area geografica ed nello stesso periodo di tempo; pertanto determinano una somiglianza di fondo nell’andamento della crescita degli alberi, nonostante le differenze dovute alla specie ed alle condizioni indi- viduali. Tale somiglianza, leggibile negli anelli annuali, indica quindi se gli alberi sono contemporanei. Naturalmente, la contemporaneit`a di due alberi pu`o riguardare soltanto una parte della loro vita ed in tal caso ciascuno di essi avr`a registrato nel proprio tronco le influenze climatiche di un periodo in cui l’altro non era ancora nato od era gi`a stato

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30 CAPITOLO 4. LE DATAZIONI

Figura 4.2: Storia della vita di un albero, nato nel 1913 ed abbattuto nel 1975, scritta negli anelli di accrescimento presenti sulla sezione del tronco.

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4.2. LA DENDROCRONOLOGIA 31

bh

Figura 4.3: Rappresentazione schematica della ricostruzione a ritroso nel tempo di una curva dendrocronologica.

abbattuto. I due alberi, insieme, ci daranno quindi indicazioni per un periodo pi`u lungo di quello registrato da ciascuno di essi singolarmente, come mostrato in figura 4.3. Ed

`

e proprio questo che ci permette, attraverso l’esame di numerosi campioni di legni pro- venienti da piante, manufatti e costruzioni del passato, di risalire all’indietro nel tempo e di ricostruire l’andamento dell’accrescimento degli alberi in una certa zona per secoli e per millenni, Confrontando queste sequenze con altre ricavate da legni antichi, `e pos- sibile creare una sequenza continua (curva standard) che pu`o risalire indietro nel tempo per centinaia e a volte migliaia di anni.anche se non si dispone di piante millenarie. Per l’Italia, le curve standard pi`u antiche sono quelle del Larice, che arrivano a datare fino al 756 d.C., ma in Germania `e stato possibile estendere la datazione a 10.000 anni, arrivando fino all’8480 a.C. con la Quercia nelle regioni dei fiumi Reno e Meno.

La prima fase dell’indagine dendrocronologica consiste ovviamente nel prelievo dei campioni legnosi, sia da alberi viventi che da legni antichi. Per ogni singolo albero, si rica- va quindi un diagramma (curva dendrocronologica) che indica lo spessore degli anelli nel passare degli anni: sull’asse orizzontale sono riportati gli anni di vita della pianta, sull’asse verticale l’ampiezza degli anelli corrispondenti. L’andamento di tali curve `e influenzato,

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32 CAPITOLO 4. LE DATAZIONI oltre che dal clima, da vari fattori, tra cui l’et`a e le situazioni ambientali particolari in cui l’albero si `e trovato a vivere. Il confronto, sia visuale che statistico, delle curve dendrocro- nologiche ottenute da pi`u campioni permette di accertare se gli stessi sono contemporanei o meno. Stabilita la contemporaneit`a di pi`u curve dendrocronologiche, se ne ricava una curva media o curva standard, che si definisce assoluta se se ne conosce l’esatta collocazione temporale.

Nell’esaminare legni antichi, quali pali o travi usati nelle costruzioni, tavole usate come supporto di dipinti o per la realizzazione di mobili o strumenti musicali, ecc., tramite il confronto della sua sequenza di anelli con quella ricostruita nella regione, `e possibile risalire all’epoca di formazione del legno utilizzato. Se questo conserva tracce di corteccia o dell’anello cambiale, `e possibile risalire all’anno in cui l’albero `e stato abbattuto (che sicuramente `e anteriore all’anno in cui `e stato eseguito il manufatto!), altrimenti si ottiene un terminus post quem. Infatti l’artigiano o l’artista pu`o avere riutilizzato legnami tagliati tempo prima, o pu`o avere lasciato per anni il pezzo in stagionatura oppure nella lavorazione pu`o aver tolto una quota di legno pi`u esterno, eliminando un certo numero di anelli annuali periferici.

Data l’alta sensibilit`a ai fattori ambientali degli anelli di accrescimento, il loro studio pu`o fornire anche importanti informazioni su eventi catastrofici o sul clima in genere.

E’ chiaro che i fattori climatici hanno influenzato in maniera diversa vaste regioni della superficie terrestre; per questo occorre costruire curve dendrocronologiche per zone diverse, a seconda della provenienza dei legni; viceversa, conoscendo le curve dendrocronologiche di zone diverse, in alcuni casi `e stato possibile anche determinare proprio la provenienza dei legni usati. Non si riportano qui di seguito alcuni esempi sull’uso della dendrocronologia, che possono essere trovati in testi specialistici.

4.3 Il metodo del

14

C

Per capire come funzionano moltissime metodologie fisiche di analisi, in particolare i me- todi di datazione col14C o la termoluminescenza, occorre conoscere le propriet`a microsco- piche della materia: come sono formati gli atomi, le molecole e le strutture pi`u complesse come i cristalli ed i minerali. Pertanto cominciamo il nostro studio riassumendo come `e costituito l’atomo.

4.3.1 L’atomo e il nucleo atomico

L’ipotesi che la materia sia costituita da alcune particelle indivisibili, chiamate atomi, `e stata formulata dai filosofi greci solamente basandosi su dei ragionamenti. Successivamente il concetto di atomo `e stato accantonato per molti secoli e solo gli studi sperimentali recenti della chimica e della fisica hanno portato a scoprire che tutta la materia `e costituita da un numero limitato, circa cento, di costituenti elementari diversi, cio`e gli atomi; a ciascun tipo di atomo corrisponde un particolare elemento chimico. Gli atomi, combinandosi ed interagendo tra di loro, danno luogo a tutto il mondo che osserviamo, dalle molecole pi`u

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4.3. IL METODO DEL 14C 33 semplici, costituite da due atomi uguali come l’ossigeno e l’azoto che costituiscono l’aria che respiriamo, a quelle pi`u complesse, costituite da migliaia di atomi, che sono alla base della materia vivente, ai liquidi, ai cristalli e alle sostanze solide in genere. Gli atomi hanno dimensioni molto piccole, dell’ordine di 10−10 m (in una linea lunga 1 cm trovano posto circa 100 milioni di atomi affiancati, a contatto uno con l’altro), e per questo sono sfuggiti fino a pochi anni fa all’osservazione diretta.

Dal punto di vista della chimica, gli atomi sono i mattoni indivisibili di cui `e costituita la materia. Tuttavia l’atomo `e un sistema assai complesso, costituito da un nucleo molto piccolo, oltre diecimila volte pi`u piccolo dell’atomo, dotato di carica elettrica positiva, e dagli elettroni che stanno intorno al nucleo, dotati di carica elettrica negativa. A loro volta i nuclei sono sistemi composti da particelle pi`u piccole, i protoni e i neutroni. Tutti i protoni e tutti i neutroni sono uguali tra di loro; inoltre, i neutroni ed i protoni, ad eccezione della carica elettrica, hanno propriet`a (massa, forze di interazione, ecc.) simili, per cui i fisici li considerano come un unico sistema di particelle chiamate nucleoni. Esse differiscono solo per la carica elettrica di cui sono dotate: i protoni sono particelle dotate di carica elettrica positiva, i neutroni di carica elettrica nulla. Tutti i protoni hanno la stessa carica elettrica positiva (la indicheremo con la lettera e), che `e una quantit`a ben nota: e = 1.6 × 10−19Coulomb1. Le varie specie atomiche si distinguono tra di loro per il numero Z di protoni, che prende il nome di numero atomico: in altre parole, gli elementi chimici si distinguono per il loro numero atomico: il pi`u leggero `e l’idrogeno, con un solo protone (Z = 1); i pi`u pesanti sono gli elementi transuranici, con Z maggiore di 100, che non esistono in natura ma che sono stati prodotti artificialmente in laboratorio facendo collidere, e quindi unire, due atomi pi`u leggeri. La carica elettrica del nucleo atomico `e pertanto Ze, cio`e Z volte la carica elettrica del singolo protone.

I neutroni sono particelle con propriet`a simili a quelle dei protoni, ma sono elettri- camente neutri. Il loro numero N all’interno di un nucleo `e di poco maggiore o uguale a Z; essi contribuiscono alla stabilit`a del nucleo atomico. Infatti, tra i protoni carichi positivamente si esercita una forza di repulsione elettrostatica molto intensa; per tenere insieme i nuclei `e necessaria la presenza dei neutroni e che tra i vari nucleoni si eserciti una forza attrattiva, pi`u intensa di quella repulsiva elettrostatica: questa forza, chiamata forza forte, si esercita in uguale misura tra tutti i nucleoni, cio`e tra protone-protone, tra protone-neutrone e tra neutrone-neutrone. Il numero totale di nucleoni (somma del nume- ro atomico Z e del numero N di neutroni) prende il nome di numero di massa dell’atomo ed `e contraddistinto dal simbolo A: A = Z + N . Poich´e la massa dei neutroni e dei protoni

`

e quasi uguale, il prodotto del numero di massa di un atomo per la massa di un nucleone d`a la massa dell’atomo stesso, essendo trascurabile la massa degli elettroni.

Attorno ai nuclei vi sono poi gli elettroni, che fanno parte di una famiglia diversa di particelle sub–atomiche. Gli elettroni hanno una massa circa 1800 volte pi`u piccola di quella dei nucleoni, per cui danno un contributo trascurabile alla massa dell’intero atomo, come detto sopra. Per motivi non noti, la carica elettrica di un elettrone `e esattamente

1Il Coulomb `e l’unit`a di misura della carica elettrica nel sistema di unit`a di misura internazionale.

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34 CAPITOLO 4. LE DATAZIONI uguale, ma di segno opposto, a quella di un protone: −e; in un atomo neutro di numero atomico Z vi sono anche Z elettroni. Gli elettroni sono tenuti attorno all’atomo dall’attra- zione elettrostatica con il nucleo e sono responsabili delle propriet`a fisiche e chimiche degli atomi. E’ sulla base di come si dispongono intorno al nucleo che si pu`o spiegare la tabella periodica degli elementi, in cui gli elementi chimici sono disposti secondo alcune regolarit`a nel loro comportamento chimico ed in base al loro numero atomico, proposta dal chimico russo D. I. Mendeleev nel 1869. Normalmente gli atomi sono sistemi elettricamente neutri;

a volte perdono oppure acquisiscono uno o pi`u elettroni, dando origine agli ioni, atomi dotati di carica elettrica positiva o negativa, rispettivamente.

Per approfondire lo studio della struttura elettronica degli atomi occorre fare un no- tevole salto sul modo di concepire come `e fatta la materia microscopica, salto che ci porterebbe dai concetti della fisica classica a quelli della fisica quantistica.

4.3.2 Gli isotopi e loro legge di decadimento

Vi sono nuclei atomici che hanno lo stesso numero atomico Z, ma differiscono per il numero N di neutroni e quindi per il numero di massa. Questi atomi diversi si chiamano isotopi:

hanno tutti le stesse propriet`a chimiche (determinate da Z!), per cui in un composto non si `e in grado di distinguerli, ma hanno un peso atomico diverso. Molti isotopi hanno nuclei stabili (cos`ı si sono formati con la nascita dell’Universo e tali sono rimasti fino ad oggi), altri sono instabili, cio`e decadono con emissione di radiazione alfa o beta o gamma 2, trasformandosi in nuclei pi`u leggeri corrispondenti ad altri elementi chimici.

Per esempio, esistono tre isotopi del carbonio (Z=6) corrispondenti a numero di massa A=12, 13, 14 (il loro simbolo `e: 12C, 13C, 14C). Di questi tre, il 12C e il 13C sono isotopi stabili del carbonio, mentre il 14C decade in 14N con emissione di raggi beta e gamma.

Oltre ad alcuni isotopi dei nuclei leggeri, anche i nuclei pi`u pesanti possono essere instabili e decadere frantumandosi in nuclei pi`u leggeri con emissione di radiazione alfa, beta o gamma e sviluppo di quantit`a notevoli di energia. Il caso pi`u noto `e quello dell’uranio, numero atomico Z = 92 e numero di massa A=238, che decade in torio con emissione di una particella alfa, corrispondente ad un nucleo di elio:

238U →234T h +4He. (4.1)

Per i nuclei stabili, si definisce abbondanza isotopica la quantit`a relativa di un isotopo presente in un campione rappresentativo dell’elemento allo stato naturale. Per esempio, le abbondanze isotopiche del12C e del13C sono circa il 98,9% e l’1,1% in atomi, rispetti- vamente. L’abbondanza isotopica pu`o dipendere dal giacimento minerario da cui si estrae il minerale contenente l’elemento in esame, a causa della sua storia passata.

Il decadimento di un nucleo radioattivo `e un evento del tutto casuale. Infatti non sap- piamo le cause che provocano il decadimento, n´e sappiamo quale atomo decade n´e quando

2Le particelle alfa sono nuclei di atomi di elio, Z = 2, A = 4; la radiazione beta `e formata da elettroni dotati di carica negativa o da positroni, cio`e elettroni dotati di carica positiva. La radiazione gamma `e costituita da radiazione elettromagnetica di energia molto elevata, molto pi`u elevata di quella dei raggi X.

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