La Carta costituzionale definisce i nostri valori, ma non è un semplice elenco di principi e regole. È prima di tutto un grande racconto, ci spie- ga da dove arriviamo e dove non vo- gliamo più tornare.
L
a Costituzione italiana è la legge più importante del nostro Paese. I valori su cui si basa, i principi che difende, i diritti e i doveri che sancisce sono l’e- redità lasciataci dai nostri nonni a garanzia di una vita libera e dignitosa. Conoscere la Costituzione è fondamentale per capi- re il nostro passato, per vivere al meglio il nostro presente, per costruire il nostro futuro. Ecco perché Andrea Franzoso ha voluto esplorare in questo volume la Carta costituzionale e spiegarla a chi, quella Car- ta, l’ha solo sentita nominare in occasione di qualche anniversario o festa nazionale.Attraverso racconti e testimonianze, e con i contributi di esperti autorevoli, Andrea riesce a illustrare con efficacia i 20 concetti fondamentali della Costituzione. In questo nuovo libro, l’autore di #disobbediente!
Essere onesti è la vera rivoluzione sotto- linea l’importanza del rispetto per l’altro e riporta alla luce le battaglie combattute (e che tuttora combattiamo) a difesa di un testo che è l’espressione stessa della nostra identità.
ANDREA FRANZOSO vive a Mila- no. Ha una laurea in Giurisprudenza, un baccalaureato in Filosofia, un master in Business Administration. È stato cadetto dell’Accademia Militare di Modena e per otto anni ha prestato servizio come uf- ficiale dei carabinieri, congedandosi col grado di capitano. Ha vissuto quattro anni coi gesuiti, ha lavorato in azienda. Oggi si occupa di educazione civica, dalla primaria alle superiori. Per De Agostini ha scritto anche #disobbediente! Essere onesti è la vera rivoluzione.
FOTO DI ISABELLA DE MADDALENA
U8101390
€ 12,90
ART DIRECTION: MARCO SANTINI
ILLUSTRAZIONE DI COPERTINA: FEDERICA BORDONI www.deaplanetalibri.it
De Agostini - Libri per Ragazzi
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Memoria, Democrazia, Repubblica, Costituzione, Lavoro, Diritti, Solidarietà, Uguaglianza, Minoranze, Confessioni religiose, Cultura,
Paesaggio, Straniero, Pace, Tricolore, Libertà, Famiglia, Scuola, Salute, Resistenza.
Sono le 20 parole-chiave attraverso cui Andrea Franzoso racconta ai ragazzi che cos’è la Costituzione italiana, fondamento della nostra Repubblica che raccoglie al suo in- terno i dolori e le speranze di un popolo appena uscito da una dittatura durata vent’an- ni. La spiegazione di ciascuna parola si accompagna a storie vere, esempi da conosce- re e imitare, riflessioni di esperti e testimoni. Ne esce il racconto di una Costituzione
“viva” e concreta, che riguarda la nostra vita quotidiana e le nostre scelte personali.
Un sussidio prezioso per lo studio dell’educazione civica.
Con i contributi di
ANNA MARIA AJELLO – MATTEO BUSSOLA – ILARIA CAPUA – GHERARDO COLOMBO PIERCAMILLO DAVIGO – GIUSEPPE DE GIORGI – MILENA GABANELLI – FILIPPO GRANDI CHIARA MARIOTTI – TOMASO MONTANARI - FRANCESCO OCCHETTA – ALBERTO PELLAI
NANCY PORSIA – DON GINO RIGOLDI - SERGIO RIZZO – SALVATORE SETTIS GIAN ANTONIO STELLA – BARBARA TAMBORINI
Come si racconta la Costituzione ai ragazzi? Andrea Fran- zoso riesce a farlo attraverso 20 parole-chiave: Memoria, Democrazia, Repubblica, Costituzione, Lavoro, Diritti, Solidarietà, Uguaglianza, Minoranze, Confessioni reli- giose, Cultura, Paesaggio, Straniero, Pace, Tricolore, Libertà, Famiglia, Scuola, Salute, Resistenza.
La spiegazione di ciascuna parola si accompagna a storie vere, esempi da conoscere e imitare, riflessioni di esperti e testimoni. Ne esce il racconto di una Costituzione “viva”
e concreta, che riguarda la nostra vita quotidiana e le nostre scelte personali.
Un sussidio prezioso per lo studio dell’educazione civica.
Con i contributi di: Anna Maria Ajello (Esercizi di Demo- crazia), Matteo Bussola (Lettera a mia figlia sulla scuola), Ilaria Capua (Salute e Ambiente. Cosa ci insegna l’epide- mia di Covid-19), Gherardo Colombo (A cosa servono le regole), Piercamillo Davigo (Le qualità di un buon dipen- dente pubblico), Giuseppe De Giorgi (Ero il capo della Marina Militare, oggi difendo le balene e do la caccia ai bracconieri), Milena Gabanelli (Perché faccio la giorna- lista), Filippo Grandi (Rifugiati), Chiara Mariotti (La ricerca scientifica), Tomaso Montanari (Nazione), France- sco Occhetta (Dignità), Alberto Pellai (Ali e radici), Nancy
Porsia (Nelle carceri libiche), don Gino Rigoldi (Responsa- bilità), Sergio Rizzo (Difendere la Bellezza), Salvatore Set- tis (Il Bene Comune), Gian Antonio Stella (L’insegnamento dell’Educazione Civica), Barbara Tamborini (Ali e radici).
12 Pace
«Papà, ma tu sei un assassino?»
Bari, 1993. Un tardo pomeriggio d’inverno. Lasciato l’ufficio, Vito Alfieri Fontana passa a prendere suo figlio Ludovico a casa di un amico. Ludovico siede sul sedile posteriore, insolitamente silenzioso.
«Com’è andata oggi a scuola?»
«Bene.»
«Hai fatto i compiti?»
«Sì.»
Ludovico risponde distratto. Sta sfogliando il catalogo della Tecnovar, la fabbrica di famiglia che produce mine antiuomo. D’improvviso, a bruciapelo, quella domanda.
«Papà, ma tu sei un assassino?»
Per Vito è come una secchiata d’acqua gelida. Se a far- gliela fosse stato uno di quei pacifisti che in tv blaterano contro le armi, forse si sarebbe arrabbiato o lo avrebbe mandato al diavolo. Ma a parlare è suo figlio, un bambino
di otto anni, e la sua domanda lo costringe a riflettere.
«Papà, ma tu sei un assassino?»
Ludovico l’ha buttata lì con noncuranza, senza com- prenderne sino in fondo il significato. La sua idea delle armi e delle mine deriva dai videogiochi: non c’è dif- ferenza, per lui, fra una guerra e una battaglia su Street Fighter. Vito potrebbe cavarsi da quell’impiccio con una battuta, facendo il verso a uno dei supereroi preferiti di suo figlio, quelli che fanno saltare per aria i nemici e li disin- tegrano, ma… niente, le parole non gli escono di bocca.
Ludovico se ne accorge e cerca, a modo suo, di venirgli in soccorso. «Papà, ma le devi fare per forza tu, le armi?»
È un secondo colpo.
Vito abbassa d’un pelo il finestrino: inizia a mancar- gli l’aria. «No. Ci penserò…» taglia corto.
Vito è un costruttore di mine, e il suo è un lavoro molto difficile, che richiede una grande competenza. Si occupa in prima persona sia della progettazione che del com- mercio. Il suo obiettivo è vendere merci, fare profitti.
Non si è mai fermato a riflettere su come vengano usate le sue merci. Non l’ha mai considerata una sua responsabilità.
Non è colpa mia se qualcuno mette un piede sopra una mina e si fa male o muore. Semmai è del soldato che l’ha piazzata, ha sempre pensato. Senza contare che quel sol-
dato obbedisce agli ordini di un superiore, e dunque nep- pure lui può essere ritenuto responsabile. E avanti così, in un infinito scaricabarile.
Vito fa parte di un meccanismo molto più grande di lui: la guerra. È impossibile stabilire chi lo muove quel meccanismo. Non si può risalire a un responsabile, a un colpevole unico. E comunque a Vito quell’esercizio non interessa. Lui vuole solo fabbricare le mine migliori e ven- derne tante, tantissime.
Ma quel pomeriggio in macchina con Ludovico è cam- biato tutto. Le domande del figlio hanno smosso qual- cosa. Trascorrono settimane di grandi travagli, discus- sioni con la moglie, notti insonni.
Vito non riesce più a vedere le mine come semplici merci, per la prima volta si concentra sui loro effetti:
pensa agli uomini, le donne, i bambini che sono morti a causa delle sue armi così efficienti. Gli sembra quasi di vederli.
E alla fine Vito prende una decisione irrevocabile:
basta mine.
Per salvare l’azienda, tenta di convertirne la produzione.
Comincia a vendere tubi idraulici, fumogeni e altre strumentazioni, ma i profitti calano e presto la Tecnovar entra in crisi. Nel 1997 è costretta a chiudere i battenti.
Qualcuno in famiglia prova a far tornare Vito sui
suoi passi: «Finiscila con questi scrupoli, e mettiti l’a- nima in pace: se non le produci tu, ci penserà qualcun altro. Non lo salvi tu, il mondo».
Ma Vito scrolla il capo. Da qualche tempo si è avvici- nato ai movimenti pacifisti e alle ong che si occupano di portare sostegno nelle zone di guerra, e ormai ha trovato la sua strada. «Farò lo sminatore» annuncia ai familiari.
È questo il suo nuovo lavoro, bonificare i campi minati. Un compito pericolosissimo, che richiede tanta pazienza e infinite precauzioni: caschi, giubbotti di pro- tezione, ambulanze pronte per ogni evenienza. Le aree minate sono quasi sempre ricoperte da erbacce e le mine si camuffano bene: basta una lieve pressione per azio- nare la loro carica esplosiva.
Durante una missione in Bosnia, Vito si imbatte in una mina prodotta dalla Tecnovar. In quel momento gli prende un senso di nausea, gli si offusca la vista, ha un capogiro. Poi ritrova la calma e la lucidità. Piano piano disinnesca la mina, la smonta, la rende innocua. Può di nuovo respirare. Sente che adesso, finalmente, non fa più parte di quel grande meccanismo chiamato guerra.
Adesso fa parte di quelli che provano a smontarlo, il meccanismo, sia pure un pezzetto alla volta.
~
L’Italia ripudia la guerra
La Costituzione è stata scritta all’indomani della guerra più cruenta della storia dell’umanità, la Seconda guerra mondiale. Nei sei anni di questo terribile con- flitto sono avvenuti massacri, distruzioni, persecu- zioni, deportazioni, stermini. Intere città sono state rase al suolo e si stima che più di 60 milioni di per- sone abbiano perso la vita, in gran parte civili inermi.
Per evitare che una tragedia simile potesse ripetersi e preservarci dagli orrori vissuti sulla loro pelle, i padri costituenti hanno inserito fra i Principi Fondamentali della nostra Costituzione l’articolo 11:
«L’Italia ripudia la guerra come strumento di offesa alla libertà degli altri popoli e come mezzo di risoluzione delle controversie internazionali;
consente, in condizioni di parità con gli altri Stati, alle limitazioni di sovranità necessarie ad un ordi- namento che assicuri la pace e la giustizia fra le Nazioni; promuove e favorisce le organizzazioni internazionali rivolte a tale scopo».
L’Italia, dunque, ripudia la guerra. I padri costituenti avrebbero potuto usare altri verbi: condannare oppure
rifiutare, per esempio. Ma avevano bisogno di un ter- mine più incisivo. “Ripudiare” significa respingere bruscamente qualcuno o qualcosa a cui si era legati.
Si parla, per esempio, di ripudio della moglie, o del marito, o del ripudio della propria fede. Vito Alfieri Fontana ha ripudiato le mine dopo averle fabbricate per anni.
Allo stesso modo l’Italia ripudia la guerra perché l’ha conosciuta. E dopo aver pianto migliaia di morti ed essersi ritrovata tra le macerie, ha deciso di pren- derne le distanze per sempre. Nella parola ripudiare c’è sia la rinuncia che la condanna.
La nostra Costituzione stabilisce che la guerra è un male in assoluto, non solo quando si tratta di una guerra di offesa (per esempio per conqui- stare e sottomettere un’altra nazione), ma anche quando serve a risolvere le controversie fra Stati.
Come avviene tra le persone, accade spesso che anche gli Stati siano in disaccordo, su questioni politiche, economiche, ideologiche o di altro tipo.
Quando non è possibile giungere a un compromesso attraverso le trattative diplomatiche, esistono orga- nismi internazionali che agiscono come giudici al di sopra delle parti e risolvono le controversie appli- cando le leggi.
L’Italia riconosce l’autorità di questi organismi internazionali ed è disposta a limitare i propri poteri per favorire la collaborazione tra gli Stati e scongiu- rare nuovi conflitti. Per esempio, in materia di inqui- namento dell’aria, siamo tenuti a rispettare i vincoli che ci impone la Commissione Europea, perché l’e- missione di gas e altre sostanze inquinanti nel nostro Paese ha ovviamente ricadute anche sugli altri Stati.
Non possiamo comportarci come se fossimo soli sul pianeta, ma dobbiamo stabilire regole condivise con i nostri vicini nell’ottica di una buona convivenza.
È proprio con questo spirito che nel 1957 è nata la Comunità Economica Europea, oggi Unione Euro- pea: all’indomani della Seconda guerra mondiale, popoli che si erano combattuti per secoli, hanno scelto di cooperare per costruire insieme un futuro di pace e di prosperità. L’Italia è uno dei Paesi fon- datori dell’Unione Europea ed è anche membro delle Nazioni Unite (ONU), un’organizzazione che comprende quasi tutti gli Stati riconosciuti e ha fra i suoi obiettivi quello di mantenere la pace e pro- muovere la collaborazione tra i popoli, il disarmo e il rispetto dei diritti umani.
Tuttavia, malgrado gli sforzi e gli intenti, e per quanto molti Stati, come l’Italia, abbiano adottato
costituzioni pacifiste, siamo ancora molto lontani dall’obiettivo di eliminare la guerra.
L’Italia stessa, dal 1949, fa parte di un’alleanza militare chiamata nato (North Atlantic Treaty Orga- nization). Secondo l’ordinamento di questa orga- nizzazione, se uno dei membri viene attaccato tutti gli altri devono intervenire in sua difesa, se necessa- rio anche con le armi, un atto che sarebbe in netta contraddizione con l’articolo 11 della nostra Costi- tuzione.
Non solo. Nel 1992 il nostro Paese ha aderito alla coalizione internazionale che ha liberato il Kuwait dall’invasione irachena. Nel 1999 ha partecipato alla guerra in Kosovo. Nel 2003 ha dato supporto poli- tico e militare all’alleanza che ha rovesciato il regime di Saddam Hussein. In tutti questi casi, l’articolo 11 è stato disatteso o, perlomeno, interpretato in maniera elastica.
La pace è un bene prezioso e fragile. La storia recente ci insegna che le leggi, i trattati, le organizzazioni inter- nazionali non sono sufficienti a garantirla. Occorre l’impegno di tutti. Dobbiamo coltivare la pace, impa- rando il dialogo, il rispetto e il confronto; attrezzarci, studiare, approfondire, per essere in grado di smasche- rare chi porta avanti una cultura dell’odio inondan-
doci di fake news; rifiutare il cinismo e l’indifferenza di chi dipinge la guerra come qualcosa di “normale”
e inevitabile.
Non è facile, perché il confine tra buoni e cattivi non è sempre netto, non c’è un unico colpevole, ci sono tanti responsabili e tantissimi ingranaggi. La guerra è un meccanismo grande e complesso, ma tutti insieme, un pezzo alla volta, possiamo provare a smontarlo.
ANDREA FRANZOSO vive a Milano. Ha una laurea in Giurisprudenza, un baccalaureato in Filosofia, un master in Business Administration. È stato cadetto dell’Accademia Militare di Modena e per otto anni ha prestato servizio come ufficiale dei carabinieri, congedandosi col grado di capitano. Ha vissuto quattro anni coi gesuiti, ha lavorato in azienda, è stato autore televisivo. Oggi si occupa di educazione civica e partecipa a numerosi incontri nelle scuole, dalla primaria alle superiori. Per De Agostini ha scritto anche #disobbediente! Essere onesti è la vera rivoluzione.
L’autore è disponibile a partecipare a incontri con alunni, studenti, docenti sia in presenza, nelle scuole, sia da remoto, tramite le diverse
piattaforme per la didattica a distanza.
Per informazioni e per organizzare un incontro con l’Autore, contattare:
Margot Masci Ufficio Stampa ed Eventi De Agostini e DeA Planeta [email protected]
Tel. 02-38086862 Cell. 342-7606662
ANDREA FRANZOSO VIVA LA COSTITUZIONE (DEA PLANETA LIBRI, 2020) PUBBLICAZIONE: SETTEMBRE 2020
PREZZO: 12,90 E FORMATO: 14X21 CM CONFEZIONE: BROSSURA
PAGINE: 224